www.bellunomagazine.it
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DICEMBRE 20
Anno V n. 19 Editrice Media Belluno srl
Autorizzazione Tribunale di Belluno n. 691/2009 del 26/08/09
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Speciale
Vajont
1963 - 2013
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Sommario
> Storia
Scontro tra
titani:
Jutland 1916
Il periodico gratuito di informazione
ed attualità delle Dolomiti
di Daniele Tormen
Nel breve lasso di tempo tra
MP QEKKMS I MP KMYKRS
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del Nord, una tra le più grandi battaglie navali (forse la
più grande in assoluto) della
storia.
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DICEMBRE 2013
Anno V n. 19 - Editrice Media Belluno srl
Autorizzazione Tribunale di Belluno
n. 691/2009 del 26/08/09 Iscrizione al R.O.C.
Registro Operatori della Comunicazione n. 21851
Direttore responsabile
Andrea Ferrazzi
In redazione
Chiara Reolon
Direzione e amministrazione
Via Monte Grappa, 346 - 32100 Belluno
Editore
Media Belluno srl
Stampa
Tipografia Nero su Bianco - Pieve d’Alpago (BL)
Concept ed impaginazione
Intermedia - Ponte nelle Alpi (BL)
Contatti
Tel. 347 6773331
[email protected] - www.bellunomagazine.it
Hanno collaborato a questo numero:
Roberto Padrin, Barbara Ganz, Tomaso Pettazzi,
Alice Cason, Gabriele Vanin, Elisa Casanova,
El Gianluquinho, Enrico Da Boit, Ettore Saronide,
Barbara Meletto, Sebastiano Saviane, Cristina Muratore,
Claudia Bernabei, Monica Sponga, Eleonora D’Incà,
Daniele Tormen, Sabrina Susanna, Alberto Spinazzi,
Arianna Pasa, Mago Yamil, Marco Vendurin, Ilario Tancon
Qualità
italiana
Foto di copertina: Manuele Sangalli
SIAMO A TUA DISPOSIZIONE!
08 Speciale Vajont Cinquantesimo anniversario del Vajont
10 Speciale Vajont Vajont cinquant’anni dopo,
un imprenditore ricorda quella notte maledetta
11 Speciale Vajont Lo sviluppo economico di una provincia
12 Il Territorio Una Provincia fondata sull’acqua
14 Wedding planner La via dello Zenzero
15 Planetario La cometa ISON
16 Turismo Giappone fai da te
18 Letto per voi Le scarpe dell’allenatore
19 Motori Suzuki S-Cross
21 Storia Federico II, Stupor Mundi
24 Arte Francisco Goya: il sabba della nostra civiltà
26 Provincia di Belluno Nasce AIT Dolomiti
28 Cucina Gastronicchia: I Finocchi
29 Salute Stress e rimedi naturali
30 Attenti al pupo Mali di stagione
34 Sport Lo slittino
Alcuni vantaggi per i nostri
pazienti
PRENOTA SUBITO
LA TUA VISITA
06 Natale a Belluno tra tradizione e novità
33 Filosofia À rebours: la “bibbia” del decadentismo
Dir. San. Dott. Luca Tormen
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05 Editoriale La crisi ci ha cambiato veramente?
20 Piante Spontanee Inchiostro vegetale
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Belluno Magazine
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indiana e il rotolo di salsicce da inserire nel forno.
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appunto il taglio della T.
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esercitare appieno la temibile potenza di fuoco.
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accolta in trionfo.
In realtà lo scontro si conclude in un
sostanziale pareggio ZMXXSVME WXVEXIKMGE
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attesta tre incrociatori inglesi affondati contro
uno e circa 6.000 morti inglesi contro 2500
tedeschi.
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il periodico gratuito di informazione ed attualità della Provincia di Belluno
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marina tedesca è comunque numericamente
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incrociatori da battaglia che fungono da esca per
separare ed attirare parte delle forza britanniche
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modo a intuire le intenzioni del nemico e, oltre
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questo caso ci sono le cannonate e i siluri.
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Jellicoe per gli inglesi, il contrammiraglio Scheer
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orizzontale.
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36 Giornalista per un giorno Dottorclown 4 Kenya
37 Salute Sistemi di analisi computerizzata
38 Racconto Giallo Molto freddo. La vigilia di Natale a Belluno
40 Estero Una giovane storia all’italiana
41 Oroscopo Dicembre 2013
0437 853391
3
Editoriale
La crisi ci ha cambiato
veramente?
di Andrea Ferrazzi
S
entiamo ripetere in continuazione che, dopo la
crisi economica che si protrae da cinque anni,
nulla sarà come prima. Che il mondo è cambiato. Che è indispensabile trovare nuovi modelli di sviluppo. Che dobbiamo rivedere strategie e, soprattutto,
stili di vita. Lo abbiamo capito? Oppure ci illudiamo
che, passata la nottata, tutto tornerà come prima?
Abbiamo la consapevolezza del disagio sociale che ci
circonda o siamo ormai immuni alle sofferenze altrui,
chiusi in un’autodifesa egoistica? Me lo sto chiedendo
da quando ho scoperto che, in una scuola dell’infanzia
della nostra provincia, ci sono bambini che possono
permettersi (economicamente) alcune attività extra ed
altri (pochi) che invece devono rinunciare. Ho manifestato la mia contrarietà a questa situazione ad una
maestra. La sua risposta è stata un ulteriore stimolo
alla riflessione. «Bisogna decidere - mi ha detto - è se
è giusto che i genitori chiedano di introdurre sempre
nuove attività che non possono essere sostenute dalla
scuola, pur sapendo che ci può essere chi non può permettersi ulteriori spese». Ha ragione. Il punto è proprio
questo. Siamo noi genitori a dover prendere atto che
non è necessario chiedere alla scuola (all’asilo!) attività
che esulano dalla programmazione ordinaria, come se
una gita in più o un’ora di piscina alla settimana servissero a crescere meglio i nostri figli. Siamo vittime di
un’ingiustificata smania di offrire tutto e subito ai bambini, magari pretendendo che sia la scuola ad offrire
opportunità che invece spetterebbero alle famiglie. E,
soprattutto, dimenticando che la prima cosa da evitare,
in particolare in un asilo, è la discriminazione. Ma qui la
responsabilità è anche delle istituzioni scolastiche, degli amministratori e degli insegnanti. Perché accettano,
se non per debolezza, l’ingerenza dei genitori, anche
quando questa si rivela palesemente deleteria? Perché
non trovano il coraggio per dire ciò che non va bene?
Perché non si oppongono con fermezza a situazioni a
dir poco inaccettabili? Personalmente ritengo che sia
più importante trasmettere ai bambini il senso di solidarietà piuttosto che proporgli programmi ricchi di
attività. O tutti o nessuno: questo dovrebbe essere e
invece, purtroppo, non è. «Viviamo in tempi irragionevoli», sostiene l’economista Jean-Paul Fitoussi. Possiamo dargli torto?
5
Natale a Belluno
di Ufficio stampa Comune di Belluno
Foto di Manuele Sangalli
Natale 2013: tra tradizione e novità,
per tutto il mese di dicembre
a Belluno si respira l’atmosfera natalizia
Mercatini natalizi, pattinaggio in piazza Duomo e tanti eventi collaterali
è
davvero ricco il calendario di iniziative ed eventi messi a punto dal Comune di Belluno per accogliere cittadini e visitatori in un’atmosfera di festa, all’insegna dell’autenticità e delle occasioni d’incontro,
che rispetto allo scorso anno si amplia, coinvolgendo anche piazza del Duomo:
la grande novità del 2013 è infatti la pista da pattinaggio su ghiaccio.
Tutte le informazioni
sono online sul sito
www.adorable.belluno.it
I “Giardini di Natale” sono aperti tutti i giorni dal 30 novembre al 31 dicembre, dalle 10.00 alle 19.00: all’interno degli storici
giardini di piazza dei Martiri, nelle caratteristiche casette di legno,
gli espositori proporranno creazioni artigianali e artistiche, prodotti tipici, specialità gastronomiche, addobbi natalizi e idee regalo. E
per concedersi una pausa in
compagnia, un caldo bicchiere
di cioccolata calda o vin brulé.
Per i bambini ritorna il simpatico trenino, sistemato sotto
l’albero di Natale.
Resterà aperto più a lungo,
fino al 6 gennaio, il “Giardino di Ghiaccio”: un vero e
proprio villaggio con la pista
da pattinaggio all’ombra della
Cattedrale e del Palazzo dei
Rettori. Piazza Duomo torna così a vestirsi a festa,
grazie ad un allestimento innovativo sia negli
stand che fanno da cornice al pattinaggio, sia nell’atmosfera che darà
il benvenuto ai visitatori, proprio all’uscita dalle scale mobili.
Il Giardino sarà aperto dal lunedì al venerdì dalle 15.00 alle 19.30,
nei festivi e prefestivi dalle 10:30 alle 12:00 e dalle 14:30 alle 23:00.
E’ possibile noleggiare i pattini direttamente sul posto, compresi nel
costo del biglietto (prezzi agevolati per le scolaresche).
Sono numerosi gli eventi in programma, in particolare nei fine settimana. Sabato 14, ritorna il Natale Solidale: un momento di condivisione con le associazioni attive in città, impegnate nel sociale.
Domenica 15, c’è grande attesa per la Santa Klaus Running,
la corsa dei Babbi Natale. Alle 16.30, sul Ponte della Vittoria, la
suggestiva accensione della stella cometa sospesa sul Piave, a cura
dei subacquei dell’Ana e del Club di Belluno. E lo stesso weekend
si vola in mongolfiera sopra Belluno, grazie all’iniziativa benefica a
cura dell’associazione “Una mongolfiera per tutti”. Sabato 21, ecco
il Natale in musica, che porta tra le vie e le piazze del centro l’allegria dei Christmas Carols, per un pomeriggio di concerti diffusi e
canti natalizi. Il 31 dicembre, tutti in piazza per festeggiare insieme
Capodanno.
A fare da corollario, ci sono inoltre serate a teatro, negozi aperti
la domenica pomeriggio, concerti e appuntamenti tra il centro, le
frazioni e il Nevegal.
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7
di Roberto Padrin
SPECIALE VAJONT
Sindaco di Longarone
Cinquantesimo anniversario del Vajont
un bilancio personale
S
e mi avessero chiesto, all’inizio di quest’anno celebrativo, quali
sarebbero stati i nostri obiettivi relativamente al 50. anniversario
del disastro del Vajont, avrei risposto che sognavo di riuscire
ad ottenere il coinvolgimento dei cittadini, dei nostri giovani e
favorire un recupero della memoria in forma unitaria sotto l’egida
della Fondazione Vajont. Un monito che speravo potessimo “regalare”
al nostro Paese, quale monito per un governo responsabile, concreto e
attento alle sensibilità dei suoi cittadini, quando insegue lo sviluppo, perché il Vajont ha insegnato che prima viene deve venire l’uomo e dopo il
benessere. Ora a qualche settimana dal 9 ottobre, con l’anno celebrativo
ancora in itinere e con iniziative di grande spessore ancora in cantiere
(uno su tutti la presenza al Parlamento europeo a Bruxelles) posso dire
che ci siamo riusciti o, quantomeno, abbiamo creato i presupposti per
coglierli”.
LA COMUNITÀ.
Pur comprendendo che la sovraesposizione mediatica può apparire
come un risvolto effimero, posso assicurare che da ogni dove sono arrivati e stanno arrivando messaggi di solidarietà, come fosse il giorno
dopo la tragedia, che segnalano la vicinanza alla nostra popolazione.
è vero i longaronesi sono persone, prima di tutto, umili e schivano la
scena, preferendo incontrarsi tra di loro, come si è potuto vedere nella
giornata del 9 ottobre al Cimitero di Fortogna e poi in Chiesa quando
1.910 lumini esprimevano l’anima dei nostri cari, Vittime della tragedia, e i cuori dei longaronesi in preghiera le hanno fatte rivivere
citandoli uno ad uno. Un’emozione indescrivibile, come quella che
ho provato la domenica successiva a Fossalta di Piave con la “nostra”
Madonna riportata là dove fu trovata e accolta da una folla incredibile.
Un altro momento indimenticabile il Requiem di Verdi, che ci ha offerto
la Fondazione Cariverona, in una chiesa parrocchiale piena all’inverosimile. Sono state le occasioni che mi hanno permesso di capire che anche
i nostri cittadini hanno colto le motivazioni che stavano alla base della
nostra intensità comunicativa, che passava necessariamente attraverso
RICONCILIAZIONE.
Argomento di alto valore morale ed umano, che dopo le analisi e le
riflessioni di queste settimane può diventare “perno” della “Memoria”
all’unisono”.
eventi che a loro volta hanno portato sul Vajont l’attenzione dei media
nazionali e internazionali. ORA IL VAJONT È UN MESSAGGIO
SCOLPITO NELLA MENTE DI TUTTI, UN MONITO INDELEBILE E TUTTA LA COMUNITÀ NE È CONSAPEVOLE”.
BILANCIO DI QUESTE GIORNATE PIÙ SIGNIFICATIVE.
Era nostro obiettivo primario far parlare del Vajont il più diffusamente possibile, della nostra storia e del suo significato. Abbiamo raggiunto
l’obiettivo e la ricaduta su ogni media italiano e molti esteri, lo ha attestato.
Importante era riuscire a coinvolgere le istituzioni ai massimi livelli e ci siamo riusciti. Possiamo dirci soddisfatti, anche perché tutti gli eventi realizzati avevano un fine coerente rispetto al significato universale del Vajont.
Determinante, in questo senso, è stata la partecipazione propositiva
delle associazioni locali che volontaristicamente ne perorano la memoria, instancabilmente. Tuttavia abbiamo ancora davanti due mesi impegnativi che ci permetteranno di amplificare ulteriormente il segno del
cinquantesimo. Sono in programma serate in ogni dove del Veneto e
anche fuori Regione a testimonianza della grande sensibilità di tanti che
vogliono approfondire, ascoltare e rivivere il Vajont come patrimonio
storico e di insegnamento del nostro Paese”.
LE PRESENZE ISTITUZIONALI.
Con la partecipazione alle nostre celebrazioni e con le sue dichiarazioni
il Presidente del Senato, Pietro Grasso ha dato la mano a superstiti e
sopravvissuti ammettendo errori e lacune di uno Stato che non può più
permettersi di sbagliare nel futuro. Riconoscendo la “centralità” simbolo del cimitero delle Vittime e il suo sostentamento a carico dello
Stato ha accesso una fiamma perenne alla “Memoria”. Con la Ministro
alla Pubblica Istruzione, Maria Grazia Carrozza, abbiamo posto le basi
perché il Vajont compaia nei libri di storia. Con il ministro all’ambiente
Orlando e il capo Dipartimento di protezione civile, Franco Gabrielli
posto l’accento sull’attenzione alla gestione del territorio e l’importanza
dell’attività di protezione civile culminata con un’esercitazione che ha
coinvolto migliaia di volontari. Quelle tre giornate di settembre ci hanno
permesso anche di abbracciare i soccorritori del Vajont in un raduno
che rimarrà per sempre scolpito nella mia mente e nei cuori di chi l’ha
vissuto. La presenza del Premier Enrico Letta ha chiuso idealmente il
cerchio attorno alla dimensione istituzionale del Vajont e del proprio
messaggio, che ripreso ad esempio negativo si trasforma in un monito
veramente solenne. Molto importante la sua assunzione di responsabilità rispetto alle nostre istanze, anche a favore dell’autonomia del territorio, per la quale attendiamo con grande fiducia.
L’AUSPICIO.
Che dopo queste luci accese e diffuse a tutto campo, i riflettori non abbiano a spegnersi, relegando il nostro impegno, quello di tutti i longaronesi e dei Comuni colpiti, anzitutto, ad una pratica meramente amministrativa e contingente riuscendo a concretizzare quanto sostenuto con
forza. Ringrazio infine, la mia giunta, gli uffici comunali, i miei colleghi
sindaci di Castellavazzo, Erto e Casso e Vajont, e i tanti volontari che ci
hanno aiutato in queste giornate frenetiche, ma di grande spessore che
hanno riportato l’attenzione sul Vajont che meritava”!.
9
di Barbara Ganz
SPECIALE VAJONT
Giornalista de Il Sole 24 Ore
Il Vajont è lo sviluppo economico di una provincia
C
Vajont cinquant’anni dopo,
un imprenditore ricorda quella notte maledetta
G
irolamo Collarin, classe 1935, quella notte era già a dormire:
il giorno dopo sarebbe dovuto andare a ritirare un carico di
legname, la sveglia era fissata all’alba. La telefonata di uno dei
fratelli gli aveva fatto pensare fosse già mattina. «È partita la diga, vai
giù a vedere», era invece il messaggio. Che fosse crollata la diga, nei
momenti seguenti al disastro - la notte del 9 ottobre 1963 - era quello
che avevano pensato tutti. Invece è ancora lì, meta in questi giorni della
memoria e delle immancabili polemiche.
Il turno di notte - Pochi istanti dopo la telefonata, Collarin era già in
viaggio: destinazione Borgo Piave, dove le Segherie bellunesi avevano
uno stabilimento alla confluenza del fiume, «perché allora l’energia veniva dall’acqua, e i tronchi arrivavano sulle zattere dal Piave». Si lavorava
su tre turni, la paura era per quello dei cinque operai che quella notte
doveva essere sul posto; invece la distanza da Longarone, meno di una
ventina di chilometri, aveva dato il tempo di avvisare, di mettersi in
salvo. Più tardi quella notte, al rientro verso casa, a Ponte nelle Alpi,
«c’erano le colonne degli alpini che salivano - ricorda -. Quando sono
arrivato con altri siamo andati, un po’ in auto e poi a piedi, verso il luogo del disastro. Presto è diventato impossibile proseguire». La mattina
dopo, di nuovo in azienda, «pareva che il piazzale fosse stato pulito con
la scopa, non c’era un granello di polvere. Poi mi sono girato e ho visto le nostre cataste di legname che spingevano lungo l’arco del
ponte della Vittoria». Un danno, all’epoca, superiore ai 35 milioni.
Una delle poche aziende danneggiate al di fuori della zona più vicina
al Vajont. Di un’altra segheria, la Proti, proprio sotto la diga, non è
rimasta traccia: cancellata insieme alla cartiera di Verona.
