Marco Tullio Cicerone
Marco Tullio Cicerone
Dopo il giudizio negativo del Momsen (“superficiale” “giornalista nel
senso peggiore del termine” “poco lungimirante” ,in Storia di Roma
antica, 1973)
La critica ha corretto il tiro
Oggi si tende ad individuare le complesse sfaccettature della sua
personalità intellettuale
Sebastiano Timpanaro: da homo novus vuole “portare energie fresche e
una maggiore onestà amministrativa a un regime che bisognava a tutti i
costi difendere” base di consenso alla classe dirigente. Per stabilire un
terreno di intesa fra la classe di governo e i settori della sociatà che la
sostengono
Esercizio da svolgere nel corso dell’U.D. su Cicerone
Mommsen:
“superficiale”
“giornalista nel senso
peggiore del termine”
“poco lungimirante”
“cangia bannera”
Oggi:
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Marco Tullio Cicerone nacque nel 106 a.C. ad Arpino , nei pressi dell' attuale
Frosinone , da agiata famiglia equestre ;
compì ottimi studi di retorica e di filosofia a Roma e iniziò a frequentare il foro sotto la
guida del grande oratore Lucio Licinio Crasso e dei due Scevola .
Strinse con Tito Pomponio Attico (detto Attico per i continui viaggi in Grecia) un'
amicizia destinata a durare per tutta la vita . Pubblicherà le opere di Cicerone e di altri
autori latini, un vero e proprio editore.
nell' 80 debuttò come avvocato con la Pro Se xto Roscio Armerino
( il suo assistito era stato accusato di parricidio ) , che lo mise in conflitto con
autorevoli esponenti del regime sillano .
Tra il 79 e il 77 si allontanò da Roma ( forse per paura di rappresaglie dopo il grande
successo della sua orazione a difesa di Roscio ) ed effettuò un lungo viaggio in Grecia e
in Asia dove studiò la filosofia e , sotto la guida di Molone di Rodi , la retorica .
Nel 69 fu edile , nel 66 pretore e diede il suo appoggio alla proposta di concedere a Pompeo poteri straordinari per la lotta contro il re del Ponto , Mi
Al ritorno sposò Terenzia , dalla quale nacquero Tullia ( che Cicerone appellò
affettuosamente " Tulliola " ) , nel 76 , e Marco , nel 65 .
Nel 75 fu questore di Sicilia . Corretto e puntiglioso
nel 70 sostenne trionfalmente l' accusa dei Siciliani contro l' ex governatore Verre ,
accusato di truffa e di empietà . Sette Verrine di cui furono pronunciate solo le prime 2
Nel 69 fu edile anche grazie all’appoggio di Pompeo
nel 66 pretore e diede il suo appoggio alla proposta di concedere a Pompeo poteri
straordinari per la lotta contro il re del Ponto , Mitridate , facendo così gli interessi
degli equites ( lui stesso era di famiglia equestre ) che venivano ostacolati nel loro
lavoro di esattori delle imposte da Mitridate " Pro lege Manlia " in favore della legge
proposta dal tribuno Manilio che prevedeva , come detto , la connessione a Pompeo di
poteri straordinari su tutto l' Oriente , e la " De imperio Gnaei Pompei "
Nel 63 fu eletto console e soffocò in modo duro la congiura di Catilina ,
4 Catilinarie , cariche di pathos , il suo capolavoro consolare
( Quo usque tandem abutere , Catilina , patientia nostra ? )
Nel 60 primo triunvirato, il suo astro iniziò a decadere
Nel 58, per l' accusa da parte del tribuno Clodio
di aver messo a morte senza processo i complici di Catilina,
dovette recarsi in esilio e la sua casa venne rasa al suolo .
Nel 57 viene richiamato a Roma , grazie anche a Milone, vi rientrò
trionfalmente Pro domo sua
Le orazioni
•
Gli esordi
Pro Sexto Roscio Armerino (80 a.C.)
