TO R I NO | AUDITORIUM RAI | CONCERTI 13° giovedì 5 marzo 2015 ore 21.00 venerdì 6 marzo 2015 ore 20.30 Tomas Netopil | Direttore David Garrett | Violino Brahms Bruckner 13° giovedì 5 marzo 2015 ore 21.00 venerdì 6 marzo 2015 Johannes Brahms Concerto in re maggiore op. 77 per violino e orchestra ore 20.30 Tomas Netopil | Direttore David Garrett | Violino Johannes Brahms (1833 - 1897) Concerto in re maggiore op. 77 per violino e orchestra (1878) Allegro non troppo Adagio - Più largamente - Tempo I Allegro giocoso ma non troppo vivace - Poco più presto Durata: 37’ ca. Ultima esecuzione Rai a Torino: 29 novembre 2013, Juraj Valčuha, Midori. Anton Bruckner (1824 - 1896) Sinfonia n. 5 in si bemolle maggiore (1875/78) Introduzione. Adagio - Allegro Adagio. Sehr langsam (Molto lento) Scherzo. Molto vivace (Schnell) - Trio. Im gleichen Tempo (Lo stesso tempo) Finale. Adagio - Allegro moderato Durata: 78’ ca. Ultima esecuzione Rai a Torino: 10 ottobre 2003, Rafael Frühbeck de Burgos. Il concerto di venerdì 6 marzo è trasmesso in collegamento diretto su Radio3 per il programma “Radio3 Suite” La scrittura violinistica Il Concerto per violino fu scritto per il violinista Joseph Joachim che partecipò attivamente alla stesura della parte solistica dell’opera. «Sono molto curioso di vedere con quale frequenza e quale risoluzione la tua calligrafia apparirà sulla partitura» scrisse Brahms all’amico interprete e dedicatario del lavoro. Di fatto Joachim fu coinvolto al punto da non potersi accontentare di comunicazioni epistolari e dovette raggiungere Brahms a Pörtschach, in Carinzia, nel mese di settembre del 1878. Il confronto tra i due fu tutt’altro che sereno, ma dopo varie dispute e riappacificazioni il compositore ammise che l’amico violinista era «più o meno responsabile della parte per violino». Brahms ottenne così la soluzione dei problemi che gli causava la scrittura violinistica e produsse un risultato sicuramente virtuosistico, ma molto ben calibrato sulle possibilità dello strumento. Nel 1855 il compositore aveva ascoltato un’esecuzione di Joachim del Concerto in re maggiore per violino e orchestra di Beethoven. Più di vent’anni dopo, con un Concerto per violino nella stessa tonalità, rendeva omaggio a un modello e un interprete altissimi e si inseriva nella storia di un genere per lui assolutamente nuovo, segnandone le vicende successive. Il concerto per violino L’Allegro non troppo dichiara l’intento più sinfonico che concertistico dell’opera: non c’è una vera e propria tensione oppositiva tra il solista e l’orchestra, piuttosto la partecipazione della voce del violino al tutti orchestrale sancisce l’appartenenza reciproca delle due forze. I temi sono presentati dall’orchestra e il solista interviene variandone la fisionomia con le sue linee virtuosistiche. Anche nell’Adagio la formulazione completa della melodia cantabile d’apertura non è data al violino ma all’oboe; al solista il compito di svolgere questo tema attraverso evoluzioni meno cantabili. Il finale, Allegro giocoso ma non troppo vivace, è musicalmente basato sul folklore zigano tanto amato da Brahms, e si svolge in un tripudio di virtuosismo e brillantezza che ricorda da vicino il Rondò conclusivo del Concerto per violino di Beethoven, con il suo carico di energia e umorismo. La prima esecuzione del Concerto in re maggiore op. 77 si tenne al Gewandhaus di Lipsia il 1° gennaio 1879, sotto la direzione dello stesso compositore, con Joseph Joachim al violino. Paolo Cairoli (dagli archivi Rai) Anton Bruckner Sinfonia n. 5 in si bemolle maggiore A differenza di altre sinfonie di Bruckner oggi