n6giugno2009 Spedizione in A.P. 45% art.2 comma 20/b Legge 662/96 Filiale di Bologna Anno XL - Distribuzione gratuita SOTTO LE DUE TORRI cultura turismo solidarietà sport informazione In ricordo di Giuseppe Fantini in questo numero •Il Parco del DLF •In ricordo di Giuseppe Fantini •Amianto •Escursionisti a Barbiana •Podismo Programma •Lettera a Loriano cultura Sulle Eresie di G.Galilei e G.Bruno I di Alberto Venturini n qualità di autore dell’articolo “Teatro-Attualità della “vita di Galileo”e di ”il fuoco della ragione” pubblicato su questa rivista nel numero di marzo, desidero aggiungere qualche precisazione sull’argomento, per maggior chiarezza onde evitare “polveroni”.Il conflitto tra Galileo ed i suoi oppositori non fu un confronto tra “buoni” e “cattivi”e nemmeno tra il “bene” ed il “male”. Il confronto fu tra due metodi di pensiero. Il metodo che usò Galileo era basato sull’osservazione dei “fenomeni“, con l’uso dei suoi sensi, della sua mente e degli strumenti adeguati, nella loro natura di “oggetti”. L’altro metodo escludeva i sensi e gli strumenti, affidandosi alla “mente”, illuminata da una “rivelazione”arcana. Il metodo di Galileo rappresentava l’”oggettività della scienza”, tutto sommato neanche poi completamente nuovo, come ancor meno nuovo era l’altro metodo. I due erano coesistiti da lungo tempo. Nel “caso Galileo” furono messe a confronto due ipotesi: nella prima il Sole girava attorno alla Terra, nella seconda il contrario. Se una era vera, l’altra non poteva che essere falsa! Ora sappiamo tutti che quella “vera” era l’ipotesi di Galileo, che lui riuscì a verifica- re “oggettivamente”; la risposta era alla portata di tutti, bastava guardare nel cannocchiale. Ma i suoi oppositori non vollero guardare, non vollero vedere che la presunta ”verità rivelata” era “falsa”. Ma era solo una questione di metodo!Fu così che la ”Filosofia della scienza“ divenne lo strumento per distinguere il vero dal falso.Ai giorni nostri questa problematica è superata. La Chiesa ha capito che la scienza non può essere messa in discussione. Ma le nuove conoscenze aprono la strada a nuovi comportamenti in diverse direzioni, la cui scelta coinvolge l’etica. Qui si apre il confronto tra possibili etiche diverse. I “confessionalisti” ritengono che la loro etica debba essere imposta a tutti, credenti o meno, attraverso lo Stato. Per i laici, invece, l’etica di ogni fede può valere solo per i suoi fedeli. Lo Stato deve stabilire regole valide per tutti, per i seguaci di ogni fede ed anche per i senza fede. Questo principio è stabilito anche nella frase evangelica su “Dio e Cesare”; ma lo spazio tra i due è spesso “Terra di nessuno”; ognuno se ne vorrebbe appropriare! Secondo quanto autorevolmente precisato recentemente da mons. Fisichella, la Chiesa, a volte, ha diritto Tempo Libero Sotto le due Torri Autorizzazione Tribunale di Bologna n. 3198 del 4.4.66 Indirizzo: Via Sebastiano Serlio 25/2° Bologna Tel. 0514193180 - Fax 051371905 Editore: Associazione DLF Bologna Direttore Responsabile: Giuseppe Caputo Responsabile Editoriale: Fulvio Saiano Capo Redazione: Pierluigi Gallo Redazione: Valter Serafini, Giuseppe Lizzi, Vittorio Baglieri, Renzo Pocaterra, Jandos Rossi, Giuseppe Stefanini, Gianfranco Bergami, Alberto Venturini, Umberto Romano, Giorgio Cremonini, Paolo Mattarozzi, Giulio Girotti, Paola Bacchi. Pubblicità: Tel. 051/4193180 - Fax 051/371905 e-mail: [email protected] Stampa: Futura Press - Bologna Chiuso in tipografia il 31 maggio 2009 Tirature copie: 11.000 In copertina: “Arredo Urbano” opera di Giuseppe Fantini Visita il sito www.dlfbo.it Per la posta elettronica, scrivi a [email protected] 2 di inserirsi nello Stato, ma mai viceversa. Concetto discutibile! Ma se si vogliono evitare le guerre del passato non resta altro che una parziale rinuncia mediatoria (Vedi: “Obiezione di coscienza, concessa dallo Stato). In quanto a G. .Bruno, più che entrare sul merito della validità delle sue critiche, è interessante vedere come venne data risposta alle sue argomentazioni: gli fu tappata la bocca (in senso letterale) e poi messo a morte, perché nessuno potesse più udire le sue parole. La rinuncia alle proprie opinioni, significava accettare la “verità “rivelata”, secondo l’interpretazione dell’autorità di competenza, e quindi ogni abiura era una vittoria dell’Inquisizione, da ottenere con ogni mezzo, mentre ogni rogo era il segno di una sconfitta. Lo stesso metodo, in altro ambiente, fu adottato in tempi recenti quando fu detto:«Quella bocca non deve più parlare»; questa fu la frase che segnò il destino di Giacomo Matteotti. Ma in questo caso l’ostilità ai principii liberali e democratici era stata dichiarata apertamente. Questo episodio ha valore solo simbolico; i comportamenti repressivi e violenti ricorrono un po’ dappertutto, ovunque si guardi nella storia umana, ma il criterio liberale e democratico, con conseguenti diritti civili, mi sembra che stia avanzando un po’ ovunque, anche se niente è mai conquistato una volta per tutte. Ognuno dica la sua di Giulio Girotti In Redazione si dovrebbe parlare di tutto senza remore di alcun genere. Tutto dovrebbe essere posto in discussione: argomenti da trattare, impaginazione, qualità degli articoli, tagli da apportare, titolazioni. Anche nelle varie fasi della realizzazione del nostro mensile “Tempo Libero” si cerca di applicare questa sana prassi editoriale che costituisce l’essenza della funzione di informazione che ci vede impegnati. Gli articoli inviati e proposti per la pubblicazione vengono valutati e, se del caso, discussi per trovare ad ognuno di essi la migliore collocazione possibile. A volte, però, la discussione viene scambiata per critica personale e gli animi si accendono oltre ogni ragionevole limite. Altre volte si rinuncia a discutere per timore di invadere spazi già conquistati di diritto da amici e colleghi redattori divenuti oramai, per il loro continuativo e prezioso impegno, punti di riferimento ritenuti inviolabili. Altre volte, ancora, si ritiene che non sia il caso di alterare più di tanto “i meccanismi” che, comunque, fino ad ora hanno concorso alla realizzazione del prodotto editoriale e si rinuncia ad aprire una sana dialettica di confronto sul lavoro che stiamo svolgendo. Rinunciando al confronto d’idee rendiamo la nostra missione di volontariato meno piacevole e gratificante. Svuotiamo le nostre riunioni di