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MONTEFELTRO
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Nova Feltria
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Riccione
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Cattolica
Gabice Mare
Morciano
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Sassofeltrio
San Leo
Maiolo Monte Grimano
Monte Copiolo
Mercatino C. Tavoleto
Auditore
Monte Cerignone
Pietrarubbia Macerata F.
Sassocorvaro
Carpegna
FRONTINO
Pennabilli
Casteldelci
Le passioni umane attraverso
le note e una scelta di raffinati
costumi
Pian di Meleto Lunano
Belforte
BADIA T.
URBINO
FRONTINO
- Montefeltro da scoprire
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www.frontinomontefeltro.it
dal Teatro alla Scala di Milano
al cuore del Montefeltro
Convento di San Girolamo
Comune di Frontino
INGRESSO LIBERO 10.00-12.30 15.00-19.30 - tel. 3774395786
4 agosto - 22 settembre 2013
Al convento di San Girolamo sono esposti i costumi di
alcune delle opere più famose di G. Verdi, eccezionalmente
messi a disposizione dal Teatro alla Scala.
È il Bicentenario della nascita del grande compositore “nato dalla
zolla, dalla madre dei buoi forti e dell’ampie querci e del frumento”
come lo canta Gabriele D’Annunzio e il Comune di Frontino lo
festeggia così, con un allestimento che accosta il fascino dei costumi
di personaggi ormai entrati a far parte del nostro immaginario a una
selezione di brani delle stesse opere.
Verdi è più di ogni altro legato alla storia della Scala: nel 1842 il
Nabucco ottiene un successo insperato e nella Milano attraversata
dal sentimento patriottico rafforza le radici del melodramma, il Va
Pensiero del coro risuona per le strade e le piazze come colonna
sonora del Risorgimento. L’opera decreta la fortuna del giovane
compositore che a fasi alterne conserva un legame “fatale”con il
grande Teatro. E proprio dai laboratori atelier della Scala che oggi
custodiscono più di 60.000 costumi, sono usciti alcuni “gioielli” che
possiamo vedere in questo angolo magico del Montefeltro ideale
per perdersi nelle emozioni.
Storia, arte, panorami stupendi, la cordialità della
gente formano un quadro di natura viva e di cose
da vedere e poi…
...silenzio, piante secolari, aria leggera dell’appennino tosco-romagnolo che si eleva
fino ai 1000 m verso i Sassi Simone e Simocello: questa è Frontino arroccata su uno
sperone che domina la suggestiva valle del Mutino, al cospetto del monte Carpegna.
Tra il Castello, il Palazzo Malatesta, l’antico Mulino, la fontana scultura d’acqua
di Franco Assetto, il monastero di San Girolamo, il complesso monumentale
di Montefiorentino, fiore all’occhiello del comune, si ritrovano energie nuove e i
pensieri volano sulle note!
Questa mostra è stata realizzata grazie al contributo di:
Regione Marche
Comune di Frontino
Casa di Riposo per Musicisti
Fondazione Giuseppe Verdi
Vanità
Il coro del cuore
C’è l’abito indossato da Maria Callas che nella stagione teatrale 1953-1954 interpreta Elisabetta di Valois nel Don Carlo. Possiamo risentire il celebre “Tu che le
vanità conoscesti del mondo e godi nell’avel il riposo profondo, s’ancor si piange
in cielo, piangi sul mio dolore, e porta il pianto mio al trono del Signor.” dell’ultimo
atto. Elisabetta si avvicina alla tomba del re per rivolgergli la sua preghiera estremamente lirica; ormai disperata per la sua sorte e quella dell’amato don Carlo,
apre il cuore liberando ogni sentimento.
In mostra due diverse trasposizioni poetiche del costume di Elisabetta realizzate
da due costumisti di spicco come Nicola Benois per l’edizione di quest’opera nel
1953 e Anna Anni per quella del 1992-1993.
Non possono mancare i costumi del coro, quelli del “Ballo in maschera” (20002001), un’opera che Verdi deve modificare nel libretto perché non piace alla censura borbonica. In clima risorgimentale la storia di un marito che uccide il presunto
rivale, nientemeno che il re di Svezia è considerata troppo oltraggiosa. Così Verdi
fa del Re un governatore e l’azione si sposta a Boston. Se in tutte le opere del
grande musicista il coro c’è sempre, qui si intreccia poeticamente con le passioni
e le emozioni dei personaggi del dramma e le sottolinea: l’amore ineluttabile di
Riccardo per Amelia, moglie del fedele amico Renato, i congiurati, la maga Ulrica.