divenute celebri, come la Quarta o la Settima, la Quinta non si apre con l’indistinto e magico pulviscolo di suono del tremolo dei violini, né subito appare il tema principale. Caratteristica dell’esordio e di altri momenti della sinfonia è il pizzicato, una piccola scala ascendente e discendente di violoncelli e contrabbassi con inflessione modale, lontana eco liturgica, ma soprattutto scansione di un passo misurato su cui vengono sovrapposti a fasce gli altri archi: la misura del passo necessario per addentrarsi in una costruzione di ardita e monumentale complessità, ma pure di straordinaria coesione. Spesse volte si parla per Bruckner di una concezione ciclica della forma sinfonica, intendendo con questo un ritorno dei temi attraverso i diversi movimenti, anzi riassunti in genere nell’ultimo, in alcuni casi non senza qualche artificio. Tuttavia l’esempio sommo di sinfonia bruckneriana ciclica, fatta di rimandi sostanziosi tra un movimento e l’altro, è proprio la Quinta in si bemolle maggiore, una colata unica d’idee e di organizzazione formale, su cui Bruckner - avviata la composizione dal secondo movimento nel 1875 e finita la partitura dopo tre anni - non rimise più le mani ad eccezione di qualche ritocco: per lui un caso raro di assenza di versioni e varianti d’autore. La durata è connessa alla densità della materia bruckneriana, ma la disposizione di questa risponde a criteri di stringenza, governata da un’alta scienza del contrappunto in virtù della quale la sinfonia possiede la sua coesione: Bruckner a ragione la considerava il suo capolavoro di contrappunto, anzi la Quinta - specie il suo finale - costituisce uno dei vertici del contrappunto sinfonico austro-tedesco del secondo Ottocento, parallelo a quanto Wagner fece nei Maestri cantori di Norimberga. Fondamentali sono anche le iterazioni e le progressioni, che consentono di sfruttare al massimo grado un materiale tematico abbastanza parco di elementi (ma non di effetti), la cui unità è non solo garantita dai rimandi, ma anche da parallelismi e derivazioni. L’esito colossale di Bruckner, qui anche marcatamente drammatico, non è mai enfasi gratuita, bensì il punto culminante di una curva della tensione che cresce dopo aver presentato gli elementi con ordine, e in questa Introduzione specialmente con calma: il fortissimo degli ottoni, prima con spinta ascensionale e poi nella concatenazione degli accordi, prefigura il corale che verrà incastonato ed elaborato nella fuga dell’ultimo movimento; il tempo che diventa più mosso anticipa il profilo melodico del tema di questo Allegro, ma la cellula di motivo ai violini secondi (rovesciata ai violoncelli, originale agli oboi) è il nucleo germinatore di quello che diventerà, con variante ritmica e ampliamento degli intervalli, l’ossessivo tema della fuga nel Finale. L’impianto tipico bruckneriano con tre gruppi tematici nel primo movimento è rispettato anche qui, ed è interessante notare come il continuo lavorio non sia soltanto un procedimento melodico-armonico-ritmico, ma possieda una funzione architettonica. Le varianti del primo gruppo, esposto da viole e violoncelli, sono nello sviluppo tutta un’esplorazione di diverse possibilità combinatorie tra materia musicale e risorse strumentali, tema originale o inverso, esposto all’unisono o in intreccio polifonico, da tutta l’orchestra o con risposta antifonale degli ottoni, isolato in frammenti ridotti all’essenza oppure deformati e accentati. Il secondo gruppo tematico è un parallelo meditativo dell’introduzione, col tema prima pizzicato, poi sostenuto dalla melodia dei violini con l’arco, infine