STANLEY KUBRICK CAMPOBASSO DEI MISTERI
JAZZ RADICALE IN FRIULI RECENSIONI ON THE ROAD
REPORTAGE DA UNO DEGLI ULTIMI
PAESI AFRICANI A RAGGIUNGERE
L’INDIPENDENZA, GOVERNATO
A LUNGO DAL FRELIMO ED ORA
IN MANO ALLO SFRUTTAMENTO
DEL LIBERISMO E DEGLI INTERESSI
ECONOMICI INTERNAZIONALI
(2)
ALIAS
6 GIUGNO 2015
MILLE INTERESSI ECONOMICI
INTERNAZIONALI
È stato uno degli ultimi paesi
africani a raggiungere la completa
indipendenza nel 1975 dopo dieci anni
di guerriglia condotta dal Frelimo.
Da dieci anni la svolta è liberista
di ALESSANDRA VANZI*
MAPUTO
«I want to spend sometimes
in Mozambique» cantava Dylan e
Paolo Conte gli rispondeva con
«Monzambique fantasy» «its a
green dream Mozambique,
Mozambique…my Mozambique
comes, my Mozambique dances
and lives». Come doveva essere
bella Maputo e tutto il paese verde
e rigoglioso. Sono passati poco più
di 8 mesi dal mio ritorno dal
Mozambico dove sono stata a
ottobre, per la prima volta nella
vita, durante le elezioni
presidenziali, parlamentari e
amministrative, di cui ho scritto sul
quotidiano Il manifesto. Questo è
stato uno strano viaggio
nell’infernale paradiso africano.
Paradiso, perché se lo si potesse
immaginare, solo all’Africa
assomiglierebbe, infernale, perché
sullo sfruttamento e il possesso di
questo immenso Eden s’avventa,
da sempre, il peggio, rarissime
volte il meglio, ahimè,
dell’umanità. Perché l’Africa è uno
degli ultimi polmoni della terra,
perché madre natura l’ha rifornita
d’immense ricchezze, perché è
ancora selvaggia e la vita umana
non vale quasi niente. I suoi
abitanti sono stati sottomessi,
schiavizzati, colonizzati,
indottrinati, sfruttati, spesso
snaturati delle proprie tradizioni,
per secoli e secoli, e poi armati fino
ai denti dagli stessi paesi
colonizzatori che così hanno di
cercato di mantenere il controllo,
tentativo impossibile, ed è, se
faccio un paragone con la
rivoluzione francese, relativamente
pochissimo che l’Africa s’è
scrollata di dosso i suoi troppi
padroni. Non volendo considerare
come «padrone» le multinazionali
mondiali attivissime nell’intero
continente.
La Storia
Il 25 giugno si celebrano 40 anni
della Repubblica del Mozambico,
uno degli ultimi paesi africani a
raggiungere la completa
indipendenza, nel 1975, dopo 10
anni di guerriglia condotta dal
Frelimo (fronte di liberazione del
Mozambico), quasi
conseguentemente alla rivoluzione
dei garofani in Portogallo, che, a
quel punto, si ritirò
completamente dal paese che
colonizzava dal XV secolo. Una
colonizzazione brutale e feroce che
lascia il Mozambico con poche
infrastrutture e piagato dalla
miseria. Il presidente Samora
Machel, leader del Frelimo,
successore di Eduardo Mondlane
(ucciso in un attentato in Tanzania
nel 1969), si allinea politicamente
all’Unione Sovietica e dà luogo a
un’economia di stampo socialista,
sostiene l’African National
Congress, questo gli costa l’ostilità
dei governi bianchi di Sudafrica,
Rhodesia e Stati Uniti che
passaparola e in pochi giorni, ha
raccolto migliaia di persone ai
suoi comizi. I capigruppo dei 3
maggiori partiti sono: Margarina
Talapa (Frelimo , ricopre lo stesso
ruolo avuto nel precedente
governo), Ivona Soares (per
Renamo, nipote di Dhlakama),
Lutero Simango (per MDM,
fratello del leader Daviz Simango).
Mozambico
è un sogno verde
finanziano e armano la Renamo
(Resistenza Nazionale
Mozambicana), movimento
armato anticomunista anche detto
dei Regoli (Capi tribù), che trascina
il paese in una guerra civile durata
più di 10 anni con 1.000.000 di
morti. Il Frelimo è riuscito a
rimanere costantemente il partito
di governo anche dopo la morte di
Samora Machel, ancora mai
chiarita, la presidenza di Chissano,
durante la guerra civile, e dopo la
pace del ’92, firmata a Roma a
Sant’Egidio e mediata da Don
Matteo Zuppi (Vescovo ausiliario
di Roma centro, tra i fondatori
della Comunità di Sant’Egidio) e
dall’ ex sottosegretario del governo
Craxi, Raffaelli (socialista
lombardiano). Pace che produsse
una nuova costituzione di stampo
multi-partitico, da cui fu eliminata
la dicitura «marxista» presente
nella precedente.
Dopo la pace
sotto la spada di Damocle di
una ripresa degli scontri
continuamente minacciata.
Gli ultimi 10 anni sono stati
guidati dal presidente Guebuza,
figura potente e discussa,
fortemente sospettato di
corruzione, sostenitore della
negritudine, che ha dato una
svolta liberista alla politica
economica del paese. Guebuza ha
lasciato la presidenza della
Repubblica a febbraio, e dopo
forti pressioni anche la presidenza
del Frelimo. Nyusi (nuovo
Presidente e capo del Frelimo), ha
formato un nuovo governo nel
quale ha accorpato diversi
ministeri, confermando alcuni
vecchi ministri (sei) ma
introducendo molti volti nuovi.
Capo dell’opposizione resta
Dhlakama (storico leader della
Renamo non ha mai riconsegnato
le armi, non accetta il risultato
elettorale e denuncia brogli che
però non è stato in grado di
provare, e prima di settembre
2014, quando ha firmato un
secondo accordo di pace con
Guebuza, aveva ricominciato a
sparacchiare qua e là bloccando il
nord del paese, adesso, dice di
non volere lo scontro ma fa
comunque capire che potrebbe
sempre riaccendersi la scintilla.
Gli italiani hanno partecipato
anche questa volta al processo di
pace necessario per le elezioni e lo
hanno materialmente riportato a
Maputo dove, dopo aver stabilito
accordi e regolamenti elettorali,
s’è candidato alla presidenza.
Il terzo partito MDM
(Movimento Democratico
Mozambicano) capeggiato da
Daviz Simango (il terzo dei
candidati alla presidenza) è
anch’esso d’origine tribale, ma
non è armato, considerato da
molti membri della società civile
mozambicana il possibile partito
del futuro e della pace, aveva
ottenuto buoni risultati nelle
ultime amministrative
(autarchiche) ma è rimasto in
qualche modo schiacciato dal
ritorno di Dhlakama che, solo col
INCONTRI  OSCAR MONTEIRO
«Un fantasma redivivo
fa molta presa»
di A.V.
Ho incontrato l’ex primo ministro Oscar
Monteiro, un bell’ uomo colto e amabile, nel
giardino pieno di piante e sculture della sua
bella casa a Matola, Monteiro è stato uno dei
fondatori del Frelimo, è stato ministro nel
governo di transizione e nel primo governo
indipendente di Samora Machel, insegna
Diritto Costituzionale all’università Eduardo
Mondane, nel 2012 ha pubblicato De todos se
faz um pais, in cui racconta il processo di
liberazione dal colonialismo. «Io non sono più
un dirigente del Frelimo, dice, non faccio più
parte del comitato centrale quindi ci sono delle
cose di cui non posso parlare. Posso fare delle
analisi e questo è importante, c’è una nuova
generazione di analisti televisivi, che però non
ha peso politico, perché Dhlakama (Renamo)
fa quello che gli pare, Simango (MDM)
anche… il modello dei partiti non permette di
giocare un ruolo, questo è il problema, a questa
nuova generazione di analisti che dovrebbe
avere maggiore influenza sui partiti … noi, nel
vecchio Frelimo, che non è mai stato un partito
intellettuale, facevamo dibattiti, c’era uno
REPORTAGE
Intimidazioni
l’Africa è l’Africa e ha i suoi
tempi i suoi linguaggi, i suoi riti e
le sue magie, che nessun
«occidente colonizzatore» è stato
in grado di cancellare, le trattative
segrete possono precipitare da un
momento all’altro, il sangue
scorre sempre facilmente in Africa
perché subito viene assorbito
dalla sabbia. Così il 3 marzo
scorso di mattina, uscito dal bar
dove abitualmente faceva
colazione, è stato ucciso nel
centro di Maputo Gilles Cistac,
mozambicano di origine francese,
costituzionalista, professore
all’università Mondlane. Era stato
consigliere di vari ministri,
recentemente accusato su FB di
essere «una spia francese» e
minacciato; tutto ciò era
cominciato dopo che il professore
si era espresso pubblicamente, in
televisione, definendo
costituzionalmente accettabili le
richieste della Renamo,
inaccettabili per il Frelimo, di
costituire delle provincie
autonome nelle aree in cui aveva
ottenuto la maggioranza dei voti.
spazio per fare delle analisi, degli studi, avere
una creatività, c’erano degli intellettuali
organici, ci vorrebbero delle avanguardie anche
ora …»
Cosa pensi del nuovo presidente Nyusi?
Credo che sarà meglio di Guebuza, è molto
esigente e capisce i problemi del paese, mi ha
chiamato nella campagna pre-elettorale, è
stato un segnale (Monteiro è di origine indiana
goana quindi non è nero) un apertura rispetto
al tema della negritudine caro a Guebuza…ma
bisognerà vedere quanta indipendenza avrà…
Secondo te qual è la ragione del successo
dei comizi di Dhlakama?
Un mio amico mi ha spiegato che è tipico
della mistica bantù, credere nei redivivi e
andarli a vedere, Dhlakama ha passato anni
nascosto nella foresta di Gorongosa, e nessuno
lo aveva più visto, per questo i suoi comizi
sono stati così affollati, ma questo non vuol
dire che lo stesso numero di persone che è
andato a vederlo l’abbia poi votato, alcuni non
si sono neanche iscritti (è necessario iscriversi
al voto)… io conosco il lavoro elettorale, l’ho
fatto, ma non è la stessa cosa che fare politica,
adesso che nessuno fa più politica, tutti
credono che farla, sia fare la campagna
elettorale, ma non è così… in queste elezioni
tutti erano sicuri di vincere…il problema sono i
soldi, reali e inventati, sono tanti, Google pensa
che ci fa vedere, con Google Earth, il mondo
reale, ma non è così, perché sopra questo
mondo, Himalaia compreso, c’è una cappa di
soldi che ricoprono tutto e noi ci siamo affogati
dentro, la mancanza di contrappeso, escluso il
Papa, a questo liberismo-capitalismo sfrenato,
ci ha bloccato, a noi tutti, e può condurre a
situazioni molto gravi…
ALIAS
6 GIUGNO 2015
immagini di Maputo nelle foto
di Mario Martinozzi
all’anno, e tribalismo, una
popolazione giovane e bellissima
(età media di 17,3 anni, mortalità
infantile altissima 74.3 bambini
muoiono ogni 1000) che ha una
speranza di vita che non supera i
50 anni (nel Principato di Monaco
è di 89 anni, in Italia di 82,3) e un
potere sempre troppo corruttibile
preda di debolezze dinastiche e
familistiche, sulle cui basi, non
bisogna dimenticarlo, si poggia,
peraltro, la struttura sociale
tradizionale africana. Serve
stabilità. Bisogna dare tempo al
tempo e il tempo africano, si sa,
va per conto suo…
Noi e il Mozambico,
intervista a don Matteo
Zuppi
Chiediamo a don Matteo Zuppi
perché il Mozambico è
importante per l’Italia: «Tutta
l’Africa lo è per l’Italia e per
l’Europa, il Mozambico in
particolare perché ha avuto con
noi un rapporto intenso fin
dall’indipendenza, e perché è
stato l’unico accordo di pace
firmato qui a Roma e l’Italia ha
una responsabilità verso di loro, e
anche per le opportunità
economiche»
Si tratta di un omicidio politico, e
probabilmente di un segnale per il
nuovo presidente Nyusi che ha
comunque intavolato un dialogo
con Dhlakama, ed è riuscito a
convincere i parlamentari della
Renamo a prendere i loro posti in
parlamento, cosa che fino
all’inizio di febbraio si erano
rifiutati di fare impedendo lo
svolgersi dei lavori. Purtroppo, al
momento, nessun tentativo è
andato a buon fine, il paese è in
stallo totale.
