IL SANTO DEL MESE Bollettino formativo/informativo del movimento degli UNIVERSITARI CATTOLICI dell’ATENEO LUCANO Anno 11° - N° 5 (104) - Maggio 2012 Poste italiane – Sped. in A. P. – art. 2 c. 20/c Legge 662/96 – PZ Direttore responsabile: Gerardo Messina Per questo mese di maggio, tradizionalmente dedicato a Maria, scegliamo una santa che alla Madonna, Mediatrice di tutte le grazie, dà certo tanto lavoro, perché è la santa dei casi impossibili: SANTA RITA DA CASCIA. Nata presumibilmente nel 1381 a Roccaporena, presso Cascia, da una buona famiglia di credenti, mentre coltivava nel suo intimo l'idea di farsi suora, si trovò promessa sposa a un uomo conosciuto per il suo carattere rissoso e brutale. Un matrimonio precoce imposto dai genitori, che la rese madre di due gemelli, cui dedicò tutto il suo amore. Dopo 18 anni, il marito fu assassinato in un agguato notturno e siccome i figli, ormai grandi, intendevano vendicarlo, pregò il Signore offrendo la loro vita, pur di non vederli macchiati di sangue. Essi moriranno a meno di un anno dalla morte del padre … Rimasta sola, sentì rifiorire il desiderio di seguire quella vocazione che da giovinetta aveva desiderato realizzare e, superate mille difficoltà, fu accolta nel monastero di Cascia, dove rimase 40 anni immersa nella preghiera. Il Venerdì santo del 1432, in uno slancio di amore, chiese a Gesù di poter condividere almeno in parte le Sue sofferenze. Avvenne allora il prodigio: fu trafitta da una delle spine della corona di Gesù, che la colpì alla fronte. Fu uno spasimo senza fine: portò in fronte la piaga per 15 anni, come sigillo di amore. Circa 5 mesi prima della sua morte, in pieno inverno, a una parente che le fece visita manifestò il desiderio di avere una rosa del suo orto. Tornata a Roccaporena, la parente trovò l’orto fiorito: colse una rosa e la portò all’ammalata. Così santa Rita divenne la “Santa della Spina” e la “Santa della Rosa”. Morì il 22 maggio 1457, mentre le campane della chiesa suonavano da sole e un profumo soavissimo si spargeva nel convento. Memoria il 22 maggio. FINE SETTIMANA IN SILA ? Il Lago Cecìta e i Giganti della Sila ci aspettano, se quest’anno riusciremo a combinare un week-end in Sila. L’anno scorso dovemmo rinunciare per il cattivo tempo, insorto all’improvviso. Ora vogliamo ritentare per il 2 giugno, omaggio alla Repubblica … Oppure cercheremo altra data comoda. Per i particolari, contattatemi subito subito. Vogliamo farcela, questa volta! Don Bruno U.C.A.L. – UNIVERSITARI CATTOLICI dell’ATENEO LUCANO Piazza Don Bosco 11 bis, 85100 Potenza Tel. 0971 442709 - 0971 469064 - Cell. 347.8700228 - Fax 0971 445233 e-mail: [email protected] - www.ucalpz.org- facebook: ucalpz EDITORIALE Questo numero di QUI UCAL, se vogliamo leggerne gli articoli con calma “meditativa”, potrà aiutarvi tutti, cari amici, a vivere bene il Mese di Maggio. E’ tanto caro a nonne e mamme, ma vogliamo celebrarlo con fede anche noi … Maggio. Il primo giorno dedicato alla Festa del Lavoro, l’intero mese dedicato alla Madonna. Può sembrare che non ci sia proporzione; però, se ci pensiamo bene,il dialogo dell’uomo con Maria, Madre del Salvatore, non si esaurisce in una semplice ricorrenza, ma dura sempre, coIl CORO UCAL vi attende alla Messa di pre l’intero arco della Maggio in Cattedrale, che sarà celebrata dal Vescovo Mons. Agostino Superbo nostra vita. “Adesso e nell’ora della nostra morte”, ci fa dire l’ Ave Maria. “Adesso” è fuori del tempo e dunque comprende anche il 1° maggio … Chiediamo alla Madonna di illuminare mente e cuore dei nostri governanti in questo periodo tanto difficile, perché essi sappiano produrre leggi idonee a far sì che la Costituzione venga attuata e il lavoro non manchi mai a nessun italiano. Ci sembra che questa possa essere, per tutti noi, una buona intenzione di preghiera! Mercoledì 9 l’Arcivescovo Agostino, che tanto ci ama, presiederà la celebrazione della nostra Messa mensile: andremo da lui in Cattedrale, come negli anni passati e sarà la NOSTRA PASQUA. Mobilitatevi per non mancare a questo gioioso incontro, passate la voce agli amici, non venite da soli e –non vi sembri strana questa raccomandazione- venite puntuali già da prima delle 20.00 … Con affetto. Assunta e don Bruno METTI IN AGENDA Mercoledì 9 - S. Messa UCAL In Cattedrale con l’Arcivescovo Mercoledì 16 - Incontro di Cultura religiosa AUGURI, SANTITA’ ! Il 16 aprile scorso Papa Benedetto XVI ha compiuto 85 anni. Gli siamo vicini con l’affetto e la preghiera, facendo nostro l’augurio che gli ha rivolto dalle pagine di Avvenire la scrittrice Rita Coruzzi, giovane tetraplegica. “TENGA PER MANO NOI GIOVANI” LA MIA RINASCITA DOPO LA DEPRESSIONE Intervista di Angela Calvini a FLAVIO INSINNA « Quando mio padre è morto sono rimasto settimane sdraiato per terra a guardare il soffitto, ero scarmigliato e ingrassato. Il dolore resta, ma la fede mi ha aiutato». Flavio Insinna, nel maggio scorso, dopo la perdita del padre Salvatore, aveva detto stop alla tv e al cinema. «Ora non mi interessa, voglio solo dedicarmi alla mia famiglia» aveva dichiarato. Nel