ampliato dai corni con il flauto e il clarinetto. Il terzo non si limita al tipico unisono ritmicamente marcato in fortissimo, ma è un piccolo studio sulle possibilità di combinare od opporre le masse strumentali. Tutta questa materia è organizzata da Bruckner come in pilastri, e che specie il primo tema nella sua forma originaria sia il pilastro fondamentale dell’architettura sinfonica è testimoniato dalla coda, interamente (vorremmo anche dire semplicemente) retta dalle sue ripetizioni, prima in un governato crescendo, poi in uno sfolgorante fortissimo. Nelle sinfonie successive il culmine rappresentato dal movimento finale avrà già un’anticipazione nell’adagio, momento supremamente melodico e sovente mistico. Nel disegno verticale della Quinta, il cui pezzo conclusivo è il culmine unico, Bruckner procede invece nell’Adagio secondo un più ordinario polittico a cinque parti, ma non per questo meno bello e meno ricco di riposte sorprese. Innanzitutto il tema principale dell’oboe, in re minore, poggia su lento pizzicato degli archi che è di nuovo un elemento di coesione architettonica, richiamo all’esordio della Sinfonia. Ma rispetto a questa melodia elegiaca l’intensità del secondo tema attrae verso di sé il baricentro del movimento, sino a divenirne il tratto più riconoscibile: attaccato in do maggiore all’unisono dai violini che affondano l’arco nella corda del sol, rappresenta l’anima contabile della sinfonia e nel suo periodico ritornare per gemmazione polifonica (stricto sensu: imitazione a canone) trasforma l’intera orchestra in un giardino di delizie. Eppure la severità di costruzione non viene meno, anzi, con maggiore altezza spirituale nella coda, il tema dell’oboe viene rafforzato da tutta l’orchestra nella sua fisionomia completa, cui viene opposto un suo stesso frammento, già isolato in precedenza. È un calco dell’ultimo Beethoven, e dunque omaggio segreto al suo contrappunto, che rimanda al tema con cui Beethoven attacca la fuga nella Sonata per pianoforte op. 11O. Si tratta di un indizio molto significativo per quanto avverrà nel finale. Per il momento Bruckner, com’è ovvio, inserisce un suo tipico Scherzo a nove pannelli ancora in re minore, tre parti lo Scherzo in senso stretto, tre parti il Trio in ritmo binario e ricavato da schegge dello Scherzo, infine quest’ultimo “da capo”: il tema dello Scherzo non ritorna nel Finale, se non come eco alla lontana in funzione di cuscinetto, però vi ritorna la sua energia, a dimostrazione di quanta forza possa sprigionarsi dall’iterazione di un tema o di un singolo accordo. Nonostante la forza cui perverrà, nel costruire la cupola e torre della sua Quinta Bruckner procede con la stessa calma del primo attacco, disponendo con ordine i suoi mattoni, ricapitolando quanto già esposto in movimenti precedenti, ma intessendolo sottilmente con quanto giungerà. Tornando a si bemolle maggiore, riprende l’introduzione lenta in pizzicato, ma vi sovrappone l’ottava discendente del clarinetto, che rappresenta l’intervallo generatore della fuga prossima ad essere intonata; espone deciso l’incipit della fuga, e vi fa seguire la melodia del primo tempo; ripete l’incipit, ma poi recupera il tema dell’Adagio. Con simbologia trinitaria l’incipit è riesposto una terza volta: soltanto a questo punto, e dalle fondamenta dell’edificio sinfonico, ovvero dai violoncelli e dai contrabbassi, Bruckner inizia a costruire la sua architettura contrappuntistica, spiazzando il lettore e l’ascoltatore. Per quanto ampio e gradualmente esteso a tutta l’orchestra con potenti riprese degli ottoni, per quanto fitto nell’intreccio