Redazione del loro significato essenziale. Rendiamo quasi inutile l’azione stessa del ritrovarsi che potrebbe essere altrettanto validamente sostituita dal puro e semplice invio dattiloscritto dell’articolo o, in una forma ancor più immediata, dall’invio tramite posta elettronica. editoriale Grido d’allarme del DLF e delle associazioni di volontariato che gestiscono l’area del parco FS ritarda il passaggio dell’area al Comune e raddoppia gli oneri di locazione! di Giuseppe Stefanini È stato il nostro presidente Fulvio Saiano, il 18 maggio scorso, a dar voce, in una riunione pubblica organizzata dal PD, a tutte le Associazioni che operano nel parco di via Serlio. C’è vera preoccupazione per l’immediato: FS, o meglio FS Real Estate, una delle società che costituiscono la costellazione (o nebulosa ?) FS, ha chiesto un canone di 785.000 euro. La cifra è altissima (è doppia rispetto alla precedente). Diventa poi incredibile e inaspettata se si pensa che la proprietà dell’area del Parco è in corso di cessione da FS a Comune e che le Associazioni stesse hanno già avanzato al Comune un piano di ammodernamento e riqualificazione del Parco (ne ha veramente bisogno!) con assunzione in proprio di tutte le spese. Saiano ha anche sottolineato quanto le Associazioni (Sempre Avanti, Azucar, Scuola di Judo e Arti Marziali, Locomotiv ecc, ecc… tutte di volontariato) stiano contribuendo con le loro attività, assieme a quelle tradizionali e consolidate del DLF, a creare interesse e servizi per la città. Gli interventi degli esponenti del PD presenti, dei Consiglieri Comunali, del Presidente del Quartiere Navile sono stati tutti di grande solidarietà con le Associazioni del Parco e hanno espresso appoggio e pieno apprezzamento per il loro operato. Così Andrea De Maria, molto ringraziato per aver organizzato l’incontro, ha detto chiaramente che FS non deve rallentare le procedure di passaggio al Comune dell’area del Parco, passaggio che è già stato concordato e firmato! L’Assessore Virginio Merola, ha auspicato che, come già avvenuto con l’Agenzia del Demanio per alcune aree militari dismesse, si possa raggiungere un accordo con FS perlomeno per una consegna, un’affidamento anticipato dell’Area. Claudio Mazzanti, Presidente del Quartiere, ha insistito sulla necessità di chiudere in fretta questa fase di attesa. Si è chiesto quale strategia complessiva ha FS sul nodo di Bologna (come mai non “corre” a mettere reddito le superfici edificabili che sono state riconosciute nel nuovo piano?) e ribadisce che l’area del Parco deve rimanere area sportiva e a verde pubblico. Non c’è bisogno di palazzinari per la riqualificazione del Parco! L’Assessore Patullo, ha confermato che le Associazioni hanno presentato un piano auto-finanziato di grande interesse, che prevede l’integrazione con le attività sportive, culturali e del tempo libero del Quartiere e della città. Il Senatore Walter Vitali infine, appoggiando i vari interventi, si è dichiarato assolutamente disponibile per una interpellanza parla- sommario Pag. 03 – Editoriale Pag. 04 – 2 Giugno, la tajadéla scundé Pag. 05 – La Settimana della Cultura Pag. 06 – Panzèta e l’altra Parigi Pag. 07 – Un altro artista: Giuseppe Fantini Pag.11 – Incontri di Redazione, Casanova Pag.12 – Amianto e lettera a Loriano Pag.13 – Imola basket Pag.14 – Recensioni e Podisti Pag. 15 – Escursionisti a Barbiana 3 festa della Repubblica 2 GIUGNO - Festa della Repubblica Italiana Una festa che onora il nostro passato e lo riscatta di Romano Cattani S ono passati ormai sessantatre anni da quando il 2 giugno 1946, a seguito di un Referendum Istituzionale, il popolo italiano ha decretato di passare dalla monarchia alla repubblica. L’Italia era appena uscita dalla guerra; una guerra terribile che aveva visto in campo quasi tutto il mondo ed aveva assistito ad orrori inimmaginabili. Non ci fu uno scarto molto grande, ma gli italiani non poterono perdonare alla monarchia dei Savoia di non essere stata capace di evitare l’entrata dell’Italia, nel conflitto, a fianco della Germania che aveva la presunzione di dominare tutta l’Europa e votarono di conseguenza. L’esito del Referendum portò, poi, alla nuova stesura della Costituzione Repubblicana, approvata dall’Assemblea Costituente il 22\12\1947, promulgata dal Capo Provvisorio dello Stato Enrico De Nicola il 27\12\1947 e pubblicata, in edizione straordinaria, sulla Gazzetta Ufficiale n°298 del 27\12\1947 ed entrata in vigore il 1\1\1948. E’ una ricorrenza molto importante per i suoi significati storici; c’è stato, però, un periodo che, sembrava, non la si ritenesse poi tanto importante tant’è che ne fu abolita la ricorrenza, assieme ad altre festività laiche e religiose. Per fortuna, dopo diversi anni, ci fu un presidente che la volle riprendere (Ciampi). Oggi, in questo giorno, possiamo tornare nelle piazze ad assistere alle sfilate dei militari di tutte le armi attual- mente in servizio effettivo, assieme ad altri in età avanzata che hanno partecipato attivamente a quell’immane conflitto. Essi sono gli ultimi testimoni di quanto la follia umana abbia potuto operare. Ci sono pure anche molti giovani; alcuni assistono solo per curiosità, altri, invece, sono più partecipi perchè sono stati resi edotti del vero significato di questa manifestazione. Ed è questa la vera importanza del rinnovo di questa ricorrenza: il ricordo ed il suo significato storico. Non bisogna dimenticare, ecco il motto che ci dobbiamo dare, così come non dobbiamo dimenticare la Resistenza e tutte le battaglie politiche e civili, che ci hanno garantito, nell’arco di questi sessant’anni, una vita democratica. Non a caso ritengo si debba avere una grande attenzione su questi valori perché, la cronaca giornaliera ce lo impone, sono tanti i segnali di rigurgiti tendenti a sminuire, denigrare e distruggere quanto si è conquistato con tanti sacrifici anche di vite umane. La stessa unità del paese potrebbe essere in pericolo se si desse ascolto al progetto di certi movimenti che, con la scusa di una maggiore autonomia economica, entro certi limiti condivisibile, vorrebbero creare dei veri e propri staterelli sovrani, alla faccia dell’Unità Europea e di altre Organizzazioni Mondiali. La tajadéla scundè (la storia di ieri che ritorna) di Valter Serafini Referendum ed elezioni del Sindaco ...Centoquarantanove anni fa Cosa successe la prima volta che i cittadini di Bologna