In Agosto 2008 N. 479 qu es to nu m er o: si cu re zz a, pr of es si on e, en er gi f a, in o rm at i , ca pr e og tta o zi ne , se rv i iz de O ll’ r n di e. Poste Italiane S.p.A., Sped. in Abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n°46) art. 1 comma 1 - DCB Roma. Abbonamento annuale Fastening Academy 2008 Roma, 17 ottobre Università degli Studi “La Sapienza” Progettazione e sicurezza delle strutture Procedure di qualificazione e metodi di progettazione degli ancoranti Sicurezza delle strutture soggette a sisma o ad esplosioni Comportamento degli ancoranti in caso di carichi dinamici Aspetti applicativi ed esempi di utilizzo Per info ed iscrizioni: numero verde 800 827013, e-mail: [email protected], www.hilti.it ORDINE DEGLI ARCHITETTI PIANIFICATORI PAESAGGISTI E CONSERVATORI DI ROMA E PROVINCIA Care colleghe, cari colleghi Affrontiamo l’estate 2008 con la consapevolezza di una crisi economica riguardo la quale ci giungono quotidianamente notizie allarmanti dagli organi di informazione. Ci si chiede perché a queste notizie non corrispondano altrettante iniziative e messaggi di esperti che ci indichino la strada per rimettere in moto l’economia; quasi ci viene da pensare che qualcuno abbia l’intenzione di farci preoccupare e di toglierci ogni speranza. Fortunatamente conosciamo bene la nostra indole di italiani che è quella di risollevarci dai momenti di difficoltà rimboccandoci le maniche. Ed è con questo spirito che guardiamo con fiducia alle promesse del Sindaco, l’Ing. Gianni Alemanno, che è intervenuto all’Assemblea del Bilancio affermando di voler affidare agli Ingegneri di Roma e Provincia un ruolo importante per lo sviluppo della nostra città, ruolo inspiegabilmente precluso negli anni passati. L’ottimismo, diceva una famosa pubblicità, è il “sale della vita”! Ci dicono che la svolta nucleare auspicata da più parti e dall’attuale Governo, porterà l’Italia ad allinearsi nel giro di pochi anni, alle tecnologie, già molto diffuse in Europa, delle Centrali nucleari. Nei prossimi anni saremo tutti impegnati nel dibattito civile e democratico che ne conseguirà; ma ho l’impressione che la scelta sia ormai di tipo obbligato, visto la crescente domanda di energia da parte delle economie emergenti, ed il relativo alto costo dell’energia stessa. Una realistica analisi del possibile sviluppo nucleare e delle fonti alternative di energia in Italia viene effettuata in questo numero dagli Ingg. Morelli e Zaffiro, che da anni collaborano con il nostro Notiziario e che con la loro prestigiosa esperienza in materia energetica riescono sempre a fornirci il loro messaggio in maniera razionale e diretta. Completano questo numero del Notiziario un contributo dell’Ing. Luigi Matarazzo sulla manutenzione dei ponteggi, un’analisi della finanza aziendale in relazione alla professione di Ingegnere a cura dell’Ing. Lucio Macchia , una interessante riflessione sull’”Open Source” da parte dell’Ing. Andrea Del Vecchio, ed infine un interessante excursus storico sul nodo ferroviario di Roma, a cura dell’Ing. Luca Franceschini. Una menzione particolare riguarda il ripristino della cerimonia di premiazione per i 25 anni di iscrizione all’Ordine ovvero 50 anni di laurea. Tra i premiati del 24 Giugno 2008 abbiamo avuto anche il nostro Presidente, Francesco Duilio Rossi, verso il quale dobbiamo sentirci riconoscenti per il grande e proficuo lavoro svolto per riaffermare il ruolo dell’Ordine di Roma presso gli Enti Locali e Nazionali. Il Direttore Editoriale Vice-Presidente Ing. Mario Leonardi e-mail: [email protected] 1 Direttore responsabile Mario Beomonte Direttore editoriale Mario Leonardi Il comitato di redazione è composto dai Consiglieri dell’Ordine Francesco Duilio Rossi (Presidente) Emilio Acernese Mario Beomonte Fabrizio Cabas Massimo Calda Carla Cappiello Luca Cerato Alessandro Ciocca Fabrizio Ferzetti Paola Maria Angela Galliani Corrado Antonio Kropp Mario Leonardi Maurizio Lucchini Luigi Rossi Paolino Zappatore Amministrazione e redazione Via Vittorio Emanuele Orlando, 83 00185 Roma Tel. 06 4879311 Fax 06 487931223 La Direzione rende noto che i pareri e le opinioni espresse negli articoli pubblicati rappresentano l’esclusivo pensiero degli autori, senza per questo aderire ad esse. Per questa ragione la Direzione declina ogni qualsiasi responsabilità derivante dalle affermazioni o dai dati contenuti nei suddetti articoli. La Direzione di “Notiziario dell’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Roma” declina ogni responsabilità riguardo i contenuti delle inserzioni pubblicitarie pubblicate. Coordinamento editoriale Progetto grafico e impaginazione Mass Media Immagine e Promozione srl Via Pietro Tacchini, 12 00198 Roma Stampa Tipolitografia New Graphic Via Antonio Tempesta, 40 00176 Roma stampato su carta ecologica Iscritto al Registro della Stampa del Tribunale di Roma il 20/05/1958 al nr. 6328 2 In copertina: Ordine degli Ingegneri della Provincia di Roma Via Vittorio Emanuele Orlando, 83 00185 Roma Tel. 06 4879311 Fax 06 487931223 MACBA Museo d'Arte Contemporanea di Barcellona www.ording.roma.it [email protected] Finito di stampare agosto 2008 Architetto: Richard Meier & Patners 1988/1995 Foto: Arch. Pietro Giani - Studio GRR ARCHITETTI - Arezzo Notiziario dell’Ordine degli Ingegneri di Roma e Provincia SICUREZZA Aspetti manutentivi in tema di mezzi d’opera: il caso dei ponteggi 4 PROFESSIONE Finanza aziendale e professione dell’Ingegnere 8 ENERGIA Fonti rinnovabili, nucleare e territorio 12 ORDINE La cerimonia dei 25 e dei 50 anni di iscrizione all’Ordine 20 INFORMATICA Open Source: inganno o vera rivoluzione? 22 PROGETTAZIONE Il nodo ferroviario di Roma. Evoluzione storica nella sua progettualità 28 CORSI I corsi di settembre e ottobre 35 3 SICUREZZA Aspetti manutentivi in tema di mezzi d’opera: il caso dei ponteggi Nel rimettere queste brevi note si desidera evidenziare che esse non hanno alcuna pretesa di rappresentare uno strumento operativo esaustivo, ma solo un traccia di riflessioni sull’argomento, intese ad evidenziare l’inquadramento della tematica nell’ambito del nuovo quadro normativo. Il T.U. in tema di sicurezza, il D.Lgs 81/2008, ha l’indubbio merito di aver raccolto in un unico testo disposizioni sparse in diverse norme: ciò permette al lettore di trovare correlazioni tra disposizioni anche diverse e, in definitiva, di poter organicamente affrontare temi delicati e specialistici in materia di sicurezza. E’ noto che l’evoluzione dottrinaria prima, normativa poi, ha sempre più accentuato l’importanza della manutenzione ai fini della sicurezza degli ambienti di lavoro e dei relativi processi che vi si svolgono. Il principio da cui discende tutta la organizzazione della sicurezza in azienda risiede nel dovere del Datore di Lavoro (DL) di mettere a disposizione dei lavoratori un ambiente operativo sicuro e salubre, quest’ultimo aspetto anche in relazione ad esposizioni nel tempo ad agenti nocivi per la salute degli addetti ai processi suddetti. Non si deve, in particolare, mai omettere l’importanza di una disposizione cardine - già in 4 precedenza inserita nel D.Lgs 626/94 - contenuta nell’Art. 15 – Misure generali di tutela, Comma 1, lett. z), la quale prescrive la “…regolare manutenzione di ambienti, attrezzature, impianti, con particolare riguardo ai dispositivi di sicurezza”. Tale disposizione, come noto, ha un valenza assolutamente generale e riguarda tutti i luoghi in cui si svolgono attività lavorative. In particolare per i cantieri edili erano state emanate una serie di norme specifiche, attesa la peculiarità dei cantieri stessi, luoghi di lavoro in primis “mobili e temporanei”, quindi non suscettibili di una certosina programmazione in sicurezza delle linee di produzione, in secondo luogo affetti da alti indici di rischio per le lavorazioni che vi si svolgono . Si precisa, con riferimento ai principi dottrinari della Teoria della Sicurezza, che in generale l’indice di rischio è basato sulle due grandezze Probabilità e Magnitudo (ovvero gravità delle conseguenze) relativamente al verificarsi dell’evento che è in grado di cagionare conseguenze al soggetto interferente. Orbene le cadute dall’alto, tra Il caso della caduta tutti i rischi ridall’alto scontrabili nei cantieri menzionati, è sicuramente un evento suscettibile di provocare lesioni gravi o gravissime, se non la morte; addirittura le statistiche e la letteratura ci ricordano che tale evento può riguardare una molteplicità di soggetti potenzialmente esposti al rischio specifico causa ubicazione della postazione di lavoro in quota. Pertanto ci troviamo in situazioni caratterizzate da Magnitudo tra le più elevate. Conseguentemente il ponteggio, inizialmente ideato per realizzare idonee postazioni di lavoro in quota a diversi livelli a meri fini produttivi, è stato migliorato con idonei dispositivi specifici atti a garantire la sicurezza SICUREZZA Aspetti manutentivi in tema di mezzi d’opera: il caso dei ponteggi degli addetti sotto il profilo dell’eventuale caduta dall’alto. Pur non essendo questo articolo la sede per occuparsi in generale di come devono essere progettati e realizzati i ponteggi, è opportuno ricordarne le caratteristiche intrinseche prestazionali: ● Stabilità nel tempo, onde evitare anche cedimenti strutturali a seguito di eventi e sollecitazioni gravose; ● Sicurezza d’uso dei piani di lavoro tale da garantire che l’operatore possa svolgere le sue mansioni in quota senza cadere verso il basso; ● Sicura circolazione in orizzontale ed in verticale dei diversi operatori; ● Dispositivi particolari (parasassi) atti a garantire le aree immediatamente circostanti dalla caduta di oggetti o frammenti di risulta correlati alle specifiche lavorazioni; ● Schemi di montaggio ed ancoraggio chiari ed adeguati alle condizioni d’impiego. Attualmente i ponteggi sono definiti nel T.U., precisamente nell’Allegato XV.1, come “apprestamenti” correlati alla redazione dei PSC e dei POS.(cfr. All. XV), confermando in ciò la pregressa nomenclatura ex D.Lgs 494/96 e s.m.i.. Nello stesso T.U. le norme di sicurezza relative all’uso dei ponteggi prefabbricati (metallici e non) sono contenute nel Titolo IV, Sezione V, artt. 131 e successivi. In particolare, per quanto riguarda l’ambito in trattazione, si ricorda che l’uso dei ponteggi prefabbricati è subordinato alla redazione del PIMUS (acronimo di Piano di Montaggio Uso e Smontaggio) da parte del DL, a mezzo di persone competenti e specializzate, confermando nell’art. 136 prescrizioni precedentemente emanate. Il ruolo fondamentale della manutenzione dei ponteggi è riL’art. 137 chiamato dal Legislatore con le specifiche di cui all’art. 137 – Manutenzione e revisione. Ricorda, infatti, il Legislatore che il “responsabile del cantiere”: ● A intervalli periodici (ovviamente responsabilmente cadenzati e compatibili con le modalità d’uso e le condizioni specifiche del sito n.d.r.); ● Dopo violente perturbazioni atmosferiche; ● Dopo prolungate interruzioni di lavoro; deve: ● Assicurarsi della verticalità dei montanti (tubolari o “cavalle” o strutture reticolari modulari); ● Permanere dell’idoneo serraggio dei giunti; ● Efficienza degli ancoraggi, nei confronti di temibili e pericolosi sfilaggi; ● Efficienza dei controventi, la cui mancata funzionalità può provocare instabilità e cedimenti strutturali. Si osserva, ad integrazione di quanto esposto, che anche per evenienze di particolari gravità, ancorché non espressamente citate dal Legislatore, quali sismi o incendi prossimi al sito di montaggio, occorrerà procedere alle operazioni suddette, in virtù del sovraordinato principio di rispetto delle misure generali di tutela evidenziate all’inizio. 