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03/04/2012
Mobilità annuale: si apre la trattativa
Ma non mancano le incognite: lo scorso anno il contratto non venne firmato a causa dei rilievi
della Funzione Pubblica. Oggetto del contendere è la questione dell'assegnazione del personale ai
plessi.
Si è aperta nella giornata del 2 aprile presso il Ministero la trattativa per il rinnovo del contratto
integrativo in materia di mobilità annuale. Fino a un paio di anni fa la sottoscrizione di questo
contratto integrativo era poco più che una formalità, ma dall’anno scorso lo scenario è cambiato
radicalmente e la materia è diventata terreno di scontro fra Amministrazione e organizzazioni
sindacali. Oggetto del contendere sono un paio di articoli che riguardano l’assegnazione ai plessi
del personale docente e Ata. Lo scorso anno, infatti, il Dipartimento della Funzione pubblica aveva
mosso rilievi decisivi agli articoli dell’accordo che demandavano alla contrattazione di istituto la
definizione delle modalità di assegnazione da parte del dirigente scolastico. Il Miur aveva quindi
cancellato gli articoli in questione, ma a quel punto le organizzazioni sindacali si erano rifiutate di
firmare il testo definitivo del contratto integrativo. E così per il 2011/2012 le operazioni di mobilità
erano state regolate con un atto unilaterale firmato personalmente dal Ministro. Adesso la questione
si ripropone: i dirigenti di Viale Trastevere hanno fatto presente ai sindacati che la situazione non è
affatto cambiata e che pertanto nel testo del contratto non potranno essere inserite clausole relative
alla assegnazione del personale ai plessi. Le organizzazione sindacali presenti al tavolo (Flc-Cgil,
Cisl-Scuola, Uil-Scuola, Fgu-Gilda e Snals) hanno ribadito il proprio punto di vista: l’assegnazione
ai plessi è materia contrattuale secondo quanto previsto dal CCNL del novembre 2007. In un
proprio comunicato Uil-Scuola ribadisce di considerare prioritario “verificare i contenuti delle
modalità di assegnazione degli insegnanti ai plessi, che potrebbero essere definiti anche a livello
nazionale come avvenuto lo scorso anno, e delle utilizzazioni degli assistenti amministrativi sui
posti vacanti di DSGA”. Di tenore analogo il comunicato dello Snals, mentre non si conoscono
ancora nel dettaglio le posizioni assunte dagli altri sindacati, ma è molto probabile che anche
quest’anno non si riesca ad arrivare ad una soluzione condivisa. La trattativa riprenderà subito dopo
Pasqua: il prossimo incontro è in programma per il giorno 11 aprile.
SCUOLA/ La "bolla" Tfa fa scattare l’inciucio sindacato-Ansas…
Fabrizio Foschi martedì 3 aprile 2012
Studenti e precari davanti al Miur (InfoPhoto) Approfondisci SCUOLA/ La lettera: tutti i nodi
irrisolti del Tfa SCUOLA/ Tfa, scacco matto al centralismo, di M.F. Pedretti vai al dossier Politica
scolastica vai allo speciale Il caso TFA La bolla Tfa (tirocinio formativo attivo) attira. Avevamo
appena finito di considerare il caso dell’Anfis, l’associazione degli insegnanti supervisori, il cui
corso per docenti tutor prima prorogato è stato infine sospeso dal Miur con nota del 15 marzo
scorso, quando ecco che si propone una simile situazione che merita una riflessione.
Si tratta di un corso di formazione finalizzato esplicitamente a sviluppare le competenze dei “tutor
dei tirocinanti” nell’ambito dei Tfa di cui si dà per imminente la partenza. L’iniziativa molto
strutturata e di cui è in atto la fase preliminare delle iscrizioni è presa congiuntamente da
Confsalform, ente formativo del sindacato Snals, in collaborazione con la Iul (Italian University
Line), l’università telematica dell’Ansas-ex Indire, partecipata da un gruppo di università italiane,
che organizza master, corsi di perfezionamento e di aggiornamento per i docenti di ogni ordine e
grado.
Il corso per diventare tutor dei tirocinanti, cioè per rivestire una funzione molto importante
nell’accompagnamento dei futuri insegnanti che nell’ambito dell’anno di tirocinio dovranno
svolgere 475 ora a scuola, sarà di 25 ore, la maggior parte online, e avrà un costo, enuncia il
materiale pubblicitario, di 359 euro (257 per gli iscritti allo Snals). Altri 70 euro per chi vorrà
discutere un project work alla presenza di una commissione presieduta da un docente universitario,
per ottenere un credito formativo universitario spendibile nei corsi di perfezionamento e nei master
in corso di attivazione per l’anno accademico 2012/13, da Confsalform e Iul.
