IL SANTO DEL MESE
Bollettino formativo/informativo
del movimento degli
UNIVERSITARI CATTOLICI dell’ATENEO LUCANO
Anno 11° - N° 5 (104) - Maggio 2012
Poste italiane – Sped. in A. P. – art. 2 c. 20/c Legge 662/96 – PZ
Direttore responsabile: Gerardo Messina
Per questo mese di maggio, tradizionalmente dedicato a Maria, scegliamo una santa che alla Madonna, Mediatrice di tutte le grazie, dà certo tanto
lavoro, perché è la santa dei casi impossibili:
SANTA RITA DA CASCIA.
Nata presumibilmente nel 1381 a Roccaporena, presso Cascia, da una
buona famiglia di credenti, mentre coltivava nel suo intimo l'idea di farsi suora, si trovò promessa sposa a un uomo conosciuto per il suo carattere rissoso e brutale. Un matrimonio precoce imposto dai genitori, che la rese madre di due gemelli, cui dedicò tutto il suo amore.
Dopo 18 anni, il marito fu assassinato in un agguato notturno e siccome i figli, ormai grandi, intendevano vendicarlo, pregò il Signore offrendo la loro vita, pur di non vederli macchiati di sangue. Essi
moriranno a meno di un anno dalla morte del padre …
Rimasta sola, sentì rifiorire il desiderio di seguire quella vocazione che da giovinetta aveva desiderato realizzare e, superate mille difficoltà, fu accolta nel monastero di Cascia, dove rimase 40
anni immersa nella preghiera. Il Venerdì santo del 1432, in uno slancio di amore, chiese a Gesù di
poter condividere almeno in parte le Sue sofferenze. Avvenne allora il prodigio: fu trafitta da una
delle spine della corona di Gesù, che la colpì alla fronte. Fu uno spasimo senza fine: portò in fronte
la piaga per 15 anni, come sigillo di amore. Circa 5 mesi prima della sua morte, in pieno inverno, a
una parente che le fece visita manifestò il desiderio di avere una rosa del suo orto. Tornata a Roccaporena, la parente trovò l’orto fiorito: colse una rosa e la portò all’ammalata. Così santa Rita divenne la “Santa della Spina” e la “Santa della Rosa”. Morì il 22 maggio 1457, mentre le campane della
chiesa suonavano da sole e un profumo soavissimo si spargeva nel convento. Memoria il 22 maggio.
FINE SETTIMANA IN SILA ?
Il Lago Cecìta e i Giganti della Sila ci aspettano, se
quest’anno riusciremo a combinare un week-end in Sila.
L’anno scorso dovemmo rinunciare per il cattivo
tempo, insorto all’improvviso.
Ora vogliamo ritentare per il 2 giugno, omaggio alla
Repubblica … Oppure cercheremo altra data comoda.
Per i particolari, contattatemi subito subito. Vogliamo farcela, questa volta!
Don Bruno
U.C.A.L. – UNIVERSITARI CATTOLICI dell’ATENEO LUCANO
Piazza Don Bosco 11 bis, 85100 Potenza
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EDITORIALE
Questo numero di QUI UCAL, se
vogliamo leggerne gli articoli con calma “meditativa”, potrà aiutarvi tutti,
cari amici, a vivere bene il Mese di
Maggio. E’ tanto caro a nonne e mamme, ma vogliamo celebrarlo con fede
anche noi …
Maggio. Il primo giorno dedicato
alla Festa del Lavoro, l’intero mese dedicato alla Madonna. Può sembrare che non ci
sia proporzione;
però, se ci pensiamo bene,il dialogo
dell’uomo
con Maria, Madre
del
Salvatore,
non si esaurisce
in una semplice
ricorrenza,
ma
dura sempre, coIl CORO UCAL vi attende alla Messa di
pre l’intero arco della Maggio in Cattedrale, che sarà celebrata
dal Vescovo Mons. Agostino Superbo
nostra vita. “Adesso e
nell’ora della nostra
morte”, ci fa dire
l’ Ave Maria.
“Adesso” è fuori del tempo e dunque
comprende anche il 1° maggio …
Chiediamo alla Madonna di illuminare mente e cuore dei nostri governanti in questo periodo tanto difficile,
perché essi sappiano produrre leggi
idonee a far sì che la Costituzione venga attuata e il lavoro non manchi mai a
nessun italiano. Ci sembra che questa
possa essere, per tutti noi, una buona
intenzione di preghiera!
Mercoledì 9
l’Arcivescovo Agostino, che tanto ci ama, presiederà la celebrazione della nostra
Messa mensile:
andremo da lui in
Cattedrale, come negli anni passati e sarà la
NOSTRA PASQUA.
Mobilitatevi per non mancare a
questo gioioso incontro, passate la voce agli amici, non venite da soli e –non
vi sembri strana questa raccomandazione- venite puntuali già da prima
delle 20.00 …
Con affetto. Assunta e don Bruno
METTI IN AGENDA
Mercoledì 9 - S. Messa UCAL
In Cattedrale con l’Arcivescovo
Mercoledì 16 - Incontro di
Cultura religiosa
AUGURI, SANTITA’ !
Il 16 aprile scorso Papa Benedetto XVI ha compiuto 85 anni. Gli siamo vicini
con l’affetto e la preghiera, facendo nostro l’augurio che gli ha rivolto dalle
pagine di Avvenire la scrittrice Rita Coruzzi, giovane tetraplegica.