polifonico degli archi e dei legni, l’episodio non è ancora il vertice della sinfonia e non è ancora l’attesa fuga, ma “soltanto” un fugato. Il compositore vuol mettere assieme qualcosa di più ardito e al suo progetto manca un elemento, introdotto a sorpresa quando la partitura è ridivenuta scarna: è il maestoso corale degli ottoni, tre volte intonato e tre volte ripreso in eco dagli archi, con armonie modali di arcaico sapore rinascimentale. È da qui che si arriva al cuore polifonico della musica di Bruckner, con un’ulteriore sorpresa: la fuga è introdotta sfruttando proprio il tema del corale, a cui l’originario tema del clarinetto viene affiancato più avanti, dando origine a una doppia fuga. In realtà il fitto intreccio si arricchisce di altri elementi, non secondario è il ruolo svolto dal ritorno del tema del primo tempo, ragion per cui il termine tecnico di fuga andrà inteso in un senso ampio, quello di somma di molte combinazioni polifoniche come monumento al contrappunto, nel medesimo senso avuto dalla Grande fuga op. 133 per quartetto d’archi del venerato Beethoven. Anche per l’importanza assunta dall’energica accentazione ritmica, davvero il Finale della Quinta è la “grande fuga” di Bruckner, che nel punto di ricapitolazione dei suoi intrecci con un colpo da maestro riespone il corale degli ottoni nella forma originaria, sovrapponendola all’intero edificio sinfonico come vertice supremo. Queste ultime settantuno battute in fortissimo (segnato fff) costituiscono una delle più ardite e anche squassanti code di Bruckner, paragonabile solo al primo dei finali scritti per la Quarta e in parte a quello dell’Ottava. Il cliché di Bruckner compositore wagneriano, in parte vero e in parte esagerato, trova qui una sua parziale smentita, poiché - dottezza di scrittura a parte - la Quinta è la meno wagneriana di tutte le sinfonie. Nella sua forza titanica è certo beethoveniana, ma soprattutto è davvero bruckneriana fino al midollo e visionaria, carattere che tuttavia non impedì una prima esecuzione quando Bruckner era ancora vivo, seppur vecchio e malato: non andò quindi nel 1894 a Graz dove l’opera fu tenuta a battesimo da Franz Schalk, l’allievo che in tal caso e altre volte mise le mani nelle partiture del maestro, il quale sembra averlo autorizzato a rinforzare gli ottoni nell’ultima esposizione del corale: undici strumenti in posizione rialzata, undici apostoli, senza Giuda. Giangiorgio Satragni (dagli archivi Rai) Tomas Netopil Studia violino e direzione d’orchestra a Praga e poi a Stoccolma nella classe di Jorma Panula. Nel 2002 trionfa al Primo Concorso “Georg Solti”, aprendo la strada alla carriera internazionale. Dal 2008 al 2012 ricopre la posizione di Direttore Musicale del Teatro Nazionale di Praga. Nel corso della carriera ha diretto i più importanti teatri europei e orchestre tra cui l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, la Filarmonica della Scala, l’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino, i Filarmonici di Berlino, l’Orchestra del Gewandhaus di Lipsia, l’Orchestra Sinfonica della Radio bavarese, l’Orchestre de Paris, la London Philharmonic, la BBC Philharmonic, la Filarmonica d’Israele, i Wiener Symphoniker e torna per la quarta volta a collaborare con l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai di Torino. Ricopre dal 2013 la posizione di Direttore Musicale Generale a Essen e guida sia il teatro d’opera in prestigiose prime (Macbeth, Vascello fantasma, Don Giovanni, Idomeneo, Jenůfa, Valchiria, Fidelio) sia la Filarmonica in numerosi concerti. Inizia la stagione 2014-15 con il brillante debutto