5 SICUREZZA Aspetti manutentivi in tema di mezzi d’opera: il caso dei ponteggi 6 In via generale, sulle verifiche da effettuarsi comunque, si rimanda all’Allegato XIX al D.Lgs 81/2008; si premette che in esso sono prescritte una serie di verifiche puntuali da effettuarsi prima del montaggio sugli elementi costitutivi della tipologia del ponteggio adottato. In particolare si evidenzia la necessità di sottoporre anche tutti gli altri elementi caratteristici (es. parasassi) alle verifiche contenute nel libretto di cui alla Autorizzazione ministeriale necessaria per la commercializzazione e successivo uso della specifica tipologia di ponteggio. le richiamate in ordine a verticalità dei montanti, serraggio dei giunti, efficienza degli ancoraggi, ecc.., nonché ai sistemi di blocco degli elementi di impalcato e dei fermapiedi. Si desidera aggiungere, in base all’esperienza diretta di cantiere, che spesso si omettono elementari verifiche di bontà degli appoggi delle basette, costituite da pezzotti o tavolette lignee, poggiate su superfici inidonee, non complanari o addirittura non drenate; in caso di prolungato utilizzo del ponteggio o sospensione del cantiere, a causa del diretto contatto con gli agenti at- Nel punto 2. dell’allegato, invece, sono riportate una serie di verifiche durante l’uso del ponteggio le quali vanno dal controllare se l’affissione di cartelloni o teli o altro sia compatibile con apposite calcolazioni e verifiche effettuate da Ingegnere o Architetto abilitato all’esercizio della professione – non dimenticando che tale progettazione è comunque necessaria per ponteggi superiori a 20 ml. o con schemi effettivi di montaggio non conformi a quelli del libretto – a quel- mosferici e l’acqua piovana, tali spessori appaiono marcescenti o degradati, costituendo di per sé una minaccia alla stabilità del piano d’appoggio della basetta, anche se quest’ultima si presentasse in buone condizioni manutentive, ad esempio non interessata da deformazioni d’uso che talora ne compromettono la planarità, ovvero pronunciati fenomeni di ossidazione. Si osserva, inoltre, che la stabilità dei piani d’appoggio o, meglio, la loro perdurante idoneità nel tem- SICUREZZA Aspetti manutentivi in tema di mezzi d’opera: il caso dei ponteggi po spesso rappresentano situazioni di criticità dell’intero sistema ponteggio. Basti pensare a situazioni di installazione – anche mediante spessori lignei del tipo richiamato - su superfici terrose non bonificate e consolidate, suscettibili di dilavamento per acqua piovana non incanalata o regimentata; né si tiene conto di tale circostanza, appoggiando direttamente sulla superficie medesima spessori lignei (tavolette o palanche). In cantieri sospesi per mesi o addirittura anni tale situazione può diventare una fonte di pericolo insidiosa, soprattutto se non tenuta sotto controllo e oggetto di ispezioni mirate e bonifiche periodiche. Gli spunti di riflessione avanzati sono, in definitiva, mirati a sensibilizzare gli addetti ai lavori, ed in particolare i colleghi Ingegneri impegnati sul campo, ad esempio come Direttori Tecnici o di Cantiere, oppure Direttori dei Lavori o Coordinatori per la sicurezza, a basarsi sulla osservazione critica del cantiere e dei ponteggi installati, tenendo non solo le norme specifiche richiamate in tema di manutenzione come una insopprimibile traccia operativa, ma elaborando anche autonome valutazioni di merito, confortate sia dalla esperienza, sia dalla capacità professionale di prevedere situazioni a rischio. In questo, come in altri settori tipici della nostra attività, l’osservazione dei luoghi, guidata dal sapere tecnico e dalla consapevolezza dei rischi potenziali, ancorché non conclamati in atti, costituisce una insostituibile metodica di coerente prassi professionale. Ing. Luigi Matarazzo Presidente della Commissione Manutenzione 7 PROFESSIONE Finanza aziendale e professione dell’Ingegnere L’Ing. Lucio Macchia, autore di questo articolo è un rappresentante dell’ampia categoria di ingegneri che hanno svolto il loro percorso professionale in azienda, occupandosi di tematiche di taglio manageriale. “È abbastanza naturale, in questo contesto professionale, avvicinarsi al mondo della finanza aziendale. D’altra parte, però, la frequentazione continua di colleghi ingegneri che operano in contesti affatto diversi, soprattutto nell’ambito della libera professione, mi ha convinto che gli aspetti finanziari stanno assumendo una rilevanza via via maggiore nella vita professionale di tutti gli ingegneri”. Lucio Macchia, laurea in ingegneria presso “la Sapienza” nel 1994 (specializzazione in automazione industriale), ha un’esperienza ultradecennale presso una primaria azienda di telecomunicazioni, dove ha sviluppato competenze nell’ambito di tematiche di project management, business analysis e valutazione di opzioni strategiche, e dove attualmente opera come manager in una funzione tecnico-commerciale. Partecipa ai lavori della commissione “Mercato & Servizi” dell'Ordine degli Ingegneri di Roma, e opera come formatore su tematiche di management di progetti e finanza aziendale. A partire dal 30 settembre terrà il corso “Finanza Aziendale – comprendere le determinanti del valore di mercato” presso la sede dell’Ordine degli Ingegneri della provincia di Roma (www.ording.roma.it/formazione/corsi.aspx?id=67). Tutti operiamo, con ruoli e tagli diversi, nell’ambiente del mercato e la finanza è la “ecologia” di questa realtà: ce ne fa comprendere le dinamiche Un excursus delle aree applicative. Un mondo complesso 8 evolutive, i comportamenti degli attori, e la logica con la quale si formano reti e filiere di collaborazione. Nello scenario “post-industriale” che stiamo vivendo ci viene richiesta non solo l’eccellenza professionale, ma anche la capacità di incorporare nella nostra attività le esigenze del mercato e di dialogare in rete con una serie di soggetti di differenti estrazioni, come ad esempio partners, finanziatori, banche, enti certificatori, società di revisione e consulenza. È necessario, in altri termini, agire nell’ambiente competitivo come “sistemi aperti”, in grado di scambiare attivamente informazioni e conoscenze in un network che coinvolge vasti insiemi di attori. Quale finanza? Per dare una visione più precisa delle applicazioni della finanza alle problematiche professionali quotidiane, occorre precisare che, nell’universo delle scienze finanziarie, che spaziano in un ampio spettro che va dai macrosistemi politici (finanza internazionale e finanza pubblica) ai microsistemi a livello delle singole persone (finanza individuale), l’ottica che ci interessa è quella della finanza aziendale, che si colloca, su questo ideale asse di complessità sistemica, in una posizione intermedia. L’azienda è infatti un sistema sociale complesso, e può avere anche una natura multinazionale, ma è comunque di gran lunga più semplice dei sistemi politici nazionali e sopranazionali. Dovendo adottare una definizione di massima, possiamo dire che la finanza aziendale si occupa del problema del reperimento del capitale e del suo utilizzo ottimale al fine di massimizzare il valore dell’azienda. Il problema del reperimento del capitale ovvero del “finanziamento” di idee, progetti, iniziative è alla base di qualunque azione imprenditoriale. La scelta di come utilizzare tali risorse, valutando il ritorno degli investimenti è anch’esso un argomen- PROFESSIONE Finanza aziendale e professione dell’Ingegnere to costantemente presente nella pratica professionale. Infine capire le determinanti di valore di mercato vuol dire essere in grado di decodificare le scelte ed i criteri degli operatori. Nella realtà questi tre aspetti sono olisticamente legati e concorrono alla impostazione delle scelte finanziarie: in termini pratici otteniamo un finanziamento se la nostra idea convince in relazione al ritorno dell’investimento ed alla coerenza con la creazione di valore Vendere la propria idea sul mercato. Per andare sul piano applicativo, riferiamoci per esempio ai finanziamenti pubblici di tipo “agevolato”. Essi prevedono la presentazione e dimostrazione della va- lidità dell’investimento proposto attraverso un “business plan”, documento che descrive l’idea progettuale, le modalità di realizzazione e dà confidenza sulle coerenze economico-finanziarie. Quindi una componente fondamentale del business plan è proprio quella finanziaria, ed in particolare il calcolo dei flussi di cassa attesi dall’iniziativa, ed il loro raffronto all’investimento effettuato al fine di comprendere l’effettiva convenienza del progetto. Il metodo maggiormente utilizzato è quello dei “flussi di cassa attualizzati” che si basa su concetti di matematica finanziaria per calcolare il valore attuale dei flussi previsti nel futuro (in fig. 1 un esempio). Esistono anche metodi più sofisticati, come quello delle opzioni reali, che si basano su concetti avanzati di finanza e tengono conto di modelli stocastici di evoluzione dei flussi di cassa. 9 PROFESSIONE Finanza aziendale e professione dell’Ingegnere Utilizzare i concetti di finanza valutativa per co- vestitori che cercano opportunità sul mercato) o struire business plan è alla base anche di altre im- “business angels” (investitori esperti nel campo delportanti applicazioni in ambito professionale, co- l’iniziativa che mettono in gioco capitali, ma anme ad esempio il Project Financing in cui l’azien- che know-how personale e relazioni) richiede una da che realizza il progetto se ne assume anche gli pianificazione finanziaria molto ben strutturata in oneri investitori, avendo in cambio il diritto di sfrut- grado di dimostrare la validità dell’iniziativa valutamento del bene per un certo periodo: in questo tandone i rischi evidenti e latenti. caso si ha una perfetta compenetrazione di offerta Un accenno merita inoltre il tema della quotazione tecnica e competenza finanziaria, i due mondi si in borsa che prevede la realizzazione di una “due diligence”, ovvero un’analisi apfondono completamente ed emergono profondita dell’azienda da tutti i nuove professionalità caratterizzate da un mix di cultura tecnico/specialistica Le applicazioni punti di vista: finanziario in primis, (per capire le determinanti, i fattori di ri“Project” ma anche tecnico, legale, amministrativo, commerciale. Un’azienda schio ed le condizione al contorno) e quotata in borsa può più agevolknow-how finanziario (per sviluppare il business plan ed organizzare la cordata di investi- mente reperire capitale a rischio (grazie all’offerta tori). Ma non serve arrivare ai livelli di complessi- pubblica di azioni) ma anche di debito, grazie altà del Project Financing per trovare applicazioni la possibilità di emettere