“TENGA PER MANO NOI GIOVANI”
LA MIA RINASCITA DOPO LA DEPRESSIONE
Intervista di Angela Calvini a FLAVIO INSINNA
« Quando mio padre è morto sono rimasto settimane sdraiato per terra a guardare il soffitto, ero scarmigliato e ingrassato. Il dolore resta, ma la fede mi ha
aiutato». Flavio Insinna, nel maggio scorso, dopo la
perdita del padre Salvatore, aveva detto stop alla tv e al
cinema. «Ora non mi interessa, voglio solo dedicarmi
alla mia famiglia» aveva dichiarato. Nel frattempo, però,
ha scritto un libro, Neanche con un morso all’ orecchio, appena pubblicato da Mondadori, un omaggio al
genitore scomparso. E, a breve, tornerà su Canale 5
con un nuovo game show preserale. «Il libro non è stato una terapia, avevo un impegno precedente per
un’autobiografia – spiega l’attore – . Nei giorni in cui ho
scritto stavo peggio. Ma ora che la gente comincia a
leggerlo, mi accorgo che sono in tanti a provare le stesse cose ».
padre ho ereditato i silenzi e i momenti di isolamento. Il
rapporto con lui è stato molto conflittuale da ragazzo,
per fortuna da adulto ho saldato tutti conti, l’ho stritolato
in abbracci quotidiani. È vera la frase: «Goditi i genitori
finché ce li hai».
Difficile affrontare il dolore da personaggio pubblico.
Mentre mio padre moriva, in ospedale in molti mi
hanno chiesto autografi e foto. Al momento mi arrabbiavo, poi ho capito che anche loro erano lì perché avevano qualcuno che soffriva: un sorriso non si nega a nessuno. A volte, poi, il Padreterno ti fa venire incontro una
bambina, che ti mette le manine fra le tue come per
chiedere aiuto, mentre la madre in una stanza sta morendo di cancro. Momenti che non scorderò più.
Nel libro c’è un Insinna dietro la
'maschera': lei racconta gli ospedali,
la malattia, la morte.
Alla vigilia della sua festa, ricordo il momento in cui lei è entrato definitivamente
nel mio cuore, come un padre, durante la Giornata mondiale della Gioventù a Madrid.
Nella grande Messa conclusiva a Cuatro Vientos invitò noi giovani ad avere fiducia
in Dio, ad abbandonarci alla sua volontà; e lo fece con infinita dolcezza, entrando nelle
nostre anime in punta di piedi.
Questa delicatezza mi commosse, e per la prima volta la sentii veramente vicino
come un padre: non un padre severo, autoritario, bensì un padre buono, paziente, dolce, che consiglia, che aiuta, che ama. Un padre che non s’impone, ma cerca di aiutare i
figli a seguire la via del Signore. Le sue parole sono state per me dolci come una carezza
e forti come il vento.
Questa sua capacità di comunicare a noi giovani con dolcezza e nello stesso tempo
con fermezza, è un vero faro e un esempio cui tutti noi dovremmo attingere.
Con la sua intelligenza e sensibilità, continui a tenerci per mano e a condurci sui
sentieri che portano a Dio, accompagnandoci con l’autorevole delicatezza che la distingue.
Auguri, Santità, auguri di cuore!
“Mi trovo di fronte all’ultimo tratto della mia vita e non so cosa
mi aspetta. So, però, che la luce di Dio c’è, che Egli è risorto, che
la sua luce è più forte di ogni oscurità, che la bontà di Dio è più
forte di ogni male di questo mondo. E questo mi aiuta a procedere
con sicurezza!”
Il Papa, nell’omelia in occasione del suo 85° compleanno
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Suo padre era un medico. Che cosa le ha insegnato sulla malattia?
Lui si è occupato di tossicodipendenti, disabili e malati di mente. A
10 anni come regalo mi portò in Canada, perché era medico alle Paralolimpiadi. Quando arrivammo mi disse:
«Ecco, ora spingi quel signore sulla
sedia a rotelle. Così quando ti lamenti, ti ricordi di questo ragazzo che
nuota senza gambe». Spinsi quella
carrozzella per un mese, una grande
lezione. E poi lui diceva che funziona
la tachipirina, ma serve anche l’Ave
Maria.
È quello che ho vissuto. Non ha
importanza l’età, mio padre aveva 83
anni, per calcolare l’amore e il vuoto che
uno lascia. Lui ha cercato di fare di me
una persona e un cittadino onesto. Mi
manca la terra sotto i piedi, ma mi è rimasto il cielo sulla testa, che è mia mamma.
Ora il mio compito è quello di starle vicino, di convincerla che ci sia ancora un
motivo per vivere.
Lei crede nell’aldilà?
Di recente mi hanno proposto un
nuovo gioco su Canale 5, il primo pensiero è stato: «Devo chiedere il parere a papà». Ho una
sua bellissima foto in bianco e nero sempre con me, e
mezza chiacchieratina al giorno con lui me la faccio.
Sono certo che mi ascolti.
Davanti a una prova come la morte, la fede può vacillare.
Ho un rosario sempre in tasca, regalatomi da un
amico sacerdote. E sono riuscito a resistere. Ho cercato disperatamente di non sentirmi tradito, se no avrei
avuto la sensazione di avere perso una partita due volte. Se pensassi di essere tradito dalla mia luce più forte
che è la mia fede cattolica, sarei nel deserto. Nel Padre
Nostro diciamo «sia fatta la tua volontà»: e io mi piego,
sbando, però mi sforzo di restare appigliato con testardaggine.
Lei racconta anche del suo «male di vivere».
Il male di vivere lo provo sin da ragazzino, sono
diviso tra due anime. Da mia madre ho preso la parte
giocosa e divertente, la fede, la voglia di darsi. Da mio
Il matrimonio dei suoi genitori è
stato un esempio.