Un nuovo inizio - «La legge Vajont aveva fatto arrivare da Roma tanti
soldi - racconta Collarin -. Il materiale perduto è stato ripagato subito
al cento per cento. Poi i contributi, in parte a fondo perduto, in parte
a tasso agevolato da restituire in dieci anni, per ricostruire: qui sono
arrivate tante aziende a investire, ed è grazie a questi fondi che Belluno, terra di emigrazione, ha potuto industrializzarsi».
L’imprenditore era parte della commissione che esaminava i progetti
presentati al consorzio nato per la ricostruzione: «Non ricordo casi
di aziende aperte per intascare e poi chiuse o vendute: ogni proposta
veniva controllata a fondo, per vedere cosa voleva fare, se era una
cosa seria». Non si può dire che sia andata sempre così, dopo i disastri
e con paesi e città da ricostruire, in Italia.
Il nuovo sito delle Segherie bellunesi, fondate nel 1800, è stato inaugurato nel 1970, a metà strada fra Ponte nelle Alpi e Belluno: «Sette
anni dopo: perché la prima volta avevamo ripristinato la sede lungo
il fiume, ma nel 1966 era arrivata l’alluvione e allora basta, abbiamo
deciso di venire via da lì». L’onda della crisi - Oggi dei 15 addetti sono
al lavoro circa la metà: il settore dell’edilizia è fra i più colpiti, il lavoro
scarseggia.
Quale l’onda peggiore? «Le persone di una certa età, come me, ne
hanno viste tante di crisi: abbiamo fatto la gavetta, abbiamo visto
tutta l’Italia da ricostruire, anni in cui chi non lavorava qui prendeva la
valigia, ma c’erano i campi, le stalle, tante possibilità di fare qualcosa
per vivere. Per chi è giovane oggi, è tutto più difficile, e non c’è più
la capacità di adattamento che si aveva una volta». Il 9 ottobre sono
50 anni dalla notte della frana, precipitata dal monte Toc nel
lago artificiale. Morirono 1.910 persone. Il Consiglio regionale
del Veneto ha chiesto che la storia del Vajont diventi materia di
studio.
hiusa per lutto. La De Rigo, colosso
La necessità di una sede in una zona meno montuo-
del viaggio, poi ho deciso che ne valeva la pena».
dell’occhialeria made in Belluno, nel
sa, dove l’espansione era difficile, e il forte legame
Bruno Bellò è il fondatore della Clivet di Villapaiera,
giorno del cinquantesimo anniversario
della famiglia con il territorio avevano fatto scegliere
Feltre: lo scorso giugno era sul palco dell’assemblea
della tragedia ha in cancelli sbarrati. Come ogni
proprio Longarone. «Il duro lavoro della gente di qui
degli industriali del comprensorio Belluno-Dolomiti,
anno, come tutte le aziende delle zone industriali nate
ha fatto crescere l’azienda» racconta l’amministratore
simbolo di una ricostruzione che aveva fatto nascere
dopo il Vajont, grazie alla legge (la457 del 1963 e 357
delegato Maurizio Aracri. Tanto che il 20 ottobre 1995
aziende, zone industriali, posti di lavoro, in una provin-
del 1964, provvidenze a favore delle zone devastate
le azioni ordinare De Rigo vengono quotate al NYSE di
cia poverissima. «Nel nostro caso, l’aiuto era consistito
dalla catastrofe del 9 ottobre 1963) che sosteneva
New York. Il ricordo è quello di una gestione attenta e
in una esenzione decennale dalle imposte e in un con-
economicamente chi voleva investire sulla provincia.
pratica degli aiuti: «Nel nostro caso gli incentivi sono
tributo in conto interessi sull’investimento». L’azienda
Nell’ottobre 2011 il Conib, consorzio nato per volon-
durati circa tre anni, a livello locale c’era una grande
è nata nel 1992, oggi progetta, produce e distribuisce
tà del deputato Gianfranco Orsini per gestire il post
attenzione e competenza nel valutare i progetti. E fi-
sistemi in pompa di calore per la climatizzazione, il
emergenza e i relativi fondi, si è riunito per l’ultima
niti i contributi, mai si è messa in discussione questa
riscaldamento, il rinnovo e la purificazione dell’aria,
volta: secondo le stime ha creato 6mila posti di lavoro,
localizzazione. L’azienda macina risultati: lo scorso
con 550 dipendenti in Italia e circa 300 all’estero. La
quattro aree industriali, con effetti ben oltre la città di
febbraio ha presentato un fatturato retail di 340 mi-
sede in zona industriale Villapaiera si è ampliata, con
Longarone.
lioni, +6% sul 2011, solo per il marchio Police. Tutti i
l’acquisizione di una unità rimasta vuota. «All’epoca il
giorni, ma non oggi che a Longarone, dove lavora un
ricordo è di grande serietà di chi gestiva i fondi della
DE RIGO - L’anno è il 1993: l’indirizzo, la zona in-
migliaio di persone (3mila i dipendenti totali De Rigo)
legge Vajont», racconta Bellò. Oggi i problemi sono gli
dustriale Villanova di Longarone. I fratelli De Rigo
si chiude per lutto.
stessi di tante altre aree industriali: «I camion per raggiungerci devono attraversare il paesino di Anzù, con
avevano già fondato a Limana, Belluno, nel 1978 la
Charme Lunettes, una piccola realtà artigianale che
CLIVET - All’inizio, tutta quella strada ogni giorno
le sue strade strette: dopo tanti anni manca ancora
impiegava 30 operai e si occupava della produzione
pesava eccome: «Abitavo a Bassano del Grappa, non
una strada di accesso degna di questo nome».
in conto terzi di occhiali da sole, montature e com-
c’erano ancora le bretelle e i collegamenti di oggi, che
ponenti per montature da lenti correttive. Dopo 15
hanno ridotto il tragitto a 45 minuti di auto. Mi sono
anni di esperienza, l’ingresso nel modo delle griffe.
chiesto a lungo se sobbarcarmi la fatica quotidiana
articolo tratto dal blog “Il cielo sopra San Marco”
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11
Il Territorio
di Tomaso Pettazzi
Una Provincia fondata sull’acqua
Laudato si’, mi’ Signore, per sor’aqua, la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta.
(da”Cantico delle creature” di Francesco d’Assisi)
I
l Bellunese è ricco di fiumi e torrenti che da sempre hanno fornito
energia alle varie attività umane e ne hanno caratterizzato la storia nei
secoli. Si pensi all’attività dei ‘zater’, eredi dei vecchi ‘dendrophori’ romani, addetti nei secoli alla fluitazione del legname, sciolto o annodato in
zattere, lungo i principali corsi d’acqua (Piave, Boite, Cordevole),. Attività
che per secoli convogliò ogni anno verso la pianura e la Laguna veneta
oltre 300.000 tronchi commerciali (4 metri abbondanti). La periodica rievocazione della fluitazione di tronchi e di zattere, che viene praticata in
estate lungo il corso della Piave, alternativamente con altre realtà analoghe
in Austria o Slovenia, è un’entusiasmante riscoperta di questa professione
che coinvolgeva non solo i “zater”, ma numerosi altri mestieri artigiani
che tramite essa esportavano in pianura i loro prodotti (pietra da costruzione, mole, metalli, carbone, gesso, alimentari, ecc). La fluitazione lasciò
segni importanti nelle località che attraversava: in architettura
con la realizzazione dei cidoli e delle stue, sorta
di sbarramenti atti a produrre piene artificiali
con le quali far scorrere a valle i tronchi; nella
toponomastica con le denominazioni specifiche di alcune località: Tai di Cadore e Taibon
agordino (da taglio, pezzo di legno), Porto di
Perarolo, Nave di Mel, Prato di San Marco a
Santa Giustina, ecc.
L’acqua faceva funzionare, attraverso le rogge
che la convogliavano in ogni dove, centinaia di
mulini (oltre 500 ancora a fine XIX sec.) per la
macinazione del granoturco e dell’orzo, nonché
le innumerevoli officine, segherie e falegnamerie
che realizzavano manufatti e tavolame per edilizia
che venivano esportati in Italia e pure all’estero. Nel Feltrino si sviluppò
l’arte della lana, che utilizzava la forza dell’acqua per la follatura dei tessuti;
questa attività giunse a tale redditività che si formò addirittura una potente
Corporazione. Ad essa seguì la produzione della seta tramite l’organzino,
con contemporaneo allevamento del baco da seta in Feltrino e vallata bellunese. Questo spiega come fino a pochi anni fa esistessero in Provincia
numerose fabbriche di tessuti, eredi di quell’ antica arte. La carta è un altro
settore che ebbe un forte sviluppo tra Seicento e Settecento, specie a Vas,
data la vicinanza di Piave e di risorgive naturali, che permettevano con
continuità la battitura di stracci con battiferro dalla testa di legno; erede di
questo antico sapere è l’attuale Cartiera di Santa Giustina. Infine, sempre
legata alla forza dell’acqua, ecco l’arte della concia delle pelli, con forte
presenza a Feltre, lungo i torrenti Colmeda e Sonna, e a Belluno, lungo
l’Ardo e il Piave (pensiamo alla conceria Colle, attiva fino agli anni Sessanta del secolo scorso). Un’attività che rese famoso il Bellunese nel mondo
fu certamente la produzione delle spade; a Belluno in mulini lungo l’Ardo,
in località Busighel e Fisterre, nel XVI secolo, venivano prodotte dai fra-
telli Ferara fino a 25.000 spade all’anno, destinate alle più importanti corti
europee. Naturalmente ciò era anche dovuto all’utilizzo di ottimo ferro
proveniente dalle miniere di Zoldo ed Agordino. Più recentemente, da
un secolo in qua, l’acqua è divenuta fondamentale nel campo dell’energia
elettrica. L’insieme delle centrali idroelettriche realizzate in Provincia fa
parte del Sistema nord-orientale e genera una quantità di energia notevole
in campo nazionale, pari al 5% del totale prodotto. Questa tipologia di
produzione dimostra sempre più il suo valore intrinseco, in riferimento al
continuo aumento di costo dell’energia prodotta da fonti fossili (petrolio)
e minerali (carbone) e alla loro ecosostenibilità (inquinamento ambientale), nonché all’ apprezzamento del Dollaro sull’Euro. E’, e sarà sempre
più, il primo esempio di energia verde, riciclabile, anche se devono essere
presi in considerazione alcuni problemi che si presentano negli anni (uno
tra tutti l’interramento del sito). La rinegoziazione
dei canoni pagati dai gestori delle centrali (Enel
in primo luogo, ma pure da gestori privati, anche locali) in virtù di un utilizzo che deve essere
remunerato alla collettività, nonché il pagamento
di congrui tributi IMU ai Comuni nel cui territorio
esse sorgono (ora purtroppo destinati allo Stato,
in virtù dell’ultima legge di stabilità*), possono
portare a consistenti gettiti economici. Ho detto
volutamente utilizzo e non “sfruttamento”; in tal
senso v’era stato un approccio a questo business
a cavallo degli anni ’50 e ’60 del secolo scorso, ripropostosi purtroppo anche recentemente, che ha
portato sciaguratamente alla tragedia del Vajont.
Ma l’acqua ha pure un enorme valore per i Consorzi irrigui di
pianura, che se ne avvalgono per irrorare le coltivazioni. Attualmente
viene loro ceduta a prezzi irrisori, se li paragoniamo al prezzo a noi addebitato dalle Società gestrici degli acquedotti. Il valore totale di queste
potenzialità è di decine di milioni di € all’anno, ma tale realtà, nella sua
giusta dimensione, sfugge ai più.
Recentemente pure il 3% dell’ammontare della tariffa che da ciascuna
Autorità d’Ambito territoriale ottimale (Aato) era tenuta a trasferire alla
nostra Provincia (non per gentile concessione, ma quale concorso nella
realizzazione delle principali manutenzioni in ambito idraulico), con decorrenza dal 2005, ma mai messa a regime, per un valore di una decina
di milioni di € annui, è stato messo in discussione con la revisione e la
futura cessazione degli Aato stessi e con la recente decisione della Consulta di impugnare la delibera in tal senso della Regione Veneto. Inoltre il
valore anche “economico” del territorio è stato rivendicato in un recente
incontro organizzato dai Lions bellunesi, dove è stato sottolineato che la
sinergia tra pubblico e privato può/deve basarsi sul riequilibrio di valore
tra apporto di capitali (privati) e disponibilità di siti (pubblici) atti all’utiliz-
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zo idroelettrico. Le centinaia di richieste ai Comuni di derivazione idrica a
fini di produzione idroelettrica cui si assiste in questi ultimi tempi (grazie
ad un sistema di incentivi gonfiati, dai “certificati verdi” al “ritiro dedicato”) devono far ripensare ad una governance sovracomunale, che molti
giudicano debba essere assunta dalla Provincia. In tal modo il ritorno economico potrà essere distribuito su tutte le collettività, senza generare una
sorta di cittadini di serie A e di serie B, lasciando i primi cittadini, continuamente alla ricerca di fondi per sopperire ai continui tagli di risorse, in balia
di avventurieri che con un piatto di lenticchie si assicurerebbero le nostre
primogeniture. Si assiste, al contrario, a continue, singole dispute tra Comuni e Regole, da una parte, e soggetti privati dall’altra. Questi ultimi, forti
di una recente decisione regionale che dichiara la produzione idroelettrica
di interesse nazionale, perché fonte rinnovabile, riescono a bypassare le
competenze comunali, raggiungendo lo scopo di accentrare a sé la quasi
totalità dell’utile risultante.
Si aggiunga che l’art. 37 del decreto Sviluppo del Governo Monti introduce nuove procedure per l’assegnazione delle grandi concessioni
scadute o in scadenza, che mira apertamente a far cassa a danno delle
nostre Comunità, introducendo l’offerta economica a favore dello Stato
quale criterio prioritario per l’assegnazione delle concessioni stesse. Che
già sono regolate da disposizioni contenute in una legge datata 1933 che
favorisce coloro che promettono la massimizzazione della produzione.
Questi sono gli aspetti negativi di una partita che, se correttamente gestita,
sarebbe di enorme beneficio per la collettività ed invece assurdamente
rientra fra i fattori di criticità. Faccio presente che il valore dell’energia
elettrica prodotta nel Bellunese è più di 1,2 miliardi di €. Ben diverso è
l’approccio all’argomento delle Province autonome di Trento e Bolzano,
che alla scadenza delle concessioni di Enel o Edison sono loro subentrate,
con maggioranza di quote, potendo così realizzare consistenti utili, oltre
che mettersi in situazione di autosufficienza in vista di un futuro energetico sempre più dubbio. E’ interessante notare che i timori sulla possibile
perdita del bene acqua a favore di soggetti terzi furono evidenziati fin dalla
fine dell’Ottocento. Un dibattito importante si ebbe in seno alla CCIAA
bellunese riguardo un progetto di derivazione delle acque del Piave a scopi
industriali ed irrigui della pianura, tramite canali, attraverso il lago di Santa
Croce ed il Fadalto. L’Amministrazione evidenziava molti più danni che
benefici, appoggiando in ciò gli odg di numerosi Enti locali, definendo il
progetto “disastroso”, facendo voti che venisse promossa “la utilizzazione della forza idraulica del Piave lungo il suo corso naturale”, per favorire
la nascita di nuove industrie e potenziare le esistenti. Anche nel 1911 un
odg molto circostanziato e deciso si schierava contro la richiesta della ditta
Zara Breda e C. di derivare l’acqua del Piave verso il Meschio in modo perenne, elevandosi “a difesa di sacrosanti diritti” contro “l’esclusivo vantaggio della speculazione privata, senza arrecarne alcuno ai paesi che risentirebbero tutto il danno”. E poi ancora nel 1917 il Consiglio Camerale si
oppose alla concessione governativa di usare l’acqua del Piave deviandola
verso il Vittoriose, qualificando ciò come una “sottrazione pura e semplice della ricchezza della Provincia di Belluno”, reclamando comunque
almeno “adeguati compensi”. A metà del secolo scorso, ancora la CCIAA
col Presidente De Conz, nell’ambito della futura legge per la montagna,
propose risarcimenti ai danni che venivano arrecati con la privazione delle
risorse idriche, attraverso una sovrattassa che gravasse sulle imprese idroelettriche e sul costo dell’energia stessa prodotta, devolvendone i proventi
alle zone montane danneggiate. La proposta fu inviata alle consorelle venete e di tutto l’arco alpino. Al solito quelle venete furono le più fredde, mentre l’adesione più convinta venne da Bolzano, il cui Presidente
Walther tenne a precisare che tale provvedimento era già in vigore nella
regione Trentino-Alto Adige/Südtirol. Provvedimento ulteriormente rivisto, a favore, lo scorso 22 ottobre 2012. Anche il Presidente Luciani, nel
1980, durante un convegno sulla questione energetica, toccò i nodi cruciali: uso della risorsa acqua, tutela del territorio, “sovracanoni” idroelettrici, politiche dell’Enel, ristori a favore dell’ambiente. La storia ci dice che
invece avvenne il contrario degli auspici, la Sade (quindi l’Enel) divenne
monopolista e si giunse al disastro del Vajont. Mi preme sottolineare questa mission, anche politica, che la Camera di Commercio di quei decenni
avocava a sé a favore del territorio; auspichiamo che pari impegno venga
profuso dalla attuale dirigenza e che essa, in questa situazione di stallo, si
proponga decisamente come catalizzatore delle forze cui veramente sta
a cuore il nostro futuro. Il risultato scaturito dagli “Stati generali” indetti
dalla precedente amministrazione non lascia purtroppo ben sperare. Cito
inoltre gli “Atti della Commissione Interministeriale per lo studio della
sistemazione idraulica e della difesa
del suolo”, cosiddetta Commissione De Marchi, istituita nel 1967 a
seguito della spaventosa alluvione
del 1966 e pubblicati nel 1974. Il
disastro viene ricordato soprattutto per le distruzioni provocate al
patrimonio artistico di Firenze, che
tanto scalpore suscitò nel mondo,
ma si deve ricordare che esso causò nella nostra Provincia 24 morti
e danni enormi. Ebbene, proprio
la Commissione tecnica nazionale,
nella parte dedicata al Bacino del
Piave, evidenziò chiaramente la pericolosità del continuo sfruttamento
sistematico a fini irrigui ed idroelettrici e l’evidente depauperamento che
ciò avrebbe in ogni caso provocato al tessuto orografico e allo sviluppo
economico provinciale.