bond (obbligazioni) con del Business Plan: i rapporti con le banche in otti- maggiore facilità, svincolandosi così dai localismi ca Basilea 2 (il nuovo accordo internazionale sui del sistema bancario. requisiti patrimoniali delle banche e sulla gestione Ma gli strumenti di analisi finanziaria possono trodel rischio di credito) comporteranno valutazioni vare applicazione anche nell’ambito di servizi prosempre più rigorose di ogni richiesta fessionali “classici”. di finanziamento, sulla base di un’analisi struttura- Ci riferiamo ad esempio a studi di fattibilità che ta dei ritorni e della solidità finanziaria del propo- spesso richiedono il confronto tra differenti soluzioni anche sul piano delle risorse finanziarie coinvolnente. Vi sono anche forme di debito più sofisticate di te: in tale ambito è frequente l’uso del metodo dei quello bancario, che richiedono un surplus di ana- flussi di cassa attualizzati per confrontare le diverlisi finanziaria. Ci riferiamo per esempio al leasing se opzioni in gioco, costruendo così una metrica finanziario che rappresenta l’alternativa all’acqui- in grado di tener conto dei differenti profili temposto sic et simpliciter di un bene, e prevede invece rali dei benefici attesi. la sua presa in carico, con pagamento rateizzato Inoltre è possibile arricchire lo studio con un cone passaggio definitivo di proprietà alla fine del pe- fronto delle diverse fonti di finanziamento disponiriodo di leasing. Anche in questo caso la valuta- bili, e suggerendo soluzioni di gestione del capitazione della convenienza di tale alternativa si basa le e del rischio, come partnership, acquisizioni in su considerazioni legate al costo attualizzato delle leasing e contratti con caratteristiche di project fidue opzioni (acquisto secco o leasing) tenendo nancing. conto di aspetti di scudo fiscale e di costo del Gli strumenti di valutazione finanziaria trovano un forte impiego anche all’ambito molto vasto del denaro. Ancor più cruciale è il ruolo della valutazione fi- Project Management (inteso nella sua moderna acnanziaria nell’ambito della ricerca di capitale di ri- cezione di gestione end-to-end del progetto dalla schio. Attrarre l’interesse di “venture capitalist” (in- sua concezione, attraverso le fasi di pianificazio- 10 PROFESSIONE Finanza aziendale e professione dell’Ingegnere ne, sviluppo e controllo). A tal proposito si ricordi che alla base di ogni progetto vi è (come da standard PMI) un documento di “inizializzazione”, denominato “project charter” che contiene il “business case” di progetto ovvero la sua valutazione dal punto di vista del valore aggiunto creato sul mercato e delle performance economico-finanziarie. Un’altra area di interesse che merita una citazione è quella della valutazione immobiliare, che sempre più si basa su concetti di finanza aziendale, focalizzandosi sulla misurazione dei flussi di cassa attesi e dei livelli di rischio di mercato a cui ci si espone. In sintesi. Come mostrato nella figura 2, che sintetizza i concetti visti, la finanza fornisce strumenti per “capire” il mercato e “agire” in esso. La dimensione del “capire” include sia gli aspetti di comprensione delle logiche sistemiche alla base delle scelte strategiche delle imprese, sia gli aspetti di comunicazione con altri soggetti collega- ti nella rete di valore di riferimento. In questo senso è centrale l’acquisizione di un linguaggio comune e di un’attitudine a decodificare comunicazioni e informazioni statistiche che quotidianamente invadono lo scenario economico. La dimensione dello “agire” riguarda in primis l’acquisizione di strumenti per realizzare business plan con finalità sia interne (ad esempio supportare una richiesta di finanziamento) che esterne (valutare opportunità di business). Ma non va sottovalutata la dimensione “Project” che la Finanza può acquisire in un’ampia gamma di applicazioni che si basano sull’uso di concetti e strumenti della finanza per potenziare la propria offerta di servizi progettuali, spaziando da studi di fattibilità, ad una visione integrata del Project Management, fino ad acquisire capacità propositiva in ambito Project Financing. Ing. Lucio Macchia 11 ENERGIA Fonti rinnovabili, nucleare e territorio Oggi troppe volte si parla di fonti rinnovabili e nucleare senza tenere nella giusta considerazione il loro reale contributo al bilancio energetico e quali problemi nascono sul territorio nel loro impiego per produrre elettricità. Si ricorda che l’elettricità è un “vettore” cioè il risultato della trasformazione di una fonte primaria di energia. Attualmente nel mondo solo il 30% delle fonti primarie viene convertito in elettricità, percentuale questa che dovrebbe aumentare in relazione ad una sua maggiore penetrazione negli usi domestici, industriali ed in particolare nei trasporti1. La spinta verso le fonti rinnovabili deriva dalla necessità di far fronte ai futuri fabbisogni di elettricità riducendo per quanto possibile le emissioni di anidride carbonica (CO2) prodotta dalla combustione di idrocarburi e carbone. Nel nostro Paese in particolare, le previsioni di sviluppo della domanda di elettricità si basano su un aumento auspicabile del Pil di circa 1,5 % all’anno e sui consuntivi degli ultimi decenni. Poiché dal 1996 – 2006 nonostante il Pil sia stato inferiore all’1,5% la produzione è passata da 240 a 340 miliardi di kWh, per il 2020 è ragionevole prevedere di raggiungere i 440 miliardi kWh. Indipendentemente dalla crescita della domanda che potrebbe essere inferiore al previsto, è comun- 12 que indispensabile per noi ridurre gradualmente l’attuale uso dei combustibili fossili per due ragioni. La prima perché attualmente oltre il 70% dell’elettricità è prodotta con gas metano che proviene da aree geografiche politicamente instabili, il cui prezzo è strettamente legato a quello del petrolio che negli ultimi dieci anni è più che triplicato, superando i 100,00 $ al barile con la previsione di un suo continuo lievitare in relazione al forte aumento dei consumi nel mondo, specie per Cina ed India. La seconda perché dobbiamo rispettare l’impegno sottoscritto dall’Italia con l’accordo di Kyoto, in base al quale nel periodo 2008–2012 dovremo abbattere del 6,5% le emissioni di CO2 rispetto a quelle misurate nel 1990. Mentre negli altri paesi europei sono state già prese misure graduali per raggiungere i rispettivi obiettivi, dal 1990 ad oggi le nostre emissioni invece di diminuire sono aumentate del 12%, per cui l’obiettivo del 2012 è oramai diventato superiore al 18%. Per uscire da questa situazione abbiamo solo tre possibilità: investire in tecnologia per diventare più efficienti, realizzare impianti di energia pulita se non in Italia almeno all’estero oppure comperare a caro prezzo i crediti di emissione sui mercati internazionali. In questo contesto un altro aspetto spesso trascurato nel definire un programma energetico riguarda ENERGIA Fonti rinnovabili, nucleare e territorio i tempi necessari per realizzare impianti, cioè per rendere disponibili le risorse economiche, progettare, ottenere autorizzazioni e consenso, commettere e costruire, tempi che sono lunghi, incomprimibili e non possono seguire le rapide variazioni del mercato dei combustibili. Tanto premesso, quando si parla di potenza (kW) per produrre un determinato quantitativo di elettricità (kWh) è utile ricordare che il numero di ore annue di funzionamento di ciascun tipo di impianto varia moltissimo a seconda delle caratteristiche della fonte energetica. Entrando nel merito delle fonti eolica e solare, quanti potranno essere i kWh realisticamente producibili entro il 2020? Gli impianti eolici stanno subendo uno sviluppo molto rapido con l’impiego di macchine di potenza sempre maggiore e capaci di sfruttare al meglio venti deboli ed a regimi di Il mercato dell’FSO brezza. Se ipotizziamo di installare 2.000 torri della potenza di 3 MW del tipo di quelle attualmente sul mercato, avremmo una potenza di 6.000 MW e l’elettricità prodotta, con un numero medio di ore per anno di 1.500, sarebbe di 9 miliardi di kWh. Questa ipotesi però appare molto ottimistica per i vincoli dovuti alle dimensioni di ciascuna torre e quindi all’accettazione da parte delle comunità interessate nonché alle condizioni di vento variabili nel nostro Paese non congruenti con l’attuale assetto della rete elettrica. Per l’energia solare vi sono due possibilità: usare pannelli fotovoltaici disponibili a livello industriale e già ampiamente utilizzati nel mondo o il solare termodinamico, allo stato ancora in via di sperimentazione. Sulla prima i vantaggi sono indubbi ma in termini di potenza si deve tener conto che per avere 1 kW occorrono, con la tecnologia attuale, circa 10 mq. Perciò una potenza di 5.000 MW richiede una superficie di 50 kmq e può produrre, tenendo conto che il numero medio di ore per anno varia tra nord e sud dell’Italia tra 1.100 e 1.500, circa 7 miliardi di kWh. Questa ipotesi, anche in presenza di un forte sostegno economico, non sembra facilmente attuabile nel breve periodo dato che la soluzione tecnicamente migliore sarebbe non quella di concentrare pannelli in grandi superfici ma di diffonderli in modo capillare nell’edilizia abitativa, direzionale e dei servizi. Diverso è il caso del solare termodinamico con il quale dovrebbe essere possibile accumulare sotto forma di calore ad alta temperatura l’energia proveniente dal sole, trasformando quindi la natura aleatoria della luce solare in un’energia temporalmente continuativa e quindi rispondente alle necessità degli utilizzatori. Tuttavia questa tecnologia è ancora in fase di sviluppo per cui è difficile fare previsioni attendibili sul suo impiego e sui relativi costi. Sulla base di questi numeri appare evidente che, ferme restando le notevoli incertezze sulla fattibili- 13 ENERGIA Fonti rinnovabili, nucleare e territorio tà di realizzare nei prossimi 12 anni un programma così ambizioso tra eolico e solare e senza considerare i relativi costi, si potrebbero produrre circa 15 miliardi di kWh all’anno che corrispondono al 15% dell’incremento della domanda di 100 miliardi di kWh per il 2020. Un contributo non trascurabile potrebbe venire dalle biomasse e rifiuti che nel 2006 hanno consentito di produrre circa 8 miliardi di kWh. Tuttavia un forte contributo dalle biomasse è condizionato dalla possibilità di avere grandi estensioni di terreno per coltivazioni dedicate che in Italia richiederebbero di modificare il modo di fare agricoltura anche alla luce degli scenari che in questi anni si vanno delineando nel mondo per il settore alimentare. Mentre l’elettricità ricavabile dai rifiuti è legata alla realizzazione dei termovalorizzatori il cui impatto ambientale continua purtroppo a suscitare reazioni molto negative a livello locale. Per completare il quadro, un cenno va fatto sulle altre fonti rinnovabili o assimilabili, argomento questo già ampiamente trattato in precedenti articoli2. Le fonti idraulica e geotermica non possono tecnicamente dare un contributo significativo alla copertura dei futuri fabbisogni previsti per il 2020. Vanno comunque perseguiti studi, ricerche ed eventuali ristrutturazioni, tenendo conto delle reali difficoltà legate al