Uni3triestenews -- Anno II - aprile 2016
SALVATECI !
“Salvateci!”, è il grido di dolore
che si è levato dagli schermi
televisivi di tutto il mondo, con il
volto e la voce strozzata dal
pianto di Vian Dakhil, unica donna
membro del Parlamento Iraqeno
Vian Dakhil
che, disperatamente lo ha lanciato ai “potenti” del pianeta. Vian Dakhil fa parte di un piccolo popolo di etnia curda e religione propria, che conta non
più di 300.000 anime, che vive nel Kurdistan Iraqeno, in Siria
ed in Turchia e che oggi, con l’avvento dello Stato Islamico,
rischia l’estinzione.
Gli yazidi si distinguono dagli altri curdi per la religione che
professano, le cui radici primordiali risalgono a più di 4000
anni fa. È una religione monoteistica, profondamente esoterica, con forte connotazione sincretica, dove confluiscono
tradizioni ebraiche, cristiane e musulmane. Dai musulmani,
in particolare, sono ritenuti eretici, adoratori di idoli. Infatti
il nome “Yazidi” deriverebbe dal persiano “ized”, che significa “angelo”, appunto “l’Angelo Pavone” che dall’Islam
radicale viene accomunato a Satana. Secondo la tradizione
yazida invece, l’Angelo Pavone, dopo aver rinnegato Dio,
viene perdonato e da allora ha ripreso il suo posto come
custode del mondo. Nelle ritualità dello yazidismo sono
previste le abluzioni sacre, il battesimo, la circoncisione, il
digiuno, l’interpretazione dei sogni, il pellegrinaggio e la
trasmigrazione delle anime.
La loro diffidenza verso il mondo esterno si giustifica nella
struttura stessa della società alla quale si appartiene solo
per discendenza e nella quale non sono ammessi né
matrimoni interconfessionali né conversioni. Le famiglie
yazide si dividono in religiose-sacerdotali, preposte alle
attività liturgiche e laiche, tenute, quest’ultime, al manteni-
mento delle prime. Tra le due “classi” sono proibiti i
matrimoni, pena, per i trasgressori, l’espulsione dalla
comunità.
Con l’irrompere nello scacchiere medio-orientale dei jihadisti dello Stato Islamico e con la radicalizzazione dell’Islam
sunnita, più intransigente, nei confronti degli Yazidi è iniziata una feroce e spietata persecuzione. Oggi registriamo,
per la settantaquattresima volta nella loro storia, ad un autentico genocidio, con violenze di ogni tipo, di cui ogni giorno parlano le cronache. Stiamo assistendo ad una fuga di
massa verso le caverne del Gabor Singar, una catena montuosa ad ovest di Mosul, verso la Siria, la Turchia e verso le
popolazioni di etnia curda, anche se da queste non proprio
accolti con troppo entusiasmo.
Quello che preoccupa dell’IS è la capacità di innescare un
meccanismo latente che si accende appena gli equilibri di
convivenza tra le popolazioni a loro sottomesse si alterano.
Nello specifico, l’IS si è inserito rapidamente tra le spaccature socio-economiche e religiose dei vari gruppi, tra
Baghdad e la periferia, all’interno della stessa nazione curda
e nella galassia tribale delle popolazioni locali, favorito
anche dall’evanescenza dei confini di stato.
Le persecuzioni e gli eccidi in atto hanno effetti devastanti
nell’immediato ma anche in prospettiva. La comunità yazida
stava attraversando un periodo di rinnovamento che
prevedeva riforme soprattutto in ordine alla rigida divisione
in gruppi e relativi schemi matrimoniali, aprendo nuove
prospettive alle future generazioni. Oggi gli yazidi rischiano
l’esclusione dal resto del contesto curdo, condannandosi ad
una ulteriore frammentazione e ad una dolorosa ennesima
diaspora. Ecco giustificate le lacrime di Vian Dakhil.
Mario Grillandini
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L’Angelo Pavone
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UN 8 MARZO BELLISSIMO
Un 8 marzo bellissimo
E’ quanto hanno commentato a caldo molti degli amici
dell’uni3trieste che hanno letteralmente gremito il Teatro
Miela, quasi tre ore di spettacolo in versi, musica e prosa: i
Mestieri femminili nella Trieste di ieri nell’analisi di Livia
Zanmarchi de Savorgnani; le Maldobrie di Gualtiero Giorgini
e Marzia Postogna; le Canzoni dell’amore proposte da Marzia Postogna e Edoardo Contizanetti; il Messaggio universale della musica proposto dal Collegio del Mondo Unito
di Duino, nell’interpretazione delle allieve del maestro Stefano Sacher e del Duo a quattro mani.
Il presidente Lino Schepis ha fatto gli onori di casa,
ringraziando il pubblico in sala, gli artisti sul palco e le
autorità, in primis la presidente Maria Teresa Poropat,
che ha portato il saluto dell’Amministrazione Provinciale
Le fotografie sono di Rita Seixas
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8 MARZO: DAL SALUTO INTRODUTTIVO
DEL PRESIDENTE LINO SCHEPIS
… Forse non tutti sanno che la giornata internazionale
della donna si celebra nel mondo occidentale da oltre
100 anni: le prime manifestazioni celebrative si sono
svolte il 3 maggio 1908 a Chicago, data del primo
“Woman’s Day”, in un clima più cruento che giocoso,
volto a mettere in evidenza le condizioni di palese
inferiorità nelle quali vivevano le donne, oggetto di
discriminazione sessuale, lavorativa, sociale, nel diritto
al voto.
In Italia le prime manifestazioni si svolsero solo nel
primo dopoguerra, il 12 marzo 1922, anche qui in un
clima non esattamente pacifico, e furono poi riprese con
forza negli anni ‘70 dal movimento femminista.
Certo, in questi ultimi decenni molto è cambiato, su più
fronti: nel lavoro, nella società, in politica, nello sport.
Sono stati compiuti passi significativi lungo la via
dell’uguaglianza tra i sessi, anche se il cammino non
può dirsi ancora concluso.
Purtroppo, non altrettanti progressi si sono registrati
sotto il profilo del rispetto fisico e morale delle donne,
del loro diritto di tutela dell’integrità psicofisica: a
leggere la cronaca quotidiana, più che progressi dobbiamo riconoscere che sono stati compiuti, non senza
colpe, pesanti passi all’indietro. Questo non può essere
tollerato in un mondo civile.
Ugualmente, non possiamo ignorare che in alcuni paesi
del mondo la condizione femminile sia ancora soggetta
a vessazioni inaudite, a soprusi, a mutilazioni, a
violenze di ogni genere.