Infine, nel settore turistico, l’aspetto lacustre è legato alla ricchezza delle
acque negli invasi esistenti. Misurina, Alleghe, Centro Cadore, Santa Croce, Mis e Corlo hanno sviluppato un’economia di un certo spessore che
purtroppo è periodicamente messa in ginocchio dai prelievi dissennati da
parte dei Consorzi irrigui, a ciò spinti dall’esiguità del costo dell’acqua praticato, che permette loro, a nostro svantaggio, di non utilizzare moderne
metodologie di irrigazione meno idrovore. Si può quindi affermare che
l’acqua è sempre stata simbolo di ricchezza, ma pure di sfruttamento e
causa di lutti, per le nostre Collettività. Sta a noi stabilirne l’uso più corretto per lo sviluppo della nostra economia e la salvaguardia del nostro territorio. E questo compito ci deve essere riconosciuto da Regione e Stato
centrale.
*La Legge di Stabilità approvata in via definitiva (all’art.1 co.137 ddl n.
3584) riserva un’importante attenzione alle aree montane. Introduce, infatti, l’obbligatorietà al pagamento del sovracanone idroelettrico (che rappresenta l’entrata dei Consorzi di Bacino Imbrifero Montano) per tutte le
centrali idroelettriche le cui opere di presa siano ricomprese all’interno del
territorio dei Bim. E pertanto dovranno pagare anche gli impianti che prelevano l’acqua dal territorio bellunese per produrre energia elettrica lungo
i canali di bonifica della pianura veneta. Si calcola che questo porterà al
territorio bellunese 1.300.000 € in più all’anno. Tuttavia, la stessa Legge
di Stabilità va a cancellare l’entrata Imu per i Comuni sulle centrali idroelettriche pari a 1.200.000 €/anno circa, che andrebbero tolti ai Comuni
per confluire nella casse dello Stato. Le centrali idroelettriche, infatti, sono
classificate categoria “D - opifici”, e dunque l’Imu prelevata è riservata
allo Stato dalla Legge di Stabilità. Così anche i Comuni, come i privati,
proprietari di centraline idroelettriche dovranno versare tutta l’Imu allo
Stato. Siamo in presenza, insomma, di una manovra a saldo vicino allo
zero: con il piccolo dettaglio che i sovracanoni sono aleatori (come dimostrato più sopra) mentre l’ammontare dell’IMU è certo. Solo e sempre
cambiamenti in peggio.
Tomaso Pettazzi Belluno, 6 aprile 2013
Bibliografia
“Uomini e Macchine idrauliche”, R. Tabacchi; D. De Martin, Tipolitografia Print House snc, Cortina d’Ampezzo,2010.
“Il Piave”, a cura di A: Bondesan, G. Caniato, F. Vallerai, M. Zanetti; ‘Gli opifici
idraulici’, e ‘Commerci e navigazione nel bacino plavense’, pag. 291-333.
“Impianti del Piave. Sistema nord-orientale”, Enel, Grafiche De Bastioni,
V.Veneto, 1991
“La Camera di Commercio di Belluno”, a cura di A: Amantia, Isbrec, Cleup
s.coop., 2006 pag.148/151, pag.267/276, pag.321,
“Le Alpi che cambiano”, M.Pascolini, Forum, Udine, 2008, pag.43
“Atti della Commissione Interministeriale per lo studio della sistemazione
idraulica e della difesa del suolo”, Tipolitografia Edigraf, Roma, 1974
“Canopi e Nobilomeni, Storia e Miniere nell’Agordino”, S.Tazzer, ed. Kellermann,
Vittorio Veneto, 2012, pag.16,17.
“La società e l’economia bellunese nei primi decenni del Novecento”, a cura di
G.Larese, M.Sandi; Tipografia Piave srl, 2012
“Ruote ad acqua lungo il Vesès”, D. Bartolini, Editrice DBS, Rasai di Seren del Grappa,
2005
“Le schiavone bellunesi per la repubblica di Venezia”, G. Rotasso, articolo in Bellunopress, 2009
13
Foto di Alberto Bogo
Di matrimoni io non ne so nulla.
Non mi sono mai sognata in abito bianco e carrozza, nel
“giorno più bello della mia vita”. Un giorno però capito
a Borgo Piave in Via Rugo, 58 da Zenzero a Velo di Isa
Cargnel, professione wedding planner.
E’ un luogo accogliente: legno bianco, divanetti rosa antico,
pasticcini e caffè. Isa organizza matrimoni su misura: in
una villa elegante, in riva al lago o in una galleria d’arte.
A voi la scelta.
La wedding planner, volendo, si occupa di tutto: dalla
location al catering, dalla confettata (che scopro essere
l’ultima moda, in fatto di matrimoni) alla musica.
Isa Cargnel – oltre a essere wedding planner è anche
grafica – lo fa con un’attenzione speciale anche ai più
piccoli dettagli. Io non vado matta per i matrimoni: per
le cose belle sì, però. Un pranzo allestito in una serra,
circondati da fiori, mi piace. Così come trovare i confetti tra i limoni, in un matrimonio in giallo. O ricevere un
invito fatto con cura, azzurro dello stesso azzurro delle
ortensie del buffet.
Zenzero a Velo però non è solo cura del dettaglio e trovate creative, delicate: “Quello che più mi fa piacere – racconta Isa – è sapere che gli sposi hanno vissuto il matrimonio in maniera rilassata: vuol dire che sono riuscita a
fare bene il mio lavoro. Che consiste nel farmi carico degli
aspetti burocratico-organizzativi al posto loro”.
Fate un salto da Zenzero a Velo, curiosate sul sito
www.zenzeroavelo.it . Ma vi avverto: rischiate di uscire
con la voglia di farvi organizzare un matrimonio anche se
siete cronicamente single.
di Gabriele Vanin
Planetario
La via
dello Zenzero
di Alice Cason
La cometa ISON
S
arà anche vero, come diciamo sempre, che “le comete sono come
i gatti, perché hanno la coda e fanno quello che vogliono”,
ma questa volta forse la ISON ha esagerato. Nei 14 mesi passati
dalla sua scoperta, a opera di Vitali Nevski e Artyom Novichonok, con
un telescopio di 40 cm appartenente all’International Scientific Optical
Network (una rete di 30 telescopi appartenenti a 20 osservatori sparsi in
10 paesi, che monitorano i detriti spaziali presenti nella fascia dei satelliti
geostazionari) la ISON ha fatto di tutto e il contrario di tutto. Le prime stime sulla luminosità che doveva avere intorno ai giorni del passaggio
al perielio, il 28 novembre scorso, la davano 50 volte più luminosa della
Luna piena e quindi facilmente visibile in pieno giorno a poca distanza dal
Sole. Avrebbe dovuto essere perciò la cometa più luminosa mai apparsa.
Nei mesi seguenti, tuttavia, queste stime venivano riviste al ribasso. Durante l’estate, addirittura, l’attività della cometa non si risvegliava e perciò
presso gli addetti ai lavori si diffondeva una cupa aria di pessimismo. Intorno al 13 novembre, tuttavia, la cometa aveva un outburst, aumentando
la sua luminosità di 10 volte, e allineandosi così alle stime intermedie, che
la davano comunque come un oggetto piuttosto cospicuo forse visibile di
giorno intorno al perielio, e sicuramente ben visibile a occhio nudo, con
una lunga coda, dal 5 al 15 dicembre. Nelle prime ore dopo il perielio,
però, la sera del 28 novembre, la cometa è sembrata
letteralmente disintegrarsi, nelle immagini delle sonde solari della NASA
e dell’ESA. Nondimeno, appena poche ore dopo ha ripreso vigore, la
chioma è ridiventata luminosa, si è riformata una coda, più corta di prima, ma più luminosa e doppia. L’illusione è durata fino al mattino del 30
novembre, quando la ISON ha cominciato a indebolirsi gradualmente
sotto l’azione della sferza solare, mostrando che di
lei era rimasta solo una nuvola di polvere, che
pian piano sta indebolendosi sempre più nelle immagini spaziali. La conseguenza di tutto
ciò, ovviamente, sarà che nelle prossime mattine non vedremo niente dello spettacolo tanto
annunciato.
Purtroppo, il 2013, annunciato come l’anno
delle due comete, non è stato molto fortunato.
La PANSTARRS, a marzo, pur essendo pari
alle attese, si è vista poco e male, a causa della
scarsa altezza sull’orizzonte e di un tempo infame, e la ISON ha deciso di suicidarsi. É dal
1997, dai tempi della Hale-Bopp, che non
compare una Grande Cometa, e sarebbe
veramente tempo! incrociamo le dita...
Finalmente appare a stampa, dopo ben sette anni di lavoro:
Gabriele Vanin
Catasterismi: l’origine, la storia, la mitologia delle costellazioni
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15
Turismo
di Elisa Casanova
infatti nulla di grave è successo e, passato il pericolo, è tornato a
splendere il sole.
Il Giappone è così ben organizzato, soprattutto con i trasporti,
che siamo riusciti a pianificare tutto il viaggio da soli e... da casa!
Abbiamo prenotato tutti gli alberghi (di cui due ryokan, tipiche
sistemazioni giapponesi dove si dorme sul futon e si cammina
rigorosamente sui tatami) via internet e acquistato il conveniente
pass per i treni JRP prima di partire.
Abbiamo mangiato sushi, sashimi, tempura, udon, shuba
shuba, wagashi-dolci per quindici giorni e sempre e solo con
le bacchette.
Ci sono piaciuti l’onesta, la compostezza, il rigore e la disponibilità dei giapponesi. Non è stato difficile immergersi in
questo bel paese dove ci siamo sentiti sicuri, a nostro agio e ben
accolti... Basta! Non diciamo altro e lasciamo il resto alla vostra
curiosità, che magari un giorno porterà anche voi in questo bel
pezzo di mondo!
Se avete domande, curiosità, o desiderate qualche dritta per organizzare il viaggio, contattateci all’indirizzo e-mail
[email protected].
Giappone fai da te
C
osì diversi, così belli i giapponesi e la loro terra.
Il Giappone è un territorio unico, lontano da noi, non solo
geograficamente, ma anche nella cultura, ed è proprio questa la ragione che ci ha portati a visitarlo.
In quindici giorni - dal 9 al 23 settembre – abbiamo trascorso una
settimana a Tokyo, con escursioni a Nikko, Kamakura e Hakone per
ammirare il monte Fuji, simbolo del Giappone, e poi via, prima a
Takayama, ai piedi delle alpi giapponesi, poi a Kanazawa, con il suo
bellissimo giardino-parco e infine a Kyoto, con i numerosi santuari,
templi e la sua atmosfera tipicamente nipponica.
Abbiamo trovato Tokyo una grande città, caotica, piena di negozi
e, sinceramente, le abbiamo preferito Kyoto, più piccola e a misura
d’uomo; bellissima la sua foresta di bambù. Takayama, piccola città
ai piedi delle montagne, ci è piaciuta più di tutte: abbiamo respirato
la tradizione nel mercato di paese, visto i vecchi quartieri ancora
integri e i negozi dei produttori di sakè, la bevanda tradizionale giapponese. Bellissime sono anche Nikko e Kamakura, ricche di santuari
e templi molto affascinanti.
Hakone ci è piaciuto meno, un paesino molto turistico, punto di
partenza per le escursioni verso il monte Fuji: interessante solo un
luogo, alle pendici delle montagne, dove vendevano uova “nere”
sode bollite nelle acque sulfuree della montagna.
Tra Tokyo e Takayama (circa 500 km di treno) abbiamo anche incontrato un tifone: il treno è stato fermo per ore in una stazione, per
attendere prima il passaggio del tifone e poi il ripristino della linea
ferroviaria. Per noi è stato un momento di grande agitazione ma, gli
altri passeggeri del treno, sicuramente più abituati di noi a fenomeni
atmosferici di questo tipo, erano tutti tranquilli: ci siamo rivolti a
uno dei passeggeri per essere rassicurati e lui ci ha confortato dicendoci “Tranquilli, dopo il tifone torna sempre il bel tempo!”. E
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Ma è anche altro il libro “Le scarpe dell’allenatore” pubblicato
per Piazza Editore dal trevigiano (con diramazioni bellunesi) Stefano Masini, nuovo esponente del già ricco panorama veneto del
giallo d’autore.
La storia è ambientata nel microcosmo del calcio dilettantistico veneto dei primi anni ‘80 e offre un lucido spaccato di quel mondo e
di quell’epoca, un passato prossimo senza internet e senza cellulari,
con campetti ai bordi delle strade, dove cominciavano appena ad
affacciarsi imprenditori rampanti. Si parla di Enzo Bearzot e Marco
Tardelli, o di Sparwasser, sconosciuto calciatore della Germania Est.
Si parla anche di lire, di automobili come la Ritmo, della Dc, delle
prime discariche e dei primi grandi ipermercati, ci sono canzoni di
Vasco Rossi e Francesco de Gregori o di musicisti di nicchia come
Loj e Altomare. Si parla anche di “schei”.
In definitiva il libro ci racconta come eravamo ieri, ma quando
lo finisci ti viene il sospetto che un po’ così lo siamo anche oggi, e
che i vizi del presente siano cresciuti proprio allora, quando eravamo
campioni del mondo, e anche il Veneto, in altri campi, stava per diventarlo. E che proprio allora abbia cominciato a perdere, perdendo
l’innocenza.
Ti viene anche il sospetto che il mondo si possa capire, e forse vedere meglio, in un paese, magari dentro una scocietà sportiva, o un
Suzuki
S-Cross
campo di calcio.
Oltre a tutto questo c’è la
trama, che funziona ad orologeria, grazie anche allo stile
asciutto e veloce dell’autore,
con meno di 200 pagine di
repentini cambiamenti di registro e di scena.
di Enrico Da Boit
Aspetto: la gamma della
casa francese si arricchisce
di un SUV dalle linee morbide e moderne, in linea col ad essere una agguerrita competitrice nel Su strada: WY WXVEHE VMWTIXXS EPPE ³KIQIPPE´
GLI ½R´SVE r WXEXS HSQMREXS HEPPE %7<HEGYMHIVMZEWMRSXEYREQEKKMSVIVMGIVGE
corso stilistico intrapreso WIKQIRXS
HIP GSQJSVX HM KYMHE WME TIV UYERXS VMKYEVHE
2MWWER5EWLUEM
che prevede un frontale Interni:TIVTSXIVGSQFEXXIVIIJ½GEGIQIRXI PEHMREQMGEHIPZIMGSPSWSRSWXEXIQSHM½GEXI
RIPWIKQIRXSHIMWYZHMXEKPMEQIHMEPE'MXVSën PIWSWTIRWMSRMWMETIVPEWMPIR^MSWMXkMRQEVGME
caratterizzato dall’ormai RSRTSXIZEXVEWGYVEVIHMGYVEVIKPMMRXIVRMGYMr 3ZZMEQIRXIGSRPEQEKKMSVIHSXE^MSRIWMTEKE
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GSWvKMkHMTVMQSMQTEXXSHMFYSREUYEPMXk
doppio Chevron che si pro- 0E TIPPI EFFSRHE I VMZIWXI TYVI MP FVEGGMSPS categoria non è la prima cosa che guarda.
In generale si
Aspetto
Su nota
stradalo sforzo -P QSXSVI HIP QSHIPPS SKKIXXS HIPPE TVSZE r
lunga sin sui fari dal taglio centrale.
P´ PMXVM XYVFSHMIWIP HM SVMKMRI 1MXWYFMWLM HE
di fare con
unFiatsalto
avanti
poter
la vettura, con cui la casa giapponese abbandona la joint-venture
che La
S-Crossper
oggetto
della prova
GZGLIWEEWWSPZIVIIKVIKMEQIRXIMPTVSTVMS
competere
con uneraprodotto
aggressivo.
aveva
prodotto la SX-4/Sedici, discende direttamente dal
prototipo presentato
equipaggiatacurato
con il motore
Anche a Belluno “Le scarpe
dell’allenatore” è disponibile
in libreria, oltre che on line al
sito www.piazzaeditore.it.
Stefano Masini è nato nel 1962 e vive da sempre nella provincia di
Treviso, laureato in Lettere Moderne, lavora attualmente come funzionario in un ente locale.
È stato per diversi anni giornalista televisivo ed è iscritto all’Albo
dei giornalisti professionisti. Calciatore dilettante in gioventù, oltre
che di calcio, è appassionato di musica. Ha realizzato alcuni video, in particolare per la scuola. È autore di musiche e testi delle
sue canzoni, raccolte in un album di prossima uscita.
Vi augufersate
Buone
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LIMANA (BL) - Via Refos, 17 - Tel. 0437 969844
in ogni dettaglio 0E WIHYXE r GSQI MR compito soprattutto considerando la mole
al0´EWTIXXSrQEWWMGGMSIHMQTSRIRXIRSRSWXERXI
salone di Parigi del 2012 ed è un inedito.
turbodiesel 1.6 litri da 120cv.HIPPEZIXXYVEHEMEMOKEWIGSRHEHIP
In
XYXXIPIZIXXYVIHMUYIWXSWIKQIRXSVMEP^EXEI
PI QMWYVIprofuso
XYXXS si
WSQQEXS
\ TIVQIXXIYR´SXXMQEZMWYEPIMRSKRMHMVI^MSRII
L’impegno
nota già aGSRXIRYXI
prima vista,
in quanto
rispetto al precedente moto si fa subito apprezzare QSHIPPSHERHSPEKMYWXEGSTTMEUYERHSWIVZI
per
\Q
e limitando i consumi ai 15 km/l reali.
contempo
di tenere
veicolo
la linea è passata da un approccio sulla falsarigaal della
Golf ad un
look lasotto
fluiditàcontrollo
di marcia esenza
per la rispo2SRSWXERXI PE FEWI HM TEVXIR^E WME P´%7< HM problemi la strumentazione e il sistema di 0EZIXXYVEGSRUYIWXSTVSTYPWSVIrEPQSQIRXS
più
slanciato
e
tipico
delle
cross-over.
L’intento
è
chiaramente
quello
di
venire
sta
pronta
e
convincente
già
1MXWYFMWLMWMRSXEP´MQTVSRXEGLIrWXEXEZSPYXE MRJSXEMRQIRXFIRZMWMFMPMMRSKRMGSRHM^MSRIHM ildatop di gamma col sistema 4wd a richiesta.
incontro
al potersi
gusto contemporaneo
e di mettere
a disposizione un veicolo mul- 1700 giri/minuto. La coppia è abbondante e la spinta si avverte distintamente per
dare per
distinguere dalla
giapponese,
UYIWXS TIVQIXXI MR GSRHM^MSRM RSVQEPM HM
luce e di immediata utilizzazione.