frattempo, però, ha scritto un libro, Neanche con un morso all’ orecchio, appena pubblicato da Mondadori, un omaggio al genitore scomparso. E, a breve, tornerà su Canale 5 con un nuovo game show preserale. «Il libro non è stato una terapia, avevo un impegno precedente per un’autobiografia – spiega l’attore – . Nei giorni in cui ho scritto stavo peggio. Ma ora che la gente comincia a leggerlo, mi accorgo che sono in tanti a provare le stesse cose ». padre ho ereditato i silenzi e i momenti di isolamento. Il rapporto con lui è stato molto conflittuale da ragazzo, per fortuna da adulto ho saldato tutti conti, l’ho stritolato in abbracci quotidiani. È vera la frase: «Goditi i genitori finché ce li hai». Difficile affrontare il dolore da personaggio pubblico. Mentre mio padre moriva, in ospedale in molti mi hanno chiesto autografi e foto. Al momento mi arrabbiavo, poi ho capito che anche loro erano lì perché avevano qualcuno che soffriva: un sorriso non si nega a nessuno. A volte, poi, il Padreterno ti fa venire incontro una bambina, che ti mette le manine fra le tue come per chiedere aiuto, mentre la madre in una stanza sta morendo di cancro. Momenti che non scorderò più. Nel libro c’è un Insinna dietro la 'maschera': lei racconta gli ospedali, la malattia, la morte. Alla vigilia della sua festa, ricordo il momento in cui lei è entrato definitivamente nel mio cuore, come un padre, durante la Giornata mondiale della Gioventù a Madrid. Nella grande Messa conclusiva a Cuatro Vientos invitò noi giovani ad avere fiducia in Dio, ad abbandonarci alla sua volontà; e lo fece con infinita dolcezza, entrando nelle nostre anime in punta di piedi. Questa delicatezza mi commosse, e per la prima volta la sentii veramente vicino come un padre: non un padre severo, autoritario, bensì un padre buono, paziente, dolce, che consiglia, che aiuta, che ama. Un padre che non s’impone, ma cerca di aiutare i figli a seguire la via del Signore. Le sue parole sono state per me dolci come una carezza e forti come il vento. Questa sua capacità di comunicare a noi giovani con dolcezza e nello stesso tempo con fermezza, è un vero faro e un esempio cui tutti noi dovremmo attingere. Con la sua intelligenza e sensibilità, continui a tenerci per mano e a condurci sui sentieri che portano a Dio, accompagnandoci con l’autorevole delicatezza che la distingue. Auguri, Santità, auguri di cuore! “Mi trovo di fronte all’ultimo tratto della mia vita e non so cosa mi aspetta. So, però, che la luce di Dio c’è, che Egli è risorto, che la sua luce è più forte di ogni oscurità, che la bontà di Dio è più forte di ogni male di questo mondo. E questo mi aiuta a procedere con sicurezza!” Il Papa, nell’omelia in occasione del suo 85° compleanno 2 Suo padre era un medico. Che cosa le ha insegnato sulla malattia? Lui si è occupato di tossicodipendenti, disabili e malati di mente. A 10 anni come regalo mi portò in Canada, perché era medico alle Paralolimpiadi. Quando arrivammo mi disse: «Ecco, ora spingi quel signore sulla sedia a rotelle. Così quando ti lamenti, ti ricordi di questo ragazzo che nuota senza gambe». Spinsi quella carrozzella per un mese, una grande lezione. E poi lui diceva che funziona la tachipirina, ma serve anche l’Ave Maria. È quello che ho vissuto. Non ha importanza l’età, mio padre aveva 83 anni, per calcolare l’amore e il vuoto che uno lascia. Lui ha cercato di fare di me una persona e un cittadino onesto. Mi manca la terra sotto i piedi, ma mi è rimasto il cielo sulla testa, che è mia mamma. Ora il mio compito è quello di starle vicino, di convincerla che ci sia ancora un motivo per vivere. Lei crede nell’aldilà? Di recente mi hanno proposto un nuovo gioco su Canale 5, il primo pensiero è stato: «Devo chiedere il parere a papà». Ho una sua bellissima foto in bianco e nero sempre con me, e mezza chiacchieratina al giorno con lui me la faccio. Sono certo che mi ascolti. Davanti a una prova come la morte, la fede può vacillare. Ho un rosario sempre in tasca, regalatomi da un amico sacerdote. E sono riuscito a resistere. Ho cercato disperatamente di non sentirmi tradito, se no avrei avuto la sensazione di avere perso una partita due volte. Se pensassi di essere tradito dalla mia luce più forte che è la mia fede cattolica, sarei nel deserto. Nel Padre Nostro diciamo «sia fatta la tua volontà»: e io mi piego, sbando, però mi sforzo di restare appigliato con testardaggine. Lei racconta anche del suo «male di vivere». Il male di vivere lo provo sin da ragazzino, sono diviso tra due anime. Da mia madre ho preso la parte giocosa e divertente, la fede, la voglia di darsi. Da mio Il matrimonio dei suoi genitori è stato un esempio. Sono stati insieme 51 anni. Non si può dire che erano altri tempi, sono le persone che fanno i tempi. Loro si sono spesi per noi, consumati. Ricordo la tonaca di don Bosco a Torino, quando giravo la fiction: era lisa, sfondata, usata tutta per amore degli altri. I miei, erano come quella tonaca. E lei, che genitore sarebbe? A mio figlio passerei quegli insegnamenti. E cercherei tutti i giorni di fargli capire che ci sono, che c’è una famiglia che lo aiuterà. Ora, finalmente, lei torna a lavorare. - Sto preparando per Canale 5 un nuovo gioco preserale, molto autoironico, Il braccio e la mente in onda o a fine aprile o a tra qualche mese. La Corrida ? Ho un paio di idee per rinnovarla, vedremo se passano. E poi, girerò una bellissima commedia sui sentimenti di Fausto Brizzi in due puntate per Canale 5. L’importante, comunque, è fare scelte oneste. 