L’iniziativa pesca in due serbatoi del mondo scolastico caratterizzati in questo periodo da forti
aspettative: da una parte, infatti, si prevede che l’avvio dei Tfa solleciterà le scuole che dovranno
accogliere i tirocinanti, con conseguente mobilitazione di energie interne e individuazione di figure
di accompagnatori dei più giovani; dall’altra, a fronte dell’atavica inesistenza sul piano normativo
ed economico di una carriera professionale dei docenti, si presume che possa fare comodo ad alcuni
di loro un pacchetto seppure minimo di crediti universitari da spendere nelle graduatorie interne
all’istituto o per il completamento di un qualche itinerario specialistico che possa aggiornare anche
le competenze didattiche.
Nulla da eccepire sull’iniziativa in sé, probabilmente buona, presumibilmente utile. Fa specie
tuttavia la cordata sindacato-Ansas, cioè in pratica sindacato-amministrazione, che la patrocina.
Il sindacato nel nostro ordinamento giuridico gode di uno statuto ibrido: è una associazione privata
cui vengono accordati particolari vantaggi (per esempio la contrattazione dei doveri e degli obblighi
di lavoro) in nome della rappresentatività. Ma quando il sindacato fa cultura, cioè formazione, oltre
tutto come Confsalform, agisce come ente rappresentativo o non piuttosto come soggetto “privato”
portatore di una cultura professionale, cioè di un modo particolare di leggere il compito del docente?
E se le cose stanno in questi termini rispetto al sindacato (in questo caso lo Snals), che dire dello
Iul-Ansas? Qui non si tratta affatto di un ente qualunque, ma di un’emanazione stessa
dell’amministrazione centrale che quando agisce dovrebbe tenere conto della sua natura
istituzionale. Intendiamo affermare che in un settore così importante come quello della
preparazione dei tutor dei nuovi docenti sarebbe stato utile un protocollo molto più sussidiario di
quanto non si sia realizzato in questa circostanza.
Se l’Ansas si accorda con il sindacato, tramite la Iul, perché la stessa cosa non può accadere in
rapporto ad altri soggetti portatori di cultura professionale esistenti nel campo dell’associazionismo
professionale, che in Italia è molto vivace, quanto invisibile agli occhi di una parte
dell’amministrazione?
Sarebbe stato più proficuo per tutti che l’Ansas-Iul avesse reso esplicite dall’inizio le sue
disponibilità, sia organizzative che attinenti i benefici in termini di carriera, e che sul piano di una
sana e paritaria forma pubblica di partecipazione, chi avesse voluto concorrere ad un piano di
formazione-aggiornamento di tutor l’avesse potuto fare.
Non si avrebbe l’impressione sgradevole di un favoritismo in tempi che dovrebbero essere limpidi
per tutti.
I sindacati della scuola si mobilitano
Una recente assemblea sindacale con gli insegnanti alle scuole Guidobono di SavonaSavona - Fuori
per pochi mesi dalla finestra-pensione: azione legale di professori e personale Ata. Oltre il danno, la
beffa. È questa la situazione di almeno un centinaio fra docenti e personale Ata della scuola
savonese, nati nel “famigerato” 1952, l’anno maggiormente penalizzato dalla riforma pensionistica
Fornero. Una normativa che, per il mondo della scuola, ha determinato una vera e propria
rivoluzione. Ai docenti non è possibile fare riferimento, come per altri comparti, alla data del 31
dicembre 2011, l’anno solare, individuato dalla riforma come ultima possibilità per andare in
pensione con i requisiti previsti dalla precedente normativa, bensì è necessario basarsi sull’anno
scolastico, che si chiude il 31 agosto. Pochi mesi di differenza che, però, hanno determinato in tanti
casi lo slittamento nella nuova normativa, con il rischio di restare bloccati non uno, ma parecchi
anni in più. Quanti, ancora, non è chiaro, visto che le informazioni dal governo mutano di mese in
mese. Ma i sindacati, Cgil, Cisl, Uil e Snals, non ci stanno e preannunciano una class-action con
tanto di ricorso al giudice del lavoro per tutelare i diritti del mondo della scuola. E le richieste di
adesione al ricorso, in pochi giorni, sono già tantissime, tra la rabbia degli insegnanti e dei bidelli
che, dopo quarant’anni di attività, vogliono godersi il meritato riposo
27/03/2012
SNALS, DIMENSIONAMENTO SCOLASTICO: "TUTTO TACE"
«Il dimensionamento scolastico, piano elaborato dalla Provincia di Campobasso, da più di un mese,
giace nei cassetti della regione Molise e non ci sono segnali di ulteriori passaggi istituzionali». E’
l’affermazione riportata in una nota del segretario regionale dello Snals Confsal Vittorio Maj. «E
dire che siamo ampiamente oltre i termini del 31 gennaio entro i quali la regione si doveva
esprimere. Tutto tace. Tutto è immobile – si legge ancora - Come se la questione non fosse di
interesse primario per un buon avvio del prossimo anno scolastico. Cosa pensare di questo ritardo?