Celebrare la Giornata Internazionale della Donna vuole quindi dire celebrare e condividere i progressi com-
piuti lungo la complessa strada dell’uguaglianza, ma
anche ricordare a ciascuno di noi quanto ancora
occorra fare per divenire una società davvero civile,
soprattutto laddove le ingiustizie e le disuguaglianze
sono più marcate.
Da oltre un decennio UNI3 ha scelto di festeggiare le
proprie donne in un clima gioioso e con una manifestazione leggera, divertente, serena, che riproduce
quello che è oggi il clima abituale nella nostra realtà.
Come tutti vedono, in UNI3 le donne sono più che una
larga maggioranza, rappresentando quasi l’80% dei
nostri 1753 iscritti. Esse costituiscono, nei vari ambiti,
dei corsisti, degli assistenti, dei docenti, una presenza
davvero essenziale, e non solo per il numero, ma anche per l’intraprendenza, per la dinamicità, l’impegno,
la voglia di mettersi in gioco.
All’ingresso voi signore avete ricevuto un piccolo
omaggio floreale, il rituale mazzetto di mimose; le
prime mimose distribuite in Italia, negli anni ’50, non
erano proprio segnali di pace, ma vere e proprie,
giuste e vivaci, rivendicazioni di veri diritti, vivaci al
punto di apparire, ai tutori dell’ordine dell’epoca, dei
veri e propri “atti volti a turbare l’ordine pubblico”.
Fortunatamente quei tempi e quelle visioni sono definitivamente passati, e l’offerta delle mimose sottolinea oggi soprattutto valori positivi, in particolare le
caratteristiche e le virtu’ femminili, il ruolo, da sempre fondamentale e riconosciuto, della donna in famiglia, ma anche quello, crescente, nella società, in ogni
suo aspetto.
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NUOVE TECNOLOGIE: COME PROSEGUIAMO?
Nei primi giorni di marzo ho concluso i due corsi tenuti a Muggia.
Il primo lo ho impostato sulla costruzione di presentazioni,
soprattutto di materiale fotografico.
Nel secondo ho organizzato una panoramica sulla rete:
navigatore, motore di ricerca, uso della posta elettronica, ecc.
Ho anche iniziato a parlare dei dispositivi mobili, i cosiddetti
telefonini, soffermandomi soprattutto sulle analogie e sulle
differenze tra pc e smartphone e tablet.
Dopo sette anni di lavoro a Muggia credo sia diminuita la necessitò di attivare corsi di prima alfabetizzazione informatica, corsi
nei quali si partiva dall’accensione corretta del pc. Il lavoro però
non è concluso, perché è necessario consolidare le conoscenze
e le competenze sulle nuove tecnologie.
Penso che alle persone che ho incontrato in questi anni interessi
meno lo studio approfondito di singoli programmi applicativi,
interessa invece una conoscenza diffusa, anche se non necessariamente estesa, di una serie di applicazioni (elaboratore di
testo, di immagini, presentazioni, ecc.) che permettano la
costruzione di prodotti finiti, il loro salvataggio e il loro facile
recupero.
Ho sempre tentato poi di far passare il concetto secondo cui
quando lavoro con le nuove tecnologie, dopo aver acquisito un
minimo bagaglio di conoscenze di base (devo ad esempio
sapere sempre dove e come salvo un determinato file: salva e
salva con nome per intenderci), approfondisco solamente ciò
che mi interessa e mi serve.
Credo poi che chi frequenta i nostri corsi debba poter essere in
grado di lavorare autonomamente sul suo dispositivo personale. Allora incoraggio l’uso del computer personale durante
lo svolgimento del corso.
Sorge però immediatamente una difficoltà: la presenza nei
vari dispositivi personali di differenti versioni di software, sia
come sistemi operativi che come applicativi. Tutto ciò ovviamente rallenta il lavoro collettivo, perché è necessario intervenire quasi su ogni dispositivo. Credo però che questo modo
di procedere sia l’unico in grado di far acquisire quelle
conoscenze e competenze necessarie anche a persone della
terza età.
Quali progetti per il futuro, anche alla luce della decisione
assunta dal Consiglio Direttivo della nostra UNI3 di favorire al
massimo l’acquisizione di competenze informatiche diffuse da
parte di docenti, assistenti e allievi che la frequentano?
Organizzerò un corso di una ventina di ore riservato a persone
già in possesso di competenze adeguate, un corso di secondo
livello quindi, con l’obiettivo di costruire un prodotto finito: il
riordino e la sistemazione del proprio archivio familiare, una
storia familiare, un album fotografico, un diario personale,
una raccolta di poesie od altro. Durante lo svolgimento del
corso si potranno approfondire e consolidare le conoscenze e
le competenze necessarie.
Per quanto riguarda l’utilizzo della rete, penso si possano
organizzare degli interventi, anche di breve durata, nei quali
si trattano temi specifici e circoscritti: uso del browser, uso del
motore di ricerca, uso della posta elettronica, scarico di
materiale dal web, ecc.
Il tutto per rendere i nostri corsisti autonomi e capaci di
effettuare quelle operazioni che, volenti o nolenti, oggi possiamo compiere esclusivamente nella rete.
Nulla ovviamente vieta l'organizzare corsi di prima alfabetizzazione o anche corsi più evoluti e specifici.
Bruno Pizzamei
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AH, SÌ, UMBERTO ECO
“Quale studioso ha esplorato per primo la relazione tra media
ed architettura in Italia?” La risposta è lì, sulla punta della
lingua dell’affranta studentessa, magari un aiutino … “Non è
un architetto, è un semiologo e massmediologo di fama
internazionale. Anzi, lo era, ci ha lasciato pochi giorni fa”. Lo
sguardo resta vacuo. “Umberto Eco già nel 1968 ha affermato
che l’architettura è una forma di comunicazione di massa, sia a
livello persuasivo che informativo”. “Ah, sì, Umberto Eco, ho
saputo della sua morte. Era quello del Nome della rosa, il film,
beh, sì, il romanzo”. In effetti, anche come romanziere Eco era
di fama internazionale, alcuni suoi romanzi sono assoluti
bestseller. Incidentalmente, per Eco il concetto di bestseller è
mobile: in Francia vale trecentomila copie vendute, in Germania
un milione, in Inghilterra poche decine di migliaia (gli inglesi
leggono nelle biblioteche pubbliche), gli italiani precedono il
Ghana quanto a percentuale di lettori e comunque è più facile
trovare nelle nostre case Il nome della rosa e Il pendolo di
Foucault che Diario minimo o Apocalittici e integrati.