al Teatro dell’opera di Vienna con Rusalka che è subito seguito da La piccola volpe astuta, in sostituzione di Franz Welser-Möst, che suggella un’importante collaborazione nel futuro. Debutta al Teatro dell’opera di Amburgo con La piccola volpe astuta e prosegue la lunga collaborazione con la Semperoper di Dresda. In ambito sinfonico collabora con la London Philharmonic Orchestra, l’Orchestre de Paris e la Filarmonica di Praga. Dirige inoltre la Rundfunk-Sinfonieorchester di Berlino e l’Orchestre Philharmonique di Monte-Carlo. David Garrett Nato ad Aachen, a dieci anni debutta con gli Hamburger Philharmoniker e a tredici è l’artista più giovane a firmare un contratto esclusivo con Deutsche Grammophon. Nel 1999 si trasferisce a New York e si iscrive ai corsi di composizione e musicologia alla Juilliard School studiando con Itzhak Perlman e vincendo nel 2003 il concorso di composizione. Al successo del CD “Virtuoso” del 2007, che ha vinto il premio ECHO Klassic 2008 ed è stato al primo posto delle classifiche negli USA, segue una serie di proprie rivisitazioni di brani classici, dalla “Paganini Rhapsody” basata sul XXIV Capriccio di Paganini fino al rock di “Nothing Else Matters” dei Metallica. Torna alla classica con l’album “Classic Romance” del 2009 con la Deutsche Symphonie Orchester di Berlino e Andrew Litton. Nel 2011 ha suonato nel tour “Rock Symphonies”, al festival di Verbier, al Kissinger Sommer, al Festival Enescu di Bucarest, al Concertgebouw di Amsterdam e con i Wiener Symphoniker, l’Orchestra Filarmonica Nazionale di Russia e la Museumsorchester di Francoforte. Con l’ album “Legacy” (2011, Decca), al primo posto tra gli album classici più venduti in Inghilterra e in Germania, accosta al concerto per violino di Beethoven, che definisce come “l’apogeo del repertorio per violino”, brani scelti di Fritz Kreisler. Nel 2012 una tournée in recital lo ha portato alla Filarmonica di Berlino, Monaco e Colonia, così come all’ Alte Oper di Francoforte e al Gewandhaus di Lipsia con la Sonata a Kreutzer di Beethoven e opere di Kreisler. Nel 2013 ha fatto il suo debutto come attore interpretando Niccolò Paganini ne “Il Violinista del Diavolo “con la regia di Bernard Rose e ha composto le musiche per il film in collaborazione con Franck van der Heijden, dedicando l’aria “Ma Dove Sei” a Bocelli. Ha suonato in tour in Germania e in Svizzera con l’orchestra del Festival Strings di Lucerna diretta da Adrian Prabava, con la Sinfonieorchester di Basilea diretto da Dennis Russell Davies e con la Filarmonica di Amburgo diretta da Cornelius Meister. Nel 2014 ha ottenuto il suo terzo ECHO Klassic con “Garrett versus Paganini” ed è uscito per la Decca il CD con i concerti di Brahms e di Bruch, incisi con la Filarmonica d’Israele diretta da Zubin Mehta. Nel 2015 torna in Italia con l’orchestra del San Carlo di Napoli, con l’Orchestra Filarmonica della Scala di Milano ed è ospite per la prima volta dell’OSN Rai. Garrett è ambasciatore della Fondazione contro la leucemia di José Carreras. Suona il violino Stradivari “A. Busch” del 1716. PARTECIPANO AL CONCERTO VIOLINI PRIMI *Alessandro Milani (di spalla), °Giuseppe Lercara, °Marco Lamberti, Constantin Beschieru, Lorenzo Brufatto, Irene Cardo, Claudio Cavalli, Aldo Cicchini, Patricia Greer, Valerio Iaccio, Martina Mazzon, Sara Pastine, Fulvia Petruzzelli, Francesco Punturo, Matteo Ruffo, Lynn Westerberg. VIOLINI SECONDI *Paolo Giolo, Enricheltta Martellono, Valentina Busso, Roberto D’Auria, Michal Ďuriš, Carmine Evangelista, Jeffrey Fabisiak, Rodolfo Girelli, Antonello Molteni, Vincenzo Prota, Francesco Sanna, Elisa