11 Mafera: Nella mia prefazione ho desiderato ricordare San Giovanni Bosco di cui soMafera: Per esempio, nella famosa frase no stato allievo alle scuole elementari di Messipronunciata sotto la croce da Gesù rivolgendo- na negli anni sessanta. Ho tralasciato il “sabato mariano” dedicato a lui, dove sono si a Sua madre e all’apostolo Giovanni “Ecco state sottolineate le innumerevoli volte in cui tua madre, ecco tuo figlio”, Egli ci lascia una Maria Ausiliatrice si è fatta presente nella vita sorta di testamento. Nella sua lapidarietà ed del santo per soccorrerlo nella realizzazione essenzialità questa frase contiene delle verità della sua attività salesiana a favore dei ragazche hanno un valore incommensurabile dal punto di vista spirituale. Ecco, è un avverbio di zi. Una presenza concreta, efficace e risolutiva tempo che ha una valenza storica straordinaria dei numerosi problemi a cui Don Bosco andava incontro. Ma soprattutto, e c’è insito il concetto del nella prefazione mi era a cuohic et nunc, del qui e ora. re ricordare al lettore di queMa un qui e ora che ha delle sto libro quel “nell’ora della implicazioni che si estendonostra morte”. Infatti nella no all’eternità. Il rapporto di biografia del santo, curata anMaria con noi diventa così che televisivamente qualche eterno. La sua maternità anno fa, si può constatare cosarà per sempre. Maria dime, nel momento del trapasventa madre di tutti : dei so, Maria fosse presente, acsacerdoti, dei laici e anche canto al letto del santo. Egli, dei non cristiani. con un filo di voce, diceva a Don Rua suo successore, che Ecco, a proposito della Maria era lì in mezzo a lomaternità di Maria, cosa ro. Ma don Rua non comprenpuò dire ai lettori di ZEdeva e diceva agli astanti NIT? “Maria ci proteggerà e veglierà Madonna di Fatima dal cielo su di noi”. E don Bosco Mafera: È proprio quedi rimando, sempre con un fil di sto il fulcro del mio pensiero mariologico. La maternità di Maria non si espli- voce, ripeteva “No,no Maria è proprio qui” e così per due o tre volte. Alla fine morì con il ca in un modo astratto, liturgico e relegato a desiderio frustrato dal fraintendimento di coparticolari luoghi o tempi prestabiliti. La relamunicare la sua gioia : quella della presenza di zione con Maria si estende in ogni piccolo e Maria accanto a lui, nell’ora della sua morte. grande aspetto della nostra vita quotidiana e giunge fino alla fatidica “ora della nostra morForse, uno dei motivi per cui ho scritto te” come, del resto si conclude la più celebre questo libro è anche dovuto all’ultima sofferenpreghiera mariana: l’Ave Maria. za di Don Bosco: quella del fraintendimento, a E proprio a proposito di questa ora, ci può cui ho cercato di rimediare forse perché raccontare l’ultima di un grandissimo san- anch’io sono stato frainteso circa lo stesso arto che lei cita nella sua prefazione per gomento. suffragare la continua presenza di Maria in mezzo a noi? Si spieghi meglio. Maria, donna accogliente Allora Maria disse all'angelo: «Come avverrà questo, poiché io non conosco uomo?». L'angelo le rispose: «Lo Spirito Santo scenderà sopra di te e la potenza dell'Altissimo ti coprirà con la sua ombra; perciò quello che nascerà sarà chiamato santo, Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, ha concepito anche lei un figlio nella sua vecchiaia, e lei che era ritenuta sterile è già al sesto mese; nessuna cosa infatti è impossibile a Dio». Disse allora Maria: «Ecco la serva del Signore; si faccia di me come hai detto tu». E l'angelo si allontanò da lei. (Lc 1,34-38) Riflessione di don Tonino Bello “Lo sappiamo, è la paura del nuovo a renderci spesso inospitali nei confronti del Signore che viene. I cambiamenti ci danno fastidio. E siccome lui scombina sempre i nostri pensieri, mette in discussione i nostri programmi e manda in crisi le nostre certezze, ogni volta che sentiamo i suoi passi, evitiamo di incontrarlo. Santa Maria, donna accogliente, aiutaci ad accogliere la Parola nell’intimo del cuore. A capire, cioè, come hai saputo fare tu, le irruzioni di Dio nella nostra vita. Facci comprendere che Dio, se ci guasta i progetti, non ci rovina la festa; se disturba i nostri sonni, non ci toglie la pace”. 