Sono stati insieme 51 anni. Non si può dire che
erano altri tempi, sono le persone che fanno i tempi.
Loro si sono spesi per noi, consumati. Ricordo la tonaca di don Bosco a Torino, quando giravo la fiction: era
lisa, sfondata, usata tutta per amore degli altri. I miei,
erano come quella tonaca.
E lei, che genitore sarebbe?
A mio figlio passerei quegli insegnamenti. E cercherei tutti i giorni di fargli capire che ci sono, che c’è
una famiglia che lo aiuterà.
Ora, finalmente, lei torna a lavorare. - Sto preparando per Canale 5 un nuovo gioco preserale, molto autoironico, Il braccio e la mente in onda o a fine aprile o a
tra qualche mese. La Corrida ? Ho un paio di idee per
rinnovarla, vedremo se passano. E poi, girerò una bellissima commedia sui sentimenti di Fausto Brizzi in due
puntate per Canale 5. L’importante, comunque, è fare
scelte oneste.
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Mafera: Nella mia prefazione ho desiderato ricordare San Giovanni Bosco di cui soMafera: Per esempio, nella famosa frase no stato allievo alle scuole elementari di Messipronunciata sotto la croce da Gesù rivolgendo- na negli anni sessanta. Ho tralasciato il
“sabato mariano” dedicato a lui, dove sono
si a Sua madre e all’apostolo Giovanni “Ecco
state sottolineate le innumerevoli volte in cui
tua madre, ecco tuo figlio”, Egli ci lascia una
Maria Ausiliatrice si è fatta presente nella vita
sorta di testamento. Nella sua lapidarietà ed
del santo per soccorrerlo nella realizzazione
essenzialità questa frase contiene delle verità
della sua attività salesiana a favore dei ragazche hanno un valore incommensurabile dal
punto di vista spirituale. Ecco, è un avverbio di zi. Una presenza concreta, efficace e risolutiva
tempo che ha una valenza storica straordinaria dei numerosi problemi a cui Don Bosco andava incontro. Ma soprattutto,
e c’è insito il concetto del
nella prefazione mi era a cuohic et nunc, del qui e ora.
re ricordare al lettore di queMa un qui e ora che ha delle
sto libro quel “nell’ora della
implicazioni che si estendonostra morte”. Infatti nella
no all’eternità. Il rapporto di
biografia del santo, curata anMaria con noi diventa così
che televisivamente qualche
eterno. La sua maternità
anno fa, si può constatare cosarà per sempre. Maria dime, nel momento del trapasventa madre di tutti : dei
so, Maria fosse presente, acsacerdoti, dei laici e anche
canto al letto del santo. Egli,
dei non cristiani.
con un filo di voce, diceva a
Don Rua suo successore, che
Ecco, a proposito della
Maria era lì in mezzo a lomaternità di Maria, cosa
ro. Ma don Rua non comprenpuò dire ai lettori di ZEdeva e diceva agli astanti
NIT?
“Maria
ci proteggerà e veglierà
Madonna di Fatima
dal cielo su di noi”. E don Bosco
Mafera: È proprio quedi rimando, sempre con un fil di
sto il fulcro del mio pensiero
mariologico. La maternità di Maria non si espli- voce, ripeteva “No,no Maria è proprio qui” e
così per due o tre volte. Alla fine morì con il
ca in un modo astratto, liturgico e relegato a
desiderio frustrato dal fraintendimento di coparticolari luoghi o tempi prestabiliti. La relamunicare la sua gioia : quella della presenza di
zione con Maria si estende in ogni piccolo e
Maria accanto a lui, nell’ora della sua morte.
grande aspetto della nostra vita quotidiana e
giunge fino alla fatidica “ora della nostra morForse, uno dei motivi per cui ho scritto
te” come, del resto si conclude la più celebre
questo
libro è anche dovuto all’ultima sofferenpreghiera mariana: l’Ave Maria.
za di Don Bosco: quella del fraintendimento, a
E proprio a proposito di questa ora, ci può cui ho cercato di rimediare forse perché
raccontare l’ultima di un grandissimo san- anch’io sono stato frainteso circa lo stesso arto che lei cita nella sua prefazione per
gomento.
suffragare la continua presenza di Maria
in mezzo a noi?
Si spieghi meglio.
Maria, donna accogliente
Allora Maria disse all'angelo: «Come avverrà questo, poiché io non conosco uomo?». L'angelo le rispose: «Lo Spirito Santo scenderà sopra di te e la potenza dell'Altissimo ti coprirà con la sua ombra; perciò
quello che nascerà sarà chiamato santo, Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, ha concepito anche
lei un figlio nella sua vecchiaia, e lei che era ritenuta sterile è già al sesto mese; nessuna cosa infatti è impossibile a Dio». Disse allora Maria: «Ecco la serva del Signore; si faccia di me come hai detto tu». E l'angelo
si allontanò da lei. (Lc 1,34-38)
Riflessione di don Tonino Bello
“Lo sappiamo, è la paura del nuovo a renderci spesso inospitali nei confronti del Signore che viene.
I cambiamenti ci danno fastidio. E siccome lui scombina sempre i nostri pensieri, mette in discussione i nostri programmi e manda in crisi le nostre certezze, ogni volta che sentiamo i suoi passi, evitiamo di incontrarlo.
Santa Maria, donna accogliente, aiutaci ad accogliere la Parola nell’intimo del cuore. A capire,
cioè, come hai saputo fare tu, le irruzioni di Dio nella nostra vita. Facci comprendere che Dio, se ci guasta i
progetti, non ci rovina la festa; se disturba i nostri sonni, non ci toglie la pace”.