•
l’occasione il kairòs :
Le Verrine 7 (70 a.C.)
•
Cicerone all’apice del successo:
Le Catilinarie 4 (63 a.C.)
•
Il ritorno trionfale dall’esilio:
Pro domo sua (57 a.C.)
•
A proposito di Clodia…
Pro Caelio (56 a.C.)
•
L’orazione perfetta mai pronunciata:
Pro Milone (52 a.C.)
•
Gli ultimi fuochi:
Le Filippiche 14 (44-43 a.C.)
Opere retoriche: il “De oratore” “Brutus” e l’”Orator”
•
•
•
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•
•
•
DE ORATORE (55 a.C.)
– DIALOGO in 3 libri : si immagina un dialogo fra amici nella villa di Tusculo di
Licinio Crasso (platonico o aristotelico?) . Fra gli altri, Marco Antonio
Crasso esprime le ragioni di Cicerone
Si delinea il perfetto oratore
Le parti della retorica: 1) Inventio 2) Dispositio 3) Memoria 4) Elocutio 5) Actio
BRUTUS (46 a.C.)
– DIALOGO: si immagina un dialogo fra Cicerone Attico Bruto
Si delinea una storia dell’eloquenza
ORATOR (46 a.C.)
-TRATTATO
Lo scopo dell’oratore:
1. Probare (stile umile)
2. Delectare (stile medio)
3. Movère flectere (stile alto)
Opere politiche (dal 55 al 51 a.C.)
•
DE REPUBLICA (54-51 a.C.)
– DIALOGO in 6 libri . Solo nel 1820 i primi libri furono trovati in un palinsesto da
A.Mai : si immagina un dialogo fra gli amici del Circolo degli Scipioni nella villa
di L.C.Scipione l'Emiliano. (G.Lelio, Furio Filo, Elio Tuberone etc) nostalgica
rievocazione del Circolo degli Scipioni.
Le costituzioni. L’anaciclosi (Polibio  Aristotele).
Giustificazione dell'imperialismo romano. Contro Carneade (155 a.C. non esiste un
fondamento naturale della giustizia). Eseste una giustizia valida per tutti che ha un
fondamento naturale e Roma ne è la portatrice.
Il Somnium Scipionis
•
DE LEGIBUS (52-51 a.C.)
– DIALOGO fra Cicerone Attico e Quinto
Esiste una giustizia naturale Leleggi romane esprimono il logos
Opere filosofiche (dal 45 al 44 a.C.)
•
1/2
Anni difficili. Cesare dittatore:
1) Cicerone estromesso dai giochi di potere
2) morte di Tullia
Vuole “continuare il suo impegno di riformatore della società” (E.Narducci)
attraverso la formazione filosofica della classe dirigente
Lavora alla definizione dell’ideale di humanitas
Sistemi filosofici di riferimento:
Stoicismo. Panezio di Rodi
Accademia platonica . Antioco di Ascalonica (mediazione fra platonismo stoicismo
aristotelismo)
Peripato aristotelico
Contro i filosofi greci che elaborano sistemi di pensieri sganciati dalla realtà che danno
alla sapientia un nomen invidiosum et obscurum. La filosofia è complementare non
sostitutiva del mos maiorum
Opere filosofiche (dal 45 al 44 a.C.)
•
DE FINIBUS
3 dialoghi in 3 diverse ambientazioni
cos’è il sommo bene? L’esercizio della virtus
•
TUSCULANAE DISPUTATIONES 1 dialogo
Temi: dolore tristezza morte passioni virtù
•
CATO MAIOR DE SENECTUTE
•
LAELIUS DE AMICITIA
•
•
DE OFFICIIS
Honestum e utile
2/2
le Epistulae
•
•
•
•
AD FAMILIARES
AD ATTICUM
AD QUINTUM
AD BRUTUM
•
•
ORATOR (46 a.C.)