affrontarono l’esperienza delle elezioni e del referendum? Il primo referendum a cui furono chiamati a votare si svolse l’11 e il 12 Marzo 1860, e fu relativo al quesito: Annessione alla Monarchia Costituzionale del Re Vittorio Emanuele II, o Regno Separato. Il 14 Marzo il Tribunale di Cassazione annunciò che nella nostra Regione i favorevoli all’annessione furono 426.006, mentre per il Regno Separato furono solo 756. Un plebiscito dunque, anche se va ricordato che il 20% non votò per protesta, perché, o era anti monarchico, o aveva nostalgia del vecchio regime, cioè 4 il Papato. Si festeggiò in tutta la città, e in questo clima d’euforia il 21 Marzo vi furono le elezioni del primo Sindaco di Bologna, il marchese Luigi Pizzardi. Ma sia l’esito del referendum che quello dell’elezione del sindaco, per la Chiesa, (estromessa dal potere), furono bocconi così amari da ingoiare, che al Te Deum di ringraziamento celebrato in San Petronio, l’Arcivescovo proibì ai rappresentanti del Clero di prendere parte al rito religioso! Onore e gloria per chi ha vinto, amarezza e rabbia per chi ha perso. Niente di nuovo, quindi, sotto alle due torri! cultura Associazione Dopolavoro Ferroviario Bologna Via S. Serlio, 25/2 - 40128 Bologna - Tel. 051.4193180 - Fax 051.4193245 - Tel FS 3491-3386 web www.dlfbo.it [email protected] Area Progetto Cultura 16ª Settimana Culturale a Plan di Val Gardena dal 29 Agosto al 5 settembre 2009 > SABATO 29 AGOSTO Pomeriggio ⇒ arrivo degli ospiti e sistemazione nella Casa Alpina ⇒ 18.30 Aperitivo di benvenuto e presentazione del programma settimanale > DOMENICA 30 AGOSTO Mattina ⇒ Visita alla città ⇒ 16.00 Presso la Casa della Cultura, sala Bera Albino di Selva Val Gardena, inaugurazione Mostra di Pittura, Fotografia e Filatelia “LE MONTAGNE” ⇒ 21.00 CASA DELLA CULTURA di Selva Val Gardena Concerto del tenore Martino Laterza del Teatro Comunale di Bologna, del soprano Tiziana Guglielmi accompagnati da pianista (arie, romanze e classici napoletani) > LUNEDÌ 31 AGOSTO Mattina ⇒ Escursione breve organizzata in loco. ⇒ 21.00 Seminario-presentazione Mostra Mondiale delle Mummie. Relatore Dott. Andreas Putzer, curatore della mostra. > MARTEDÌ 1 SETTEMBRE ⇒ La giornata del Museo: Visita mostra “mummie sogno di vita eterna” al Museo archeologico dell’Alto Adige di Bolzano. La visita guidata al museo è organizzata per gruppi di partecipanti con partenze da Plan alle ore: 8.45 (turno antimeridiano) e 14.45 (pomeridiano) ⇒ 21.00 Presentazione gita di giovedì e testimonianze fotografiche della settimana culturale 2008 (foto, diapositive, itinerario, luoghi, storia) > MERCOLEDÌ 2 SETTEMBRE ⇒ Mattina escursione breve ⇒ 21.00 Selva (zona pedonale) esposizione oggetti e altre cose tradizionali della Val Gardena > GIOVEDÌ 3 SETTEMBRE Gita a Castel Presule-Laghi di Fiè-Castelrotto ⇒ 8.45 partenza gita dalla Casa Alpina (intera giornata) ⇒ 21.00 Selva Val Gardena, Piazza del Comune Serata folcloristica Gardenese con esibizione dei corni di montagna, del gruppo di ballo Gardenese e degli schiaffeggiatori di Funes > VENERDÌ 4 SETTEMBRE ⇒ Mattina Escursione breve ⇒ Pomeriggio Libero ⇒ 20.00 Cena di saluto > SABATO 5 SETTEMBRE ⇒ Mattina libera e partenza POSTAZIONE TELESCOPICA PRESSO IL PARCHEGGIO DELLA CASA ALPINA DALLE 22.00 ALLE 24.00 La quota partecipazione di € 330.00 a persona comprende: pensione completa (escluse bevande), bus gita a laghi di Fiè e bus museo di Bolzano, ingresso Castello di Presule e ingresso con guida alla mostra delle mummie. (€ 310.00 senza viaggio e visita guidata alla mostra delle mummie) Bimbi fino a 3 anni gratis (pasti esclusi); fino 14 anni (in 3° e 4° letto) sconto € 62.00; adulti (3° e 4° letto) sconto € 26.00; supplemento camera singola € 12.00 al giorno; camera doppia uso singola + 40%. Le prenotazioni si ricevono: presso la Segreteria DLF – Tel. 051/4193180 (Signore Nadia e Fabienne) 5 turismo Panzèta e l’altra PARIGI I n Panzèta era nato lo struggente desiderio di rivedere PARIGI, e visitare i luoghi un po’ meno famosi della città. Egli si recò dove sapeva l’avrebbero consigliato per il meglio, cioè all’AGENZIA VIAGGI “IL TRENO” del DLF che prenotò tutto ciò di cui lui avrebbe avuto bisogno! E furono ineccepibili! Come sempre! La sua visita iniziò dal Point Zéro, (Metrò Cité), posto nel piazzale antistante la cattedrale di Nôtre-Dame, da dove ha inizio la misurazione per tutte le distanze! Poi Panzèta s’incamminò per Quai des Orfévres, (celebre nel XVII° e XVIII° secolo per le botteghe orafe), fermandosi davanti al numero 36. Quella è la porta della “Polizia Giudiziaria” dalla quale il Commissario MAIGRET entrava per salire i 138 gradini ricoperti di linoleum nero che lo portavano al suo ufficio, (parola di Georges Simenon, lo scrittore che l’ha inventato)! Panzèta non riuscì a vedere se all’interno esiste veramente una scala simile, e, ovviamente, non vide neppure Maigret, ma si sentì così coinvolto che nel vicino Bistrò ordinò un “calvados”, il liquore preferito dal commissario! Quindi alzò gli occhi sulla Tour de l’Horloge, e ammirò quello che è considerato il primo orologio municipale di Parigi, (1334), ancora perfettamente funzionante! Un centinaio di metri più avanti trovò Pont St-Lois, il ponte che collega le due isole della Senna. Crollò il giorno stesso dell’inaugurazione causando 20 morti. Ricostruito più volte, é più volte crollato, e l’attuale è frutto della 9ª ricostruzione! Panzèta, un po’ titubante, attraversò il ponte...velocemente! Lasciate le isole, visitò quella che è stata un tempo la parrocchia dei Re di Francia, la Eglise St-Germain-l’Auxerrois (M.Pont Neuf), nota anche perché dopo la “notte di San Bartolomeo”, (24 Agosto 1572), suonò il mattutino per comunicare il massacro dei Protestanti. Nelle vicinanze si trova anche la Tour St-Jacques, che nel Medioevo era il punto d’incontro dei pellegrini diretti a Santiago di Compostela. Ora vi hanno installato una stazione di rilevamento meteorologico. La rue de la Ferronnerie porta lo stesso nome dal 1229, ed il 14 Maggio 1610 è stata teatro dell’assassinio di Enrico IV. Panzèta si soffermò davanti al n..11 dove una lapide in marmo con 3 fiori di giglio, ricorda il tragico evento. Fece poi un paio di fotografie al DéIn questo palazzo, lo scrittore fenseur du Temps, (M. Simenon ideò l’ufficio del Rambuteau), l’orologio commissario Maigret Quai des Orfevres,36 in ottone e acciaio