Interessi economici
Alcune delle regioni,
centro-nord (Sofala, Zambezia,
Tete e Nampula), che la Renamo
vorrebbe governare
autonomamente,
tradizionalmente povere, sono al
centro di mille interessi
economici internazionali, uno per
tutti Eni-Anadarko (Italia-Usa) che
hanno scoperto il terzo (o quarto)
giacimento di gas più grande del
mondo, che una volta liquefatto
sarà destinato al commercio con
l’Asia. «Gas city», immaginata per
10.000 abitanti, centro
dell’estrazione e della lavorazione
del gas, sorgerà dalla foresta nel
2020. Ma l’Africa si dibatte nelle
sue stesse contraddizioni, tra
modernità, crescita del Pil dell’8%
Cosa pensi accadrà?
Il futuro è incerto, spero che si
scelga la via del dialogo e della
dinamica parlamentare. I
maggiori interrogativi sono due:
all’interno del FRELIMO, sul ruolo
del partito all’interno del paese e
sull’autonomia del Presidente
Nyusi; l’altro che Dhlakama
continui a seguire la via
democratica
Abbiamo ancora un ruolo di
mediazione?
In senso diretto no, ma come
facilitazione e come garanti
senz’altro sì. Purtroppo non è
stata riconfermata la missione
EMOCHM che avrebbe dovuto
garantire l’applicazione
dell’accordo che aveva posto fine
alla pericolosa ripresa di violenza
da parte della RENAMO, del resto
non aveva funzionato.
Cosa pensi della richiesta di
autonomia di Dhlakama?
Può essere una via, ma va
identificato molto bene
l’equilibrio tra il necessario
centralismo dello Stato, ancora
debole in realtà, e le autonomie
provinciali evitando che ciò dia
luogo a incontrollabili
divisionismi.
Riporto qui parte della
POETITALY AL PALLADIUM
Al teatro Palladium di Roma (piazza Bartolomeo Romano 8) si tiene lunedì 8 giugno a
ingresso gratuito il quinto e ultimo incontro di PoetItaly, rassegna curata da Simone
Carella con Andrea Cortellessa e Lidia Riviello, poesia ed arti performative che da
febbraio ha portato a teatro i grandi nomi della poesia. Questo appuntamento si
intitola «Desideri», indirizzato a indagare la dimensione ’psicosomatica’ del sentimento
amoroso. Alle ore 17,30 incontro di approfondimento con un omaggio a Sandro Penna
con la partecipazione del professor Giuseppe Leonelli, degli studiosi Claudia Crocco,
Paolo Gervasi e dello psicanalista Alessandro Guidi. Alle ore 20.30 letture di Patrizia
Valduga, Milo De Angelis, Maria Grazia Calandrone, Sara Ventroni, Myra Jara,
giovane poetessa peruviana e Carlo Bordini. Info: www.poetitaly.it
dichiarazione dei Vescovi
Mozambicani:
Maputo, 07.03.2015 «…si assiste
alla palese ingiustizia di una
maggioranza di poveri schiacciata
da una minoranza arricchitasi
disonestamente, che vive nel
lusso; alla mancanza di
trasparenza nello sfruttamento
delle risorse naturali e al disprezzo
totale dell’ambiente; alla
sottrazione della terra agli
agricoltori locali per l’attuazione
di megaprogetti che favoriscono
solo le multinazionali straniere e
una minoranza insignificante di
cittadini mozambicani;
all’ambizione eccessiva dei
funzionari pubblici che fanno
della corruzione, del saccheggio e
del riciclaggio di denaro il
loro modusvivendi; all’uso della
forza, dell’arroganza e
dell’intolleranza per imporre le
proprie idee».
Da città delle acacie a città
del cemento
Eppure Maputo è una città
bellissima piena di giovani
accarezzata dal vento dell’oceano,
i teli colorati che sventolano al
sole, la sabbia fine copre il
cemento ancora caldo, la marea è
lunga e lascia le barche da pesca
in letargo insabbiate per ore. E
sulla costa cresce la «città di
cemento», come viene chiamata
la città delle acacie, Maputo
appunto, con le sue avenida Mao
Tse Dong e Karl Marx e Nyerere e
Mondlane sulle quali si ergono
ville circondate dai fili spinati che
affacciano sul mare, e grattaceli
con centri commerciali cinesi e
sudafricani e anche uno, fonte di
scandali, di un tale faccendiere
libanese, le cui fondamenta, si
mormora, sono state erette sul
cemento impastato alle scorie del
traffico di droga pesante; e il muro
che circonda la casa del
presidente sul cui marciapiede
non possono camminare i
comuni mortali e c’è tanto di
cartello con figurina disegnata a
ricordarlo: se ne vedono di divieti
dipinti sui muri di tutti i tipi
anche quello con l’omino e la
donnina impegnati a pisciare
imprigionati da una grande X, la
vecchia stazione ferroviaria
costruita da Eiffel, il Centro
Culturale Francese, il Museo di
Storia Naturale… e poi sui
marciapiedi sventrati e sabbiosi ci
sono i poveri che ti vendono tutto
quello che possono, dalle scarpe
usate agli orologi tarocchi cinesi, e
gli operai che dormono stremati
nella stretta ombra delle lamiere e
le donne che gli vendono la
minestra che scodellano, là nella
strada, da enormi pentoloni, per
pochi meticails, a quegli schiavi
che lavorano 12 ore al giorno per
un turismo di lusso che si prevede
arriverà ben protetto e blindato ad
usufruire delle piscine, i centri
benessere e i casinò di questa
nuova Beirut Australe. Nonostante
l’ombra della violenza aleggi nel
cielo, nonostante il mare sia tutto
inquinato, e le acacie siano state
(3)
GERENZA
Il manifesto
direttore responsabile:
Norma Rangeri
a cura di
Silvana Silvestri
(ultravista)
Francesco Adinolfi
(ultrasuoni)
in redazione
Roberto Peciola
divelte dai cinesi che
freneticamente costruiscono
strade senza corsie laterali
destinate a creare ingorghi
mostruosi. Ma la notte scende
dolce in città e i ragazzi si
muovono e danzano e danzano e
sentono musica e vanno a teatro e
fanno l’amore a Maputo. Le
scimmie inseguono il vecchio
gatto nero del campo sanitario
che viene a rifugiarsi da me … le
sere aperitivo di rito con una cara
amica, al tramonto, di fronte
all’oceano.
Arte
Ho visitato la bella e grande
mostra di Naguib Abdul,
importante artista mozambicano,
pittore e scultore, autore del lungo
mosaico sul lungomare. In una
delle stanze della mostra c’è un
installazione di alcuni camici di
medici irrigiditi e dipinti su cui
sono segnati i numeri assurdi
della realtà: provincia di Maputo 1
pediatra per 1.225.489 abitanti,
provincia di Zambezia 2 pediatri
per 3.890.453 abitanti e così via
con le stesse proporzioni per tutte
le 11 provincie. Impressionante.
Il teatro
La giovane amica Timi Gaspari,
trentenne antropologa, insegna
all’università, e teatrante, che
avevo conosciuto solo via mail in
occasione del bel documentario
Maputo a low budget dream di
Mario Martinozzi da lei prodotto
con l’associazione Luarte, di cui è
membro, mi ha portato due volte
a teatro e a sentire un concerto
del grande Chico Antonio al
bellissimo Centro Culturale
Francese. Il teatro è molto vivace
in Mozambico, è molto seguito,
anzi direi partecipato dal pubblico
che letteralmente tifa per gli attori
in scena, incita, suggerisce, canta
e si contiene a stento
dall’invadere la scena. L’unica
similarità che ho trovato con la
nostra tradizione teatrale è con la
sceneggiata napoletana. Gli attori
sono dotati di estrema naturalezza
e bravura, sanno cantare e ballare,
le storie riguardano la
quotidianità, sono semplici e
divertenti e il pubblico eterogeneo
partecipa divertendosi
moltissimo.
SEGUE A PAGINA 4
INCONTRI  FERNANDO LIMA
Savana, settimanale
indipendente
di A.V.
politici.
Doveva essere la mia prima
intervista, ma il giorno prima delle
elezioni Fernando Lima, direttore del
settimanale indipendente Savana ha
subito una rapina, stranamente solo dei
suoi computer e quindi è diventata
l’ultima. Credo che dopo l’omicidio
Cistac, sia vittima di forti pressioni
Savana è un giornale indipendente
che peso ha sull’opinione pubblica?
Anche se non vendiamo tantissime
copie penso che il peso e l’influenza
che abbiamo sulla società civile sia
molto grande, anche politicamente,
perché le notizie che noi pubblichiamo
vengono lette sia da membri del
governo, con le sue istituzioni, che dalla
società civile, la cui opinione ha un
peso non indifferente. Allora, se un
giornale è serio, l’influenza è molto
grande, per esempio noi pubblicammo
la foto, scattata in una cena per cercare
fondi per il partito, di un importante
dirigente del Frelimo con una persona
dichiarata dal governo degli Stati Uniti
un barone della droga. Abbiamo inferto
un colpo duro al Frelimo …ma la
notizia era vera non l’avevamo mica
costruita noi… naturalmente
pubblicare queste cose ci espone a
grandi ritorsioni di tutti i tipi, ma non
tutto il Frelimo è disonesto, e c’è una
grande parte della società che lavora ,
cerca di lavorare, seriamente. Io
partecipo tutte le domeniche ad un
programma televisivo visto da più di
1.500.000 di mozambicani e questo mi
dà molta visibilità e mi espone a
parecchi rischi televisivo visto da più di
1.500.000 di mozambicani e questo mi
dà molta visibilità e mi espone a
parecchi rischi.
Cosa ne pensi dei risultati e delle
contestazioni a queste elezioni?