Alla domanda se ha letto Il nome della rosa o qualcos’altro di
Eco, una incerta risposta: “No, però so che parla di un monaco
che ai tempi dell’Inquisizione si perde nella ricerca di un libro
in un mare di libri, che poi finiscono in un rogo. Ho visto il film,
glielo racconto?”. Il romanzo o il film? Ma farebbe poi
differenza? Bompiani nel 2009 ha pubblicato un saggio, Non
sperate di liberarvi dei libri, contenente una serie di conversazioni tra Eco e Jean Claude Carriere, sceneggiatore e
uomo di teatro e saggista; quest’ultimo racconta tra l’altro di
un confronto con il regista Louis Malle sul film Il Gattopardo
di Visconti: dialogo serrato, pubblico attento, poi Carriere
chiede a Malle se ha visto il film. “Io no” risponde il regista
“e tu?” “Nemmeno io” risponde lo sceneggiatore, tra l’indignazione dei presenti. Al che Eco ricordò un collega, commissario in un concorso nazionale universitario, che aveva
raccontato di essere sommerso da pubblicazioni dei
candidati che non avrebbe letto: “non voglio farmi
influenzare da persone che devo poi giudicare”.
E chi sono io per giudicare? “Signorina, mi parli della Neo
Tv”: quante volte avrò rivolto questa domanda in sede di
esame? La domanda è facile, di quelle fatte apposta per
mettere a proprio agio gli studenti di comunicazione. O
almeno dovrebbe, perché dopo l’iniziale decisa affermazione “è il concetto avanzato negli anni Ottanta da
Umberto Eco” inizia una navigazione a vista tra telecomando e teleschermo, tra non trasparenza dell’informazione e fiction, tra neo-villaggio televisivo locale e
miscela di ritmi e tempi televisivi d’ogni dove. “Tra i primi
scritti di Eco ho citato a lezione la Fenomenologia di Mike
Bongiorno, ricorda? Il caso più vistoso di riduzione - ipse
dixit- del superman all’everyman”. Niente da fare, il Mike
nazionale fa parte di un’altra era, la studentessa tenta
qualche divagazione sulla Paleo Tv, a mo’ di ancora di
salvezza, concetto peraltro non di Eco ma che, insomma,
potrebbe suggerire l’idea che della materia c’è sufficiente
padronanza, coppie di opposti che si integrano e si
disvelano, Paleo Tv e Neo Tv, bianco e nero, yin e yang,
hello e goodbye. Appunto, goodbye, ci vediamo al prossimo
appello.
Eugenio Ambrosi
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CIÒ CHE NON CAPIMMO
Il 2 febbraio, in prossimità della Giornata della Memoria,
l’Università della Terza Età di Trieste mi ha dato la possibilità
di presentare un mio testo teatrale a leggio, recitato da due
bravi attori, Michela Cembran e Sergio Jannitti. Un pubblico
numeroso l’ha apprezzato anche per merito della successiva
esibizione del Coro dell’Università stessa.
“Ciò che non capimmo” è nato dal convergere di due miei
interessi. Quello per la fotografia nel suo ampio rapporto con
la cultura (argomento del mio corso attuale all’Università della
Terza Età), quello per la Storia, essendo stato un insegnante di
Lettere nella Scuola superiore. Mi è servito anche da stimolo il
lavoro di ricerca che un gruppo di insegnanti e colleghi (Franco
Cecotti, Silvia Zetto, Bruno Pizzamei) sta facendo da anni sulla
raccolta e analisi di fotografie, come fonti utili a ricostruire il
panorama storico della contemporaneità.
Il mio testo ha una base di vicende e persone reali che ho
potuto conoscere leggendo due libri:
 Wilhelm Brasse, Photographer, 3444, Auschwitz (19401945), Sussex Academic Press
 2012 Luca Crippa - Maurizio Onnis, Il fotografo di
Auschwitz, Piemme, 2013.
Il mio scopo era di presentare un particolare episodio della
prigionia di Wilhelm Brasse, internato polacco addetto al
Laboratorio fotografico di Auschwitz e autore di migliaia di
foto segnaletiche dei prigionieri. Mi riferisco all’insolita
fotografia che lui fece a un’Ausiliaria SS del Lager subito dopo
misteriosamente morta suicida.
In primo luogo intendevo trovare una motivazione a questo
suicidio che mi permettesse di “inventare” letterariamente una storia tra i due personaggi.
In secondo luogo volevo contestualizzare storicamente la
vicenda, evidenziando anche la particolare prospettiva che
le derivava dalla centralità delle componenti fotografiche.
È chiaro che sia il fatto dei due personaggi che dialogano
come fantasmi dopo più di mezzo secolo dagli avvenimenti
del Lager, sia l’ipotesi del suicidio dell’Ausiliaria come una
protesta “femminista”, appartengono solo all’invenzione e
hanno nulli o scarsi legami con la realtà vera.
Ho dovuto superare scrupoli morali per questa “contaminazione” tra storia e invenzione, tanto più in rapporto a
eventi storici così complessi e delicati come lo sterminio
dei lager nazisti. Inoltre mi sono posto il problema di
quanto e di come la fotografia possa essere una fonte
idonea alla ricostruzione storica. Ma alla fine ho ritenuto
che il mio testo teatrale, proprio per questa fusione di vero
e verosimile e per la sua originale prospettiva fotografica,
poteva acquistare valore sia sul piano umano e civile, che
su quello delle sue componenti storico/memoriali.
Al di là di questi specifici aspetti, io credo che, tra le tante
attività promosse dalla Terza Età, il teatro possa rivestire
un ruolo importante, tanto come attività didattica quanto
come pratica dei corsisti. Lo dico senza essere un esperto
e nemmeno uno scrittore di teatro, soprattutto pensando
al potere del teatro di rappresentare, di “agire” mimeticamente la vita umana.
Fabrizio Stefanini
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ONDE GRAVITAZIONALI DALLO SPAZIO
PROFONDO
Nel 1915 Albert Einstein formulò la teoria della Relatività
Generale: la gravità non si esercita per mezzo di forze tra corpi
che si attraggono, come nella teoria di Newton, ma deriva dalla
deformazione dello spazio-tempo che ogni corpo determina
localmente. Se la massa è piccola, lo è anche la deformazione,
una “cunetta” nello spazio-tempo; ma se la massa è grande e
concentrata in una piccola regione, come nel caso di un buco
nero, si crea un vero e proprio “imbuto”. Se un corpo di massa
minore ha una traiettoria che lo porta in prossimità di un corpo
di massa maggiore, la sua traiettoria segue la deformazione
dello spazio-tempo prodotta da quest’ultimo e si avvicina ad
esso o, addirittura, penetra nell’”imbuto” di un buco nero.