territorio specie per la parte idroelettrica. Il risparmio ener5.300 kWh getico che per definizione non il consumo annuo pro-capite di energia è una fonte di in Italia 14 energia ma viene annoverato tra le cosiddette “fonti virtuali”, costituisce una componente importante in tutti i casi nei quali è possibile eliminare sprechi reali. In Italia, il cui sviluppo industriale praticamente non è mai stato legato ad un basso costo dell’energia, i risparmi non sono paragonabili a quelli che si possono realizzare nei paesi più industrializzati. Infatti il nostro consumo annuo pro capite è oggi di 5.300 kWh contro la media europea di 7.240, il Giappone di 7.400 e gli USA di 12.500. Comunque adeguate misure di efficienza nei consumi di elettricità potranno dare un contributo alla riduzione dei consumi correnti. Le importazioni di elettricità che nel 2007 hanno superato i 50 miliardi di kWh potrebbero in futuro aumentare notevolmente. Ma perché questo sia possibile è necessario sviluppare contemporaneamente due azioni. La prima comporta la formazione di accordi societari con esercenti dei paesi dell’Est Europeo o con quelli della fascia balcanica per la realizzazione di nuovi impianti utili sia a ENERGIA Fonti rinnovabili, nucleare e territorio detti paesi sia all’Italia che potrebbe così aumentare le importazioni di elettricità. La seconda, di non facile attuazione, richiede la ristrutturazione della rete di trasporto specie negli attraversamenti alpini tuttora fortemente ostacolati per ragioni ambientali e la realizzazione di collegamenti con cavi sottomarini attraverso il medio Adriatico, con indubbi vantaggi per il centro sud del Paese. Per cercare di risolvere in qualche modo questa grave situazione, da più parti si sta diffondendo la proposta di “riprendere il nucleare”. il “caso” Per chiarezza è opportuno ricordare che nel mese di novembre 1987 un Referendum proposto in forma di difficile comprensione per la gente comune, è stato interpretato politicamente come rinuncia al nucleare. Spiegare cosa è successo oramai non ha più alcuna rilevanza. Tuttavia le conseguenze sono state la chiusura degli impianti in esercizio e la sospensione sine die dei lavori di quelli in costruzione realizzando al loro posto altri impianti a combustibili fossili. Da allora per gli impianti dismessi sono state avviate le attività di decommissioning, senza peraltro aver risolto il problema della sistemazione definitiva dei rifiuti radioattivi. Tanto premesso vediamo cosa dovrebbe essere fatto per riprendere il nucleare tenendo presente che si tratta di un Sistema costituito non solo da impianti di produzione ma anche dalle relative infrastrutture, compresi i depositi sia dei rifiuti radioattivi sia delle scorie vetrificate provenienti dal riprocessamento dei combustibili esauriti. Il primo passo è la definizione di un programma energetico nazionale proposto dal Governo nel quale la componente nucleare nucleare dovrebbe gradualmente avvicinarsi nel lungo periodo alla media europea (28%). Il secondo passo, trovato l’accordo sul programma, dovrebbe essere l’emanazione di una nuova legge “testo unico” dedicata esclusivamente alla realizzazione, all’esercizio ed alle attività di sicurezza e protezione sanitaria degli impianti elettronucleari. Valutare la durata dell’iter legislativo è difficile anche in presenza di un consenso trasversale, per la persistenza di posizioni politiche e sociali contrarie. Ammesso che nel giro di tre anni si riesca ad ottenere piano energetico e nuove leggi, non è da escludere che le forze politiche dissenzienti propongano poi un nuovo referendum abrogativo. In parallelo all’iter legislativo, a guadagno di tempo, si dovrebbe procedere ad un’analisi aggiornata del territorio per individuare le aree suscettibili di insediamenti. Oggi con una normativa sempre più restrittiva, individuare in tali aree siti idonei per localizzarvi un impianto nucleare appare molto diffici- 15 ENERGIA Fonti rinnovabili, nucleare e territorio le. Infatti le modeste pianure esistenti, specie quel- E’ comunque indispensabile che le strutture tecnile costiere, hanno subito nel tempo sostanziali tra- che dello Stato forniscano in maniera tempestiva i sformazioni per insediamenti residenziali, turistici dati aggiornati di loro competenza. Per semplificaed infrastrutturali subendo peraltro anche l’imposi- re il relativo flusso di informazioni, sarebbe neceszione di nuovi vincoli paesaggistici. Questa anali- saria la costituzione di un’apposita “conferenza di si richiederebbe la ricostruzione di banche dati ri- servizi” tramite ad esempio un provvedimento miniguardanti i caratteri primari del territorio, ricondu- steriale. Questo lavoro potrà essere utilizzato ancibili a due categorie: quelle naturali e quelle an- che per individuare l’ubicazione di altri tipi di imtropiche. I caratteri naturali sono costituiti pianto ed in particolare dei da: morfologia, geologia, sismicità, idroil problema dei siti depositi per rifiuti radioattigrafia e talassologia. I caratteri antropici vi. a loro volta sono divisi in due sottocategorie: una Altro nodo da sciogliere, in relazione all’attuale asrelativa alla distribuzione della popolazione e del- setto dell’industria elettrica nazionale, è quello di le infrastrutture esistenti quali ferrovie, strade, auto- individuare uno o più soggetti che assumano la strade, porti, aeroporti, elettrodotti, gasdotti, ecc. funzione di realizzare ed esercire gli impianti. In l’altra relativa agli indirizzi e vincoli contenuti negli presenza di più esercenti che operano sul libero strumenti di pianificazione territoriali nazionali e re- mercato, è difficile individuare chi deve prendere gionali, compresi i vincoli di legge ambientali, ar- l’iniziativa in un quadro di incertezze che rendono cheologici e militari. Una volta disponibili dette poco affidabili le previsioni di remunerazione dei banche dati, è possibile individuare aree su cui capitali investiti. poi effettuare analisi e studi di dettaglio. Questa at- Su questo aspetto è opportuno ricordare le teorie tività dovrebbe essere svolta dall’ENEL che a suo keynesiane sul liberismo: tempo aveva messo a punto una complessa meto- il mercato da solo non è sufficiente a risolvere i dologia per la localizzazione dei propri impianti. problemi di lungo termine anche confidando sulla 16 ENERGIA Fonti rinnovabili, nucleare e territorio sua capacità di “riaggiustaggio”; deve perciò intervenire una politica dirigistica per favorire lo sviluppo equilibrato dell’economia. Da ciò discenderebbe la necessità che intervenga lo Stato a sostegno dell’energia nucleare, garantendo ad esempio secondo il modello varato di recente in Finlandia, l’acquisto dell’elettricità prodotta ad un prezzo garantito. Una volta individuato il soggetto che, a parere di chi scrive è meglio sia uno, eventualmente come consorzio di esercenti elettrici, in presenza di Piano energetico e nuove leggi, questo deve svolgere due insiemi di attività in parallelo. La prima riguarda la scelta del tipo di impianto e quindi del fornitore principale mentre la seconda, una volta resi disponibili i principali dati di progetto, consiste nello sviluppare indagini, studi ed analisi di dettaglio per accertare la reale fattibilità dell’impianto. Per quanto riguarda la scelta del tipo di impianto, sul mercato sono presenti tre tipi di reattore oggi qualificabili a sicurezza intrinseca: PWR, BWR e CANDU. Dovendo recuperare il lungo tempo perduto e tenendo presente una ragguardevole potenza da installare per gli anni Venti del duemila, è conveniente fare subito una scelta che consenta di raggiungere economie di scala, standardizzando gli impianti e realizzandoli tutti uguali a livello fun- zionale. L’iniziativa francese di lanciare il progetto di un reattore ad acqua in pressione di tipo evolutivo e di grossa taglia nel quadro delle collaborazioni europee, mette in evidenza la convenienza a seguire con prevalente interesse l’EPR (European Pressurized Reactor) con potenza fino a 1.600 MW basato sull’esperienza degli oltre 96 reattori da 1.300 MW realizzati in Francia ed in altre 11 nazioni. Nel 2004 l’EdF ha deciso di costruire a Flamanville in Normandia la cosiddetta testa di serie EPR che dovrebbe entrare in esercizio nel 2012. Si ricorda comunque che la tecnologia più affermata nel mondo è quella dei reattori ad acqua in pressione: su 440 reattori in esercizio di diverse tecnologie, 209 sono PWR. Su questo argomento è doveroso far notare che sul mercato sono presenti anche i PWR della Westinghouse – Mitsubishi. Tuttavia vista la nostra appartenenza all’Europa e considerando anche la nostra partecipazione e quella dell’industria tedesca all’EPR, appare logica la scelta per questo tipo di filiera, scelta che comporta un accordo societario con l’EdF. Una volta individuati i siti e stabilito il numero di unità da installarvi, con un progetto di riferimento (EPR) che contiene tutte le caratteristiche funzionali e strutturali nonché le specifiche tecniche di tutta la componentistica meccanica, elettrica e di regolazione, si devono individuare solo le soluzioni da adottare per tutte le parti strettamente legate alle caratteristiche di sito. Dopo aver prodotto tutta questa documentazione che costituisce nella sostanza il progetto concettuale, deve essere avviata la fase autorizzativa, con particolare riguardo alla sicurezza, alla Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) e aspetto più delicato, alla ricerca del consenso. Questa è la fase più importante dell’intero processo realizzativo che, non è da escludere, potrebbe ipoteticamente concludersi anche con esito negativo. In ogni caso i tempi tecnici necessari dovrebbero essere, come di norma avviene all’estero dell’ordine di tre anni. 17 ENERGIA Fonti rinnovabili, nucleare e territorio Ottenute autorizzazioni e consenso è così possibile dichiarare la fattibilità dell’impianto ed intraprendere gli investimenti per proseguire la progettazione e definire la committenza per tutte le attività di costruzione in officina e in cantiere. In totale, tenendo presenti i tre anni ipotizzati per la definizione del Piano Energetico, per le nuove leggi e per l’analisi del territorio nonché ulteriori tre anni per poter dichiarare fattibile uno o più impianti, iniziando nel 2008 solo dal 2015 è ragionevole pensare di avviare la fase realizzativa di una prima unità, la cui costruzione richiede almeno 7 anni. Pertanto, se tutto si svolge con regolarità, il primo kWh di origine nucleare potrà essere prodotto non prima del 2022. In questo quadro, l’industria manifatturiera e delle costruzioni si deve riorganizzare dato che con le decisioni di abbandono del nucleare oggi è praticamente uscita dal mercato. E’ importante quindi programmare la realizzazione delle varie unità secondo criteri che evitino di provocare congestioni nelle attività delle officine e soprattutto nei cantieri. Si tratta cioè di razionalizzare i tempi di costruzione, evitando “punte” che provocherebbero problemi tecnici, economici e sociali. A titolo di esempio si ricorda che per l’impianto di Montalto di Castro, le sole ore utilizzate in sito al momento dell’interruzione dei lavori erano dell’ordine di 