10 INNAMORARSI DI DIO CON IL PROPRIO CUORE DI UOMINI Intervista rilasciata all’ “Eco di Bergamo” dal Prof. Piero Vavassori, ordinato sacerdote un anno fa insieme con altri 34 fedeli dell’Opus Dei “La medicina ancora oggi può fare poco sui problemi davvero gravi. Un medico vero se ne rende conto e sa quando il suo compito diventa stare accanto, condividere, incoraggiare. Anche un prete tocca con mano le miserie umane…” ri in Bolivia, in Polonia, in tutto il mondo. L’idea del sacerdozio non c’era proprio, però una vocazione l’avevo, a 23 anni sono entrato nell’Opus Dei come numerario. I numerari sono coloro che decidono di restare celibi per essere a disposizione dell’organizzazione». Fra i ricordi di bambino c’è don Bepo Vavassori che finge che il cucù abbia portato le cara- Perché l’Opus Dei? melle. C’è il Tilio, il giardiniere matto che al Pa«Mio padre ne faceva parte. La cosa non mi tronato aveva trovato quiete e dignità. Ci sono le strade e la parrocchia della Malpensata, tra la fer- aveva mai interessato, da studente frequentavo San Giorgio. Poi, mentre studiavo a Roma, mi rovia e i quartieri ancora operai. sono avvicinato. Quando ne ho parlato con un gePiero Vavassori, pronipote del fondatore del suita mio amico, mi ha detto, "se è questo che senti, devi seguire la tua strada". In realtà la mia Patronato San Vincenzo, a 42 anni, lasciando il lavoro di medico e docente universitario, è stato vita quotidiana non è poi cambiata, è cambiata la ordinato sacerdote il 14 maggio 2011 a Roma nel- prospettiva. Avevo più di 35 anni quando ho capito che il sacerdozio mi interessava. A mio padre la Basilica di Sant’Eugenio a Valle Giulia. ho cominciato a dire che volevo lasciare la profesIl quotidiano bergamasco ha voluto intervi- sione medica...». starlo per sentirne le prime impressioni. Non sarà stato entusiasta... Professor Vavassori, l’aspetta un bel cambia«No, infatti. Per due anni sono andato a dimento. rigere una struttura dell’Opera a Perugia, giusto per capire se resistevo lontano dalla ricerca. Poi «Non così grande, è una storia lunga...». sono tornato a Roma e ho affrontato gli studi di teologia, il primo grado in Italia, laurea e dottoraProviamo dall’inizio. to a Pamplona in Spagna. A novembre sono stato «All’inizio c`è la mia famiglia, mia madre ordinato diacono e dopo l’ordinazione sacerdotale Maliucci, mio padre Sandro, che per molti anni è resterò sei mesi in Spagna per imparare il mestiestato caporedattore a L`Eco di Bergamo, mia so- re del prete, poi in autunno rientrerò in Italia e mi rella Maria. Sono andato alle elementari alla Mal- sarà affidata una comunità». pensata e alle medie Mazzi. Ho frequentato il Liceo Lussana cercando di studiare il meno possibi- Che ricordi ha di don Bepo prete, che le possano le. Una ragazza, amici, l’università. Lì ho comin- essere utili ora? ciato a studiare davvero perché la medicina mi «I miei ricordi arrivano fino ai miei sette interessava». anni, andavamo a trovarlo al Patronato e ci portaLa laurea, la specializzazione in gastroenterolo- va nel suo studio. Ricordo il suo modo di fare. gia, il dottorato e poi la ricerca a Roma Tor Ver- Ricordo soprattutto l’atmosfera del Patronato, quella capacità di accoglienza totale che ti faceva gata. sentire a posto, perché accettato com’eri. E per com’eri, si trovava un posto per te, il posto giusto «Per quindici anni ho fatto il mio lavoro, divertendomi molto. D`estate prendevo i miei al- che ti rendeva utile. Questo è quello che ho respilievi e andavamo a lavorare come medici volonta- rato da piccolo, a parte poi la presenza del prozio 3 nella storia e nelle storie della nostra famiglia, e Dalla gastroenterologia a qui, pare proprio un penso che questo mi sarà utile nel sacerdozio, per- bel cambiamento... ché lavorerò a contatto con la gente: formazione, direzione spirituale». «Mah, io sono una persona pratica: la scelta vera è stata a 23 anni, ho lasciato la mia ragazza e preso una direzione precisa. Il resto, viene di conE dal lavoro di medico cosa si porta? seguenza». «Tener conto della persona intera, come facevano i vecchi medici prima della tecnologia. La A suo giudizio, qual è la priorità che mette in medicina ancora oggi può fare poco sui problemi agenda, quello di cui questo momento storico ha davvero gravi. Un medico vero se ne rende conto bisogno? e sa quando il suo compito diventa stare accanto, condividere, incoraggiare. Anche un prete tocca «Come cristiani abbiamo bisogno di più forcon mano le miserie umane. Può essere rigido op- mazione ora, che in passato. In un mondo compure può dire: guardiamo in faccia la situazione, plesso e che va spesso da tutt’altra parte, senza così non va, ma si può ricominciare. La fede è co- idee chiare e cultura solida rischiamo di perdere il minciare e ricominciare. L’obiettivo è diventare senso di noi stessi”. santi, cioè innamorarsi di Dio con il proprio cuore di uomini». QUANTI PANI HAI ? A volte ci viene chiesto: Quanti anni hai? --- Quanti soldi hai? --- Quante macchine hai? -- Quanti problemi di lavoro hai? ---Quanti telefonini hai? --- Quanti giorni di ferie hai? --Quante rate del mutuo da pagare hai? --- Quanti anni di contributi hai? --- Quanto tempo libero hai? Anche il Signore ci pone una domanda sull’avere, ma per portarci all’essere … Il Signore ci interroga sull’essenziale, su “quanto” veramente ci permette di vivere, e ci chiede: “quanti pani hai?” … e prima che gli rispondiamo in modo frettoloso, ci invita ad “andare a vedere” … E ricordiamoci che il pane è fatto per