Insipienza, indolenza, disinteresse, superficialità, negligenza. Purtroppo qualsiasi cosa pensiamo
sono pensieri negativi. Perché non è accettabile che si lascino migliaia di genitori nell’incertezza di
quale sarà la sede del prossimo anno scolastico dei propri figli, si lascino molte centinaia di
operatori del settore: professori, dirigenti, personale amministrativo, nell’incertezza di quale sarà la
loro sede di lavoro. Poi ci sono questioni più tecniche. Entro il 30 di marzo scadono i termini di
presentazione delle domande di trasferimento. La cosiddetta mobilità. Dove fare la domanda se non
si sa quali sono le sedi istituzionali che rimarranno nel territorio. Noi come sindacato Snals-Confsal
navighiamo a vista, quando ci vengono a chiedere in quali sedi fare le domande, non sappiamo dare
risposte perché non abbiamo riferimenti certi. Insomma una situazione insostenibile. Eppure il
piano è stato già fatto e deliberato dalla Provincia. La legge dà alle Province la competenza
territoriale per la determinazione del piano poi la Regione approva. E’ ovvio che la Regione può
fare delle modifiche ma non può stravolgere ciò che è stato deliberato in consessi assembleari dove
si sono riuniti i sindaci, i dirigenti scolastici e i dirigenti amministrativi dello Stato. La Regione
deve verificare la legittimità in base ai criteri che la Regione stessa ha stabilito e, cosa più
importante deve verificare che ci sia omogeneità fra tutte le province. Non deve e non può rimettere
in discussione il piano. Questo è quanto ci dice una recente delibera del Tar Molise. Allora, se le
cose stanno così, perché tutto questo ritardo. Perché non si procede con l’approvazione di quanto
già deliberato? Oppure si dica chiaro e tondo che il dimensionamento scolastico nel Molise non si
farà e che tutto è rinviato al prossimo anno. La scuola ha bisogno di chiarezza e di certezze,
certamente di non essere lasciata nel limbo delle indecisioni. Lasciamo queste domande in sospeso,
nella speranza che gli organi regionali istituzionali, ci diano delle risposte nel più breve tempo
possibile».
23 marzo 2012
PER MODIFICARE
MANCAVA SNALS
LO
STATUTO
DEI
LAVORATORI
L’aver militato da sindacalista Snals prima e Rsu dopo, nella sistema scolastico, non mi lascia
indifferente verso la modifica in corso da parte dell’attuale Governo dello Statuto dei lavoratori.
