STANLEY KUBRICK CAMPOBASSO DEI MISTERI JAZZ RADICALE IN FRIULI RECENSIONI ON THE ROAD REPORTAGE DA UNO DEGLI ULTIMI PAESI AFRICANI A RAGGIUNGERE L’INDIPENDENZA, GOVERNATO A LUNGO DAL FRELIMO ED ORA IN MANO ALLO SFRUTTAMENTO DEL LIBERISMO E DEGLI INTERESSI ECONOMICI INTERNAZIONALI (2) ALIAS 6 GIUGNO 2015 MILLE INTERESSI ECONOMICI INTERNAZIONALI È stato uno degli ultimi paesi africani a raggiungere la completa indipendenza nel 1975 dopo dieci anni di guerriglia condotta dal Frelimo. Da dieci anni la svolta è liberista di ALESSANDRA VANZI* MAPUTO «I want to spend sometimes in Mozambique» cantava Dylan e Paolo Conte gli rispondeva con «Monzambique fantasy» «its a green dream Mozambique, Mozambique…my Mozambique comes, my Mozambique dances and lives». Come doveva essere bella Maputo e tutto il paese verde e rigoglioso. Sono passati poco più di 8 mesi dal mio ritorno dal Mozambico dove sono stata a ottobre, per la prima volta nella vita, durante le elezioni presidenziali, parlamentari e amministrative, di cui ho scritto sul quotidiano Il manifesto. Questo è stato uno strano viaggio nell’infernale paradiso africano. Paradiso, perché se lo si potesse immaginare, solo all’Africa assomiglierebbe, infernale, perché sullo sfruttamento e il possesso di questo immenso Eden s’avventa, da sempre, il peggio, rarissime volte il meglio, ahimè, dell’umanità. Perché l’Africa è uno degli ultimi polmoni della terra, perché madre natura l’ha rifornita d’immense ricchezze, perché è ancora selvaggia e la vita umana non vale quasi niente. I suoi abitanti sono stati sottomessi, schiavizzati, colonizzati, indottrinati, sfruttati, spesso snaturati delle proprie tradizioni, per secoli e secoli, e poi armati fino ai denti dagli stessi paesi colonizzatori che così hanno di cercato di mantenere il controllo, tentativo impossibile, ed è, se faccio un paragone con la rivoluzione francese, relativamente pochissimo che l’Africa s’è scrollata di dosso i suoi troppi padroni. Non volendo considerare come «padrone» le multinazionali mondiali attivissime nell’intero continente. La Storia Il 25 giugno si celebrano 40 anni della Repubblica del Mozambico, uno degli ultimi paesi africani a raggiungere la completa indipendenza, nel 1975, dopo 10 anni di guerriglia condotta dal Frelimo (fronte di liberazione del Mozambico), quasi conseguentemente alla rivoluzione dei garofani in Portogallo, che, a quel punto, si ritirò completamente dal paese che colonizzava dal XV secolo. Una colonizzazione brutale e feroce che lascia il Mozambico con poche infrastrutture e piagato dalla miseria. Il presidente Samora Machel, leader del Frelimo, successore di Eduardo Mondlane (ucciso in un attentato in Tanzania nel 1969), si allinea politicamente all’Unione Sovietica e dà luogo a un’economia di stampo socialista, sostiene l’African National Congress, questo gli costa l’ostilità dei governi bianchi di Sudafrica, Rhodesia e Stati Uniti che passaparola e in pochi giorni, ha raccolto migliaia di persone ai suoi comizi. I capigruppo dei 3 maggiori partiti sono: Margarina Talapa (Frelimo , ricopre lo stesso ruolo avuto nel precedente governo), Ivona Soares (per Renamo, nipote di Dhlakama), Lutero Simango (per MDM, fratello del leader Daviz Simango). Mozambico è un sogno verde finanziano e armano la Renamo (Resistenza Nazionale Mozambicana), movimento armato anticomunista anche detto dei Regoli (Capi tribù), che trascina il paese in una guerra civile durata più di 10 anni con 1.000.000 di morti. Il Frelimo è riuscito a rimanere costantemente il partito di governo anche dopo la morte di Samora Machel, ancora mai chiarita, la presidenza di Chissano, durante la guerra civile, e dopo la pace del ’92, firmata a Roma a Sant’Egidio e mediata da Don Matteo Zuppi (Vescovo ausiliario di Roma centro, tra i fondatori della Comunità di Sant’Egidio) e dall’ ex sottosegretario del governo Craxi, Raffaelli (socialista lombardiano). Pace che produsse una nuova costituzione di stampo multi-partitico, da cui fu eliminata la dicitura «marxista» presente nella precedente. Dopo la pace sotto la spada di Damocle di una ripresa degli scontri continuamente minacciata. Gli ultimi 10 anni sono stati guidati dal presidente Guebuza, figura potente e discussa, fortemente sospettato di corruzione, sostenitore della negritudine, che ha dato una svolta liberista alla politica economica del paese. Guebuza ha lasciato la presidenza della Repubblica a febbraio, e dopo forti pressioni anche la presidenza del Frelimo. Nyusi (nuovo Presidente e capo del Frelimo), ha formato un nuovo governo nel quale ha accorpato diversi ministeri, confermando alcuni vecchi ministri (sei) ma introducendo molti volti nuovi. Capo dell’opposizione resta Dhlakama (storico leader della Renamo non ha mai riconsegnato le armi, non accetta il risultato elettorale e denuncia brogli che però non è stato in grado di provare, e prima di settembre 2014, quando ha firmato un secondo accordo di pace con Guebuza, aveva ricominciato a sparacchiare qua e là bloccando il nord del paese, adesso, dice di non volere lo scontro ma fa comunque capire che potrebbe sempre riaccendersi la scintilla. Gli italiani hanno partecipato anche questa volta al processo di pace necessario per le elezioni e lo hanno materialmente riportato a Maputo dove, dopo aver stabilito accordi e regolamenti elettorali, s’è candidato alla presidenza. Il terzo partito MDM (Movimento Democratico Mozambicano) capeggiato da Daviz Simango (il terzo dei candidati alla presidenza) è anch’esso d’origine tribale, ma non è armato, considerato da molti membri della società civile mozambicana il possibile partito del futuro e della pace, aveva ottenuto buoni risultati nelle ultime amministrative (autarchiche) ma è rimasto in qualche modo schiacciato dal ritorno di Dhlakama che, solo col INCONTRI OSCAR MONTEIRO «Un fantasma redivivo fa molta presa» di A.V. Ho incontrato l’ex primo ministro Oscar Monteiro, un bell’ uomo colto e amabile, nel giardino pieno di piante e sculture della sua bella casa a Matola, Monteiro è stato uno dei fondatori del Frelimo, è stato ministro nel governo di transizione e nel primo governo indipendente di Samora Machel, insegna Diritto Costituzionale all’università Eduardo Mondane, nel 2012 ha pubblicato De todos se faz um pais, in cui racconta il processo di liberazione dal colonialismo. «Io non sono più un dirigente del Frelimo, dice, non faccio più parte del comitato centrale quindi ci sono delle cose di cui non posso parlare. Posso fare delle analisi e questo è importante, c’è una nuova generazione di analisti televisivi, che però non ha peso politico, perché Dhlakama (Renamo) fa quello che gli pare, Simango (MDM) anche… il modello dei partiti non permette di giocare un ruolo, questo è il problema, a questa nuova generazione di analisti che dovrebbe avere maggiore influenza sui partiti … noi, nel vecchio Frelimo, che non è mai stato un partito intellettuale, facevamo dibattiti, c’era uno REPORTAGE Intimidazioni l’Africa è l’Africa e ha i suoi tempi i suoi linguaggi, i suoi riti e le sue magie, che nessun «occidente colonizzatore» è stato in grado di cancellare, le trattative segrete possono precipitare da un momento all’altro, il sangue scorre sempre facilmente in Africa perché subito viene assorbito dalla sabbia. Così il 3 marzo scorso di mattina, uscito dal bar dove abitualmente faceva colazione, è stato ucciso nel centro di Maputo Gilles Cistac, mozambicano di origine francese, costituzionalista, professore all’università Mondlane. Era stato consigliere di vari ministri, recentemente accusato su FB di essere «una spia francese» e minacciato; tutto ciò era cominciato dopo che il professore si era espresso pubblicamente, in televisione, definendo costituzionalmente accettabili le richieste della Renamo, inaccettabili per il Frelimo, di costituire delle provincie autonome nelle aree in cui aveva ottenuto la maggioranza dei voti. spazio per fare delle analisi, degli studi, avere una creatività, c’erano degli intellettuali organici, ci vorrebbero delle avanguardie anche ora …» Cosa pensi del nuovo presidente Nyusi? Credo che sarà meglio di Guebuza, è molto esigente e capisce i problemi del paese, mi ha chiamato nella campagna pre-elettorale, è stato un segnale (Monteiro è di origine indiana goana quindi non è nero) un apertura rispetto al tema della negritudine caro a Guebuza…ma bisognerà vedere quanta indipendenza avrà… Secondo te qual è la ragione del successo dei comizi di Dhlakama? Un mio amico mi ha spiegato che è tipico della mistica bantù, credere nei redivivi e andarli a vedere, Dhlakama ha passato anni nascosto nella foresta di Gorongosa, e nessuno lo aveva più visto, per questo i suoi comizi sono stati così affollati, ma questo non vuol dire che lo stesso numero di persone che è andato a vederlo l’abbia poi votato, alcuni non si sono neanche iscritti (è necessario iscriversi al voto)… io conosco il lavoro elettorale, l’ho fatto, ma non è la stessa cosa che fare politica, adesso che nessuno fa più politica, tutti credono che farla, sia fare la campagna elettorale, ma non è così… in queste elezioni tutti erano sicuri di vincere…il problema sono i soldi, reali e inventati, sono tanti, Google pensa che ci fa vedere, con Google Earth, il mondo reale, ma non è così, perché sopra questo mondo, Himalaia compreso, c’è una cappa di soldi che ricoprono tutto e noi ci siamo affogati dentro, la mancanza di contrappeso, escluso il Papa, a questo liberismo-capitalismo sfrenato, ci ha bloccato, a noi tutti, e può condurre a situazioni molto gravi… ALIAS 6 GIUGNO 2015 immagini di Maputo nelle foto di Mario Martinozzi all’anno, e tribalismo, una popolazione giovane e bellissima (età media di 17,3 anni, mortalità infantile altissima 74.3 bambini muoiono ogni 1000) che ha una speranza di vita che non supera i 50 anni (nel Principato di Monaco è di 89 anni, in