essere mangiato: se non lo si usa, diventerà duro o ammuffirà … Così la nostra vita: è proprio come un pane! Devo scoprire quanti e che pani ho, e poi non devo chiuderli in un cassetto, ma devo metterli sulla tavola del mondo perché il mondo possa essere sempre più come l’ha pensato il suo Creatore: una tavola fraterna! IL ROSARIO E’ una pratica “che a Maria è specialmente cara perché ci conduce direttamente a Gesù, contemplato nei suoi misteri di salvezza: gioiosi, luminosi, dolorosi e gloriosi”. E’ preghiera biblica, tutta intessuta di Sacra Scrittura. E’ preghiera del cuore, in cui la ripetizione dell’“Ave Maria” orienta il pensiero e l’affetto verso Cristo, e quindi si fa supplica alla Madre sua e nostra”. “E’ preghiera che aiuta a meditare la Parola di Dio e ad assimilare la Comunione eucaristica, sul modello di Maria che custodiva nel suo cuore tutto ciò che Gesù faceva e diceva, e la sua stessa presenza”. Benedetto XVI 4 CON MARIA OGNI GIORNO Carlo Mafera parla della presenza reale della Madonna suddetta contraddizione. Ecco cosa dice la professoressa Maria Marcellina Pedico, insegnante alla Pontificia Facoltà teologica Marianum in un suo intervento nella chiesa di S. Maria in via Lata, sede dei Sabati Mariani: “…Newman …. evita semNella seconda metà del XX secolo la secola- pre le esagerazioni non compatibili con la teologia rizzazione ed anche certe correnti teologiche han- nella devozione mariana. Inoltre, egli pone una no banalizzato la devozione mariana riducendo il solida base dogmatica per il culto della Beata Verruolo e il significato della Madre di Dio nel disegno gine. La dottrina mariana, egli afferma, come conseguenza della dottrina dell’Incarnazione, è della Salvezza. attestata dall’antichità ed è un legittimo sviluppo Ma nel primo decennio del terzo millennio i dell’insegnamento primitivo. Sant’Atanasio gruppi di preghiera e la devozione mariana stan- († 373), il primo grande maestro dell’Incarnazione, ha il merito di aver posto delle solide fonno dando segni di grande crescita. damenta per la devozione a Maria. È vero che In questo contesto è interessante il libro di talvolta questa devozione può aprire la via ad eccessi, abusi o superstizioni; tuttavia, nonostante Carlo Mafera “Maria è qui. Presente nella notutto, rimane dottrinalmente ben fondata. stra vita. Per un autentica filialità mariana” Screenpress), in cui si contempla la bellezza e la L’unione talmente intima di Maria al suo divin Figlio giustifica, secondo Newman, l’onore che la presenza quotidiana di Maria Chiesa cattolica le riconosce”. Per approfondire un tema così attuale, Come mai questo libro? Qual è Maurizio Trifi ha intervistato stata la motivazione profonda Carlo Mafera per ZENIT. che l’ha spinto a scriverlo? Nel suo libro lei ha riportato il Mafera: La sua domanda pensiero mariologico del Carmi riempie di gioia perché posso dinale Newman, beatificato esprimere il mio pensiero mariarecentemente da Sua Santità no più intimo. E cioè il desiderio Benedetto XVI. Cosa può dirci di mettere in evidenza la presenin merito? za feriale di Maria nella nostra Mafera: In Newman ancovita. Troppo spesso è stata mesra anglicano si dispiegano due sa in luce la dimensione per così atteggiamenti contraddittori nei dire epifanica della Madonna cioè confronti di Maria : Newman sinquella delle apparizioni. Dimentetizza il suo atteggiamento versione per altro importantissima. so Maria: da una parte condanna Ma è stata tralasciata, o per lo le forme devote verso di lei, meno non troppo valorizzata dall’altra avverte una vera devoquella feriale. zione. In questo atteggiamento Quali sono, secondo lei, le imstrano e contraddittorio il suo plicazioni che tale dimensione spirito è attraversato da due corpuò sviluppare concretamente renti: una superficiale ed esterna, Maria Ausiliatrice nella vita quotidiana del fedele e l’altra intima e profonda. Tale situain particolare del fedele mariano? zione si spiega alla luce della vita e dell’educazione religiosa e culturale di Newman. Mafera: Io credo che la vita è fatta anche Egli cresce nell’anglicanesimo e si forma nello studio della sua teologia, che ha come punto fer- di percezioni. E forse sono quelle che, a volte, determinano le scelte in un senso o in un altro. mo l’incontro diretto e immediato con Dio. Sono quelle che determinano anche la nostra felicità. Le percezioni non sono mere illusioni. Lo Come risolve il Cardinal Newman questa possono anche essere ma, in questo caso, sono contraddizione? sorrette anche e soprattutto da fondamenti teoloMafera: Newman approfondisce la dottrina gici di indubbia validità. La percezione di avere cattolica soprattutto nel punto dedicato al tema Maria sempre vicino a noi non è una pia illusione, dell’incarnazione ed è proprio in questo approfon- ma è una verità teologica ormai acquisita da temdimento che egli trova le risposte per risolvere la po e sempre più rilanciata in questi ultimi anni. Maria è il mistero più grande. L’Immacolata Madre di Gesù è la più presente nell’intercedere a favore dell’umanità sofferente. E’ colei che ‘appare’ per soccorrere l’umanità. 