Schack, Carola Zosi, Marcello Miramonti. VIOLE *Ula Ulijona, Matilde Scarponi, Geri Brown, Giorgia Cervini, Massimo De Franceschi, Rossana Dindo, Federico Maria Fabbris, Riccardo Freguglia, Alberto Giolo, Agostino Mattioni, Davide Ortalli, Giovanni Matteo Brasciolu. VIOLONCELLI *Pierpaolo Toso, Giuseppe Ghisalberti, Giacomo Berutti, Stefano Blanc, Pietro Di Somma, Michelangiolo Mafucci, Carlo Pezzati, Stefano Pezzi, Fabio Storino, Ilaria Sarchini. CONTRABBASSI *Cesare Maghenzani, Silvio Albesiano, Gabriele Carpani, Luigi Defonte, Maurizio Pasculli, Francesco Platoni, Virgilio Sarro, Vincenzo Venneri. FLAUTI *Dante Milozzi, Paolo Fratini. Giovedì 12 marzo 2015 ore 18.30 Auditorium Rai “Arturo Toscanini” In occasione dell’esecuzione de Les pêcheurs de perles di Bizet nel 14° concerto OBOI *Carlo Romano, Franco Tangari. Tavola rotonda sul tema “L’India inventata”: Bizet, Salgari e le immagini dell’epoca. Partecipano Ernesto Ferrero, Giorgio Pestelli, Pompeo Vagliani e Cesare Mazzonis. clarinetti *Cesare Coggi, Graziano Mancini. FAGOTTI *Elvio Di Martino, Cristian Crevena. Ingresso libero CORNI *Ettore Bongiovanni, Marco Panella, Emilio Mencoboni, Marco Tosello. TROMBE *Roberto Rossi, Ercole Ceretta, Roberto Rivellini. CONVENZIONE OSN RAI - VITTORIO PARK Tutti gli Abbonati, i possessori di Carnet e gli acquirenti dei singoli Concerti per la Stagione Sinfonica OSN Rai 2014/15 che utilizzeranno il VITTORIO PARK DI PIAZZA VITTORIO VENETO nelle serate previste dal cartellone, vidimando il biglietto di sosta nell’apposita macchinetta installata nel foyer dell’Auditorium Toscanini, avranno diritto allo sconto del 25% sulla tariffa oraria ordinaria. PER INFORMAZIONI RIVOLGERSI AL PERSONALE DI SALA O IN BIGLIETTERIA. TROMBONI *Joseph Burnam, Antonello Mazzucco. trombone basso Gianfranco Marchesi tuba Daryl Smith TIMPANI *Claudio Romano Ascoltare, conoscere, incontrare, ricevere inviti per concerti fuori abbonamento, scoprire pezzi d’archivio, seguire le tournée dell’Orchestra, avere sconti e facilitazioni. In una parola, diventare AMICI. Sono molti i vantaggi offerti dall’associazione Amici dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai: scegliete la quota associativa che preferite e iscrivetevi subito! Tutte le informazioni e gli appuntamenti sono disponibili sul sito www.amiciosnrai.it o scrivendo a [email protected]. La Segreteria degli AMICI dell’OSN Rai è attiva mezz’ora prima di ogni concerto presso la Biglietteria dell’Auditorium Rai, oppure dal martedì al venerdì dalle 11 alle 18, telefonando al 335 6944539. *prime parti ° concertini Alessandro Milani suona un violino “Francesco Gobetti” del 1711, messo generosamente a disposizione dalla Fondazione Pro Canale di Milano. Le varie convenzioni sono consultabili sul sito www.osn.rai.it alla sezione "riduzioni". Redazione a cura di Irene Sala 14° giovedì 12 marzo 2015 ore 21.00 venerdì 13 marzo 2015 ore 20.30 Ryan McAdams | Direttore Paolo Fanale | Tenore Luca Grassi | Baritono Rosa Feola | Soprano Luca Tittoto | Basso Coro del Teatro Regio di Parma Martino Faggiani | Maestro del Coro Georges Bizet Les pêcheurs de perles opera in tre atti su libretto di Carré e Cormon (esecuzione in forma di concerto con elementi semiscenici) CARNET da un minimo di 6 concerti scelti fra i due turni e in tutti i settori Adulti: 24,00 euro a concerto Giovani: 5,00 euro a concerto SINGOLO CONCERTO Poltrona numerata: da 30,00 a 15,00 euro (ridotto giovani) INGRESSO Posto non assegnato: da 20,00 a 9,00 euro (ridotto giovani) BIGLIETTERIA Tel. 011/8104653 - 8104961 - Fax 011/8170861 [email protected] - www.osn.rai.it