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INNAMORARSI DI DIO CON IL PROPRIO CUORE DI UOMINI
Intervista rilasciata all’ “Eco di Bergamo” dal Prof. Piero Vavassori, ordinato
sacerdote un anno fa insieme con altri 34 fedeli dell’Opus Dei
“La medicina ancora oggi può fare poco sui
problemi davvero gravi. Un medico vero se ne
rende conto e sa quando il suo compito diventa
stare accanto, condividere, incoraggiare. Anche
un prete tocca con mano le miserie umane…”
ri in Bolivia, in Polonia, in tutto il mondo. L’idea
del sacerdozio non c’era proprio, però una vocazione l’avevo, a 23 anni sono entrato nell’Opus
Dei come numerario. I numerari sono coloro che
decidono di restare celibi per essere a disposizione dell’organizzazione».
Fra i ricordi di bambino c’è don Bepo Vavassori che finge che il cucù abbia portato le cara- Perché l’Opus Dei?
melle. C’è il Tilio, il giardiniere matto che al Pa«Mio padre ne faceva parte. La cosa non mi
tronato aveva trovato quiete e dignità. Ci sono le
strade e la parrocchia della Malpensata, tra la fer- aveva mai interessato, da studente frequentavo
San Giorgio. Poi, mentre studiavo a Roma, mi
rovia e i quartieri ancora operai.
sono avvicinato. Quando ne ho parlato con un gePiero Vavassori, pronipote del fondatore del suita mio amico, mi ha detto, "se è questo che
senti, devi seguire la tua strada". In realtà la mia
Patronato San Vincenzo, a 42 anni, lasciando il
lavoro di medico e docente universitario, è stato vita quotidiana non è poi cambiata, è cambiata la
ordinato sacerdote il 14 maggio 2011 a Roma nel- prospettiva. Avevo più di 35 anni quando ho capito che il sacerdozio mi interessava. A mio padre
la Basilica di Sant’Eugenio a Valle Giulia.
ho cominciato a dire che volevo lasciare la profesIl quotidiano bergamasco ha voluto intervi- sione medica...».
starlo per sentirne le prime impressioni.
Non sarà stato entusiasta...
Professor Vavassori, l’aspetta un bel cambia«No, infatti. Per due anni sono andato a dimento.
rigere una struttura dell’Opera a Perugia, giusto
per capire se resistevo lontano dalla ricerca. Poi
«Non così grande, è una storia lunga...».
sono tornato a Roma e ho affrontato gli studi di
teologia, il primo grado in Italia, laurea e dottoraProviamo dall’inizio.
to a Pamplona in Spagna. A novembre sono stato
«All’inizio c`è la mia famiglia, mia madre ordinato diacono e dopo l’ordinazione sacerdotale
Maliucci, mio padre Sandro, che per molti anni è resterò sei mesi in Spagna per imparare il mestiestato caporedattore a L`Eco di Bergamo, mia so- re del prete, poi in autunno rientrerò in Italia e mi
rella Maria. Sono andato alle elementari alla Mal- sarà affidata una comunità».
pensata e alle medie Mazzi. Ho frequentato il Liceo Lussana cercando di studiare il meno possibi- Che ricordi ha di don Bepo prete, che le possano
le. Una ragazza, amici, l’università. Lì ho comin- essere utili ora?
ciato a studiare davvero perché la medicina mi
«I miei ricordi arrivano fino ai miei sette
interessava».
anni, andavamo a trovarlo al Patronato e ci portaLa laurea, la specializzazione in gastroenterolo- va nel suo studio. Ricordo il suo modo di fare.
gia, il dottorato e poi la ricerca a Roma Tor Ver- Ricordo soprattutto l’atmosfera del Patronato,
quella capacità di accoglienza totale che ti faceva
gata.
sentire a posto, perché accettato com’eri. E per
com’eri, si trovava un posto per te, il posto giusto
«Per quindici anni ho fatto il mio lavoro,
divertendomi molto. D`estate prendevo i miei al- che ti rendeva utile. Questo è quello che ho respilievi e andavamo a lavorare come medici volonta- rato da piccolo, a parte poi la presenza del prozio
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nella storia e nelle storie della nostra famiglia, e
Dalla gastroenterologia a qui, pare proprio un
penso che questo mi sarà utile nel sacerdozio, per- bel cambiamento...
ché lavorerò a contatto con la gente: formazione,
direzione spirituale».
«Mah, io sono una persona pratica: la scelta
vera è stata a 23 anni, ho lasciato la mia ragazza e
preso una direzione precisa. Il resto, viene di conE dal lavoro di medico cosa si porta?
seguenza».
«Tener conto della persona intera, come facevano i vecchi medici prima della tecnologia. La A suo giudizio, qual è la priorità che mette in
medicina ancora oggi può fare poco sui problemi agenda, quello di cui questo momento storico ha
davvero gravi. Un medico vero se ne rende conto bisogno?
e sa quando il suo compito diventa stare accanto,
condividere, incoraggiare. Anche un prete tocca
«Come cristiani abbiamo bisogno di più forcon mano le miserie umane. Può essere rigido op- mazione ora, che in passato. In un mondo compure può dire: guardiamo in faccia la situazione,
plesso e che va spesso da tutt’altra parte, senza
così non va, ma si può ricominciare. La fede è co- idee chiare e cultura solida rischiamo di perdere il
minciare e ricominciare. L’obiettivo è diventare
senso di noi stessi”.
santi, cioè innamorarsi di Dio con il proprio cuore
di uomini».
QUANTI PANI HAI ?
A volte ci viene chiesto: Quanti anni hai? --- Quanti soldi hai? --- Quante macchine hai? -- Quanti problemi di lavoro hai? ---Quanti telefonini hai? --- Quanti giorni di ferie hai? --Quante rate del mutuo da pagare hai? --- Quanti anni di contributi hai? --- Quanto tempo libero hai?