Anche la luce, costituita da fotoni che non hanno massa, vede
la propria traiettoria modificata in prossimità di grandi masse,
perché deve seguire la curvatura dello spazio-tempo. Anche il
tempo subisce una modificazione ed appare rallentato in
prossimità di una grande massa ad un osservatore distante.
La gravità è quindi un effetto geometrico che deforma lo
spazio e modifica il tempo. Einstein previde che eventi molto
energetici nell’Universo primordiale avrebbero potuto dare
origine ad “onde gravitazionali”, increspature che si
propagano nello spazio-tempo come le onde concentriche in
uno stagno dopo aver lanciato un sasso. Lo scienziato stimò
che tali onde non sarebbero state osservabili, perché di
ampiezza troppo piccola per qualsiasi strumento dell’epoca,
ma la tecnologia di oggi ha permesso di rilevare le onde
gravitazionali, fornendo così un’ulteriore conferma della
validità della teoria di Einstein.
La scoperta è stata svelata con la pubblicazione su Physical
Figura 1 Simulazione della fusione di due buchi neri a formarne
un terzo. [Crediti: SXS]
Review Letters l’11 febbraio 2016 da parte del team di ricercatori americani che hanno curato le osservazioni e l’interpretazione dei risultati. Lo strumento utilizzato è denominato
LIGO (Laser Interferometer Gravitational-Wave Observatory)
ed è costituito da un interferometro a luce laser che si estende
lungo due braccia di 4 km a formare una elle. Lo strumento è
così raffinato da poter misurare una variazione nella
lunghezza del percorso della luce laser pari ad 1/10.000 delle
dimensioni di un protone. Questo ha consentito di rilevare il
passaggio di onde gravitazionali, piccolissime fluttuazioni
oscillatorie dello spazio-tempo, che hanno determinato una
corrispondente variazione della lunghezza del percorso della
luce in LIGO, che deve seguire queste piccolissime deformazioni geometriche dello spazio-tempo locale.
È un risultato eccezionale, se si considera l’enorme precisione
richiesta dalla misura. Le onde gravitazionali osservate da
LIGO sono state prodotte dalla fusione di due buchi neri a
formarne uno solo più massiccio (Figura 1), mentre l’equivalente in energia di una parte della massa complessiva
(E=mc2) veniva emessa sotto forma di onde gravitazionali
(Figura 2). Il fenomeno è avvenuto a 1,3 miliardi di anni-luce
di distanza da noi e quindi noi osserviamo ora quanto accaduto 1,3 miliardi di anni fa, il tempo impiegato dalla luce e
dalle onde gravitazionali a percorrere questa enorme distanza. Questa tecnica di rilevazione apre nuovi orizzonti all’osservazione dell’Universo, di cui potremo ora ricevere i segnali gravitazionali dei fenomeni più energetici, più distanti nello
spazio e più antichi nel tempo, avvicinandoci alle fasi dell’Universo primordiale, che comprenderemo sempre meglio.
Mauro Messerotti
Figura 2 Simulazione dello spazio-tempo in prossimità di due
buchi neri che si stanno fondendo insieme. Il colore rappresenta la
velocità con cui scorre il tempo vicino ai buchi neri: verde-normale;
giallo-rallentato del 20-30%; rosso-estremamente rallentato. In
basso, il profilo dell’onda gravitazionale generata. [Crediti: SXS]
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FAMILIARITÀ, SIMPATIA, COMPLICITÀ:
AD AURISINA SONO DI CASA.
È un gran bel pubblico, quello che i docenti si trovano
davanti nella sede di Duino Aurisina.
Formato da persone attente, interessate, curiose, attive,
pronte a far domande pertinenti e precise.
Per me, che già alcune volte ho avuto l’onore e il piacere di
trovarmi “dall’altra parte della cattedra” è sempre stato
uno stimolo incontrarmi con gli iscritti della sezione carsica
dell’uni3.
La prima volta ci sono arrivato dopo le esperienze fatte
nella sede centrale e in quella di Muggia. In entrambe
avevo trovato attenzione, partecipazione, una bella accoglienza nei miei confronti, oltre che naturalmente una certa
curiosità “chissà cossa che ne conta sto sior”. In Carso ho
trovato un’atmosfera diversa. A Trieste e a Muggia ero a
scuola, ad Aurisina mi sono sentito a casa.
Chissà, forse la composizione del comune, fatto di piccoli
borghi dove tutti conoscono tutti ed è più facile trovare
volti noti nell’aula alla Casa della pietra (anche ti qua?),
forse, anzi sicuro, il meritorio lavoro fatto da chi ha diretto
e dirige la sede per farla conoscere ed apprezzare sempre
di più sul territorio, forse il fatto di abitare in Carso anch'io,
fatto sta che ho subito percepito un’atmosfera diversa,
quasi familiare.
A ciò contribuisce senz’altro anche la dimensione dell’aula, più piccola dell’Aula magna di via Corti e della Sala
Millo a Muggia, qui tutto è più raccolto, tu docente riesci a
percepire le sensazioni che prova ad ascoltarti anche chi
sta seduto in fondo perché riesci a guardare anche lui
negli occhi.
Ah, com’è appagante per il docente trovarsi davanti l’aula
piena!
Fa differenza avere le stesse venti persone ad Aurisina
rispetto a via Corti e a Muggia. Qui le venti persone si
perdono, lì ti riempiono la sala, anche se sempre venti
sono.
Ma poi ho capito, tutti questi fattori: aula più piccola,
tipicità dei borghi carsici, vedere bene in faccia tutti, erano
e sono solo aspetti esteriori. Sono la familiarità, la
simpatia, l’atmosfera quasi di complicità con la quale ti
accolgono a metterti subito a tuo agio.
Come dicevo, tutti conoscono tutti, nessuno viene in uni3
ad Aurisina da solo e sembra quasi che invitino anche te
a far parte della loro comunità. Non sei un estraneo
capitato lì quasi per caso, sei venuto sì per raccontare
qualcosa, ma sei là anche per sentire ciò che riguardo a
quel qualcosa li ha interessati, colpiti.
Ed è anche per questo, soprattutto per questo che l’autore
dell’articolo che state leggendo cerca sempre con piacere
nuovi argomenti da portare, nuove storie da raccontare al
gran bel pubblico degli iscritti della sezione di Duino
Aurisina dell’UNI3.