-TRATTATO
Lo scopo dell’oratore:
1. Probare (stile umile)
2. Delectare (stile medio)
3. Movère flectere (stile alto)
Nella funzione persuasiva gioca una
ruolo predominante la componente
emotiva
Componente emotiva
Componente razionale
Actio prima in Verrem
L'occasione che era soprattutto desiderabile, o giudici, l'occasione che più d'ogni altra
serviva a placare l'ostilità verso la vostra classe e il discredito dell'amministrazione
giudiziaria sembra data e offerta a voi, in un momento critico per lo stato, non per
decisione umana ma quasi per volere divino. Già da tempo infatti è invalsa questa
opinione, dannosa per lo stato e pericolosa per voi, che si è diffusa per i discorsi di tutti
non solo fra il popolo romano ma anche fra le nazioni estere: con l'attuale
amministrazione della giustizia un uomo danaroso, colpevole quanto si voglia, non può in
nessun caso essere condannato.
Ora proprio al culmine della crisi per la vostra classe e per
la vostra amministrazione giudiziaria, mentre sono pronti coloro che si accingono ad
inasprire l'ostilità verso il Senato con adunanze del popolo e proposte di legge, è stato
posto a processo Gaio Verre, un uomo che secondo l'opinione generale è già condannato
posto a processo Gaio Verre, un uomo che secondo l'opinione generale è già condannato
per la sua vita e le sue azioni, ma secondo la sua personale fiducia e le sue pubbliche
osservazioni è assolto per la grande quantità del suo denaro. Io ho assunto questa causa,
giudici, con pieno consenso e vivissima attesa da parte del popolo romano, non per
accrescere l'ostilità verso una classe sociale ma per porre rimedio al discredito generale.
Infatti ho portato in tribunale un uomo che vi desse la possibilità di ristabilire
nell'amministrazione giudiziaria la stima perduta, di riconquistare il favore del popolo
romano, di dare soddisfazione alle nazioni straniere, un uomo che è stato dilapidatore del
denaro pubblico, persecutore dell'Asia e della Panfila, pirata della giustizia nelle cause fra
cittadini, rovina e flagello della provincia di Sicilia. Se voi lo giudicherete con imparzialità
e
scrupolo coscenzioso, resterà salda l'autorità che deve rimanere in vo; se invece le enormi
ricchezze di costui infrangeranno lo scrupolo coscenzioso e l'imparzialità dei processi, io
raggiungerò pur sempre questo scopo: risulterà che è venuto mancare un processo allo
stato piuttosto che un imputato ai giudici o un'accusatore all'imputato.
Giudici, quello che più c'era da augurarsi, e quello che solo era necessario a porre fine
all'odio verso la vostra classe (dei senatori, N.d.T.) ed al discredito dell'ordine giudiziario,
sembra vi sia stato dato, anzi, offerto da una mano non umana, ma quasi (direi) divina, in
un momento delicatissimo per il nostro Stato repubblicano. Infatti l'opinione, dannosa allo
Stato e pericolosa per voi, secondo la quale con l'attuale sistema giudiziario nessun uomo
ricco, sebbene colpevole, possa mai essere condannato, si è ormai diffusa ed alimentata per
comune diceria non solo fra noi ma anche nei paesi esteri
Ora, proprio in un momento così delicato per il vostro ordine, mentre sono in agguato quelli che con
comizi e proposte di legge fanno di tutto per infiammare l'odio verso di voi, avete di fronte come
imputato il reo Gaio Verre, uomo già condannato dall'opinione pubblica per la sua
condotta di vita e per le sue azioni, ma che, stando alle sue speranze e vanterie, è stato,
grazie alla sua enorme ricchezza, già assolto. Giudici, io a questo processo mi sono
presentato come accusatore col consenso unanime e con l'interesse del popolo romano,
non per accrescere l'odio verso l'ordine senatorio, ma per rimediare ad una vergogna
nazionale. Ho portato dinanzi a voi un uomo condannando il quale potreste ridare alla
giustizia la perduta stima, riconciliarvi col popolo romano, dare soddisfazione ai popoli
stranieri; un uomo che è stato il depredatore del pubblico erario, l’oppressore dell’Asia
Minore e della Panfilia, il violatore della giustizia romana, la peste e la rovina della
provincia siciliana. 3- Se voi lo giudicherete con rigore e secondo coscienza, quella autorità
che deve appartenervi vi resterà salda; se al contrario le sue ingenti ricchezze riusciranno a
vincere sul rispetto della legge e sull'imparzialità del giudizio, potrò ottenere almeno
questo, che sia chiaro a tutti che, più che l'accusato ai giudici o l'accusatore al colpevole, è
mancato piuttosto il tribunale allo Stato.