Italia di 82,3) e un potere sempre troppo corruttibile preda di debolezze dinastiche e familistiche, sulle cui basi, non bisogna dimenticarlo, si poggia, peraltro, la struttura sociale tradizionale africana. Serve stabilità. Bisogna dare tempo al tempo e il tempo africano, si sa, va per conto suo… Noi e il Mozambico, intervista a don Matteo Zuppi Chiediamo a don Matteo Zuppi perché il Mozambico è importante per l’Italia: «Tutta l’Africa lo è per l’Italia e per l’Europa, il Mozambico in particolare perché ha avuto con noi un rapporto intenso fin dall’indipendenza, e perché è stato l’unico accordo di pace firmato qui a Roma e l’Italia ha una responsabilità verso di loro, e anche per le opportunità economiche» Si tratta di un omicidio politico, e probabilmente di un segnale per il nuovo presidente Nyusi che ha comunque intavolato un dialogo con Dhlakama, ed è riuscito a convincere i parlamentari della Renamo a prendere i loro posti in parlamento, cosa che fino all’inizio di febbraio si erano rifiutati di fare impedendo lo svolgersi dei lavori. Purtroppo, al momento, nessun tentativo è andato a buon fine, il paese è in stallo totale. Interessi economici Alcune delle regioni, centro-nord (Sofala, Zambezia, Tete e Nampula), che la Renamo vorrebbe governare autonomamente, tradizionalmente povere, sono al centro di mille interessi economici internazionali, uno per tutti Eni-Anadarko (Italia-Usa) che hanno scoperto il terzo (o quarto) giacimento di gas più grande del mondo, che una volta liquefatto sarà destinato al commercio con l’Asia. «Gas city», immaginata per 10.000 abitanti, centro dell’estrazione e della lavorazione del gas, sorgerà dalla foresta nel 2020. Ma l’Africa si dibatte nelle sue stesse contraddizioni, tra modernità, crescita del Pil dell’8% Cosa pensi accadrà? Il futuro è incerto, spero che si scelga la via del dialogo e della dinamica parlamentare. I maggiori interrogativi sono due: all’interno del FRELIMO, sul ruolo del partito all’interno del paese e sull’autonomia del Presidente Nyusi; l’altro che Dhlakama continui a seguire la via democratica Abbiamo ancora un ruolo di mediazione? In senso diretto no, ma come facilitazione e come garanti senz’altro sì. Purtroppo non è stata riconfermata la missione EMOCHM che avrebbe dovuto garantire l’applicazione dell’accordo che aveva posto fine alla pericolosa ripresa di violenza da parte della RENAMO, del resto non aveva funzionato. Cosa pensi della richiesta di autonomia di Dhlakama? Può essere una via, ma va identificato molto bene l’equilibrio tra il necessario centralismo dello Stato, ancora debole in realtà, e le autonomie provinciali evitando che ciò dia luogo a incontrollabili divisionismi. Riporto qui parte della POETITALY AL PALLADIUM Al teatro Palladium di Roma (piazza Bartolomeo Romano 8) si tiene lunedì 8 giugno a ingresso gratuito il quinto e ultimo incontro di PoetItaly, rassegna curata da Simone Carella con Andrea Cortellessa e Lidia Riviello, poesia ed arti performative che da febbraio ha portato a teatro i grandi nomi della poesia. Questo appuntamento si intitola «Desideri», indirizzato a indagare la dimensione ’psicosomatica’ del sentimento amoroso. Alle ore 17,30 incontro di approfondimento con un omaggio a Sandro Penna con la partecipazione del professor Giuseppe Leonelli, degli studiosi Claudia Crocco, Paolo Gervasi e dello psicanalista Alessandro Guidi. Alle ore 20.30 letture di Patrizia Valduga, Milo De Angelis, Maria Grazia Calandrone, Sara Ventroni, Myra Jara, giovane poetessa peruviana e Carlo Bordini. Info: www.poetitaly.it dichiarazione dei Vescovi Mozambicani: Maputo, 07.03.2015 «…si assiste alla palese ingiustizia di una maggioranza di poveri schiacciata da una minoranza arricchitasi disonestamente, che vive nel lusso; alla mancanza di trasparenza nello sfruttamento delle risorse naturali e al disprezzo totale dell’ambiente; alla sottrazione della terra agli agricoltori locali per l’attuazione di megaprogetti che favoriscono solo le multinazionali straniere e una minoranza insignificante di cittadini mozambicani; all’ambizione eccessiva dei funzionari pubblici che fanno della corruzione, del saccheggio e del riciclaggio di denaro il loro modusvivendi; all’uso della forza, dell’arroganza e dell’intolleranza per imporre le proprie idee». Da città delle acacie a città del cemento Eppure Maputo è una città bellissima piena di giovani accarezzata dal vento dell’oceano, i teli colorati che sventolano al sole, la sabbia fine copre il cemento ancora caldo, la marea è lunga e lascia le barche da pesca in letargo insabbiate per ore. E sulla costa cresce la «città di cemento», come viene chiamata la città delle acacie, Maputo appunto, con le sue avenida Mao Tse Dong e Karl Marx e Nyerere e Mondlane sulle quali si ergono ville circondate dai fili spinati che affacciano sul mare, e grattaceli con centri commerciali cinesi e sudafricani e anche uno, fonte di scandali, di un tale faccendiere libanese, le cui fondamenta, si mormora, sono state erette sul cemento impastato alle scorie del traffico di droga pesante; e il muro che circonda la casa del presidente sul cui marciapiede non possono camminare i comuni mortali e c’è tanto di cartello con figurina disegnata a ricordarlo: se ne vedono di divieti dipinti sui muri di tutti i tipi anche quello con l’omino e la donnina impegnati a pisciare imprigionati da una grande X, la vecchia stazione ferroviaria costruita da Eiffel, il Centro Culturale Francese, il Museo di Storia Naturale… e poi sui marciapiedi sventrati e sabbiosi ci sono i poveri che ti vendono tutto quello che possono, dalle scarpe usate agli orologi tarocchi cinesi, e gli operai che dormono stremati nella stretta ombra delle lamiere e le donne che gli vendono la minestra che scodellano, là nella strada, da enormi pentoloni, per pochi meticails, a quegli schiavi che lavorano 12 ore al giorno per un turismo di lusso che si prevede arriverà ben protetto e blindato ad usufruire delle piscine, i centri benessere e i casinò di questa nuova Beirut Australe. Nonostante l’ombra della violenza aleggi nel cielo, nonostante il mare sia tutto inquinato, e le acacie siano state (3) GERENZA Il manifesto direttore responsabile: Norma Rangeri a cura di Silvana Silvestri (ultravista) Francesco Adinolfi (ultrasuoni) in redazione Roberto Peciola divelte dai cinesi che freneticamente costruiscono strade senza corsie laterali destinate a creare ingorghi mostruosi. Ma la notte scende dolce in città e i ragazzi si muovono e danzano e danzano e sentono musica e vanno a teatro e fanno l’amore a Maputo. Le scimmie inseguono il vecchio gatto nero del campo sanitario che viene a rifugiarsi da me … le sere aperitivo di rito con una cara amica, al tramonto, di fronte all’oceano. Arte Ho visitato la bella e grande mostra di Naguib Abdul, importante artista mozambicano, pittore e scultore, autore del lungo mosaico sul lungomare. In una delle stanze della mostra c’è un installazione di alcuni camici di medici irrigiditi e dipinti su cui sono segnati i numeri assurdi della realtà: provincia di Maputo 1 pediatra per 1.225.489 abitanti, provincia di Zambezia 2 pediatri per 3.890.453 abitanti e così via con le stesse proporzioni per tutte le 11 provincie. Impressionante. Il teatro La giovane amica Timi Gaspari, trentenne antropologa, insegna all’università, e teatrante, che avevo conosciuto solo via mail in occasione del bel documentario Maputo a low budget dream di Mario Martinozzi da lei prodotto con l’associazione Luarte, di cui è membro, mi ha portato due volte a teatro e a sentire un concerto del grande Chico Antonio al bellissimo Centro Culturale Francese. Il teatro è molto vivace in Mozambico, è molto seguito, anzi direi partecipato dal pubblico che letteralmente tifa per gli attori in scena, incita, suggerisce, canta e si contiene a stento dall’invadere la scena. L’unica similarità che ho trovato con la nostra tradizione teatrale è con la sceneggiata napoletana. Gli attori sono dotati di estrema naturalezza e bravura, sanno cantare e ballare, le storie riguardano la quotidianità, sono semplici e divertenti e il pubblico eterogeneo partecipa divertendosi moltissimo. SEGUE A PAGINA 4 INCONTRI FERNANDO LIMA Savana, settimanale indipendente di A.V. politici. Doveva essere la mia prima intervista, ma il giorno prima delle elezioni Fernando Lima, direttore del settimanale indipendente Savana ha subito una rapina, stranamente solo dei suoi computer e quindi è diventata l’ultima. Credo che dopo l’omicidio Cistac, sia vittima di forti pressioni Savana è un giornale indipendente che peso ha sull’opinione pubblica? Anche se non vendiamo tantissime copie penso che il peso e l’influenza che abbiamo sulla società civile sia molto grande, anche politicamente, perché le notizie che noi pubblichiamo vengono lette sia da membri del governo, con le sue istituzioni, che dalla società civile, la cui opinione ha un peso non indifferente. Allora, se un giornale è serio, l’influenza è molto grande, per esempio noi pubblicammo la foto, scattata in una cena per cercare fondi per il partito, di un importante dirigente del Frelimo con una persona dichiarata dal governo degli Stati Uniti un barone della droga. Abbiamo inferto un colpo duro al Frelimo …ma la notizia era vera non l’avevamo mica costruita noi… naturalmente pubblicare queste cose ci espone a grandi ritorsioni di tutti i tipi, ma non tutto il Frelimo è disonesto, e c’è una grande parte della società che lavora , cerca di lavorare, seriamente. Io partecipo tutte le domeniche ad un programma televisivo visto da più di 1.500.000 di mozambicani e questo mi dà molta visibilità e mi espone a parecchi rischi televisivo visto da più di 1.500.000 di mozambicani e questo mi dà molta visibilità e mi espone a parecchi rischi. Cosa ne pensi dei risultati e delle contestazioni a queste elezioni? Sembrava che l’MDM prendesse più voti perché era considerato come il maggiore avversario del Frelimo, perché si pone come partito del futuro mentre la Renamo è un partito vecchio… l’aspetto organizzativo sul conteggio dei voti è una disgrazia perché dopo 20 anni siamo più incompetenti della prima volta, questa è un’incompetenza e una disorganizzazione organizzata, anche in un contesto africano è triste che le cose vadano così… io credo che le strutture mozambicane siano in grado di fare un buon lavoro, ci sono persone che hanno girato il mondo per studiare tutti gli aspetti della macchina elettorale, dalla informatizzazione alla sicurezza, quindi non c’è giustificazione per questo disastro…in questo momento la cosa più importante per dare una fiducia al processo di crescita è non estremizzare le posizioni dei partiti redazione: via A. Bargoni, 8 00153 - Roma Info: ULTRAVISTA e ULTRASUONI fax 0668719573 tel. 0668719557 e 0668719339 [email protected] http://www.ilmanifesto.info impaginazione: il manifesto ricerca iconografica: il manifesto concessionaria di pubblicitá: Poster Pubblicità s.r.l. sede legale: via A. 