Furio Treu
uni3triestenews
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ESPERIENZE INFORMATICHE IN CLASSE
Anche quest'anno ho avuto il piacere di insegnare
informatica. Più che insegnare sarebbe giusto dire
"trasmettere le mie esperienze", ma forse è la stessa
cosa. Motivi di salute mi hanno sconsigliato di
affrontare un corso articolato e completo, simile a
quello del 2015, quando dovetti abbandonare, a
dispiacere, gli amici (tali sono per noi insegnanti gli
allievi) nel bel mezzo della realizzazione di una
pubblicazione a sfondo familiare.
Così quest'anno ho optato per lezioni monotematiche di
due ore ciascuna condotte in un'aula normale e non
necessariamente nel laboratorio informatico. La
possibilità è stata data dai nuovi computer in dotazione
all'Università e, soprattutto, dal fatto che ormai tutte le
aule dispongono del collegamento internet.
I temi delle prime lezioni sono stati un po' i soliti (posta
elettronica, internet, due conferenze su fotografia digitale e fotoritocco), ma ho voluto aggiungerne di nuovi
anche in considerazione del fatto che ormai le conoscenze informatiche della popolazione scolastica stanno
aumentando, e questo forse perché si stanno cominciando a presentare in aula delle persone che hanno già
le basi, in quanto hanno avuto occasione di lavorare e
interagire con il computer. Ho aggiunto una lezione sul
Desktop Publishing, ovvero sulla tecnica per realizzare
volantini, piccole pubblicazioni e altri oggetti grafici
utilizzando appositi programmi specifici. Una lezione
interessante è stata anche quella dedicata a Skype, il
noto programma che permette di effettuare videotelefonate gratuite, e non solo: è possibile condividere
file in tempo reale e anche lo schermo del proprio
computer.
Abbiamo provato un collegamento con il professor
Pizzamei che gentilmente si è prestato e credo che in
Università questo sia stato il primo tentativo di una
videoconferenza. Tecnica che, potenzialmente, potrebbe permetterci di assistere a lezioni tenute da docenti
non necessariamente presenti fisicamente in aula.
Lunedì 29 febbraio abbiamo infine affrontato il
difficile tema della programmazione. Tra l'altro ho
effettuato un altro esperimento che ha ottenuto il
favore degli amici: la sera stessa delle lezioni ho
inviato loro il file con gli appunti, ovvero con quella
scaletta che sono solito prepararmi prima di aprire
bocca (la memoria non è più quella di un tempo
nemmeno per noi insegnanti e spesso mi sono accorto
che divagavo o dimenticavo qualche passaggio importante).
Naturalmente ho anche allegato le slides preparate
per la lezione e i link a siti web meritevoli di visita.
Prepararsi prima permette all'insegnante di scegliere
le immagini con maggior calma, di adattarle e
disporne durante la lezione anche nel malaugurato
caso di malfunzionamento della rete, mentre per
l'allievo diminuisce lo "stress da appunti".
A seguito del grosso "peso" di file da condividere non
potevo allegarli alla mail, e così fatto ricorso a Google
Drive.
Grazie a queste esperienze abbiamo provato ad aprire
le porte al Webinar, "nuova parola" della lingua inglese formata dalla contrazione fra "Web" e “Seminar",
insomma "insegnamento a distanza".
Giulio Salvador
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MONTAIGNE O L'ARTE DI VIVERE
Da 7 anni a questa parte (ho “saltato” soltanto lo scorso
anno accademico 2014/2015) tengo dei corsi brevi di
Filosofia presso questa Università della Terza Età.
Una disciplina - la Filosofia - che negli ultimi anni è
“tornata di moda” ed esercita un forte richiamo anche
sui “non addetti ai lavori” .......; si organizzano addirittura dei “festival di Filosofia”, con centinaia di
partecipanti......
Quest'anno il corso si svolgerà nel mese di aprile (tutti
i lunedì e i giovedì del mese delle ore 16.30 alle ore
17.20; si inizia il lunedì 4 aprile, complessivamente 7
incontri, perché si “salta” ovviamente il lunedì 25 aprile) e ha per titolo “Montaigne o l'arte di vivere”. Ho
desunto questo titolo da quello della traduzione italiana
(Fazi Editore, Roma 2011) di una recente splendida biografia-monografia su Montaigne scritta dalla studiosa
inglese Sarah Bakewell.
Benché scritti oltre 400 anni fa, nel tardo Cinquecento, i
Saggi di Michel de Montaigne sono sempre di straordinaria e perenne attualità e rimangono ancor oggi una
dalle letture più avvincenti e spiritualmente “nutrienti” che si possano fare, oltre ad essere uno dei massimi
capolavori della letteratura francese e mondiale di tutti
i tempi.
Fra l'altro Montaigne è di fatto l’inventore del genere
letterario della Saggistica, che tanta fortuna doveva
incontrare nei secoli successivi, fino al nostro, e il suo
pensiero è, per tanti aspetti, incredibilmente anticipatore del nostro "moderno" modo di pensare.
Vissuto in un'epoca particolarmente turbolenta, fra le
più agitate della storia europea -la Francia della
seconda metà del Cinquecento, dilaniata dalle guerre
di religione- Montaigne riuscì a ritagliarsi, nella bolgia
che lo circondava, un suo “cantuccio” privato dove
appartarsi, meditare e riflettere sulla condizione umana, con una saggezza che sfida i secoli e che rappresenta una grande e perenne lezione di vita e di umanità.
Per quanto concerne la struttura didattica del mio
“corso breve”, penso di procedere così: due incontri
introduttivi, che inquadrino la figura di Montaigne
sotto i profili biografico, storico, filosofico e letterario,
seguiti da cinque incontri di “letture dal vivo”, in aula
(letture ovviamente da me commentate) di brani scelti
di alcuni dei principali Saggi. Se vi saranno il tempo e
la possibilità materiale, cercherò di preparare delle
fotocopie da distribuire ai corsisti, in modo da agevolare la lettura in aula e migliorarne l'efficacia.
Arrivederci dunque al 4 aprile, chi lo vorrà....
Silvio Orel
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I SERVIZI TELEMATICI DELL’AGENZIA DELLE
ENTRATE
Sono sempre più numerosi i servizi che il cittadino può assolvere autonomamente in via telematica.
Certo, all’inizio adattarsi alle nuove tecnologie può comportare alcune difficoltà, ma una volta “presa la mano” è
innegabile la comodità di poter assolvere gran parte degli
adempimenti comodamente da casa propria, evitando le file
presso gli uffici.
L’Agenzia delle Entrate, già da alcuni anni, ha messo a disposizione del cittadino vari servizi fiscali che possono essere
assolti da casa propria in via telematica, alcuni dei quali sono
accessibili direttamente, per altri, disponibili su Fisconline, è
necessario munirsi di un PIN.