Sembrava che l’MDM prendesse più
voti perché era considerato come il
maggiore avversario del Frelimo,
perché si pone come partito del futuro
mentre la Renamo è un partito
vecchio… l’aspetto organizzativo sul
conteggio dei voti è una disgrazia
perché dopo 20 anni siamo più
incompetenti della prima volta, questa
è un’incompetenza e una
disorganizzazione organizzata, anche in
un contesto africano è triste che le cose
vadano così… io credo che le strutture
mozambicane siano in grado di fare un
buon lavoro, ci sono persone che
hanno girato il mondo per studiare tutti
gli aspetti della macchina elettorale,
dalla informatizzazione alla sicurezza,
quindi non c’è giustificazione per
questo disastro…in questo momento la
cosa più importante per dare una
fiducia al processo di crescita è non
estremizzare le posizioni dei partiti
redazione:
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In copertina: un’opera
senza titolo (2004) di
Naguib Elias Abdula
(4)
ALIAS
6 GIUGNO 2015
ABBIAMO FATTO TEATRO
DELL’OPPRESSO
SEGUE DA PAGINA 3
Intervista a Felix Manbucho
Incontriamo Felix Manbucho,
giovane attore e regista membro
fondatore dell’Associazione
culturale Luarte: «Il mio nome
Felix Mambucho è un nome d’arte,
come tutti i giovani sognatori
volevo fare molte cose attore,
drammaturgo, regista poi mi sono
concentrato soprattutto sulla regia.
Ho un progetto teatrale che si
chiama «dez fogos» (gioco di
parole tra sfocato e 10 fuochi) in
cui prendiamo, ad esempio, 10
tematiche che dovrebbero essere
importanti per i giovani, per loro
prioritarie, e vedere come invece si
sfocano su altre cose».
Ci sono finanziamenti pubblici
per la cultura?
C’è un fondo per le arti e la cultura
ma è molto scarso e deve
rispondere a molte richieste, per
tutte le discipline, inoltre ci sono
alcuni centri culturali stranieri che
finanziano (non gli italiani, non
hanno fondi)
Similitudini col teatro
contemporaneo europeo o
americano, se ce ne sono?
Prima lavoravamo molto
sull’improvvisazione corporea, sul
movimento, ultimamente abbiamo
cominciato a scrivere dei testi…dei
canovacci … c’è questo dibattito
tra fare un teatro «africano» o
«internazionale» … qui i registi
lavorano molto sul teatro nudo
…abbiamo fatto teatro
dell’oppresso, è una tecnica
brasiliana: si fa un piccolo
spettacolo breve che mostra un
problema della comunità,
generalmente un conflitto, poi a
un certo punto si blocca tutto e si
invita qualcuno degli spettatori a
proporre una soluzione al conflitto
«a mostrarla teatralmente».
Una specie di psicodramma?
Si, ma su problemi concreti …
Gli attori qui sono considerati
professionisti?
Qui non c’è professionalità
riconosciuta, è tutto molto
disorganizzato, adesso c’è un
corso di scuola superiore che
rilascia un diploma in cui c’è
scritto attore, che poi qui non
significa nulla, perché nessuno ci
vive… qui il teatro è il modo più
facile per chiedere soldi per le
ONG: dicono che si tratta di teatro
d’informazione sociale, è un
fenomeno molto diffuso, fanno
piccole cose amatoriali, e questo
non è sempre un bene per noi che
cerchiamo un’altra qualità…
Il gruppo teatrale con la storia
più importante é la Mutumbela
Gogo, fondata da Manuela Soeiro
e che risiede nel Teatro Avenida.
Il direttore artistico è, credo già
dagli anni '80, Henning Mankell,
lo scrittore svedese, il quale ha
scritto e diretto molti spettacoli
per la Mutumbela. Ci sono o ci
sono stati altri buoni gruppi di
teatro: Mbeu, Girassol, Galaga
azul, Luarte, Gungu... gli autori
che sono molto usati per
spettacoli di teatro sono: Mia
Couto, Luis Bernardo Honwana e
Paulina Chiziane.
Intervista a Domenico Liuzzi
fondatore di Kulima
Domenico Liuzzi mi accoglie nel
suo studio pieno di arte Makonde,
sculture tradizionali, a volte grandi
come interi tronchi, che
riproducono i riti, i sogni e gli
incubi, e le tradizioni del popolo
Makonde. «Kulima, dice, è una
ONG completamente
mozambicana, lavoriamo
soprattutto nello sviluppo rurale,
abbiamo licenza di credito,
partecipiamo ai concorsi europei,
giapponesi e degli Stati Uniti, ogni
anno seminiamo 40-50 proposte,
abbiamo 300-400 lavoratori. Siamo
«Si fa un breve
spettacolo
che mostra
un problema
della comunità,
e si invitano
gli spettatori
a proporre una
soluzione teatrale»
tra i più avanzati sull’ambiente
così ci chiedono di fare proposte
per ridurre la deforestazione.
Facciamo delle cucine economiche
d’argilla per risparmiare carbone…
anche sull’acqua ci chiedono di
essere consulenti, abbiamo
cominciato nell’84 durante la
guerra civile… la caratteristica
forte di Kulima è che si è radicata
nel paese, presente in tutte le
province e si avvale di cooperatori
stranieri solo per competenze
eccezionali che possano integrare i
nostri tecnici che conoscono il
terreno. Noi concediamo
microcredito soprattutto alle
donne, perché gli uomini fanno i
minatori e scappano, l’unica
eccezione maschile sono i
pescatori, loro non se ne vanno,
hanno la casa davanti al mare e la
barca, il progetto pesca funziona. Il
termine «kulima», in lingua bantu,
significa «arare».
Le attività principali sono:
sviluppo rurale (sviluppo della
produzione agricola,
commercializzazione di prodotti
locali, sostegno di piccole imprese,
microcredito, sviluppo di
infrastrutture, creazione e supporto
di associazioni di produttori,
formazione); salute (campagneper
la prevenzione dell’Aids,
sensibilizzazione per l’igiene
personale e ambientale, formazione
di ostetriche nelle aree rurali);
educazione (costruzione di
MOZAMBICO  MARIA SALGHETTI
la situazione sanitaria
fra attività delle ong
e scelte politiche
di A. V.
Maria Salghetti è una donna alta e
ossuta, lavora nella Sanità da sempre,
sguardo attento e aperto di chi ha visto,
vissuto e capito molto. Vive in città, al
secondo piano di una palazzina, senza fili
spinati, un appartamento di media taglia,
in un quartiere misto di case basse, come
la sua, e palazzoni da venti piani, che le
nascondono la vista dell’oceano non
lontano. «Gli ascensori sono quasi sempre
rotti e l’acqua c’è un giorno sì e due no, e
in ogni appartamento ci vivono in
tantissimi, pensa che fatica!» mi dice.
Anche la sua casa è affollata dalla sua
famiglia mista, sua figlia Timi, con il di lei
compagno Nelson Faquir, e i di lui 3 figli,
in un allegra confusione, regolata da
inevitabili turni, i bambini sono molto
educati e tutto sembra funzionare, lavaggi
piatti e docce compresi.
Quanti anni fa sei arrivata qui?
Io sono arrivata in Tanzania con il
Frelimo nel 1971 e poi sono passata dai
campi della Tanzania a qui, nel gennaio
1975, prima dell’indipendenza durante il
governo di transizione. Sono infermiera
caposala e all’inizio lavoravo come
infermiera responsabile e docente del
corso infermieri. Poi ho lavorato molto
nella formazione a Maputo e a Beira,
abbiamo dovuto ristrutturare l’ospedale
che durante la colonizzazione era diviso
in due parti, per bianchi e per neri, e
abbiamo dovuto riunificare e trattare
tutti nello stesso modo: tutti erano
coinvolti e c’è stato un grande sforzo…
poi ho lavorato all’Istituto del Centro
della Salute e dopo sono passata alla
medicina preventiva. A Manica ero
responsabile del programma di
nutrizione, durante la guerra eravamo
un’équipe formidabile…
Tirando le somme di tutti questi anni
come vedi il paese?
Il problema è politico, sono state fatte
scelte sbagliate, attualmente il governo ha
scelto la politica dei grandi investimenti,
soprattutto stranieri, pensando che il
capitale scivolasse lungo la piramide
gerarchica verso il basso, ma questo
accade con grande lentezza, magari nelle
città, ma in gran parte del paese non
arriva nulla e la povertà persiste. C’è un
grande sfruttamento delle risorse, i cinesi
infrastrutture scolastiche, supporto
scolastico a bambini e ragazzi
indigenti, alfabetizzazione della
popolazione adulta); emergenze
(distribuzioni di cibo e assistenza ai
produttori colpiti da siccità e
carestie); supporto ai gruppi
vulnerabili (orfani, bambini
emarginati, donne, giovani
disoccupati). L'associazione si
avvale di uno staff composto da 70
operatori fissi e circa 350 tecnici
assunti per seguire specifiche
soprattutto, troppe multinazionali che
spingono via le popolazioni dai loro
territori. Il governo dovrebbe stimolare i
piccoli contadini ad allargarsi per poter
commerciare i loro prodotti, qui la terra
appartiene solo allo Stato, quindi spesso i
contadini per sopravvivere si vendono gli
alberi, c’è un grande sfruttamento del
legno prezioso, all’inizio il governo non
chiedeva di ripiantare, adesso lo fa, però,
per esempio, a Niassa hanno ripiantato gli
eucalipti al posto dell’ebano, e poi c’è un
grande commercio illegale…molti
bracconieri…li lasciano fare…si sono
estinti i rinoceronti…ci sono molti
coccodrilli…hanno trovato 300 carcasse di
elefanti… il corno di rinoceronte e l’avorio
degli elefanti hanno un grande
commercio illegale con la Cina e
l’India…Purtroppo la colonizzazione
portoghese non ha lasciato nessuna
cultura della conservazione dell’ambiente.
La popolazione vive in mezzo ai parchi, è
difficile, ho curato bambini attaccati dai
coccodrilli o dai leopardi con la faccia
distrutta a Cabo Delgado … è dura per i
contadini lavorare un campo tutto l’anno
e poi vederselo distrutto in un attimo dagli
elefanti… invece agli ippopotami non
sopravvive nessuno…bè, certo, con quella
bocca che hanno… il conflitto uomo
animale è difficile, eh! Qui la forbice tra
ricchi e poveri aumenta, gli stipendi base
non servono a nulla, il costo della vita è
altissimo, gli stessi medici e perfino gli
infermieri, anche i tecnici di laboratorio,
fanno il doppio lavoro, pubblico e privato,
con il risultato che sono tutti stanchissimi
e la qualità dell’assistenza è molto bassa.
Che opinione hai del lavoro di tutte
queste ONG esterne?
Non tutte, ma alcune ONG, vengono qui,
creano delle isole felici, in cui l’assistenza è
migliore, le medicine ci sono sempre, e
poi, quando il progetto finisce, vanno via e
l’unità sanitaria ripiomba nel disastro. Il
ministero della sanità ha dei protocolli per
tutte le malattie più comuni ma a volte i
medici stranieri fanno fatica ad adattarsi a
questi protocolli. Adesso c’è un grande
sforzo per integrare queste ONG ma non
sempre funziona…
Che mi dici della medicina
tradizionale?
Qui ci sono i curandeiros che praticano un
misto di magia e medicina tradizionale e
tutti ci vanno.
Che rapporti avete?
Ora c’è un grande sforzo per includerli
che prima non c’era, perché il vecchio
Frelimo li collegava troppo con i riti magici e
gli avvelenamenti, adesso si cerca di
collaborare. Con la loro conoscenza delle
erbe, per esempio curano l’asma, e poi,
soprattutto, per i problemi psicologici sono
molto meglio degli psichiatri,
ovviamente…adesso va meglio … certo
bisogna stare attenti che non si sentano
sfuggire il terreno sotto ai piedi, bisogna
iniziative: nella maggior parte si
tratta di cittadini mozambicani in
possesso di una formazione
universitaria o superiore.