Il flectere e il movère in Cicerone:
Verrine, Actio secunda, V, 117 segg.
La prima Catilinaria (63 .C.)
Quo usque tandem abutere,
Catilina, patientia nostra?
quam diu etiam furor iste tuus
nos eludet? quem ad finem
sese effrenata iactabit audacia?
Nihilne te nocturnum
praesidium Palati, nihil urbis
vigiliae, nihil timor populi,
nihil concursus bonorum
omnium, nihil hic
munitissimus habendi senatus
locus, nihil horum ora
voltusque moverunt?
• furor effrenata audacia. Perché
questi termini?
•
Cicerone, venuto a conoscenza di un complotto per un attentato contro di
lui, aveva chiesto che il Palatino dov’era la sua dimora, venisse presidiato
•
Nihil…nihil…=……………?
Patere tua consilia non
sentis, constrictam iam
horum omnium scientia
teneri coniurationem
tuam non vides?
Quid proxima, quid
superiore nocte egeris, ubi
fueris, quos convocaveris,
quid consilii ceperis,
quem nostrum ignorare
arbitraris?
Concinnitas. Perchè?
Quid…quid…Che figura retorica?
+ Quos. Che figura retorica?
Costruzione: quem nostrum arbitraris ignorare quid etc….
O TEMPORA, O MORES!
Senatus haec intellegit. Consul videt;
hic tamen vivit. Vivit? immo vero
etiam in senatum venit, fit publici
consilii particeps, notat et designat
oculis ad caedem unum quemque
nostrum.
Nos autem, fortes viri, satis facere rei
publicae videmur, si istius furorem ac
tela vitamus.
Anadiplosi
Fortes viri antifrastico.
Che vuol dire?
Ad mortem te, Catilina,
duci ,iussu consulis, iam
pridem oportebat, in te
conferri pestem, quam tu in
nos omnes iam diu
machinaris.
Concinnitas
“schema a … farfalla”.
Perché?
An vero vir amplissumus, P.
Scipio, pontifex maximus,
Ti. Gracchum mediocriter
labefactantem statum rei
publicae privatus interfecit;
Catilinam, orbem terrae
caede atque incendiis
vastare cupientem, nos
consules perferemus?
Chiasmo. Perché?
Nam illa nimis antiqua
praetereo, quod C. Servilius
Ahala Sp. Maelium novis
rebus studentem manu sua
occidit. Fuit, fuit ista
quondam in hac re publica
virtus, ut viri fortes
acrioribus suppliciis civem
perniciosum quam
acerbissimum hostem
coercerent.
che figura retorica è?
