n6giugno2009
Spedizione in A.P. 45% art.2 comma 20/b
Legge 662/96 Filiale di Bologna
Anno XL - Distribuzione gratuita
SOTTO LE DUE TORRI
cultura
turismo
solidarietà
sport
informazione
In ricordo di Giuseppe Fantini
in questo numero
•Il Parco del DLF
•In ricordo di Giuseppe Fantini
•Amianto
•Escursionisti a Barbiana
•Podismo Programma
•Lettera a Loriano
cultura
Sulle Eresie di G.Galilei e G.Bruno
I
di Alberto Venturini
n qualità di autore dell’articolo
“Teatro-Attualità
della “vita di Galileo”e di ”il
fuoco della ragione” pubblicato
su questa rivista nel numero
di marzo, desidero aggiungere
qualche precisazione sull’argomento, per maggior chiarezza onde evitare “polveroni”.Il
conflitto tra Galileo ed i suoi
oppositori non fu un confronto
tra “buoni” e “cattivi”e nemmeno tra il “bene” ed il “male”.
Il confronto fu tra due metodi
di pensiero. Il metodo che usò
Galileo era basato sull’osservazione dei “fenomeni“, con l’uso
dei suoi sensi, della sua mente e degli strumenti adeguati,
nella loro natura di “oggetti”.
L’altro metodo escludeva i
sensi e gli strumenti, affidandosi alla “mente”, illuminata
da una “rivelazione”arcana. Il
metodo di Galileo rappresentava l’”oggettività della scienza”,
tutto sommato neanche poi
completamente nuovo, come
ancor meno nuovo era l’altro
metodo. I due erano coesistiti
da lungo tempo. Nel “caso Galileo” furono messe a confronto
due ipotesi: nella prima il Sole
girava attorno alla Terra, nella
seconda il contrario. Se una
era vera, l’altra non poteva che
essere falsa! Ora sappiamo tutti
che quella “vera” era l’ipotesi di
Galileo, che lui riuscì a verifica-
re “oggettivamente”; la risposta
era alla portata di tutti, bastava
guardare nel cannocchiale. Ma
i suoi oppositori non vollero
guardare, non vollero vedere
che la presunta ”verità rivelata” era “falsa”. Ma era solo una
questione di metodo!Fu così
che la ”Filosofia della scienza“ divenne lo strumento per
distinguere il vero dal falso.Ai
giorni nostri questa problematica è superata. La Chiesa ha
capito che la scienza non può
essere messa in discussione.
Ma le nuove conoscenze aprono la strada a nuovi comportamenti in diverse direzioni, la
cui scelta coinvolge l’etica. Qui
si apre il confronto tra possibili
etiche diverse. I “confessionalisti” ritengono che la loro etica
debba essere imposta a tutti,
credenti o meno, attraverso lo
Stato. Per i laici, invece, l’etica di ogni fede può valere solo
per i suoi fedeli. Lo Stato deve
stabilire regole valide per tutti,
per i seguaci di ogni fede ed
anche per i senza fede. Questo principio è stabilito anche
nella frase evangelica su “Dio
e Cesare”; ma lo spazio tra i
due è spesso “Terra di nessuno”; ognuno se ne vorrebbe
appropriare! Secondo quanto
autorevolmente precisato recentemente da mons. Fisichella, la Chiesa, a volte, ha diritto
Tempo Libero Sotto le due Torri
Autorizzazione Tribunale di Bologna n. 3198 del 4.4.66
Indirizzo: Via Sebastiano Serlio 25/2° Bologna
Tel. 0514193180 - Fax 051371905
Editore: Associazione DLF Bologna
Direttore Responsabile: Giuseppe Caputo
Responsabile Editoriale: Fulvio Saiano
Capo Redazione: Pierluigi Gallo
Redazione: Valter Serafini, Giuseppe Lizzi,
Vittorio Baglieri, Renzo Pocaterra, Jandos Rossi,
Giuseppe Stefanini, Gianfranco Bergami,
Alberto Venturini, Umberto Romano, Giorgio Cremonini,
Paolo Mattarozzi, Giulio Girotti, Paola Bacchi.
Pubblicità: Tel. 051/4193180 - Fax 051/371905
e-mail: [email protected]
Stampa: Futura Press - Bologna
Chiuso in tipografia il 31 maggio 2009
Tirature copie: 11.000
In copertina: “Arredo Urbano” opera di Giuseppe Fantini
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Per la posta elettronica, scrivi a [email protected]
2
di inserirsi nello Stato, ma mai
viceversa. Concetto discutibile! Ma se si vogliono evitare
le guerre del passato non resta
altro che una parziale rinuncia
mediatoria (Vedi: “Obiezione
di coscienza, concessa dallo
Stato). In quanto a G. .Bruno,
più che entrare sul merito della validità delle sue critiche,
è interessante vedere come
venne data risposta alle sue
argomentazioni: gli fu tappata
la bocca (in senso letterale) e
poi messo a morte, perché nessuno potesse più udire le sue
parole. La rinuncia alle proprie
opinioni, significava accettare
la “verità “rivelata”, secondo
l’interpretazione dell’autorità
di competenza, e quindi ogni
abiura era una vittoria dell’Inquisizione, da ottenere con
ogni mezzo, mentre ogni rogo
era il segno di una sconfitta. Lo
stesso metodo, in altro ambiente, fu adottato in tempi recenti
quando fu detto:«Quella bocca
non deve più parlare»; questa
fu la frase che segnò il destino
di Giacomo Matteotti. Ma in
questo caso l’ostilità ai principii liberali e democratici era
stata dichiarata apertamente.
Questo episodio ha valore solo
simbolico; i comportamenti
repressivi e violenti ricorrono
un po’ dappertutto, ovunque si
guardi nella storia umana, ma il
criterio liberale e democratico,
con conseguenti diritti civili,
mi sembra che stia avanzando
un po’ ovunque, anche se niente è mai conquistato una volta
per tutte.
Ognuno dica la sua
di Giulio Girotti
In Redazione si dovrebbe parlare di tutto senza remore di
alcun genere. Tutto dovrebbe essere posto in discussione:
argomenti da trattare, impaginazione, qualità degli articoli,
tagli da apportare, titolazioni. Anche nelle varie fasi della
realizzazione del nostro mensile “Tempo Libero” si cerca
di applicare questa sana prassi editoriale che costituisce
l’essenza della funzione di informazione che ci vede
impegnati. Gli articoli inviati e proposti per la pubblicazione
vengono valutati e, se del caso, discussi per trovare ad
ognuno di essi la migliore collocazione possibile. A volte,
però, la discussione viene scambiata per critica personale
e gli animi si accendono oltre ogni ragionevole limite. Altre
volte si rinuncia a discutere per timore di invadere spazi già
conquistati di diritto da amici e colleghi redattori divenuti
oramai, per il loro continuativo e prezioso impegno, punti di
riferimento ritenuti inviolabili. Altre volte, ancora, si ritiene
che non sia il caso di alterare più di tanto “i meccanismi” che,
comunque, fino ad ora hanno concorso alla realizzazione
del prodotto editoriale e si rinuncia ad aprire una sana
dialettica di confronto sul lavoro che stiamo svolgendo.