VMWTIXXS
EPPE UYEPI
LEdimensioni
YR´EVME maggiori
TM€ WXMPSWE
tiuso.
La S-Cross
ha quindi
del modello
che va a sostituire
tuttoWME
l’arcoMPdi WMWXIQE
utilizzo. I cavalli
più cheGSR
sufficienti
perXVE^MSRI
regalare rapide
ripreseI
edHM
ZMEKKMEVI
PE WSPE
ERXIVMSVI
5YIWX´YPXMQS
VEGGLMYHI
HM sono
VMGIVGEXEIWMGYVEQIRXITM€GMXXEHMRE
benchè
pesi una sessantina di kg in meno. La linea è piùREZMKE^MSRI
fluida e slanciata,
per
un’andatura
divertente
soprattutto
se
attraverso
il
manettino
posto
nel
tunnel
cenGLI PE VEHMS IH r XSYGL WGVIIR MRWIVMVIEPP´SGGSVVIR^EXVEQMXIYRQERIXXMRSPE
% UYIWXS
GSRXVMFYMWGSRS
WMGYVEQIRXI
M PIH
migliorare
il coefficiente
aerodinamico,
e più proporzionata.
Sulla carrozzeria trale si seleziona
che eroga
maggiore
alle ruoteautomatico
posteriori
trazione
integrale
concoppia
ripartitore
Inoltre la modalità
è sport,
di coppia
bloccarla
superare
p ouna
s smaggiore
i b i l emotricità
sono quindi chiari i tratti caratteristici di questo nuovo segmento soprattutto per avere
in uscitaoppure
di curva.diQuesto
sistemaper
denominato
un le XVEXXMTM€MQTIKREXMZM
nella versione top di gamma in prova che, oltre alle cornici in alluminio dei ‘Allgrip avere
4x4’ prevede inoltre
modalità Auto, Snow e Lock. La prima viene gestita
m o d u l o Su strade asfaltate e in buone condizioni
fendinebbia, presenta protezioni in per il paraurti anteriore e posteriore e per il in autonomia dalla centralina, utilizzando in condizioni standard la trazione anteriore
[M½
GLI climatiche si consiglia di usufruire della trazione
sottoscocca laterale.
per attivare
quella posteriore
solo in casoWME
di necessità,
la seconda
è più
utile in
TIV UYERXS
VMKYEVHE
M GSRWYQM
consente
agli ERXIVMSVI
condizioni
terza si attiva bloccando
il differenziale
per affronMRJIVMSVM
WME TIV P´MRIZMXEFMPI
o cdicfondi
u p scivolosi
a n t i e laWIRWMFMPQIRXI
MRIV^ME
HIPaTSWXIVMSVI
WIRWE^MSRI
UYIWXEma
GLI
di usufruire
tare percorsi
più impegnativi ma
solo fino
60 km/h. L’assetto
è confortevole
Interni
WTEVMWGI
H´MRGERXS
TIVsottosterzante
QSWXVEVI MRZIGI
XYXXE
di internet
non
cedevole.
La
vettura
è
stabile
e
non
marcatamente
come
molti
Ad Hamamatsu non hanno lesinato neanche negli interni, rinnovandoli compleP´IJ½GEGME
HM UYIWXS
WMWXIQE accompagnato
HM QSXVMGMXk da
YRE
per portatili,
Ne consegue
che l’equilibrio
che dimostra,
tamente e proponendo uno stile semplice e funzionale. La strumentazione è ben modelli ssi dimostrano.
m a r t - ZSPXEWYPPSWXIVVEXS
sincero e preciso,
esalta la stabilità
e la sicurezza.
la gamma
attualmente è composta
phone
e neMotori:
visibile grazie anche alla retroilluminazione blu e ghiaccio, la consolle centrale uno sterzo
da
motori
muniti
di sistema start & stop ed
tablet.
non è troppo affollata di tasti ed è intuitiva, soprattutto se si opta per l’optional
0S WTE^MS r r WYHHMZMWE MR YR FIR^MRE PMXVM HE GZ
del navigatore touch screen con telecamera di parcheggio posteriore integrata. I Motori
a b b o n d a n t e proposto solo con la trazione anteriore
comandi al volante poi facilitano l’utilizzo dei vari dispositivi. I materiali usati per La gamma
due unità,con
una benzina
una turbodiesel
di eguale
prezzi aedpartire
da 23.200
euro,potenza,
un 1.6
WME prevede
HEZERXM
la plancia sono gradevoli al tatto e compatti, con una buona qualità globale anche e cioè 120cv.
Le differenze
negli allestimenti,
cominciare
trazione
PMXVM XYVFSHMIWIP
HE aGZ
GSR dalla
PE TSWWMFMPMXk
che dietro
sia stanno
per gli accostamenti. La seduta è confortevole e permette un’ottima visuale e scelta eMR
quindiTVSJSRHMXk
se 4x2 o 4x4 edisescegliere
col cambiosiamarce
o l’automatico.
per manuale
la trazione
anteriorePersia
MRXIKVEPIGSRTVI^^MVMWTIXXMZEQIRXIHE
altezza.
un’efficace percezione degli ingombri. La luce nell’abitacolo è tanta ed aumenta fare un che
po’ di in
chiarezza:
si parte
da 19400 euro per il benzina a trazione anteriore
½RMVI
GSP WSTVEGMXEXS
il manuale,
baule a ha
se si opta per il tetto panoramico “Star View”, di nuova concezione perchè com- col cambio
partireI
da 22400 perIYVS
avere TIV
i cambio
automatico
CVT e da
PMXVM
XYVFSHMIWIP
HE
GZ
ERGLI UYIWXS
una
cubatura
posto da due sezioni in cristallo con apertura a scorrimento in soli dieci secondi.
23100 per avere la trazione integrale. Per il diesel da 22000 euro per la trazione
generosa
ed RIPPI HYI ZEVMERXM HM XVE^MSRI GSR TVI^^M HE
Lo spazio è abbondante sia davanti che dietro per cinque persone ed inoltre si anteriore
e dadimensione
25700 per l’integrale.
L’esemplare
provaTutto
dotatosommato
di tutti gli optional
29.000
e 33.000ineuro.
ritengo
una
HMYVRM
ZIVXMGEPM
M
KVSWWM
GIVGLM
HE
²
GSR
può disporre di un bagagliaio enorme già in configurazione
normale GLI
(430 EKIZSPERS
litri).
sfiora
i 30000WSTVEXXYXXS
euro.
GLI UYIWX´YPXMQS WME HE TVIJIVMVI EPPI EPXVI
VIKSPEVI
MP GEVMGS
KSQQEXYVE VMFEWWEXE PI ½RMXYVI GVSQEXI I EFFEXXIRHSMPHMZERIXXSTSWXIVMSVISXXIRIRHS motorizzazioni perchè meglio rapportato alla
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Ž
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E
> Motori
motori
C4 Aircross
di Stefano Masini
’ un giallo perchè c’è un crimine e perché la soluzione
arriva solo alla penultima pagina.
Citroën
di Enrico Da Boit
Belluno Magazine
Letto per voi
Le scarpe dell’allenatore
di El Gianluquinho
11
19
Inchiostro vegetale
L’UTILIZZO DELLE PIANTE SPONTANEE E DEI FUNGHI
NELLA CULTURA POPOLARE BELLUNESE
n questo numero voglio parlarvi di un fungo di buona commestibilità, che amo raccogliere durante le mie camminate in montagna.
Si tratta del Coprinus comatus, così chiamato dai micologi, nel
nome della specie, per le squame filamentose sul cappello che gli danno
l’aspetto di una “chioma”. Quello del genere, invece, deriva dal greco
κόπρος (“kópros”) che significa sterco oppure letame, per l’habitat che
prediligono molte di queste specie. Il colore bianco del carpoforo, le numerose squame sul cappello, la taglia slanciata e spesso assai sviluppata,
e il gambo leggermente più ingrossato alla base rendono questa specie facilmente identificabile. Il suo cappello é inizialmente ovoidale e poi
conico-campanulato, mentre la cuticola, che appare bianca in gioventù,
in seguito si frammenta in squame filamentose nerastre. Le lamelle, decisamente sottili, e molto fitte, inizialmente appaiono bianche, poi rosa e
infine nerastre. Il gambo che
si presenta bianco e
facilmente separabile dal cappello, é
liscio, cavo, e cilindrico. La carne, tenerissima nel cappello, appare
piuttosto fibrosa nel
gambo ed emana un odore fungino caratteristico. Si
tratta di una specie comune
che fruttifica dalla primavera
al tardo autunno. e predilige
riprodursi su piccoli frammenti di legno marcescenti. La caratteristica principale,
però, che rende facilmente
individuabile il Coprinus comatus, è quella di annerire
precocemente, mutando
completamente la caratteristica del cappello che tende a sfarsi in una
sostanza gelatinosa e scura poco invitante. Il processo che consente tale
trasformazione viene definito scientificamente autolisi, ed è generato dagli
stessi principi che rendono possibile la digestione nello stomaco di quasi
tutti gli animali. Da sempre, scienziati e micologi di tutto il mondo hanno
discusso su questo strano fenomeno, unico nel suo genere, senza riuscire
a comprendere il preciso motivo dell’auto distruzione o, meglio, dell’au-
to digestione, con la quale i cappelli del Coprinus comatus si trasformano
lentamente in un liquido simile all’inchiostro. Anticamente, per questa
peculiarità, il fungo maturo veniva raccolto quando presentava già il caratteristico annerimento ed era quindi privato sia del gambo, sia della
cuticola dei cappelli, cercando di eliminare anche la polpa troppo fresca.
Rimanevano così le sole lamelle che, bollite al fine di favorire l’uscita del
liquido nero, venivano poi filtrate e quindi usate come il comune inchiostro. Sembra che tale preparato, adoperato solo da poche famiglie nobili,
garantisse l’autenticità di missive riservate o di documenti importanti, senza la possibilità di facili contraffazioni. Noi suggeriamo di
limitare l’uso di questo
fungo alla sola cucina,
dove la sua carne bianca, minuta e senza odore o sapore particolare,
si presta a essere gustata
in piatti particolarmente
delicati. È bene, durante
la raccolta, eliminare decisamente gli esemplari
che presentano delle tonalità rosate sulle lamelle
e limitarsi ai più giovani,
nel primo stadio di sviluppo, quando hanno il
cappello perfettamente chiuso a forma di uovo e presentano le squame ancora aderenti alla cuticola; essi potranno essere gustati al forno,
gratinati, in umido, oppure crudi in insalata, magari con una salsina a
base di asparagi. Per questa ricetta, molto delicata e gustosa, serviranno
circa mezzo chilogrammo di funghi che, puliti, lavati e asciugati molto
bene, andranno tagliati a piccoli spicchi e quindi conservati al fresco in
frigorifero. A parte si faranno bollire in poca acqua salata 350 grammi di
asparagi che, frullati fino a ottenere una crema molto densa, andranno
poi uniti a una maionese piuttosto compatta già incorporata al succo di
mezzo limone, poco pepe e sale quanto basta. Il composto così ottenuto andrà amalgamato perfettamente con l’aiuto di un cucchiaio di legno
e quindi versato e mescolato ai funghi preparati in precedenza. Si tratta
di un ottimo antipasto da gustare prima di un pranzo importante, con
un vino bianco secco come il sicule Albanello di Siracusa, da servire molto
fresco meglio se di cantina o lasciato in frigorifero per almeno un’ora.
I
di Daniele Tormen
Federico II, Stupor Mundi
I
l mese di dicembre è indissolubilmente legato alla figura possente e
visionaria dell’imperatore Federico II di Svevia, personaggio che coniuga la tradizione medioevale con lo slancio verso l’età moderna.
Il futuro Stupor Mundi (epiteto con il quale sarà ricordato nei secoli e che
già lo accompagnava in vita) nasce infatti il 26 dicembre 1194 Jesi.
Fatto curioso, anche la più luminosa vittoria militare dello svevo avviene
alla fine dell’anno; le truppe imperiali condotte personalmente dal sovrano
sbaragliano infatti le milizie della Lega lombarda alleata del Papa presso
Cortenuova il 26 novembre 1237.
In quegli anni siamo all’apogeo della potenza imperiale: viene fondata
l’università di Napoli, Gerusalemme torna in mano
cristiana senza spargimento di sangue (avvenimento
questo mai occorso né prima né dopo, come è
tragicamente ben noto), si sviluppa la cultura in tutto
il regno di Sicilia.
Viene inoltre creata, attraverso la cancelleria imperiale,
la prima efficiente burocrazia (esempio purtroppo
non imitato), nasce un moderno sistema di giustizia
non più affidata alla discrezione dei signori locali
e al vetusto sistema feudale, emerge un raffinato
sincretismo culturale con gli arabi e con tutto il medio
Oriente.
Anche per questo attivismo da uomo rinascimentale
ante litteram, i suoi contemporanei lo definirono Stupor
Mundi; tante erano le doti quanto peraltro la spietata
capacità di vendetta: chi abusava della sua fiducia
Storia
Piante Spontanee
di Ettore Saronide
veniva punito con violenza quasi mistica, tale era il senso della maestà
imperiale di Federico II che si considerava l’unico autentico alfiere della
renovatio imperii.
Anche relativamente ad aspetti più “terreni” lo svevo era molto
apprezzato, come testimoniano le numerose relazioni con il genti sesso;
particolarmente significativa è stata la storia d’amore con la nobildonna
Bianca Lancia. Anche la fine terrena dell’imperatore, quasi come un
cerchio magico, arriva nel mese di dicembre: dopo una battuta di caccia,
vittima molto probabilmente di febbri malariche, l’Hohenstaufen muore
il 13 dicembre 1250 a Castefiorentino, nella sua
amata Puglia, lasciando la sua figura sospesa tra
storia e leggenda.
Paradigmatiche sono le parole con cui il figlio
Manfredi comunica la notizia al fratello Corrado
(futuro imperatore):
si è spento il sole del mondo che brillava sulle
genti, si è spento il sole della giustizia, si è spento
l’amore per la pace... …. ma anche se quell’astro
è tramontato, i suoi ordinamenti gli assicurano
continuità e nuova vita in Voi... Nessuno crede
che il Padre sia assente perché si spera che nel
Figlio viva...».
Una visone sacrale perfettamente in linea con la potente personalità dello Staufen che ora riposa nella cattedrale di Palermo, pronto a risvegliarsi, novello re Artù, quando il mondo avrà ancora bisogno di lui.
La Floricoltura Bisconti
Piante da orto, da giardino,
da interno, da frutto, sementi
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Sedico
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one
i
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s
e
G
Mas di Sedico (BL) - Via Monte Schiara, 1 - Cell. 388.3457605 • Mel - Via Bardies, 55
21
Arte
di Barbara Meletto
Francisco Goya:
il sabba della nostra civiltà
www.barbarainwonderlart.com
“
Goya è sempre un artista grande e spesso spaventoso.
All’allegria, alla giovialità, alla satira spagnola degli
anni di Cervantes, egli unisce uno spirito assai più
moderno, o se non altro molto più perseguito nei tempi moderni, l’amore dell’inafferrabile, il sentimento dei
contrasti violenti, dei terrori della natura e delle fisionomie umane stranamente deviate dalla circostanze a uno
stato di animalità. […] tutte le dissolutezze del sogno,
tutte le iperboli dell’allucinazione, e poi tutte quelle spagnole alte e slanciate che certe vecchie perpetue lavano e
preparano per il sabba, o per la prostituzione della sera, il
sabba della nostra civiltà! […]
Il merito grande di Goya sta nel creare il mostruoso verosimile. I suoi mostri sono nati pieni di vita, di armonia. Nessuno più di lui ha osato nel senso dell’assurdo possibile. Tutti quei
contorcimenti, quelle facce bestiali. quei ghigni diabolici, sono
pervasi di umanità.”
(Charles Baudelaire, Quelques caricaturistes étrangers, pubblicato in Le
Présent del 15 ottobre 1857)
Francisco José Goya y Lucientes nacque a
Fuetendos, nella provincia di Saragozza,
cuore dell’antico regno di Aragona, il 30
marzo 1746. In questo piccolo villaggio di
contadini, Goya trascorse la sua infanzia,
quell’età in cui le impressioni vivide non
sono ancora corrotte dal ragionamento e
tutte le sensazioni quotidiane si sedimentano in modo fluido e spontaneo nella nostra
coscienza.
Francisco, quarto di sei fratelli, era figlio
di un doratore di origini basche, mentre la
madre discendeva da un’antica famiglia aragonose di nobili natali. Goya crebbe in una
misera casa contadina, un ambiente umile
e dimesso dove, durante le lunghe serate
invernali, gli abitanti del villaggio solevano
riunirsi attorno al desco narrando storie e bevendo del vino. Il giovane
Goya si trovò, dunque, a trascorrere gli interminabili inverni della sua infanzia all’ombra di stanze scure ed odorose, ascoltando racconti popolati
di superstizione, diavoli e fantasmi, di cui si nutriva la fantasia popolare.
Dal turbinio delle fiamme del fuoco
ardente, si sprigionava una realtà più
vera della realtà e più concreta di un
sogno: convegni di streghe nella radura, ghigni di fattucchiere sdentate intente
nella preparazione di misteriose bevande,
voli di streghe pronte ad attaccare le case
degli uomini, mostri di ogni genere radunati
in luride schiere, caproni dalla lunga barba,
asini occhialuti, corvi e pipistrelli.
Questi e molti altri ancora costituiscono i
temi di fondo di un’immensa sinfonia popolare, temi che, in forme varie e diverse, ritorneranno poi in modo ossessivo nell’opera
pittorica di Goya: una geniale fantasia creativa che si alimentò attraverso le forze, le voci
e i colori della vecchia Spagna.
Tutta la vicenda artistica di Goya fu segnata da questa dimensione onirica e fantastica,
ribaltando così l’aspetto della natura da paradiso dell’esteriorità ad inferno dell’interiorità:
un ritrattista dell’anima
delle cose e delle persone,
un indagatore dell’occulto, un pittore dell’irrazionale.
E nell’indagare l’irrazionale, che genera orrore e
violenza, Goya si spinse
verso una vera e propria
critica del potere, un potere spogliato dalla sua
immagine ufficiale per
rivelare la sua nuda veste
fatta di oppressione e di sopruso.
La serie degli ottanta Capricci, del 1799, rappresentò il culmine della
contestazione sociale e politica operata da Goya: il sonno della ragione
produce dei mostri fatti di superstizione, religione, autorità, inquisizione,
interesse ed errore.