Habemus senatus consultum
in te, Catilina, vehemens et
grave, non deest rei
publicae consilium neque
auctoritas huius ordinis; nos,
nos, dico aperte, consules
desumus!
che figura retorica è?
dal “Somnium Scipionis” (parr.13-16)
13. Ma perché tu, Africano, sia più sollecito
nel difendere lo Stato, tieni ben presente
quanto segue: per tutti gli uomini che
abbiano conservato gli ordinamenti della
patria, si siano adoperati per essa,
l'abbiano resa potente, è assicurato in cielo
un luogo ben definito, dove da beati
fruiscono di una vita sempiterna. A quel
sommo dio che regge tutto l'universo, nulla di
ciò che accade in terra è infatti più caro delle
unioni e aggregazioni di uomini, associate
sulla base del diritto, che vanno sotto il nome
di città: coloro che le reggono e ne
custodiscono gli ordinamenti partono da
questa zona del cielo e poi vi ritornano».14. A
questo punto io, anche se ero rimasto atterrito
non tanto dal timore della morte, quanto
dall'idea del tradimento dei miei, gli chiesi
tuttavia se fosse ancora in vita egli stesso e
mio padre Paolo e gli altri che noi riteniamo
estinti.
1/4
Cicerone cerca una conciliazione
fra il modello di vita contemplativo
e quello attivo
dal “Somnium Scipionis” (parr.13-16)
«Al contrario», disse, «sono costoro i vivi,
costoro che sono volati via dalle catene del
corpo come da una prigione, mentre la vostra,
che ha nome vita, è in realtà una morte. Non
scorgi tuo padre Paolo, che ti viene
incontro?». Non appena lo vidi, versai
davvero un fiume di lacrime, mentre egli,
abbracciandomi e baciandomi, cercava di
frenare il mio pianto.». 15. E io, non appena
riuscii a trattenere le lacrime e potei
riprendere a parlare: «Ti prego», dissi, «padre
mio santissimo e ottimo: se questa è la vera
vita, a quanto sento dire dall'Africano, come
mai indugio sulla terra? Perché non mi
affretto a raggiungervi qui?». «No», rispose.
«Se non ti avrà liberato dal carcere del
corpo quel dio cui appartiene tutto lo spazio
celeste che vedi, non può accadere che per te
sia praticabile l'accesso a questo luogo.
2/4
La pratica politica raccorda il mondo
delle idee platonico alla realtà
sensibile …
dal “Somnium Scipionis” (parr.13-16)
.
Gli uomini sono stati infatti generati
col seguente impegno, di custodire
quella sfera là, chiamata terra, che tu
scorgi al centro di questo spazio celeste;
a loro viene fornita l'anima dai fuochi
sempiterni cui voi date nome di
costellazioni e stelle, quei globi sferici
che, animati da menti divine, compiono
le loro circonvoluzioni e orbite con
velocità sorprendente. Anche tu, dunque,
Publio, come tutti gli uomini pii, devi
tenere l'anima sotto la sorveglianza del
corpo, né sei tenuto a migrare dalla vita
degli uomini senza il consenso del dio da
cui l'avete ricevuta, perché non sembri
che intendiate esimervi dal compito
umano assegnato dalla divinità.
3/4
dal “Somnium Scipionis” (parr.13-16)
Da qui, a me che contemplavo l'universo, tutto
pareva magnifico e meraviglioso. C'erano, tra
l'altro, stelle che non vediamo mai dalle nostre
regioni terrene; inoltre, le dimensioni di tutti i
corpi celesti erano maggiori di quanto avessimo
mai creduto; tra di essi, il più piccolo era l'astro
che, essendo il più lontano dalla volta celeste e
il più vicino alla terra, brillava di luce riflessa. I
volumi delle stelle, poi, superavano nettamente
le dimensioni della terra. Anzi, a dire il vero,
perfino la terra mi sembrò così piccola, che
provai vergogna del nostro dominio, con il
quale occupiamo, per così dire, solo un
punto del globo».