alto 4 6 di Valter Serafini metri, con un uomo armato di spada e scudo che si battè vittoriosamente contro i tre elementi rappresentati dal drago Parigi - Square Jean Rictus (la terra), Ti amo scritto in 288 lingue diverse dall’uccello lità così famose, (Edith Piaf, (l’aria), e dal granchio (l’acOscar Wilde, Marcel Proust, qua). L’animazione avviene Chopin, Rossini, Jim Morrialle ore 12, alle 18 e alle 22. son, Modigliani, tanto per ciAl Pantheon, (M.Maubert), tarne alcune), che fu imposPanzèta andò per vedere sibile per Panzèta non dediil celebre Pendolo di Foucargli un po’ del suo tempo. cault, una sfera in acciaio di Così come la frequentatissi28 kg. appesa ad un cavo di ma collina di Montmartre 67 mt., che durante l’oscilcon i suoi pittori, è una meta lazione ha costituito la pro“irrinunciabile” anche per va della rotazione terrestre. chi Parigi l’ha visitata altre Non lontano, egli trovò rue volte (M. Anvers+ FunicoVauquelin, dove in un labolare). Ma ai piedi della colratorio fatiscente della facollina, in square Jean Rictus, tà di Fisica e Chimica della (M.Abbesses), esiste con un Sorbona, il 26 Dicembre curioso muro ricoperto di 1898 Pierre e Marie Curie mattonelle in ceramica, che scoprirono il radio! Parinon è meno interessante! Ingi dista dal mare circa 400 fatti, ha la fatidica frase “TI km., ma è possibile vedere AMO” scritta in ben 288 linun sommergibile! Panzèta si gue diverse! Ecco perché a diresse alla Cité des ScienParigi ci si può tornare una ces & de l’Industrie (M. La seconda volta! Villette), e dopo la visita (interessantissima), chiese un biglietto suppletivo per il sommergibile Argonaute. Dismesso nel 1989, è lungo quasi 50 metri ed è dotato di siluri. Per Panzèta fu sconvolgente sapere che in un spazio così angusto operasse un equipaggio di 40 persone! Da vedere! Nel cimitero monumentale Père-Lachaise, (M.Père-Lachaise), vi Pére Lachaise - Tomba di Modigliani sono sepolte persona- cultura Un altro artista… di Pierluigi Gallo C orrevano gli anni sessanta. L’adolescenza di allora trascorreva molto più serenamente di quanto non accada oggi. Non c’era trippa per gatti e il divertimento era quello di ritrovarsi qualche volta in Oratorio dal prete oppure per la strada per decidere cosa fare. Il mio rapporto amicale con Giuseppe credo che sia durato il tempo di una primavera estate. Una meteora, i prati di Caprara, i laghetti a ridosso di via Beretta Rossa dove le rane facevano gli onori di casa. Credo che avesse un paio d’anni più di me, ma il suo aspetto era quello che potete vedere nelle foto che abbiamo scelto. Un bel faccione, corpulento e bonario: un classico; una testa di riccioli e la sua ala protettrice sopra di me che pesavo meno della sua metà. Poi più nulla nella mia memoria, sarà andato ad abitare in un altro quartiere. Poi il ritrovamento quando lo vidi all’officina Grandi Riparazioni di via Casarini, io ferroviere dell’ attiguo Magazzino Approvvigionamenti. Un abbraccio e un saluto sono bastati come il fatto che ritrovarsi a lavorare nella stessa azienda fosse già un segnale. Giuseppe Fantini e l’officina Il destino in un nome A bbiamo un debito nei confronti di Giuseppe Fantini: rendergli onore per i tanti anni di lavoro artistico e organizzativo nel condurre il Gruppo Arti Figurative, (dal 1994 Officina dell’Arte con il trasferimento da Via De’ Poeti all’ex OMA), per la qualità dei suoi splendidi lavori e per il destino che l’ha accomunato ai troppi lavoratori dell’ Officina Grandi Riparazioni vittime dell’amianto, nemico silenzioso e terribile, riconosciuto con ritardo e ancora in grado di suscitare timori angosciosi in tutti coloro che ci hanno avuto a che fare. Officina è una parola nobile dai molti significati. E’ il luogo dell’artefice. La prima officina nella vita di Giuseppe è stata quella di di Renzo Pocaterra Via Casarini. Un luogo per tanti aspetti ammirevole per un lavoro di cui essere orgogliosi. Vi arrivavano le elettromotrici e gli elettrotreni che avevano raggiunto un milione di chilometri. Allora le Ferrovie non buttavano via nulla. Tutte le parti del veicolo venivano smontate, revisionate e rimontate, dalle ruote ai pantografi: finestrini, sedili, motori ,ogni vite, ogni bullone. Il rotabile usciva dall’officina come nuovo, ancora più efficiente, perché a volte aveva ricevuto equipaggiamenti nuovi di zecca. Per intervenire sulle casse era necessario togliere prima la coibentazione, a base di amianto, applicata su tutta la superficie interna del veicolo. Un lavoro fatto manualmente, all’inizio senza precauzio7 cultura ni di sorta, con pericoli per la salute che solo gli anni avrebbero rivelato. Un lavoro “sicuro”, come si diceva allora, serve anche a coltivare i sogni, le aspirazioni che ognuno di noi ha e che ci permettono di esprimere al meglio ciò che siamo. Il sogno di Giuseppe Fantini era la pittura ed evidentemente fin da allora aveva compreso che l’arte non è solo una attività di svago intesa come divertimento o evasione nell’ambito del cosiddetto “tempo libero”. Nella sua migliore espressione può diventare fonte di conoscenza, di emancipazione e di critica della realtà. In questo caso occorre un bagaglio tecnico e culturale che solitamente è appannaggio degli addetti ai lavori. Il primo passo di Fantini in questa direzione fu il diploma di pittura ottenuto all’Accademia di Belle Arti. Una seria preparazione accompagnata alla ricerca di un suo linguaggio pittorico che lo porterà a mutare frequentemente stili e tecniche coltivando la pittura e l’incisione con risultati tanto lontani fra loro da far pensare a diversi esecutori. Negli anni ‘60 entrò a far parte del Gruppo Accademico di Bologna con uno studio in via Massarenti, condotto con altri appassionati . Furono gli anni del suo periodo cosiddetto “Fauve”, perché ricordava la stile di quel movimento di avanguardia degli inizi del Novecento. I Fauves (alla lettera Belve) erano ribelli e contestatori che usavano colori puri e “urlanti” privi di sfumature e per nulla aderenti alla realtà. “Niente cieli azzurri e campi verdi nei miei quadri – diceva Matisse, un grande fauve – ma cieli marrone e campi grigi. Colori stridenti e figure deformate sono tipici anche del Fantini di quel periodo. I suoi soggetti ricorrenti sono figure di donna con una accentuata atmosfera di condanna, di ripulsa. Donne discinte, in pose volgari, con 8 visi duri, in attesa. Sono rivelate da una