Rinunciando al confronto d’idee rendiamo la nostra missione
di volontariato meno piacevole e gratificante. Svuotiamo le
nostre riunioni di Redazione del loro significato essenziale.
Rendiamo quasi inutile l’azione stessa del ritrovarsi che
potrebbe essere altrettanto validamente sostituita dal puro
e semplice invio dattiloscritto dell’articolo o, in una forma
ancor più immediata, dall’invio tramite posta elettronica.
editoriale
Grido d’allarme del DLF e delle
associazioni di volontariato
che gestiscono l’area del parco
FS ritarda il passaggio dell’area al Comune e raddoppia gli oneri di locazione!
di Giuseppe Stefanini
È
stato il nostro presidente Fulvio Saiano, il 18 maggio
scorso, a dar voce, in una riunione pubblica organizzata
dal PD, a tutte le Associazioni che operano nel parco di
via Serlio.
C’è vera preoccupazione per
l’immediato: FS, o meglio
FS Real Estate, una delle
società che costituiscono la
costellazione (o nebulosa
?) FS, ha chiesto un canone
di 785.000 euro. La cifra è
altissima (è doppia rispetto
alla precedente). Diventa
poi incredibile e inaspettata
se si pensa che la proprietà
dell’area del Parco è in corso
di cessione da FS a Comune
e che le Associazioni stesse
hanno già avanzato al Comune un piano di ammodernamento e riqualificazione
del Parco (ne ha veramente
bisogno!) con assunzione in
proprio di tutte le spese.
Saiano ha anche sottolineato quanto le Associazioni
(Sempre Avanti, Azucar,
Scuola di Judo e Arti Marziali, Locomotiv ecc, ecc…
tutte di volontariato) stiano
contribuendo con le loro attività, assieme a quelle tradizionali e consolidate del
DLF, a creare interesse e
servizi per la città.
Gli interventi degli esponenti del PD presenti, dei
Consiglieri Comunali, del
Presidente del Quartiere
Navile sono stati tutti di
grande solidarietà con le Associazioni del Parco e hanno
espresso appoggio e pieno
apprezzamento per il loro
operato.
Così Andrea De Maria, molto ringraziato per aver organizzato l’incontro, ha detto
chiaramente che FS non
deve rallentare le procedure di passaggio al Comune
dell’area del Parco, passaggio che è già stato concordato e firmato!
L’Assessore Virginio Merola, ha auspicato che, come
già avvenuto con l’Agenzia
del Demanio per alcune aree
militari dismesse, si possa
raggiungere un accordo con
FS perlomeno per una consegna, un’affidamento anticipato dell’Area.
Claudio Mazzanti, Presidente del Quartiere, ha insistito sulla necessità di chiudere in fretta questa fase
di attesa. Si è chiesto quale
strategia complessiva ha FS
sul nodo di Bologna (come
mai non “corre” a mettere
reddito le superfici edificabili che sono state riconosciute nel nuovo piano?)
e ribadisce che l’area del
Parco deve rimanere area
sportiva e a verde pubblico.
Non c’è bisogno di palazzinari per la riqualificazione
del Parco!
L’Assessore Patullo, ha confermato che le Associazioni
hanno presentato un piano
auto-finanziato di grande interesse, che prevede l’integrazione con le attività sportive, culturali e del tempo
libero del Quartiere e della
città.
Il Senatore Walter Vitali
infine, appoggiando i vari
interventi, si è dichiarato
assolutamente disponibile
per una interpellanza parla-
sommario
Pag. 03 – Editoriale
Pag. 04 – 2 Giugno, la tajadéla scundé
Pag. 05 – La Settimana della Cultura
Pag. 06 – Panzèta e l’altra Parigi
Pag. 07 – Un altro artista: Giuseppe Fantini
Pag.11 – Incontri di Redazione, Casanova
Pag.12 – Amianto e lettera a Loriano
Pag.13 – Imola basket
Pag.14 – Recensioni e Podisti
Pag. 15 – Escursionisti a Barbiana
3
festa della Repubblica
2 GIUGNO - Festa della Repubblica Italiana
Una festa che onora il nostro passato e lo riscatta
di Romano Cattani
S
ono passati ormai sessantatre anni da quando il 2
giugno 1946, a seguito di un
Referendum Istituzionale, il popolo italiano ha decretato di passare
dalla monarchia alla repubblica.
L’Italia era appena uscita dalla
guerra; una guerra terribile che
aveva visto in campo quasi tutto il
mondo ed aveva assistito ad orrori
inimmaginabili.
Non ci fu uno scarto molto grande,
ma gli italiani non poterono perdonare alla monarchia dei Savoia di
non essere stata capace di evitare
l’entrata dell’Italia, nel conflitto, a
fianco della Germania che aveva la presunzione di dominare tutta l’Europa e votarono di conseguenza.
L’esito del Referendum portò, poi, alla nuova stesura della
Costituzione Repubblicana, approvata dall’Assemblea Costituente il 22\12\1947, promulgata dal Capo Provvisorio
dello Stato Enrico De Nicola il 27\12\1947 e pubblicata, in
edizione straordinaria, sulla Gazzetta Ufficiale n°298 del
27\12\1947 ed entrata in vigore il 1\1\1948.
E’ una ricorrenza molto importante per i suoi significati
storici; c’è stato, però, un periodo che, sembrava, non la si
ritenesse poi tanto importante tant’è che ne fu abolita la
ricorrenza, assieme ad altre festività laiche e religiose. Per
fortuna, dopo diversi anni, ci fu un presidente che la volle
riprendere (Ciampi).
Oggi, in questo giorno, possiamo tornare nelle piazze ad
assistere alle sfilate dei militari di tutte le armi attual-
mente in servizio effettivo, assieme ad altri in età avanzata che
hanno partecipato attivamente a
quell’immane conflitto.
Essi sono gli ultimi testimoni di
quanto la follia umana abbia potuto operare.
Ci sono pure anche molti giovani;
alcuni assistono solo per curiosità, altri, invece, sono più partecipi perchè sono stati resi edotti
del vero significato di questa manifestazione.
Ed è questa la vera importanza
del rinnovo di questa ricorrenza: il ricordo ed il suo significato storico. Non bisogna dimenticare, ecco il motto che
ci dobbiamo dare, così come non dobbiamo dimenticare
la Resistenza e tutte le battaglie politiche e civili, che ci
hanno garantito, nell’arco di questi sessant’anni, una vita
democratica.
Non a caso ritengo si debba avere una grande attenzione su
questi valori perché, la cronaca giornaliera ce lo impone,
sono tanti i segnali di rigurgiti tendenti a sminuire, denigrare e distruggere quanto si è conquistato con tanti sacrifici anche di vite umane.
La stessa unità del paese potrebbe essere in pericolo se
si desse ascolto al progetto di certi movimenti che, con la
scusa di una maggiore autonomia economica, entro certi
limiti condivisibile, vorrebbero creare dei veri e propri
staterelli sovrani, alla faccia dell’Unità Europea e di altre
Organizzazioni Mondiali.
La tajadéla scundè (la storia di ieri che ritorna)
di Valter Serafini
Referendum ed elezioni del Sindaco
...Centoquarantanove anni fa
Cosa successe la prima volta che i cittadini di Bologna
affrontarono l’esperienza delle elezioni e del referendum?
