ministero per i beni e le attività culturali regione marche assessorato alla cultura in collaborazione con consorzio marche spettacolo sinfonica 2016 BRAHMS PIANOCONCERTO pianoforte Lorenzo Di Bella direttore Nicola Marasco Venerdì 26 febbraio, ore 21.15 Chiaravalle, Teatro “Valle” Domenica 28 febbraio, ore 17.00 Osimo, Teatro La Nuova Fenice Martedì 1 marzo, ore 21.00 Ancona, Aula Magna d’Ateneo “Guido Bossi” Rassegna FORMOFF I concerti dell’Aula Magna In collaborazione con Mercoledì 2 marzo, ore 21.15 Civitanova Alta, Teatro Annibal Caro Giovedì 3 marzo, ore 21.00 Jesi, Teatro Pergolesi orchestra filarmonica marchigiana filarmonicamarchigiana.com Programma W. A. Mozart (Salisburgo, 1756 - Vienna, 1791) Così fan tutte, K. 588: Ouverture G. Fauré (Pamiers, Ariège, 1845 – Parigi, 1924) Masque et Bergamasque, suite per orchestra op. 112 I. Ouverture: Allegro molto vivo II. Menuet: Tempo di minuetto. Allegretto III. Gavotte: Allegro vivo IV. Pastorale: Andantino tranquillo V. Pavane: Allegretto molto moderato - intervallo - J. Brahms (Amburgo, 1833 – Vienna, 1897) Concerto per pianoforte e orchestra n. 2 in si bemolle magg., op. 83 I. Allegro non troppo II. Allegro appassionato III. Andante IV. Allegretto grazioso Note Due grandi compositori europei del secondo Ottocento e del primo Novecento che si rivolgono al passato, ciascuno con il proprio portato culturale, per trarne nuova linfa: Brahms verso Mozart e il concerto classico, a cercare soprattutto, come vuole la tradizione germanica, forme, strutture, elementi costruttivi; Fauré verso i maestri della sua terra, i grandi compositori della Francia barocca, a recuperare in primo luogo, secondo il tipico gusto francese, linee, figure, ornamenti, colori strumentali. Ma anche Fauré, come Brahms, guarda alla perfezione assoluta di Mozart: alla sua grazia, alla sua leggerezza, al suo spirito giocoso. La scena si finge in Napoli. Due giovani amici, Ferrando e Guglielmo, sono innamoratissimi delle loro fidanzate: Ferrando di Dorabella e Guglielmo di Fiordiligi, e sono da queste ricambiati con uguale entusiasmo e fedeltà. Ma c’è un vecchio signore di nome Don Alfonso, il quale, convinto che la fedeltà del cuore non esiste, scommette con i due giovani che nel giro di una giornata le loro belle fidanzate cederebbero senz’altro alle profferte amorose di altri… Questo è l’assunto dell’ultima opera comica di Mozart, Così fan tutte, ossia La scuola degli amanti, composta su libretto di Da Ponte tra il 1789-90 e rappresentata per la prima volta al Burgtheater di Vienna il 26 gennaio 1790. A dispetto di un soggetto apparentemente leggero, strutturato “a tesi” e incentrato su una vicenda di una limpidezza e di un rigore assolutamente geometrici, Così fan tutte è forse l’opera più sfuggente, misteriosa e affascinante mai creata dal genio mozartiano. In essa il compositore riesce ad esprimere un insieme di sentimenti differenti: ironico distacco dalla vanità delle vicende terrene misto a tenera pietà per la debolezza del cuore umano, piacere intellettuale per la conquista della verità e della saggezza unito alla malinconia per la perdita della consolante fede nelle illusioni della giovinezza. Va da sé che la sola Ouverture, avulsa dal contesto musicale e drammatico al quale essa introduce, non basta ad esprimere tutto questo. Essa, tuttavia, oltre ad essere un brano orchestrale di perfetta fattura, è anche un’efficace sintesi musicale di tutta la vicenda drammatica: alla iniziale dichiarazione di fede nella costanza dell’amore intonata dalla dolce melodia d’apertura dell’oboe, si contrappone subito la dichiarazione antitetica dell’orchestra che esegue in forte il motto musicale di Don Alfonso “Così fan tutte”; dopo di che, con un gesto musicale che sembra un invito a indossare la maschera per la finzione scenica, ha inizio l’allegro gioco degli inganni, dei travestimenti e degli scambi di coppia organizzati nell’opera da Don Alfonso per dimostrare la sua tesi; gioco che nell’Ouverture si esprime attraverso i continui travasi di materiale melodico tra i diversi gruppi di fiati e tra l’insieme di questi e gli archi, e che, inevitabilmente, si conclude e risolve con la ricomparsa del vittorioso