luce radente impietosa in contrasto con sfondi molto scuri. Una pittura di ribellione e di condanna, atteggiamento frequente negli anni giovanili. All’inizio degli anni ’70 si avvicina al Dopolavoro ed entra a far parte del Gruppo Arti Figurative. Era evidentemente un gruppo bene assortito ed era il momento giusto. Il famoso grido del ’68 francese L’immaginazione al potere! era risuonato anche in Italia. Negli ambienti artistici molti pensarono che era giunto il momento di dare all’arte un ruolo nuovo, critico e costruttivo nei confronti della società. Il Gruppo Arti Figurative decide di fare il salto di qualità, di passare dalla concezione “dopolavoristica” dell’arte, fatta di creatività istintiva e di intenti principalmente ricreativi, ad una attività guidata di studio della storia dell’arte e delle tecniche espressive. Fantini è l’uomo giusto per le sue frequentazioni in ambito accademico. Nella sede di Via de’ Poeti si tengono corsi di Pittura, Scultura, Grafica e Storia dell’Arte tenuti da docenti dell’Accademia di Belle Arti e operatori del mondo artistico bolognese che hanno accettato con entusiasmo di dare il loro contributo. I nomi sono fra i più noti e sono tanti. Ne ricordiamo alcuni che hanno raggiunto traguardi prestigiosi nella carriera accademica e in campo artistico, come Adriano Baccilieri, già direttore delle Accademie di Bologna e Ravenna e attualmente titolare della cattedra di Storia e Filosofia dell’Arte, Rossella Piergallini, docente in Accademia, i pittori Vittorio Mascalchi, Pompilio Mandelli, gli incisori Dino Zuffi e Cataldo Serafini, i critici d’arte Marilena cultura Pasquali e Claudio Ceritelli. L’attività del gruppo esce dall’ambito DLF, riscuote l’apprezzamento degli ambienti artistici e le mostre tenute nella nostra galleria “SPAZIO UNO” sono seguite con attenzione. Nel 1984 la Sala d’Accursio ospita la mostra BOLOGNA UNA SCUOLA, patrocinata dal Comune, presentando opere di Giuseppe Fantini, Gabriele Bianchi, Angela Bassi, Adriana Biondi, Umberto Degli Esposti, Valeria Forni, Franco Rosselli, Antonio Stanzani ed altri. E’ giusto ricordare che la tradizione dei corsi formativi tenuti da docenti laureati all’Accademia di Belle Arti, continua tuttora. Giuseppe Fantini, con la pittura, coltiva anche l’incisione, principalmente acqueforti. Prende corpo una concezione che gli sarebbe stata compagna per tutta la vita, come una sorta di premonizione. Nel 1981 aveva esposto questi lavori in una mostra a Riolo Terme, con una presentazione critica dalla quale riprendiamo questa osservazione: “Protagoniste delle sue incisioni sono figure statiche e misteriose, senza volto, quasi baconiane, che incarnano il dilacerante dramma dell’umanità oppressa dalle strutture tecnologiche da essa stessa create: dramma che, nella sua ineluttabile evoluzione, sfocia nella disgregazione completa della figura e nel loro assorbimento totale da parte dell’ambiente” (Conti-Sampognaro). Col tempo la sua arte si addolcì, rivolgendosi verso temi più tradizionali nel filone figurativo, la natura in particolare. Il paesaggio è visto come una sorta di paradiso perduto, da non disperdere se non da riconquistare. Le sue opere più recenti, ottenute con un originale impiego dei colori usati per tinteggiare le case, applicati senza far scorrere il pennello, fanno parte della serie da lui stesso chiamata “arredo urbano”: grandi distese di fioriture multicolori da introdurre nelle città per ravvivare la tristezza delle nostre case moderne e delle anonime periferie. Questi colpi di pennello che, come dice Gabriele Bianchi, ricordano Manet, catturano lo sguardo e dentro risponde una voglia di spazi aperti, di brughiere fiorite, nelle quali si nascondono animali che nessuno molesta, dove non si osa entrare per non rovinare il capolavoro della natura. Avrebbe raggiunto certamente altri traguardi artistici e umani, Giuseppe Fantini se il destino non gli avesse fatto, come lui stesso ebbe a dire, un regalo. di quelli che non si possono rifiutare. Dopo avere lottato per tre lun9 cultura ghi anni si è dovuto, nel 1993, arrendere all’amianto, nemico silenzioso, ancora oggi una minaccia. Una parte degli artisti continua a vivere nelle loro opere. Per questo, ricordando il suo lavoro per il DLF, le riproponiamo ai nostri lettori. Un affettuoso saluto e un ringraziamento alla moglie Alberta ed alla figlia Elisabetta che ci hanno mostrato e illustrato le sue opere e la sua vita. Come Giuseppe Fantini vedeva le sue opere grafiche Idee e forma non nascono insieme. Questo in grafica è il segno di contraddizione interna al lavoro. Talvolta cerco il segno appropriato, meglio, cerco di percepirlo: è una questione di reminiscenza non di creazione. Il formarsi del segno è un fenomeno interessante. Riflettendo, in uno stato generale di sensibilità, di immaginazione, di volontà, sono interamente preso: niente resta fuori dalla mia percezione: tutte le mie facoltà sono protese a captare il segno in cui quella percezione si materializza facendosi immagine. Ne risulta un segno estetico difficile da definire: non è naturale perché l’ho provocato con la concentrazione delle forze del mio intelletto e dei sensi., ma non è neppure artificiale, perché, pur provocandolo, riesco ad abbandonarmici come in uno stato naturale. Io e la mia opera siamo allora una cosa e tuttavia la considero e la tratto come «altro da me». In queste condizioni sento germinare le forme, i ritmi; più che crearle aiuto il loro sviluppo e i segni si schiudono. Allora, all’impegno della creazione, subentra la felicità di creare. GIUSEPPE FANTINI 10 cultura la scuola di musica del corpo bandistico g. puccini - dlf bologna di Giuseppe Stefanini Q uando nel settembre 2008 il Corpo Bandistico Giacomo Puccini ha lasciato la sede della Fondazione Franco e Cecilia Busi (l’ex fabbrica di Via Emilia Ponente), inaugurata soltanto tre anni prima, anche le attività della scuola di musica sono stato obbligatoriamente interrotte finché la Banda non avesse trovato una nuova casa, più consona al carattere amatoriale della banda. Fortunatamente, grazie all’interessamento dell’allora Consiglio Direttivo e in particolare del responsabile della Cultura Antonio Mitro, la Puccini è diventata uno dei gruppo del DLF. Grazie anche al forte impegno del nuovo direttore Marco Benatti, abbiamo potuto preparare con largo anticipo i concerti per la stagione 2009 (con una