Il primo referendum a cui furono chiamati a votare si
svolse l’11 e il 12 Marzo 1860, e fu relativo al quesito:
Annessione alla Monarchia Costituzionale del Re Vittorio
Emanuele II, o Regno Separato. Il 14 Marzo il Tribunale di
Cassazione annunciò che nella nostra Regione i favorevoli
all’annessione furono 426.006, mentre per il Regno
Separato furono solo 756. Un plebiscito dunque, anche se
va ricordato che il 20% non votò per protesta, perché, o era
anti monarchico, o aveva nostalgia del vecchio regime, cioè
4
il Papato. Si festeggiò in tutta la città, e in questo clima
d’euforia il 21 Marzo vi furono le elezioni del primo Sindaco
di Bologna, il marchese Luigi Pizzardi. Ma sia l’esito del
referendum che quello dell’elezione del sindaco, per la
Chiesa, (estromessa dal potere), furono bocconi così amari
da ingoiare, che al Te Deum di ringraziamento celebrato
in San Petronio, l’Arcivescovo proibì ai rappresentanti del
Clero di prendere parte al rito religioso! Onore e gloria per
chi ha vinto, amarezza e rabbia per chi ha perso. Niente di
nuovo, quindi, sotto alle due torri!
cultura
Associazione Dopolavoro Ferroviario Bologna
Via S. Serlio, 25/2 - 40128 Bologna - Tel. 051.4193180 - Fax 051.4193245 - Tel FS 3491-3386
web www.dlfbo.it [email protected]
Area Progetto Cultura
16ª Settimana Culturale
a Plan di Val Gardena
dal 29 Agosto al 5 settembre 2009
> SABATO 29 AGOSTO
Pomeriggio
⇒ arrivo degli ospiti e sistemazione nella Casa
Alpina
⇒ 18.30 Aperitivo di benvenuto e presentazione del
programma settimanale
> DOMENICA 30 AGOSTO
Mattina
⇒ Visita alla città
⇒ 16.00 Presso la Casa della Cultura, sala Bera Albino
di Selva Val Gardena, inaugurazione Mostra di
Pittura, Fotografia e Filatelia “LE MONTAGNE”
⇒ 21.00 CASA DELLA CULTURA di Selva Val
Gardena Concerto del tenore Martino Laterza
del Teatro Comunale di Bologna, del soprano
Tiziana Guglielmi accompagnati da pianista (arie,
romanze e classici napoletani)
> LUNEDÌ 31 AGOSTO
Mattina
⇒ Escursione breve organizzata in loco.
⇒ 21.00 Seminario-presentazione Mostra Mondiale
delle Mummie. Relatore Dott. Andreas Putzer,
curatore della mostra.
> MARTEDÌ 1 SETTEMBRE
⇒ La giornata del Museo: Visita mostra “mummie
sogno di vita eterna” al Museo archeologico
dell’Alto Adige di Bolzano. La visita guidata al
museo è organizzata per gruppi di partecipanti
con partenze da Plan alle ore: 8.45 (turno
antimeridiano) e 14.45 (pomeridiano)
⇒ 21.00 Presentazione gita di giovedì e testimonianze
fotografiche della settimana culturale 2008 (foto,
diapositive, itinerario, luoghi, storia)
> MERCOLEDÌ 2 SETTEMBRE
⇒ Mattina escursione breve
⇒ 21.00 Selva (zona pedonale) esposizione oggetti e
altre cose tradizionali della Val Gardena
> GIOVEDÌ 3 SETTEMBRE
Gita a Castel Presule-Laghi di Fiè-Castelrotto
⇒ 8.45 partenza gita dalla Casa Alpina (intera
giornata)
⇒ 21.00 Selva Val Gardena, Piazza del Comune Serata
folcloristica Gardenese con esibizione dei corni di
montagna, del gruppo di ballo Gardenese e degli
schiaffeggiatori di Funes
> VENERDÌ 4 SETTEMBRE
⇒ Mattina Escursione breve
⇒ Pomeriggio Libero
⇒ 20.00 Cena di saluto
> SABATO 5 SETTEMBRE
⇒ Mattina libera e partenza
POSTAZIONE TELESCOPICA PRESSO IL PARCHEGGIO
DELLA CASA ALPINA DALLE 22.00 ALLE 24.00
La quota partecipazione di € 330.00 a persona comprende: pensione completa (escluse bevande), bus gita a laghi
di Fiè e bus museo di Bolzano, ingresso Castello di Presule e ingresso con guida alla mostra delle mummie. (€
310.00 senza viaggio e visita guidata alla mostra delle mummie) Bimbi fino a 3 anni gratis (pasti esclusi); fino 14
anni (in 3° e 4° letto) sconto € 62.00; adulti (3° e 4° letto) sconto € 26.00; supplemento camera singola € 12.00
al giorno; camera doppia uso singola + 40%.
Le prenotazioni si ricevono: presso la Segreteria DLF – Tel. 051/4193180 (Signore Nadia e Fabienne)
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turismo
Panzèta e l’altra PARIGI
I
n Panzèta era nato lo
struggente desiderio di
rivedere PARIGI, e visitare i luoghi un po’ meno famosi della città. Egli si recò
dove sapeva l’avrebbero consigliato per il meglio, cioè
all’AGENZIA VIAGGI “IL
TRENO” del DLF che prenotò tutto ciò di cui lui avrebbe avuto bisogno! E furono
ineccepibili! Come sempre!
La sua visita iniziò dal Point
Zéro, (Metrò Cité), posto nel
piazzale antistante la cattedrale di Nôtre-Dame, da
dove ha inizio la misurazione per tutte le distanze! Poi
Panzèta s’incamminò per
Quai des Orfévres, (celebre
nel XVII° e XVIII° secolo per
le botteghe orafe), fermandosi davanti al numero 36.
Quella è la porta della “Polizia Giudiziaria” dalla quale
il Commissario MAIGRET
entrava per salire i 138 gradini ricoperti di linoleum
nero che lo portavano al suo
ufficio, (parola di Georges
Simenon, lo scrittore che
l’ha inventato)! Panzèta non
riuscì a vedere se all’interno
esiste veramente una scala
simile, e, ovviamente, non
vide neppure Maigret, ma
si sentì così coinvolto che
nel vicino Bistrò ordinò un
“calvados”, il liquore preferito dal commissario! Quindi
alzò gli occhi sulla Tour de
l’Horloge, e ammirò quello
che è considerato il primo
orologio municipale di Parigi, (1334), ancora perfettamente funzionante! Un
centinaio di metri più avanti
trovò Pont St-Lois, il ponte
che collega le due isole della
Senna. Crollò il giorno stesso
dell’inaugurazione causando 20 morti. Ricostruito più
volte, é più volte crollato,
e l’attuale è frutto della 9ª
ricostruzione! Panzèta, un
po’ titubante, attraversò il
ponte...velocemente! Lasciate le isole, visitò quella che è
stata un tempo la parrocchia
dei Re di Francia, la Eglise
St-Germain-l’Auxerrois
(M.Pont Neuf), nota anche
perché dopo la “notte di San
Bartolomeo”, (24 Agosto
1572), suonò il mattutino
per comunicare il massacro
dei Protestanti. Nelle vicinanze si trova anche la Tour
St-Jacques, che nel Medioevo era il punto d’incontro dei
pellegrini diretti a Santiago
di Compostela. Ora vi hanno
installato una stazione
di rilevamento meteorologico. La rue de la
Ferronnerie porta lo
stesso nome dal 1229, ed
il 14 Maggio 1610 è stata teatro dell’assassinio
di Enrico IV. Panzèta
si soffermò davanti al
n..11 dove una lapide
in marmo con 3 fiori di
giglio, ricorda il tragico evento. Fece poi un
paio di fotografie al DéIn questo palazzo, lo scrittore
fenseur du Temps, (M.