Anche il Signore ci pone una domanda sull’avere, ma per portarci all’essere …
Il Signore ci interroga sull’essenziale, su “quanto” veramente ci permette di vivere, e ci
chiede: “quanti pani hai?” … e prima che gli rispondiamo in modo frettoloso, ci invita ad
“andare a vedere” … E ricordiamoci che il pane è fatto per essere mangiato: se non lo si usa,
diventerà duro o ammuffirà …
Così la nostra vita: è proprio come un pane!
Devo scoprire quanti e che pani ho, e poi non devo chiuderli in un cassetto, ma devo metterli sulla tavola del mondo perché il mondo possa essere sempre più come l’ha pensato il suo
Creatore: una tavola fraterna!
IL ROSARIO
E’ una pratica “che a Maria è specialmente cara perché ci conduce
direttamente a Gesù, contemplato nei suoi misteri di salvezza: gioiosi,
luminosi, dolorosi e gloriosi”.
E’ preghiera biblica, tutta intessuta di Sacra Scrittura. E’ preghiera del cuore, in cui la ripetizione dell’“Ave Maria” orienta il pensiero e
l’affetto verso Cristo, e quindi si fa supplica alla Madre sua e nostra”.
“E’ preghiera che aiuta a meditare la Parola di Dio e ad assimilare
la Comunione eucaristica, sul modello di Maria che custodiva nel suo cuore tutto ciò che Gesù faceva e diceva, e la sua stessa presenza”.
Benedetto XVI
4
CON MARIA OGNI GIORNO
Carlo Mafera parla della presenza reale della Madonna
suddetta contraddizione. Ecco cosa dice la professoressa Maria Marcellina Pedico, insegnante alla
Pontificia Facoltà teologica Marianum in un suo
intervento nella chiesa di S. Maria in via Lata, sede dei Sabati Mariani: “…Newman …. evita semNella seconda metà del XX secolo la secola- pre le esagerazioni non compatibili con la teologia
rizzazione ed anche certe correnti teologiche han- nella devozione mariana. Inoltre, egli pone una
no banalizzato la devozione mariana riducendo il solida base dogmatica per il culto della Beata Verruolo e il significato della Madre di Dio nel disegno gine. La dottrina mariana, egli afferma, come
conseguenza della dottrina dell’Incarnazione, è
della Salvezza.
attestata dall’antichità ed è un legittimo sviluppo
Ma nel primo decennio del terzo millennio i dell’insegnamento primitivo. Sant’Atanasio
gruppi di preghiera e la devozione mariana stan- († 373), il primo grande maestro dell’Incarnazione, ha il merito di aver posto delle solide fonno dando segni di grande crescita.
damenta per la devozione a Maria. È vero che
In questo contesto è interessante il libro di talvolta questa devozione può aprire la via ad eccessi, abusi o superstizioni; tuttavia, nonostante
Carlo Mafera “Maria è qui. Presente nella notutto, rimane dottrinalmente ben fondata.
stra vita. Per un autentica filialità mariana”
Screenpress), in cui si contempla la bellezza e la L’unione talmente intima di Maria al suo divin Figlio giustifica, secondo Newman, l’onore che la
presenza quotidiana di Maria
Chiesa cattolica le riconosce”.
Per approfondire un tema così attuale,
Come mai questo libro? Qual è
Maurizio Trifi ha intervistato
stata la motivazione profonda
Carlo Mafera per ZENIT.
che l’ha spinto a scriverlo?
Nel suo libro lei ha riportato il
Mafera: La sua domanda
pensiero mariologico del Carmi riempie di gioia perché posso
dinale Newman, beatificato
esprimere il mio pensiero mariarecentemente da Sua Santità
no più intimo. E cioè il desiderio
Benedetto XVI. Cosa può dirci
di mettere in evidenza la presenin merito?
za feriale di Maria nella nostra
Mafera: In Newman ancovita. Troppo spesso è stata mesra anglicano si dispiegano due
sa in luce la dimensione per così
atteggiamenti contraddittori nei
dire epifanica della Madonna cioè
confronti di Maria : Newman sinquella delle apparizioni. Dimentetizza il suo atteggiamento versione per altro importantissima.
so Maria: da una parte condanna
Ma è stata tralasciata, o per lo
le forme devote verso di lei,
meno non troppo valorizzata
dall’altra avverte una vera devoquella feriale.
zione. In questo atteggiamento
Quali sono, secondo lei, le imstrano e contraddittorio il suo
plicazioni che tale dimensione
spirito è attraversato da due corpuò
sviluppare concretamente
renti: una superficiale ed esterna,
Maria Ausiliatrice
nella vita quotidiana del fedele e
l’altra intima e profonda. Tale situain particolare del fedele mariano?
zione si spiega alla luce della vita e
dell’educazione religiosa e culturale di Newman.
Mafera: Io credo che la vita è fatta anche
Egli cresce nell’anglicanesimo e si forma nello
studio della sua teologia, che ha come punto fer- di percezioni. E forse sono quelle che, a volte,
determinano le scelte in un senso o in un altro.
mo l’incontro diretto e immediato con Dio.
Sono quelle che determinano anche la nostra felicità. Le percezioni non sono mere illusioni. Lo
Come risolve il Cardinal Newman questa
possono anche essere ma, in questo caso, sono
contraddizione?
sorrette anche e soprattutto da fondamenti teoloMafera: Newman approfondisce la dottrina gici di indubbia validità. La percezione di avere
cattolica soprattutto nel punto dedicato al tema
Maria sempre vicino a noi non è una pia illusione,
dell’incarnazione ed è proprio in questo approfon- ma è una verità teologica ormai acquisita da temdimento che egli trova le risposte per risolvere la po e sempre più rilanciata in questi ultimi anni.