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Ho un progetto teatrale che si chiama «dez fogos» (gioco di parole tra sfocato e 10 fuochi) in cui prendiamo, ad esempio, 10 tematiche che dovrebbero essere importanti per i giovani, per loro prioritarie, e vedere come invece si sfocano su altre cose». Ci sono finanziamenti pubblici per la cultura? C’è un fondo per le arti e la cultura ma è molto scarso e deve rispondere a molte richieste, per tutte le discipline, inoltre ci sono alcuni centri culturali stranieri che finanziano (non gli italiani, non hanno fondi) Similitudini col teatro contemporaneo europeo o americano, se ce ne sono? Prima lavoravamo molto sull’improvvisazione corporea, sul movimento, ultimamente abbiamo cominciato a scrivere dei testi…dei canovacci … c’è questo dibattito tra fare un teatro «africano» o «internazionale» … qui i registi lavorano molto sul teatro nudo …abbiamo fatto teatro dell’oppresso, è una tecnica brasiliana: si fa un piccolo spettacolo breve che mostra un problema della comunità, generalmente un conflitto, poi a un certo punto si blocca tutto e si invita qualcuno degli spettatori a proporre una soluzione al conflitto «a mostrarla teatralmente». Una specie di psicodramma? Si, ma su problemi concreti … Gli attori qui sono considerati professionisti? Qui non c’è professionalità riconosciuta, è tutto molto disorganizzato, adesso c’è un corso di scuola superiore che rilascia un diploma in cui c’è scritto attore, che poi qui non significa nulla, perché nessuno ci vive… qui il teatro è il modo più facile per chiedere soldi per le ONG: dicono che si tratta di teatro d’informazione sociale, è un fenomeno molto diffuso, fanno piccole cose amatoriali, e questo non è sempre un bene per noi che cerchiamo un’altra qualità… Il gruppo teatrale con la storia più importante é la Mutumbela Gogo, fondata da Manuela Soeiro e che risiede nel Teatro Avenida. Il direttore artistico è, credo già dagli anni '80, Henning Mankell, lo scrittore svedese, il quale ha scritto e diretto molti spettacoli per la Mutumbela. Ci sono o ci sono stati altri buoni gruppi di teatro: Mbeu, Girassol, Galaga azul, Luarte, Gungu... gli autori che sono molto usati per spettacoli di teatro sono: Mia Couto, Luis Bernardo Honwana e Paulina Chiziane. Intervista a Domenico Liuzzi fondatore di Kulima Domenico Liuzzi mi accoglie nel suo studio pieno di arte Makonde, sculture tradizionali, a volte grandi come interi tronchi, che riproducono i riti, i sogni e gli incubi, e le tradizioni del popolo Makonde. «Kulima, dice, è una ONG completamente mozambicana, lavoriamo soprattutto nello sviluppo rurale, abbiamo licenza di credito, partecipiamo ai concorsi europei, giapponesi e degli Stati Uniti, ogni anno seminiamo 40-50 proposte, abbiamo 300-400 lavoratori. Siamo «Si fa un breve spettacolo che mostra un problema della comunità, e si invitano gli spettatori a proporre una soluzione teatrale» tra i più avanzati sull’ambiente così ci chiedono di fare proposte per ridurre la deforestazione. Facciamo delle cucine economiche d’argilla per risparmiare carbone… anche sull’acqua ci chiedono di essere consulenti, abbiamo cominciato nell’84 durante la guerra civile… la caratteristica forte di Kulima è che si è radicata nel paese, presente in tutte le province e si avvale di cooperatori stranieri solo per competenze eccezionali che possano integrare i nostri tecnici che conoscono il terreno. Noi concediamo microcredito soprattutto alle donne, perché gli uomini fanno i minatori e scappano, l’unica eccezione maschile sono i pescatori, loro non se ne vanno, hanno la casa davanti al mare e la barca, il progetto pesca funziona. Il termine «kulima», in lingua bantu, significa «arare». Le attività principali sono: sviluppo rurale (sviluppo della produzione agricola, commercializzazione di prodotti locali, sostegno di piccole imprese, microcredito, sviluppo di infrastrutture, creazione e supporto di associazioni di produttori, formazione); salute (campagneper la prevenzione dell’Aids, sensibilizzazione per l’igiene personale e ambientale, formazione di ostetriche nelle aree rurali); educazione (costruzione di MOZAMBICO MARIA SALGHETTI la situazione sanitaria fra attività delle ong e scelte politiche di A. V. Maria Salghetti è una donna alta e ossuta, lavora nella Sanità da sempre, sguardo attento e aperto di chi ha visto, vissuto e capito molto. Vive in città, al secondo piano di una palazzina, senza fili spinati, un appartamento di media taglia, in un quartiere misto di case basse, come la sua, e palazzoni da venti piani, che le nascondono la vista dell’oceano non lontano. «Gli ascensori sono quasi sempre rotti e l’acqua c’è un giorno sì e due no, e in ogni appartamento ci vivono in tantissimi, pensa che fatica!» mi dice. Anche la sua casa è affollata dalla sua famiglia mista, sua figlia Timi, con il di lei compagno Nelson Faquir, e i di lui 3 figli, in un allegra confusione, regolata da inevitabili turni, i bambini sono molto educati e tutto sembra funzionare, lavaggi piatti e docce compresi. Quanti anni fa sei arrivata qui? Io sono arrivata in Tanzania con il Frelimo nel 1971 e poi sono passata dai campi della Tanzania a qui, nel gennaio 1975, prima dell’indipendenza durante il governo di transizione. Sono infermiera caposala e all’inizio lavoravo come infermiera responsabile e docente del corso infermieri. Poi ho lavorato molto nella formazione a Maputo e a Beira, abbiamo dovuto ristrutturare l’ospedale che durante la colonizzazione era diviso in due parti, per bianchi e per neri, e abbiamo dovuto riunificare e trattare tutti nello stesso modo: tutti erano coinvolti e c’è stato un grande sforzo… poi ho lavorato all’Istituto del Centro della Salute e dopo sono passata alla medicina preventiva. A Manica ero responsabile del programma di nutrizione, durante la guerra eravamo un’équipe formidabile… Tirando le somme di tutti questi anni come vedi il paese? Il problema è politico, sono state fatte scelte sbagliate, attualmente il governo ha scelto la politica dei grandi investimenti, soprattutto stranieri, pensando che il capitale scivolasse lungo la piramide gerarchica verso il basso, ma questo accade con grande lentezza, magari nelle città, ma in gran parte del paese non arriva nulla e la povertà persiste. C’è un grande sfruttamento delle risorse, i cinesi infrastrutture scolastiche, supporto scolastico a bambini e ragazzi indigenti, alfabetizzazione della popolazione adulta); emergenze (distribuzioni di cibo e assistenza ai produttori colpiti da siccità e carestie); supporto ai gruppi vulnerabili (orfani, bambini emarginati, donne, giovani disoccupati). L'associazione si avvale di uno staff composto da 70 operatori fissi e circa 350 tecnici assunti per seguire specifiche soprattutto, troppe multinazionali che spingono via le popolazioni dai loro territori. Il governo dovrebbe stimolare i piccoli contadini ad allargarsi per poter commerciare i loro prodotti, qui la terra appartiene solo allo Stato, quindi spesso i contadini per sopravvivere si vendono gli alberi, c’è un grande sfruttamento del legno prezioso, all’inizio il governo non chiedeva di ripiantare, adesso lo fa, però, per esempio, a Niassa hanno ripiantato gli eucalipti al posto dell’ebano, e poi c’è un grande commercio illegale…molti bracconieri…li lasciano fare…si sono estinti i rinoceronti…ci sono molti coccodrilli…hanno trovato 300 carcasse di elefanti… il corno di rinoceronte e l’avorio degli elefanti hanno un grande commercio illegale con la Cina e l’India…Purtroppo la colonizzazione portoghese non ha lasciato nessuna cultura della conservazione dell’ambiente. La popolazione vive in mezzo ai parchi, è difficile, ho curato bambini attaccati dai coccodrilli o dai leopardi con la faccia distrutta a Cabo Delgado … è dura per i contadini lavorare un campo tutto l’anno e poi vederselo distrutto in un attimo dagli elefanti… invece agli ippopotami non sopravvive nessuno…bè, certo, con quella bocca che hanno… il conflitto uomo animale è difficile, eh! Qui la forbice tra ricchi e poveri aumenta, gli stipendi base non servono a nulla, il costo della vita è altissimo, gli stessi medici e perfino gli infermieri, anche i tecnici di laboratorio, fanno il doppio lavoro, pubblico e privato, con il risultato che sono tutti stanchissimi e la qualità dell’assistenza è molto bassa. Che opinione hai del lavoro di tutte queste ONG esterne? Non tutte, ma alcune ONG, vengono qui, creano delle isole felici, in cui l’assistenza è migliore, le medicine ci sono sempre, e poi, quando il progetto finisce, vanno via e l’unità sanitaria ripiomba nel disastro. Il ministero della sanità ha dei protocolli per tutte le malattie più comuni ma a volte i medici stranieri fanno fatica ad adattarsi a questi