*Ringrazio con tutto il cuore gli
amici A e M, che preferiscono non
essere nominati, molte delle cose
che ho visto e fatto nelle due
settimane di permanenza a
Maputo non sarebbero state
possibili senza il loro aiuto e la loro
generosa ospitalità.
«Ho curato bambini
attaccati dai
coccodrilli o dai
leopardi con la faccia
distrutta. Invece agli
ippopotami non
sopravvive nessuno»
trovare un sistema di reciprocità ma questo
ancora non entra nella testa di tutti i
medici…
Ong: Dream
Gabriella Bortolot della Comunità di
Sant’Egidio mi ha portato a vedere il centro
Dream di Maputo, la sede era anticamente
un convento, mi spiega, mentre mi fa
girare tra gli ambulatori e il cortile (sala
d’attesa) dove attendono il loro turno
pazientemente le donne, mi racconta
alcune delle loro storie, che si sono curate,
che si sono messe a studiare, che si sono
diplomate e ora fanno parte del personale
dei Centri. Poi mi ha portato a Matola a
vedere un nuovo centro appena
inaugurato, dedicato a Annamaria Muhai
(deceduta nell’aprile 2013), la loro prima
attivista, la prima in Mozambico a
dichiarare pubblicamente di essere HIV
positiva e a mostrarsi in prima persona; nel
giugno del 2011 è intervenuta
all’Assemblea delle Nazioni Unite a New
York per sostenere l’accesso universale
alla cura ed è diventata una delle
testimonal più conosciute e
rappresentative del programma DREAM
ed un’icona indiscutibile della lotta
all’HIV. Sempre a Matola ho visitato una
scuola collegata al Centro, i bambini,
bellissimi, hanno cantato e suonato, Zelia,
Calcida e le altre attiviste, tutte
mozambicane, farmaciste, biologhe,
maestre che ho conosciuto, mi hanno
sorriso, abbracciato accolto come se fossi
una di loro. A volte in Africa si annullano le
distanze con uno sguardo limpido.
Numeri cumulativi di DREAM in
Mozambico dal 2002:
108.000 persone assistite dal 2002
90.000 pazienti attualmente in follow-up
(di cui 22.000 bambini)
più di 13.000 bambini nati sani da madri
HIV+
circa 1,6 milioni di visite mediche
effettuate
circa 720.000 campioni di sangue
analizzati (in totate)
circa 480.000 esami di Carica Virale eseguiti
oltre 420.000 pacchi alimentari consegnati
foto di Maputo (di Mario Martinozzi)
ALIAS
6 GIUGNO 2015
di FLAVIO MASSARUTTO
La chiamano bisiacarìa. È una striscia di terra che
dalla foce del fiume Isonzo risale, costeggiandolo, fino
al Collio. Luoghi sinonimo di mescolanza; eredità del
continuo spostamento di confini tra Austria-Ungheria,
ex-Jugoslavia e Italia. Sloveni, italiani, croati, serbi,
ungheresi. Lo si capisce dai cognomi e dai cibi che qui
siamo nella Mitteleuropa.
Durante la seconda guerra mondiale un’intera
brigata partigiana era formata da operai dei cantieri di
Monfalcone, la Brigata Proletaria. Qui ancora oggi la
sinistra è forte e radicata. E anche grazie a questa
particolarità può succedere che un’amministrazione
comunale decida di dare una scuola elementare in
disuso ad un’associazione perché ne faccia un centro
di aggregazione e di produzione culturale. Questo è
successo nel 1992 a Dobbia, una piccola frazione del
comune di Staranzano in provincia di Gorizia.
«Qui ci vengono i musicisti a studiare, a provare e
ad incontrarsi» riferisce Paolo Pascolo, flautista e
attivista dell’associazione Gruppo Area di Ricerca
DobiaLab, «e adesso è diventato una specie di quartier
(5)
Qui sotto e a sinistra
il contrabbassista
Giovanni Maier;
al centro la sassofonista
Clarissa Durizzotto
generale per le diverse realtà del territorio. Certo è
molto impegnativo; è una forma di vita». La struttura
ospita una sala espositiva, una sala prove e una per
spettacoli dove si tengono concerti e proiezioni.
DobiaLab (http://dobialab.net/) ha prodotto festival,
concerti, mostre, performance, produzioni
discografiche riunendo i fermenti creativi del territorio
e offrendo un luogo stabile, benché austero, per la
scena della musica improvvisata della regione.
Una scena che a partire da questo luogo genera
nuove formazioni, progetti transnazionali, produzioni
discografiche anche grazie alla sponda offerta da due
piccoli ma coraggiosi festival come «Tarcento Jazz» e
«Brda Contemporary Music Festival».
Oppure realizza le colonne sonore dei documentari
del giovane regista Cristian Natoli: Per mano ignota
sulla strage di Peteano e Allamhatar. Paesaggi di
confine sulle città divise dalla cortina di ferro. Ce la
facciamo raccontare da due musicisti: il
contrabbassista Giovanni Maier, già con Enrico Rava e
l’Italian Instabile Orchestra, e la sassofonista Clarissa
Durizzotto, una delle nuove voci più interessanti della
scena bisiaca.
Una piccola frazione
in provincia di Gorizia
trasforma una scuola
in disuso in una fucina
di insoliti sperimentatori.
Tra festival, mostre,
colonne sonore
e cd ecco una scena
sotterranea in piedi dal ’92
Giovanni Maier
All’interno dei laboratori di
Dobbia c’è un’orchestra - Dob
Orchestra - che riunisce molti
degli improvvisatori dell’area. Il
contrabbassista Giovanni Maier
(1965) ne fa parte e ha anche
editato con la sua etichetta
Palomar Records la prima
documentazione discografica:
Tageskarte (2008).
Come è organizzata
l’orchestra?
L’orchestra è nata per unificare le
varie istanze del territorio, cioè
tutti quei musicisti che fino ad
allora lavoravano
sull’improvvisazione. Dal nucleo
di partenza, che c’è nel cd, si sono
poi aggiunti altri musicisti. La
direzione è collettiva e chi vuole
può proporre idee su cui lavorare.
Abbiamo sperimentato
l’improvvisazione collettiva totale
e suonato su materiali proposti da
me e altri.
Molti di quei musicisti hanno
partecipato nel 2014 a un
progetto su Sun Ra...
Si tratta di questo. Il trombettista
Flavio Zanuttini è entrato in
possesso di un centinaio di
partiture di Sun Ra. Sono
fotocopie con il timbro della
Library of Congress, probabili
depositi per i diritti d’autore.
Flavio ha contattato me e altri e
abbiamo deciso di presentare tre
distinti progetti a cura di diversi
responsabili: io, Giorgio Pacorig e
Paolo Pascolo, Flavio. Gli organici
erano variabili ma erano basati
sullo zoccolo duro della Dob.
Dopo i concerti al circolo Arci
MissKappa di Udine abbiamo
deciso di proseguire con quello
diretto da Zanuttini, che ha anche
la presenza di Marta Raviglia alla
voce, presentandolo al Festival
Jazz di Tarcento (Udine) la scorsa
estate.
Raccontaci l’Orchestra Senza
Confini.
L’idea di formare questa orchestra
è del percussionista sloveno
Zlatko Kaucic per il «Brda
Contemporary Music Festival»
che dirige a Smartno. Visto che la
rassegna è basata sulla residenza
INCONTRI  GIOVANNI MAIER E CLARISSA DURIZZOTTO RACCONTANO «L’EFFETTO BISIACO»
Dobbia, il senso jazz
dell’imprevedibilità
artistica di un musicista, Zlatko ha
pensato di costituire una
formazione per il workshop con
l’ospite. Ne fanno parte i musicisti
della Dob e quelli del gruppo
sloveno Kombo di Zlatko.
Abbiamo lavorato con Evan
Parker, Johannes Bauer e Ab
Baars. L’anno scorso invece
abbiamo presentato un progetto
autonomo rispetto al musicista
residente: si tratta di una
conduction gestita da me e Zlatko.
Abbiamo suddiviso l’orchestra in
due gruppi di musicisti che
dirigiamo contemporaneamente,
anche scambiandoceli. Io uso una
lavagnetta giocattolo per le mie
indicazioni mentre Zlatko usa
segnali gestuali. La registrazione
del concerto è venuta molto bene
ed è stata presentata ieri
all’Auditorium del Museo
Revoltella di Trieste per «Le nuove
rotte del jazz». In quella occasione
l’Orchestra si amplierà
accogliendo anche allievi del
Conservatorio Tartini. Ci saranno
quasi trenta musicisti italiani,
sloveni e croati.
Come vedi l’attualità
dell’improvvisazione?
Rispetto a qualche anno fa ci sono
un sacco di giovani interessati e
affascinati dalla musica
improvvisata e noto anche un
maggior interesse del pubblico.
Per quello che mi riguarda io
penso che essa sia il mezzo
espressivo che più mi si confà.
Penso di esprimermi meglio in
situazioni più aperte, forse perché
la musica improvvisata è più
vicina alla vita reale dove non sai
mai quello che può succedere.
Clarissa Durizzotto
Ha studiato con Daniele d’Agaro e
collabora con Claudio Cojaniz,
Giovanni Maier, Giorgio Pacorig
(da ascoltare il loro Locomotive
Duo) e naturalmente con gli altri
giovani improvvisatori della sua
regione. Clarissa Durizzotto
(1977), sax alto e clarinetto, ha
appena pubblicato il suo primo
lavoro con l’etichetta Dobialabel.
Parlaci del tuo progetto
discografico
Il disco è la registrazione di un
concerto al «Tarcento Jazz
Festival» del 2013. Si intitola
Murae umbrae e oltre a me ci
sono Giorgio Pacorig alle tastiere,
Alessandro Turchet al basso
elettrico, Alessandro Mansutti alla
batteria e l’attrice Aida Talliente,
alla voce recitante. Un progetto
che si compone di strutture e
libera improvvisazione. Sono
storie che creano un particolare
stato d’animo nei musicisti e
l’emotività che ne esce è rafforzata
da testi recitati di Alda Merini,
Pier Paolo Pasolini, Mariangela
Gualtieri, Thomas Eliot, Allen
Ginsberg e una mia poesia. Ho
voluto rifarmi espressamente alla
psichedelia e al prog e la
strumentazione di Pacorig e
Turchet richiamano proprio quel
tipo di suono.
Quali sono secondo te le
caratteristiche tipiche della
scena di Dobbia?
Dobbia è un posto particolare. In
fin dei conti è un paese
provinciale eppure è diventato un
luogo dove si fa musica e arte
sperimentale e riesce ad attirare
persone che vengono fin lì
apposta per ascoltare e vedere
quel tipo di proposta. Non è
sempre lo stesso pubblico, cambia
in base a ciò che si fa. C’è
un’atmosfera casalinga, sul tipo di
una «comune». C’è il senso di fare
insieme e stare insieme. Ognuno
si occupa di uno specifico campo.
Io ci sono arrivata da spettatrice e
poi ho iniziato a collaborare. A
Dobbia hanno suonato musicisti
come Peter Brötzman o Edoardo
Marraffa, insomma quel tipo di
musica che non si fa da
nessun’altra parte. Adesso è dura
per avere finanziamenti ma i
ragazzi di Dobbia si danno da fare
per sopperire a questa mancanza:
organizzano feste, gestiscono un
piccolo bar. Insomma con poco si
fa tanto.