Simenon ideò l’ufficio del
Rambuteau), l’orologio
commissario Maigret
Quai des Orfevres,36
in ottone e acciaio alto 4
6
di Valter Serafini
metri, con un
uomo armato
di spada e
scudo che si
battè vittoriosamente
contro i tre
elementi
rappresentati dal drago
Parigi - Square Jean Rictus
(la
terra),
Ti amo scritto in 288 lingue diverse
dall’uccello
lità così famose, (Edith Piaf,
(l’aria), e dal granchio (l’acOscar Wilde, Marcel Proust,
qua). L’animazione avviene
Chopin, Rossini, Jim Morrialle ore 12, alle 18 e alle 22.
son, Modigliani, tanto per ciAl Pantheon, (M.Maubert),
tarne alcune), che fu imposPanzèta andò per vedere
sibile per Panzèta non dediil celebre Pendolo di Foucargli un po’ del suo tempo.
cault, una sfera in acciaio di
Così come la frequentatissi28 kg. appesa ad un cavo di
ma collina di Montmartre
67 mt., che durante l’oscilcon i suoi pittori, è una meta
lazione ha costituito la pro“irrinunciabile” anche per
va della rotazione terrestre.
chi Parigi l’ha visitata altre
Non lontano, egli trovò rue
volte (M. Anvers+ FunicoVauquelin, dove in un labolare). Ma ai piedi della colratorio fatiscente della facollina, in square Jean Rictus,
tà di Fisica e Chimica della
(M.Abbesses), esiste con un
Sorbona, il 26 Dicembre
curioso muro ricoperto di
1898 Pierre e Marie Curie
mattonelle in ceramica, che
scoprirono il radio! Parinon è meno interessante! Ingi dista dal mare circa 400
fatti, ha la fatidica frase “TI
km., ma è possibile vedere
AMO” scritta in ben 288 linun sommergibile! Panzèta si
gue diverse! Ecco perché a
diresse alla Cité des ScienParigi ci si può tornare una
ces & de l’Industrie (M. La
seconda volta!
Villette), e dopo la visita
(interessantissima),
chiese un biglietto suppletivo per il
sommergibile Argonaute. Dismesso nel
1989, è lungo quasi 50
metri ed è dotato di
siluri. Per Panzèta fu
sconvolgente sapere
che in un spazio così
angusto operasse un
equipaggio di 40 persone! Da vedere! Nel
cimitero monumentale Père-Lachaise,
(M.Père-Lachaise), vi
Pére Lachaise - Tomba di Modigliani
sono sepolte persona-
cultura
Un altro artista…
di Pierluigi Gallo
C
orrevano gli anni sessanta. L’adolescenza
di allora trascorreva
molto più serenamente di
quanto non accada oggi. Non
c’era trippa per gatti e il divertimento era quello di ritrovarsi qualche volta in Oratorio dal prete oppure per
la strada per decidere cosa
fare. Il mio rapporto amicale
con Giuseppe credo che sia
durato il tempo di una primavera estate. Una meteora,
i prati di Caprara, i laghetti
a ridosso di via Beretta Rossa dove le rane facevano gli
onori di casa. Credo che avesse un paio d’anni più di me, ma il suo aspetto era quello che potete vedere nelle
foto che abbiamo scelto. Un bel faccione, corpulento e bonario: un classico; una testa di riccioli e la sua ala protettrice sopra di me che pesavo meno della sua metà. Poi più nulla nella mia memoria, sarà andato ad abitare in
un altro quartiere. Poi il ritrovamento quando lo vidi all’officina Grandi Riparazioni di via Casarini, io ferroviere
dell’ attiguo Magazzino Approvvigionamenti. Un abbraccio e un saluto sono bastati come il fatto che ritrovarsi a
lavorare nella stessa azienda fosse già un segnale.
Giuseppe Fantini e l’officina
Il destino in un nome
A
bbiamo un debito nei confronti di Giuseppe Fantini: rendergli onore per i tanti anni di lavoro
artistico e organizzativo nel condurre il Gruppo
Arti Figurative, (dal 1994 Officina dell’Arte con il trasferimento da Via De’ Poeti all’ex OMA), per la qualità dei suoi splendidi lavori e per il destino che l’ha
accomunato ai troppi lavoratori dell’ Officina Grandi
Riparazioni vittime dell’amianto, nemico silenzioso e
terribile, riconosciuto con ritardo e ancora in grado di
suscitare timori angosciosi in tutti coloro che ci hanno
avuto a che fare. Officina è una parola nobile dai molti
significati. E’ il luogo dell’artefice.
La prima officina nella vita di Giuseppe è stata quella di
di Renzo Pocaterra
Via Casarini. Un luogo per tanti aspetti ammirevole per
un lavoro di cui essere orgogliosi. Vi arrivavano le elettromotrici e gli elettrotreni che avevano raggiunto un
milione di chilometri. Allora le Ferrovie non buttavano
via nulla. Tutte le parti del veicolo venivano smontate,
revisionate e rimontate, dalle ruote ai pantografi: finestrini, sedili, motori ,ogni vite, ogni bullone. Il rotabile
usciva dall’officina come nuovo, ancora più efficiente,
perché a volte aveva ricevuto equipaggiamenti nuovi di
zecca. Per intervenire sulle casse era necessario togliere prima la coibentazione, a base di amianto, applicata
su tutta la superficie interna del veicolo.
Un lavoro fatto manualmente, all’inizio senza precauzio7
cultura
ni di sorta, con pericoli per la salute che solo gli anni
avrebbero rivelato. Un lavoro “sicuro”, come si diceva
allora, serve anche a coltivare i sogni, le aspirazioni che
ognuno di noi ha e che ci permettono di esprimere al
meglio ciò che siamo. Il sogno di Giuseppe Fantini era
la pittura ed evidentemente fin da allora aveva compreso che l’arte non è solo una attività di svago intesa
come divertimento o evasione nell’ambito del cosiddetto “tempo libero”. Nella sua migliore espressione può
diventare fonte di conoscenza, di emancipazione e di
critica della realtà. In questo caso occorre un bagaglio
tecnico e culturale che solitamente è appannaggio degli
addetti ai lavori. Il primo passo di Fantini in questa direzione fu il diploma di pittura ottenuto all’Accademia
di Belle Arti. Una seria preparazione accompagnata alla
ricerca di un suo linguaggio pittorico che lo porterà a
mutare frequentemente stili e tecniche coltivando la
pittura e l’incisione con risultati tanto lontani fra loro da
far pensare a diversi esecutori. Negli anni ‘60 entrò a far
parte del Gruppo Accademico di Bologna con uno studio
in via Massarenti, condotto con altri appassionati . Furono gli anni del suo periodo cosiddetto “Fauve”, perché
ricordava la stile di quel movimento di avanguardia degli
inizi del Novecento.