Maria è il mistero più grande. L’Immacolata
Madre di Gesù è la più presente nell’intercedere
a favore dell’umanità sofferente. E’ colei che
‘appare’ per soccorrere l’umanità.
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“VADO AL MAX”
Il ragazzo che ha sconfitto il coma
« Nella mia vita ne ho viste tante, ma
una come questa devo dire mai». È nella
franca ammissione di Vito Romanazzi,
un’intera vita da neurochirurgo e rianimatore
al Fatebenefratelli di Milano, che si riassume
lo stupore di tutto il pubblico davanti al
«miracolo» Max Tresoldi. Accadeva al Teatro Don Bosco di Carugate, stracolmo per ascoltare la storia del ragazzo caduto in stato
vegetativo venti anni fa e risvegliatosi
all’improvviso dieci anni dopo, con un segno di
croce. «Noi neurologi lo avevamo accolto in
ospedale in condizioni spaventose e gli esami
rilevarono una verità sempre terribile da dire a
due genitori - ha confermato il suo collega
Paolo Cazzaniga - . Si trattava di uno stato
vegetativo che allora chiamavamo irreversibile. Oggi, davanti a lui, mi chiedo quanti non
hanno avuto la sua stessa fortuna e quindi li
abbiamo persi per strada».
l’editrice Ancora, e presentato davanti a centinaia di persone giunte da tutta Italia. Perché la
storia di Max, oltre ad essere un busillis che
stimola la scienza a studiare e interrogarsi
(«La nostra laurea a quel punto era da strappare e ricominciare da capo», hanno detto i
neurologi che diagnosticarono lo stato di
Max), è anche un esempio di fede e di coraggio per chiunque lo abbia incontrato.
«La sua vicenda è una provocazione per
tutti», ha commentato Fabio Pizzul, moderatore dell’incontro, prima di introdurre l’intervento di Mario Melazzini, il medico malato di
Sla: «Il paradosso della disabilità è che introduce nella nostra vita una felicità prima sconosciuta», ha testimoniato il medico-paziente,
invitando ad accogliere il titolo del libro come
motto per la vita: «Adesso tutti al Max!», disabili e sani. «Perché disabili potenziali siamo
tutti», ha sottolineato Margherita Coletta, vedova di Nasiriyah, che il dolore lo conosce beE la fortuna di Max era lì sul palco con
lui, si chiama Lucrezia, sua mamma, ed Erne- ne.
sto, suo padre, ma ha anche il nome dei suoi
due fratelli e soprattutto di una settantina di ex
Così come Carlo Castagna, che nella
ventenni come lui, amici dell’oratorio e del cal- strage di Erba ha perso la sua famiglia: «Amici
cio, che non sparirono nel nulla dopo il suo
come questo ragazzo e i suoi genitori ci ricorincidente d’auto, ma nei dieci anni del buio gli dano che Dio sa di cosa abbiamo bisogno per
rimasero accanto notte e giorno, facendogli
farcela prima ancora che glielo chiediamo».
fisioterapia, muovendolo, lavandolo, e ancor
più trattandolo esattamente come fosse
«È un libro che si legge in un fiato e
«normale ». «Lo portavamo allo stadio, al masconvolge per la potenza espressiva di questa
re, al cinema...», ha raccontato Claudio Scotti,
madre. Da tempo molte persone, giornalisti,
oggi presidente del Comitato Amici di Max,
lettori, gente che l’aveva vista in televisione,
«con lui siamo cresciuti dai venti, ai trenta fino
chiedevano che scrivesse questa storia, e inai quaranta anni, e il fatto che secondo la
fatti il libro, appena uscito, sta andando forte»,
scienza non c’era speranza non ci ha allontaha detto padre Gilberto Zini, direttore della
nati ».
casa editrice. C’è fame e sete di parole vere,
in un mondo spesso votato all’apparenza e
Non è una bella storia romanzata, è il
alla finzione, e a Carugate se ne sono sentite
risultato vero di ciò che la moderna scienza
tante. Anche e soprattutto nei gesti di Max,
neurologica chiama «effetto mamma», ovve- silenzioso ma esplicito, felice nel salutare il
ro della continua stimolazione che solo in casa «suo» pubblico con quel pollice alzato che sipropria le persone come Max ricevono. E oggi gnifica «sono felice».
è anche un libro, « E adesso vado al Max!»,
Da Avvenire - 25 marzo
scritto dalla mamma Lucrezia Tresoldi per
8
LA FORZA DELLA CONFESSIONE
Dopo la Pasqua, alcune riflessioni sulla Confessione tratte dagli insegnamenti del
cardinale Angelo Comastri, arciprete della Basilica di San Pietro
«Per molti la confessione è antipatica perché non ne hanno capito tutta la bellezza e la preziosità. Va innanzitutto detto che Gesù ci ha regalato il sacramento della confessione il giorno di Pasqua, per dirci che la confessione è un dono, non un
peso. Non è una limitazione della libertà, ma un
aiuto alla libertà, è ritrovare la libertà.
(… ricorda Padre Damiano a Molokai e il suo desiderio di confessarsi)
La confessione è una occasione per avere l’abbraccio di Dio
e si può desiderare di più di un
abbraccio di Dio?
(Gesù perdona la peccatrice)
nare la storia degli uomini, perché la storia degli
uomini è malata, infetta, sbandata e Cristo è venuto
a rimettere dentro la storia un atto di amore infinito, perché la risanasse e la contagiasse di amore e
di perdono. Ma Cristo non ha voluto far tutto da
solo, perché chi ama non occupa tutti gli spazi.