Con quest’opera il pittore riannodò i fili dei ricordi giovanili: le cupe narrazioni ascoltate da bambino riemersero, con prepotenza, in questa produzione oscura e tenebrosa, venata da una forte tensione tragica e crudele.
“L’autore, essendo persuaso del fatto che la censura degli errori
e dei vizi umani (benchè
propria dell’Eloquenza e
della Poesia) possa anche essere oggetto della
Pittura, ha scelto come
argomenti adatti alla sua
opera, tra la moltitudine
delle stravaganze e balordaggini che sono consuete a tutte le società
civili, e fra i pregiudizi e
le menzogne volgari, radicati dall’uso, dall’ignoranza e dall’interesse,
quelli che ha creduto più
idonei a fornire materia
di ridicolo e a eccitare
nel tempo stesso l’estro dell’artefice.”
(Francisco Goya, Diario di Madrid, 6 febbraio 1799)
Immagini demoniache, sabba di streghe, mostri della terra, anime perver-
se di uomini, si accavallano e
si confondono in queste incisioni che rivelano, tutto ad un
tratto, la nudità della bassezza e
della disperazione umana. Tra
diavolerie e bizzarrie di ogni genere, le larve umane continuano a dibattersi fino alla morte,
fino alla nausea continuano a
scandire le note vuote della loro
infinita stupidità e vanità.
La furia polemica e dissacrante
che Goya riversò nei Capricci, lo
portò ad esaurire il suo tempo
precipitando, così, di colpo, in
mezzo alla realtà e ai problemi
della pittura contemporanea.
Il suo animo tormentato, il suo
sentire fortemente le ingiustizie,
la sua idea fissa della morte e
del dolore, la sua vena perversa
ed erotica, lo imprigionarono, come fece la sua stessa
sordità, e lo isolarono dai suoi contemporanei.
La forza di Goya, centro e fulcro della sua modernità, fu quella di non
essere un intellettuale né un teorico, ma, esclusivamente, l’espressione della storia di un popolo, un popolo oppresso e sottomesso agli istinti primordiali. Goya fu, infatti, l’interprete dell’animo contadino di una Spagna
ancora antica e popolare: il grottesco
come deformazione caricaturale e morale delle bestialità umane, di tutto ciò
che nell’essere umano è meccanismo
animale, automatismo, pregiudizio e
vizio.
“Goya, incubo colmo di cose
ignorate, di feti cucinati nel
cuore dei sabba, di vecchie allo
specchio e di nude fanciulle che
s’accarezzan le calze per tentare i
demoni.”
(Charles Baudelaire, Les Phares, Les
Fleurs du Mal, 1821-1867)
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Buone feste
25
Provincia di Belluno
NASCE AIT DOLOMITI
L’agenzia di informazione
turistica di Confindustria Belluno
R
accontare le Dolomiti. E’ questo l’obiettivo di AIT Dolomiti
(www.aitdolomiti.it), l’agenzia di informazione turistica promossa da Confindustria Belluno, che con questa iniziativa intende
puntare sul turismo quale volano di sviluppo economico dell’intero territorio. Si tratta di un progetto pilota in Italia: nessun’altra
associazione industriali si è mai proposta come soggetto di aggregazione e di diffusione di notizie turistiche di un’area specifica.
«Abbiamo riscontrato l’esigenza, forte, di comunicare con più effi-
cacia le Dolomiti bellunesi – spiega il presidente di Confindustria
Belluno Dolomiti Gian Domenico Cappellaro – e quindi ci siamo
trovati di fronte ad un bivio: o aspettare che un soggetto pubblico
svolgesse questo compito o attivarsi direttamente, anche nella convinzione che il turismo sia davvero un settore strategico per l’intera
economia, dall’edilizia al manifatturiero».
«A differenza delle altre – aggiunge Sandro Da Rold, membro del-
Carlin Diego
posa e levigatura pavimenti - manutenzione infissi
riparazioni varie
Loc. Rive di Callibago, 2 - 32035 Santa Giustina (BL)
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la giunta esecutiva di Confindustria Belluno
Dolomiti con delega al turismo – la nostra
associazione opera in un’area particolare, nel
cuore delle Dolomiti Patrimonio dell’Umanità. Pur essendo una provincia con una
forte vocazione industriale, abbiamo perciò
una sensibilità e un’attenzione diverse verso
le potenzialità che la natura ci ha messo a disposizione: viviamo e lavoriamo tra le montagne più belle del mondo, e questo è un
elemento decisivo in ogni settore. Dire che
un prodotto è stato realizzato nelle Dolomiti è e deve essere sempre di più un valore
aggiunto». «In questo senso – prosegue Sandro Da Rold – la nostra è anche un’azione di
marketing territoriale: in queste magnifiche
montagne non troviamo solo un ambiente unico e paesaggi incantevoli, ma anche
aziende leader che propongono prodotti di
eccellenza, in tutti i settori. Promuovere le
Dolomiti significa dunque valorizzare tutti
questi aspetti, nella speranza che ciò possa
tradursi anche in un incentivo allo sviluppo
economico e infrastrutturale del territorio».
AIT Dolomiti sarà una testata giornalistica di
proprietà di Confindustria Belluno che, nelle
intenzioni degli industriali, dovrà affermarsi
come punto di riferimento dell’informazione turistica in provincia, in un rapporto di
stretta collaborazione e di piena sinergia con
tutti gli altri operatori del settore. «La crisi economica – conclude il presidente Gian
Domenico Cappellaro – deve indurre tutti a
ripensare le proprie strategie. I tempi sono
cambiati ed è fondamentale cogliere tutte le
opportunità di sviluppo e di valorizzazione
delle potenzialità economiche della montagna bellunese, se vogliamo guardare con
ottimismo e rinnovata fiducia al futuro di
questo territorio, che è unico al mondo».
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27
27
Storia
La storia del finocchio è molto antica. Comincia dalla pianura di Maratona,
località della Grecia che fu teatro della famosa battaglia che vide affrontarsi
Ateniesi e Persiani, dove in origine il finocchio cresceva spontaneo e proprio
per questa ragione gli antichi lo chiamavano marathon.
Infatti il finocchio è una tipica pianta mediterranea, che già in Grecia
apprezzavano e che dai Romani fu diffusa in tutta l’Europa continentale.
Sui racconti tramandati da Plinio, si narra che i serpenti quando cambiano
pelle si sfregano contro la pianta di finocchio per riacquistare la vista, e in relazione a questa storia afferma che il finocchio è ottimo
nella cura degli occhi.
In latino il finocchio era diminutivo di foenum,
“fieno”: derivato da un’antica lingua indoeuropea, *dhe-, che significa “succhiare” latte,
acqua e nutrimento. Il posto che il finocchio occupa nelle manifestazioni religiose
antiche ne riallaccia la simbologia a un’idea
di rinascita, o meglio ancora, di rigenerazione
spirituale.
Damnatio
S
Il finocchio viene anche utilizzato dalle neo mamme
per aumentare la produzione di latte e viene anche impiegato dalle donne per alleviare i sintomi tipici della
menopausa e per lenire i dolori del ciclo mestruale.
Carpaccio di finocchi
marinato all’arancio
INGREDIENTI
memoriae
4 finocchi
2 arance
5 semi di cardamomo
1 pizzico di sale Himalaiano
Olio q.b.
di Daniele Tormen
PRINCIPI NUTRIZIONALI:
Avvocato del Foro Principi
di Bellunoattivi: © fuzzbones - Fotolia.com
Olii essenziali
60% e fencone
Esecuzione:
Quando finisce una
storia(anetolo
d’amore,
ma- 15%),
proteine,
acidi
organici,
flavonoidi.
tagliare
i finocchi a metà e a julienne molto fine, mettergari in modo tragico e doloroso, può suc- Se il soggetto aveva emanato
leggi, decreti, comunque scritti di ogni
li
su
una
bacinella, spremerci le due arance, schiacciare
cedere che tutto ciò che ricorda la (ex) genere, questi erano abrogati
e cancellati da qualsiasi raccolta uffiPrincipalmente questa pianta aiuta la digei semi di cardamomo, coprire con una pellicola e metciale.
persona amata porti
sofferenza
e
problestione.
frigo x un le
giorno.
Venivan otere
poiindistrutte
effigie, decapitate le statue,
mi: si cerca pertanto
di utile
dimenticare
comE’ inoltre
se si hanno gas
intestinali,
negli
Scolarli
del dipinti
succo della
marinatura
condirli con un
cancellati
i volti dai
e dalle
monete.
pletamente l’intero
passato rapporto
e I casi
spasmi gastro-intestinali,
nelle nausee, nell’ernia
iatale,
più famosi
in olio,
epocaunromana
degli imperatori
Nebuon
pizzicofurono
di salequelli
Himalaiano
e il carpaccio
l’oblio è la soluzione
ogni male.
rone del
e Caligola.
perchè aiuta ladi
produzione
lattea, aiuta l’eliminazione
è fatto.
Questo
modus
non è proprio
soltantoestrogeniche,
delle situazioni
senmuco nelle
vieoperandi
aeree superiori,
ha proprietà
utile
nellePeraltro
coliche già molto tempo prima, nel quattordicesimo secolo a.c., si
timentali
ma
è
il
cardine
di
un
istituto
giuridico
–
sociale
antichissiebbe
un caso di damnatio memoriae ante litteram: il faraone Amee nelle diarree dei lattanti. Il finocchio ha principalmente proprietà diVinidell’abolizione
in abbinamento:
mo: la damnatio memoriae.
nofis IV, il fautore
del culto politeistico e dell’instaugestive
e
sono
dimostrati
i
suoi
benefici
all’organismo
umano
in
caso
Verduzzo
dorato.
Tale istituto affonda le proprie origini nella notte dei tempi ma è razione dell’unico dio Aton
(il Sole), una volta morto, fu completadi gonfiori
addominali.
ha infatti
la capacità
stato
codificato
e definito in L’assunzione
modo precisodiin finocchio
epoca romana,
repubmentedi(o quasi visto che qualche traccia è comunque rimasta) dalla
evitareprima
la formazione
di gas intestinali e si rivela quindi utile in caso di
aeroblicana
imperiale poi.
storia
ufficiale
egizia.
Variante
dello Chef: Infagia
sostanza
si tratta di ciò:
quando
un personaggio
cadevauna
in sostanza
Anche dopoAdagiare
la cadutaildell’impero
seppur
senza i
e meteorismo;
infatti
il finocchio
contienepubblico
al suo interno
carpaccio diromano
finocchil’istituto,
in un piatto,
appoggiadisgrazia
e veniva
deposto
e privato
cariche
(spesso ininmaniera
crismi della legge,
sopravvisse.
aromatica
chiamata
anetolo
[1] che delle
funziona
da calmante
caso di contraziore sopra
delle fettine fine di tonno ed usare un pò di
cruenta),
anche dopo
la sua
morte, sidepurative
stabiliva di
pure
il Gli
celebri furono quelli di papa Formoso, di cui fu proni addominali.
Ha anche
proprietà
delcancellarne
sangue e del
fegato,
ed esempi
è un più
marinatura
perFalier,
condire
il tutto.
ricordo.
cessato il cadavere
e del all’arancio
doge Marino
del quale
fu cancellato il
buon
antinfiammatorio
soprattutto
nei
riguardi
del
colon.
La
sua
assunzione
Risultato
“Carpaccio
di
finocchi
marinato
con crudità
Innanzitutto si vietava l’uso del nome (anzi del prenomen latino), poi ritratto dalla sala del Maggior Consiglio di Palazzo Ducale.
apporta
benefici
anche
in
caso
di
tosse.
al
tonno”.
veniva eliminato il cursus honorum del reietto e se ne vietava anche Una piccola consolazione quindi a tutti gli amanti abbandonati e tradi nominarlo indirettamente. Ma le vere “perle” di tale istituto erano diti che cercano di dimenticare un regalo o una vacanza: la damnatio
la distruzione fisica delle tracce del “dannato”.
memoriae ha una tradizione millenaria ben più tragica!•
MAXI SCHE RMO
pe r ve de re tu tt a la se rie A
e la Ch am pio ns Le ag ue
Su pe re na lo tt o
Bi lia rdo
Serate con mus ica dal vivo
pesso capita di non riuscire a capire l’origine di un disturbo fisico
e a volte anche il medico risponde che potrebbe essere causato
dallo stress. Alcuni interpretano questa risposta come una negazione dei propri malesseri o un vago tentativo di fuggire da ciò che
non si comprende. Altri la considerano un’ovvietà dal momento che
tutti in un modo o nell’altro siamo sottoposti a ritmi di vita stressanti. In realtà lo stress è una risposta del sistema nervoso a stimoli
esterni (incertezza, pericolo, problemi da risolvere, etc.), a cui il nostro
organismo reagisce producendo dall’ipofisi, l’ormone ACTH (o ormone adenocorticotropo, o corticotropina) che va a sua volta a stimolare le
ghiandole surrenali, le quali regolano l’equilibrio idro-salino (quindi reni
e pressione arteriosa), ma anche il metabolismo degli zuccheri e i ritmi
sonno-veglia (attraverso la ghiandola pineale) e la secrezione del cortisolo. È chiamato anche ‘Ormone dello Stress’ e non viene prodotto
in maniera costante a causa della discontinuità della secrezione di
ACTH dall’adenoipofisi, il lobo anteriore dell’ipofisi: è presente in
maggiore quantità alla mattina e in minore quantità alla sera. Le reazioni allo stress sono regolate dal SNC (sistema nervoso centrale) e possono variare in base alle esperienze individuali e al patrimonio
genetico. Lo stress mentale è inteso come l’insieme di tutte le influenze esterne esercitate su una persona, al punto da condizionarla
mentalmente, cioè, quello stato di tensione che si instaura nel nostro
organismo quando è sottoposto a stimoli emotivi o fisici negativi. Tutti,
quando siamo sottoposti a tensioni emotive (malattie importanti, nostre
o di congiunti), a esperienze frustranti (superlavoro, mobbing, disoccupazione) o dolorose (lutti, separazioni) ci ammaliamo più frequentemente e più difficilmente guariamo dai malanni. Non è un caso: si tratta
di stress! Fondamentale è agire tempestivamente con una terapia anti
stress mentale su quei soggetti che hanno subito un più o meno forte
stress psicologico, in quanto corpo e mente sono collegati. Vi sono casi
importanti in cui la medicina utilizza gli ansiolitici (benzodiazepine) per
risolvere, o meglio placare, lo stato di emergenza difficile da gestire e che
può sfociare in attacchi di panico o insonnia prolungata, che debilita il
soggetto. Ma, col tempo, essi accantonano il problema e, anzichè risolverlo, generano dipendenza fisica e psichica. Perciò è più opportuno,
ove possibile, utilizzare rimedi naturali (o la psicoterapia quando il
problema si prolunga nel tempo); esistono rimedi omeopatici e fitoterapici che rilassano il sistema nervoso ed aiutano ad attenuare gli stati
di stress, prevenendo e curando i conseguenti disturbi psicosomatici.
Ad esempio l’aconitus napellus, è ottimo per l’agitazione legata alle
paure (in particolare paura della morte), ma anche lo stramonium, la
passiflora e la nux moscata, per quanto riguarda l’omeopatia, in par-
Salute
Stress e rimedi naturali
Gastronomia applicata: storia, tradizione e applicazione
> Storia
I Finocchi
di Cristina Muratore
Chef Ristorante “La Nicchia” di Belluno
rmazione ed attualità della Provincia di Belluno
Cucina
Gastronicchia
di Sebastiano Saviane
ticolare nei casi di ansia. Mentre l’atropa belladonna, la calendula e
il viburnum opulus sono alcuni dei rimedi omeopatici più utili nelle
somatizzazioni: tensioni muscolari, cervicali, insonnia, disfunzioni intestinali, gonfiori, coliche, gastriti, etc. La fitoterapia, che utilizza estratti di
piante concentrati anzichè diluiti, offre rimedi derivati da eleuterococco, maca, rodiola e ginseng, uniti al magnesio e alle vitamine B1, B6 e
B12, per contrastare la difficoltà dell’organismo nel reagire agli stimoli
stressanti. Altro aiuto naturale è dato dai fiori di Bach, in particolare
olive, impatiens e cherry plum, ma in genere si utilizzano miscele di fiori
personalizzate a seconda delle caratteristiche peculiari della persona e
della fase della vita che sta vivendo.
Esistono poi delle tecniche che non prevedono necessariamente l’assunzione di sostanze. Ad esempio il massaggio psicosomatico, è una
modalità di trattamento
manuale
con finalità relazionali e di benessere,
che tiene conto
dell’unità psicofisica della persona
e si basa sulla relazione mediata dal
corpo attraverso la
tattilità. Nella visione psicosomatica,
ove il corpo funge
da “lavagna” atta a
palesare le controversie emozionali
fonte di stress, ogni
disfunzione e/o
disequilibrio energetico, oltre alla causa, hanno anche un fine , nel senso che esse sono
il mezzo attraverso il quale l’unità psicofisica tende ad un nuovo equilibrio. Il massaggio psicosomatico facilita la sblocco dell’energie rimaste
“intrappolate” nei punti chiave della persona (spalle, cervicale, schiena...) favorendo il ripristino della fluidità corporale dell’individuo, anche
attraverso la presa di coscienza di quegli stati d’animo fonte di conflitto. Favorendo la consapevolezza del proprio corpo, il massaggio
psicosomatico si rivela utile anche durante un regime alimentare
ridotto, poichè aiuta a sviluppare una nuova immagine corporale
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Attenti
di Claudia Bernabei
A
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o
p
u
lP
Mali di stagione
A
cosa associate l’autunno, voialtri? A poetiche passeggiate tra le foglie croccanti,
scommetto, oppure ad accidiosi pomeriggi di pioggia spesi a consumare impunemente
i tasti del telecomando e la fodera del divano.
Se dico, chessò, novembre, non pensate forse
subito a certi golosi convivi davanti al fuoco, organizzati con la scusa di assaggiare l’olio nuovo/
il ragù di porcini/le caldarroste/gli gnocchi di
zucca preparati secondo la ricetta di zia Addolorata buonanima?
Ecco, a noi appartenenti alla tormentata schiatta
dei neo-genitori la stagione in questione evoca,
invece, soltanto un estenuante susseguirsi di notti
insonni, trascorse a sturare nasi chiusi e a domare
tossi canine. A settembre, mentre voi salutate le
rondini e mettete via le infradito, noi inventariamo ossessivamente le scorte di tachipirina e ci
prepariamo all’apocalisse, che di solito si annuncia con questa innocente domanda: “Amore,
ma il bambino non ti sembra un po’ caldo?”.