60 milioni con una punta giornaliera di circa 6.000 persone, a cui vanno aggiunte le ore lavorate nelle officine e quelle dedicate alla progettazione. Inoltre erano stati stipulati il contratto con il fornitore principale ed altri 2.500 tra contratti e subcontratti coinvolgendo il grosso dell’impenditoria italiana nonché prodotti circa 300.000 documenti di progetto, per autorizzazioni, committenza e costruzione. Tutto questo per due unità da 1.000.MW completate, al momento dell’interruzione dei lavori, la prima al 70% e la seconda al 30%. Un ragionevole programma nucleare dovrebbe prevedere non meno di otto unità EPR ripartite nel 18 tempo con un intervallo di almeno 12 mesi. Con questa cadenza solo nel 2030 l’energia producibile da fonte nucleare raggiungerebbe circa 75 miliardi di kWh. Per quanto riguarda l’investimento, è difficile allo stato delle conoscenze fare delle valutazioni attendibili sui costi da sostenere. Si potrebbero adoperare quelli pubblicati su riviste specializzate, la cui affidabilità tuttavia è aleatoria soprattutto perché la durata reale della costruzione incide sul costo capitale in modo rilevante in relazione anche alla variazione del costo del danaro. In ogni caso scegliendo la via di fare tutti gli impianti uguali e concentrandoli in pochi siti, l’investimento complessivo diminuisce notevolmente. Più in generale, riuscendo ad attuare un programma indubbiamente ambizioso con eolico, solare e biomasse sostenuto da un forte sussidio pubblico nonché riavviando il nucleare, solo nel 2030 avremmo raggiunto i 440 miliardi di kWh previsti per il 2020, senza peraltro aver ridotto in alcun modo le attuali emissioni di CO2 provenienti dalla produzione di elettricità da fonti fossili. In conclusione appare evidente che per il futuro del nostro Paese, il problema energetico è irrisolto3. In questa situazione la ripresa del nucleare in tempi brevi è difficile e piena di incertezze. In ogni caso vanno chiariti prima di tutto ruoli e responsabilità a livello sia tecnico sia politico. I tecnici devono assumersi la responsabilità di fornire informazioni attendibili e comprensibili da tutti, indicando scenari alternativi con le conseguenti implicazioni e chiarendo ciò che deve rimanere circoscritto nell’ambito della ricerca e ciò che invece oggi è realizzabile industrialmente. La classe politica, sulla base di dette informazioni, deve mostrare capacità di fare scelte coraggiose, definire priorità con soluzioni che abbiano come obiettivo la salvaguardia dell’interesse generale e non cadere nell’errore, com’è avvenuto, di fare ripensamenti. E cosa più importante deve ascoltare in tempi e modi corretti tutte le componenti sociali e locali comunque coinvol- ENERGIA Fonti rinnovabili, nucleare e territorio te, evitando però di riconoscere potere decisionale a soggetti privi di legittimità e portatori solo di interessi particolari. L’energia è un problema talmente importante per le future generazioni che non deve degenerare, dopo conflitti di tutti contro tutti, in un inaccettabile immobilismo o in soluzioni transitorie che non risolvono il problema alla radice. Quanto accaduto nel nostro Paese è dipeso dal fatto che la classe politica e quella dirigente, hanno avuto a disposizione strumenti ed analisi per individuare ostacoli e cause che potevano frenare l’attuazione di un qualsiasi programma energetico. Quello però che è mancato è stata la forza per attuarli e la capacità di resistere a reazioni radicate e sempre più diffuse, che tali programmi comunque provocano. Questa è la distanza che ci separa dal resto d’Europa. La domanda a cui rispondere potrebbe essere così formulata: il Sistema Italia riuscirà a convincersi che il mondo sta subendo una veloce trasformazione, che la globalizzazione ha reso ancora più complessi i problemi energetici e che con l’indecisionismo e tante parole non si producono kWh? La speranza è l’ultima a morire. Ing. Vincenzo Morelli Ing. Baldassarre Zaffiro 1 V. Morelli e B. Zaffiro. Energia e rifiuti. ALDAI Dirigenti Industria, ottobre 2007 2 V. Morelli e B. Zaffiro. Vantaggi e svantaggi della privatizzazione del sistema elettrico in Italia. Notiziario dell’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Roma, luglio 2005 Fonti energetiche: illusioni e poca strategia. Rivista OICE Progetto e Pubblico, ottobre 2006 3 V. Morelli e B. Zaffiro. Politica, ingegneria e consenso. Giornale AICAP, dicembre 2006 19 ORDINE La cerimonia dei 25 e dei 50 anni di iscrizione all’Albo Martedì 24 giugno presso l’Ordine degli Ingegneri di Roma e Provincia, si è svolta la cerimonia per i 25 anni di iscrizione all’albo e per i 50 anni di laurea. Erano presenti ai festeggiamenti il Presidente dell’Ordine, Francesco Duilio Rossi, i Vicepresidenti Carla Cappiello e Mario Leonardi e i Consiglieri Emilio Acernese, Fabrizio Cabas e Paola Galliani. Il Presidente ha salutato i presenti ricordando il percorso più che positivo intrapreso dall’Ordine e i risultati raggiunti, tra i quali il lavoro importante svolto dalle Commissioni Interne e il sito che conta ben 4000 visitatori al giorno. Momenti di emozione e di entusiasmo alla consegna delle pergamene e delle medaglie, d’argento per il 25° e d’oro per il 50°, per mano di una commossa Carla Cappiello e di un sempre cordialissimo Mario Leonardi. Tra coloro Tra i festeggiati anche il che sono stati prePresidente Francesco miati con la Duilio Rossi medaglia d’argento anche il Presidente Dell’Ordine Francesco Duilio Rossi, e tra i laureati Giorgio Bellinetti D’Artico, con ben 52 anni di laurea e carriera. Continuando con i “cinquantenni” di laurea facciamo le congratulazioni anche agli ingegneri Antonio Dell’Omo, Guido Di Veroli, Franco Malatesta, Pietro Mauro. Tra i festeggiati per i 25 anni di iscrizione all’Albo, anche Leonardo Belli, Fabrizio Cantarini, Giuseppe Capozzi, Stefano Cecchi, Filippo Cionci, Francesco Colace, Bruno Colantoni, Antonio De Vellis, Aquilino Del Forno, Antonio Dell’Omo, Walter Di Mario, Paolo Di Pirro, Carlo Frezza, Giuseppe Giangreco, Giulio Girelli, Pietro Antonio Isola, Marco Lozzi, Paolo Massarini, Catello Fasullo, Paolo Menditto, Marco Miotto, Andrea Pagano, Carlo Pierrettori, Armando Pirone, 20 Claudio Alberto Porri, Nello Riccardelli, Andrea Ricciardi, Gianfranco Siniscalchi, Vassilia Somacou, Franco Stovali, Marco Tisalvi, Stefano Tocci, Dario Ugenti, Francesco Franco Valeri. La cerimonia si è conclusa con un brindisi finale in onore di tutti i premiati. Il Presidente Rossi con la pergamena dei 25 anni di iscrizione 21 INFORMATICA Open Source: inganno o vera rivoluzione? Che l’open source abbia portato radicali cambiamenti nel mondo dell’informatica non vi sono dubbi. L’evoluzione del software, come di tutti i prodotti dell’ingegno umano, ha bisogno di conoscenza, e più questa è facile da reperire e da La vita senza open source riutilizzare, più i prodotti si evolvono e migliorano sulla base dei fallimenti e dei successi precedenti. Senza open source il mondo dell’informatica era niente di più che una nuova e moderna disciplina che seguiva le medesime regole che governavano gli altri settori industriali. Un prodotto software nasceva in seno ad aziende specializzate che si occupavano spesso della ricerca e dello sviluppo dello stesso e a volte anche della sua commercializzazione. La conoscenza rimaneva nelle aziende che lo avevano prodotto e gli sviluppatori, anche se cambiavano azienda, non potevano certo riutilizzare del codice sviluppato “per conto di”, ingabbiati da contratti che tutelavano i segreti industriali. Questo permetteva si una circolazione della conoscenza ma non una stratificazione del software finalizzata al raggiungimento di risultati a valore aggiunto crescente, se non attraverso complicati accordi commerciali tra aziende. In pratica c’era una sorta di tutela del diritto d’autore, proprio come avviene in altri campi come ad esempio quello musicale. Tutto questo se da un lato rendeva più semplice la gestione dei prodotti informatici, soprattutto dal punto di vista del controllo della loro qualità, dall’altro poneva dei freni alla creatività umana. Poter attingere alla conoscenza e al prodotto software in maniera “Open”, ha portato e sta portando dei cambiamenti radicali nel mondo dell’informatica. L’avvento del World Wide Web ha permesso lo scambio 22 Il favoloso mondo dell’open source di informazioni e quindi di conoscenza in maniera semplice ed efficace, alimentando un indotto fatto di programmatori e persone appassionate di informatica che hanno potuto esprimere e condividere le loro esperienze. Nascono programmi ridistribuibili e modificabili sotto nomi di licenze “Open Source” realizzati da programmatori sparsi in tutto il mondo di diversa ceto sociale e competenza. Giovani dotati di grande talento e meno giovani dotati di grande esperienza hanno dato vita a software di livello, dove ognuno ha potuto aggiungere “del suo”. Molti sono nati senza neanche un controllo dall’alto da parte di team manager, ma dagli stessi gruppi di sviluppo che si sono autoregolamentati e distribuiti i compiti per raggiungere l’obiettivo. Quello che è nato da tutto ciò è una vera rivoluzione; applicativi e perfino sistemi operativi “Open” hanno preso vita e conquistato non solo platee accademiche. Prendiamo ad esempio il caso di Linux, un sistema operativo il cui kernel è stato creato da Linus Torvalds, che rilasciandolo sotto licenza GNU ha permesso agli sviluppatori sparsi in tutto il mondo INFORMATICA Open Source: inganno o vera rivoluzione? di modificarne il codice a seconda delle esigenze. Il risultato è stato quello di creare un software collaborativo (probabilmente il maggior progetto di collaborazione nella storia) che oggi attraverso le innumerevoli distribuzioni è capace di rispondere ad esigenze desktop e server, ed è diventato un temuto concorrente di windows soprattutto tra gli addetti ai lavori. Oltre a Linux tanti altri progetti sono nati, e rimanendo Open fanno da base a progetti sempre più ambiziosi e complessi. In ambito lavorativo il riutilizzo del codice è pratica comune e facilita enor- memente lo sviluppo di software. Le community che sono nate e che si occupano della divulgazione della cultura sull’open source rappresentano dei veri e propri punti di riferimento per chi decide di voler sviluppare del software, gruppi di “teste pensanti” che si sono messe a disposizione della comunità informatica. Vantaggi e svantaggi dell’open source I vantaggi dell’open source da quanto detto precedentemente sembrano palesi: condivisione della conoscenza, interoperabilità, riutilizzo del codice sorgente. Forse essi sono i vantaggi più evidenti, ma a mio avviso c’è anche altro, ossia la nascita di un movimento liberista dove è possibile esprimere il proprio talento senza vincoli imposti dall’alto, in altre parole una vera e propria rivoluzione nel modo di pensare e lavorare. Ma è tutto oro quel che luccica o bisogna fare attenzione? Dal punto di vista prettamente informatico tutta questa informazione non regolamentata rischia di portare ad una frammentazione eccessiva; se ognuno pensa in piccolo e non ha una visione d’insieme rischia di aumentare l’entropia del sistema senza creare lavoro