Sarajevo-Trieste-Vienna, 1914, un viaggio che segnerà il tramonto di un’epoca Nel luglio di questo 2014, particolarmente piovoso, a Trieste i cittadini intenti al tradizionale “Liston” (passeggiata) e turisti di passaggio sono stati attratti da alcune gigantografie curate dal comune, accompagnate da appropriati testi in italiano ed inglese, posizionate in piazza Unità d’Italia, la piazza italiana più vasta aperta sul mare. Erano le foto delle esequie svoltasi il 2 luglio 1914 dell’Arciduca Francesco Ferdinando, Erede alla Corona Asburgica, e della Consorte Arciduchessa Sofia. I feretri, dopo l’attentato di Sarajevo, erano giunti a Trieste a bordo della corazzata “Viribus Unitis” , sbarcati a fronte della piazza e quindi avviati alla stazione ferroviaria della “Meridionale”. La gente si soffermava di fronte ai pannelli, leggeva, e rimaneva in silenzio di fronte ad immagini di un evento storico di tanta portata, di una tragedia cui sono seguite infinite altre…. La nostra Associazione è ospitata alla Casa del Combattente, un edificio del ’36, costruito nell’area della demolita Caserma Grande, ed ospita la cella in cui è stato rinchiuso Guglielmo Oberdan, prima della sua esecuzione capitale. Nella sala maggiore viene esposto il labaro della Associazione Volontari Giuliano Dalmati, estintasi, dopo il decesso del suo ultimo appartenente, centenario, classe 1900. Ha rappresentato i 2000 Volontari accorsi ad arruolarsi nel nostro Regio Esercito, esprimendo 187 Caduti e 12 Medaglie d’Oro. Ma al di là di ciò che è passato alla storia, mi sono chiesto di cosa possa esser rimasto nella memoria di un singolo, nella tradizione della sua famiglia. Per esempio la mia. Ricordi da un secolo ad oggi. A cominciare dalle esequie. I feretri sbarcati dalla splendida corazzata, scortata da numeroso naviglio militare, ricevono gli onori di Stato e religiosi. I carri, tiri a sei, vengono forniti gratuitamente dall’impresa Zimolo. Vasta la partecipazione popolare. Sicuramente presente la parte di popolazione cosiddetta “austriacante”, ma non è da escludere una partecipazione allargata, data l’eccezionalità dell’evento. A memoria non risulta siano stati presenti membri della mia famiglia. Il 28 luglio 1914 l’Austria-Ungheria dichiara guerra alla Serbia. In qual modo la mia famiglia ne viene coinvolta? Iniziamo con mio nonno paterno, Domenico, classe 1882, ha studiato all’istituto nautico ed imbarcatosi con il Lloyd Austriaco, ha intrapreso la carriera di ufficiale di macchina. E’ un “regnicolo”, così venivano chiamati i cittadini provenienti dal Regno d’Italia. La famiglia si è trasferita a Trieste nel 1860 dalla Carnia, il paesino di Tavella di Salino (Paularo), su di un ramo dell’antica via romana Julia Augusta. Di lui è rimasta memoria per i viaggi in Oriente, per un naufragio in India, per imbarchi sui prestigiosi piroscafi “Wien” e “Helouan”, pregevoli disegni tecnici, ma nessun ricordo riferito a fatti bellici. Il suo libretto matricolare (redatto interamente in italiano) riporta vari imbarchi fino al 2 novembre 1916 quando sbarca “a comando” a Sebenico, dove tutta la flotta mercantile va in disarmo. Il suo nome appare sul primo giornale uscito nella Trieste liberata, ”La Nazione”, purtroppo nel suo necrologio, dopo il decesso per febbre spagnola in data 31 ottobre 1918. Il 14 settembre 1914 parte per il fronte russo della Galizia uno zio di mio padre, Eugenio Mreule (Morelli) (“Zio Genio”), fratello della madre. Di lui mi restano parecchie fotografie, in cui è ritratto negli ospedali A.U.. Una ferita di guerra lo renderà claudicante per il resto della vita. Sorpreso di pattuglia da un reparto di Cosacchi a cavallo, si è dato per morto ed ha sopportato il colpo di lancia infertogli in un polpaccio, per accertarne la morte, senza battere ciglio. Nella vita civile si impiegherà alle Assicurazioni Generali di Trieste. Di mio nonno materno, Oscar Marussi, classe 1887, esiste una bella foto in “montura” da marinaio A.U. Ma solo quella perché ricordo mia madre avermi detto che con i buoni uffici di suo padre, Augusto, magistrato imperialregio, aveva avuto in breve tempo il congedo dalla base di Pola. Ci può esser anche un’altra interpretazione, l’impiego presso le ferrovie (parlava quattro lingue), componente strategica. Mi piace ricordare di mio nonno esser stato “seguito” da due polizie, quella austro-ungarica ai tempi dei suoi studi all’università di Graz, quando manifestava per l’università italiana a Trieste, e quella del Ventennio, quando da segretario del partito repubblicano, passava da un “assaggio” di olio di ricino ad un altro. Un fratello di mia nonna materna, Emilio Fabris, classe 1896, partirà anch’esso per il fronte russo, con i “Demoghèla” del 97° Reggimento Fanteria, di stanza nella Caserma Grande. L’appellativo in dialetto significa “Diamocela (a gambe)”, e sta a significare quanto il far servizio militare con l’Austria non fosse proprio molto gradito ai Triestini. Fatto prigioniero dai Russi, tornerà a Trieste dopo molti anni, a piedi, dopo un trasporto in Inghilterra con nave della Croce Rossa. Per quanto riguarda i civili infine c’è il ricordo delle cannonate ed i lampi notturni come di un temporale continuo (il regio esercito era giunto ad una ventina di km. da Trieste, bloccato dalla “fortezza Hermada”) e la fame sopportata dalla popolazione. Il gemello di mio padre, Alfredo, nato quattro giorni prima dell’entrata in guerra dell’Italia, non sopravvive al sesto mese di vita. Sergio Pupis Foto: Trieste 2/7/1914: Piazza Grande (ora dell’Unità d’Italia), Rive, Piazza della Borsa