I Fauves (alla lettera Belve) erano ribelli e contestatori che usavano colori puri e “urlanti” privi di sfumature
e per nulla aderenti alla realtà. “Niente cieli azzurri
e campi verdi nei miei quadri – diceva Matisse, un
grande fauve – ma cieli marrone e campi grigi. Colori stridenti e figure deformate sono tipici anche del
Fantini di quel periodo. I suoi soggetti ricorrenti sono
figure di donna con una accentuata atmosfera di condanna, di ripulsa. Donne discinte, in pose volgari, con
8
visi duri, in attesa. Sono rivelate da una luce radente impietosa in contrasto con sfondi molto scuri. Una
pittura di ribellione e di condanna, atteggiamento frequente negli anni giovanili. All’inizio degli anni ’70 si
avvicina al Dopolavoro ed entra a far parte del Gruppo
Arti Figurative. Era evidentemente un gruppo bene assortito ed era il momento giusto. Il famoso grido del ’68
francese L’immaginazione al potere! era risuonato anche in Italia. Negli ambienti artistici molti pensarono
che era giunto il momento di dare all’arte un ruolo nuovo, critico e costruttivo nei confronti della società. Il
Gruppo Arti Figurative decide di fare il salto di qualità,
di passare dalla concezione “dopolavoristica” dell’arte,
fatta di creatività istintiva e di intenti principalmente
ricreativi, ad una attività guidata di studio della storia
dell’arte e delle tecniche espressive. Fantini è l’uomo
giusto per le sue frequentazioni in ambito accademico.
Nella sede di Via de’ Poeti si tengono corsi di Pittura,
Scultura, Grafica e Storia dell’Arte tenuti da docenti
dell’Accademia di Belle Arti e operatori del mondo artistico bolognese che hanno accettato con entusiasmo
di dare il loro contributo.
I nomi sono fra i più noti e
sono tanti. Ne ricordiamo
alcuni che hanno raggiunto traguardi prestigiosi
nella carriera accademica
e in campo artistico, come
Adriano Baccilieri, già direttore delle Accademie
di Bologna e Ravenna e
attualmente titolare della
cattedra di Storia e Filosofia dell’Arte, Rossella
Piergallini, docente in
Accademia, i pittori Vittorio Mascalchi, Pompilio
Mandelli, gli incisori Dino
Zuffi e Cataldo Serafini,
i critici d’arte Marilena
cultura
Pasquali e Claudio Ceritelli. L’attività del gruppo esce dall’ambito DLF,
riscuote l’apprezzamento
degli ambienti artistici
e le mostre tenute nella
nostra galleria “SPAZIO
UNO” sono seguite con
attenzione. Nel 1984 la
Sala d’Accursio ospita la
mostra BOLOGNA UNA
SCUOLA,
patrocinata
dal Comune, presentando
opere di Giuseppe Fantini, Gabriele Bianchi, Angela Bassi, Adriana Biondi, Umberto Degli Esposti, Valeria Forni, Franco
Rosselli, Antonio Stanzani ed altri. E’ giusto ricordare che la tradizione dei
corsi formativi tenuti da
docenti laureati all’Accademia di Belle Arti, continua
tuttora. Giuseppe Fantini, con la pittura, coltiva anche
l’incisione, principalmente acqueforti. Prende corpo
una concezione che gli sarebbe stata compagna per
tutta la vita, come una sorta di premonizione. Nel 1981
aveva esposto questi lavori in una mostra a Riolo Terme,
con una presentazione critica dalla quale riprendiamo
questa osservazione: “Protagoniste delle sue incisioni
sono figure statiche e misteriose, senza volto, quasi
baconiane, che incarnano il dilacerante dramma
dell’umanità oppressa dalle strutture tecnologiche
da essa stessa create: dramma che, nella sua ineluttabile evoluzione, sfocia nella disgregazione completa
della figura e nel loro assorbimento totale da parte
dell’ambiente” (Conti-Sampognaro). Col tempo la sua
arte si addolcì, rivolgendosi verso temi più tradizionali
nel filone figurativo, la natura in particolare. Il paesaggio è visto come una sorta di paradiso perduto, da
non disperdere se non da riconquistare.
Le sue opere più recenti, ottenute con un originale impiego dei colori usati per tinteggiare le case, applicati
senza far scorrere il pennello, fanno parte della serie
da lui stesso chiamata “arredo urbano”: grandi distese di fioriture multicolori da introdurre nelle città per
ravvivare la tristezza delle nostre case moderne e delle
anonime periferie.
Questi colpi di pennello che, come dice Gabriele Bianchi, ricordano Manet, catturano lo sguardo e dentro risponde una voglia di spazi
aperti, di brughiere fiorite, nelle quali si nascondono animali che nessuno
molesta, dove non si osa
entrare per non rovinare
il capolavoro della natura.
Avrebbe raggiunto certamente altri traguardi artistici e umani, Giuseppe
Fantini se il destino non
gli avesse fatto, come lui
stesso ebbe a dire, un regalo. di quelli che non si
possono rifiutare. Dopo
avere lottato per tre lun9
cultura
ghi anni si è dovuto, nel 1993, arrendere
all’amianto, nemico silenzioso, ancora
oggi una minaccia.
Una parte degli artisti continua a vivere
nelle loro opere. Per questo, ricordando
il suo lavoro per il DLF, le riproponiamo
ai nostri lettori. Un affettuoso saluto e
un ringraziamento alla moglie Alberta
ed alla figlia Elisabetta che ci hanno
mostrato e illustrato le sue opere e la
sua vita.
Come Giuseppe Fantini
vedeva le sue opere grafiche
Idee e forma non nascono insieme. Questo in grafica è il segno di contraddizione interna al lavoro.
Talvolta cerco il segno appropriato, meglio, cerco di percepirlo: è una questione di reminiscenza non di
creazione.
Il formarsi del segno è un fenomeno interessante. Riflettendo, in uno stato generale di sensibilità, di
immaginazione, di volontà, sono interamente preso: niente resta fuori dalla mia percezione: tutte le
mie facoltà sono protese a captare il segno in cui quella percezione si materializza facendosi immagine.
Ne risulta un segno estetico difficile da definire: non è naturale perché l’ho provocato con la concentrazione delle forze del mio intelletto e dei sensi., ma non è neppure artificiale, perché, pur provocandolo,
riesco ad abbandonarmici come in uno stato naturale.
Io e la mia opera siamo allora una cosa e tuttavia la considero e la tratto come «altro da me».
In queste condizioni sento germinare le forme, i ritmi; più che crearle aiuto il loro sviluppo e i segni si
schiudono.
Allora, all’impegno della creazione, subentra la felicità di creare.