Dove “un po’ caldo” è un ottimistico eufemismo, dal momento che il pargolo in questi casi
scotta come l’altoforno di un’acciaieria; il che, tra
l’altro, impone di recarsi di corsa in pellegrinaggio
dal pediatra, al fine di appurare l’esatta natura della
pestilenza abbattutasi sulla prole. L’incombente, in
apparenza banale, si rivela spesso, all’atto pratico,
irto di insidie e di difficilissima esecuzione. Nel
mio caso, ad esempio, di solito va così. Le cose si
mettono male già al momento della prenotazione,
quando la segretaria del dottore, memore della mia
incoercibile tendenza al ritardo, sibila: “Però alle
undici puntuale, sssignora. Non facciamo come
l’altra volta”, scatenandomi seduta stante un vigoroso attacco d’ansia preventivo. Decisa a non ripetere la figuraccia, la sera prima dell’appuntamento
punto la sveglia alle sei di mattina. Sveglia che, al
primo trillo, viene immancabilmente lanciata contro al muro perché, siamo seri, alla visita mancano
cinque ore, vuoi non riuscire ad arrivare in tempo?
Alle otto, per fortuna, vengo delicatamente destata
da una craniata del pupo, forse in preda ad un incubo. Massaggiandomi lo zigomo, mi chiedo confusamente come abbia fatto l’amato bene a finire nel
lettone, visto che solo poche ore prima dormiva
come un putto nel suo lettino, abbracciato teneramente all’orsetto Mario.
Nel dubbio, applico la prima regola del matrimonio e do senz’altro colpa
al marito. Con stoica rassegnazione mi alzo, piena di buoni propositi, ma,
ahimè, per andare in cucina a fare il caffè devo per forza passare davanti
allo studio; questa infelice sistemazione d’interni fa sì che io venga attratta
dalle sirene di internet e che mi fermi davanti al computer.
Un attimino, sia chiaro, giusto per leggere le e-mail e controllare il meteo.
Già, peccato che la prima volta che alzo gli occhi dallo schermo l’orologio
segni le nove e mezza. Decido, quindi, di ottimizzare il poco tempo che mi
resta e corro a fare la doccia, portando il pupo - febbricitante ma pieno di
energia - in bagno con me, per mancanza di alternative.
Mentre mi insapono, mi avvedo che il dolce angioletto si è tirato in piedi e
protende la lingua verso il wc; mi asciugo alla meglio, rimetto il pigiama e acciuffo l’erede per la collottola, appena prima che succeda l’irreparabile. Per
stare sul sicuro ed evitare ulteriori infestazioni, perdo dieci preziosi minuti a
sciacquargli la bocca con l’amuchina. Nel frattempo, si è decisamente fatta
l’ora di vestirlo. Lo adagio sul fasciatoio, ma, alla vista delle sue cosciotte da
porcellino che sgambettano in aria, non resisto e trascorro sciaguratamente
la successiva mezz’ora tra pernacchie, cucù e faccette buffe. Sono le dieci.
Non ce la farò mai, mi dico sconsolata. Iniziando ad iperventilare, ringrazio
il cielo di non essere mai arrivata in cucina a farmi quel caffè, che già così
ho i battiti a 140 da ferma. Non tutto il male vien per nuocere, medito tuttavia, trangugiando un ansiolitico; l’adrenalina in esubero mi rende, infatti,
efficientissima e in dieci minuti raduno lo stretto necessario per percorrere
quei due chilometri scarsi che mi separano dall’ambulatorio. Ovverosia,
nell’ordine: n. 2 ciucci, scatolina portaciuccio e molletta legaciuccio,
n.3 pannolini, body di ricambio, fasciatoio portatile, asciugamanino, salviette, pantaloni e calzini di ricambio (l’esperienza mi ha insegnato brutalmente che la prudenza non è mai troppa), giocherelli d’intrattenimento in caso di attesa, occhialini da sole visto che la giornata è bella,
ma anche copertina di lana, nel caso in cui rannuvoli, bavaglino, cucchiaino
e merenda, biberon con l’acqua, biberon col latte con annesso thermos e
biberon con la camomilla, quest’ultimo per me.
Resta il fatto che alle dieci e dieci sono ancora in pigiama, mentre il pupo,
lasciato in giro per casa a piede libero, con tutta probabilità sta rosicchiando di gusto un filo elettrico.
Un interrogativo, inoltre, mi assale: chi ha portato in giro l’ultima volta il
pargolo? Il padre e, infatti, guarda caso, giacca, scarpine, guantini e cappello del bimbo non si trovano nel luogo deputato, ovvero ordinatamente
impilati all’ingresso.
Alle dieci e venticinque rinvengo l’ultimo guantino nella lettiera del gatto
e canto troppo presto vittoria, non avendo fatto i conti col caratterino
del giovane virgulto. Egli, infatti, accetta di farsi imbacuccare più o meno
docilmente sino al momento dell’odiato cappello. Sfodero ogni tattica di
convincimento, anche perché, da quando è nato, tutti mi vanno ripetendo
che il pupo può tranquillamente uscire nudo, purché le orecchie siano ben
coperte. Spiego onestamente al pargolo che, per quanto ne so, le suddette
orecchie potrebbero anche cadergli al solo contatto con l’aria esterna.
Dopo un confronto serrato egli accetta di portare il copricapo.
In mano. Colgo, quindi, l’occasione per segnare sull’agenda di iscrivermi a
quel workshop di negotiation skills, che davvero ne ho bisogno.
Tenete conto che sono le 10 e 45, che il pupo, finalmente infilato nel
passeggino, è nuovamente chiuso in un piumino ideato per affrontare le
tempeste artiche e che io, tuttavia, sono ancora in pigiama.
Cosa fare?
Soppeso le alternative: lascio il pupo al suo tragico destino di ipertermia,
abbandono l’idea di arrivare in tempo e mi dirigo in camera per cambio d’abito, trucco e parrucco, oppure mi autoconvinco che il pigiama
che indosso a ben guardare può quasi ricordare una tuta, completo l’improvvisato outfit con un paio di stivali e un piumino lungo e mi dirigo
all’uscita? I capelli, rifletto, posso sempre acconciarli davanti allo specchio
dell’ascensore; se poi scelgo un piumino di color verdone, nel tragitto, a
tratti, posso pure mimetizzarmi con le siepi.
Ed è, in effetti, con una certa aria di trionfo che alle 11.00 spaccate
varco la soglia dello studio. Mi pare perfino che la segretaria mi sorrida.
Di solito, però, io a quel punto inizio a non sentirmi tanto bene.
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Come si effettua la diagnosi?
E’ sufficiente un prelievo di sangue per la ricerca degli anticorpi specifici: anti-transglutaminasi e anti-endomisio. Nel
caso di risultati positivi, la diagnosi va confermata con la
biopsia.
CELIACHIA: DAI SINTOMI ALLA DIAGNOSI
La celiachia è un’intolleranza permanente al glutine che
genera in soggetti geneticamente predisposti gravi danni
alla mucosa intestinale causando l’atrofia dei villi. La conseguenza di una celiachia non diagnosticata è un malassorbimento dei cibi che causa a lungo termine gravi ripercussioni al paziente. La celiachia è una reazione avversa al
glutine di tipo autoimmune: due anticorpi, l’anti-endomisio
e l’anti-transglutaminasi, specifici per la diagnosi della malattia celiachia, quando vengono a contatto con il glutine
(tramite il cibo) agiscono contro le cellule del nostro stesso
organismo.
Sintomi classici
• Stanchezza
• Gonfiore addominale
• Dolori addominali
• Diarrea
• Stipsi
• Sindrome dell’intestino irritabile
Quando effettuare il test genetico?
E’ necessario effettuare il test alla ricerca dei geni predisponenti allo sviluppo della celiachia: HLA DQ2/ DQ8 quando
non si hanno i sintomi classici della celiachia e nei seguenti
casi:
• Un parente di 1° grado con celiachia
• Un’anemia di cui non si conoscono esattamente le
cause
• Problemi di infertilità o aborti spontanei
• Bassa statura e scarso accrescimento (nel bambino)
• Deficit di IgA
• Disturbi gastrointestinali
• Disturbi neurologici non ben definiti
• Una patologia autoimmunitaria (diabete di tipo 1)
• Sindrome di Down
E dopo la diagnosi?
La diagnosi di celiachia per la maggior
parte delle persone
rappresenta un miglioramento della qualità
della vita, perché, seguendo la dieta senza
glutine, i disturbi e i
sintomi scompaiono.
Fonte: Celiachia Oggi n. 7 Agosto/Settembre 2012
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di Eleonora D’Incà
À rebours: la “bibbia” del decadentismo
C
ontrocorrente, à rebours, per l’appunto, è un libro uscito nel
1884, in pieno decadentismo, epoca in cui l’uomo, conscio
dei propri limiti inerenti alla sua natura di essere finito, comprende di non poter penetrare fino in fondo l’insondabile profondità tanto della sua esistenza, quanto della realtà che lo circonda. In
virtù di questa mancanza, però, egli scopre, altresì, di possedere un
riflesso di quell’abissale profondità e cerca di tentare di realizzare
un contatto più vero e concreto con se stesso e con il reale, sia
attraverso l’analogia, la quale accostando elementi lontani mostra somiglianze impensate tra le cose normalmente diverse, svelando, così, il
senso riposto nelle cose (che è esattamente il processo descritto delle
“Corrispondenze” baudelairiane), sia per mezzo dell’acutizzazione
dell’esperienza sensoriale (lo “sregolamento dei sensi” di Rimbaud).
Tornando al libro, esso è stato scritto da un autore non molto conosciuto Joris Karl Huysmans, il quale, biograficamente parlando, ripercorre esattamente la “vita estetica” descritta da Kierkegaard: egli, cioè,
passa dallo “stadio estetico”, in cui era artefice di avventure simili
a quelle di un Don Giovanni dai toni
piuttosto cupi, allo “stadio religioso”, segnato dall’incontro con l’abate
Mugnier, che lo spingerà, prima, a trascorrere un breve soggiorno in un chiostro
e poi a vivere, per alcuni anni, nell’abbazia
benedettina di Ligugé, fino al suo triste rientro nella capitale francese, dove morirà 7
anni dopo.
Oltre alle varie opere scritte dal suddetto autore, à rebours risulta essere quella più significativa
poiché segna una sorta di spartiacque tra un
prima di dissolutezze e un dopo di riscoperta dei valori cristiani tradizionali: quindi, chi
meglio di Huysmans può riassumere nella sua
persona istanze così diverse tra loro e vivere
appieno “due vite”?
Alla luce di quanto detto poc’anzi, si può ben
dire che il fascino che avvolge, tutt’oggi, questo libro, risiede non solo nelle atmosfere che esso evoca, ma anche nell’esperienza
di vita così diversa che ha caratterizzato il suo autore. Addentrandoci
nelle pagine del libro in questione, emerge, tra i fumi e i profumi degli
incensi orientali, un sentore di esotico e misterioso che avvolge il protagonista Des Esseintes; egli, giovane esteta tenta davvero di fare
della “propria vita un’opera d’arte”, al fine di realizzare un’ambizione ancora più alta, quella, in altre parole, di sottrarsi all’idea della
corruzione finale per giungere, così, all’immortalità. In vista di ciò,
Filosofia
di Monica Sponga
egli fa suo il precetto baudelairiano dell’andare “controcorrente”, nel
senso di mirare allo sfruttamento di tutte le sensazioni possibili per
provare emozioni sempre nuove. Proprio a tal fine, Des Esseintes, si
circonda di quadri (in particolare quelli di Gustave Moreau, in cui la
bellezza rispecchia i canoni tipici della decadentismo: le nudità ingioiellate, la corruzione della lussuria, l’essere ammaliante e selvaggia) e
di libri “maledetti” (i testi di Baudelaire, Sade e Mallarmé, per citarne
alcuni), ma non solo, egli trasporta questo gusto anche nel mobili e
nell’arredamento della sua casa in periferia, nonché nei suoi abiti e
nella sua persona: sono i dettagli, gli oggetti apparentemente irrilevanti che eccitano la sua attenzione; in poche parole, è come se egli
fluttuasse da una sensazione ad un’altra, dategli dai vari oggetti con i
quali entra in contatto, e ne volesse ancora una più forte: “era arrivato
a cercare in torbide pagine delle frasi che sprigionavano una sorta di
elettricità che lo faceva trasalire quando scaricavano il loro fluido in un
ambiente che sembrava dapprima refrattario”.
Nonostante quest’apparente dissolutezza, Des Esseintes si auto imponeva delle regole rigidissime, a cui, come uno stoico antico, si sottoponeva scrupolosamente, con atteggiamento ascetico, espressione,
questa, di quella tanto ricercata unità di corpo-anima auspicata tanto
da Nietzsche, quanto da Baudelaire.
Lungi dall’essere una banale storia di un giovane annoiato, à rebours si
configura come l’emblema del decadentismo, non solo per il gusto
con il quale Huysmans descrive la vita di Des Esseintes, ma anche per
essersi focalizzato su questo tentativo di riunire corpo e anima, due
istanze apparentemente inconciliabili.
La figura del protagonista assume le fattezze del prototipo dei dandies per eccellenza, tant’è vero che Wilde, nel suo Ritratto di “Dorian
Gray”, fa perdere la testa a Dorian per questo “libretto ocra”e anche
D’Annunzio, ne “Il Piacere”, fa subire ad Andrea Sperelli il fascino
incantatore dello stesso libro.
In conclusione, l’eroe decadente, sovente è considerato in negativo:
amorale, cinico, dissoluto e chiuso nella sua eleganza come in un bozzolo di seta, al fine di perseguire i piaceri più raffinati, soffocando ogni nozione di giustizia e di bontà. In realtà tale opinione è
il frutto di una superficialità dilagante: questa ricerca alla scoperta di
ogni sensazione possibile è la risposta, per dirla alla Nietzsche, alla
mortificazione del corpo e dei sensi perpetrata dalla morale cristiana,
e quindi si configura come un risveglio-riscatto del se dalla sottomissione e dall’impoverimento delle coscienze in generale; ovviamente
questo processo, se portato allo stremo, ha le sue nefaste conseguenze
(si pensi alla fine del povero Dorian Gray, per esempio), ma ciononostante, siffatti atteggiamenti rientrano perfettamente nella coerenza
della vita vissuta come tentativo ultimo di riappropriazione del se.
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Sta tornando in auge una pratica, che definire sportiva è riduttivo, che da sempre ha parte importante nell’immaginario collettivo legato all’inverno: lo slittino. Velocità, abilità, divertimento, gioco: tutto questo e molto altro ancora costituisce il fascino di un
oggetto nato per esigenze pratiche (come il trasporto di persone, di
legna, provviste o altro materiale) e con il tempo divenuto occasione
sia di svago sia di competizione. La storia dello slittino è più che millenaria: ci sono testimonianze di
come i Vichinghi nel IX secolo usassero slitte biposto per muoversi
e di competizioni si ha notizia già dal XV e XVI secolo in Norvegia
ma anche sui Monti Metalliferi, tra le attuali Germania e Repubblica
Ceca.
A proposito di competizioni, la prima gara ufficiale a livello internazionale è quella del 12 febbraio del 1883, corsa in Svizzera su una
pista lunga più di quattro chilometri che collegava Davos a Klosters
e sulla quale si sfidarono atleti provenienti da sei nazioni differenti. Lo slittino è anche specialità olimpica dal 1964: furono infatti le
Olimpiadi di Innsbruck i primi Giochi che ospitarono le discese del
doppio e del singolo. Sempre a proposito di competizioni, come non
ricordare uno dei “mostri sacri” della disciplina, ma anche dello sport
internazionale tutto, quell’ Armin Zöggeler, altoatesino di Lana (poco
ditante da Merano), capace di conquistare cinque medaglie olimpiche
(due d’oro, una d’argento e due di bronzo), 6 titoli iridati e 10 Coppa
del Mondo?
Un po’ dimenticato nei decenni e negli anni scorsi, lo slittino negli
ultimi tempi comincia a conoscere un interesse crescente. Discese in
compagnia dopo una camminata fino al rifugio, sfide tra amici,
divertimento in famiglia. Per grandi e piccoli. Per questi ultimi, lo
slittino può rappresentare un primo divertente approccio al mondo
della neve. Per tutti, la scoperta o la riscoperta di un’attività nella natura, all’insegna di ritmi meno frenetici e, perché no, di costi contenuti. “E’ proprio così – conferma Otto Bachmann, un passato da atleta
dello slittino prima di diventare, dal 1983, apprezzato costruttore di
slittini a San Candido – Prato Drava –. Lo slittino è una disciplina
in crescita che sta cominciando a riavere una certa
popolarità anche in Italia
oltre che in Austria, Svizzera e Germania, paesi
dove ha un buon successo da tempo. E’ soprattutto come occasione
di svago e divertimento che si sta affermando: è bello per le famiglie, è alla portata di
tutti, fai movimento e provi
l’ebbrezza della velocità. E
i costi non sono proibitivi: il
prezzo di uno slittino per il
tempo libero varia dai cento ai
trecento euro”.
Sono molte le località montane che stanno permettendo
l’uso, con opportuni interventi per la sicurezza, di alcune
strade forestali per lo slittino.
Il suo uso sta crescendo un
po’ in tutto l’arco alpino.
L’Alto Adige è un po’ il capofila di questo ritorno di fiamma, con la Valle d’Isarco, ad esempio, che
propone oltre 50 piste per lo slittino, una addirittura di oltre 11 chilometri. Ampia anche l’offerta di Cortina. In località Guargné, a Mietres,
una speciale pista slittini lunga un chilometro permette emozionanti
discese con gli snow bob, che si possono noleggiare in loco. Inoltre, su
prenotazione, si organizzano cene al nuovo Rifugio Mietres, con salita
in motoslitta ed eventuale discesa in slittino. Altri rifugi d’alta quota
organizzano (sempre su prenotazione) cene con successive discese in
slittino in notturna, per trascorrere momenti alternativi allo sci. Tra i
percorsi praticabili la discesa dal Rifugio Scoiattoli-5 Torri per cui si
sale a piedi per circa 2 ore, altrimenti più comodamente in seggiovia,
e si scende lungo i 4 chilometri della pista con un dislivello è di 550
metri; la discesa dal Rifugio Croda da Lago che è interminabile ed
entusiasmante dopo una salita piuttosto impegnativa (circa 2 ore). Il
Rifugio Dibona a 2.037 metri è raggiungibile con circa un’ora di cammino: il percorso è affascinante e poco ripido e adatto anche ai bambini. La discesa dal Rifugio Ra Stua, si trova a 1.668 metri e si raggiunge
con circa un’ora di cammino; lungo la stradina (3 chilometri per un
dislivello di 200 metri), bella
e varia, si incontrano tratti sia
pianeggianti che ripidi (info
da www.cortina.dolomiti.
org ).