Agli inizi degli anni Settanta ho assistito ad un emblematico esempio di applicazione dell’art. 18,
quando al Tribunale di S. M. Capua Vetere lo Statuto dei lavoratori era meno conosciuto ed
applicato rispetto al triangolo industriale Milano-Torino-Genova. Sono trascorsi 42 anni di alterne
vicende sul problema della tutela normativa del lavoratore italiano. La Confindustria preme per
ridurre possibili intralci alla produzione e agli investimenti stranieri in Italia. Il Governo preme per
ridurre i contratti di lavoro a breve tempo e favorire quelli con più garanzie dei lavoratori. La
battagliera triplice sindacale si spacca con la Cgil che non concorda sull’art. 18 e il PD di Bersani
sembra in forte crisi esistenziale. Il Sindacato autonomo Confsal non è stato consultato dal Governo
Monti, mentre lo ha fatto “con i Sindacati di partito”, scrive il Segretario generale dello SnalsConfsal, M. P. Nigi sul n. 8 di Scuola-Snals, Quotidiano del Sindacato Nazionale Autonomo
Lavoratori Scuola aderente alla confsal, del 2 c. m., nel rilanciare ”l’operazione trasparenza”. Egli
precisa anche che è “evidente un fenomeno di ”dilatamento” dei dati che porta a circa 4 milioni in
più il n. degli iscritti sindacali su un n. dichiarato di oltre 20 milioni di iscritti. La Confsal ha
scoperto anche che risulterebbero 1,2 milioni di pensionati iscritti virtuali. Monti convoca sindacati
come l’UGL e non anche la Consal, molto più rappresentativa (il 12% nel pubblico impiego e oltre
il 20% nella scuola). Il nostro Sindacato Confsal ha inviato al Ministro del Lavoro, scrive Nigi,
alcune proposte chiave: far costare di più il lavoro a tempo determinato rispetto a quello
indeterminato, per incoraggiare le assunzioni; puntare sulla formazione per far rientrare nel mercato
gli over 50 che hanno perso un impiego; agire sulla leva fiscale per diminuire il costo del lavoro per
donne e giovani e istituire una banca del tempo che tenga conto di quel lavoro privato sociale che
svolgono le donne assistendo i bambini o gli anziani. Accelerare, inoltre, l’ingresso nel mondo del
lavoro tramite l’apprendistato, eliminando tutte quelle forme contrattuali come le partite Iva o le
collaborazioni a progetto che hanno danneggiato i giovani. Se l’art. 1 della nostra Carta
Costituzionale si riferisce al lavoro, la Legge n. 300 del 20 maggio 1970 è una delle leggi principali
del diritto del lavoro italiano. Essa venne definita Statuto dei lavoratori: “Norme sulla tutela della
libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro e
norme sul collocamento”. La sua introduzione provocò importanti e notevoli modifiche sia sul
piano delle condizioni di lavoro che su quello dei rapporti fra i datori di lavoro, i lavoratori e le loro
rappresentanze sindacali. Il testo dello Statuto dei lavoratori si divide in un titolo dedicato al
rispetto della dignità del lavoratore, in due titoli dedicati alla libertà ed all’attività sindacali, in un
titolo sul collocamento ed in uno sulle disposizioni transitorie. Lo Statuto sancisce, in primo luogo,
la libertà di opinione (art.1) del lavoratore, che non può quindi essere oggetto di trattamento
differenziato in dipendenza da sue opinioni politiche o religiose e che, per un successivo verso, non
può essere indagato per queste nemmeno in fase di selezione per l’assunzione. Questi passi trovano
una loro spiegazione di migliore evidenza segnalando che, nel secondo dopoguerra, si verificarono
numerosi casi di licenziamento di operai che conducevano attività politica o che, anche
indirettamente, si rivelavano militanti di forze politiche o sindacali non gradite alle aziende.
L’attività lavorativa, l’apporto operativo del lavoratore, è poi svincolata da alcune forme di
controllo che la norma giudica improprie e che portano lo Statuto a formulare specifici divieti quali,
ad esempio: divieto, per il datore di lavoro, di assegnare le Guardie Giurate al controllo dell’attività
lavorativa dei lavoratori (per l’art.2 tale figura può esercitare esclusivamente la vigilanza sul
patrimonio aziendale); divieto (art.4) d’uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per
finalità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori. Sindacato rosso, giallo e bianco erano e
restano, in parte, alcun opinioni sul ruolo delle Associazioni sindacali: rosse se di sinistra, gialle se
padronali, bianche se moderate dai cattolici. Con la riforma sindacale che ha introdotto le Rsu, il
Sindacato di fatto potrebbe essersi colorato di giallo in quanto il dipendente stipendiale (pubblico) o
salariale (privato) che viene eletto Rsu deve negoziare con la controparte: Dirigente pubblico
oppure Padrone dell’impresa privata. Se da una parte l’evoluzione del Sindacato che dalla centrale