9 “VADO AL MAX” Il ragazzo che ha sconfitto il coma « Nella mia vita ne ho viste tante, ma una come questa devo dire mai». È nella franca ammissione di Vito Romanazzi, un’intera vita da neurochirurgo e rianimatore al Fatebenefratelli di Milano, che si riassume lo stupore di tutto il pubblico davanti al «miracolo» Max Tresoldi. Accadeva al Teatro Don Bosco di Carugate, stracolmo per ascoltare la storia del ragazzo caduto in stato vegetativo venti anni fa e risvegliatosi all’improvviso dieci anni dopo, con un segno di croce. «Noi neurologi lo avevamo accolto in ospedale in condizioni spaventose e gli esami rilevarono una verità sempre terribile da dire a due genitori - ha confermato il suo collega Paolo Cazzaniga - . Si trattava di uno stato vegetativo che allora chiamavamo irreversibile. Oggi, davanti a lui, mi chiedo quanti non hanno avuto la sua stessa fortuna e quindi li abbiamo persi per strada». l’editrice Ancora, e presentato davanti a centinaia di persone giunte da tutta Italia. Perché la storia di Max, oltre ad essere un busillis che stimola la scienza a studiare e interrogarsi («La nostra laurea a quel punto era da strappare e ricominciare da capo», hanno detto i neurologi che diagnosticarono lo stato di Max), è anche un esempio di fede e di coraggio per chiunque lo abbia incontrato. «La sua vicenda è una provocazione per tutti», ha commentato Fabio Pizzul, moderatore dell’incontro, prima di introdurre l’intervento di Mario Melazzini, il medico malato di Sla: «Il paradosso della disabilità è che introduce nella nostra vita una felicità prima sconosciuta», ha testimoniato il medico-paziente, invitando ad accogliere il titolo del libro come motto per la vita: «Adesso tutti al Max!», disabili e sani. «Perché disabili potenziali siamo tutti», ha sottolineato Margherita Coletta, vedova di Nasiriyah, che il dolore lo conosce beE la fortuna di Max era lì sul palco con lui, si chiama Lucrezia, sua mamma, ed Erne- ne. sto, suo padre, ma ha anche il nome dei suoi due fratelli e soprattutto di una settantina di ex Così come Carlo Castagna, che nella ventenni come lui, amici dell’oratorio e del cal- strage di Erba ha perso la sua famiglia: «Amici cio, che non sparirono nel nulla dopo il suo come questo ragazzo e i suoi genitori ci ricorincidente d’auto, ma nei dieci anni del buio gli dano che Dio sa di cosa abbiamo bisogno per rimasero accanto notte e giorno, facendogli farcela prima ancora che glielo chiediamo». fisioterapia, muovendolo, lavandolo, e ancor più trattandolo esattamente come fosse «È un libro che si legge in un fiato e «normale ». «Lo portavamo allo stadio, al masconvolge per la potenza espressiva di questa re, al cinema...», ha raccontato Claudio Scotti, madre. Da tempo molte persone, giornalisti, oggi presidente del Comitato Amici di Max, lettori, gente che l’aveva vista in televisione, «con lui siamo cresciuti dai venti, ai trenta fino chiedevano che scrivesse questa storia, e inai quaranta anni, e il fatto che secondo la fatti il libro, appena uscito, sta andando forte», scienza non c’era speranza non ci ha allontaha detto padre Gilberto Zini, direttore della nati ». casa editrice. C’è fame e sete di parole vere, in un mondo spesso votato all’apparenza e Non è una bella storia romanzata, è il alla finzione, e a Carugate se ne sono sentite risultato vero di ciò che la moderna scienza tante. Anche e soprattutto nei gesti di Max, neurologica chiama «effetto mamma», ovve- silenzioso ma esplicito, felice nel salutare il ro della continua stimolazione che solo in casa «suo» pubblico con quel pollice alzato che sipropria le persone come Max ricevono. E oggi gnifica «sono felice». è anche un libro, « E adesso vado al Max!», Da Avvenire - 25 marzo scritto dalla mamma Lucrezia Tresoldi per 8 LA FORZA DELLA CONFESSIONE Dopo la Pasqua, alcune riflessioni sulla Confessione tratte dagli insegnamenti del cardinale Angelo Comastri, arciprete della Basilica di San Pietro «Per molti la confessione è antipatica perché non ne hanno capito tutta la bellezza e la preziosità. Va innanzitutto detto che Gesù ci ha regalato il sacramento della confessione il giorno di Pasqua, per dirci che la confessione è un dono, non un peso. Non è una limitazione della libertà, ma un aiuto alla libertà, è ritrovare la libertà. (… ricorda Padre Damiano a Molokai e il suo desiderio di confessarsi) La confessione è una occasione per avere l’abbraccio di Dio e si può desiderare di più di un abbraccio di Dio? (Gesù perdona la peccatrice) nare la storia degli uomini, perché la storia degli uomini è malata, infetta, sbandata e Cristo è venuto a rimettere dentro la storia un atto di amore infinito, perché la risanasse e la contagiasse di amore e di perdono. Ma Cristo non ha voluto far tutto da solo, perché chi ama non occupa tutti gli spazi. Cristo ha voluto dei collaboratori, ha voluto accanto a sé degli apostoli, quindi dei vescovi, dei sacerdoti, perché continuassero la sua opera, perché allargassero gli spazi del perdono, perché rendessero visibile il perdono. Del resto, chi non ha bisogno