utile. Se è vero che la sperimentazione è ciò che ha trasformato la scienza, la mancanza totale di controllo può portare ad uno spreco di energie che convogliate verso un obiettivo comune potrebbero invece portare a maggiori vantaggi. Ecco quindi spiegato il ruolo delle community, che con grandi sforzi cercano di tenere le fila di questo movimento, aggregando l’informazione e dettando linee guida su progetti di sviluppo. Community nate spesso per gioco ma poi organizzatesi come vere e proprie piccole aziende. Quale è allora la differenza tra una community e una azienda vera e propria? La differenza sostanziale è che la nascita delle community è possibile praticamente senza investire capitali, non esistono datori di lavoro e impiegati, ma le differenze di ruoli all’interno vengono stabilite solo in base alle com- 23 INFORMATICA Open Source: inganno o vera rivoluzione? É vera gloria? petenze dell’individuo che decide di partecipare spon- risultati pressoché uguali o migliori dall’utilizzo di tecnologie software convenzionali. Bisogna però fare molta attenzione a non identifi- taneamente e non per forza spinti dalla volontà di guadagno. Se è vero però che si nasce senza capitali non è altrettanto vero che si muore poveri, tutt’altro. Casi di successo ce ne sono tantissimi, una volta diventate punti di riferimento per lo sviluppo del software, molte di queste si sono evolute e trasformate diventando veri e propri centri di business. L’open source è la panacea per gli sviluppatori di software ed è in grado di aggiudicarsi le fette di mercato in cui i soldi da spendere per l’informatizzazione sono una risorsa molto limitata? Da quanto detto precedentemente sembrerebbe che l’uso di tecnologie “open” possa portare ad un grande contenimento della spesa del software con 24 care l’open source con l’utilizzo di una particolare tecnologia software. Facciamo un esempio molto semplice, cercando di chiarire anche per chi non è addetto ai lavori. Spesso si tende ad identificare il mondo dell’open source con l’universo Java, ossia con un particolare linguaggio di programmazione portabile, in grado di essere eseguito su macchine con diversi sistemi operativi (Windows, Unix,Linux, etc..) Se è vero che l’open source deve la sua diffusione al linguaggio Java, non è altrettanto vero che solo attraverso Java si può realizzare del software “open”. Ogni software è infatti composto da codice scritto in un linguaggio di programmazione che deve essere compilato per poi essere eseguito su una particolare mac- INFORMATICA Open Source: inganno o vera rivoluzione? china. Se questo codice sorgente viene distribuito senza particolari licenze d’uso e può essere liberamente modificato e a sua volta ridistribuito, allora stiamo parlando di open source. Quindi se consideriamo l’open source secondo quello che veramente è, non lo possiamo identificare con una metodologia di sviluppo. Volendo possiamo realizzare software “open” utilizzando tranquillamente tecnologie Microsoft lasciando libero il prodotto generato dai vincoli di licenza. Tuttavia, mentre nel mondo Java la mentalità di ridistribuire il codice scritto è prassi comune, molto più difficile è trovare lo stesso approccio nel mondo Microsoft. Le cose però stanno cambiando, la diffusione di software libero sviluppato anche secondo la metodologia .Net di Microsoft si sta ampliando, e sono nate community che si occupano di seguire progetti nati seguendo questa metodologia. Lo stesso portale di Microsoft è diventato una grande comunità di sviluppatori che si scambiano informazioni e soluzioni di problemi attraverso il Web. Non dimentichiamo inoltre che sfruttando l’open source molte grandi aziende (IBM, SUN ) stanno facendo fortuna riposizionandosi in un mercato, quello del software, che stava diventando appannaggio della sola Microsoft. Se da sempre infatti questi grandi colossi informatici avevano posizionato il loro core business di mercato sull’Hardware, si sono resi presto conto che questo non bastava, infatti l’hardware è sempre più disponibile e a buon mercato mentre il software è in continuo sviluppo. Tuttavia tutto questo movimento nel mondo del software ha portato comunque ad indubbi vantaggi; la nascita di conI costi dell’open source correnza a dir po- co spietata del mondo dell’open source nei confronti del software tradizionale ha messo in apprensione le aziende che detenevano il monopolio della produzione del software mondiale costringendole a rivedere le loro strategie di sviluppo. Precedentemente abbiamo accennato alla possibilità di utilizzo del software open source per informatizzare realtà in cui le disponibilità economiche sono molto limitate, realtà che in Italia può essere ben rappresentata dalla Pubblica Amministrazione, dove si ha una forte esigenza di informatizzazione. Tenendo ben presente cosa è stato detto riguardo alla possibilità di sviluppare software “open” attraverso diverse tecnologie, cerchiamo ora di verificare che effettivamente l’utilizzo dell’open source porti ad effettivi vantaggi economici. Prendiamo ad esempio una Azienda Ospedaliera, una realtà dove l’informatica sta assumendo sempre più importanza nelle sue varie forme, (come l’outsourcing dei sistemi). Tenendo presente che c’è un computer per ogni scrivania e che non tutti gli utilizzatori sono esperti di informatica, capiamo subito che le valutazioni 25 INFORMATICA Open Source: inganno o vera rivoluzione? sui sistemi da scegliere sono di grande importanza. Per prima cosa cerchiamo di rispondere ad alcune domande : 1 E’ possibile utilizzare solo software “open” per raggiungere l’obiettivo, ossia esistono pacchetti software, magari gratuiti, che vengono incontro alle esigenze dell’utilizzatore? La risposta a questa domanda è facile ed è teoricamente positiva; esistono oggi sistemi operativi e pacchetti software “free” e “open” in grado di coprire tutte le esigenze di un utilizzatore medio. Come sistema operativo è possibile adottare “Linux”, sia per i desktop che per i server, sceglien- do una distribuzione che utilizza un ambiente grafico piuttosto che la poca usabilità della riga di comando. Per svolgere poi il lavoro da ufficio si può installare Open Office, come browser di pagine Web Firefox, come client di posta Thunderbird e divertirci ad installare programmi “free” di ottima fattura per tutti i gusti. Usando poi applicativi interni Web Based non dobbiamo neanche installare nulla sulle macchine client, il browser è sufficiente per risolvere il problema della portabilità applica- 26 tiva. 2 L’utilizzo dell’open source porta dei vantaggi in termini economici? Anche in questo caso la risposta sembra scontata. L’opportunità di installare software pressoché gratuito porta a grandi risparmi, ma questo vale per il software di base, in quanto gli applicativi interni, a meno di non essere sviluppati in seno all’azienda, siano questi open source o meno, vengono forniti da terze parti che sicuramente non lavorano a costo zero. Tuttavia già il semplice risparmio sul software di base potrebbe abbattere notevolmente i costi di informatizzazione. Da queste ultime due affermazioni si potrebbe dire quindi che l’open source rappresenta una scommessa comunque conveniente; ma è veramente così o ci sono dei costi nascosti che non emergono da una prima analisi? Ricordiamo che il software, come ogni linguaggio, è un organismo vivo che necessita di continui adattamenti e miglioramenti per adattarsi ai processi aziendali, e questo trasferisce nel caso dell’open source la capacità di aggiornamento dalle aziende produttrici di software alle persone che gestiscono i sistemi dell’azienda. Infatti bisogna continuamente seguire le evoluzioni di un progetto per installare le nuove release, gestirne la manutenzione, mantenendo continui contatti con le community. Questo lavoro ha un costo. Non solo, spesso le community forniscono pacchetti “open” e “free” dove non viene certificata l’assistenza, e quindi se non si vuole andare incontro a delle sorprese si deve fare affidamento a pacchetti Enterprise con supporto tecnico garantito tutt’altro che a costo zero. Un altro costo nascosto è quello dovuto al rischio INFORMATICA Open Source: inganno o vera rivoluzione? di affidarsi all’open source. Il mio punto di vista, derivante da una analisi oggettiva del mercato informatico, mi porta a dire che “tutto quello che è gratis e open oggi non è detto che lo sarà domani”. Se ci si affida all’open source, e magari alle community, che garanzie abbiamo che tutto ciò che viene portato avanti in modalità “open” e “free” un bel giorno non venga sottoposta a qualche altro tipo di forma di commercializzazione? Si è vero, da un lato avremmo comunque i sorgenti e potremmo pensare di far evolvere il prodotto in casa, ma anche questo ha un costo che dovremmo affrontare forzatamente. Impensabile è infatti una volta lanciata una informatizzazione su larga scala pensare di fare marcia indieL’open source come tro cambiando nuovamente i sistemi, in quanto i costi sarebbero proibitivi. Ultimo ma non meno importante è la valutazione del costo dovuto alla formazione delle risorse nell’utilizzo degli applicativi. Se pensiamo che la diffusione di sistemi operativi come Windows e pacchetti come Office detengono la maggioranza delle installazioni per l’utente domestico, il quale ha una indubbia conoscenza di base del loro utilizzo, dobbiamo valutare quale sarà il costo da affrontare per convertire le loro conoscenze su sistemi di natura diversa. Abbiamo visto come l’open source abbia cambiato radicalmente l’approccio all’informatica, mostrando come l’unione delle forze dei piccoli può essere talvolta la ricetta vincente nei confronti di sfide più grandi. La cooperazione tra cervelli, non solo elettronici, ha sradicato concezioni arcaiche per le quali si pensava che solo i poteri forti potessero essere in grado di risolvere problemi di elevata complessità. L’informatica ha fatto da beta-tester per una nuova concezione di come affrontare la realtà e i problemi che si incontrano nella vita lavorativa. Questo approccio però confinato al mondo informatico ha secondo me poche probabilità di sopravvivere. Numerosi sono i casi in cui si comincia seguendo questa filosofia ma si finisce rimanendo coinvolti nella realtà che ci offre il mondo dall’informatica. Finché quindi questo modello di business non verrà esteso ad altri settori, come l’industriale, farmaceutico, medico, ingegneristico, umanistico, artistico, difficilmente l’informatica potrà resistere al non omologarsi di nuovo ad una concezione aziendocentrica. Sarebbe opportuno che anche gli altri settori aprissero la conoscenza e venissero meno a tutta una serie di complicati meccanismi di royalties che rallentano notevolmente la rapidità di sviluppo e la capacità di trovare e implementare le soluziostile di vita ni a un problema. Con questo non voglio dire che bisogna scardinare i meccanismi sui quali si basa oggi la società moderna. La proprietà intellettuale va tutelata e per poter aprire la conoscenza anche ad altri settori è necessario che nasca un rapporto di fiducia tra gli operatori. Una logica di mercato sana potrà fare la differenza premiando gli operatori che utilizzeranno la