protocolli. Adesso c’è un grande sforzo per integrare queste ONG ma non sempre funziona… Che mi dici della medicina tradizionale? Qui ci sono i curandeiros che praticano un misto di magia e medicina tradizionale e tutti ci vanno. Che rapporti avete? Ora c’è un grande sforzo per includerli che prima non c’era, perché il vecchio Frelimo li collegava troppo con i riti magici e gli avvelenamenti, adesso si cerca di collaborare. Con la loro conoscenza delle erbe, per esempio curano l’asma, e poi, soprattutto, per i problemi psicologici sono molto meglio degli psichiatri, ovviamente…adesso va meglio … certo bisogna stare attenti che non si sentano sfuggire il terreno sotto ai piedi, bisogna iniziative: nella maggior parte si tratta di cittadini mozambicani in possesso di una formazione universitaria o superiore. *Ringrazio con tutto il cuore gli amici A e M, che preferiscono non essere nominati, molte delle cose che ho visto e fatto nelle due settimane di permanenza a Maputo non sarebbero state possibili senza il loro aiuto e la loro generosa ospitalità. «Ho curato bambini attaccati dai coccodrilli o dai leopardi con la faccia distrutta. Invece agli ippopotami non sopravvive nessuno» trovare un sistema di reciprocità ma questo ancora non entra nella testa di tutti i medici… Ong: Dream Gabriella Bortolot della Comunità di Sant’Egidio mi ha portato a vedere il centro Dream di Maputo, la sede era anticamente un convento, mi spiega, mentre mi fa girare tra gli ambulatori e il cortile (sala d’attesa) dove attendono il loro turno pazientemente le donne, mi racconta alcune delle loro storie, che si sono curate, che si sono messe a studiare, che si sono diplomate e ora fanno parte del personale dei Centri. Poi mi ha portato a Matola a vedere un nuovo centro appena inaugurato, dedicato a Annamaria Muhai (deceduta nell’aprile 2013), la loro prima attivista, la prima in Mozambico a dichiarare pubblicamente di essere HIV positiva e a mostrarsi in prima persona; nel giugno del 2011 è intervenuta all’Assemblea delle Nazioni Unite a New York per sostenere l’accesso universale alla cura ed è diventata una delle testimonal più conosciute e rappresentative del programma DREAM ed un’icona indiscutibile della lotta all’HIV. Sempre a Matola ho visitato una scuola collegata al Centro, i bambini, bellissimi, hanno cantato e suonato, Zelia, Calcida e le altre attiviste, tutte mozambicane, farmaciste, biologhe, maestre che ho conosciuto, mi hanno sorriso, abbracciato accolto come se fossi una di loro. A volte in Africa si annullano le distanze con uno sguardo limpido. Numeri cumulativi di DREAM in Mozambico dal 2002: 108.000 persone assistite dal 2002 90.000 pazienti attualmente in follow-up (di cui 22.000 bambini) più di 13.000 bambini nati sani da madri HIV+ circa 1,6 milioni di visite mediche effettuate circa 720.000 campioni di sangue analizzati (in totate) circa 480.000 esami di Carica Virale eseguiti oltre 420.000 pacchi alimentari consegnati foto di Maputo (di Mario Martinozzi) ALIAS 6 GIUGNO 2015 di FLAVIO MASSARUTTO La chiamano bisiacarìa. È una striscia di terra che dalla foce del fiume Isonzo risale, costeggiandolo, fino al Collio. Luoghi sinonimo di mescolanza; eredità del continuo spostamento di confini tra Austria-Ungheria, ex-Jugoslavia e Italia. Sloveni, italiani, croati, serbi, ungheresi. Lo si capisce dai cognomi e dai cibi che qui siamo nella Mitteleuropa. Durante la seconda guerra mondiale un’intera brigata partigiana era formata da operai dei cantieri di Monfalcone, la Brigata Proletaria. Qui ancora oggi la sinistra è forte e radicata. E anche grazie a questa particolarità può succedere che un’amministrazione comunale decida di dare una scuola elementare in disuso ad un’associazione perché ne faccia un centro di aggregazione e di produzione culturale. Questo è successo nel 1992 a Dobbia, una piccola frazione del comune di Staranzano in provincia di Gorizia. «Qui ci vengono i musicisti a studiare, a provare e ad incontrarsi» riferisce Paolo Pascolo, flautista e attivista dell’associazione Gruppo Area di Ricerca DobiaLab, «e adesso è diventato una specie di quartier (5) Qui sotto e a sinistra il contrabbassista Giovanni Maier; al centro la sassofonista Clarissa Durizzotto generale per le diverse realtà del territorio. Certo è molto impegnativo; è una forma di vita». La struttura ospita una sala espositiva, una sala prove e una per spettacoli dove si tengono concerti e proiezioni. DobiaLab (http://dobialab.net/) ha prodotto festival, concerti, mostre, performance, produzioni discografiche riunendo i fermenti creativi del territorio e offrendo un luogo stabile, benché austero, per la scena della musica improvvisata della regione. Una scena che a partire da questo luogo genera nuove formazioni, progetti transnazionali, produzioni discografiche anche grazie alla sponda offerta da due piccoli ma coraggiosi festival come «Tarcento Jazz» e «Brda Contemporary Music Festival». Oppure realizza le colonne sonore dei documentari del giovane regista Cristian Natoli: Per mano ignota sulla strage di Peteano e Allamhatar. Paesaggi di confine sulle città divise dalla cortina di ferro. Ce la facciamo raccontare da due musicisti: il contrabbassista Giovanni Maier, già con Enrico Rava e l’Italian Instabile Orchestra, e la sassofonista Clarissa Durizzotto, una delle nuove voci più interessanti della scena bisiaca. Una piccola frazione in provincia di Gorizia trasforma una scuola in disuso in una fucina di insoliti sperimentatori. Tra festival, mostre, colonne sonore e cd ecco una scena sotterranea in piedi dal ’92 Giovanni Maier All’interno dei laboratori di Dobbia c’è un’orchestra - Dob Orchestra - che riunisce molti degli improvvisatori dell’area. Il contrabbassista Giovanni Maier (1965) ne fa parte e ha anche editato con la sua etichetta Palomar Records la prima documentazione discografica: Tageskarte (2008). Come è organizzata l’orchestra? L’orchestra è nata per unificare le varie istanze del territorio, cioè tutti quei musicisti che fino ad allora lavoravano sull’improvvisazione. Dal nucleo di partenza, che c’è nel cd, si sono poi aggiunti altri musicisti. La direzione è collettiva e chi vuole può proporre idee su cui lavorare. Abbiamo sperimentato l’improvvisazione collettiva totale e suonato su materiali proposti da me e altri. Molti di quei musicisti hanno partecipato nel 2014 a un progetto su Sun Ra... Si tratta di questo. Il trombettista Flavio Zanuttini è entrato in possesso di un centinaio di partiture di Sun Ra. Sono fotocopie con il timbro della Library of Congress, probabili depositi per i diritti d’autore. Flavio ha contattato me e altri e abbiamo deciso di presentare tre distinti progetti a cura di diversi responsabili: io, Giorgio Pacorig e Paolo Pascolo, Flavio. Gli organici erano variabili ma erano basati sullo zoccolo duro della Dob. Dopo i concerti al circolo Arci MissKappa di Udine abbiamo deciso di proseguire con quello diretto da Zanuttini, che ha anche la presenza di Marta Raviglia alla voce, presentandolo al Festival Jazz di Tarcento (Udine) la scorsa estate. Raccontaci l’Orchestra Senza Confini. L’idea di formare questa orchestra è del percussionista sloveno Zlatko Kaucic per il «Brda Contemporary Music Festival» che dirige a Smartno. Visto che la rassegna è basata sulla residenza INCONTRI GIOVANNI MAIER E CLARISSA DURIZZOTTO RACCONTANO «L’EFFETTO BISIACO» Dobbia, il senso jazz dell’imprevedibilità artistica di un musicista, Zlatko ha pensato di costituire una formazione per il workshop con l’ospite. Ne fanno parte i musicisti della Dob e quelli del gruppo sloveno Kombo di Zlatko. Abbiamo lavorato con Evan Parker, Johannes Bauer e Ab Baars. L’anno scorso invece abbiamo presentato un progetto autonomo rispetto al musicista residente: si tratta di una conduction gestita da me e Zlatko. Abbiamo suddiviso l’orchestra in due gruppi di musicisti che dirigiamo contemporaneamente, anche scambiandoceli. Io uso una lavagnetta giocattolo per le mie indicazioni mentre Zlatko usa segnali gestuali. La registrazione del concerto è venuta molto bene ed è stata presentata ieri all’Auditorium del Museo Revoltella di Trieste per «Le nuove rotte del jazz». In quella occasione l’Orchestra si amplierà accogliendo anche allievi del Conservatorio Tartini. Ci saranno quasi trenta musicisti italiani, sloveni e croati. Come vedi l’attualità dell’improvvisazione? Rispetto a qualche anno fa ci sono un sacco di giovani interessati e affascinati dalla musica improvvisata e noto anche un maggior interesse del pubblico. Per quello che mi riguarda io penso che essa sia il mezzo espressivo che più mi si confà. Penso di esprimermi meglio in situazioni più aperte, forse perché la musica improvvisata è più vicina alla vita reale dove non sai mai quello che può succedere. Clarissa Durizzotto Ha studiato con Daniele d’Agaro e collabora con Claudio Cojaniz, Giovanni Maier, Giorgio Pacorig (da ascoltare il loro Locomotive Duo) e naturalmente con gli altri giovani improvvisatori della sua regione. Clarissa Durizzotto (1977), sax alto e clarinetto, ha appena pubblicato il suo primo lavoro con l’etichetta Dobialabel. Parlaci del tuo progetto discografico Il disco è la registrazione di un concerto al «Tarcento Jazz Festival» del 2013. Si intitola Murae umbrae e oltre a me ci sono Giorgio Pacorig alle tastiere, Alessandro Turchet al basso elettrico, Alessandro Mansutti alla batteria e l’attrice Aida Talliente, alla voce recitante. Un progetto che si compone di strutture e libera improvvisazione. Sono storie che creano un particolare stato d’animo nei musicisti e l’emotività che ne esce è rafforzata da testi recitati di Alda Merini, Pier Paolo Pasolini, Mariangela Gualtieri, Thomas Eliot, Allen Ginsberg e una mia poesia. Ho voluto rifarmi espressamente alla psichedelia e al prog e la strumentazione di Pacorig e Turchet richiamano proprio