di un abbraccio quando ha sbagliato? (La morte di Gesù porta il perdono) «Il primo frutto della confessione è la pace. (… ricorda lo scrittore Chesterton che desiderava diventare cattolico per confessarsi) «La confessione è il punto di arrivo di un cammino. È il punto di arrivo di un dinamismo di ritorno. Bisogna prendere coscienza che il peccato ci ha fatto del male, il peccato ci ha ferito; perché il peccato è male perché fa male e fa male all’uomo, gli toglie la gioia e la pace, gli toglie il senso della sua esistenza. Se viene percepito questo, allora inizia tutto un cammino di ritorno come il figliol prodigo. (… ricorda il figliol prodigo che fa un viaggio di ritorno) «Ogni peccatore deve arrivare alla confessione con questo viaggio di ritorno, con questo cuore in cammino, per ritornare ad abbracciare il Padre; perché se non si desidera l’abbraccio del Padre, non si può capire neanche il senso della confessione. E confessare i peccati è l’ultimo atto, perché la cosa più importante è il pentimento, è sentire la sofferenza di aver sbagliato, di aver offeso un Padre, di aver offeso Colui che ci ama immensamente. Qui è il punto di partenza della confessione: se non si parte da qui la confessione non ha senso. (Il Papa invita a confessarsi) «Il Cristianesimo si distingue da tutte le altre religioni, perché crede che Dio è intervenuto ed interviene dentro la storia. E questo intervento di Dio dentro la storia è Gesù Cristo, venuto per risa5 «Una grande serenità interiore, perché quando si riceve il perdono si sente un risanamento interiore e quando il perdono viene da Dio, veramente risana le ferite e restituisce una pace che nessun altro può dare. (… ricorda l’incontro con un detenuto “assassino” che cercava il perdono e poi si è convertito… “non mi basterà una vita… soprattutto per dire grazie per quello che ho ricevuto!”) LAUREE Luca BOLOGNESE - Economia sanitaria magistrale - a Roma) Fabiana LUCIA - Economia Aziendale (triennale) Alessandra NELLA - Psicologia dello sviluppo e dell’ educazione (magistrale a Torino) - 110 e lode Simona PARIGI - Musica e spettacolo (magistrale - a Roma) 110 e lode ABORTO DOPO LA NASCITA? L’INACCETTABILE TESI DI DUE RICERCATORI Aborto post-natale: perché un bambino dovrebbe vivere? è il titolo dell’articolo di due ricercatori italiani, Alberto Giubilini e Francesca Minerva, pubblicato anticipatamente online il 23 febbraio 2012 dalla rivista Journal of Medical Ethics (1). G l’uccisione di innocenti! Nel testo si possono riconoscere due tipi di “aborto post-natale”. Un tipo riguarda infermità del neonato che, se diagnosticate in gravidanza, ne avrebbero consentito l’interruzione. Questo tipo di “aborto post-natale” dovrebbe riguardare soprattutto neonati. li Autori rilevano che condizioni che consentono in determinati casi un’interruzione a viene ipotizzato pure un “aborto di gravidanza a volte compaiono solo dopo il post-natale” che potrebbe avvenire anche in parto, e sostengono che “quando dopo la na- età molto più avanzata. Il diritto alla vita, inscita si verificano le stesse circostanze che fatti, dovrebbe essere riconosciuto solo a giustificano l'aborto prima della nascita, do“persone”, e l’essere vrebbe essere consentito umano diventerebbe Tema impegnativo, che quello che noi chiamiamo persona solo a un certo richiede una lettura attenta e aborto post-natale”. E progrado del proprio svimeditata. prio perché si tratterebbe in luppo, cioè dopo aver L’argomento non può essere un certo qual modo del proacquisito la capacità di accantonato come privo di lungamento dell’indicazione attribuire alla propria interesse … per l’aborto ben oltre la naesistenza qualche valoDella vita, si tratta! scita, gli Autori parlano di re fondamentale. Fino a aborto post-natale piuttosto tale momento sarebbe che non di infanticidio, anche se ammettono solo potenzialmente una persona, e, non ache si tratta di un uso improprio del termine. vendo ancora un progetto di vita, non subiGli Autori non vedono ragioni di carattere eti- rebbe danno dall’essere privato della propria co per non estendere l’indicazione per l’aborto esistenza: “Nonostante sia difficile determinaanche al neonato o all’infante, anzi ritengono re esattamente quando un soggetto inizia o di poter formulare argomenti razionali a favo- cessa di essere una “persona”, la condizione re del diritto all’infanticidio. necessaria perché un soggetto abbia il diritto P rima di tutto, il solo fatto di essere un uomo non sarebbe di per sé una ragione sufficiente per godere del diritto alla vita. Il caso degli embrioni soprannumerari là dove è consentita la ricerca sulle cellule staminali, quello degli embrioni là dove l’aborto è legalizzato e quello di criminali là dove la pena capitale è legale, mostrano che vi sono dei precedenti di legalizzazione dell’eliminazione di un essere umano. M a X è che sia danneggiato dalla decisione di privarlo di X”. Gli Autori fanno un esempio molto chiaro: “Se tu chiedessi a uno di noi se saremmo stati danneggiati nel caso i nostri genitori avessero deciso di ucciderci quando eravamo feti