GIUSEPPE FANTINI
10
cultura
la scuola di musica del corpo
bandistico g. puccini - dlf bologna
di Giuseppe Stefanini
Q
uando nel settembre 2008 il Corpo
Bandistico Giacomo
Puccini ha lasciato la sede
della Fondazione Franco e
Cecilia Busi (l’ex fabbrica di
Via Emilia Ponente), inaugurata soltanto tre anni prima,
anche le attività della scuola
di musica sono stato obbligatoriamente interrotte finché
la Banda non avesse trovato
una nuova casa, più consona
al carattere amatoriale della
banda. Fortunatamente, grazie all’interessamento dell’allora Consiglio Direttivo e in
particolare del responsabile
della Cultura Antonio Mitro,
la Puccini è diventata uno
dei gruppo del DLF. Grazie
anche al forte impegno del
nuovo direttore Marco Benatti, abbiamo potuto preparare
con largo anticipo i concerti
per la stagione 2009 (con una
media di circa 25 musicisti ad
ogni prova). Nel frattempo si
sono aggiunti all’organico anche nuovi musicisti, sia studenti sia lavoratori. Il primo
servizio con la bandiera del
DLF è stato in Piazza Maggiore per le celebrazioni del
25 aprile (consueto appuntamento per la Puccini) e il 22
maggio si esegue il concerto
di inaugurazione della Festa
del Parco. Concerti e processioni a parte, però, grazie al
DLF siamo riusciti a portare
avanti le attività della nostra scuola (che riceve anche
un piccolo contributo dalla
regione). Oltre ai due insegnanti diplomati che fanno
musica d’insieme per sassofono e flauto traverso, abbiamo
avviato anche corsi propedeutici per ottoni; quest’anno la
più giovane allieva di flicorno
contralto compie otto anni!
Abbiamo formato recentemente un ensemble di ottoni
e a partire da settembre, contiamo di ampliare le attività
anche con un gruppo di musica d’insieme per sassofoni.
Essendo il lavoro in piccoli
gruppi divertente, oltre che
fondamentale dal punto di
vista musicale, aiuta i principianti (anche giovanissimi)
ad avvicinarsi gradualmente
alla banda senza traumi.
Non vogliamo formare diplomati, ma musicisti! Senza rinunciare del tutto a metodologie
tradizionali, lavoriamo per integrare aspetti innovativi della
didattica anche estera, che
oggi si fanno sempre più strada nell’educazione musicale
in Italia, anche fuori dai Conservatori. Senza una scuola di
qualità una banda non può crescere. Ci fa da ottimo esempio
la Filarmonica di Reggiolo, nella provincia di Reggio Emilia,
dove andiamo periodicamente
per giornate di formazione e
musica insieme organizzati
dalla loro scuola. Ci auguriamo
che la scuola della Banda nel
parco diventi un importante
punto di riferimento per l’educazione musicale bolognese
e che fornisca un contributo
significativo alla vita del Quartiere e del “nuovo Parco” (Ferrovie Italiane permettendo).
Se ti interessa iniziare o riprendere lo studio di uno
strumento, basta che ci telefoni e studieremo insieme
come impostare un percorso
di studi che ti farà divertire e
che ti porterà al più presto a
suonare con altri.
telefonare: 347 7918975
scrivere: [email protected]
Maureen Lister
Presidente Banda Puccini
www.bandapuccini.it
Tommaso Biondo
espone presso il
Ristorante Casanova Via Milazzo 24/a Bologna
dal 29 maggio 2009 al 02 luglio 2009
11
ambiente
Rischio amianto:
Le Ferrovie dello Stato dovevano e potevano intervenire prima
H
o appreso dai giornali
che, dopo tanti anni,
il Tribunale Penale di
Bologna ha riconosciuto colpevoli ed ha condannato un
gruppo di Dirigenti che negli
anni settanta operava nell’ex
Servizio Materiale e Trazione
di Firenze, nell’ex Officina
Grandi Riparazioni di Bologna
e nell’ex Ufficio Sanitario delle
Ferrovie dello Stato, per non
avere svolto correttamente il
proprio ruolo di responsabili
delle condizioni di salubrità
degli ambienti di lavoro e per
non essere intervenuti per la
riduzione, il contenimento
e l’eliminazione del rischio
amianto. L’esposizione a forti
dosi di polvere di amianto si
verificava durante le lavorazioni di manutenzione e riparazione dei rotabili che si svolgevano all’interno dell’O.G.R.
Dagli anni cinquanta e fino
a tutti gli anni settanta la situazione in essere all’O.G,R.
di Bologna era assolutamente
non rispettosa delle leggi, delle normative e delle conoscenze scientifiche già esistenti in
quel periodo e ciò ha provocato danni irreversibili a tanti lavoratori, ben oltre i diciassette
ricorrenti, sicuramente oltre
cento e continuerà ancora purtroppo a colpire altri soggetti,
a quei tempi esposti al rischio
amianto. Detto questo e considerato che l’organizzazione
burocratica delle Ferrovie dello Stato in quel periodo non
era certo definita per incentivare impegno e responsabilità,
bisogna comunque ricordare
che comportamenti gravi di
disimpegno, disinteresse e
sotto valutazione ci sono stati
e non erano certo giustificati.
Come “Consiglio dei Delegati”,
struttura sindacale unitaria di
base di allora, resi consapevoli
del rischio amianto in cui si
operava in O.G.R. da notizie
stampa e da sindacalisti di
grande correttezza e di grande
competenza; in particolare vo-
12
di Romeo Zazzaroni
glio ricordare Di Giangirolamo
Franco, Rubini Gino e Braccesi Cosimo. Chiedemmo alla Dirigenza delle F.S. di affrontare
il problema e in un incontro
“storico” del 30 agosto 1979
ponemmo una serie di precise richieste. Partimmo da
queste logiche considerazioni:
sapendo che l’esposizione alle
polveri di amianto può produrre gravi danni irreversibili,
rivendicammo la riduzione, il
contenimento e l’eliminazione del rischio attraverso tutte
quelle iniziative che tecnicamente era possibile adottare,
prima attraverso un piano
di emergenza, poi con interventi strutturali; chiedemmo
anche una verifica dello stato
di salute dei lavoratori esposti ed un’analisi del processo
produttivo, dei prodotti contenenti amianto utilizzati,
nonché un’indagine sull’ambiente di lavoro. Tutto questo,
a nostro parere, doveva essere
fatto con la partecipazione di
alcuni esperti estranei alle
Ferrovie dello Stato - di cui
non ci fidavamo – e con il
coinvolgimento sia della rappresentanza sindacale che
di tutti i lavoratori. Trattativa
difficile e complessa, ma alla
fine si fece un primo accordo a
seguito del quale si avviarono
diverse iniziative di carattere
urgente e a più lungo termine:
1) separazione provvisoria di
alcune lavorazioni, 2) mezzi
di protezione individuale più
adeguati, 3) riorganizzazione
della produzione, con l’accantonamento, per un periodo, di
quelle attività che esponevano maggiormente al rischio
polveri d’amianto e poi avvio
dell’indagine generale sulle
condizioni di lavoro e sui possibili interventi per ridurre e/o
eliminare il rischio, indagine
coordinata e diretta da quattro tecnici esterni alle ferrovie e messi a disposizione dal
Servizio Sanitario Nazionale.
Il Servizio Sanitario delle fer-
rovie partecipava e collaborava con propri rappresentanti.