Nella zona di Borca di Cadore c’è poi la discesa dai Piani
di Ciauta. E come non ricordare il “Torneo di ridòle”
che ogni anno, con le vecchie slitte, appassiona i paesi
dell’Agordino? e in Agordino ci sono Lo spettacolo e le
emozioni della velocità sulla
neve, insomma, al di là dai canoni consueti, ha un presente importante, e un futuro di crescita, anche tra le Dolomiti Bellunesi.
E i mezzi sono al passo con i tempi. Dimentichiamoci, o meglio non
pensiamo solo agli slittini in legno cui eravamo abituati fino a qualche anno fa. Oggi gli slittini sono progettati accuratamente e costruiti in materiali resistenti, aerodinamici e coloratissimi, non
di rado equipaggiati anche di sterzo collegato a un monosci anteriore
che permette di controllare le curve in modo praticamente perfetto.
Importante è non lasciarsi trascinare dall’entusiasmo senza la necessaria attenzione. “La sicurezza prima di tutto – spiega ancora Otto
Bachmann –. Può sembrare superfluo sottolinearlo ma di fatto non
lo è: prima di lanciarsi lungo un pendio, sempre meglio aver imparato
prima qualche “rudimento” della disciplina”. Ad esempio quelli relativi alla corretta posizione da assumere nei rettilinei, oppure quelli
su come e quando frenare. “Per evitare di ferirsi con gli slittini più
evoluti – prosegue Bachmann – consigliamo ad esempio di smussare
lungo tutta la lunghezza gli spigoli esterni delle lame. Per farlo, basta
strofinarli più volte con carta abrasiva”.
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35
35
Q
uest’estate i Dottorclown sono andati in
missione con lo scopo di donare un
sorriso e assieme a quello anche alcuni
fondi raccolti attraverso alcuni spettacoli nei mesi
di giugno e luglio.
Il gruppo che è partito contava 9 clowns: Barbara Zucco, Carmen Reduce, Alberto Pallaoro,
Patrizia Bertoli, Monica Menegat, Elisa Trimeri,
Sabrina Susanna, Mirna Targa e Erik Sacco Zirio. Sono partiti assieme a due membri dell’Associazione Stella della Speranza, Gianni Sansone e Anna Dal Pan, che hanno svolto il ruolo
di guide in quanto la loro associazione già da anni è
impegnata in attività di volontariato in terra africana.
L’intero gruppo è partito il girono di ferragosto per Roma da dove con
due scali, uno dei quali imprevisto, hanno raggiunto Nairobi. Dalla capitale keniota attraverso 2 matatu (furgoncini) sono arrivati a Matiri piccolo
villaggio alle pendici del monte Kenya destinazione finale.
Inaspettatamente la situazione che si è presentata non era quella prevista
in quanto l’ospedale Sant’Orsola di Matiri, che li ospitava e dove avrebbero dovuto fare servizio, era tristemente semi-vuoto. Così in breve tempo si sono ritrovati a dover riorganizzare l’intera missione cambiandone le modalità e gli obiettivi. Di giorno in giorno sono riusciti a trovare
luoghi, strutture e persone che necessitassero del loro intervento: hanno
diffuso la figura del clown nei mercati e nei villaggi limitrofi (1h e 30’ a
piedi solo andata) con spettacoli di strada, hanno visitato altri ospedali nella zona (3h di macchina) e hanno conosciuto una signora davvero speciale: Rita Drago, italiana che una volta in pensione si
è trasferita a Matiri adottando
19 bambini e aiutandone molti altri attraverso i fondi che si
impegna a raccogliere www.
friends-onlus.org/rita.html;
i primi 15 giorni, quindi, li hanno trascorsi esplorando questa realtà rurale molto povera,
polverosa, collinare, a bordo
di furgoncini arrugginiti, su
strade sterrate e dissestate, tra
Tecnologie per la salute del piede
O
-P WIXXIQFVI WGSVWS r mslm, in un sito che presenta caratteristiche
stato inaugurato ad Arson JEZSVIZSPM TIV P´SWWIVZE^MSRI EWXVSRSQMGE
di Feltre, alla presenza di KMEGIRHS WSTVE PE JEWGME QIHME HM MRZIVWMSRI
GMVGETIVWSRIMPRYSZS XIVQMGEGSRGSRWIKYIRXIWXEFMPMXkEXQSWJIVMGE
atmosfera limpida con scarsa presenza
Centro ggiAstronomico
Giula tecnologia ci aiuta
anche nella
progettaziofacendo
una PMZIPPS
media,HMpossiamo vedere i punti di maggiore
HM MRUYMRERXM
I TSPZIVM
FEWWS
MRUYMREQIRXSPYQMRSWSJEGMPIVEKKMYRKMFMPMXk
ne
e
realizzazione
dei
plantari
su
misura,
sofferenza
dei
nostri piedi.
liano Vanin dell’Associa0S
WGSTS
HIP
'IRXVS
r
UYIPPS
HM
agire
grazie
alle
pedane
baropodometriche
di
ultima
ANALISI
DINAMICA,
con l’acquisizione in fase conzione Astronomica Feltrina per la divulgazione e la didattica
generazione,
ad
altissima
fedeltà
e
dall’elevata
frequenza
di
tinua
della
deambulazione,
in cui spesso, i punti di magRheticus.
dell’astronomia e della scienza in
n testo e foto
alla nostra re
redazione@
dazione:
bellunomag
azine.it
capre e mucche magre, ma con una popolazione sorridente,
accogliente, viva.
A fine agosto il gruppo si è diviso in due: 5 sono tornati in
Italia e i 4 restanti hanno continuato la missione a Nairobi.
Nella capitale è iniziata praticamente un altro tipo di esperienza. Ospitati e coordinati dall’Associazione AmaniForAfrica (www.amaniforafrica.it) che gestisce parecchie strutture per bambini e ragazzi di strada,
si sono impegnati nella realizzazione di un laboratorio di clownerie
per i giovani del centro di accoglienza di Ndugu Ndogo. L’attività era organizzata direttamente sul
luogo e si svolgeva per tutto l’arco
della giornata condividendo anche il pranzo con i bambini partecipanti.
Il laboratorio si è concluso con
uno spettacolo clown, con protagonisti i ragazzi, al centro di
Kibera, la seconda baraccopoli
più grande dell’Africa, in collaborazione anche con un gruppo teatrale, i Pillars of Kibera (www.pillarsofkibera.blogspot.it), che vive e svolge la propria attività all’interno dello
slum. Il gruppetto è rientrato in Italia, poi, il 6 settembre.
I Dottorclown hanno così lasciato una scia di sorrisi alle loro spalle, ma non solo quella: i fondi raccolti prima del viaggio, che constavano
all’incirca sui 5000€, sono infatti stati suddivisi tra le due realtà forti incontrate. Il 60% è stato donato all’Associazione di Rita Drago e il 25%
ad Amani for Africa. Il rimanente 15% è stato sfruttato per pagare i mezzi di trasporto con cui si sono mossi i clowns durante l’intera missione.
Un sentito grazie va naturalmente a tutti coloro che hanno permesso tutto questo offrendo un contributo all’Associazione Dottorclown Belluno.
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Astronomico
di Feltre
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per la formazione permanente e alle scuole di
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al pubblico tutti i venerdì sera alle 21
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spettacoli.•
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gior carico, differiscono da quelli
acquisiti in fase statica, e siccome
per la maggior parte della giornata
alterniamo lo stare fermi alla camminata, è importante conoscerli
entrambi.
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che permette un’accurata valutazione e studio del meccanismo di
mantenimento dell’equilibrio, dal
quale il Tecno Ortopedico può capire come riequilibrare i carichi.
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gridò “Offro da bere a tutti”. In realtà nel locale non c’erano più di cinque
persone e avevano tutte l’aria di non voler essere disturbate, ma Saverio
continuava a urlare “È la vigilia di Natale, dobbiamo festeggiare, al diavolo
le nostre belle famiglie riunite, voglio offrire da bere!”.
Quattro dei cinque avventori accettarono, ma il quinto, un uomo che sembrava non radersi né lavarsi da tempo fece cenno di no, continuando a
guardare davanti a sé. Saverio si diresse verso di lui e gli sorrise:
“Dai, bevi con noi, voglio solo offriti da bere, non cerco altro”.
“Non me ne importa un accidente”, imprecò l’altro e scagliò il suo bicchiere verso lo specchio dei liquori.
“Calmati”, insistette Saverio. L’altro lo spinse e usci dal locale.
“Si comporta sempre cosi?”
“Sono solo poche sere che viene, è un solitario, meglio lasciarlo stare”,
intervenne il barista, “paga lei per lo specchio?”.
Eppure c’era qualcosa in quell’uomo che aveva colpito Saverio. Lo seguì
fuori.
Lo sconosciuto se ne stava rannicchiato sugli scalini del bar e Saverio non
poteva togliere gli occhi dal tatuaggio sulla sua mano. Saverio continuava
ad andare su e giù per il marciapiede fino a quando agguantò il polso
dell’uomo che lo fissò con occhi di ghiaccio.
“Cos’è questo ragno sulla mano destra? Te lo sei fatto con il fil di ferro
in carcere?
L’uomo si alzò minaccioso: “E tu che ne sai?
“Ero un poliziotto” rispose Saverio. “il ragno significa indipendenza e
potenza. Eri un duro dentro”.
L’uomo scrollò la mano da Saverio e si risedette. “Lasciami in pace”.
“Mostrami l’altra mano”.
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averio aveva finito il suo lavoro all’agenzia di viaggi. Tutti gli impianti sciistici erano prenotati, esaurite le settimane bianche delle scuole,
tutto avrebbe dovuto filare liscio. In ufficio aveva brindato controvoglia con prosecco in bicchieri di carta e fette di panettone. Poi se n’era
andato via. Daniela, la segretaria, gli aveva tolto la cravatta e improvvisato
uno strip, lui l’aveva abbracciata ed era uscito solo.
Avrebbe voluto festeggiare con qualcuno di vicino ma era solo. In piazza
Duomo tutti si brindava attorno a un albero di Natale enorme, le vetrine
scintillanti.
Tutti a casa con la famiglia. Lui non aveva più una famiglia. Sua moglie aveva chiesto il divorzio da alcuni
mesi. L’aria delle feste di Natale lo faceva sentire
sempre più solo. Avrebbe voluto fare una crociera,
ma le spese per il divorzio lo avrebbero dissanguato.
Meglio risparmiare.
Lasciò Piazza Duomo e camminò per venti minuti,
anche in Piazza Martiri c’erano le luminarie e il grande albero di Natale. Si sentiva sempre più solo e cercò
di evitare il baldacchino del vin Brulé.
Proseguì per Via Sant’Andrea ed entrò in un bar.
Sembrava un bar anonimo. Era quello che voleva.
Non c’era quasi nessuno. Chiese al barista un whisky
doppio. Si sentì subito più calmo, ne bevve un altro, si
fissò nello specchio dietro il bancone è urlò a squarciagola “Buon Natale a tutti”. Ordinò un terzo
whisky, il barista sembrava restio a darglielo, ma dopo
varie insistenze cedette. Saverio, sempre più eccitato
L’utilizzo delle
il periodico gratuito di informazione ed attualità della Provincia di Belluno
Molto freddo.
La vigilia di Natale a Belluno
Foto di Manuele Sangalli
Belluno Magazine
Racconto Giallo
di Alberto Spinazzi
18
piante spontanee
nella cultura
di Ettore Saronide
popolare bellunese
Una zuppa generatrice
di ‘‘buon sangue”
“Scordatelo, sbirro”. Saverio fece uno sforzo e tirò il braccio sinistro
dell’uomo. Il braccio era monco.
“Cosa fai sbirro, non hai mai visto un monco che vuole farsi gli affari
suoi, che vive di elemosina, che non sa dove dormire la sera, non hai mai
conosciuto la sofferenza?”
Originaria
del
Mediterraneo
orientale,
la
“L’ho conosciuta fin
troppo
bene”. Rimasero in silenzio
per alcuni minuti
borraggine
a guardare la neve.è una pianta erbacea annuale diffusa,
allo anch’io
statoqui,spontaneo,
inchiese
tutta
Europa,
“Posso sedermi
ho bevuto troppo”,
Saverio.
“Non cresce
c’è spazio per
duecampi
persone”.e nei terreni incolti, ma
che
nei
“Se ci stringiamo?”.
che
viene anche coltivata perché commestiUscì il sia
padrone
del locale:
“Via
di qua, coppia di ubriaconi, avrò ben diritbile
cruda,
sia
cotta.
to
anch’io
a
una
cena
di
Natale”,
chiuseWIGSRHS
la saracinesca e scaricò un secchio
-P WYS XIVQMRI WGMIRXM½GS ±FSVEKS²
di neveEYXSVM
fresca addosso
ai due,HEP
cheXEVHS
si alzarono
con l’aria di chiedersi “Dove
EPGYRM
HIVMZIVIFFI
PEXMRS
±FSVYW²YWEXSTIVMHIRXM½GEVIMPPYRKSQERXIPPS
andiamo adesso, cosa facciamo?”
HMPEREVYZMHEGLIZIRMZEMRHSWWEXSERXMGEQIRXI
Ormai era molto buio. “Ma tu chi sei? Cosa vuoi da me? Hai qualcosa da
HEM TEWXSVM UYIWXS GSQI VMJIVMQIRXS EPPI
dirmi?”, chiese
aggressivo
il vagabondo.
Saverio
TEVXMGSPEVM
JSKPMI
HIPPE RSWXVE
TMERXMRE
0E tacque, gli occhi dell’altro
rabbioso “Vai
la tuaispirato
strada, sconosciuto,
non ho bisogno dei tuoi santi,
borragine
ha per
anche
una simpatica
leggenda.
dice, infatti, che un tempo i suoi
vai e nonSiseguirmi.”
½SVMJSWWIVSGERHMHMQEGLIHMZIRRIVS
Io non sono uno sconosciuto – pensò Saverio.
dell’attuale colore perché vi si specchiò
Stette fermo in mezzo alla neve, tenendo d’occhio l’uomo. Telefonò
la Madonna. Sembra che la borraggine non
alla centrale
di Polizia
dove unItempo
lavorava.
JSWWI
GSRSWGMYXE
RIPP´ERXMGLMXk
GLI JY%PFIVXS
“Davide, sono Saverio.”
1EKRSRIP1IHMSIZSEHIWGVMZIVRITIVTVMQSPI
TVSTVMIXkQIHMGEQIR
XSWIXERXSHEGSRWMHIVEVPE
“Dottor Cristicchi, come
sta?, non si è fatto più vedere”.
“generatrice
di buon
“Scusa ma ho
moltasangue”.
fretta. Controlla velocemente l’archivio. Lo hanno
-RVIEPXkHEUYERXSWMPIKKIMTSTSPMERXMGLMYWEZERS
liberato?”
KMkPETMERXETIVPIWYITVSTVMIXkWYHSVMJIVIWMETIV
“Dottore,
non può continuare
a pensare
a questa storia…
GYVEVI
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WME PE FVSRGLMXI
I TIV½RS
M“Sì
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o no? -RSPXVI TVIWWS +VIGM I 0EXMRM JY
JEQSWEERGLIGSQIXSRMGSRIVZMRSIGSRWMKPMEXE
“Controllo.”
RIPPEGYVEHIKPMWXEXMHITVIWWMZM+PMERXMGLM6SQERM
“Il più velocemente possibile”. Saverio stava perdendo di vista lo sconoTSM GSRSWGIZERS PE FSVVEKKMRI I PE YWEZERS WME
sciuto che arrancava nella neve.
MRQE^^MSVREQIRXEPMTIVHIGSVEVIPIGEWIHSZI
“Dottore,
stato
liberato la settimana
scorsaEPper buona condotta… dotWM
WZSPKIZEèYR
QEXVMQSRMS
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Cristicchi…
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Saverio:EPIVMS
aveva già
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neve e stava inseguendo come
IVFEGETEGIHMVEPPIKVEVIMPGYSVIHIPP´YSQSIEP
poteva
lo
sconosciuto.
XIQTSWXIWWSHMHEVKPMJSV^EIEYHEGME-RVIEPXk
“Ehi, Ehi,
fermati,
doveilvai?”.
secondo
alcuni
studiosi
suo nome potrebbe
ERGLI
HIVMZEVIvuoi
HEPPE
TEVSPE
“Che diamine
ancora
daGIPXMGE
me?” ±FSVVEGL²
GLIWMKRM½GE±GSVEKKMS²7IQFVIVIFFIMRJEXXMGLI
“Con quegli stracci ai piedi non puoi durare tanto. Dove pensi di passare
TVSTVMSM'IPXMPEEKKMYRKIWWIVSEPZMRSTIVHEVI
la notte?”
GSVEKKMS EM KYIVVMIVM GLI HSZIZERS EJJVSRXEVI
te cosaMRimporta?”
M“ARIQMGM
FEXXEKPME 8YXXS UYIWXS MR¾YIR^{
“Siamo soli. Tu non sai dove andare. Andiamo
ERGLI4PMRMSMP:IGGLMSMPUYEPIWSWXIRIZEche
la a casa mia, una spaghettata
FSVVEKKMRIJSWWIEHHMVMXXYVEMPJEQSWS±2ITIRXI
e birra a volontà. Non voglio restare da solo questa notte.”
“E perché dovrei venire da te? Chi sei tu per me? Io vado al rifugio dei
DONADEL
Onoranze Funebri
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senzatetto. Preferisco le loro brodaglie. Oppure ci sono le mense delle
suore. Pensa a un Natale tra gli altri peccatori.
“Vuoi cantare le lodi del Signore e aprire uno spumante dolce a mezzanotte con altri vecchietti?”
“Meglio che stare con te. Emetti un odore di morte”.
“Ho perso mio figlio la notte di Natale di dieci anni fa. Aveva solo dieci
anni. Non chiedermi nulla ma questa sera non voglio stare solo, sia anche
con una bestia come te”.