quel tipo di suono. Quali sono secondo te le caratteristiche tipiche della scena di Dobbia? Dobbia è un posto particolare. In fin dei conti è un paese provinciale eppure è diventato un luogo dove si fa musica e arte sperimentale e riesce ad attirare persone che vengono fin lì apposta per ascoltare e vedere quel tipo di proposta. Non è sempre lo stesso pubblico, cambia in base a ciò che si fa. C’è un’atmosfera casalinga, sul tipo di una «comune». C’è il senso di fare insieme e stare insieme. Ognuno si occupa di uno specifico campo. Io ci sono arrivata da spettatrice e poi ho iniziato a collaborare. A Dobbia hanno suonato musicisti come Peter Brötzman o Edoardo Marraffa, insomma quel tipo di musica che non si fa da nessun’altra parte. Adesso è dura per avere finanziamenti ma i ragazzi di Dobbia si danno da fare per sopperire a questa mancanza: organizzano feste, gestiscono un piccolo bar. Insomma con poco si fa tanto. Come vedi l’improvvisazione? Secondo me la musica improvvisata deve essere una vocazione. Quando suoni musica scritta tutti sanno esattamente cosa succede e dove si va a parare. Invece con l’improvvisazione domina l’imprevedibilità. Se ti piace il gioco sottile dell’imprevedibilità questo ti porta a tirar fuori di te le tue idee personali. Qualcosa che viene dalla pancia come quando conosci una persona e all’inizio non capisci bene cosa sta succedendo. Io penso che la musica improvvisata sia nata perché le persone avevano bisogno di dire qualcosa in più e ancora oggi sia fondamentalmente questo. (6) ALIAS 6 GIUGNO 2015 ROCK ON THE BEACH di FRANCESCO ADINOLFI Le foto di Sheila Rock sono state al cuore del punk britannico con una sequela di immagini che hanno scandito la storia del genere. Ne parlammo con lei su queste pagine in occasione dell'uscita del suo splendido libro fotografico Punk+. Nel tempo ha dato vita ad altri volumi monografici come Horses o Sera: The Way of the Tibetan Monk. Ora Sheila pubblica Tough & Tender. English Seascapes (Kehrer Verlag, pp. 128, euro 28; nella foto la copertina), una raccolta fotografica che guarda al mare. «Non importa dove tu sia in Gran Bretagna - racconta la fotografa - la distanza dal mare non è mai così enorme. Le persone sono inspiegabilmente PAGINE STORIE DI NOTE LIBERE NELL’ERA DELLO SPARTITO GLOBALIZZATO L’insopprimibile bisogno dell’utopia sonora di LUIGI ONORI Il pezzo di Flavio Massarutto racconta il rifiorire dell’improvvisazione «radicale» in Friuli, a circa cinquant’anni da quando pratiche improvvisative assunsero un’importanza via via crescente nella musica contemporanea europea e statunitense parallelamente al free jazz o «jazz informale». È chiaro che non si può trattare di un revival quanto del riaffiorare di esigenze che, da un lato, si legano a processi intrinsecamente creativi e, dall’altro, tentano di ri-fuggire da modelli «sonori» e sociali che si fanno sempre più invadenti, autoritari e pervasivi in un’epoca globalizzata e di «neotirannia» come quella attuale. Qui c’è una prima differenza tra gli anni Sessanta e gli anni Dieci del terzo millennio: allora si era in una fase di espansione e sviluppo economico e sull’onda di una contestazione politica «totale», in un mondo ancora bipolare; oggi siamo in una fase recessiva e ampiamente «postmoderna» per quel che riguarda i linguaggi musicali, il lavoro e la gestione del potere, mentre il bipolarismo si è dissolto ed avanzano gli integralismi Sui nodi davvero complessi dell’improvvisazione ha riflettuto, ricercato ed elaborato con grande profondità Giovanni Guaccero in un volume edito un paio di anni fa e ancora gravido di domande, prospettive, interpretazioni. Si tratta de L’improvvisazione nelle avanguardie musicali. Roma 1965-1978, pubblicato dalla Aracne editrice nella collana di musicologia e storia della musica «Immota harmonia». Il volume lungo 274 pagine - è stato realizzato con il contributo dell’associazione Nuova Consonanza e si apre con una prefazione di Alvin Curran, musicista americano attivissimo nella capitale fin dai primi anni Sessanta. L’autore ha articolato il documentatissimo studio in tre ampi capitoli che riguardano la «Definizione del campo d’indagine», «I gruppi storici e il diffondersi della ‘libera’ improvvisazione di gruppo (1965-1971)», «Jazz, avanguardia e politica: il nuovo jazz degli anni Settanta (1972-1978)». In quest’ultimo capitolo si parla in particolare di Giorgio Gaslini, Giancarlo Schiaffini, Bruno Tommaso, Eugenio Colombo, Roberto Laneri, Curran, Domenico Guaccero, della Scuola Popolare di Musica di Testaccio e della sua didattica. Nato nel 2004 come tesi di laurea - seguita come relatore da Pierluigi Petrobelli - di Giovanni Guaccero (compositore e musicista, figlio di Domenico che fu tra i principali protagonisti di quella stagione sonora), «L’improvvisazione nelle avanguardie musicali. Roma 1965-1978» rinasce quasi un decennio dopo come volume mentre si registra, peraltro, un rinnovarsi non accademico dell’interesse per certi tipi di sperimentazione, ed è quello che maggiormente interessa in questa sede. Il volume (dall’esaurientissima bibliografia) si pone come un importante, basilare strumento di ricostruzione storico-teorica di una stagione sonora «seminale» e «nodale» che il Gruppo di Improvvisazione Nuova Consonanza, Musica Elettronica Viva MEV e il Gruppo Romano Free Jazz (creato e guidato dall’indimenticabile Mario Schiano) incarnarono appieno. «Voi domanderete - si interroga Alvin Curran nella prefazione -, ma chi ha bisogno di un ennesimo libro sugli anni Sessanta e Settanta? La risposta è: tutti noi (...) è precisamente su questo sfondo che Guaccero svela un movimento musicale universale, dall’”ultra-classica” contemporanea al jazz, al freaky pop, e a tutte le forme di arte creativa, un movimento musicale di liberazione per così dire, mirato ad espandere la nostra concezione di tempo e spazio, di timbro e densità, di sistema temperato e di suono, di asincronia, caos, fortuna, caso, intenzione e non-intenzione (...)» Da Giovanni Guaccero a Alipio Carvalho Neto fino a Giancarlo Schiaffini, tanti gli autori di saggi sulla centralità e il ruolo della musica «radicale» nel terzo millennio (p. 15). Ma Curran, che di quella stagione fu testimone e protagonista, non la considera esaurita e la ritrova viva nei centri sociali come Il Cantiere o l’Angelo Mai, in gruppi come l’Orchestra IATO, gli Zoo o Ossatura di Fabrizio Spera, nell’elettronica-multimediale di Domenico Sciajno, Elio Martusciello e Mike Cooper, nella trasmissione Battiti di RadioTre, nella RadioArteMobile specializzata in installazioni sonore, nel Cemat... Ecco, quindi, l’attualità di quell’eversiva utopia sonora. Nella Postfazione 2013 (autobiografia di un decennio) è lo stesso Giovanni Guaccero ad indicare le esperienze - personali e non - che ribadiscono il seme fruttifero della «galassia avanguardistica» messa a fuoco nel testo. In particolare, dopo la manifestazione del giugno 2002 «L’altra musica», nasce «l’esigenza di continuare ad “insistere”. L’idea di base era: le due “aree” romane della composizione e dell’improvvisazione devono tornare a parlarsi e devono tornare ad elaborare progetti comuni, non solo “giustapponendosi” all’interno di contenitori onnicomprensivi, ma interagendo realmente sul piano linguistico» (p. 252). Seguono convegni e progetti che vedono agire, in vario modo e a vario titolo, Gianfranco Tedeschi, Luigi Cinque, Eugenio Colombo, Massimo Coen, Daniele Del LUOGHI E MODI DELLA SCENA FRIULANA Oltre agli appuntamenti a Dobbia da qualche tempo un locale proprio di fronte al Teatro Comunale di Monfalcone, Il Carso in Corso, ha aperto le sue porte anche al jazz di ricerca con la rassegna «Jazz in Progress» che si articola tra l’autunno e la primavera. Degustando gli ottimi vini del Carso, Terrano e Vitovska, si può assistere alle performance dei musicisti più interessanti della scena bisiaca e oltre. Dall’anno scorso il locale organizza l’evento «Verso il Primo Maggio», ossia un concerto speciale a tema sulla Festa del Lavoro che si tiene la sera del 30 Aprile. Nel 2014 è stata la volta di un piano solo di Claudio Cojaniz mentre quest’anno è toccato al quintetto Kaca Sraca in Lev capitanato da Giovanni Maier. Su disco le etichette di riferimento oltre a Dobialabel sono, non a caso, due label gestite da musicisti: Setola di Maiale del batterista Stefano Giust (http://www.setoladimaiale.net/) e Palomar di Giovanni Maier (http://www.giovannimaier.it/pal omarrecords/Palomar_Records.ht ml) spulciando nelle quali si può trovare gran parte dei musicisti dell’area. Nella prima ad esempio si può ascoltare lo straordinario tastierista Giorgio Pacorig (attivo anche con El Gallo Rojo) nel quartetto Aghe Clope allargato a musicisti emiliani in Aghe Clope Ensemble e in duo con il batterista Franco Dal Monego in Istinto informe. Nel catalogo Palomar particolarmente interessanti sono i lavori con il percussionista sloveno Zlatko Kaucic, musicista con una lunga esperienza nel campo dell’improvvisazione, didatta appassionato, organizzatore. Due di questi sono particolarmente consigliabili. Registrati entrambi nel piccolo club sloveno Jazz Hram a Divaa, poco oltreconfine, i due cd restituiscono come pochi tutta l’intensità e la freschezza dell’esibizione dal vivo. È la dimensione ideale per questo tipo di musica che si muove a partire dalla lezione storica del free jazz e della musica improvvisata europea. The Jazz Hram Suite è del 2011 e vede all’opera accanto a Maier e Kaucic il flautista pordenonese Massimo De Mattia, spericolato e geniale ricercatore di nuovi orizzonti sonori. Ottanta minuti di pura gioia ed energia liberatoria. Il secondo è Disorder at the Border, del 2014, e questa volta è il sassofonista e clarinettista udinese Daniele D’Agaro a completare il trio che si muove con disinvoltura tra esplosioni furenti e momenti sospesi con un