media di circa 25 musicisti ad ogni prova). Nel frattempo si sono aggiunti all’organico anche nuovi musicisti, sia studenti sia lavoratori. Il primo servizio con la bandiera del DLF è stato in Piazza Maggiore per le celebrazioni del 25 aprile (consueto appuntamento per la Puccini) e il 22 maggio si esegue il concerto di inaugurazione della Festa del Parco. Concerti e processioni a parte, però, grazie al DLF siamo riusciti a portare avanti le attività della nostra scuola (che riceve anche un piccolo contributo dalla regione). Oltre ai due insegnanti diplomati che fanno musica d’insieme per sassofono e flauto traverso, abbiamo avviato anche corsi propedeutici per ottoni; quest’anno la più giovane allieva di flicorno contralto compie otto anni! Abbiamo formato recentemente un ensemble di ottoni e a partire da settembre, contiamo di ampliare le attività anche con un gruppo di musica d’insieme per sassofoni. Essendo il lavoro in piccoli gruppi divertente, oltre che fondamentale dal punto di vista musicale, aiuta i principianti (anche giovanissimi) ad avvicinarsi gradualmente alla banda senza traumi. Non vogliamo formare diplomati, ma musicisti! Senza rinunciare del tutto a metodologie tradizionali, lavoriamo per integrare aspetti innovativi della didattica anche estera, che oggi si fanno sempre più strada nell’educazione musicale in Italia, anche fuori dai Conservatori. Senza una scuola di qualità una banda non può crescere. Ci fa da ottimo esempio la Filarmonica di Reggiolo, nella provincia di Reggio Emilia, dove andiamo periodicamente per giornate di formazione e musica insieme organizzati dalla loro scuola. Ci auguriamo che la scuola della Banda nel parco diventi un importante punto di riferimento per l’educazione musicale bolognese e che fornisca un contributo significativo alla vita del Quartiere e del “nuovo Parco” (Ferrovie Italiane permettendo). Se ti interessa iniziare o riprendere lo studio di uno strumento, basta che ci telefoni e studieremo insieme come impostare un percorso di studi che ti farà divertire e che ti porterà al più presto a suonare con altri. telefonare: 347 7918975 scrivere: [email protected] Maureen Lister Presidente Banda Puccini www.bandapuccini.it Tommaso Biondo espone presso il Ristorante Casanova Via Milazzo 24/a Bologna dal 29 maggio 2009 al 02 luglio 2009 11 ambiente Rischio amianto: Le Ferrovie dello Stato dovevano e potevano intervenire prima H o appreso dai giornali che, dopo tanti anni, il Tribunale Penale di Bologna ha riconosciuto colpevoli ed ha condannato un gruppo di Dirigenti che negli anni settanta operava nell’ex Servizio Materiale e Trazione di Firenze, nell’ex Officina Grandi Riparazioni di Bologna e nell’ex Ufficio Sanitario delle Ferrovie dello Stato, per non avere svolto correttamente il proprio ruolo di responsabili delle condizioni di salubrità degli ambienti di lavoro e per non essere intervenuti per la riduzione, il contenimento e l’eliminazione del rischio amianto. L’esposizione a forti dosi di polvere di amianto si verificava durante le lavorazioni di manutenzione e riparazione dei rotabili che si svolgevano all’interno dell’O.G.R. Dagli anni cinquanta e fino a tutti gli anni settanta la situazione in essere all’O.G,R. di Bologna era assolutamente non rispettosa delle leggi, delle normative e delle conoscenze scientifiche già esistenti in quel periodo e ciò ha provocato danni irreversibili a tanti lavoratori, ben oltre i diciassette ricorrenti, sicuramente oltre cento e continuerà ancora purtroppo a colpire altri soggetti, a quei tempi esposti al rischio amianto. Detto questo e considerato che l’organizzazione burocratica delle Ferrovie dello Stato in quel periodo non era certo definita per incentivare impegno e responsabilità, bisogna comunque ricordare che comportamenti gravi di disimpegno, disinteresse e sotto valutazione ci sono stati e non erano certo giustificati. Come “Consiglio dei Delegati”, struttura sindacale unitaria di base di allora, resi consapevoli del rischio amianto in cui si operava in O.G.R. da notizie stampa e da sindacalisti di grande correttezza e di grande competenza; in particolare vo- 12 di Romeo Zazzaroni glio ricordare Di Giangirolamo Franco, Rubini Gino e Braccesi Cosimo. Chiedemmo alla Dirigenza delle F.S. di affrontare il problema e in un incontro “storico” del 30 agosto 1979 ponemmo una serie di precise richieste. Partimmo da queste logiche considerazioni: sapendo che l’esposizione alle polveri di amianto può produrre gravi danni irreversibili, rivendicammo la riduzione, il contenimento e l’eliminazione del rischio attraverso tutte quelle iniziative che tecnicamente era possibile adottare, prima attraverso un piano di emergenza, poi con interventi strutturali; chiedemmo anche una verifica dello stato di salute dei lavoratori esposti ed un’analisi del processo produttivo, dei prodotti contenenti amianto utilizzati, nonché un’indagine sull’ambiente di lavoro. Tutto questo, a nostro parere, doveva essere fatto con la partecipazione di alcuni esperti estranei alle Ferrovie dello Stato - di cui non ci fidavamo – e con il coinvolgimento sia della rappresentanza sindacale che di tutti i lavoratori. Trattativa difficile e complessa, ma alla fine si fece un primo accordo a seguito del quale si avviarono diverse iniziative di carattere urgente e a più lungo termine: 1) separazione provvisoria di alcune lavorazioni, 2) mezzi di protezione individuale più adeguati, 3) riorganizzazione della produzione, con l’accantonamento, per un periodo, di quelle attività che esponevano maggiormente al rischio polveri d’amianto e poi avvio dell’indagine generale sulle condizioni di lavoro e sui possibili interventi per ridurre e/o eliminare il rischio, indagine coordinata e diretta da quattro tecnici esterni alle ferrovie e messi a disposizione dal Servizio Sanitario Nazionale. Il Servizio Sanitario delle fer- rovie partecipava e collaborava con propri rappresentanti. Quel lavoro che iniziammo allora è durato tanti anni, ha prodotto tanti cambiamenti e tanti risultati per il superamento del rischio amianto, che purtroppo di tanto in tanto si ripresenta, perché ancora si trovano nei rotabili prodotti a base di amianto. Ora però le conoscenze sono alla portata di tutti e le responsabilità non possono essere eluse. Tra chi è stato esposto, come già dicevo, una parte ha subito gravi danni, gli altri giustamente sperano