Come vedi l’improvvisazione?
Secondo me la musica
improvvisata deve essere una
vocazione. Quando suoni musica
scritta tutti sanno esattamente
cosa succede e dove si va a parare.
Invece con l’improvvisazione
domina l’imprevedibilità. Se ti
piace il gioco sottile
dell’imprevedibilità questo ti
porta a tirar fuori di te le tue idee
personali. Qualcosa che viene
dalla pancia come quando
conosci una persona e all’inizio
non capisci bene cosa sta
succedendo. Io penso che la
musica improvvisata sia nata
perché le persone avevano
bisogno di dire qualcosa in più e
ancora oggi sia
fondamentalmente questo.
(6)
ALIAS
6 GIUGNO 2015
ROCK ON THE BEACH
di FRANCESCO ADINOLFI
Le foto di Sheila Rock sono state al
cuore del punk britannico con una
sequela di immagini che hanno
scandito la storia del genere. Ne
parlammo con lei su queste pagine in
occasione dell'uscita del suo splendido
libro fotografico Punk+. Nel tempo ha
dato vita ad altri volumi monografici
come Horses o Sera: The Way of the
Tibetan Monk. Ora Sheila pubblica
Tough & Tender. English Seascapes
(Kehrer Verlag, pp. 128, euro 28;
nella foto la copertina), una raccolta
fotografica che guarda al mare. «Non
importa dove tu sia in Gran Bretagna
- racconta la fotografa - la distanza dal
mare non è mai così enorme. Le
persone sono inspiegabilmente
PAGINE  STORIE DI NOTE LIBERE NELL’ERA DELLO SPARTITO GLOBALIZZATO
L’insopprimibile
bisogno
dell’utopia sonora
di LUIGI ONORI
Il pezzo di Flavio Massarutto
racconta il rifiorire
dell’improvvisazione «radicale» in
Friuli, a circa cinquant’anni da
quando pratiche improvvisative
assunsero un’importanza via via
crescente nella musica
contemporanea europea e
statunitense parallelamente al free
jazz o «jazz informale». È chiaro
che non si può trattare di un
revival quanto del riaffiorare di
esigenze che, da un lato, si legano
a processi intrinsecamente
creativi e, dall’altro, tentano di
ri-fuggire da modelli «sonori» e
sociali che si fanno sempre più
invadenti, autoritari e pervasivi in
un’epoca globalizzata e di
«neotirannia» come quella attuale.
Qui c’è una prima differenza tra
gli anni Sessanta e gli anni Dieci
del terzo millennio: allora si era in
una fase di espansione e sviluppo
economico e sull’onda di una
contestazione politica «totale», in
un mondo ancora bipolare; oggi
siamo in una fase recessiva e
ampiamente «postmoderna» per
quel che riguarda i linguaggi
musicali, il lavoro e la gestione del
potere, mentre il bipolarismo si è
dissolto ed avanzano gli
integralismi
Sui nodi davvero complessi
dell’improvvisazione ha riflettuto,
ricercato ed elaborato con grande
profondità Giovanni Guaccero in
un volume edito un paio di anni
fa e ancora gravido di domande,
prospettive, interpretazioni. Si
tratta de L’improvvisazione nelle
avanguardie musicali. Roma
1965-1978, pubblicato dalla
Aracne editrice nella collana di
musicologia e storia della musica
«Immota harmonia». Il volume lungo 274 pagine - è stato
realizzato con il contributo
dell’associazione Nuova
Consonanza e si apre con una
prefazione di Alvin Curran,
musicista americano attivissimo
nella capitale fin dai primi anni
Sessanta.
L’autore ha articolato il
documentatissimo studio in tre
ampi capitoli che riguardano la
«Definizione del campo
d’indagine», «I gruppi storici e il
diffondersi della ‘libera’
improvvisazione di gruppo
(1965-1971)», «Jazz, avanguardia e
politica: il nuovo jazz degli anni
Settanta (1972-1978)». In
quest’ultimo capitolo si parla in
particolare di Giorgio Gaslini,
Giancarlo Schiaffini, Bruno
Tommaso, Eugenio Colombo,
Roberto Laneri, Curran,
Domenico Guaccero, della Scuola
Popolare di Musica di Testaccio e
della sua didattica. Nato nel 2004
come tesi di laurea - seguita come
relatore da Pierluigi Petrobelli - di
Giovanni Guaccero (compositore
e musicista, figlio di Domenico
che fu tra i principali protagonisti
di quella stagione sonora),
«L’improvvisazione nelle
avanguardie musicali. Roma
1965-1978» rinasce quasi un
decennio dopo come volume
mentre si registra, peraltro, un
rinnovarsi non accademico
dell’interesse per certi tipi di
sperimentazione, ed è quello che
maggiormente interessa in questa
sede. Il volume
(dall’esaurientissima bibliografia)
si pone come un importante,
basilare strumento di
ricostruzione storico-teorica di
una stagione sonora «seminale» e
«nodale» che il Gruppo di
Improvvisazione Nuova
Consonanza, Musica Elettronica
Viva MEV e il Gruppo Romano
Free Jazz (creato e guidato
dall’indimenticabile Mario
Schiano) incarnarono appieno.
«Voi domanderete - si interroga
Alvin Curran nella prefazione -,
ma chi ha bisogno di un
ennesimo libro sugli anni
Sessanta e Settanta? La risposta è:
tutti noi (...) è precisamente su
questo sfondo che Guaccero svela
un movimento musicale
universale, dall’”ultra-classica”
contemporanea al jazz, al freaky
pop, e a tutte le forme di arte
creativa, un movimento musicale
di liberazione per così dire, mirato
ad espandere la nostra
concezione di tempo e spazio, di
timbro e densità, di sistema
temperato e di suono, di
asincronia, caos, fortuna, caso,
intenzione e non-intenzione (...)»
Da Giovanni Guaccero a Alipio Carvalho
Neto fino a Giancarlo Schiaffini, tanti
gli autori di saggi sulla centralità e il ruolo
della musica «radicale» nel terzo millennio
(p. 15). Ma Curran, che di quella
stagione fu testimone e
protagonista, non la considera
esaurita e la ritrova viva nei centri
sociali come Il Cantiere o l’Angelo
Mai, in gruppi come l’Orchestra
IATO, gli Zoo o Ossatura di
Fabrizio Spera,
nell’elettronica-multimediale di
Domenico Sciajno, Elio
Martusciello e Mike Cooper, nella
trasmissione Battiti di RadioTre,
nella RadioArteMobile
specializzata in installazioni
sonore, nel Cemat... Ecco, quindi,
l’attualità di quell’eversiva utopia
sonora.
Nella Postfazione 2013
(autobiografia di un decennio) è lo
stesso Giovanni Guaccero ad
indicare le esperienze - personali
e non - che ribadiscono il seme
fruttifero della «galassia
avanguardistica» messa a fuoco
nel testo. In particolare, dopo la
manifestazione del giugno 2002
«L’altra musica», nasce «l’esigenza
di continuare ad “insistere”.
L’idea di base era: le due “aree”
romane della composizione e
dell’improvvisazione devono
tornare a parlarsi e devono
tornare ad elaborare progetti
comuni, non solo
“giustapponendosi” all’interno di
contenitori onnicomprensivi, ma
interagendo realmente sul piano
linguistico» (p. 252). Seguono
convegni e progetti che vedono
agire, in vario modo e a vario
titolo, Gianfranco Tedeschi, Luigi
Cinque, Eugenio Colombo,
Massimo Coen, Daniele Del
LUOGHI E MODI DELLA SCENA FRIULANA
Oltre agli appuntamenti a Dobbia
da qualche tempo un locale
proprio di fronte al Teatro
Comunale di Monfalcone, Il Carso
in Corso, ha aperto le sue porte
anche al jazz di ricerca con la
rassegna «Jazz in Progress» che si
articola tra l’autunno e la
primavera. Degustando gli ottimi
vini del Carso, Terrano e Vitovska,
si può assistere alle performance
dei musicisti più interessanti della
scena bisiaca e oltre. Dall’anno
scorso il locale organizza l’evento
«Verso il Primo Maggio», ossia un
concerto speciale a tema sulla
Festa del Lavoro che si tiene la
sera del 30 Aprile. Nel 2014 è stata
la volta di un piano solo di
Claudio Cojaniz mentre
quest’anno è toccato al quintetto
Kaca Sraca in Lev capitanato da
Giovanni Maier. Su disco le
etichette di riferimento oltre a
Dobialabel sono, non a caso, due
label gestite da musicisti: Setola di
Maiale del batterista Stefano Giust
(http://www.setoladimaiale.net/)
e Palomar di Giovanni Maier
(http://www.giovannimaier.it/pal
omarrecords/Palomar_Records.ht
ml) spulciando nelle quali si può
trovare gran parte dei musicisti
dell’area.
Nella prima ad esempio si può
ascoltare lo straordinario
tastierista Giorgio Pacorig (attivo
anche con El Gallo Rojo) nel
quartetto Aghe Clope allargato a
musicisti emiliani in Aghe Clope
Ensemble e in duo con il
batterista Franco Dal Monego in
Istinto informe. Nel catalogo
Palomar particolarmente
interessanti sono i lavori con il
percussionista sloveno Zlatko
Kaucic, musicista con una lunga
esperienza nel campo
dell’improvvisazione, didatta
appassionato, organizzatore. Due
di questi sono particolarmente
consigliabili. Registrati entrambi
nel piccolo club sloveno Jazz
Hram a Divaa, poco oltreconfine, i
due cd restituiscono come pochi
tutta l’intensità e la freschezza
dell’esibizione dal vivo. È la
dimensione ideale per questo tipo
di musica che si muove a partire
dalla lezione storica del free jazz e
della musica improvvisata
europea. The Jazz Hram Suite è
del 2011 e vede all’opera accanto
a Maier e Kaucic il flautista
pordenonese Massimo De Mattia,
spericolato e geniale ricercatore di
nuovi orizzonti sonori. Ottanta
minuti di pura gioia ed energia
liberatoria. Il secondo è Disorder
at the Border, del 2014, e questa
volta è il sassofonista e
clarinettista udinese Daniele
D’Agaro a completare il trio che si
muove con disinvoltura tra
esplosioni furenti e momenti
sospesi con un ventaglio di
invenzioni e soluzioni
amplissimo. Uno squarcio sulle
possibilità della musica
improvvisata che solo musicisti
così possono aprire. Per chi non
l’ha mai ascoltata o per chi ne
diffida può essere una esperienza
d’ascolto iniziatica.
Nel segno dell’attraversamento
dei confini geografici e musicali.
(F. Ma.)
attratte dall’idea dei confini di
quest’isola. Qui il mare e le spiagge
esercitano un potere misterioso sulla
psiche; inoltre l’acqua dà un senso di
libertà contraddetta però dal fatto
che un’isola è per definizione uno
spazio chiuso. Queste giustapposizioni
sollecitano un interessante
mescolanza di persone e argomenti;
l’estate britannica inoltre è corta, non
sempre soleggiata, le città di mare
Monaco, Sabina Meyer, Fabrizio
Spera, Alessandro Sbordoni,
Fabrizio De Rossi Re, Richard
Trythall, Paolo Ravaglia, Fausto
Sebastiani (attuale presidente
dell’associazione Nuova
Consonanza), Curran e Giancarlo
Schaffini.