Quel lavoro che iniziammo
allora è durato tanti anni, ha
prodotto tanti cambiamenti
e tanti risultati per il superamento del rischio amianto,
che purtroppo di tanto in tanto si ripresenta, perché ancora
si trovano nei rotabili prodotti
a base di amianto. Ora però le
conoscenze sono alla portata
di tutti e le responsabilità non
possono essere eluse. Tra chi è
stato esposto, come già dicevo,
una parte ha subito gravi danni, gli altri giustamente sperano di uscirne indenni, cosa
certamente possibile, anche
se le polveri di amianto sono
una nocività veramente subdola che non ci lascerà tranquilli ancora per tanto tempo.
Concludo pensando a quegli
anni, dal 1980 in avanti e a
quel grande impegno profuso
dai tanti coinvolti, lavoratori, rappresentanti sindacali,
tecnici del Servizio Sanitario
Nazionale e tecnici e dirigenti delle ferrovie. Un’attività,
mi auguro, di cui nessuno si
sia pentito, anche se ci sono
stati momenti di scontro e di
incomprensione. Io rimango
assolutamente convinto che
il lavoro di eliminazione del
rischio amianto andava fatto e
aggiungo deve continuare perché non tutto è risolto.
Ciao Loriano
Mi è stata gentilmente
data la possibilità di
parlare di te ma non
riesco a scrivere in
questo momento tutte le emozioni che sto
provando: emozioni
di rabbia e dolore nel
morire di e per il lavoro, emozioni di tristezza ma anche di complicità intima
nell’affiancarti sin dall’inizio nella tua lunga battaglia contro questa malattia chiamata “mesotelioma pleurico”... si
perchè tu, anche se talvolta ti chiamavano affettuosamente
Lorianino eri un grande uomo, uno che non mollava mai e
combatteva fino a quando ha potuto; chi ti ha conosciuto
e affiancato nelle tue battaglie sa che le portavi avanti in
modo disinteressato perchè ci credevi veramente, quante
volte ti ho sentito dire lo faccio per mio figlio e quelli della
sua generazione; magari oggi verresti chiamato un idealista
però questa parola idealista mi riempie d’orgoglio in quanto
nel tuo piccolo assieme ad altre persone sei riuscito a cambiare alcune cose. Ecco ora da qui ti saluto esco dal mondo
computerizzato e torno in quello nostro per parlarti ancora
con il mio cuore e la mia mente. Ciao.
Tua moglie Noella
Esprimo anche sentimento di solidarietà a tutte quelle famiglie che hanno perso un essere caro a causa dell’amianto
ringraziando una volta ancora tutte quelle persone che mi
sono state vicino per salutare Loriano anche in modo simbolico indossando le tute bianche, esprimendo così un messaggio di rivolta; grazie a voi che continuate a battervi in
modo che si sappia che si muore ancora di questo.
sport e turismo
Un canestro per gli Amici dell’AVIAT
A
nche quest’anno si ripresenta per gli amici del basket di Imola
e dintorni, il “Crazy Streetball” giunto alla sua terza
edizione. Iniziato in sordina
nel 2007 per rinverdire i fasti dei tornei estivi a Imola,
in questi anni il torneo è
cresciuto come interesse ed
anche come livello generale
di gioco. Magistralmente organizzato dagli appassionati
del DLF imolese, il torneo
vede sfidarsi giocatori di
tutte le categorie e anche
giovani dall’under 17 in su.
Ovviamente si gioca per divertirsi e per passare
insieme le belle serate
di inizio estate, per cui
le partite sono sempre
animate da sana rivalità e benevola presa in
giro dell’amico/avversario, con cui dopo la
doccia esci a fare una
bella bevuta. Le sfide
sono appassionanti e
nelle serate tanta gente si raduna presso il
playground appoggiata alla balaustra o sulle panchine, e si vede
anche qualcuno con la
sdraio portata da casa,
per godersi il fresco e
lo spettacolo comodamente seduto come
nel proprio salotto. Il
torneo è quindi occasione di incontro per
la cittadinanza e anche di basket mercato
tra addetti ai lavori
delle “minors” locali.
Quest’anno poi c’è un
motivo in più per partecipare sia come giocatore che come spettatore, perché sarà anche possibile fare Un
Canestro per gli Amici
dell’ Aviat. In contemporanea a torneo vi
di Valter Serafini
sarà infatti una raccolta fondi per gli “Amici del Togo”
dell’ AVIAT un’organizzazione che periodicamente
effettua visite mediche ginecologiche ed oculistiche in
Togo presso popolazioni che
non posseggono praticamente strutture sanitarie. Non
è la prima volta che l’Associazione del Dopolavoro di
Bologna affianca queste associazioni di volontari con il
proprio contributo grazie al
Circolo di Imola. Entro il 10
di giugno qualsiasi amante
del basket giocato può perciò iscriversi con qualche
amico formando una squadra per dar vita ad una emozionante sfida con se stesso
e contro gli amici di sempre.
Il torneo avrà luogo tutte le
sere dalle 20.00 alle 23.00
dal lunedì al venerdì per
due settimane dal 22 giugno
al 3 luglio, come tradizione
al CAMPETTO DELLA VOLTA, gentilmente concesso
dall’assessorato allo Sport
del Comune di Imola che
patrocina la manifestazione.
La formula di svolgimento sarà la stessa degli altri
anni, cioè un appassionante 3 contro 3,
con le squadre suddivise in gironi nella
fase eliminatoria, al
termine dei quali si
passerà ai playoff per
determinare la squadra vincente che succederà ai campioni
uscenti (vedi foto).
Come sempre poi ci
sarà la gara di contorno per misurarsi
nel tiro da tre ed infine premi individuali,
messi a disposizione
dai munifici sponsor
della manifestazione,
in primis Con.Ami e
So.G.E.I. e Conserve
Italia, Ipercoop Leonardo , Fuori Moda
Caffè , Buenavida,
Grafiche Baroncini.
Per scaricare modulo
di Iscrizione e Regolamento basta collegarsi alla sezione dedicata del sito Sportimola.
com, per le altre informazioni basta rivolgersi: organizzatori
Ettore (328.6671046
E-mail: corcetto74@
libero.it) e Daniele
348.3788175
13
recensioni
Recensioni
di Paola Bacchi
MURDER 2
La letteratura è piena di doppi. La scienza è piena di doppi. Giorgio Celli è un
famoso etologo bolognese, come sappiamo, che ama i felini. Inoltre non è solo
uno scienziato, ma un autore che ha
indagato nella sua prolifica vita di scrittore vari generi, dal teatro al saggio al
thriller. Questo giallo intitolato Il gatto
allo specchio per i tipi Morganti Editori,
finito di scrivere nel novembre 2008, e
ambientato a Bologna racchiude al suo
interno molti interessi di Giorgio Celli,
soprattutto quello specifico scientifico e quello più filosofico dedicato al suo grande affetto per il mondo dei gatti (e dei loro ineffabili modi di essere). Celli riesce a intrecciare una trama appassionante col Commissario Michelucci, solitario alter ego dell’autore,
includendo a effetto anche la didattica, trascinando il lettore a riflettere sulle più recenti e contrastanti ricerche della scienza. Chi
legge finisce per chiedersi fin dove può spingersi la scienza: essa
stessa non è illegalità? Non è contro la morale, la natura, l’uomo?