di uscirne indenni, cosa certamente possibile, anche se le polveri di amianto sono una nocività veramente subdola che non ci lascerà tranquilli ancora per tanto tempo. Concludo pensando a quegli anni, dal 1980 in avanti e a quel grande impegno profuso dai tanti coinvolti, lavoratori, rappresentanti sindacali, tecnici del Servizio Sanitario Nazionale e tecnici e dirigenti delle ferrovie. Un’attività, mi auguro, di cui nessuno si sia pentito, anche se ci sono stati momenti di scontro e di incomprensione. Io rimango assolutamente convinto che il lavoro di eliminazione del rischio amianto andava fatto e aggiungo deve continuare perché non tutto è risolto. Ciao Loriano Mi è stata gentilmente data la possibilità di parlare di te ma non riesco a scrivere in questo momento tutte le emozioni che sto provando: emozioni di rabbia e dolore nel morire di e per il lavoro, emozioni di tristezza ma anche di complicità intima nell’affiancarti sin dall’inizio nella tua lunga battaglia contro questa malattia chiamata “mesotelioma pleurico”... si perchè tu, anche se talvolta ti chiamavano affettuosamente Lorianino eri un grande uomo, uno che non mollava mai e combatteva fino a quando ha potuto; chi ti ha conosciuto e affiancato nelle tue battaglie sa che le portavi avanti in modo disinteressato perchè ci credevi veramente, quante volte ti ho sentito dire lo faccio per mio figlio e quelli della sua generazione; magari oggi verresti chiamato un idealista però questa parola idealista mi riempie d’orgoglio in quanto nel tuo piccolo assieme ad altre persone sei riuscito a cambiare alcune cose. Ecco ora da qui ti saluto esco dal mondo computerizzato e torno in quello nostro per parlarti ancora con il mio cuore e la mia mente. Ciao. Tua moglie Noella Esprimo anche sentimento di solidarietà a tutte quelle famiglie che hanno perso un essere caro a causa dell’amianto ringraziando una volta ancora tutte quelle persone che mi sono state vicino per salutare Loriano anche in modo simbolico indossando le tute bianche, esprimendo così un messaggio di rivolta; grazie a voi che continuate a battervi in modo che si sappia che si muore ancora di questo. sport e turismo Un canestro per gli Amici dell’AVIAT A nche quest’anno si ripresenta per gli amici del basket di Imola e dintorni, il “Crazy Streetball” giunto alla sua terza edizione. Iniziato in sordina nel 2007 per rinverdire i fasti dei tornei estivi a Imola, in questi anni il torneo è cresciuto come interesse ed anche come livello generale di gioco. Magistralmente organizzato dagli appassionati del DLF imolese, il torneo vede sfidarsi giocatori di tutte le categorie e anche giovani dall’under 17 in su. Ovviamente si gioca per divertirsi e per passare insieme le belle serate di inizio estate, per cui le partite sono sempre animate da sana rivalità e benevola presa in giro dell’amico/avversario, con cui dopo la doccia esci a fare una bella bevuta. Le sfide sono appassionanti e nelle serate tanta gente si raduna presso il playground appoggiata alla balaustra o sulle panchine, e si vede anche qualcuno con la sdraio portata da casa, per godersi il fresco e lo spettacolo comodamente seduto come nel proprio salotto. Il torneo è quindi occasione di incontro per la cittadinanza e anche di basket mercato tra addetti ai lavori delle “minors” locali. Quest’anno poi c’è un motivo in più per partecipare sia come giocatore che come spettatore, perché sarà anche possibile fare Un Canestro per gli Amici dell’ Aviat. In contemporanea a torneo vi di Valter Serafini sarà infatti una raccolta fondi per gli “Amici del Togo” dell’ AVIAT un’organizzazione che periodicamente effettua visite mediche ginecologiche ed oculistiche in Togo presso popolazioni che non posseggono praticamente strutture sanitarie. Non è la prima volta che l’Associazione del Dopolavoro di Bologna affianca queste associazioni di volontari con il proprio contributo grazie al Circolo di Imola. Entro il 10 di giugno qualsiasi amante del basket giocato può perciò iscriversi con qualche amico formando una squadra per dar vita ad una emozionante sfida con se stesso e contro gli amici di sempre. Il torneo avrà luogo tutte le sere dalle 20.00 alle 23.00 dal lunedì al venerdì per due settimane dal 22 giugno al 3 luglio, come tradizione al CAMPETTO DELLA VOLTA, gentilmente concesso dall’assessorato allo Sport del Comune di Imola che patrocina la manifestazione. La formula di svolgimento sarà la stessa degli altri anni, cioè un appassionante 3 contro 3, con le squadre suddivise in gironi nella fase eliminatoria, al termine dei quali si passerà ai playoff per determinare la squadra vincente che succederà ai campioni uscenti (vedi foto). Come sempre poi ci sarà la gara di contorno per misurarsi nel tiro da tre ed infine premi individuali, messi a disposizione dai munifici sponsor della manifestazione, in primis Con.Ami e So.G.E.I. e Conserve Italia, Ipercoop Leonardo , Fuori Moda Caffè , Buenavida, Grafiche Baroncini. Per scaricare modulo di Iscrizione e Regolamento basta collegarsi alla sezione dedicata del sito Sportimola. com, per le altre informazioni basta rivolgersi: organizzatori Ettore (328.6671046 E-mail: corcetto74@ libero.it) e Daniele 348.3788175 13 recensioni Recensioni di Paola Bacchi MURDER 2 La letteratura è piena di doppi. La scienza è piena di doppi. Giorgio Celli è un famoso etologo bolognese, come sappiamo, che ama i felini. Inoltre non è solo uno scienziato, ma un autore che ha indagato nella sua prolifica vita di scrittore vari generi, dal teatro al saggio al thriller. Questo giallo intitolato Il gatto allo specchio per i tipi Morganti Editori, finito di scrivere nel novembre 2008, e ambientato a Bologna racchiude al suo interno molti interessi di Giorgio Celli, soprattutto quello specifico scientifico e quello più filosofico dedicato al suo grande affetto per il mondo dei gatti (e dei loro ineffabili modi di essere). Celli riesce a intrecciare una trama appassionante col Commissario Michelucci, solitario alter ego dell’autore, includendo a effetto anche la didattica, trascinando il lettore a riflettere sulle più recenti e contrastanti ricerche della scienza. Chi legge finisce per chiedersi fin dove può spingersi la scienza: essa stessa non è illegalità? Non è contro la morale, la natura, l’uomo? Attorno alla presenza misteriosa e ronfante di Murder 2, il gatto protagonista del libro, si snoda la