Al trombonista, improvvisatore,
compositore, performer ha
dedicato nel 2014 la sua tesi di
dottorato in Storia, scienze e
tecniche della musica il
sassofonista e musicologo Alipio
Carvalho Neto: La Musica Libera
di Giancarlo Schiaffini (Università
di Roma 2, Tor Vergata). Neto
è brasiliano di nascita ma dal
1997 vive in Europa; solista,
studioso e compositore di qualità,
unisce la profonda
consapevolezza teorica alla
creatività sperimentale
«applicata». È da poco uscito il cd
Vampyroteuthis infernalis del Luiz
Moretto Quintet (etichetta Slam)
che lo vede in organico con il
leader, Francesco Lo Cascio,
Gianfranco Tedeschi e Marco
Ariano. La scelta del trombonista
per la tesi di Neto è tutt’altro che
casuale. Giancarlo Schiaffini - la
cui carriera ha sempre
attraversato la «terra di mezzo» tra
jazz, free jazz e musica
contemporanea - è a sua volta
autore di due interessanti e
problematici volumi che
affondano le loro radici negli anni
Sessanta e Settanta analizzati da
Giovanni Guaccero. Si tratta di E
non chiamatelo jazz (Auditorium,
2011) dove indaga il ruolo che ha
l’improvvisazione nelle diverse
espressioni musicali della
contemporaneità, e di
Tragicommedia dell’ascolto
(Auditorium, 2015), appena uscito
nel febbraio di quest’anno. «La
mia tesi di dottorato - scrive Alipio
C. Neto nel suo blogspot - è stata
dedicata alla sua musica, fondata
sull’idea di un sui generis senso
della libertà, segnata da una
consapevolezza originata dalla sua
artisticità e ricerca personale, che
avvicinano ed amplificano i
territori della composizione e
dell’improvvisazione». È
quest’ultimo, in definitiva, un
tema ancora caldo per non dire
scottante (si veda l’articolo di
Flavio Massarutto). «La
pubblicazione di questo suo
nuovo testo - prosegue Neto serve appunto alla riflessione
sull’essenza dell’elemento
fondante dell’arte musicale, che
può anche essere considerato
l’aspetto primordiale della poetica
schiaffiniana. Mi riferisco,
ovviamente, all’ascolto. Le
esperienze avute in diversi gruppi,
che hanno consolidato la sua
libera ed autonoma poetica
musicale, sono esempi in mezzo a
tante altre attività creative alle
quali ha partecipato Giancarlo
Schiaffini in qualità di
esecutore-compositoreimprovvisatore, che hanno
celebrato l’ascolto come
meccanismo indispensabile alla
fenomenologia del discorso
musicale». E non è, forse, proprio
l’esigenza dell’ascolto autentico e
partecipato a riportare in primo
piano la musica improvvisata e le
orchestre di improvvisazione?
Non sono i musicisti e gli
ascoltatori coinvolti in un
rapporto che rimette al centro,
nella sua essenzialità, la capacità
di ascoltare senza sovrastrutture e
distorsioni indotte
dall’inquinamento sonoro che
viene molto spesso
contrabbandato come musica?
Cos’è il musicista se non un
essere capace di agire ascoltando?
In alto Domenico Guaccero;
al centro Mario Schiano
ALIAS
6 GIUGNO 2015
(7)
ULTRASUONATI DA
sembrano luoghi maestosi e in realtà
sono così fragili». Da qui una sequela
di immagini sui toni del grigio, una
splendida indefinitezza che conferisce
agli scatti veli di profonda melancolia.
Tra ragazzi, coppie, calche immobili,
posticce costruzioni in legno che si
stagliano contro cieli altrettanto grigi.
Le foto sono in mostra a Berlino dal
20 giugno al 5 settembre alla Johanna
Breede Gallery.
STEFANO CRIPPA
GIANLUCA DIANA
GUIDO FESTINESE
SIMONA FRASCA
MARIO GAMBA
ROBERTO PECIOLA
MARIO BIONDI
BEYOND (Sony)
     Non cambia di una virgola il
sound del gigante siciliano dal vocione
soul. Lo aggiorna il giusto per stare al
passo con le nuove tendenze del new
soul. Ma l'amore è tutto per i classici.
Qualche collaborazione d'eccellenza
con i newyorkesi Dap-King, D.D.
Bridgewater in versione autrice di testi
e l'ex Suede Bernard Butler, e almeno
un brano sopra la media: Love Is the
Temple. (s.cr.)
INDIE ITALIA
Il gran circo
dei Topi
Romani, con nel cuore le borgate, la
periferia squassata della capitale, le difficoltà
di essere trentenni nel 2015, I Topi non
Avevano Nipoti, nel loro disco d'esordio
omonimo (Volcan Records), suonano
nostalgici e malinconici, agrodolci e
graffianti. Perché è vero che i testi sono
realistici, ma la loro musica è insieme wave
e power pop con grandi strutture di
chitarre e batteria. Grande ritmo che
guarda dritto in faccia alla lezione di gruppi
come A Certain Ratio, Gang of Four, vedi
alla voce punk funk, c'è anche nei
concittadini Granada Circus. Vertèbra
(con l'accento sulla e, perché, come dicono
«è l'errore da compiere, il rischio da
correre, la contraddizione in cui cadere»),
seconda prova per la Warning Records, ha
coordinate precise, ma un suono attuale,
per nulla derivativo. Coordinate ben chiare
anche per Teenage Riot, all'esordio per
la pugliese La Rivolta Records. Scimmie sulla
luna è un excursus nella musica indie alt
degli anni Novanta (stoner, punk, con
diversioni quasi prog che fanno pensare agli
«attorcigliamenti» di Trail of Dead).
Coraggioso, al di fuori dalle regole (versus
chorus versus non esistono quasi per
Teenage Riot). Rivoltoso... (Viola De Soto)
ON THE ROAD
Kiss
Unica data italiana per la rock band
statunitense che festeggia 40 anni.
Verona GIOVEDI' 11 GIUGNO (ARENA)
Mastodon
Una sola data per la band metal prog
americana.
Bologna MERCOLEDI' 10 GIUGNO
(ESTRAGON)
Trail of Dead
Echi di noise-emo-hardcore e
psichedelia per la band americana.
Andora (Sv) GIOVEDI' 11 GIUGNO
(MAME)
Sun Kill Moon
Mark Kozelek, ex Red House
Painters, è il titolare di questo
progetto, tra Lou Reed, Neil Young e
Nick Drake.
Ferrara DOMENICA 7 GIUGNO (CORTILE
CASTELLO ESTENSE)
Roma LUNEDI' 8 GIUGNO (AUDITORIUM
PARCO DELLA MUSICA)
Sesto San Giovanni (Mi)
MARTEDI' 9 GIUGNO (CARROPONTE)
Limp Bizkit
Torna una delle band di punta del
cosiddetto nu metal.
Assago (Mi) GIOVEDI' 11 GIUGNO
(SUMMER ARENA)
Merano (Bz) VENERDI' 12 GIUGNO
(ROCK THE LAHN)
Firenze SABATO 13 GIUGNO (OBIHALL)
BOCEPHUS KING
& ORCHESTRA FAMILIA
THE ILLUSIONS OF PERMANENCE
(Appaloosa/Ird)
     È tornato già da qualche tempo
e ha trovato la quadratura del cerchio.
Ha il nome di Orchestra Familia la sua
band, ed è un collettivo meraviglioso
con il quale esiste una sinergia perfetta.
World music, con dentro blues,
americana e folk rock. Un equilibrio
perfetto tra buon gusto e capacità di
sperimentare. Forse sarà uno dei dischi
del 2015. Vi lasciamo con Derivative
Blues e No Cure for Fools. (g.di.)
GODSPEED YOU! BLACK
EMPEROR
ASUNDER, SWEET AND OTHER DISTRESS
(Constellation)
     Ogni nuovo disco della band
canadese mette un po' in crisi chi è
delegato allacritica. Si possono usare
artifici lessicali, si può tirarla per le
lunghe, ma il succo è che i Godspeed
You! Black Emperor difficilmente
sorprendono con stravolgimenti
stilistici. Fanno e continuano a fare
quello che è il loro marchio di fabbrica:
lunghe elucubrazioni soniche, tra post
rock e noise. L'unica cosa che si può
dire è, volta per volta, disco per disco,
se lo hanno fatto meglio o peggio del
solito. E qui il giudizio è assolutamente
positivo. (r.pe.)
INDÙ
JUGGERNAUT (Slam Records)
     Saranno i posteri a stabilire se
quella attuale sia un’epoca con il piede
schiacciato sull’acceleratore delle
sperimentazioni più «avant-garde»
oppure no. Fatto sta che Juggernaut del
duo Claudio Vignali (tastiere) e Andrea
Grillini (batteria) con la collaborazione
di Achille Succi (sax e clarinetto basso)
è un disco notevole non tanto per le
competenze tecnico-esecutive,
notevoli, dei tre, ma per il gioco di
interplay. La capacità di catturare
insieme spirito e cuore di un’idea, di
giocarci intorno e preservare il senso
di un’improvvisazione audace ed
eufonica. (s.fr.)
REGGAE
SONGWRITER
INDIE ROCK
Il dub tellurico
degli Zion Train
Laura Marling,
maturità pop
Dissacranti
giramondo
Da venticinque anni Zion Train scuote «i
sotterranei» di mezzo mondo con i bassi
profondi e panciuti del suo dub tellurico:
giri di basso che, d’un tratto,
ammutoliscono tra sirene spiegate e un
tripudio generoso di ottoni. Come in
questo Land of the Blind (Universal Eggs), un
titolo che già dice molto di questo album
corale in cui oltre la musica in sé conta
l’attitudine anticonvenzionale di Neil Perch
(& c.), che, abile mastro concertatore,
continua con le sue mani curiose e
operose ad occuparsi delle macchine
sondando un ventaglio di possibilità che
vanno dal dub digitale all’elettronica, dalla
techno al jazz marziano, gettando un ponte
tra King Tubby e Karl Stockausen. Anche i
pordenonesi Wdd & Michela Grena
esplorano i territori sempre fertili e dilatati
del dub con il loro esordio Dub Drops
(Wdd Dub Prod.) presentandosi come una
delle realtà più interessanti. Segnaliamo Bird
in Hand, e Rejoice Jah Jah Children. Al terzo
album invece una giovane voce del reggae
italiano come Lion D. Heartical Soul
(Bizzarri Records) ha anche il pregio di
recuperare una leggenda del reggae/soul
come Ken Boothe in una delle tracce
trainanti, Slow Down. (Grazia Rita Di Florio)
Che Laura Marling abbia studiato
attentamente gente come Joni Mitchell e
PJ Harvey appare abbastanza chiaro, come
lo è il fatto che riesce comunque ad essere
più che accattivante a ogni sua release.