Cosa si può fare in rete anche senza il Pin?
 calcolare il bollo auto inserendo la targa, i kW o i Cv
 verificare la validità di un numero di partita Iva o di un
codice fiscale
 calcolare gli importi per la tassazione degli atti giudiziari
 prenotare un appuntamento con l’ufficio.
Questi alcuni dei principali, inoltre a disposizione del contribuente vi sono diverse informazioni contenute nella banca dati
catastale, tra cui la rendita catastale degli immobili e, per i
terreni, la superficie, la qualità, il reddito dominicale e quello
agrario.
Cosa si può fare con il codice Pin?
 accedere alla “dichiarazione 730 precompilata”, accettarla o modificarla e inviarla
 pagare imposte, tasse e contributi
 inviare la dichiarazione dei redditi e altri documenti
 registrare un contratto di locazione
 comunicare le coordinate del proprio conto (bancario o
postale) per l’accredito dei rimborsi
ricevere assistenza sulle comunicazioni di irregolarità e
cartelle di pagamento (Civis)
 accedere al proprio Cassetto fiscale e consultare le dichiarazioni fiscali presentate, i dati catastali dei propri immobili, i versamenti effettuati con i modelli F23 e F24, gli
atti registrati, i dati dei rimborsi e le comunicazioni delle
anomalie relative agli studi di settore.
Come si richiede il codice PIN per accedere ai servizi
dell’Agenzia su Fisconline?
La richiesta può essere fatta online direttamente dal sito

http://telematici.agenziaentrate.gov.it/Main/Registrati.jsp
dedicato ai servizi telematici, inserendo alcuni dati personali
relativi all’ultima dichiarazione dei redditi presentata. La
prima parte del codice Pin verrà visualizzata subito. La
password di accesso e la seconda parte del codice arriveranno in seguito per posta al domicilio dichiarato. A chi è
munito della Carta Nazionale dei Servizi (CNS), il sistema
fornirà direttamente il codice Pin completo e la password
iniziale.
Il codice di accesso può essere richiesto anche per telefono,
al numero 848.800.444 da rete fissa (al costo di una chiamata urbana) o 06.96668907 da cellulare (al costo previsto
dal piano tariffario applicato dal proprio gestore).
Chi preferisce recarsi in un Ufficio Territoriale dell’Agenzia
otterrà subito la prima parte del codice Pin, la password e le
istruzioni per prelevare la seconda parte del codice dal sito
internet. Se l’abilitazione viene richiesta tramite un delegato,
l’ufficio gli consegnerà la prima parte del codice Pin mentre
la seconda parte, insieme alla password, sarà inviata per
posta al domicilio dell’utente.
L’accesso e l’utilizzo dei servizi telematici dell’Agenzia delle
Entrate sono completamente gratuiti.
Barbara Scomersich
uni3triestenews
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IL BACIO
Il bacio di Klimt, dipinto risplendente d’oro,
in arte vale un gran tesoro,
ma i baci nella consueta vita,
son gemme di ricchezza infinita.
Il BACIO della mamma alla sua piccina
È un tocco d’amore, il profumo di un fiore.
Mamma la stringe al suo petto
E ancor di baci ne ricopre il visetto.
BACI quando si avvia alla scuola
La rassicuran e non si sente più sola.
Dall’ala materna un fugace volo,
timida ricerca in un mondo nuovo.
Giunta è l’età dell’ebbriante giovinezza,
il primo BACIO a chi batter le fa il cuore,
tenera esperienza, dolce effusione d’amore.
Gustav Klimt Il bacio.
UNA VOLTA TRIESTE
Torno a casa con l’autobus,
e i mii oci varda la città che sta cambiando.
Veci cafè, spaceti, boteghe che sparissi
Banche che nassi come funghi …….
Lampioni rossi in Borgo Teresian.
La de quel sburto, in quinto pian,
stava la mia maestra…..
La, in quel porton iera un caligher……..
Qua stava ….
La iera ……
Passado.
Xe passado tuto!
Che tristeza, Trieste!
Meno mal che a casa
me speta due pice mule gemele,
che ilumina la mia sera.
E la malinconia dei ricordi
Interno di una vecchia bottega.
se squaia, come neve,
al sol dele sue ridade.
Nelly Mauro è una delle primissime iscritte della sezione
di Muggia.
Silvia Della Pietra Lepore a Muggia scrive testi di canzoni
e poesie in dialetto.
BACI arditi, fusion di comune passione
unisce gli sposi nell’amore.
A chi parte un BACIO profondo, infinito,
cela il dolor di chi è afflitto,
lo invia ancor con la mano,
un ultimo addio a chi ormai è lontano.
Il BACIO della buona notte, tepida carezza,
dolce augurio di un sereno riposo,
uniti nel cupo oblio del sonno.
Il BACIO della figlia
sul volto della madre dal tempo provato,
solcato da rughe, rigato dal pianto,
è un immenso dono d’amore
che le stringe il cuore,
è un’affettuosa parola:
Nelly
MAMMA non sei sola!
LE DONE DEI PRANZI
Ogi ve trovo nel libro dei ricordi
“done dei pranzi” che a Muia e Trieste,
prima che fis’ciassi mezzogiorno
rivavi col panier sule teste
a portarghe gamele ancora calde
ai tanti operai canterini
che spetava minestra o calandraca
sentadi sule bite, o sui scalini.
Tre tecete impirade una su l’altra…
e le posade de lata messe a fianco….
Un tovaiol ingropado sora el tuto ……
Una fiascheta de nero, oppur de bianco…..
Col caldo, con la bora, con la piova,
con neve e gelo ieri sempre puntuali.
Ve iutavi fra voi e, pur ‘ssai stanche,
coi omini afamai ieri cordiali.
Un giorno i scriverà Done dei pranzi,
vecio lavor che no esisti più.
Le portapranzi verso il cantiere
Sparide, coi cantieri, i vaporeti,
e i tanti sogni dela gioventù.
Silva Della Pietra Lepore
uni3triestenews
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GENITORI
All'ombra del portico, osservo mio marito lavorare nell'orto, il
sudore gli cola sul viso, sul torso nudo, è proprio bello!
I ragazzi lo aiutano pasticciando con la terra, tra poco se la
tireranno addosso per finire, urlando come selvaggi, col bagnarsi
tutti con la pompa dell'acqua.
La vicina continua a spiare Franco, non si è ancora rassegnata, non
vorrei dovermela vedere con suo marito.
Carlos lo abbiamo adottato, è venuto al mondo in un contesto
terribile. Ci hanno avvisato subito che era un bambino problematico.