vicenda di alcuni scienziati che giocano con la vita e con la morte. La ricerca, pare essere la morale di questo romanzo giallo, se non si pone delle regole porta a danni incalcolabili, ai limiti della fanta – scienza, ai limiti del possibile, prefigurando mondi paralleli. Doppi, appunto… 14 IL MONDO DI SUPERMAN Riusciremo a proteggere e salvare il mondo dall’abuso e dal consumo senza regole e senza fine? Qualcosa, ciascuno di noi può farlo. Non basta il solo buon senso, ma l’applicazione di conoscenze di quotidiana fattibilità. Il “vademecum” del buon ecologico cittadino è racchiuso nelle pagine del libro Salvare il mondo senza essere Superman di Roberto Rizzo edito da Einaudi. Cosa ci indica l’autore? Ci ricorda innanzitutto che siamo circondati da attrezzi utili per le comodità correnti che però devono avere caratteristiche tecniche compatibili con le norme europee, essere posizionate all’interno delle nostre case in luogo apposito, ma soprattutto essere usati rispettando cicli e manutenzioni che li rendono “economici” dal punto di vista dei consumi – dell’elettricità, dell’acqua, del gas, eccetera. Inoltre l’uso esasperato dell’auto e dei motori in genere, il riscaldamento delle case, specialmente i viaggi in aereo recano gravi danni all’ambiente per l’emissione smisurata nell’aria di gas dannosi. Quello che ciascuno di noi può fare singolarmente per contenere residui, rifiuti e scorie è un gesto di buona volontà che si ripercuote nel presente e verso le prossime generazioni. Questo utile e pratico volume, oltre a ricordarci le nostre responsabilità, ci consiglia il modo migliore per risparmiare denaro, per salvaguardare la salute e per proteggere il nostro piccolo grande mondo. cultura Gli escursionisti DLF a Barbiana In memoria di Don Milani V iaggio in treno, con partenza di primo mattino, fino a Vicchio. Dalla stazione abbiamo iniziato il percorso a piedi. Sosta a Ponte a Vicchio alla “Casa del prosciutto”, con assaggio ed approvvigionamento di “Cibi (e prezzi) di una volta”. Proseguendo lungo questo percorso piacevole siamo arrivati a Barbiana, dove ci attendeva l’attuale presidente della fondazione “Don Milani”, ex allievo della vecchia scuola, che ci ha guidati nel percorso didattico diventato storico, con aule interne, officina, chiesa e mostra fotografica permanente. Nelle vicinanze il cimitero con la tomba di Don Milani, dove fu sepolto nel ’67 all’età di 44 anni. La sua fu una vita breve ma intensa. Nato a Firenze da famiglia d’intellettuali, inaspettatamente scelse di entrare in seminario nel ’43, ordinato sacerdote nel ’47 e inviato a S. Donato di Cadenzano come coaudiutore. Qui approfondì le sue idee, che raccolse e pubblicò col titolo di “Esperienze pastorali” che gli procurarono l’emarginazione ed il “confino” a Barbiana, nel ’54. Qui però riuscì ad organizzare una scuola di avviamento industriale, di cui fu l’insegnante unico, con una classe unica, dove sperimentò il suo metodo pedagogico della “scrittura collettiva”. Nei suoi allievi cercò di sviluppare una presa di coscienza civile e sociale, oltre ad un appren- di Emilia Martelli e Alberto Venturini dimento professionale che desse loro la possibilità di andare oltre il lavoro dei campi a cui erano destinati. Fu qui che, insieme ai suoi allievi, scrisse la “Lettera ad una professoressa”, con cui denunciò il sistema scolastico, che favoriva gli allievi provenienti dalle classi ricche, dove di solito in famiglia si dispone già di una cultura superiore, per cui si perpetua il privilegio. Si schierò quindi contro la “selezione di classe” e conseguente “meritocrazia”; l’autoritarismo era eluso nei fatti, nel suo mondo. Fu descritto come “cattocomunista” dai suoi detrattori. Al papa Giovanni XXIII fu attribuita la frase «un pazzo uscito da un manicomio» con cui lo definì. Lui, probabilmente, si sentiva un “comunista evangelico”, di un comunismo cioè diverso da quello marxista, anche se in parte coincidente. Le sue idee furono il frutto di una riflessione personale, ma si svilupparono parallelamente alle idee che si estesero, in quel periodo storico nel mondo, in tutta la società civile. Nel “movimento studentesco” del ’68, in Italia, la “lettera ad una professoressa” una bandiera della rivolta, spesso sventolata assieme al libretto dei “pensieri di Mao”. Le idee critiche di Don Milani avevano un fondo di razionalità e di aderenza alla realtà a cui seguirono alcune sperimentazioni nelle scuole inferiori da parte di alcuni insegnanti impe- gnati ed emergenti ma che rimasero isolati. Nel “movimento studentesco” del ’68 però prese corpo una degenerazione per cui la contrarietà alla “selezione di classe” divenne il rifiuto ad ogni tipo di selezione e di merito con una contestazione estremizzata e destrutturante. Presto, ma non troppo, riemerse il valore della selezione e del merito, finalizzato alla funzionalità di ogni organizzazione. Così nella scuola, dove però sembra trovare possibilità di realizzazione solo con gli allievi, mentre ha trovato il “muro di gomma” nel corpo-docente, dove permangono privilegi personali e di gruppo, per cui si continua ad arrancare tra una riforma e l’altra, lasciando, finora, il problema irrisolto. Anche nel mondo del lavoro il criterio della “meritocrazia” viene sbandierato con forza rinnovata, ma di fatto continuano a prevalere i rapporti familistici, parentali o amicali, che contribuiscono ad accentuare la separazione tra lavoratori privilegiati ed altri, sempre più numerosi, in condizioni di precarietà, che vanno a costituire “l’esercito industriale di riserva”. In ambito di alto managment, gli emolumenti, a volte, sembrano scollegati dai risultati conseguiti. Nel ’68 eravamo in un altro mondo. Non c’era ancora stata la caduta della “cortina di ferro”, la globalizzazione, i flussi migratori e la bolla finanziaria-immobiliare, con cui ora dobbiamo fare i conti. Di questi problemi Don Milani non ebbe il tempo di prenderne atto. In vita invece, affrontò il problema dell’obiezione di coscienza in merito al servizio militare, coerentemente alla sua visuale religiosa, con un saggio che venne pubblicato sul giornale “Rinascita” il 6/3/65. Ciò gli procurò un processo per “apologia di reato”, da cui fu assolto in 1°grado ma condannato in 2° grado, quando non era più in vita. Successivamente l’obiezione fu accolta dalla legge; a tale risultato forse contribuì anche il suo impegno. 15