conoscenza nella maniera corretta. Se è possibile crescere rapidamente e collezionare successi sfruttando in maniera incontrollata il lavoro fatto da altri, più difficile è rimanere sulla cresta dell’onda una volta che cambiano le condizioni al contorno, se non si è fatto tesoro attraverso studi approfonditi di quello che quest’ultimi hanno creato e non si è preparato il substrato necessario per far crescere internamente le competenze. Ing. Andrea Del Vecchio Membro Commissione Innovazione e Tecnologie presso l’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Roma 27 PROGETTAZIONE Il nodo ferroviario di Roma. Evoluzione storica nella sua progettualità Nel 1857 venne aperta all’esercizio la prima linea ferroviaria romana, la Roma – Frascati ed at- Fig. 1 testata a sud-ovest della città presso Porta Maggiore in adiacenza alle mura aureliane che non furono abbattute. Due anni dopo, nel 1859 viene aperta all’esercizio la seconda linea ferroviaria dell’allora Stato Pontificio, la Roma – Civitavecchia. Anche essa viene attestata fuori dalle mura aureliane a sud-est, nelle adiacenze dell’attuale zona di Porta Portese. Fu con la costruzione nel 1862 della linea che collegava Roma, capitale dello Stato Il passato Pontificio, a Napoli, capitale del Regno delle due Sicilie, che si decise di infrangere il sacro rispetto delle vestigia romane per portare gli illustri viaggiatori stranieri nelle adiacenze del centro città vicino alle Terme di Diocleziano in quella che le piante topografiche di allora, in particolare quella del Nolli, indicano come “Piazza di Termini”. A questo terminale di Piazza di Termini, presto si collegò anche la linea da Civitavecchia, seguendo il 28 tracciato dell’attuale percorso dei binari Trastevere – Termini, e previa realizzazione di un ponte alzabile sul Tevere, vera opera di ingegneria all’epoca, per permettere il passaggio dei navigli diretti al Porto di Ripetta. La scelta di Termini come terminale unificato portò di conseguenza la necessità di dare al medesimo un aspetto monumentale degno della capitale dello Stato Pontificio ma soprattutto capitale della cristianità. Il papa Pio IX si servì dell’architetto pontificio Bianchi a cui dette l’incarico di redigere il progetto. Il progetto del Bianchi, sebbene redatto con criteri di lungimiranza, si rivelò troppo presto inadeguato alla ingente quantità del traffico che il nuovo mezzo di trasporto venne a procurare. Nel corso degli ultimi anni dell’ottocento, le nuove linee ferroviarie costruite nonché il traffico ad esse affluente in una sconvolgente espansione, portarono ad un incremento del numero di binari, cominciando a delineare la struttura della “cintura” per la città che venne resa ufficiale dal Piano Regolatore eseguito dalla Rete Mediterranea nel 1892 (figura 1). In questa corografia che risale ormai a più di un secolo fa appare delineato il nodo di Roma quale oggi lo vediamo. In più in essa è ben delineata la sua futura chiusura a nord, già da allora prevista e costantemente riconfermata perché, sino da allora si capiva che da tale chiusura dipendeFig. 2 PROGETTAZIONE Il nodo ferroviario di Roma. Evoluzione storica nella sua progettualità Fig. 3 va la vera funzionalità del nodo medesimo. Tale chiusura non è stata ancora realizzata ma i lavori già avviati ci consentono però di sperare in una sua rapida realizzazione. Analizzando la corografia si evince che la grande stazione passante lungo il viale di Trastevere sarebbe stata a sussidio della stazione di testa di Termini, segno evidente che già sin da allora la stazione di Roma Termini creava notevoli difficoltà al rapido scorrimento dei servizi. La stazione passante di Roma Trastevere, lungo l’allora viale del Re, oggi viale di Trastevere, non sarà realizzata per le enormi difficoltà di carattere archeologico incontrate. Dopo un aggiornamento di quella corografia del 1892, resosi necessario nel 1930 a seguito della costruzione della ferrovia per la Città del Vaticano, realizzata mediante un raccordo con la stazione di Roma San Pietro (figure 2 e 3), una autentica rivoluzione dovette subire quel piano regolatore della Rete Mediterranea. Questa rivoluzione venne apportata da un’apposita Commissione istituita da un decreto ministeriale dell’anno 1931. Questa Commissione venne a contestare l’idea della circolarità delle linee ferroviarie intorno alla città. Ciò in relazione al fat- to che la stazione principale, Roma Termini, risultando di testa, richiedeva un numero di manovre per l’inversione del senso di marcia allora molto laboriose e sempre più gravose per l’incremento del numero di treni che, inesorabilmente, cresceva di anno in anno. Propose allora un nuovo Piano Regolatore del Nodo (figura 4) che prevedeva la costruzione di una nuova stazione a nord della città, in zona Flaminia, nella quale venivano raccolte le provenienze da nord di Pisa, Viterbo e Orte. Tale stazione Flaminia veniva collegata a Termini con una galleria dove correvano più binari. Termini sarebbe stata notevolmente abbassata di quota e così, di fatto, trasformata in stazione passante a sud della città dove le direzioni da nord, provenienti dalla stazione Flaminia, proseguivano a sud, senza inversione di marcia, per Pescara, Napoli e AnzioNettuno. Qualcosa di simile verrà fatto, subito dopo la guerra, a Bruxelles dove le due stazioni di Bruxelles-nord e Bruxelles-midì sono state congiunte da una galleria traversante la città. Il Piano Regolatore della Commissione del 1931, Fig. 4 29 PROGETTAZIONE Il nodo ferroviario di Roma. Evoluzione storica nella sua progettualità destò perplessità sia per la sua idea rivoluzionaria sia per le difficoltà tecniche che si sarebbero incontrate per la costruzione della galleria sotto la città sia, soprattutto, per la realizzazione del notevole abbassamento della quota dei binari di Roma Termini. Ma allo stesso tempo affascinava i tecnici ferroviari per la sfida loro posta e, soprattutto, gli operatori del movimento dei treni che avrebbero risolto i problemi dovuti alle manovre prima ricordate. Il piano pertanto ricevette le approvazioni degli organi competenti e fu posto mano alla realizzazione di alcune opere preparatorie quali la predisposizione di brevi tratti di sede per gli spostamenti delle linee a nord verso la costruenda stazione Flaminia, tratti che, dopo la guerra verranno utilizzati come sede stradale; ma, soprattutto, venne realizzata la stazione dello smistamento delle merci in zona Serpentara come previsto da detto Piano Regolatore, e fu dato inizio al conseguente allacciamento alla linea di Pisa in località Maccarese. L’idea di realizzare una Esposizione Universale Romana in concomitanza con la scadenza dei 30 venti anni (1942) del governo del Primo Ministro Mussolini, pose le basi per l’abbandono definitivo del Piano Regolatore del nodo ferroviario di Roma del 1931. Infatti il numero di persone che avrebbe dovuto affluire a Roma per visitare tale Esposizione era stato previsto di grandissima entità e queste avrebbero utilizzato per il loro spostamento il treno a quel tempo unico mezzo di trasporto. Ne conseguiva, pertanto, la primaria necessità di migliorare la funzionalità e l’estetica della stazione di Roma Termini che dal tempo della sua costruzione per la necessità di urgenti ampliamenti era stata sottoposta ad indecorosi e provvisori interventi. Venne prescelto a tale scopo il progetto redatto dagli architetti Fig. 5 Piacentini e Mazzoni e si pose mano alla co- Fig. 6 Fig. 6 bis PROGETTAZIONE Il nodo ferroviario di Roma. Evoluzione storica nella sua progettualità struzione delle due ali laterali lungo via Giolitti e via Marsala. Le opere cui sopra, consolidando di fatto Termini come stazione di testa, contrastavano apertamente con il piano regolatore del 1931, che veniva pertanto rimesso in discussione anche se erano stati realizzati piccoli interventi ed era stata realizzata ed entrata in esercizio la nuova stazione di smistamento delle merci a Serpentara, ma restava incompiuto l’allacciamento della medesima alla linea di Pisa. Al termine della guerra che sconvolse la Nazione sino al 1945, apparve chiara l’impossibilità della realizzazione del piano regolatore del 1931 e negli anni successivi si ritornò alla logica della “cintura”. Alla fine degli anni cinquanta ebbero inizio le progettazioni esecutive della nuova linea “direttissima” da Roma a Firenze. Gli approfonditi studi portarono alla soluzione realizzata di un quadruplicamento interconnesso tra una nuova linea ad alta velocità e la linea esistente che fu mantenuta per il traffico lento. La necessità di portare tale quadruplicamento sino in testata a Roma Termini impose alcune modifiche alla configurazione del nodo tra Settebagni e Termini. Poco più tardi negli anni sessanta, si manifestò la necessità di provvedere ad una rettifica della linea per Pisa tra Roma Ostiense e Maccarese. A tale scopo fu posta l’attenzione al tracciato proposto dal Piano regolatore del 1931, per il collegamento tra Smistamento e Maccarese la sede del quale era già stata costruita, prima della guerra, dal Ministero dei Lavori Pubblici. Tale sede, mediante opportuni raccordi, venne utilizzata tra Maccarese ed il chilometro sedici per la rettifica della linea di Pisa, e tra il chilometro sedici e la stazione di Smistamento per la chiusura dell’anello del Nodo. L’Ufficio Studi e Grandi Impianti del Servizio Movimento della Direzione Generale delle FS elaborò pertanto verso la fine degli anni sessanta il nuovo Piano Regolatore del Nodo di Roma che nel 1972 riportò l’approvazione non solo degli organi ministeriali competenti ma, per la prima volta, anche di quelli territoriali regionali, provinciali e comunali. La corografia di tale Piano Regolatore, (figura 5) mise in evidenza come, a seguito della deviazione della linea di Pisa conseguente la sua rettifica, risultava possibile realizzare un servizio metropolitano tra Roma Ostiense e l’aeroporto Leonardo da Vinci a Fiumicino. La realizzazione di tale collegamento metropolitano conseguì contrastate vicende sia per l’attestamento all’Aereostazione sia per l’attestamento alla linea B della metropolitana. L’attestamento all’Aereostazione (figura 6) in un primo momento previsto c o m e passante Dal presente al futuro a racchetta è stato poi realizzato di testa per difficoltà di costruzione della racchetta dovute alla presenza di reperti archeologici. Analoghe contrastate vicende si manifestarono anche per l’attestamento alla linea B della metropolitana in un primo tempo previsto sotto Piazza Albania e successivamente realizzato all’interno della stazione di Roma Ostiense. Il nodo di Roma è interessato da tre direttrici di traf- 31 PROGETTAZIONE Il nodo ferroviario di Roma. Evoluzione storica nella sua progettualità fico nazionale suddivise in sei linee: direttrice Pisa (una linea), direttrice Firenze (due linee, direttissima e lenta) e direttrice Napoli (tre linee, Cassino, Formia ed AV) (figura 7). A queste linee si aggiungono le linee a carattere regionale e locale. Tutte queste linee adducono un traffico ferroviario molto eterogeneo (treni metropolitani, regionali, lunga percorrenza, merci) la cui promiscuità rappresenta il problema principale per la