ventaglio di invenzioni e soluzioni amplissimo. Uno squarcio sulle possibilità della musica improvvisata che solo musicisti così possono aprire. Per chi non l’ha mai ascoltata o per chi ne diffida può essere una esperienza d’ascolto iniziatica. Nel segno dell’attraversamento dei confini geografici e musicali. (F. Ma.) attratte dall’idea dei confini di quest’isola. Qui il mare e le spiagge esercitano un potere misterioso sulla psiche; inoltre l’acqua dà un senso di libertà contraddetta però dal fatto che un’isola è per definizione uno spazio chiuso. Queste giustapposizioni sollecitano un interessante mescolanza di persone e argomenti; l’estate britannica inoltre è corta, non sempre soleggiata, le città di mare Monaco, Sabina Meyer, Fabrizio Spera, Alessandro Sbordoni, Fabrizio De Rossi Re, Richard Trythall, Paolo Ravaglia, Fausto Sebastiani (attuale presidente dell’associazione Nuova Consonanza), Curran e Giancarlo Schaffini. Al trombonista, improvvisatore, compositore, performer ha dedicato nel 2014 la sua tesi di dottorato in Storia, scienze e tecniche della musica il sassofonista e musicologo Alipio Carvalho Neto: La Musica Libera di Giancarlo Schiaffini (Università di Roma 2, Tor Vergata). Neto è brasiliano di nascita ma dal 1997 vive in Europa; solista, studioso e compositore di qualità, unisce la profonda consapevolezza teorica alla creatività sperimentale «applicata». È da poco uscito il cd Vampyroteuthis infernalis del Luiz Moretto Quintet (etichetta Slam) che lo vede in organico con il leader, Francesco Lo Cascio, Gianfranco Tedeschi e Marco Ariano. La scelta del trombonista per la tesi di Neto è tutt’altro che casuale. Giancarlo Schiaffini - la cui carriera ha sempre attraversato la «terra di mezzo» tra jazz, free jazz e musica contemporanea - è a sua volta autore di due interessanti e problematici volumi che affondano le loro radici negli anni Sessanta e Settanta analizzati da Giovanni Guaccero. Si tratta di E non chiamatelo jazz (Auditorium, 2011) dove indaga il ruolo che ha l’improvvisazione nelle diverse espressioni musicali della contemporaneità, e di Tragicommedia dell’ascolto (Auditorium, 2015), appena uscito nel febbraio di quest’anno. «La mia tesi di dottorato - scrive Alipio C. Neto nel suo blogspot - è stata dedicata alla sua musica, fondata sull’idea di un sui generis senso della libertà, segnata da una consapevolezza originata dalla sua artisticità e ricerca personale, che avvicinano ed amplificano i territori della composizione e dell’improvvisazione». È quest’ultimo, in definitiva, un tema ancora caldo per non dire scottante (si veda l’articolo di Flavio Massarutto). «La pubblicazione di questo suo nuovo testo - prosegue Neto serve appunto alla riflessione sull’essenza dell’elemento fondante dell’arte musicale, che può anche essere considerato l’aspetto primordiale della poetica schiaffiniana. Mi riferisco, ovviamente, all’ascolto. Le esperienze avute in diversi gruppi, che hanno consolidato la sua libera ed autonoma poetica musicale, sono esempi in mezzo a tante altre attività creative alle quali ha partecipato Giancarlo Schiaffini in qualità di esecutore-compositoreimprovvisatore, che hanno celebrato l’ascolto come meccanismo indispensabile alla fenomenologia del discorso musicale». E non è, forse, proprio l’esigenza dell’ascolto autentico e partecipato a riportare in primo piano la musica improvvisata e le orchestre di improvvisazione? Non sono i musicisti e gli ascoltatori coinvolti in un rapporto che rimette al centro, nella sua essenzialità, la capacità di ascoltare senza sovrastrutture e distorsioni indotte dall’inquinamento sonoro che viene molto spesso contrabbandato come musica? Cos’è il musicista se non un essere capace di agire ascoltando? In alto Domenico Guaccero; al centro Mario Schiano ALIAS 6 GIUGNO 2015 (7) ULTRASUONATI DA sembrano luoghi maestosi e in realtà sono così fragili». Da qui una sequela di immagini sui toni del grigio, una splendida indefinitezza che conferisce agli scatti veli di profonda melancolia. Tra ragazzi, coppie, calche immobili, posticce costruzioni in legno che si stagliano contro cieli altrettanto grigi. Le foto sono in mostra a Berlino dal 20 giugno al 5 settembre alla Johanna Breede Gallery. STEFANO CRIPPA GIANLUCA DIANA GUIDO FESTINESE SIMONA FRASCA MARIO GAMBA ROBERTO PECIOLA MARIO BIONDI BEYOND (Sony) Non cambia di una virgola il sound del gigante siciliano dal vocione soul. Lo aggiorna il giusto per stare al passo con le nuove tendenze del new soul. Ma l'amore è tutto per i classici. Qualche collaborazione d'eccellenza con i newyorkesi Dap-King, D.D. Bridgewater in versione autrice di testi e l'ex Suede Bernard Butler, e almeno un brano sopra la media: Love Is the Temple. (s.cr.) INDIE ITALIA Il gran circo dei Topi Romani, con nel cuore le borgate, la periferia squassata della capitale, le difficoltà di essere trentenni nel 2015, I Topi non Avevano Nipoti, nel loro disco d'esordio omonimo (Volcan Records), suonano nostalgici e malinconici, agrodolci e graffianti. Perché è vero che i testi sono realistici, ma la loro musica è insieme wave e power pop con grandi strutture di chitarre e batteria. Grande ritmo che guarda dritto in faccia alla lezione di gruppi come A Certain Ratio, Gang of Four, vedi alla voce punk funk, c'è anche nei concittadini Granada Circus. Vertèbra (con l'accento sulla e, perché, come dicono «è l'errore da compiere, il rischio da correre, la contraddizione in cui cadere»), seconda prova per la Warning Records, ha coordinate precise, ma un suono attuale, per nulla derivativo. Coordinate ben chiare anche per Teenage Riot, all'esordio per la pugliese La Rivolta Records. Scimmie sulla luna è un excursus nella musica indie alt degli anni Novanta (stoner, punk, con diversioni quasi prog che fanno pensare agli «attorcigliamenti» di Trail of Dead). Coraggioso, al di fuori dalle regole (versus chorus versus non esistono quasi per Teenage Riot). Rivoltoso... (Viola De Soto) ON THE ROAD Kiss Unica data italiana per la rock band statunitense che festeggia 40 anni. Verona GIOVEDI' 11 GIUGNO (ARENA) Mastodon Una sola data per la band metal prog americana. Bologna MERCOLEDI' 10 GIUGNO (ESTRAGON) Trail of Dead Echi di noise-emo-hardcore e psichedelia per la band americana. Andora (Sv) GIOVEDI' 11 GIUGNO (MAME) Sun Kill Moon Mark Kozelek, ex Red House Painters, è il titolare di questo progetto, tra Lou Reed, Neil Young e Nick Drake. Ferrara DOMENICA 7 GIUGNO (CORTILE CASTELLO ESTENSE) Roma LUNEDI' 8 GIUGNO (AUDITORIUM PARCO DELLA MUSICA) Sesto San Giovanni (Mi) MARTEDI' 9 GIUGNO (CARROPONTE) Limp Bizkit Torna una delle band di punta del cosiddetto nu metal. Assago (Mi) GIOVEDI' 11 GIUGNO (SUMMER ARENA) Merano (Bz) VENERDI' 12 GIUGNO (ROCK THE LAHN) Firenze SABATO 13 GIUGNO (OBIHALL) BOCEPHUS KING & ORCHESTRA FAMILIA THE ILLUSIONS OF PERMANENCE (Appaloosa/Ird) È tornato già da qualche tempo e ha trovato la quadratura del cerchio. Ha il nome di Orchestra Familia la sua band, ed è un collettivo meraviglioso con il quale esiste una sinergia perfetta. World music, con dentro blues, americana e folk rock. Un equilibrio perfetto tra buon gusto e capacità di sperimentare. Forse sarà uno dei dischi del 2015. Vi lasciamo con Derivative Blues e No Cure for Fools. (g.di.) GODSPEED YOU! BLACK EMPEROR ASUNDER, SWEET AND OTHER DISTRESS (Constellation) Ogni nuovo disco della band canadese mette un po' in crisi chi è delegato allacritica. Si possono usare artifici lessicali, si può tirarla per le lunghe, ma il succo è che i Godspeed You! Black Emperor difficilmente sorprendono con stravolgimenti stilistici. Fanno e continuano a fare quello che è il loro marchio di fabbrica: lunghe elucubrazioni soniche, tra post rock e noise. L'unica cosa che si può dire è, volta per volta, disco per disco, se lo hanno fatto meglio o peggio del solito. E qui il giudizio è assolutamente positivo. (r.pe.) INDÙ JUGGERNAUT (Slam Records) Saranno i posteri a stabilire se quella attuale sia un’epoca con il piede schiacciato sull’acceleratore delle sperimentazioni più «avant-garde» oppure no. Fatto sta che Juggernaut del duo Claudio Vignali (tastiere) e Andrea Grillini (batteria) con la collaborazione di Achille Succi (sax e clarinetto basso) è un disco notevole non tanto per le competenze tecnico-esecutive, notevoli, dei tre, ma per il gioco di interplay. La capacità di catturare insieme spirito e cuore di un’idea, di giocarci intorno e preservare il senso di un’improvvisazione audace ed eufonica. (s.fr.) REGGAE SONGWRITER INDIE ROCK Il dub tellurico degli Zion Train Laura Marling, maturità pop Dissacranti giramondo Da venticinque anni Zion Train scuote «i sotterranei» di mezzo mondo con i bassi profondi e panciuti del suo dub tellurico: giri di basso che, d’un tratto, ammutoliscono tra sirene spiegate e un tripudio generoso di ottoni. Come in questo Land of the Blind (Universal Eggs), un titolo che già dice molto di questo album corale in cui oltre la musica in sé conta l’attitudine anticonvenzionale di Neil Perch (& c.), che, abile mastro concertatore, continua con le sue mani curiose e operose ad occuparsi delle macchine sondando un ventaglio di possibilità che vanno dal dub digitale all’elettronica, dalla techno al jazz marziano, gettando un ponte tra King Tubby e Karl Stockausen. Anche i pordenonesi Wdd & Michela Grena esplorano i territori sempre fertili e dilatati del dub con il loro esordio Dub Drops (Wdd Dub Prod.) presentandosi come una delle realtà più interessanti. Segnaliamo Bird in Hand, e Rejoice Jah Jah Children. Al terzo album invece una giovane voce del reggae italiano come Lion D. Heartical Soul (Bizzarri Records) ha anche il pregio di recuperare una leggenda del reggae/soul come Ken Boothe in una delle tracce trainanti, Slow Down. (Grazia Rita Di Florio) Che Laura Marling abbia studiato attentamente gente come Joni Mitchell e PJ Harvey