L'ultima si intitola Short Movie (Ribbon) e la
vede forse ancora più matura e fruibile. Il
che non significa leggera o «pop» - nel
senso deteriore del termine -, ma solo,
probabilmente, più consapevole della sua
arte. Tra folk e rock, e una buona dose di
pop, dimostra di sapersi muovere anche il
bostoniano Chadwick Stokes che ha
pubblicato il suo nuovo album solista dal
titolo The Horse Comanche (Nettwerk/
Self). Ricordi di Paul Simon e Jack Johnson
ci trasportano lungo l'intero percorso
sonoro, percorso che non si distacca mai
da un senso di spensierata leggerezza e
divertimento. Altra sortita solista per il
frontman dei gallesi Feeder, Grant
Nicholas. Black Clouds (Popping
Candy/Audioglobe), mini cd composto da
sei brani che prosegue sulla traccia
dell’album di debutto, ossia quella acustica,
molto più vicina al folk cantautorale che al
rock della band di origine. E il risultato è
apprezzabile, e in alcuni momenti, quasi
esaltante. (Roberto Peciola)
Istrionico il rock e le sue forme sbilenche.
Tante, bizarre e giramondo. Si parte un
metro avanti a tutti se si arriva da posti
come Portland. Loro sono Guantanamo
Baywatch, trio che pubblica tra ep e lp
(oh sì, gli lp) il quinto episodio Darling... It’s
Too Late (Suicide Squeeze). Grandiosi, a dir
poco. Sono dissacranti e seri al tempo
stesso. Suonano alla grande e hanno fatto
un signor disco. Too Late, Boy Like Me e Sea
of Love sono la loro idea di rock, indie, surf
e molto altro. Londinesi invece i The
Severed Lamb che tra exotica, rock e
influenze caraibiche e di New Orleans si
donano con gioia. Il loro If You Ain’t Livin’
You’re a Dead Man (Damaged Goods) è
gradevole, solare e ritmico. Specialmente in
Aye que calor, Long Tall Girl e If You Ain't Livin’,
per Labella Records. Concludiamo con un
bislacco e bravo svizzero: Antony Cedric
Vuagniaux, eclettico polistrumentista che
da alle stampe Le clan des Guimauves
(Plombage Records). Il lavoro racconta di
una forte attitudine cinematografica della
sua musica, raccontata da strumenti acustici
e inserti electro. Visionario come pochi e
affascinato dalle colonne sonore di marca
Sixties e dintorni. Su tutti La naissance des
cambrioleurs. (Gianluca Diana)
SNOOP DOG
BUSH (Sony)
     Più che un rapper Snoop Dog
è un brand che fattura milioni di
dollari con svariate attività attinenti
all'entertainment. Ergo non sorprende
la collaborazione con Pharrell
Williams. Sempre meno rap, le
canzoni - quasi laccate - vantano
ritornelli perfetti qua e là «sporcati»
dall'incedere rap e da un parterre di
star ospiti: Charlie Wilson, Stevie
Wonder, Kendrick Lamar, Rick Ross,
T.I. e Gwen Stefani. (s.cr.)
VAN DER GRAAF
GENERATOR
AFTER THE FLOOD (Virgin/Universal)
     Il glorioso Generatore di
Peter Hammill è vivo e vegeto, nel
quinto decennio di attività. E le prove
recenti lo confermano. Bello
riascoltarli però in questa raccolta
delle session per la Bbc, si parte dal
1968 e si approda alle claustrofobiche
crudezze piene di grinta del '77, che
perfino i punk apprezzarono. Una
antologia «live» quasi completa: pochi
doppioni e qualche inedito. (g.fe.)
LUIGI VITALE/LUCA COLUSSI
STILE LIBERO (Nusica.org)
     Vibrafonista Vitale,
percussionista Colussi. Usano in più
piccoli oggetti acustici e semplici
apparati elettronici. Vitale è jazzman
di punta nel panorama italiano,
Colussi lo segue nelle esplorazioni ai
limiti dell’armonia tradizionale e
dell’aggancio tonale. Ma non osano
abbandonare una «casa» di strutture
sonore che dà sicurezza. 8 brani in cui
il piacere del rapporto tra timbri frena
un po’ il desiderio di ricerca. (m.ga.)
A CURA DI ROBERTO PECIOLA  SEGNALAZIONI: [email protected]  EVENTUALI VARIAZIONI DI DATE E LUOGHI SONO INDIPENDENTI DALLA NOSTRA VOLONTÀ
Van Morrison
L’artista di culto irlandese torna in
Italia.
Brescia SABATO 6 GIUGNO (PIAZZA DELLA
Torino LUNEDI' 8 GIUGNO (ASTORIA)
Marina di Ravenna (Ra)
MARTEDI' 9 GIUGNO (HANA-BI)
Sesto San Giovanni (Mi)
dopo cinque anni con un nuovo disco,
Endkadenz Vol. 1.
Senigallia (An) SABATO 6 GIUGNO
(MAMAMIA)
LOGGIA)
MERCOLEDI' 10 GIUGNO (CARROPONTE)
Milano VENERDI' 12 GIUGNO (ESTATHE'
Julian Casablancas
& The Voidz
Yellowcard
MARKET SOUND)
Padova SABATO 13 GIUGNO (SHERWOOD)
Una data sold out per il progetto del
cantante e leader degli Strokes.
Bologna MARTEDI' 9 GIUGNO
(BOLOGNETTI ROCKS)
Una data per la band punk pop di
Jacksonville, Florida.
Bologna MARTEDI' 9 GIUGNO (ZONA
ROVERI)
Lagwagon
Paolo Benvegnù
L'ex leader degli Scisma con la band
che porta il suo nome di nuovo live.
Castiglion del Lago (Pg) SABATO
Il punk della band di Jello Biafra.
Pinarella di Cervia (Ra) SABATO
Il punk melodico della band
californiana.
Olgiate Molgora (Lc) GIOVEDI'
13 GIUGNO (ROCK PLANET)
11 GIUGNO (LA SBIELLATA SANZENESE)
6 GIUGNO (LA DARSENA)
Siano (Sa) VENERDI' 12 GIUGNO
(RIEVOLUZIONI FESTIVAL)
Cigole (Bs) SABATO 13 GIUGNO (PARCO
PALAZZO CIGOLA MARTINONI)
Wim Mertens
Stanley Jordan
Magnolia Estate
Dead Kennedys
Il grande compositore belga, in un
concerto per voce e pianoforte.
Siena GIOVEDI' 11 GIUGNO (CATTEDRALE)
Il chitarrista statunitense è l’inventore
del tapping.
Milano MARTEDI' 9 GIUGNO (BLUE NOTE)
Airbourne
Larry Carlton
(ESTRAGON)
(BLUE NOTE)
The Coathangers
James Taylor Quartet
Dall'Australia, hard & heavy.
Bologna DOMENICA 7 GIUGNO
La band indie garage al femminile Usa.
Cigole (Bs) GIOVEDI' 11 GIUGNO
Lo smooth jazz del chitarrista Usa.
Milano VENERDI' 12 E SABATO 13 GIUGNO
Marina di Ravenna (Ra)
Per questo progetto del musicista
londinese è stato coniato il termine
«acid jazz».
Milano SABATO 6 GIUGNO (TEATRO
SABATO 13 GIUGNO (HANA-BI)
MANZONI)
The Soft Moon
Verdena
(PARCO PALAZZO CIGOLA MARTINONI)
Il progetto post punk di Luis Vasquez.
La rock band bergamasca è tornata
Una lunghissima serie di concerti live
e dj set che occuperà l'intera stagione.
Per i live si segnalano le ultime due
serate del «Mi Ami Festival» con
Levante, Colapesce, Thegiornalisti,
Mecna, Umberto Maria Giardini, M+A
e altri (stasera), e Alessandro Grazian,
Wow, Daniele Bastreghi, Morgan,
Post-Csi e altri (domani) e la serata
dedicata ala decimo anniversario della
Boys Noize Records.
Segrate (Mi) SABATO 6, DOMENICA 7
E VENERDI' 12 GIUGNO (MAGNOLIA)
Terraforma
Seconda edizione dell'«Experimental
and sustainable Music festival» ospita
tre giorni di sperimentazioni
artistiche. Più di venti i nomi che si
alterneranno: Charles Cohen, Robert
Lippock, Donato Dozzy & Nuel Play
Aquaplano, Mark Ernestus, Hamid
Drake, Rabih Beaini, Senyawa, Keith
Fullerton Whitman, Convextion,
Marco Shuttle, Bochum Welt,
Itinerant Dubs, Valerio Tricoli, Gea
Brown, 291out, Rawmance, Paquita
Gordon, Maurizio Abate, Volcov,
Turbojazz.
Bollate (Mi) VENERDI' 12 E SABATO
13 GIUGNO (VILLA ARCONATI)
Villa Aperta
Il festival di musica pop, electro e
rock si chiude con Tony Allen,
Francois & The Atlas Mountains,
Magic Malik & Dj Oil, Para One dj set.
Roma SABATO 6 GIUGNO (VILLA MEDICI)
Nessun Dorma
Il «Guidonia Rock Fest» ha in
programma, sul palco principale, Il Pan
del Diavolo e Il Muro del Canto (il
12); Kutso e Marta sui Tubi (il 13).
Guidonia Montecelio (Rm)
VENERDI' 12 E SABATO 13 GIUGNO (PINETA
COMUNALE)
Il Ritmo della Città
Il Festival jazz di Milano cambia anima
e diventa Il Quartiere che Suona, e
propone al pubblico un contest a cura
dell'associazione Jazz@Milano.
Milano GIOVEDI' 11 GIUGNO (ORTO
BOTANICO)
DESTINAZIONE
ABBADO
Due personaggi che più diversi non si
potrebbe (ma con qualcosa in comune:
l'interesse per la gente semplice) sono al
centro della nostra segnalazione di due
volumi, anch'essi diversissimi. Si tratta di
Claudio Abbado e Giuseppe Di Vittorio.
Si può vedere la musica? Beh, a leggere il
volume fotografico che le Edizioni
Contrasto dedicano a Claudio Abbado
(Claudio Abbado-Fare musica
insieme, pagine 296, euro 29,90),
finalmente uscito dopo la mostra che il
Maggio Musicale Fiorentino dedicò al
musicista e direttore d'orchestra - anche
senatore a vita per un breve periodo
prima della morte - , diremmo proprio di
sì. Perché il grande percorso fotografico
dentro gli aspetti più salienti dell'attività
musicale di Claudio Abbado ci dà
un'emozione che più «sonora» non si
potrebbe; e chi ha seguito questo
affabulatore della musica, e nella
fattispecie del fare musica insieme agli altri
(nel senso anche della costruzione
pedagogica di orchestre e ensemble in
svariati posti del mondo), non potrà che
assaporare gli attimi più entusiasmanti di
Abbado. E intanto, per premessa,
conviene scavare negli scritti di questo
libro per capire lo choc primigenio che
attirò il piccolo Claudio nell'orbita
musicale: «Avevo sette anni quando andai
per la prima volta al Teatro alla Scala di
Milano. Quando mi sono affacciato al
parapetto del loggione, che è la fila di
posti più vicina al soffitto, ho visto,
dall'alto, piccolissimi e lontani, tanti
musicisti come nel sogno, e un uomo che,
agitando il suo ditino, scatenava suoni
meravigliosi. Si trattava dei Notturni di
Debussy, un musicista che sembra quasi
dipingere luci e colori con la sua musica».
Era fatta, la musica si depositò nel suo
animo e non ne uscì più. E a scorrere
queste centinaia di foto, di autori diversi
tra di loro (Marco Caselli Nirmal, Silvia
Lelli e Roberto Masotti, Priska Ketterer,
Peter Fischli, Gianni Berengo Gardin,
Ferdinando Scianna, Mauro Vallinotto, tra
gli altri), che lo ritraggono nei momenti
più suggestivi (e gioiosi, perché questo è
ciò che trasmetteva Abbado in qualsiasi
teatro o piazza si trovasse a dirigere), si
resta soltanto estasiati dal suo talento e
dalla sua generosità.