motto “Così fan tutte”. Dai travestimenti mozartiani del Così fan tutte alle galanti feste in maschera del Settecento francese dipinte da Watteau e rievocate in musica da Gabriel Fauré nel suo Masque et Bergamasque, divertimento coreografico su libretto di René Fauchois, ispirato a sua volta alla lirica Clair de lune di Paul Verlaine, che il compositore scrisse nel 1919 su commissione del Principe Alberto I Grimaldi di Monaco traendone successivamente una suite orchestrale. L’opera, contenente musica in parte già composta in precedenza (tra cui la celebre Pavane op. 50 del 1886) e in parte nuova, assomma in se stessa le qualità più eminenti del compositore francese: ineffabilità e discrezione, unite ad un’aerea effervescenza di spirito; qualità che Fauré ereditò dal patrimonio secolare della musica francese ed affinò in sommo grado ponendole al centro della propria concezione estetica. Masque et Bergamasque possiede infatti, insieme ad un’indefinitezza armonica affatto moderna, la grazia e il raffinato lirismo dei grandi classici francesi, da Lully a Rameau; in particolare la delicatezza ineffabile e misteriosa della musica di Couperin, la sua tendenza a ricamare la linea melodica con infinita pazienza dando eccezionale rilievo ad ogni minima variante ornamentale (Menuet), come pure il suo rifuggire tutto ciò che è eclatante ed eccessivo per ricercare atmosfere umbratili da cui si generano pensieri, immagini e sentimenti discreti da assaporare nell’intimità (Pastorale, Pavane). Ciò non significa che la musica di Fauré manchi di forza e di vitalità: al contrario, queste qualità vi sono presenti in abbondanza, a volte spinte in superficie, come nell’Ouverture di gusto mozartiano e nella Gavotte, più spesso nascoste ad un livello profondo, tra i dettagli di ogni minima trasformazione melodica, armonica e timbrica del discorso musicale. Con la composizione del suo Primo concerto per pianoforte, avvenuta tra il 1854 e il 1858, Brahms aveva indicato una nuova meta per il genere concertistico: quella di una grandiosa sintesi concettuale, formale e stilistica tra il concerto stesso e la sinfonia; due generi assai diversi tra loro e per molti aspetti antitetici l’uno all’altro, essendo il primo fondato sull’opposizione tra un’entità individuale (il solista) e una collettiva (l’orchestra), mentre il secondo sull’azione di un insieme organico, di una “comunità di suoni”, come indica il nome stesso di “sin-fonia”. Scavalcando infatti il modello concertistico allora in voga, quello del cosiddetto “concerto biedermeier” che riservava al solista un ruolo di protagonista assoluto della scena lasciando l’orchestra a fargli da sfondo, Brahms era ripartito dal passato, ovvero dal modello classico del concerto mozartiano basato sul rapporto dialogico alla pari tra solo e tutti, e procedendo lungo la linea già tracciata da Beethoven e poi da Schumann, il creatore del concerto romantico, aveva rigenerato quel modello in una dimensione di tipo sinfonico: vale a dire, una dimensione in cui il solista e l’orchestra, nel loro reciproco alternarsi e integrarsi quasi fondendosi in una sola entità, insieme intessevano un discorso musicale fatto di sviluppi, variazioni, metamorfosi del materiale musicale di base allo stesso elevato grado di complessità di una sinfonia. In questo modo, Brahms era riuscito anche ad assorbire, nel nuovo contesto, alcuni caratteri del concerto biedermeier, conferendo agli spettacolari virtuosismi del solista anche e soprattutto una funzione costruttiva. Fu tuttavia circa venti anni dopo, con il Secondo concerto per pianoforte e orchestra in si bemolle magg., op. 83, composto tra il 1878-81, che tale processo di sintesi giunse a perfetta maturazione. Il Secondo concerto di Brahms è un’opera monumentale nelle proporzioni eppure misurata nell’impiego dei mezzi espressivi, nonostante le impervie difficoltà tecniche che ne fanno una delle più difficili dell’intero repertorio concertistico. La vocazione sinfonica del primo lavoro diventa qui un fatto compiuto, evidentissimo sia nella strutturazione in quattro movimenti, sia nell’equilibrio assoluto del rapporto tra solista e orchestra. Scompaiono certe asprezze nella