Da troppo tempo aspettavamo di poter adottare, così abbiamo
accettato la sfida.
Lo abbiamo coinvolto in tante attività all'aperto, sperando di
convogliare nello sport la sua aggressività.
Purtroppo essa si manifestava talvolta anche a scuola; in un particolare episodio, la provocazione subita da parte di un compagno,
lo aveva indotto a picchiarlo, pesantemente.
Tutti avevano incolpato noi del suo comportamento e Franco porta
ancora, in volto, i segni del pugno sferratogli dal padre di quel
bambino.
A quel punto, ci siamo resi conto che il nostro amore e le nostre
attenzioni non erano sufficienti ad aiutare Carlos, perciò ci siamo
rivolti ad uno psicologo. Ora sembra che il ragazzo stia trovando
un suo equilibrio.
Tamara è arrivata inaspettata. Si è presentata, un giorno, una
ragazza con una piccolina in braccio: “È la figlia di Franco, non
LETTERA AD UN AMICO
Ciao amico,
o farei meglio a dire ciao ex amico, visto
come ti sei comportato.
Ti scrivo per esprimerti tutta la mia
amarezza: come hai potuto sparire così da
un momento all'altro?
Non un segnale, non un preavviso né un
problema particolare, solamente, improvvisamente, il nulla.
Eppure ti avevo letteralmente aperto la porta di casa mia, tu sapeI due testi sono stati elaborati durante le attività del
Laboratorio di scrittura creativa – Esercizi per la mente
curato da Carla Carloni Mocavero.
me ne posso più occupare, l'affido a voi.”
Non riuscivo a crederci. Quando aveva conosciuto Franco quella
ragazza? Del resto non c'era bisogno di esame del DNA, la piccola era uguale a lui.
In questo pomeriggio, mentre guardo la mia famiglia giocare in
giardino, tutti belli, sani, allegri, mi sento ottimista anche se so
che, probabilmente già domani, è pronta una nuova battaglia e
tante ancora ne dovremo affrontare.
Abbiamo lasciato che i nostri figli ci chiamassero per nome, nel
modo che a loro veniva spontaneo: Franco e Enrico. Dopo il
primo smarrimento, abbiamo ricostruito l'accaduto: nei nostri
svariati tentativi di avere un figlio, anche Franco aveva donato
lo sperma.
Abbiamo accolto la bambina con tanto timore e, così piccola,
forse era troppo anche per noi.
Per fortuna, mia madre è una donna meravigliosa, ci ha sempre
sostenuti, protetti, e in questo frangente, il suo aiuto è stato
determinante.
Tamara oggi è la nostra gioia, l'unica che, malgrado la sua di
vivacità, riesce a contenere quella del fratello che la ama più di
tutti noi.
Eva Nardò
vi tutto di me, conoscevi i miei interessi, i miei gusti musicali,
i miei amici, gli appuntamenti, perfino il contenuto delle
lettere che scrivevo. Certo ci era voluto del tempo dopo il
nostro primo incontro per prendere confidenza, ma poi tra noi
si era instaurata una piacevole routine.
Quanti pomeriggi passati insieme tra lavoro e divertimento!
Ormai sei sparito da giorni e non è servito a niente nemmeno
chiedere l'aiuto di conoscenti e amici.
Hai tradito la mia fiducia e mi verrebbe da dirti che tra noi
tutto è finito, che non voglio più aver nulla a che fare con te,
ma so già che non sarà così, perché senza di te… amico computer, ormai non si può stare!
uni3triestenews
Loredana Debiasi
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RICORDO CHE NEL 1944 IO ABITAVO A SANTA
CROCE …
Abitavo vicino alla scuola elementare, che durante la guerra era il
comando degli ufficiali tedeschi. In strada, vicino a casa mia, i
tedeschi avevano costruito un abbeveratoio per cavalli. Un giorno
sono andato a giocare con la barchetta regalatami da un amico di
mio papà. Mentre giocavo ho spinto troppo velocemente e la barchetta ha colpito il muso del cavallo. Il cavallo si è spaventato ed
ha fatto un salto. Il militare che lo accompagnava, arrabbiatissimo, ha preso la mia barchetta, e l’ha gettata a terra, distruggendola. Piangendo, ne ho raccolto i resti e mi sono incamminato
verso casa. A quel punto mi viene incontro un ufficiale, mi prende
in braccio e, rivolgendosi verso il militare, lo sgrida. Poi mi porta
al suo comando e lì mi ha dato caramelle, cioccolato e biscotti. Poi,
accarezzandomi, mi ha dato un bacino.
Il giorno che bombardarono il porto nuovo e la città ero sul monte
BABCA (tra S. Croce e Aurisina) con mio cugino e un suo amico, più
grandi di me.
Vidi gli aerei che provenivano da Venezia sganciare le bombe,
Immagini da: S. Millo I peggiori anni della nostra vita
sentivo la terra che mi tremava sotto i piedi. Durante la
guerra quasi ogni giorno suonava la sirena per avvisare
l’arrivo di un piccolo aereo (lo chiamavano PIPPO) che
mitragliava sulla gente. Noi, quando sentivamo la sirena,
correvamo a ripararci in una grotta naturale che per fortuna
era vicino a casa mia.
Un giorno sono andato con mia zia in una botega (negozio
per alimentari). Vengono dentro i tedeschi con i fucili puntati
e ci fanno uscire. Poi ci obbligano a vedere la fucilazione di
due presunti partigiani appesi ai rami di un albero. Dopo lo
sparo chiesi a mia zia: “Zia, perché sono così rossi? “
Ogni giorno, ad ora di pranzo, andavo con la gavetta e i
bollini attaccati ad un libretto che mi staccavano per ogni
razione del rancio, quasi sempre la solita minestra de bisi
(minestra di piselli secchi). Un giorno, giocando con amici il
libretto mi è caduto nella minestra, mia madre ha gettato
tutto nell’immondizia e così, da quel giorno, niente più
minestra de BISI.
Mario Sulcic
Trieste sotto le bombe
Due serate con quattro conferenzieri: è questa la nuova proposta che uni3trieste lancia
a fine mese, ed il tema scelto per questa première è di indubbio interesse.
Venerdì 21 aprile alle ore 17.30 Dino Cafagna e Giorgio Grisilla parleranno
della vita a Trieste nel periodo dei bombardamenti (il primo), con un particolare
approfondimento su come funzionavano in quei giorni i trasporti in città (il secondo).