Alcuni
minuti di silenzio.
HM3QIVS²IGLIEWWETSVEXERIPZMRS
TSVXEZEEPP´SFPMSIEPPEWTIRWMIVEXI^^E
“Mi
dispiace per tuo figlio ma …”.
A parte
tutte queste affermazioni
“Per
favore”,
sulla nostra pianta,
“Non so ancora perché
d e c i sloa faccio
m e n tma
e va bene, andiamo da te, siamo distanti?”
esagerate, in effetti,
PE KVERHI
UYERXMXk
“No, è molto vicino,
due stradine
e siamo arrivati”.
e
Fecero le scale finodia unmucillagini
piccolo appartamentino,
arredato bene, ma pieno
di sali che contiene la rendono decisamente utile contro
di confusione, vestiti
qua
e
là,
cartoni
di
pizza
e
tante
piccole videocassette
WZEVMEXMQEPERRM
video 8 sparse in giro.
Gli Inglesi per esempio, non a torto, con il suo succo ne
“Che taglia hai di scarpe”,
chiese Saverio
JEGIZERSYREFIZERHEVMRJVIWGERXIIZMHIR
XIQIRXIVMGGEHM
WEPM non
HE GSRWYQEVI
HYVERXI PI GEPYVI IWXMZI 1E r GSQI
“Credo il 43, in carcere
ce lo chiedevano”
ortaggio
la borraggine
è dadelle
sempre
apprezzata
dagli
“Queste dovrebbero
andartiche
bene”,
Saverio prese
scarpe
da ginnastiappassionati della cucina popolare che la ricercano sia per
ca da uno stipetto MKMSZERMKIVQSKPMHEGSRWYQEVIMRMRWEPEXEWMETIVPIJSKPMI
e le diede allo sconosciuto.
“Fatti una doccia calda”,
quando
uscirai,
ti faròfrittate
trovaree dei
vestiti puliti.
con le quali
si fanno
gustose
succulenti
minestre.
%RGLIPIMR½SVIWGIR^IJVMXXIGSRPETEWXIP
PETSWWSRSIWWIVI
“Perché sei così gentile
con me? io potrei ucciderti e derubarti.”
proposte
come
un particolare
“Non credo che lo
farai, sei
appena
uscito di antipasto.
galera. Io mi chi chiamo
La zuppa però è il “piatto forte” di questa
Saverio e tu?”
verdura4IVVIEPM^^EVPEWMHSZVkWGSXXEVIMREGUYEFSPPIRXI
“Filippo”.
leggermente salata 150 grammi di foglie di borraggine con 300
“Va’ in doccia, Filippo,
e non ti preoccupare”.
KVEQQMHMJSKPMIHMPEXXYKE-PXYXXSZIVVkTSMWGSPEXSQIWWS
MREGUYEJVIHHEWKSGGMSPEXSFIRIIWQMRY^^EXS½RIQIRXI7M
XVMXIVkTSMYREGMTSPPEHEETTEWWMVIMRYRTEMSHMGYGGLMEMHM
“Sei curioso di sapere
come mai il Dott. Cristicchi sia così
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Estero
di Arianna Pasa
Una giovane storia all’italiana
C
ena tra amiche. Non ci si vede da tanto e si coglie l’occasione
per aggiornarsi sulle rispettive vite. C’è chi fortunatamente
lavora da un paio di anni, chi inizia un nuovo corso all’università, chi si deve laureare, chi è appena tornato dall’estero, chi fa
uno stage, chi è in disoccupazione e chi lavora a nero. Un piccolo
campione di donne che può significativamente rappresentare i
giovani italiani.
Ebbene, il caso volle che alla mia sinistra si sedesse Elena (nome di
fantasia), la stagista. Sapevo che stava facendo un tirocinio legato ad
un corso regionale finanziato dall’Unione europea e così, per dare il
via alla conversazione, le chiedo appunto come sta andando.
Mi fa un timido sorriso che termina in un accenno di smorfia e mi dice:
“All’inizio bene! Mi piaceva, mi facevano fare qualcosa…ora invece,
sto lì otto ore a non fare niente!” – Incalzo io: ”Come niente? Non
t’insegnano nulla? Nemmeno le fotocopie ti fanno fare?” – Ribadisce
lei: ”Niente. Proprio Niente. Prego i superiori di farmi fare qualcosa e questi mi dicono che ci pensano e poi spariscono rinchiusi
nel loro ufficio fino a fine giornata.” - “Accidenti,” –penso io –
“speriamo che quantomeno il corso le sia servito!” – così le chiedo:
”Ma dimmi, il corso com’è stato? Ti hanno insegnato qualcosa?” –
“Bah…insomma! Mi aspettavo molto di più! Alla fine non hanno aggiunto nulla a quello che già avevo appreso all’università”; Elena infatti
è laureata in Economia per il turismo. Conoscendo un po’ la situazione del settore turistico locale, mi incuriosisco sempre più. Per il lettore, la nostra provincia, la provincia di Belluno, è piuttosto tranquilla,
poca criminalità, ottima qualità della vita secondo “ilSole24ore”, un
po’ meno secondo i suoi giovani abitanti che si dedicano
troppo spesso all’alcol per
combattere la noia e così via.
Di noi i media italiani se ne
ricordano due volte l’anno:
il 9 ottobre per commemorare le vittime del Vajont e
nel periodo natalizio, quando vip ed evasori pullulano a
Cortina D’Ampezzo.
Di Belluno, fuori dall’Italia, non se ne ricorda nessuno, nonostante le montagne da patrimonio mondiale dell’Unesco, i paesaggi meravigliosi e le piste sciistiche all’avanguardia. Com’è
possibile? Ebbene, manca un vero piano generalizzato di promozione turistica del territorio, soprattutto perché non realmente progettato
dagli enti pubblici locali e nazionali. Basti pensare agli uffici turistici:
se in Francia se ne trova uno anche nel più piccolo dei paesi, in Italia,
con il nostro ricchissimo patrimonio paesaggistico, storico, culturale
ed enogastronomico, abbiamo pensato bene di metterne giusto un
paio dove fosse proprio necessario e questi sono rigorosamente chiusi
in pausa pranzo e, rullo di tamburi, la domenica! Per quanto si possa
essere amanti nostalgici dei vecchi ritmi italiani, bisogna riconoscere
che non rientrano in una buona strategia turistica.
Tornando ad Elena, le chiedo se quantomeno ha imparato a costruire
un sito internet, l’indicizzazione e quei pochi concetti base per una
buona pubblicità on-line, fondamentale per attirare il turismo oggi,
e mi dice: “In teoria sì, ma in pratica non ci ho mai provato. Ci
hanno spiegato come fare un sito internet Wordpress, che quindi
lo può fare quasi chiunque, e ci hanno dato qualche concetto base
per l’indicizzazione. Tuttavia, la pratica, che credevo avrei appreso
durante il tirocinio, non l’ho fatta!”. Replico io: “Quella la puoi
sempre fare da te. Per esempio, potreste creare una pre-società
(non dico società, perché in quel caso servirebbero dei soldi e so
benissimo che gli unici soldi che posso avere io, e come me i miei
coetanei, sono quelli di mamma e papà) con figure professionali diverse e offrire, all’inizio gratuitamente, poiché senza esperienza, la
progettazione di un sito a piccoli bed & breakfast o hotel. Magari,
una volta sicuri delle vostre capacità, potreste mettervi in affari”.
Così Elena un po’ sconfitta mi spiega quel che è palese a chiunque
si sia trovato a voler sviluppare un progetto “innovativo”.
La mentalità gioca un ruolo fondamentale: anche se hai un bel piano da proporre, non trovi le strutture che ti supportino, perché
molti enti, alla meglio non ti sostengono e alla peggio, ti danno
contro e alcuni privati, gelosi del proprio microscopico impero in rovina, non
hanno spirito né di rinnovamento, né
collaborativo. Ostinata a voler dare un
impulso positivo alla mia amica stagista
mi metto a riflettere sui possibili progetti. Nel frattempo riesce a raccontarmi di
tutti gli annunci di offerte di lavoro che
legge quotidianamente, dove si richiedono giovani supereroi con un paio di lauree, esperienze a go-go e quattro
o cinque lingue parlate fluentemente. Inoltre, mi narra pure le sfortunate
vicende di quelle amiche stagiste che credevano di essere ad un passo dal
lavoro retribuito e che invece hanno lavorato per mesi a 200 euro per poi
essere lasciate a casa.
Ed ecco l’ispirazione: ricordavo di avere fatto una visita guidata gratuita
della città di Edimburgo e sapevo per certo che tour simili esistono anche
a Dublino. Generalmente a gestirli sono aziende internazionali che lavorano in diverse città europee. Così le accenno l’idea di creare un piccolo
gruppo di guide turistiche. Se funziona all’estero, perché non dovrebbe
funzionare qui? Ebbene, la mia talentuosa amica Elena, mi spiega com’è
geniale il sistema italiano. Nei corsi insistono molto sull’autoimprenditorialità, ma una volta fuori, si fa di tutto per renderla difficile, talmente difficile, che chi già ha pochi fondi, non li va certo a rischiare per combattere
la burocrazia italiana. Così ci perdiamo giovani intraprendenti, formati
dalle nostre ottime università, che, per
sopravvivere, sono costretti ad andare
a produrre PIL altrove. Insomma, se
tu, singolo cittadino, vuoi fare la guida
turistica, devi superare un esame che ti
permetta di avere il patentino di guida
turistica. Tale patentino è generalmente
concesso dalle provincie, così, l’esame
che si fa, dà la possibilità di lavorare in
quella determinata provincia che è materia d’esame e poi, eventualmente,
si possono sostenere altri esami per ottenere delle estensioni. Un costoso
rompicapo.
Per concludere, è chiaro che per svolgere un’attività ci vogliono delle competenze, ma per far sì che l’economia possa riprendersi, bisogna dare la
possibilità ai giovani di mettersi in gioco. Se intraprendere una qualsiasi attività in proprio comporta un iter burocratico infinito, nessuno avrà
voglia di rischiare, perché nel caso del fallimento, le forze investite sarebbero troppe per riprendersi in fretta. La paura del fallimento sta quindi
diventando un vero ostacolo alle opportunità fruibili dai giovani e finché
la paura sarà più grande della voglia di farcela, la situazione difficilmente si
sbloccherà. Questo è solo un esempio di come il nostro amato Paese stia
fallendo nei confronti dei suoi abitanti, tuttavia s’intravede uno spiraglio
di luce, perché i cittadini e gli enti virtuosi esistono, devono però vincere
un sistema che va radicalmente riformato.
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AMORE: possibili tensioni con il partner per
via di situazioni non ancora risolte LAVORO: vi piace rischiare e le sfide vi attirano, saprete raggiungere e superare con
coraggio un traguardo davvero ambizioso.
SALUTE: probabile uno stato di spossatezza per via dei tanti impegni, cercate il punto
d’equilibrio.
AMORE: Sarete corteggiati, è un ottimo periodo
per voi, vedrete persone conosciute con occhi
diversi e scoprirete affinità che non immaginavate. LAVORO: Ottimo periodo per fare il punto
della situazione e muovere le giuste critiche,
purché siano costruttive e in prospettiva dello
sviluppo. SALUTE: Se la tensione e il nervosismo
li sentite a livelli elevati, dovete fare qualcosa per
ridurli ed evitare di arrivare all’eccesso.
AMORE: A volte pensate che non è facile
comunicare con il partner, mentre basta dire
le cose con semplicità e amore per scoprire
come saprà comprendervi. LAVORO: Ci sono
periodi dove è preferibile delegare o farvi aiutare e periodi dove è preferibile far da sé, adesso per voi è il ciclo di arrangiarsi. SALUTE: Per
recuperare energie fisiche e mentali cercate di
dedicare del tempo in mezzo alla natura.
AMORE: comunicare con il partner non è
sempre facile, in questo periodo l’intercessione di una persona amica o familiare può
esservi utile. LAVORO: Certo che la diplomazia aiuta, anche per uscire da certi “pasticci”
che però sono da evitare e non ripetere. SALUTE: un pò di stress che vi rende davvero
intrattabili, meglio evitare le solite amicizie.
AMORE: Date fiducia al partner è importante,
scoprirete così di vivere meglio il vostro rapporto e imparerete a limare quel vostro caratterino
a volte troppo spigoloso. LAVORO: Possibilità di
portare a termine un affare molto sostanzioso,
agite però con cautela e senza fretta. SALUTE:
Siete davvero al top, massima energia e anche
il buonumore vi accompagna.
AMORE: Voglia di evasione? Se ci tenete
davvero al vostro partner uscite, ma con gli
amici. Il sereno ritorna anche per voi. LAVORO: Lavorando in squadra saprete risolvere
problemi anche rilevanti, il vostro intuito con
il confronto costruttivo è il punto di forza.
SALUTE: Sappiate concedervi delle pause
utili a recuperare energie. Riposate di più.
AMORE: Aver ragione non vuol dire che va
bene lo scontro diretto, siete chiamati a
maggior moderazione e comprensione verso
il vostro partner. LAVORO: I problemi difficili
vanno superati anche con il confronto tra
colleghi, anche quando bisogna azzardare.
SALUTE: L’equilibrio psicofisico è in una fase
difficile e sarà facile perdere la pazienza.
AMORE: L’equilibrio sta nel mezzo, ovvio
direte voi. Siete sicuri che il vostro atteggiamento è davvero equilibrato? LAVORO:
Tante soddisfazioni e riconoscimenti, il successo grazie al vostro intuito è sostenuto
dalle stelle. SALUTE: Ottima forma fisica e
la voglia di fare va alla grande.
AMORE: Le nuvole si stanno diradando e
ritorna il sereno, saprete sorprendere il vostro partner in maniera romantica e frizzante. LAVORO: Anche gli insuccessi servono
per crescere, non affliggetevi troppo e alla
prossima occasione fate tesoro dell’esperienza. SALUTE: Vi sentite prestanti e psicologicamente motivati, ma il fisico richiede
anche il giusto riposo, non dimenticatelo.
AMORE: Le buone occasioni sono dietro
l’angolo, finalmente direte voi. Attenzione
però a non strafare e rovinare tutto. LAVORO: Probabili delusioni, ma non prendetevela
troppo, non tutto può andare bene. Possibili
aiuti da persone influenti. SALUTE: Prendete
in considerazione di fare un pò di moto, certamente ne troverete beneficio.
AMORE: Per coloro che hanno iniziato una nuova relazione l’invito ad essere più naturali e metterete così basi solide e durature per un futuro
felice. LAVORO: A volte bisogna saper attendere
periodi migliori prima di agire o pensare a cambiamenti, tenete a freno la vostra insoddisfazione, non è il momento. SALUTE: Attenzione a non
esagerare con il cibo, non tanto per la dieta, siete
più vulnerabili allo stomaco e intestino.
AMORE: Le differenze possono insinuare il
dubbio di non aver scelto la persona giusta,
cercate di comprendere quanto possono
migliorarvi e completarvi. LAVORO: Potrete finalmente risolvere un problema che
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di Marco Vendurin
Ottico-Optometrista
Vederci bene dai 50 anni in su
è un gioco da “ragazzi”
L
La “presbiopia” ovvero la difficoltà di mettere a fuoco da vicino
è una condizione che interessa la maggior parte della popolazione tra i 45-50 anni in poi. Tale condizione è fisiologica ed avviene a causa della progressiva incapacità del cristallino di mettere a fuoco
sulla retina le immagini alle varie distanze. La presbiopia si manifesta
con la classica necessità di dover allontanare gli oggetti per rimetterli a
fuoco.
E’ chiaro che entro breve tempo tale manovra sarà sempre meno efficace perchè le attività quotidiane richiedono un’adeguata efficienza visiva
a tutte le distanze. Il semplice atto di fare la spesa, per esempio, impegna
la vista sia da lontano che da vicino contemporaneamente. Quindi come
fare?
Le possibilità che il soggetto presbite ha, sono essenzialmente
due.
La prima è di avere un occhiale per ogni distanza di visione: lontano, vicino, computer ecc. Soluzione praticabile per chi non ha difetti
di vista da lontano, ma è pur sempre una soluzione approssimativa, perchè qualche distanza (sovente quella intermedia) rimarrà scoperta. Chi
invece porta già una correzione per lontano si troverà a cambiare continuamente occhiali, con il risultato di affaticare costantemente la vista,
deformare le montature e non avere mai una soluzione soddisfacente.
La seconda è invece le lente progressiva, l’unica soluzione che
contempla tutte le distanze simultaneamente; dai 30-40 cm per
il vicino, all’infinito con un solo paio di occhiali. Questo avviene
perchè questa lente viene costruita con una variazione del potere al suo
interno permettendo di avere davanti agli occhi la giusta gradazione per
ogni distanza.
Qualcuno potrebbe ora obiettare di aver sentito un conoscente lamentarsi della difficoltà di adattamento a queste lenti o di non essere addirittura riuscito a portarle. Questa “cattiva” fama delle lenti progressive
risale alla loro prima commercializzazione (fine anni ‘50) ed ai decenni
successivi dove effettivamente le lenti erano “difficili” e costringevano il
portatore a notevoli adattamenti. Oggi invece la tecnologia permette di
avere un’ alta performance che riduce drasticamente i tempi di adattamento rendendole semplici da usare, quasi “naturali”.
Le lenti di ultima generazione infatti (la cosiddetta generazione “freeform”) vengono progettate e costruite su misura in base al difetto di
vista ed alle esigenze del cliente perché le lenti progressive non sono
tutte uguali, ma anzi sono sempre più personalizzate.
Secondo una ricerca di mercato di qualche tempo fa, l’86% dei portatori
di lenti progressive in Italia dichiara di essere pienamente soddisfatto
della propria scelta, di non avere segnalazioni negative da fare e di essersi adattato completamente dopo pochi giorni di utilizzo. (CRA per
Consorzio Comunicazione Vista). Percentuale in aumento grazie alle
nuove tipologie di lenti.
Quindi, se siete stanchi di allungare le braccia, di “combattere” con duetre paia di occhiali, se gli occhiali da lettura non sono mai a portata di
mano quando servono, insomma se cercate una soluzione efficace in
un unico occhiale, questo è il momento giusto per le vostre prime lenti
progressive. Assieme al vostro ottico-optometrista troverete la soluzione migliore per le vostre esigenze e subito dopo vi chiederete : “perché
non c’ho pensato prima?!”
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Dicembre 2013 - Belluno Magazine