sindacale-spesso troppo politicizzata- è migliorativa del sistema delle relazioni negoziali sul luogo
di lavoro dei servizi, della produzione industriale ed agricola, dall’altro rischia di annacquare la
volontà di riscatto dell’umile lavoratore verso le soverchianti possibili prepotenze del padrepadrone aziendale. Esiste tutta una letteratura sindacale, una cinematografia e una cronaca
quotidiana abbondante in questi 42 anni che è stato reso operativo lo Statuto dei lavoratori e il suo
famoso ar.18. Oggi, con l’abolizione dell’art. 18, essa subisce un forte impatto innovativo che
alcuni vedono evolutivo altri involutivo. La partita riformatrice del mercato del lavoro a firma
Monti-Fornero è chiusa per quanto riguarda le modifiche all’articolo 18 anche senza il consenso
della Cgil. Da subito dunque, e per tutti, saranno possibili licenziamenti individuali per ragioni
economiche e disciplinari. Dal 2017 poi partiranno i nuovi ammortizzatori sociali. “La modifica è
profonda perché tocca tutti quelli che sono i temi del lavoro. La discussione è stata lunga e tirata,
con conclusione che ritengo abbastanza soddisfacente. C’è un ampio consenso all’impostazione
data”, ha commentato stamane Venturi. “Con questa riforma ci sono meno vincoli (ai
licenziamenti), le imprese sono più propense in quel caso ad assumere, tenendo conto che l’articolo
18 è l’estrema ratio per tutti gli imprenditori”. Sebbene Monti abbia detto che sull’articolo 18 “la
questione è chiusa”, il capo di Rete Imprese si mostra ottimista sulla possibilità di introdurre ancora
qualche ritocco anche sui licenziamenti per motivi disciplinari, il punto sul quale è scattato il no
della Cgil. Se andiamo al clima economico-sociale e politico degli anni Sessanta, si ricordano le
trasformazioni sociali dell’Italia che da agricola diviene industriale col boom economico e gli
esperimenti governativi di centrosinistra che si tradussero in un notevole impegno riformista
soprattutto ad opera del PSI, il principale partito interessato a quella formula politica anche per
mietere voti nel PCI meno riformista in senso capitalista. Nel 1963 ci fu il primo Governo Moro di
“centrosinistra organico”, nell’anno in cui si emanarono norme per la tutela delle donne
lavoratrici(fu consentito l’accesso delle donne agli uffici e alle professioni e fu vietato il
licenziamento a causa del matrimonio). Nel 1965 e 1966 si emanarono leggi, tutte promosse dal PSI,
per il Testo unico delle norme in materia di infortuni e malattie professionali, e si introdusse le
pensioni d’anzianità e la pensione sociale e si regolava la materia dei licenziamenti, vi era ancora
da registrare normativamente la posizione guadagnata dai sindacati e la nuova figura di lavoratore.
G. Brodolini, fu ministro del lavoro e della previdenza sociale, sindacalista, socialista e legò il suo
nome sia alla cosiddetta “riforma delle pensioni” del 1969, passate dal sistema “a capitalizzazione”
a quello “a ripartizione”, sia all’abolizione delle “gabbie salariali”. Brodolini volle una
commissione nazionale per una bozza di “Statuto dei diritti dei lavoratori”, presieduta da Gino
Giugni, anch’egli socialista e docente universitario. Ai governi del boom economico e del PSI ago
della bilancia sono succeduti il Governo di centrosinistra di Prodi e quello di centrodestra di
Berlusconi, i quali non hanno modificato lo Statuto dei lavoratori, mentre Monti ha osato. Nel 2000
si è svolto un referundum per abolire le garanzie previste dall’articolo 18 ai lavoratori delle aziende
con più di 15 dipendenti. Ha votato solo il 32,00% degli elettori (quindi non è stato raggiunto il
quorum), e il sì comunque non ha avuto la maggioranza dei voti validi (33,40%). Nel 2003 si è
svolto un referendum per estendere le garanzie previste dall’articolo 18 ai lavoratori delle aziende
con meno di 15 dipendenti. Ha votato solo il 25,50% degli elettori (quindi non è stato raggiunto il
quorum), e il sì ha avuto l’86,70% dei voti validi. Il punto chiave della riforma, l’art. 18, è che in
caso di licenziamenti disciplinari e solo nei casi più gravi sarà possibile il reintegro, altrimenti sarà
pagato un indennizzo, mentre in caso di licenziamenti per motivi economici è previsto solo
l’indennizzo, con un costo compreso tra 15 e 27 mesi. Saranno anche accelerati e resi più certi i
tempi della decisione del tribunale del lavoro. Le nuove norme si applicheranno a tutti i lavoratori,
non solo i neo assunti. Il ministro del Welfare, Elsa Fornero, ha detto che la scelta è tra una delega
tra quelle esistenti o un decreto ma che i tempi saranno fondamentali per rendere la riforma
sufficientemente credibile all’esterno e riconquistare la fiducia degli investitori. Una decisione