Venerdì 28 aprile, stessa ora, Maurizio Radacich e Dean Leonardelli ricorderanno
Trieste, via Tagliapietra
la vita dei triestini durante i bombardamenti alleati, nei rifugi antiaerei ma anche nelle
nelle vie della città sotto attacco.
Un’iniziativa che vuole ricostruire il quadro della vita in una città che viveva un periodo tragico e difficile di cui si sta
perdendo il ricordo; un’iniziativa che aiuti a non dimenticare la difficile arte del vivere e sopravvivere in guerra, anche da
civili, se possibile anche con qualche lieve tocco di beffarda ironia.
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Je suis Brux!
La prima volta che sono andato a Bruxelles, se ben ricordo, è stata nel febbraio 1999, per partecipare alla conferenza internazionale “Public relations and information
policy on cross-border cooperation” al Parlamento
Europeo, dove ho presentato il contributo “Comunication
without borders/comunicazione senza confini”, parlando
di quanto andavo facendo come dirigente del Servizio
rapporti esterni della Regione. Un’esperienza elettrizzante, in quel palazzo tutto vetro ed acciaio e bandiere
al vento. E con gli atti pubblicati a futura memoria,
incluso il mio contributo.
Da allora, nello svolgimento delle mie funzioni, sarò
stato a Bruxelles una cinquantina di volte, anche per l’intera settimana lavorativa quando l’Ufficio di rappresentanza regionale era sotto le mie dirette responsabilità, sino alla fine del 2006. Insomma, Brux era un
po’ il mio secondo ufficio.
È vero, sono passati dieci anni, ma rivedere in questi
giorni le note immagini dell’aereoporto di Zaventem,
della stazione metro di Maalbeck, di rue de la Loi, dei palazzi delle istituzioni comunitarie associate ad immagini
di sangue e distruzione mi ha riempito di tristezza. E non
solo all’idea che con altre scelte di vita avrei potuto esserci preso di mezzo anch’io; o al pensiero degli amici e
colleghi che ancora lavorano, vivono, hanno messo su
casa nella capitale belga. Ma al ricordo di ciò in cui credevo e per cui lavoravo, un ideale ingenuo (con il senno
del poi) in grado di suscitare passioni, creare con-
divisione, sviluppare una comune Casa europea al di
sopra di confini, lingue, etnie, religioni, economie.
Una Bruxelles in cui era possibile girare liberamente, a
qualsiasi ora del giorno e della notte, per mangiarsi un
waffle con lo sciroppo d’acero o bersi una birra blanche;
oggi invece … “dopo gli attentati di Parigi Bruxelles è
stata letteralmente militarizzata. E questo ci ha fatto
credere di essere in qualche modo “al sicuro”. Beh, ci
siamo completamente sbagliati...” mi scrive un collega
“ti confesso che siamo ancora profondamente scossi,
ma vogliamo credere che sia finalmente l'Europa a
rialzare la testa e a rispondere con una sola voce.
Perché, in fondo, ci crediamo ancora”.
“Era prevedibile” mi digita su facebook un’altra collega” ma lo stesso sembra impossibile che sia successo davvero. Stiamo tutti bene per fortuna, ma siamo
molto angosciati perché consapevoli che dobbiamo
imparare a convivere con questa nuova situazione.
Saremmo dovuti partire domani da Zaventem, Maalbeek è la nostra stazione del metro, vivere così non
sarà facile, soprattutto col pensiero dei bambini, ma
cerchiamo di non farci vincere dalla paura”.
Coraggio, non dobbiamo farci vincere dalla paura, e
spero di potervi rivedere presto a Bruxelles, in tempi
più normali. E speriamo che arrivino presto, questi
tempi.
Sulla scrivania occhieggia la cartolina Je suis Paris, Io
sono Parigi, a memoria della strage del gennaio 2015;
una foto sul giornale riporta Je suis Brux, Io sono
Bruxelles, marzo 2016; la mente prende il volo: chi sarò
io la prossima volta?
E. A.
uni3triestenews
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SI’, VIAGGIARE … CON UNI3TRIESTE
Presso la Segreteria sono aperte le iscrizioni ad alcuni viaggi particolarmente interessanti:
Cipro: il crocevia dei popoli: dall’11 al 15 maggio,
accompagnati dalla prof. M. T. Brugnoli, in pullman fino
a Venezia e quindi in aereo sino a Larnaca e da lì alla
scoperta di Limassol e della baia Akrotiri, di Nicosia,
capitale dell’isola e unica città europea ancora divisa
tra il settore greco e quello turco; di Famagosta e della
città fantasma di Varosha; di Salamina e di Paphos,
dove secondo la leggenda nacque Afrodite. Ed ovunque,
tracce dei popoli che nel tempo si sono impadroniti
dell’isola: greci ed egiziani, assiri e persiani, romani e
bizantini; e poi crociati, veneziani, ottomani, inglesi.
Quote da € 980,00.
Affrettarsi, ultimissimi giorni!
Salonicco: dal 19 al 22 maggio, viaggio accompagnato dal prof. M. R. Formentin a conclusione del Corso di Storia bizantina. Un’immersione nella Grecia più
genuina, al di fuori delle solite rotte turistiche: dalla
passeggiata alla scoperta delle chiese, patrimonio Unesco, di Santa Sofia e San Dimitri di Salonicco, seconda
solo a Costantinopoli ai tempi dell’impero bizantino,
alla circumnavigazione intorno al monte Athos ed ai
suoi monasteri. Per chiudere con la visita del famosissimo Museo Bizantino, il più importante della Grecia.
Quote da € 755,00
Graz, castelli e Maribor: dal 27 al 29 maggio,
viaggio accompagnato dalla professoressa Simone
Weisskopf. Tre giorni in pullman G.T. tra le colline viticole del verde Pohorje, lungo la Drava, alla scoperta
della Fortezza medievale di Riegersburg e quindi del
centro storico del capoluogo della Stiria, la verde Graz
e, sulla via del ritorno, ein Prosit! a Klagenfurt. Quote
da € 318,00
E qualcos’altro bolle in pentola … il y a quelque chose qui mijote : eventuali notizie in Segreteria.
“Uni3TriesteNews” è una pubblicazione della Università della Terza Età “Danilo Dobrina” collegata
al sito www.uni3trieste.it
Comitato di redazione: Eugenio Ambrosi (direttore), Mario Grillandini (vice direttore), Luigi Milazzi,
Nicola Archidiacono, Biagio Mannino, Bruno Pizzamei.
uni3triestenews
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AUTORIZZAZIONE DEL TRIBUNALE DI TRIESTE DD.- 10/07/2015 N° 12/2015 E N° 2039/2015 V.G. REGISTRO INFORMATICO.
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