Cristo ha voluto dei collaboratori, ha voluto accanto a sé degli apostoli, quindi dei vescovi, dei sacerdoti, perché continuassero la sua opera, perché allargassero gli spazi del perdono, perché rendessero visibile il perdono.
Del resto, chi non ha bisogno di un
abbraccio quando ha sbagliato?
(La morte di Gesù porta il perdono)
«Il primo frutto della confessione è
la pace.
(… ricorda lo scrittore Chesterton
che desiderava diventare cattolico
per confessarsi)
«La confessione è il punto
di arrivo di un cammino. È il punto di arrivo di un dinamismo di
ritorno. Bisogna prendere coscienza che il peccato ci ha fatto del
male, il peccato ci ha ferito; perché il peccato è male perché fa
male e fa male all’uomo, gli toglie
la gioia e la pace, gli toglie il senso della sua esistenza. Se viene percepito questo, allora inizia tutto
un cammino di ritorno come il figliol prodigo.
(… ricorda il figliol prodigo che fa un viaggio di
ritorno)
«Ogni peccatore deve arrivare alla confessione con questo viaggio di ritorno, con questo cuore in cammino, per ritornare ad abbracciare il Padre; perché se non si desidera l’abbraccio del Padre, non si può capire neanche il senso della confessione. E confessare i peccati è l’ultimo atto, perché la cosa più importante è il pentimento, è sentire
la sofferenza di aver sbagliato, di aver offeso un
Padre, di aver offeso Colui che ci ama immensamente. Qui è il punto di partenza della confessione:
se non si parte da qui la confessione non ha senso.
(Il Papa invita a confessarsi)
«Il Cristianesimo si distingue da tutte le altre religioni, perché crede che Dio è intervenuto ed
interviene dentro la storia. E questo intervento di
Dio dentro la storia è Gesù Cristo, venuto per risa5
«Una grande serenità interiore, perché quando si riceve il perdono si
sente un risanamento interiore e
quando il perdono viene da Dio, veramente risana
le ferite e restituisce una pace che nessun altro può
dare.
(… ricorda l’incontro con un detenuto “assassino”
che cercava il perdono e poi si è convertito… “non
mi basterà una vita… soprattutto per dire
grazie per quello che ho ricevuto!”)
LAUREE
Luca BOLOGNESE - Economia
sanitaria magistrale - a Roma)
Fabiana LUCIA - Economia Aziendale (triennale)
Alessandra NELLA - Psicologia dello
sviluppo e dell’ educazione (magistrale
a Torino) - 110 e lode
Simona PARIGI - Musica e spettacolo
(magistrale - a Roma) 110 e lode
ABORTO DOPO LA NASCITA?
L’INACCETTABILE TESI DI DUE RICERCATORI
Aborto post-natale: perché un bambino
dovrebbe vivere? è il titolo dell’articolo di due
ricercatori italiani, Alberto Giubilini e Francesca Minerva, pubblicato anticipatamente online il 23 febbraio 2012 dalla rivista Journal of
Medical Ethics (1).
G
l’uccisione di innocenti!
Nel testo si possono riconoscere due
tipi di “aborto post-natale”. Un tipo riguarda
infermità del neonato che, se diagnosticate in
gravidanza, ne avrebbero consentito l’interruzione. Questo tipo di “aborto post-natale” dovrebbe riguardare soprattutto neonati.
li Autori rilevano che condizioni che
consentono in determinati casi un’interruzione
a viene ipotizzato pure un “aborto
di gravidanza a volte compaiono solo dopo il
post-natale” che potrebbe avvenire anche in
parto, e sostengono che “quando dopo la na- età molto più avanzata. Il diritto alla vita, inscita si verificano le stesse circostanze che
fatti, dovrebbe essere riconosciuto solo a
giustificano l'aborto prima della nascita, do“persone”, e l’essere
vrebbe essere consentito
umano diventerebbe
Tema impegnativo, che
quello che noi chiamiamo
persona solo a un certo
richiede una lettura attenta e
aborto post-natale”. E progrado del proprio svimeditata.
prio perché si tratterebbe in
luppo, cioè dopo aver
L’argomento
non
può
essere
un certo qual modo del proacquisito la capacità di
accantonato
come
privo
di
lungamento dell’indicazione
attribuire alla propria
interesse
…
per l’aborto ben oltre la naesistenza qualche valoDella vita, si tratta!
scita, gli Autori parlano di
re fondamentale. Fino a
aborto post-natale piuttosto
tale momento sarebbe
che non di infanticidio, anche se ammettono
solo potenzialmente una persona, e, non ache si tratta di un uso improprio del termine. vendo ancora un progetto di vita, non subiGli Autori non vedono ragioni di carattere eti- rebbe danno dall’essere privato della propria
co per non estendere l’indicazione per l’aborto esistenza: “Nonostante sia difficile determinaanche al neonato o all’infante, anzi ritengono re esattamente quando un soggetto inizia o
di poter formulare argomenti razionali a favo- cessa di essere una “persona”, la condizione
re del diritto all’infanticidio.
necessaria perché un soggetto abbia il diritto
P
rima di tutto, il solo fatto di essere un
uomo non sarebbe di per sé una ragione sufficiente per godere del diritto alla vita. Il caso
degli embrioni soprannumerari là dove è consentita la ricerca sulle cellule staminali, quello
degli embrioni là dove l’aborto è legalizzato e
quello di criminali là dove la pena capitale è
legale, mostrano che vi sono dei precedenti di
legalizzazione dell’eliminazione di un essere
umano.