dovrebbe essere presa in settimana dopo l’incontro tra il presidente del Consiglio, e le parti sociali e
le consultazioni con il Capo dello Stato. I sindacati consultati si sono espressi a favore di questo
cambiamento dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori ad eccezione della Cgil con S. Camusso. La
Confsal ritiene utile la cassa integrazione e il sostegno al reddito per la disoccupazione, mentre non
ritiene necessario, invece, toccare l’art.18. La riforma degli ammortizzatori prevede che le imprese
paghino un contributo aggiuntivo dell’1,4% sui contratti a termine che servirà a disincentivare l’uso
di questa forma contrattuale rispetto a quella a tempo indeterminato e che sarà utilizzata per
finanziare l’indennità di disoccupazione. Le gabbie salariali non sono più in esame? Se ne discuterà
tra 42 anni? Chissà il futuro lavorativo come sarà per i moltissimi nostri giovani disoccupati ed
anche laureati, soprattutto nel Mezzogiorno? Siamo dinanzi ad una “fuga di cervelli” che
rappresenta un ennesimo impoverimento dell’Italia e del Mezzogiorno in modo speciale. I
lavoratori campani intorno ai 50-60 anni preoccupati di perdere il poto di lavoro, minacciano di
arruolarsi nelle file di note organizzazioni malavitose in una Regione, dove la Caritas locale, in un
dossier sulle povertà 2010, scrive: ”Fuggire da una regione ricca di storia, arte cultura,
professionalità e risorse naturali non può essere l’unica strada a disposizione dei campani per un
futuro migliore!”. Il secondo semestre del 2012 viene indicato come periodo di ripresa mondiale,
“io speriamo che me la cavo” scrisse di un alunno campano il fu Maestro.
Le linee guida della Riforma
professionale in Campania
dell'Istruzione
e
Formazione
Si è concluso oggi, con la definizione delle linee guida di riforma del nuovo sistema regionale
dell’istruzione e della formazione professionale, il confronto sviluppatosi in questi mesi sulle
proposte presentate dagli assessori regionali all’Istruzione Caterina Miraglia e alla Formazione
Severino Nappi a Ufficio Scolastico Regionale, Confindustria, Confcommercio, CGL, CISL, UIL,
UGL, CONFAPI, SNALS, GILDA, COBAS e ANP.
I principali punti della riforma, che sarà ora sottoposta all’approvazione della Giunta regionale,
sono i seguenti:
- integrazione tra mondo del lavoro, istruzione e formazione professionale attraverso la definizione
di percorsi formativi che consentano, già al terzo anno degli istituti professionali, di acquisire, per
la prima volta, una qualifica professionale immediatamente spendibile sul mercato del lavoro e
riconosciuta a livello europeo;
- istituzione del repertorio regionale delle figure professionali e conseguente individuazione dei
fabbisogni occupazionali richiesti dalmercato del lavoro locale attraverso percorsi di monitoraggio
e confronto tra scuola, parti sociali ed imprese, coordinati dalla Regione;
- programmazione regionale dell’offerta formativa;
- revisione del sistema di accreditamento degli Enti di formazione nella direzione di premiare i
risultati dei percorsi formativi che garantiscono l’effettiva occupazione;
- definizione dei requisiti e delle caratteristiche dei percorsi di IeFP e delle procedure di
riconoscimento dei crediti sul libretto formativo del cittadino;
- attivazione di un sistema di monitoraggio continuo e valutazione dei risultati ottenuti.
I conseguenti provvedimenti di esecuzione delle linee guida verranno attuati nell’ambito di un
percorso che sarà condiviso con le parti sociali.
L’approvazione in Campania delle linee guida di riforma del sistema regionale di istruzione e
formazione professionale avviene a distanza di pochi giorni soltanto dall’istituzione del repertorio
nazionale delle qualifiche professionali.
"I percorsi di istruzione e formazione professionale - ha sottolineato l'assessore Miraglia - andranno
ad ampliare l'offerta formativa delle scuole della Regione Campania. Con gli IeFP i nostri ragazzi
avranno la possibilità di scegliere un percorso formativo che, dopo tre anni, gli permetta un
inserimento qualificato nel mondo del lavoro, il tutto senza precludergli la possibilità di proseguire
gli studi", ha aggiunto l'assessore.
"Anche sul versante dell’asse Istruzione-Formazione-Lavoro - ha dichiarato l'assessore Nappi cominciamo a recuperare il ritardo accumulato in questi anni. L'obiettivo resta quello di dare
finalmente vita ad un sistema nel quale la formazione crei vera occupazione. Con l’avvio della
riforma, anche la Campania potrà finalmente accedere alle risorse nazionali che sostengono
l’istruzione e la formazione professionale", ha concluso Nappi.
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