appare abbastanza chiaro, come lo è il fatto che riesce comunque ad essere più che accattivante a ogni sua release. L'ultima si intitola Short Movie (Ribbon) e la vede forse ancora più matura e fruibile. Il che non significa leggera o «pop» - nel senso deteriore del termine -, ma solo, probabilmente, più consapevole della sua arte. Tra folk e rock, e una buona dose di pop, dimostra di sapersi muovere anche il bostoniano Chadwick Stokes che ha pubblicato il suo nuovo album solista dal titolo The Horse Comanche (Nettwerk/ Self). Ricordi di Paul Simon e Jack Johnson ci trasportano lungo l'intero percorso sonoro, percorso che non si distacca mai da un senso di spensierata leggerezza e divertimento. Altra sortita solista per il frontman dei gallesi Feeder, Grant Nicholas. Black Clouds (Popping Candy/Audioglobe), mini cd composto da sei brani che prosegue sulla traccia dell’album di debutto, ossia quella acustica, molto più vicina al folk cantautorale che al rock della band di origine. E il risultato è apprezzabile, e in alcuni momenti, quasi esaltante. (Roberto Peciola) Istrionico il rock e le sue forme sbilenche. Tante, bizarre e giramondo. Si parte un metro avanti a tutti se si arriva da posti come Portland. Loro sono Guantanamo Baywatch, trio che pubblica tra ep e lp (oh sì, gli lp) il quinto episodio Darling... It’s Too Late (Suicide Squeeze). Grandiosi, a dir poco. Sono dissacranti e seri al tempo stesso. Suonano alla grande e hanno fatto un signor disco. Too Late, Boy Like Me e Sea of Love sono la loro idea di rock, indie, surf e molto altro. Londinesi invece i The Severed Lamb che tra exotica, rock e influenze caraibiche e di New Orleans si donano con gioia. Il loro If You Ain’t Livin’ You’re a Dead Man (Damaged Goods) è gradevole, solare e ritmico. Specialmente in Aye que calor, Long Tall Girl e If You Ain't Livin’, per Labella Records. Concludiamo con un bislacco e bravo svizzero: Antony Cedric Vuagniaux, eclettico polistrumentista che da alle stampe Le clan des Guimauves (Plombage Records). Il lavoro racconta di una forte attitudine cinematografica della sua musica, raccontata da strumenti acustici e inserti electro. Visionario come pochi e affascinato dalle colonne sonore di marca Sixties e dintorni. Su tutti La naissance des cambrioleurs. (Gianluca Diana) SNOOP DOG BUSH (Sony) Più che un rapper Snoop Dog è un brand che fattura milioni di dollari con svariate attività attinenti all'entertainment. Ergo non sorprende la collaborazione con Pharrell Williams. Sempre meno rap, le canzoni - quasi laccate - vantano ritornelli perfetti qua e là «sporcati» dall'incedere rap e da un parterre di star ospiti: Charlie Wilson, Stevie Wonder, Kendrick Lamar, Rick Ross, T.I. e Gwen Stefani. (s.cr.) VAN DER GRAAF GENERATOR AFTER THE FLOOD (Virgin/Universal) Il glorioso Generatore di Peter Hammill è vivo e vegeto, nel quinto decennio di attività. E le prove recenti lo confermano. Bello riascoltarli però in questa raccolta delle session per la Bbc, si parte dal 1968 e si approda alle claustrofobiche crudezze piene di grinta del '77, che perfino i punk apprezzarono. Una antologia «live» quasi completa: pochi doppioni e qualche inedito. (g.fe.) LUIGI VITALE/LUCA COLUSSI STILE LIBERO (Nusica.org) Vibrafonista Vitale, percussionista Colussi. Usano in più piccoli oggetti acustici e semplici apparati elettronici. Vitale è jazzman di punta nel panorama italiano, Colussi lo segue nelle esplorazioni ai limiti dell’armonia tradizionale e dell’aggancio tonale. Ma non osano abbandonare una «casa» di strutture sonore che dà sicurezza. 8 brani in cui il piacere del rapporto tra timbri frena un po’ il desiderio di ricerca. (m.ga.) A CURA DI ROBERTO PECIOLA SEGNALAZIONI: [email protected] EVENTUALI VARIAZIONI DI DATE E LUOGHI SONO INDIPENDENTI DALLA NOSTRA VOLONTÀ Van Morrison L’artista di culto irlandese torna in Italia. Brescia SABATO 6 GIUGNO (PIAZZA DELLA Torino LUNEDI' 8 GIUGNO (ASTORIA) Marina di Ravenna (Ra) MARTEDI' 9 GIUGNO (HANA-BI) Sesto San Giovanni (Mi) dopo cinque anni con un nuovo disco, Endkadenz Vol. 1. Senigallia (An) SABATO 6 GIUGNO (MAMAMIA) LOGGIA) MERCOLEDI' 10 GIUGNO (CARROPONTE) Milano VENERDI' 12 GIUGNO (ESTATHE' Julian Casablancas & The Voidz Yellowcard MARKET SOUND) Padova SABATO 13 GIUGNO (SHERWOOD) Una data sold out per il progetto del cantante e leader degli Strokes. Bologna MARTEDI' 9 GIUGNO (BOLOGNETTI ROCKS) Una data per la band punk pop di Jacksonville, Florida. Bologna MARTEDI' 9 GIUGNO (ZONA ROVERI) Lagwagon Paolo Benvegnù L'ex leader degli Scisma con la band che porta il suo nome di nuovo live. Castiglion del Lago (Pg) SABATO Il punk della band di Jello Biafra. Pinarella di Cervia (Ra) SABATO Il punk melodico della band californiana. Olgiate Molgora (Lc) GIOVEDI' 13 GIUGNO (ROCK PLANET) 11 GIUGNO (LA SBIELLATA SANZENESE) 6 GIUGNO (LA DARSENA) Siano (Sa) VENERDI' 12 GIUGNO (RIEVOLUZIONI FESTIVAL) Cigole (Bs) SABATO 13 GIUGNO (PARCO PALAZZO CIGOLA MARTINONI) Wim Mertens Stanley Jordan Magnolia Estate Dead Kennedys Il grande compositore belga, in un concerto per voce e pianoforte. Siena GIOVEDI' 11 GIUGNO (CATTEDRALE) Il chitarrista statunitense è l’inventore del tapping. Milano MARTEDI' 9 GIUGNO (BLUE NOTE) Airbourne Larry Carlton (ESTRAGON) (BLUE NOTE) The Coathangers James Taylor Quartet Dall'Australia, hard & heavy. Bologna DOMENICA 7 GIUGNO La band indie garage al femminile Usa. Cigole (Bs) GIOVEDI' 11 GIUGNO Lo smooth jazz del chitarrista Usa. Milano VENERDI' 12 E SABATO 13 GIUGNO Marina di Ravenna (Ra) Per questo progetto del musicista londinese è stato coniato il termine «acid jazz». Milano SABATO 6 GIUGNO (TEATRO SABATO 13 GIUGNO (HANA-BI) MANZONI) The Soft Moon Verdena (PARCO PALAZZO CIGOLA MARTINONI) Il progetto post punk di Luis Vasquez. La rock band bergamasca è tornata Una lunghissima serie di concerti live e dj set che occuperà l'intera stagione. Per i live si segnalano le ultime due serate del «Mi Ami Festival» con Levante, Colapesce, Thegiornalisti, Mecna, Umberto Maria Giardini, M+A e altri (stasera), e Alessandro Grazian, Wow, Daniele Bastreghi, Morgan, Post-Csi e altri (domani) e la serata dedicata ala decimo anniversario della Boys Noize Records. Segrate (Mi) SABATO 6, DOMENICA 7 E VENERDI' 12 GIUGNO (MAGNOLIA) Terraforma Seconda edizione dell'«Experimental and sustainable Music festival» ospita tre giorni di sperimentazioni artistiche. Più di venti i nomi che si alterneranno: Charles Cohen, Robert Lippock, Donato Dozzy & Nuel Play Aquaplano, Mark Ernestus, Hamid Drake, Rabih Beaini, Senyawa, Keith Fullerton Whitman, Convextion, Marco Shuttle, Bochum Welt, Itinerant Dubs, Valerio Tricoli, Gea Brown, 291out, Rawmance, Paquita Gordon, Maurizio Abate, Volcov, Turbojazz. Bollate (Mi) VENERDI' 12 E SABATO 13 GIUGNO (VILLA ARCONATI) Villa Aperta Il festival di musica pop, electro e rock si chiude con Tony Allen, Francois & The Atlas Mountains, Magic Malik & Dj Oil, Para One dj set. Roma SABATO 6 GIUGNO (VILLA MEDICI) Nessun Dorma Il «Guidonia Rock Fest» ha in programma, sul palco principale, Il Pan del Diavolo e Il Muro del Canto (il 12); Kutso e Marta sui Tubi (il 13). Guidonia Montecelio (Rm) VENERDI' 12 E SABATO 13 GIUGNO (PINETA COMUNALE) Il Ritmo della Città Il Festival jazz di Milano cambia anima e diventa Il Quartiere che Suona, e propone al pubblico un contest a cura dell'associazione Jazz@Milano. Milano GIOVEDI' 11 GIUGNO (ORTO BOTANICO) DESTINAZIONE ABBADO Due personaggi che più diversi non si potrebbe (ma con qualcosa in comune: l'interesse per la gente semplice) sono al centro della nostra segnalazione di due volumi, anch'essi diversissimi. Si tratta di Claudio Abbado e Giuseppe Di Vittorio. Si può vedere la musica? Beh, a leggere il volume fotografico che le Edizioni Contrasto dedicano a Claudio Abbado (Claudio Abbado-Fare musica insieme, pagine 296, euro 29,90), finalmente uscito dopo la mostra che il Maggio Musicale Fiorentino dedicò al musicista e direttore d'orchestra - anche senatore a vita per un breve periodo prima della morte - , diremmo proprio di sì. Perché il grande percorso fotografico dentro gli aspetti più salienti dell'attività musicale di Claudio Abbado ci dà un'emozione che più «sonora» non si potrebbe; e chi ha seguito questo affabulatore della musica, e nella fattispecie del fare musica insieme agli altri (nel senso anche della costruzione pedagogica di orchestre e ensemble in svariati posti del mondo), non potrà che assaporare gli attimi più entusiasmanti di Abbado. E intanto, per premessa, conviene scavare negli scritti di questo libro per capire lo choc primigenio che attirò il piccolo Claudio nell'orbita musicale: «Avevo sette anni quando andai per la prima volta al Teatro alla Scala di Milano. Quando mi sono affacciato al parapetto del loggione, che è la fila di posti più vicina al soffitto, ho visto, dall'alto, piccolissimi e lontani, tanti musicisti come nel sogno, e un uomo che, agitando il suo ditino, scatenava suoni meravigliosi. Si trattava dei Notturni di Debussy, un musicista che sembra quasi dipingere luci e colori con la sua musica». Era fatta, la musica si depositò nel suo animo e non ne uscì più. E a scorrere queste centinaia di foto, di autori diversi tra di loro (Marco Caselli Nirmal, Silvia Lelli e Roberto Masotti, Priska Ketterer, Peter Fischli, Gianni Berengo Gardin, Ferdinando Scianna, Mauro Vallinotto, tra gli altri), che lo ritraggono nei momenti più suggestivi (e gioiosi, perché questo è ciò che trasmetteva Abbado in qualsiasi teatro o piazza si trovasse a dirigere), si resta soltanto estasiati dal suo talento e dalla sua generosità. L'omaggio in musica a Giuseppe Di Vittorio è Non toglietevi il cappello! (Edizioni Ediesse, pagine 68 + Cd, euro 10), un'azione scenico-musicale in un atto di Ignazio Pepicelli. Si tratta di una sorta di libretto d'opera accompagnato da musiche e canti dei Jurnatér. Tra monologhi