M
a X è che sia danneggiato dalla decisione di
privarlo di X”.
Gli Autori fanno un esempio molto
chiaro: “Se tu chiedessi a uno di noi se saremmo stati danneggiati nel caso i nostri genitori avessero deciso di ucciderci quando eravamo feti o neonati, la nostra risposta sarebbe ‘no’, perché avrebbero danneggiato qualcuno che non esiste (quel ‘noi’ cui hai posto la
domanda), cioè nessuno. E se nessuno è stato
danneggiato, allora non vi è stato danno”.
sorprendente che il diritto all’ infan- L’infante non avrebbe diritto alla vita, in queticidio venga giustificato eticamente riferendo- sto né più né meno dell’embrione o del feto,
la sua capacità di soffrire e di provare piacere
si a pratiche, che, anche se sono legali in alcomporterebbe però il diritto a non soffrire,
cuni paesi, non sono indiscusse dal punto di
vista etico. Stupisce in modo particolare che
dal che si potrebbe arguire il solo diritto a una
gli Autori, ambedue membri del comitato dimorte indolore.
rettivo di un’associazione italiana di bioetica,
la Consulta di Bioetica, considerino la pratica
l neonato non ha ancora un progetto
della pena di morte come un argomento razio- per la propria vita, ma può rappresentare una
nale per giustificare eticamente anche
minaccia per i progetti dei genitori, di fratelli e
È
I
6
sorelle, e in generale della società. Motivi sociali mondo» (2).
ed economici sarebbero di per sé sufficienti per
lla fine della seconda guerra mondiale e
un “aborto post-natale” anche di un bambino
perfettamente sano.
dopo i crimini del nazionalsocialismo, compiuti
anche applicando leggi dello stato, sembrava
li Autori pongono delle riserve nei con- necessario difendere ciascun uomo da possibili
prevaricazioni formulando alcuni principi fondafronti dell’adozione, anche se ammettono che
mentali. Viene riconosciuto che ciascun indiviogni caso dovrebbe essere esaminato individuo umano possiede una propria dignità ed è
dualmente. In caso di adozione la madre poportatore di diritti in quanto essere umano e
trebbe avere ripensamenti, prendere in considerazione la possibilità del ricongiungimento, e membro della famiglia umana. Dignità e diritti
quindi essere tormentata dal dilemma se accet- non gli vengono concessi da chicchessia e, per
tare la decisione presa o intraprendere dei passi questo, dignità e diritti sono inalienabili.
A
G
per riavere il bambino. L’infanticidio, invece, è
irreversibile e il lutto conseguente potrebbe essere più sopportabile dei conflitti interiori in caso d’adozione.
Tesi come quelle esposte da Giubilini e
Minerva stravolgono i principi del Patto internazionale sui diritti civili e politici dell’ONU: sostituiscono all’inalienabilità dei diritti la discrezioli Autori non pretendono di stabilire con nalità di genitori, di familiari, della società e di
tecnici.
precisione a quale età il
bambino diventerebbe
concerta poi il
persona, poiché ciò dipenderebbe dal livello di
fatto che la concezione
sviluppo mentale ragdell’uomo come persona,
giunto, e sarebbero quinche dovrebbe servire a
di neurologi e psicologi a
sottolinearne la dignità
doverlo stabilire. Si tratindipendentemente da
terebbe comunque di
condizioni di sorta, venga
un’età piuttosto avanzaal contrario utilizzata per
ta, che va ben oltre la
discriminare esseri umani
fase neonatale.
e per privarli dei diritti
fondamentali.
G
S
A
i genitori dovrebbe essere riconosciuto
il diritto all’uccisione del neonato e addirittura
del bambino, nei casi in cui il neurologo o lo
psicologo ritengano che non abbia ancora raggiunto uno sviluppo tale da considerarlo persona. Questo significa che la vita di un essere umano, che fa parte a pieno titolo del consorzio
umano, che, per esempio, è registrato e considerato come un cittadino dal suo comune di residenza, e quindi dalla società civile, dovrebbe
essere in balia della volontà dei genitori e del
giudizio di neurologi e psicologi che lo giudicano
sulla base di definizioni di persona più o meno
arbitrarie.
S
u un punto si può concordare con gli
Autori: i limiti temporali posti all’interruzione di
gravidanza sono arbitrari, non esiste, infatti, un
salto qualitativo nello stato ontologico
dell’individuo umano dopo il suo concepimento.
Ci si può augurare che la riflessione su questo
punto possa aiutare a riconsiderare la questione
dell’aborto, facendolo apparire come un preinfanticidio.
Gli Autori dell’articolo hanno ricevuto mi-
nacce di morte. Pur non condividendone le tesi
si deve manifestare la propria solidarietà per
tali minacce. È intollerabile che qualcuno prel proposito è necessario ricordare il pre- tenda di ergersi a difensore della vita, minacambolo del Patto internazionale sui diritti civili e ciando altri di morte.
politici dell’ONU: «Gli Stati parti del presente
Patto, considerato che, in conformità ai princi- 1) Alberto Giubilini, Francesca Minerva, After-birth abortion:
why should the baby live?, J Med Ethics (2012).
pi enunciati nello Statuto delle Nazioni Unite, il 2) ONU Patto Internazionale sui diritti civili e politici
riconoscimento della dignità inerente a tutti i
Ermanno Pavesi — Segretario Generale “Federation
membri della famiglia umana e dei loro diritti,
Internationale des Associations de Medecin catholiuguali e inalienabili, costituisce il fondamento
ques” (FIAMC)
della libertà, della giustizia e della pace nel
A
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Qui U.C.A.L. - Maggio 2012