strumentazione, grazie anche alla familiarità ormai acquisita dal compositore con la scrittura orchestrale dopo l’esperienza delle prime due sinfonie e del concerto per violino, mentre tutto si fa più facile, immediato e al contempo più articolato e complesso sul piano del pensiero musicale. Lo stesso pianoforte, sollevato ormai dal peso “psicologico” della ricerca di uno spazio diverso da quello assegnatogli dal modello biedermeier, appare più sciolto e disinvolto, potendo finalmente dare ampio sfogo, anche sul piano prettamente virtuosistico, alle sue infinite possibilità esecutive senza il pericolo di prevaricare su un’orchestra che, quanto a importanza costruttiva e a rilievo espressivo, risulta di fatto come un suo alter ego. Il materiale tematico, splendido, viene elaborato con una maestria senza pari e con una sorprendente modernità riguardo al ritmo e all’articolazione: un materiale degno di un opus magnum – “il concerto dei concerti” come lo definisce Rattalino – che rappresenta forse la prima compiuta realizzazione di quel vasto progetto poetico brahmsiano volto a rigenerare in forme nuove e personali tutto il patrimonio compositivo del passato. I temi che reggono la possente struttura del concerto hanno infatti il duplice gusto del nuovo e dell’antico, assorbendo nel loro appassionato romanticismo nobili linee classiche e persino preziose essenze rinascimentali; e con questa ricchezza cromatica ritraggono visioni di natura e insieme evocano atmosfere leggendarie – come il fiabesco motivo del corno che apre la composizione – esprimono solitudini profonde e scatenano incontenibili pulsioni eroiche alternate a momenti di allegria corale, come quelli che animano il danzante finale “alla zigana”; danno corpo e sostanza, insomma, al complesso mondo psicologico ed estetico dell’autore e nel contempo condensano la memoria di una grande tradizione musicale che proprio in Brahms trova una delle sue massime vette espressive. Cristiano Veroli Lorenzo Di Bella pianoforte Lorenzo Di Bella si è aggiudicato nel 2005 il Primo Premio e Medaglia d’Oro al concorso “Horowitz” di Kiev (unico italiano ad aver vinto un concorso pianistico in una nazione dell’ex Unione Sovietica). Per meriti artistici nel 2006 gli è stato consegnato in Quirinale dall’ex Presidente Ciampi il Premio Sinopoli, istituito dall’Accademia Nazionale “Santa Cecilia” di Roma in memoria del direttore d’orchestra Giuseppe Sinopoli. Nel 1995 si è aggiudicato il “Premio Venezia”, il più importante concorso nazionale a seguito del quale ha tenuto recitals per le maggiori società concertistiche italiane. Grande successo hanno riscosso le sue apparizioni al Festival dei Due Mondi di Spoleto, su invito personale del M° Giancarlo Menotti, al Teatro La Fenice di Venezia, al Teatro Olimpico di Vicenza, al Teatro delle Muse di Ancona, al Festival Liszt di Utrecht, all’ETH di Zurigo, ad Amburgo, Berlino, Praga, Sarajevo, Montreal, Denver (CIPA), Pechino, Shanghai, alla Società dei Concerti di Milano e all’Auditorium “Parco della Musica” di Roma con l’Orchestra Nazionale di Santa Cecilia diretta dal M° James Conlon. Così si è espresso il pianista Lazar Berman pochi mesi prima della sua scomparsa: “Lorenzo è un notevole pianista di talento, un brillante virtuoso, un’emozionante e raffinato musicista. Io sono stato suo insegnante per tre anni e ho sempre ammirato la sua grande abilità tecnica e la sua forte personalità artistica ma soprattutto la sua voglia di “parlare” al pubblico…”. Molto impegnato nel campo della didattica, è docente di pianoforte principale presso l’Istituto Superiore di Studi Musicali “C. Monteverdi” (AFAM) di Cremona e direttore artistico dell’Accademia Pianistica delle Marche di Recanati dove ogni anno organizza masterclasses con pianisti e didatti di fama internazionale. Per la sua attività artistica è stato insignito in Campidoglio del Picus del Ver Sacrum insieme all’attore Max Giusti e al M° Pier Luigi Pizzi, quale “Marchigiano dell’anno 2006”, riconoscimento istituito dal CE.S.MA di Roma. Ha eseguito nel 2013 l’integrale degli Etudes-Tableaux di Rachmaninov in due concerti, a Torino e Milano, all’interno della settima edizione del Festival MiTo-Settembre