e canzoni, naturalmente non poteva mancare L'inno della Repubblica scritto da Di Vittorio stesso e dal padre di Matteo Salvatore insieme in galera nel carcere di Lucera, è un tentativo di dare al grande sindacalista il tributo che merita. Una performance teatral-musicale che ci restituisce il ritmo di un'epoca in cui il lavoro e il corpo dei lavoratori era al centro, è il caso di dire, della scena. (8) ALIAS 6 GIUGNO 2015 LE MACCHINE le foto della festa del Corpus Domini sono di Arpino Gerosolimo TRADIZIONI DOMENICA 7 GIUGNO CORPUS DOMINI La sagra dei misteri a Campobasso tra sacro e profano di ARPINO GEROSOLIMO Nel giorno del Corpus Domini, nel capoluogo molisano si svolge una delle manifestazioni di religiosità popolare tra le più spettacolari d'Italia. Fascino e suggestione per queste «macchine volanti» ideate dallo scultore campobassano Paolo di Zinno intorno alla metà del 1700. Si parla di Misteri per designare un apparato scenico e festivo; queste macchine detet anche popolarmente 'ingegni', spesso venivano costruite come scenografia all'interno dei luoghi sacri o nelle vicinanze. Memoria e identità sono antropologicamente le caratteristiche di questa ritualità. Queste antiche macchine scenografiche si rifanno storicamente ai drammi sacri del tardo Medioevo. Sono in tutto tredici e sono modellate da una lega in acciaio molto elastica, tale da permettere ai 'figuranti' di muoversi. Questi quadri viventi o sacre rappresentazioni vengono portate a spalla da circa duecento uomini. Intorno all'anno 1200, soprattutto nell'Italia centrale, queste drammatizzazioni popolari descrivevano episodi delle Sacre Scritture. Una volta questi drammi venivano esibiti all'interno delle chiese e solo in seguito ebbero un respiro più vasto. C'è chi impersona degli angeli, dei Santi e diavoli. All'epoca il potere della Chiesa cercò di intervenire in tutti i modi per proiebire questa usanza, infatti nel 1629, l'allora vescovo di Campobasso-Boiano lamentava che queste scene «muovevano il popolo più al riso che alla devozione». La Chiesa cercava di normalizzare queste devianze popolari e spesso, per mantenere un più tranquillo svolgere di tali manifestazioni e normalizzare il tutto, si avvaleva delle Confraternite religiose cittadine che tendevano a riportare la normalità in nome della Chiesa. Pertanto dal 1629 dei Misteri non si parlerà più fino a quando non fu dato l'incarico all'artista Paolo di Zinno di ideare i suoi ingegni/misteri. La spettacolarità di questo rito campobassese sta nel fatto che queste macchine viventi non sono costituite da statue, ma i suoi personaggi sono bambini, donne e uomini. Lo scultore campobassano su committenza delle tre Confraternite cittadine (Trinitari, Crociati e Congrega di S. Antonio Abate) realizzò queste macchine volanti intorno ad un asse verticale che costituivano l'appoggio a diverse altezze, ai personaggi. La realizzazione di questi 'ingegni' portò via molto tempo all'epoca tra maestri artigiani del ferro e del legno. I Misteri hanno uno sviluppo in altezza che varia tra i 3 e i 4 metri e, issati sulle spalle dei barellieri, sembrano ancora più in alto. All'epoca le macchine erano 18, ma nel terremoto del 1805 ne furono distrutte alcune. Esse avanzato una dietro l'altra con rapido movimento e accompagnate da musicanti. L'intera struttura metallica è ricoperta da apparati festosi ed i personaggi aerei si rifanno a quelli della metà del 1700. Il trasporto a spalla è costituito da tre stanghe di legno. Il movimento delle macchine durante il percorso cittadino ha un andamento sussultorio ed il passo dei portatori è cadenzato. Il numero dei portatori varia da 12 a 18 unità ed è guidato da un caposquadra o detto volgarmente caporale, il quale organizza l'andamento del Mistero durante il percorso e batte con una canna tre volte sulla piattaforma lignea per mettere ordine ai portatori. Il percorso che fanno i Misteri è di circa 10 chilometri e sono di proprietà del comune di Campobasso e sottoposti a vincolo da parte del Ministero dei beni culturali. Storicamente si pensa che la Sagra dei Misteri sia ideata dal di Zinno, si svolse la prima volta tra il 1775 e il 1785. Nel Meridione le Confraternite continuano a ricoprire un ruolo importante – ancora og- KUBRICK GRANDE INTELLETTUALE La Chiesa lamentava che queste scene «muovevano il popolo più al riso che alla devozione» e cercava di normalizzare queste devianze gi in Italia molte feste religiose sono gestite da esse -. Il loro ruolo era il mezzo attraverso il quale si esprimevano diversi interessi, espressioni di vita attiva e la presenza o, meglio, il posto che si occupa nelle manifestazioni religiose delle Confraternite indicava il peso che si aveva nella vita locale. Questa situazione si rispecchiava nelle realtà urbane e spesso tra loro si fronteggiavano duramente a tutti i livelli, tali da generare disordini, congiure ed assassinii, come avvenne a Campobasso all'epoca. Le lotte cruenti tra i Crociati e i Trinitari intorno alla metà del '500 nonostante alcune fasi di mediazione generarono molti tumulti. Intorno al 1600 ci furono altre pacificazioni ed il prezzo della contesa era la partecipazione alle processioni del Venerdì Santo e Corpus Domini. In quel periodo Campobasso diventa sempre più centro di lotta contro gli abusi feudali. La situazione nel Settecento cambia e si normalizza: le Confraternite continuano ad essere attive in città, tanto che esse partecipano alla elezione di uomini che dirigono la municipalità. Proprio nel 1700 Campobasso viene elevata al rango di città, concessa dal re Carlo III verso il 1775. Ed è proprio in questi anni che Paolo Saverio di Zinno inventa i suoi ingegni, che da allora figurano nella città nel giorno del Corpus Domini. E nel 1700 la vita economica e culturale cambia e si hanno nuove forme di potere, sia municipale che religioso. La Sagra dei Misteri a Campobasso continua ogni anno a segnare il filo conduttore tra memoria e modernità, tra passato e presente. L’APPUNTAMENTO I Misteri rappresentano scene dell'Antico e Nuovo Testamento. Quelli che sfilano il giorno del Corpus Domini attualmente sono 13: S. Isidoro, S. Crispino, S. Gennaro, Abramo, la Maddalena, S. Antonio Abate, Immacolata Concezione, S. Leonardo, S. Rocco, l'Assunta, S. Michele, S. Nicola, SS Cuore di Gesù. Nel 2006 a Campobasso è sorto il Museo dei Misteri, fondato dall'associazione Misteri e Tradizioni. Situato al centro della città ed espone le strutture e i costumi che caratterizzano la manifestazione. La Sagra dei Misteri è la festa più nota nella regione Molise, tra le più spettacolari da vedere. Inizio processione ore 9.45 per le vie della città e rientro alle 13.45. (a.g.) Un’idea diffusa intorno agli artisti è che non sanno quello che fanno. Idea falsa. È vero però che esistono molti gradi di consapevolezza del fare artistico. Il minimo è condiviso dalla massa di sedicenti artisti dei nostri tempi, presso i quali - prendiamo ad esempio la letteratura - il numero degli scrittori ha superato quello dei lettori. Il massimo è rappresentato, ad esempio nel cinema, da Stanley Kubrick. Vi farò tre regali: tre passaggi dell’antologia-di-interviste-kubrickiane Non ho risposte semplici, 2015. Ma prima urgono due bacchettate. La prima alla casa editrice, la minimum fax, che sottotitola il libro «Il genio del cinema si racconta». Il? Non bastava scrivere Un? E Chaplin ed jzenštejne Welles eccetera li abbiamo dimenticati? La seconda va ad Emiliano Morreale, che titola la sua Introduzione «L’ultimo regista del cinema». Forse male influenzato da L’ultimo imperatore? L’ultimo samurai? L’ultimo bacio? L’ultimo lupo? Veniamo a Kubrick grande intellettuale (oltre che regista). Colin Young nel 1959 gli domanda: «erché, dopo Orizzonti di gloria, vuole girare un altro film sulla guerra?» E Kubrick: «Tanto per cominciare, il fascino di una storia di guerra è che fornisce un’occasione quasi unica per mettere in contrasto un individuo della nostra società contemporanea con una solida cornice di valori universalmente accettati, di cui il pubblico diventa profondamente consapevole, e che si può usare come contrappunto per una situazione umana, individuale, emotiva. Inoltre, la guerra è una specie di vivaio che favorisce la crescita rapida e forzata di atteggiamenti e sensazioni. Gli atteggiamenti si cristallizzano ed emergono. Il conflitto è naturale, mentre in una situazione meno critica dovrebbe essere presentato quasi come un espediente, e quindi sembrerebbe forzato, o peggio ancora falso. jzenštejn,nei suoi scritti teorici sulla struttura drammatica, spesso pecca di semplicismo. I contrasti bianco/nero di Aleksander Nevskij non si adattano a qualsiasi opera. Invece la guerra permette di sfruttare contrasti di quel tipo, e in maniera spettacolare». Eric Norden, nel 1968: «Qual è il messaggio metafisico di 2001?» Kubrick: «Non è un messaggio che intendo esprimere a parole, né oggi né mai. 2001 è un’esperienza non verbale. Ho cercato di creare un’esperienza in tutto e per tutto visiva, che oltrepassi le categorizzazioni verbali e penetri direttamente nel subconscio con un contenuto e motivo e filosofico. Per ribaltare la frase di McLuhan, in 2001 il messaggio è il mezzo». Ancora Norden: «Pensa che l’amore romantico sarà fuori moda nel 2001?» Kubrick: «Naturalmente la gente trova sempre più facile avere relazioni intime e soddisfacenti al di fuori del concetto di amore romantico (che, nella sua forma attuale, è un’acquisizione relativamente recente, sviluppatasi nel XII secolo alla corte di Eleonora d’Aquitania), ma non sarà facile aggirare la nostra programmazione emotiva primitiva. L’uomo possiede essenzialmente lo stesso insieme di istinti utili a rinsaldare la coppia (l’amore, la gelosia, la possessività) che gli sono stati impressi milioni di anni fa per la sopravvivenza individuale e tribale». www.pasqualemisuraca.com