4/4
…con qualche difficoltà
SCUOLA ATTICISTA (IV sec.a.C.)
stile sobrio equilibrato (misurato uso di
figure retoriche
Lisia retorica giudiziaria
Isocrate epidittica
La morte di Cicerone in Plutarco , Livio
e nella versione di Fruttero e Lucentini:
MORTE DI CICERONE (Tito Livio, Ab urbe condita libri)
M. Cicero sub adventum triumvirorum urbe cesserat pro certo habens, id quod
erat, non magis se Antonio eripi quam Caesari Cassium et Brutum posse; primo in
Tusculanum fugerat; inde transversis itineribus in Formianum, a Caieta
navem conscensurus, proficiscitur. Unde aliquoties in altum
provectum, cum modo venti adversi retulissent, modo ipse iactationem navis
caeco volvente fluctu pati non posset, taedium tandem eum et fugae et vitae cepit,
regressusque ad superiorem villam, quae paulo plus mille passibus a mari abest,
"Moriar" inquit "in patria saepe servata". Satis constat servos fortiter fideliterque
paratos fuisse ad dimicandum; ipsum deponi lecticam et quietos pati, quod sors
iniqua cogeret,(1) iussisse. Prominenti ex lectica praebentique inmotam cervicem
caput praecisum est. Nec satis stolidae crudelitati militum fuit; manus quoque,
scripsisse in Antonium aliquid exprobrantes, praeciderunt. Ita relatum caput ad
Antonium iussuque eius inter duas manus in rostris positum.
_____________
1) Cogo aliquem ad aliquid /cogo aliquem + accusativo del neutro agg o pron
Plutarco, Le vite parallele, Cicerone
morte di Cicerone:
I primi due giorni Cesare si batté per Cicerone (così si racconta), ma al terzo mostrò segni di
cedimento e abbandonò l'oratore alla sua sorte. Ci fu un vero e proprio compromesso, così
articolato: Cesare dové sacrificare Cicerone, ma Lepido suo fratello Paullo, Antonio Lucio Cesare,
che era suo zio per parte di madre.
6. Così rabbia e furore li tennero lontani da ogni ragione umana: o meglio, dimostrarono come
nessuna bestia è più selvaggia dell'uomo quando a un'indole passionale si aggiunge il potere.
XLVII - 1. Mentre i tre prendevano accordi, Cicerone si trovava in compagnia del fratello nei suoi
possedimenti di TUSCOLO. Appena seppero dell'ondata di proscrizioni, decisero di trasferirsi ad
ASTURA, dove Cicerone aveva un suo podere sul mare: di là avrebbero navigato in Macedonia
per raggiungere Bruto. Da qualche tempo, infatti, correva voce che la posizione di questo fosse
divenuta autorevole.
2. Si fecero trasportare su lettighe, in preda alla disperazione più cupa: ogni tanto, fermandosi
lungo la strada, avvicinavano le portantine e si consolavano a vicenda.
3. il più angosciato era Quinto, perché non faceva che pensare alle mille difficoltà che avrebbero
incontrato: ripeteva che da casa sua non aveva portato nulla e anche Cicerone aveva scarse
provviste per il viaggio. Sarebbe stato meglio, quindi, che Cicerone continuasse a fuggire, mentre
lui sarebbe corso a casa a prendere il necessario per entrambi.
4. Così fu deciso: e i due, tra abbracci e lacrime, si separarono. Qualche giorno dopo, venduto dai
suoi servi agli uomini sulle sue tracce, Quinto fu ucciso con il figlio. Cicerone, nel frattempo,
giunse ad Astura dove, trovata un'imbarcazione, prese sùbito il largo e, approfittando di un vento
favorevole, navigò lungo la costa fino al Circeo.
5. I piloti volevano ripartire immediatamente; ma l'oratore, un po' per paura del mare, un po'
perché non aveva ancora perso del tutto la fiducia in Cesare, preferì sbarcare e percorrere a piedi
6. Ma ancora lo assalirono dubbi, perplessità e alla fine cambiò idea: scese di nuovo verso il mare, ad Astura. Là
trascorse la notte, assillato da incubi e orribili pensieri: arrivò persino a immaginare di introdursi di
nascosto in casa di Cesare e di togliersi la vita presso il focolare, in modo da eccitargli contro le furie
vendicatrici.
