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ibri del mese / segnalazioni
vano semplicemente proporsi come baluardo
contro la sinistra né tanto meno avrebbero
dovuto riaffermare le strutture economiche e
politiche liberali del paese, ma dovevano piuttosto essere il motore di una politica di riforma complessiva dello stato in ordine ai principi affermati nel nuovo testo costituzionale.
Le elezioni politiche del 18 aprile 1948 furono una prima importante occasione in cui la
rivista marcò con più decisione la distanza rispetto al governo, criticando il modo in cui
era stata gestita la campagna elettorale da
parte della DC e soprattutto da parte dei comitati civici di Luigi Gedda. Il coinvolgimento
dell’Azione cattolica e delle parrocchie nella
campagna elettorale dette spunto a un’attenta riflessione critica, proposta in particolare
da Lazzati, sulla distinzione tra «Azione cattolica e azione politica». Non era solo una questione di metodo, ma di più profonda comprensione dei rapporti tra la fede e la concreta azione politica.
Diversa era anche la concezione del partito cristiano nello stato: per De Gasperi esso
aveva soprattutto la funzione di raccolta del
consenso in funzione di una salda maggioranza parlamentare a sostegno dell’azione governativa, per Dossetti doveva invece costituire
l’elemento di mediazione attiva tra la società
e il Parlamento, sarebbe dovuto essere il laboratorio in cui elaborare effettivamente le linee
della politica governativa. Prevedeva per questo non tanto una divisione correntizia, ma
certo una dialettica anche vivace al suo interno tra le diverse posizioni. Questo tuttavia
contrastava con la parola d’ordine dell’unità
che interessava a De Gasperi e sulla quale
molto insistevano e premevano gli ambienti
vaticani.
Due furono gli ambiti in cui si espressero
in modo particolare le critiche della rivista nei
confronti della politica governativa. Il primo
era quello della politica estera filoatlantica del
ministro Sforza. Grave fu lo scontro al momento della decisione di aderire alla NATO,
scelta che secondo Dossetti rappresentava
non solo una subordinazione italiana alla logica della divisione bipolare della scena internazionale, ma anche una subordinazione alla politica di potenza degli USA. Si trattava inoltre
di un tributo pagato agli interessi di quei settori industriali che più avevano da guadagnare
nel clima di tensione della «guerra fredda».
Il secondo ambito era quello della politica
liberista promossa dal ministro Pella. Secondo
Cronache sociali il governo non avrebbe dovuto preoccuparsi solo di ricostruire le basi industriali e finanziarie del paese, agevolando gli
interessi di imprenditori e banche, ma avrebbe dovuto piuttosto partire dai bisogni e dalle «attese della povera gente» (come titolava
un celebre articolo di G. La Pira) attraverso misure keynesiane di espansione dei redditi e
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della domanda e attuando in generale un controllo più incisivo ed equo dello stato sull’economia.
Fu su questi temi che lo scontro all’interno della DC si fece progressivamente più
aspro, finendo per costituirsi come scontro
tra correnti diverse. La stessa rivista dossettiana divenne oggetto, in qualche caso, del confronto e dei compromessi possibili, finché fu
proprio Dossetti che nell’estate del 1951 ritenne opportuno recuperare per sé un ruolo diverso, non più direttamente politico, ma impegnato nella riflessione culturale sulle ragioni della crisi epocale che travagliava la civiltà
occidentale.
Cronache sociali, che già aveva avuto un
periodo d’interruzione delle pubblicazioni tra
il 1949 e il 1950, cessò le pubblicazioni poco
dopo gli incontri di Rossena, con un numero
che voleva essere un bilancio complessivo
dell’esperienza della rivista e della stagione
dell’impegno politico del gruppo dossettiano.
Di fatto questo impegno sarebbe continuato
da parte di alcuni dei protagonisti di prima,
ma senza quel collegamento organico rappresentato dalla rivista e senza la leadership di
Dossetti.
Giovanni Turbanti
PONTIFICIA
COMMISSIONE BIBLICA,
BIBBIA E MORALE.
Radici bibliche dell’agire cristiano,
Libreria editrice vaticana, Roma 2008,
pp. 240, € 6,00. 978882098068
S
i respira una sorprendente aria di libertà
e di profondità nel documento della
Pontificia commissione biblica Bibbia e
morale. Radici bibliche dell’agire umano.
Sorpresa che si aggiunge a sorpresa per il fatto che la comunicazione intraecclesiale lo ha
considerato in maniera inadeguata rispetto
alla portata delle considerazioni svolte. Pubblicato per la Pentecoste del 2008, a sei anni
dall’inizio dei lavori, è stato infatti circondato
da un certo silenzio informativo, non imputabile solo alla mole dello studio (si tratta infatti di un libretto di 240 pagine): nessun dibat-
tito pubblico, poche riprese significative,
scarse citazioni autorevoli.
È piuttosto raro trovare a livello di testi
ufficiali una presentazione della morale che
abbia un tale dinamismo interiore, un consapevole legame con l’evoluzione della storia,
una forza di riferimento ispirante ben oltre la
giustificazione di singole norme e indicazioni
pratiche.
A partire da un concetto chiave e nuovo
come quello di «morale rivelata». Un comportamento etico che parta dalla Scrittura
comporta infatti due condizioni di fondo.
Anzitutto affermare che «la morale, senza essere secondaria, è seconda. Ciò che è primo e
fondante è l’iniziativa di Dio, che noi esprimeremo teologicamente in termini di dono».
In secondo luogo, «la Legge stessa, parte integrante del processo dell’alleanza, è dono di
Dio. Essa non è in partenza una nozione giuridica, impostata su comportamenti e atteggiamenti, ma un concetto teologico, che la
Bibbia stessa rende al meglio col termine
“cammino”…: un cammino proposto» (n. 4).
Lo sviluppo del testo rende onore a simile premessa organizzando tutto in due parti.
La prima approfondisce ciò che viene a monte delle determinazioni morali e cioè la radice teologica da cui nascono le indicazioni etiche. Qui sono evidenziate cinque fondamentali iniziative di Dio, cinque doni che alimentano e giustificano la risposta positiva dell’uomo. Essi sono: la creazione (con le ricadute pratiche relative alla responsabilità, al rispetto, alla collaborazione con l’opera di Dio);
l’alleanza nell’Antico Testamento (da cui nascono i temi morali del rispetto del povero,
dello straniero e la connessione fra culto ed
etica); l’alleanza nuova in Gesù Cristo (con
l’affermazione dell’amore come principio primo teologico e principio primo etico); il perdono; la meta escatologica.
La seconda parte rintraccia i problemi
morali contemporanei e s’interroga sulla pertinenza o meno del riferimento alla Bibbia.
Nella sacra Scrittura non si trovano risposte
già confezionate. Ma in essa sono rintracciabili alcuni fondamentali e stimolanti criteri
d’elaborazione e di giudizio. Essi sono otto: la
conformità alla visione biblica dell’essere
umano; la conformità all’esempio di Gesù; la
convergenza dell’intera Scrittura su determinate indicazioni; la contrapposizione in essa
riscontrabile rispetto a comportamenti non
accetti a Dio e non conformi all’uomo; la progressione della consapevolezza; la dimensione comunitaria; la finalità; il discernimento.
Una lettura da consigliare a chi non si
adatta a fare della morale un magazzino di
norme e del comportamento un gesto servile e subalterno.
L. Pr.
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