L'omaggio in musica a Giuseppe Di
Vittorio è Non toglietevi il cappello!
(Edizioni Ediesse, pagine 68 + Cd, euro
10), un'azione scenico-musicale in un atto
di Ignazio Pepicelli. Si tratta di una sorta di
libretto d'opera accompagnato da
musiche e canti dei Jurnatér. Tra
monologhi e canzoni, naturalmente non
poteva mancare L'inno della Repubblica
scritto da Di Vittorio stesso e dal padre
di Matteo Salvatore insieme in galera nel
carcere di Lucera, è un tentativo di dare
al grande sindacalista il tributo che merita.
Una performance teatral-musicale che ci
restituisce il ritmo di un'epoca in cui il
lavoro e il corpo dei lavoratori era al
centro, è il caso di dire, della scena.
(8)
ALIAS
6 GIUGNO 2015
LE MACCHINE
le foto della festa del Corpus Domini
sono di Arpino Gerosolimo
TRADIZIONI  DOMENICA 7 GIUGNO CORPUS DOMINI
La sagra dei misteri
a Campobasso
tra sacro e profano
di ARPINO GEROSOLIMO
Nel giorno del Corpus Domini, nel capoluogo molisano si svolge una delle manifestazioni di religiosità popolare tra le più spettacolari d'Italia. Fascino e suggestione
per queste «macchine volanti» ideate dallo scultore campobassano
Paolo di Zinno intorno alla metà
del 1700. Si parla di Misteri per designare un apparato scenico e festivo; queste macchine detet anche
popolarmente 'ingegni', spesso venivano costruite come scenografia
all'interno dei luoghi sacri o nelle
vicinanze. Memoria e identità sono antropologicamente le caratteristiche di questa ritualità.
Queste antiche macchine scenografiche si rifanno storicamente ai
drammi sacri del tardo Medioevo.
Sono in tutto tredici e sono modellate da una lega in acciaio molto
elastica, tale da permettere ai 'figuranti' di muoversi. Questi quadri viventi o sacre rappresentazioni vengono portate a spalla da circa duecento uomini. Intorno all'anno
1200, soprattutto nell'Italia centrale, queste drammatizzazioni popolari descrivevano episodi delle Sacre Scritture. Una volta questi
drammi venivano esibiti all'interno delle chiese e solo in seguito ebbero un respiro più vasto.
C'è chi impersona degli angeli,
dei Santi e diavoli. All'epoca il potere della Chiesa cercò di intervenire
in tutti i modi per proiebire questa
usanza, infatti nel 1629, l'allora vescovo di Campobasso-Boiano lamentava che queste scene «muovevano il popolo più al riso che alla
devozione».
La Chiesa cercava di normalizzare queste devianze popolari e spesso, per mantenere un più tranquillo svolgere di tali manifestazioni e
normalizzare il tutto, si avvaleva
delle Confraternite religiose cittadine che tendevano a riportare la
normalità in nome della Chiesa.
Pertanto dal 1629 dei Misteri non
si parlerà più fino a quando non fu
dato l'incarico all'artista Paolo di
Zinno di ideare i suoi ingegni/misteri.
La spettacolarità di questo rito
campobassese sta nel fatto che
queste macchine viventi non sono
costituite da statue, ma i suoi personaggi sono bambini, donne e uomini. Lo scultore campobassano
su committenza delle tre Confraternite cittadine (Trinitari, Crociati e
Congrega di S. Antonio Abate) realizzò queste macchine volanti intorno ad un asse verticale che costituivano l'appoggio a diverse altezze, ai personaggi. La realizzazione
di questi 'ingegni' portò via molto
tempo all'epoca tra maestri artigiani del ferro e del legno. I Misteri
hanno uno sviluppo in altezza che
varia tra i 3 e i 4 metri e, issati sulle
spalle dei barellieri, sembrano ancora più in alto. All'epoca le macchine erano 18, ma nel terremoto
del 1805 ne furono distrutte alcune. Esse avanzato una dietro l'altra
con rapido movimento e accompagnate da musicanti.
L'intera struttura metallica è ricoperta da apparati festosi ed i personaggi aerei si rifanno a quelli della
metà del 1700. Il trasporto a spalla
è costituito da tre stanghe di legno.
Il movimento delle macchine durante il percorso cittadino ha un
andamento sussultorio ed il passo
dei portatori è cadenzato. Il numero dei portatori varia da 12 a 18 unità ed è guidato da un caposquadra
o detto volgarmente caporale, il
quale organizza l'andamento del
Mistero durante il percorso e batte
con una canna tre volte sulla piattaforma lignea per mettere ordine ai
portatori. Il percorso che fanno i
Misteri è di circa 10 chilometri e sono di proprietà del comune di
Campobasso e sottoposti a vincolo
da parte del Ministero dei beni culturali.
Storicamente si pensa che la Sagra dei Misteri sia ideata dal di Zinno, si svolse la prima volta tra il
1775 e il 1785. Nel Meridione le
Confraternite continuano a ricoprire un ruolo importante – ancora og-
KUBRICK GRANDE
INTELLETTUALE
La Chiesa lamentava che
queste scene «muovevano
il popolo più al riso che alla
devozione» e cercava di
normalizzare queste devianze
gi in Italia molte feste religiose sono gestite da esse -. Il loro ruolo
era il mezzo attraverso il quale si
esprimevano diversi interessi,
espressioni di vita attiva e la presenza o, meglio, il posto che si occupa nelle manifestazioni religiose
delle Confraternite indicava il peso
che si aveva nella vita locale.
Questa situazione si rispecchiava nelle realtà urbane e spesso tra
loro si fronteggiavano duramente
a tutti i livelli, tali da generare disordini, congiure ed assassinii, come
avvenne a Campobasso all'epoca.
Le lotte cruenti tra i Crociati e i Trinitari intorno alla metà del '500 nonostante alcune fasi di mediazione
generarono molti tumulti. Intorno
al 1600 ci furono altre pacificazioni
ed il prezzo della contesa era la partecipazione alle processioni del Venerdì Santo e Corpus Domini.
In quel periodo Campobasso diventa sempre più centro di lotta
contro gli abusi feudali. La situazione nel Settecento cambia e si normalizza: le Confraternite continuano ad essere attive in città, tanto
che esse partecipano alla elezione
di uomini che dirigono la municipalità. Proprio nel 1700 Campobasso viene elevata al rango di città,
concessa dal re Carlo III verso il
1775. Ed è proprio in questi anni
che Paolo Saverio di Zinno inventa
i suoi ingegni, che da allora figurano nella città nel giorno del Corpus
Domini. E nel 1700 la vita economica e culturale cambia e si hanno
nuove forme di potere, sia municipale che religioso. La Sagra dei Misteri a Campobasso continua ogni
anno a segnare il filo conduttore
tra memoria e modernità, tra passato e presente.
L’APPUNTAMENTO
I Misteri rappresentano scene dell'Antico e Nuovo Testamento.
Quelli che sfilano il giorno del Corpus Domini attualmente sono 13:
S. Isidoro, S. Crispino, S. Gennaro, Abramo, la Maddalena, S.
Antonio Abate, Immacolata Concezione, S. Leonardo, S. Rocco,
l'Assunta, S. Michele, S. Nicola, SS Cuore di Gesù. Nel 2006 a
Campobasso è sorto il Museo dei Misteri, fondato dall'associazione
Misteri e Tradizioni. Situato al centro della città ed espone le
strutture e i costumi che caratterizzano la manifestazione. La Sagra
dei Misteri è la festa più nota nella regione Molise, tra le più
spettacolari da vedere. Inizio processione ore 9.45 per le vie della
città e rientro alle 13.45. (a.g.)
Un’idea diffusa intorno agli artisti è che
non sanno quello che fanno. Idea falsa. È
vero però che esistono molti gradi di
consapevolezza del fare artistico. Il
minimo è condiviso dalla massa di
sedicenti artisti dei nostri tempi, presso i
quali - prendiamo ad esempio la
letteratura - il numero degli scrittori ha
superato quello dei lettori. Il massimo è
rappresentato, ad esempio nel cinema, da
Stanley Kubrick.
Vi farò tre regali: tre passaggi
dell’antologia-di-interviste-kubrickiane
Non ho risposte semplici, 2015. Ma prima
urgono due bacchettate.
La prima alla casa editrice, la minimum
fax, che sottotitola il libro «Il genio del
cinema si racconta». Il? Non bastava
scrivere Un? E Chaplin ed jzenštejne
Welles eccetera li abbiamo dimenticati?
La seconda va ad Emiliano Morreale,
che titola la sua Introduzione «L’ultimo
regista del cinema». Forse male
influenzato da L’ultimo imperatore? L’ultimo
samurai? L’ultimo bacio? L’ultimo lupo?
Veniamo a Kubrick grande intellettuale
(oltre che regista). Colin Young nel 1959
gli domanda: «erché, dopo Orizzonti di
gloria, vuole girare un altro film sulla
guerra?»
E Kubrick: «Tanto per cominciare, il
fascino di una storia di guerra è che
fornisce un’occasione quasi unica per
mettere in contrasto un individuo della
nostra società contemporanea con una
solida cornice di valori universalmente
accettati, di cui il pubblico diventa
profondamente consapevole, e che si può
usare come contrappunto per una
situazione umana, individuale, emotiva.
Inoltre, la guerra è una specie di vivaio che
favorisce la crescita rapida e forzata di
atteggiamenti e sensazioni. Gli
atteggiamenti si cristallizzano ed
emergono. Il conflitto è naturale, mentre
in una situazione meno critica dovrebbe
essere presentato quasi come un
espediente, e quindi sembrerebbe forzato,
o peggio ancora falso. jzenštejn,nei suoi
scritti teorici sulla struttura drammatica,
spesso pecca di semplicismo. I contrasti
bianco/nero di Aleksander Nevskij non si
adattano a qualsiasi opera. Invece la guerra
permette di sfruttare contrasti di quel
tipo, e in maniera spettacolare».
Eric Norden, nel 1968: «Qual è il
messaggio metafisico di 2001?»
Kubrick: «Non è un messaggio che
intendo esprimere a parole, né oggi né
mai. 2001 è un’esperienza non verbale.
Ho cercato di creare un’esperienza in
tutto e per tutto visiva, che oltrepassi le
categorizzazioni verbali e penetri
direttamente nel subconscio con un
contenuto e motivo e filosofico. Per
ribaltare la frase di McLuhan, in 2001 il
messaggio è il mezzo».
Ancora Norden: «Pensa che l’amore
romantico sarà fuori moda nel 2001?»
Kubrick: «Naturalmente la gente trova
sempre più facile avere relazioni intime e
soddisfacenti al di fuori del concetto di
amore romantico (che, nella sua forma
attuale, è un’acquisizione relativamente
recente, sviluppatasi nel XII secolo alla
corte di Eleonora d’Aquitania), ma non
sarà facile aggirare la nostra
programmazione emotiva primitiva.
L’uomo possiede essenzialmente lo stesso
insieme di istinti utili a rinsaldare la coppia
(l’amore, la gelosia, la possessività) che gli
sono stati impressi milioni di anni fa per la
sopravvivenza individuale e tribale».
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reportage da uno degli ultimi paesi africani a