Verdi sa scherzare, ironizzare e perdonare che non è poco. Così nel terzo atto gli
invitati in maschera ispirano magnificenza ed ilarità e cantano in coro: “Fervono
amori e danze/Nelle felici stanze,/Onde la vita è solo/Un sogno lusinghier./Notte de’ cari istanti,/De’ palpiti e de’ canti,/Perché non fermi ‘l volo/Sull’onda del
piacer?” Sempre il coro nel finale:“Cor sì grande e generoso/tu ci serba, o dio
pietoso:/raggio in terra a noi miserrimi/è del tuo celeste amor!” introducendo
l’addio di Riccardo.
Amore libero
C’è il costume di scena di Violetta nella Traviata della stagione scaligera 1989-1990
con la direzione di Riccardo Muti e la regia della Cavani che porta la firma di Gabriella Pescucci, pluripremiata anche al cinema con un Oscar, sette Nastri d’argento
e due David di Donatello. Suoi i costumi di film come “L’età dell’innocenza”, “Le
avventure del barone di Munchausen”, “La fabbrica di cioccolato”, “C’era una volta
in America” per citarne solo alcuni. Tiziana Fabbricini è la Signora delle Camelie che
nel finale del primo atto in un abito rosso simbolo d’amore libero, vaporoso come
una nuvola canta: “A quell’amor ch’è palpito dell’universo intero, misterioso, altero,
croce e delizia al cor…” e “Sempre libera degg´io folleggiare di gioia in gioia, vo’che
scorra il viver mio pei sentieri del piacer. Nasca il giorno, o il giorno muoia, sempre
lieta ne’ ritrovi, a diletti sempre nuovi dee volare il mio pensier…” La musica di
Verdi segue le esitazioni del personaggio combattuto tra speranza e disperazione.
Uragano e gelosia
Dall’Otello interpretato nel 1959-1961 da Mario del Monaco con Margherita Roberti nella parte di Desdemona ci sono i raffinati costumi dei due protagonisti
creati da Ezio Frigerio, altro nome di spicco anche per le sue scenografie teatrali e
cinematografiche. Chi non ricorda il famoso balletto “Romeo e Giulietta” del 1979
con Rudol’f Nuriev o il “Cyrano de Bergerac” con G. Depardieu che gli valse il premio César per la migliore scenografia? La potenza di Verdi, la sua abilità a giocare
con le convenzioni, a evocarle ma a stravolgerle è tutta nella potenza straordinaria
della voce di Del Monaco, il più grande Otello della sua epoca ma forse anche
della storia del teatro, che offre la sua migliore interpretazione dell’”Esultate”
riuscendo a cantare “nostra del cielo è gloria” fino a “uragano” con un fiato solo.
Trionfo
Satura di colori e densa di materia l’Aida solenne, messa in scena alla Scala nel
1962-1963, con la regia in chiave ottocentesca di Zeffirelli, “brilla” per lo stile
dell’allestimento e dei costumi di Lila De Nobili che dagli anni ’40 fino agli anni
‘70 spopola nel mondo della moda firmando cover e servizi per Vogue. Ogni suo
disegno era “come irrorato da polvere di luce”. Qui veste una imponente Leontyne
Price e il Re. Possiamo ascoltare le note di Verdi in “Un giorno di regno” dell’ouverture. Le scene del trionfo di quell’Aida restano una delle ultime immagini del
teatro dell’800.
L’opera è commissionata a Verdi per l’apertura del Canale di Suez nel 1869, ma il
musicista accetta solo quando viene invitato a comporla per l’inaugurazione del
nuovo teatro del Cairo, dicendo che non avrebbe mai scritto musica d’occasione.
La prima è messa in scena proprio in quel teatro del Cairo nel 1871. In mostra
anche la maquette della scenografia di Franco Zeffirelli per L’Aida del 2006-2007
dove il regista mette insieme quattro quadri in un atto solo senza interruzioni,
con dei cambiamenti di scena rapidissimi. Grandissimo pregio per lo spettacolo
che avvicina il teatro all’immediatezza cinematografica. I toni sono oro e bianco.
“Copiare il vero può esser buona cosa, ma
inventare il vero è meglio, molto meglio…”
Grazie Verdi. Grazie per queste parole, direttrici di una ricerca durata tutta la vita,
dove il vero si incarna nel groviglio delle passioni umane tradotte sulla scena nel
linguaggio universale della musica. L’unicità del maestro di Busseto, gran maestro
del cuore, la troviamo sempre proprio qui, nel difficile gioco tipico del teatro tra
realtà e finzione, essere e apparire. Lui mette in scena la condizione umana, conosce un linguaggio teatrale libero da ogni regola accademica, mescola i generi, dà
valore alla parola. E Verdi, italiano, sa guardare al di là dei propri confini nazionali
e mette in scena tutto il mondo che allora conosce.
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