gestione delle linee ferroviarie: solo puntando alla separazione delle componenti di traffico su linee specializzate sarà possibile arrivare al limite superiore di capacità pratico che, in ora di punta, può essere indicato come 8 treni/ora per ciascun senso di marcia (un treno ogni 7,5 minuti). Appare quindi imprescindibile, per un razionale utilizzo dell’infrastruttura, la distribuzione nel nodo finalizzata alla limitazione delle coesistenze di traffico promiscuo che, fondamentalmente, prevede: passanti a Tiburtina ed Ostiense i treni a lunga percorrenza, attestati a Termini i treni metropolitani – re- 32 gionali, fuori dalla città, sulla linea di cintura merci, i treni merci (fig. 8). Per comprendere a fondo le problematiche attuali e le motivazioni delle scelte progettuali occorre ricordare che le ferrovie erano nate per offrire servizi di collegamento viaggiatori e merci di media e lunga percorrenza mentre il tempo ha modificato questo utilizzo assegnando alle ferrovie anche il compito di soddisfare la mobilità urbana e regionale (flussi pendolari). La coesistenza di diverse tipologie di traffico ferroviario è la principale ma non unica problematica che impatta sulla potenzialità e sulla regolarità della circolazione. Per arrivare all’obiettivo di 8 treni/ora per ciascun senso di marcia occorre anche adeguare le tecnologie al traffico previsto, eliminare i “colli di bottiglia” ed adeguare le stazioni al nuovo traffico previsto. Oltre alla separazione delle componenti di traffico, risultano quindi imprescindibili per la regolare gestione del nodo il potenziamento tecnologico ed impiantistico delle linee e degli impianti. PROGETTAZIONE Il nodo ferroviario di Roma. Evoluzione storica nella sua progettualità Una delle principali tipologie di interventi strutturali intrapresi per la risoluzione dei conflitti in abito ferroviario ed anche una delle migliori come risultati ottenibili è la realizzazione di opere di scavalco tra linee ferroviarie; d’altronde, la realizzazione di tale tipologia di interventi, oltre ad essere costosa, risulta di difficile realizzazione sia per l’obbligo di mantenere in esercizio le linee esistenti sia per il contesto fortemente urbanizzato che limita lo spazio disponibile per la costruzione delle opere necessarie. Un esempio magistrale in questo senso è fornito dalla stazione di Roma Ostiense (figura 9). La situazione di partenza non consentiva ulteriori rilevanti incrementi di traffico perché i flussi di treni previsti dovevano intersecarsi tra di loro: la realizzazione di due scavalchi, indicati con le frecce rosse nella figura, porterà, al termine dei lavori, all’adeguato dimensionamento dell’impianto in relazione alla domanda di traffico prevista. Durante la realizzazione degli interventi, diversi aspetti vengono presi in considerazione: i costi, i tempi di completamento, le modalità realizzative finalizzate soprattutto a mantenere attivo l’esercizio ferroviario, le criticità incontrate con i frontisti, i ri- trovamenti archeologici, il rapporto con gli appaltatori. Ognuno di questi aspetti risulta amplificato per il fatto di realizzare le opere in un grande centro urbano ed è importante che fin dalla fase di progettazione si ponga la massima attenzione per risolvere queste problematiche, spesso in contrapposizione tra loro, trovando soluzioni di accordo che riescano a soddisfare tutti gli attori in gioco. Si evidenzia come, in considerazione della storia millenaria della città di Roma, è bastata la realizzazione dei pochi chilometri urbani della linea AV Roma – Napoli per ritrovare (figura 10): ville, acquedotti, mausolei, tombe, ipogei, mosaici, basolati e tracciati viari. Infine è opportuno ricordare che il sistema ferroviario è solo una parte, anche se la principale, del sistema della mobilità urbana e regionale. Solo la corretta definizione di contratti di servizi tra tutti gli attori in gioco può far giungere allo scopo comune di agevolare il flusso di passeggeri e merci della città. Questo articolo è il resoconto del convegno: “Il Nodo Ferroviario di Roma: Evoluzione storica nella sua progettualità” tenutosi a Roma presso il CIFI (Collegio degli Ingegneri Ferroviari Italiani www.cifi.it). Si ringraziano i relatori ingegneri Edoardo Mori, Silvio Martinelli, Massimo Rota e Sergio Giorgetti. Per approfondimenti bibliografici sulla parte storica, l’autore può essere contattato all’indirizzo e-mail HYPERLINK "mailto:[email protected]" [email protected] Ing. Luca Franceschini Segretario della Sezione di Roma del CIFI Collegio degli Ingegneri Ferroviari Italiani 33 PER LA PUBBLICITA’ SUL contattare MASSMEDIA srl tel / fax 06 80691471 email: [email protected] NOTIZIARIO DELL’ORDINE DEGLI INGEGNERI DELLA PROVINCIA DI ROMA 40 pagine colori distribuzione: tutti gli Ingegneri iscritti all’Ordine professionale di Roma e provincia numero copie: 20.000 NEL LISTINO: IV di copertina III di copertina II di copertina 1/2 pagina (solo orizzontale) 1/3 pagina (solo verticale) doppia centrale pagina interna 34 CORSI I corsi di settembre e ottobre Pubblichiamo il calendario dei corsi in programma per i mesi di settembre e ottobre organizzati dall’Ordine. Finanza aziendale: comprendere le determinanti del valore di mercato Scopo fondamentale del Corso è quello di fornire agli interessati le conoscenze base oppure di costituire momenti di aggiornamento e confronto sui vari aspetti della Manutenzione – intesa come disciplina tecnica autonoma – in una appropriata cornice dottrinaria, superando il consueto approccio empirico ed approssimativo. Inizio del corso: martedì 30 settembre 2008 Durata: 4 lezioni per complessive 12 ore. Il corso si rivolge a professionisti (sia free-lance che in azienda) che vogliano acquisire una conoscenza di base della finanza aziendale al fine di: - migliorare la conoscenza del mercato e delle imprese - apprendere l’utilizzo di strumenti di analisi finanziaria a supporto di business plan, studi di fattibilità, progettazione – acquisire un linguaggio comune per migliorare l’integrazione con banche, finanziatori e partners. I discenti acquisiranno uno strumentario di tecniche e modelli che spaziano dall’analisi di bilancio alla valutazione di progetti e aziende, con continui riferimenti a casi pratici ed esperienze reali. Ingegneria della Manutenzione e Gestione Immobiliare ed Industriale (III° modulo - Gestione dei patrimoni immobiliari) Inizio del corso: lunedì 6 ottobre 2008 Durata: 4 lezioni per complessive 12 ore. Le nuove norme tecniche per le costruzioni/Normativa sismica Inizio del corso: martedì 28 ottobre 2008 Durata: 7 lezioni per complessive 21 ore. Scopo del Corso è illustrare e approfondire le importanti novità apportate nella progettazione Geotecnica e nelle Strutture dalle nuove Norme Tecniche per le Costruzioni (D.M. 14.01.2008). In particolare si terranno in considerazione i nuovi contenuti introdotti dalla Norma nella progettazione per azioni sismiche, come ad esempio i nuovi principi e criteri generali e le nuove definizioni proposte per la pericolosità di sito e per l’azione sismica di progetto. Nel Corso si affronteranno inoltre le significative novità riguardanti la valutazione della vulnerabilità e della sicurezza delle costruzioni esistenti. Per maggiori informazioni visita il sito: www.ording.roma.it/formazione 35 Servizi dell’Ordine Presidente Ing. Francesco Duilio Rossi riceve su appuntamento prenotandosi tramite la segreteria di direzione al numero 06.487931.211 Vice Presidenti Ing. Carla Cappiello Ing. Mario Leonardi Ing. Luigi Rossi ricevono su appuntamento prenotandosi tramite la segreteria di direzione al numero 06.487931.216 Consigliere Segretario Ing. Carla Cappiello riceve su appuntamento prenotandosi al numero 06.487931.224 Consigliere Tesoriere Ing. Maurizio Lucchini riceve su appuntamento prenotandosi al numero 06.487931.209 Consulenza Ingegneri Dipendenti Ing. Paola Galliani riceve dal lunedì al giovedì dalle 16:30 alle 19:00 negli stessi orari risponde al numero 06.487.931.218, oppure tramite questo indirizzo di posta elettronica: [email protected] Consulenza Assicurativa imparziale Ing. Dario Bugli Valutazione polizze in essere e verifica della proposte del mercato assicurativo riceve il mercoledì dalle 15:00 alle 17:30 e il giovedì dalle 17:30 alle 19:00 previo appuntamento al numero 06.487931.234 Deontologia Ing. Fabrizio Cabas riceve su appuntamento prenotandosi al numero 06.487931.229/236 Ufficio rapporto iscritti Ingg.Edoardo Krasnig, Patrizio Gamboni, Matteo Carlo Riccardo, Orazio Russo ricevono dal lunedì al giovedì dalle 16:30 alle 19:30 Inoltre negli stessi orari è possibile contattare direttamente lo sportello telefonando al numero 06.487931.210 Consulenza legale Avv. Sergio Pistritto riceve il giovedì dalle 16:00 alle 17:30 previo appuntamento al numero 06.487.9311 Sportello Giovani Ingegneri Ing. Cesare Gabriotti riceve il lunedì dalle 16:30 alle 19:30 negli stessi orari risponde al numero 06.487931.235 Consulenza assicurativa Unipol Dott. Filippo Caretti La Compagnia Assicuratrice Unipol, per il tramite dell’Agenzia Generale di Roma Piramide 1886, offre a tutti gli iscritti un servizio di consulenza assicurativa tutti i mercoledì dalle ore 15:30 alle ore 17:00 presso l'Ordine Sportello Ingegneria sociale Ing. Demetrio Crocitti riceve il martedì dalle 17:00 alle 19:00 negli stessi orari risponde al numero 06.487931.234 Parcelle Ing. Carlo Turchetti riceve su appuntamento prenotandosi al numero 06.487.931.228 36 Consulenza Ingegneri Liberi Professionisti riceve dal lunedì, mercoledi e giovedì dalle 16:30 alle 19:30. Negli stessi orari risponde al numero 06.487931.234 E-mail: [email protected] Finanza agevolata Ing. Fabio Polizzi riceve il mercoledì dalle 17:00 alle 19:00 negli stessi orari risponde al numero 06.487931.235 partner TECNICA s.r.l. s.r.l. SERVIZI PER L’INGEGNERIA, MONITORAGGI E DIAGNOSTICA STRUTTURALE TECNICA MP s.r.l. nasce come evoluzione delle società Tecnica e Geodinamica, fondate negli anni ‘90. MONITORAGGI La qualità dei servizi erogati è generata dall’aggregazione di esperti nel settore dei monitoraggi, della diagnostica strutturale, delle indagini geotecniche e delle analisi dinamiche e vibrazionali. La ventennale esperienza nel settore, unitamente all’utilizzo di strumentazioni di ultima generazione, permette di erogare al Cliente un servizio completo “chiavi in mano” in grado di soddisfare ogni esigenza tecnica nel campo delle prove sperimentali. La professionalità di Tecnica MP è garantita da squadre di pronto intervento formate da ingegneri, geologi e tecnici specialisti del settore. PROVE DI CARICO RILIEVI STRUTTURALI PROVE NON DISTRUTTIVE INDAGINI GEOTECNICHE DINAMICA E VIBRAZIONI CONSOLIDAMENTI sede legale e uffici ROMA Viale P. Togliatti n. 1640, 1° p. P. Comm.le - 00155 Roma | Tel. 06.4060300 Fax 06.40815228 uffici CAGLIARI Piazza del Bar, loc. Poggio dei Pini - 09012 Capoterra (Ca) | Tel. 070.725809 Fax 070.7265100 FIRENZE Via del Bandino n. 43 - 50126 Firenze | Tel. 055.685041 Fax 055.683603 www.tecnicamp.com CONSULTATECI PER SOPRALLUOGHI E PREVENTIVI GRATUITI 335.5337884 [email protected] Ing. Massimo POGGI Dott. Francesco AUCONE 335.316842 [email protected]