Attorno alla presenza misteriosa e ronfante di Murder 2, il gatto
protagonista del libro, si snoda la vicenda di alcuni scienziati che
giocano con la vita e con la morte. La ricerca, pare essere la morale
di questo romanzo giallo, se non si pone delle regole porta a danni
incalcolabili, ai limiti della fanta – scienza, ai limiti del possibile,
prefigurando mondi paralleli. Doppi, appunto…
14
IL MONDO DI SUPERMAN
Riusciremo a proteggere e salvare il
mondo dall’abuso e dal consumo senza
regole e senza fine? Qualcosa, ciascuno
di noi può farlo. Non basta il solo buon
senso, ma l’applicazione di conoscenze
di quotidiana fattibilità. Il “vademecum”
del buon ecologico cittadino è racchiuso
nelle pagine del libro Salvare il mondo
senza essere Superman di Roberto Rizzo
edito da Einaudi. Cosa ci indica l’autore?
Ci ricorda innanzitutto che siamo circondati da attrezzi utili per le comodità
correnti che però devono avere caratteristiche tecniche compatibili con le norme europee, essere posizionate all’interno delle nostre case in luogo apposito, ma soprattutto
essere usati rispettando cicli e manutenzioni che li rendono “economici” dal punto di vista dei consumi – dell’elettricità, dell’acqua,
del gas, eccetera. Inoltre l’uso esasperato dell’auto e dei motori in
genere, il riscaldamento delle case, specialmente i viaggi in aereo
recano gravi danni all’ambiente per l’emissione smisurata nell’aria
di gas dannosi. Quello che ciascuno di noi può fare singolarmente
per contenere residui, rifiuti e scorie è un gesto di buona volontà
che si ripercuote nel presente e verso le prossime generazioni. Questo utile e pratico volume, oltre a ricordarci le nostre responsabilità,
ci consiglia il modo migliore per risparmiare denaro, per salvaguardare la salute e per proteggere il nostro piccolo grande mondo.
cultura
Gli escursionisti DLF a Barbiana
In memoria di Don Milani
V
iaggio in treno, con
partenza di primo
mattino, fino a Vicchio. Dalla stazione abbiamo iniziato il percorso a
piedi. Sosta a Ponte a Vicchio alla “Casa del prosciutto”, con assaggio ed approvvigionamento di “Cibi
(e prezzi) di una volta”.
Proseguendo lungo questo
percorso piacevole siamo
arrivati a Barbiana, dove
ci attendeva l’attuale presidente della fondazione
“Don Milani”, ex allievo della vecchia scuola, che ci ha
guidati nel percorso didattico diventato storico, con
aule interne, officina, chiesa e mostra fotografica permanente. Nelle vicinanze
il cimitero con la tomba di
Don Milani, dove fu sepolto
nel ’67 all’età di 44 anni.
La sua fu una vita breve
ma intensa. Nato a Firenze
da famiglia d’intellettuali,
inaspettatamente scelse di
entrare in seminario nel
’43, ordinato sacerdote nel
’47 e inviato a S. Donato di
Cadenzano come coaudiutore. Qui approfondì le sue
idee, che raccolse e pubblicò col titolo di “Esperienze
pastorali” che gli procurarono l’emarginazione ed
il “confino” a Barbiana,
nel ’54. Qui però riuscì ad
organizzare una scuola di
avviamento industriale, di
cui fu l’insegnante unico,
con una classe unica, dove
sperimentò il suo metodo
pedagogico della “scrittura
collettiva”. Nei suoi allievi cercò di sviluppare una
presa di coscienza civile e
sociale, oltre ad un appren-
di Emilia Martelli e Alberto Venturini
dimento professionale che
desse loro la possibilità di
andare oltre il lavoro dei
campi a cui erano destinati. Fu qui che, insieme ai
suoi allievi, scrisse la “Lettera ad una professoressa”,
con cui denunciò il sistema
scolastico, che favoriva gli
allievi provenienti dalle
classi ricche, dove di solito
in famiglia si dispone già di
una cultura superiore, per
cui si perpetua il privilegio.
Si schierò quindi contro la
“selezione di classe” e conseguente “meritocrazia”;
l’autoritarismo era eluso
nei fatti, nel suo mondo. Fu
descritto come “cattocomunista” dai suoi detrattori. Al
papa Giovanni XXIII fu attribuita la frase «un pazzo
uscito da un manicomio»
con cui lo definì. Lui, probabilmente, si sentiva un
“comunista evangelico”, di
un comunismo cioè diverso
da quello marxista, anche
se in parte coincidente. Le
sue idee furono il frutto di
una riflessione personale,
ma si svilupparono parallelamente alle idee che si
estesero, in quel periodo
storico nel mondo, in tutta
la società civile. Nel “movimento studentesco” del ’68,
in Italia, la “lettera ad una
professoressa” una bandiera della rivolta, spesso sventolata assieme al libretto
dei “pensieri di Mao”. Le
idee critiche di Don Milani
avevano un fondo di razionalità e di aderenza alla
realtà a cui seguirono alcune sperimentazioni nelle
scuole inferiori da parte di
alcuni insegnanti impe-
gnati ed emergenti ma che
rimasero isolati. Nel “movimento studentesco” del
’68 però prese corpo una
degenerazione per cui la
contrarietà alla “selezione
di classe” divenne il rifiuto
ad ogni tipo di selezione
e di merito con una contestazione estremizzata e
destrutturante. Presto, ma
non troppo, riemerse il valore della selezione e del
merito, finalizzato alla funzionalità di ogni organizzazione. Così nella scuola,
dove però sembra trovare
possibilità di realizzazione
solo con gli allievi, mentre
ha trovato il “muro di gomma” nel corpo-docente,
dove permangono privilegi personali e di gruppo,
per cui si continua ad arrancare tra una riforma e
l’altra, lasciando, finora, il
problema irrisolto. Anche
nel mondo del lavoro il criterio della “meritocrazia”
viene sbandierato con forza rinnovata, ma di fatto
continuano a prevalere i
rapporti familistici, parentali o amicali, che contribuiscono ad accentuare la
separazione tra lavoratori
privilegiati ed altri, sempre
più numerosi, in condizioni
di precarietà, che vanno a
costituire “l’esercito industriale di riserva”. In ambito di alto managment, gli
emolumenti, a volte, sembrano scollegati dai risultati conseguiti. Nel ’68 eravamo in un altro mondo. Non
c’era ancora stata la caduta della “cortina di ferro”,
la globalizzazione, i flussi
migratori e la bolla finanziaria-immobiliare, con cui
ora dobbiamo fare i conti.
Di questi problemi Don Milani non ebbe il tempo di
prenderne atto. In vita invece, affrontò il problema
dell’obiezione di coscienza
in merito al servizio militare, coerentemente alla sua
visuale religiosa, con un
saggio che venne pubblicato sul giornale “Rinascita”
il 6/3/65. Ciò gli procurò un
processo per “apologia di
reato”, da cui fu assolto in
1°grado ma condannato in
2° grado, quando non era
più in vita. Successivamente l’obiezione fu accolta
dalla legge; a tale risultato
forse contribuì anche il suo
impegno.
15
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In ricordo di Giuseppe Fantini - Dopolavoro Ferroviario BOLOGNA