7. Ma il timore di incorrere nella tortura, in caso avesse fallito, lo fece desistere da questo proposito. Alla
fine, dopo aver fatto e disfatto con la mente un gran numero di progetti, uno più confuso dell'altro, ordinò ai
suoi servi di condurlo per mare A GAETA: là, infatti, possedeva un podere, ameno rifugio alla calura estiva,
quando con piacevolissima brezza soffiavano i venti etesi.
8. In quella località vi era anche un tempietto, alto sul mare, consacrato ad Apollo. Dal promontorio uno
stormo di corvi gracchianti si alzò in volo per dirigersi all'imbarcazione di Cicerone, che procedeva verso
terra a forza di remi. Gli uccelli si posarono su entrambi i lati dell'antenna e in parte si misero a
rumoreggiare, in parte spezzarono i capi delle corde. A tutti il presagio sembrò rivelarsi funesto.
9. Cicerone, comunque, sbarcò e, recatosi nella sua villa, si coricò per riposare. Ma i corvi si appollaiarono
qua e là sulla finestra in gran numero, con grande frastuono; uno di essi, poi, volò giù sul letto, afferrò col
becco la veste con cui Cicerone si era coperto il volto, e a poco a poco la sfilò via.
10. I servi, assistendo a uno spettacolo del genere, si rimproverarono di restare impotenti a guardare
l'assassinio del loro padrone, senza difenderlo, mentre persino una bestiola cercava di soccorrerlo,
prendendosi cura di lui, vittima di una sorte avversa: per questo, un po' con le preghiere, un po' con la forza,
lo sollevarono di peso e lo trasportarono in lettiga fino al mare.
XLVIII - 1. Nel frattempo, sopraggiunsero i sicari: Erennio, un centurione, e Popillio, tribuno militare che, a
suo tempo, Cicerone aveva difeso dall'accusa di parricidio. Con loro, un gruppetto di soldati.
2. Trovando le porte serrate, le abbatterono a spallate, ma dentro Cicerone non c'era e i servi di casa
ripetevano di non sapere dove fosse finito. Si racconta, però, che un giovinetto, a cui Cicerone aveva fatto
da maestro negli studi letterari e scientifici, che formano l'uomo di condizione libera, liberto del fratello
Quinto, di nome Filologo, rivelò al tribuno che l'oratore era diretto in lettiga verso il mare attraverso un
percorso ombreggiato, segnato da alberi.
•
3. Il tribuno, allora, presi con sé pochi uomini, fece di corsa il giro della casa, dirigendosi
verso l'uscita; Erennio, invece, si lanciò in gran fretta lungo i viali. Cicerone se ne accorse e
ordinò ai suoi servi di depositare la portantina a terra.
4. Con un gesto che era solito fare, appoggiò il mento sulla mano sinistra e fissò lo sguardo in
quello dei suoi assassini. I capelli erano sporchi e e arruffati, il volto segnato dalle
preoccupazioni di quei giorni: quasi tutti i presenti preferirono coprirsi gli occhi, quando
Erennio lo colpì a morte.
5. Fu ucciso mentre protendeva il collo dalla lettiga. Aveva sessantaquattro anni.
6. Per ordine di Antonio gli vennero tagliate la testa e anche le mani, perché con quelle aveva
scritto le Filippiche. Era questo il titolo scelto da Cicerone per le sue invettive contro Antonio
e ancora oggi l'opera si chiama così.
XLIX - 1. Quando il corpo scempiato di Cicerone venne portato a Roma, Antonio era
casualmente impegnato nell'elezione di alcuni magistrati. Appena ne ebbe notizia e vide con i
suoi occhi, levò un grido e disse che ora le proscrizioni erano finite davvero.
2. Comandò poi di porre testa e mani sopra i rostri che si trovano sulla tribuna degli oratori:
uno spettacolo raccapricciante per i Romani, i quali credettero di vedere in quei tratti non il
volto di Cicerone, ma l'immagine dell'animo di Antonio
.
La prima Catilinaria (63 .C.)
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