o neonati, la nostra risposta sarebbe ‘no’, perché avrebbero danneggiato qualcuno che non esiste (quel ‘noi’ cui hai posto la domanda), cioè nessuno. E se nessuno è stato danneggiato, allora non vi è stato danno”. sorprendente che il diritto all’ infan- L’infante non avrebbe diritto alla vita, in queticidio venga giustificato eticamente riferendo- sto né più né meno dell’embrione o del feto, la sua capacità di soffrire e di provare piacere si a pratiche, che, anche se sono legali in alcomporterebbe però il diritto a non soffrire, cuni paesi, non sono indiscusse dal punto di vista etico. Stupisce in modo particolare che dal che si potrebbe arguire il solo diritto a una gli Autori, ambedue membri del comitato dimorte indolore. rettivo di un’associazione italiana di bioetica, la Consulta di Bioetica, considerino la pratica l neonato non ha ancora un progetto della pena di morte come un argomento razio- per la propria vita, ma può rappresentare una nale per giustificare eticamente anche minaccia per i progetti dei genitori, di fratelli e È I 6 sorelle, e in generale della società. Motivi sociali mondo» (2). ed economici sarebbero di per sé sufficienti per lla fine della seconda guerra mondiale e un “aborto post-natale” anche di un bambino perfettamente sano. dopo i crimini del nazionalsocialismo, compiuti anche applicando leggi dello stato, sembrava li Autori pongono delle riserve nei con- necessario difendere ciascun uomo da possibili prevaricazioni formulando alcuni principi fondafronti dell’adozione, anche se ammettono che mentali. Viene riconosciuto che ciascun indiviogni caso dovrebbe essere esaminato individuo umano possiede una propria dignità ed è dualmente. In caso di adozione la madre poportatore di diritti in quanto essere umano e trebbe avere ripensamenti, prendere in considerazione la possibilità del ricongiungimento, e membro della famiglia umana. Dignità e diritti quindi essere tormentata dal dilemma se accet- non gli vengono concessi da chicchessia e, per tare la decisione presa o intraprendere dei passi questo, dignità e diritti sono inalienabili. A G per riavere il bambino. L’infanticidio, invece, è irreversibile e il lutto conseguente potrebbe essere più sopportabile dei conflitti interiori in caso d’adozione. Tesi come quelle esposte da Giubilini e Minerva stravolgono i principi del Patto internazionale sui diritti civili e politici dell’ONU: sostituiscono all’inalienabilità dei diritti la discrezioli Autori non pretendono di stabilire con nalità di genitori, di familiari, della società e di tecnici. precisione a quale età il bambino diventerebbe concerta poi il persona, poiché ciò dipenderebbe dal livello di fatto che la concezione sviluppo mentale ragdell’uomo come persona, giunto, e sarebbero quinche dovrebbe servire a di neurologi e psicologi a sottolinearne la dignità doverlo stabilire. Si tratindipendentemente da terebbe comunque di condizioni di sorta, venga un’età piuttosto avanzaal contrario utilizzata per ta, che va ben oltre la discriminare esseri umani fase neonatale. e per privarli dei diritti fondamentali. G S A i genitori dovrebbe essere riconosciuto il diritto all’uccisione del neonato e addirittura del bambino, nei casi in cui il neurologo o lo psicologo ritengano che non abbia ancora raggiunto uno sviluppo tale da considerarlo persona. Questo significa che la vita di un essere umano, che fa parte a pieno titolo del consorzio umano, che, per esempio, è registrato e considerato come un cittadino dal suo comune di residenza, e quindi dalla società civile, dovrebbe essere in balia della volontà dei genitori e del giudizio di neurologi e psicologi che lo giudicano sulla base di definizioni di persona più o meno arbitrarie. S u un punto si può concordare con gli Autori: i limiti temporali posti all’interruzione di gravidanza sono arbitrari, non esiste, infatti, un salto qualitativo nello stato ontologico dell’individuo umano dopo il suo concepimento. Ci si può augurare che la riflessione su questo punto possa aiutare a riconsiderare la questione dell’aborto, facendolo apparire come un preinfanticidio. Gli Autori dell’articolo hanno ricevuto mi- nacce di morte. Pur non condividendone le tesi si deve manifestare la propria solidarietà per tali minacce. È intollerabile che qualcuno prel proposito è necessario ricordare il pre- tenda di ergersi a difensore della vita, minacambolo del Patto internazionale sui diritti civili e ciando altri di morte. politici dell’ONU: «Gli Stati parti del presente Patto, considerato che, in conformità ai princi- 1) Alberto Giubilini, Francesca Minerva, After-birth abortion: why should the baby live?, J Med Ethics (2012). pi enunciati nello Statuto delle Nazioni Unite, il 2) ONU Patto Internazionale sui diritti civili e politici riconoscimento della dignità inerente a tutti i Ermanno Pavesi — Segretario Generale “Federation membri della famiglia umana e dei loro diritti, Internationale des Associations de Medecin catholiuguali e inalienabili, costituisce il fondamento ques” (FIAMC) della libertà, della giustizia e della pace nel A 7