Musica. È ideatore e direttore artistico della stagione concertistica CIVITANOVA CLASSICA Piano Festival. Nicola Marasco direttore Nato a Foggia nel 1983, Nicola Marasco è uno dei giovani direttori emergenti del panorama musicale. Ha compiuto gli studi musicali presso il Conservatorio “U. Giordano” dove si è diplomato in pianoforte e in musica elettronica rispettivamente con D. Caratori e D. Monacchi. In seguito si è diplomato in direzione d’orchestra con Donato Renzetti presso l’Accademia Musicale Pescarese perfezionandosi successivamente con P. Bellugi, L. Jia, J. Panula, L. Shambadal, B. Bartoletti e con A. Allemandi, R. Palumbo, E. Pessen, T. Pàl presso la Scuola dell’Opera Italiana di Bologna. Si è perfezionato negli studi in pianoforte con I. Ossipova (Mosca), in fortepiano con R. Levine (Harvard University). Ha collaborato con diverse orchestre, tra cui: Orchestra Filarmonica della Fenice, Coro e Orchestra del Teatro Comunale di Bologna, Orchestra Filarmonica Marchigiana, Sinfonica della Provincia di Bari, Filarmonia Veneta, Orchestra Sinfonica Siciliana, Orchestra Sinfonica Abruzzese, Sinfonica Tito Schipa di Lecce, La FVG Mitteleuropa Orchestra. Lo scorso Giugno ha diretto “Sinfonia” di L. Berio al Teatro La Fenice di Venezia con gli Swingle Singers e l’Orchestra Filarmonica del Teatro La Fenice con i quali tornerà in concerto nella prossima stagione. Ha scritto il saggio “Nuove tecniche d’analisi musicale” (Squilibri, Roma 2011) e “Phaedra nel teatro Musicale del Novecento” (Il castello, 2014). Nel 2005 vince la borsa di studio per Maestri Collaboratori al Teatro Lirico Sperimentale collaborando con R. Bruson, R. Kabaivanska, M. Boemi, E. Ferrari e C. Ventura. Ha lavorato come Maestro Collaboratore per le masterclass di M. Freni, F. Patanè, F. Araiza, I. Cotrubas, F. Cedolins, M. Trombetta, L. Serra e A. Antoniozzi e in produzioni d’opera con R. Abbado, K. L. Wilson, D. Livermore. Ha insegnato direzione d’orchestra e prassi esecutiva dell’Opera Italiana all’Accademia Internazionale delle Arti a Seoul tenendo corsi anche ad Anyang, Cheonan, Changwon. OrchestraFilarmonicaMarchigiana Violini I Alessandro Cervo** Giannina Guazzaroni* Alessandro Marra Elisabetta Spadari Laura Di Marzio Lisa Maria Pescarelli Cristiano Pulin Paolo Strappa Olena Larina Violini II Simone Grizi* Laura Barcelli Baldassarre Cirinesi Simona Conti Andrea Esposto Sandro Caprara Sergio Morellina Viole Andrea Maini* Massimo Augelli Cristiano Del Priori Lorenzo Anibaldi Andrea Pomeranz Violoncelli Alessandro Culiani* Antonio Coloccia Gabriele Bandirali Nicolino Chirivì Contrabbassi Luca Collazzoni* Andrea Dezi Marco Cempini Flauti Francesco Chirivì* Saverio Salvemini Oboi Fabrizio Fava* Marco Vignoli Clarinetti Danilo Dolciotti* Luigino Ferranti Fagotti Luca Franceschelli* Giacomo Petrolati ** Primo Violino di spalla * Prime parti Corni David Kanarek* Alessandro Fraticelli Roberto Quattrini Martino Torquati Trombe Giuliano Gasparini* Manolito Rango Timpani Adriano Achei* Arpa Margherita Scafidi* Ispettore d’orchestra Michele Scipioni prossimi appuntamenti FABRIANO IN MUSICA - Concerto lirico-sinfonico Musiche di Mozart, Rossini, Verdi, Bizet Mezzosoprano Beatrice Mezzanotte Baritono Gianpiero Ruggeri Cori di Fabriano Direttore Nicola Marasco Sabato 5 marzo, ore 21.15 – Fabriano, Teatro Gentile OSIMO IN MUSICA - Concerto inaugurale della mostra “Tiziano, Lotto, Artemisia: le stanze segrete di Vittorio Sgarbi” I. Stravinskij Pétrouchka – piano solo L. van Beethoven “Ah, perfido!”, scena ed aria, op. 65 L. van Beethoven Concerto per pianoforte n. 4 in sol magg., op. 58 Pianoforte Evgeny Starodubtsev Soprano Solista dell’Accademia di Arte Lirica, Osimo Giovedì 17 marzo, ore 21.00 – Osimo, Teatro La Nuova Fenice WOODY SHAW LEGACY with strings Musiche di Woody Shaw Tromba Fabrizio Bosso Massimo Morganti Sextet - FORM String Ensemble Mercoledì 23 marzo, ore 21.00 – Jesi, Teatro Pergolesi FORM ORCHESTRA FILARMONICA MARCHIGIANA Via degli Aranci, 2 - 60121 Ancona | Tel. 071 206168 - Fax 071 206730 filarmonicamarchigiana.com | [email protected] supporto informatico e multimediale www.gruppoeidos.it Via Gola della Rossa, 15 - 60035 Jesi Tel. 0731 207079