‘
‘
“ ARRASEARE ”
2010
Duamizaedeghe
Giornale promozionale gratuito a cura del Comune di Mamoiada in collaborazione con:
Ass.ne Turistica Pro Loco - Museo delle Maschere Mediterranee - Biblioteca Comunale - Ass.ne Culturale Atzeni-Beccoi
Il Carnevale di Mamoiada
Nella foto: Carnevale di Mamoiada anni ‘70 - Sfilata in Piazza Santa Croce con carri, Costumi e gruppi in maschera (Archivio Saraservizi)
‘Arrase’are
Questo giornale nasce dall'idea di voler informare e
coinvolgere numerosi turisti con l'intento di
approfondire molteplici argomenti e descrivere
meglio i diversi eventi del nostro carnevale.
L'iniziativa, voluta e sostenuta dalla collaborazione tra
gli amministratori di Mamoiada, i componenti delle
associazione Turistica Pro Loco, l'associazione
Atzeni-Beccoi, i responsabili del Museo delle
Maschere di Mamoiada e della Biblioteca Comunale, si
pone dunque come obiettivo quello di coinvolgere
maggiormente le persone di Mamoiada, ricordando
date e appuntamenti, avendo un carattere di estrema
utilità per i visitatori, i quali sebbene possano reperire
informazioni su Web, sulla Tv o sui libri riguardo il
nostro Carnevale, sicuramente possono apprezzare
nel vivere i giorni di festa, un giornale da sfogliare e
toccare con mano, conservare e custodire nel proprio
cassetto. Un piccolo prontuario dove non solo vi si
possono trovare gli orari delle sfilate ma anche
informazioni circa il gruppo dei Mamuthones e
Issohadores, la maschera de Juvanne Martis o magari il
significato dei varzolos, il senso dell'improvvisazione
che rende unico il nostro carnevale. A Mamoiada il
periodo dell'anno che i suoi cittadini vivono più
intensamente è quello che va da Sant'Antonio a
Carnevale . Nelle case dei mamoiadini si tolgono fuori
gli abiti dal profumo di naftalina e ci si prepara al grande
evento. Mamuthones e Issohadores, Sant'Antoni,
Varzolos, Juvanne Martis, Orulettas, Ballu torrau, i vari
travestimenti “anni 60”, “de poleddu”, “de pastore”,
“de Zia Vezza”, “de Emmina”, ma anche di Zorro,
Gourmiti e Superman. Santa Rughe, Sa sala, ava in lardu,
di questo parleremo all'interno del giornale, cercando di
raccontare i bei tempi passati, ma anche riflettendo
sull'attualità del carnevale, sui cambiamenti che ci sono
stati e su quello che vorremo rimanesse di questa
manifestazione in futuro, la sua spontaneità e
improvvisazione, l'allegoria dei suoi personaggi, il
divertimento e la leggerezza.
Il giornale nasce così con semplicità e senza grandi
pretese. Ci potremmo ritenere soddisfatti se creassimo
nelle persone che lo leggono interesse e curiosità, magari
riuscendo a far accendere quella scintilla, impossibile da
descrivere, che alimenta in ogni mamoiadino la voglia di
mettersi una parrucca in testa, uscire di casa da solo o in
compagnia e ballare per tutta la notte.
Buon carnevale a tutti
Bastiano Mele Ass. sport e cultura Comune di Mamoiada
All’interno:
-“Sa Esta Manna” - Il carnevale di Mamoiada
- Sant’Antoni de Su o’u
- 19° Edizione del Concorso in limba sarda
- Il Canto a Tenore di Mamoiada
- Il Ballo tradizionale
- Il Museo delle Maschere Mediterranee
- l’Associazione Turistica Pro Loco
- L’Associazione Culturale Atzwni-Beccoi
- Dalle origini all’origine la mostra di G.Canu
- Il Costume Tradizionale di Mamoiada
- Il Festival della Musica di Mamoiada
- Mamuthone e Issohadore ad Honorem
- S’Attittu a Juvanne Martis Sero
- Sos Vartzolos
Il Carnevale di Mamoiada
“ Una ‘Esta Manna”
Per Carnevale a Mamoiada si fa e si faceva grande
festa ('esta manna). Sa mascherada (l'atto di
travestirsi, di mascherarsi), in passato, seguiva uno
schema ben preciso. Le maschere uscivano per
andare ai balli divise in gruppi (troppas), ciascuno dei
quali era accompagnato da una persona senza
maschera (su portadore) che aveva la mansione di
proteggere le maschere da attenzioni indesiderate,
dunque, questo personaggio doveva essere una
persona matura degna di un rispetto generale e che
riscuotesse la fiducia del gruppo e delle loro famiglie.
Le ragazze, generalmente, indossavano un lenzuolo
bianco legato in vita e per il busto utilizzavano
indumenti di vario genere, coprivano il volto con una
maschera di cera colorata (maschera 'e santu), mentre
il capo veniva avvolto da su manteddu (un panno in
cui si avvolgeva il lattante) o da pezzi di stoffa bianca
liscia o in pizzo che veniva fermata sotto il mento da
una spilla e, infine, si aggiungeva uno strato ulteriore
mettendo un manteddu di panno rosso ricamato. In
questo modo si aveva una mimetizzazione perfetta
che non consentiva il riconoscimento.
Sa maschera 'e santu che copriva il viso aveva lo
sfondo bianco, il contorno degli occhi nero, bocca
rossa e , sulle guance, dei pomelli rossi.
Un'altra maschera realizzata da coloro che non
avevano un costume vero e proprio era su marigosu (
a Mamoiada su marigosu è un dolce, il bianchino), si
impiegava un lenzuolo bianco vecchio lasciando
delle aperture per gli occhi. Il lenzuolo veniva
arricciato e fissato con una cordicella al collo.
Se questa maschera era interamente di colore bianco,
ce n'era un'altra in cui veniva adoperato un sacco e un
cappuccio nero in tafetà che, nascondeva il sesso
della figura sotto, siffatta maschera veniva chiamata
su dominu (maschera generica di tutti i carnevali e
delle mascherate in genere).
I bambini, fino a qualche decina di anni fa, si
vestivano di stracci (sos vartzolos), cercando di
ottenere realizzazioni buffe e, in passato, uscivano
per strada in groppa ad asinelli (poleddeddos).
In passato, sos vartzolos erano figure importanti che
andavano dietro Juvanne Martis Sero, percuotendo e
toccando le persone e le maschere circostanti con
lunghi bastoni (matzuccos) così come, nei tempi
andati, facevano i saturnali durante i riti dionisiaci
legati al culto della fertilità.
Le maschere più conosciute del nostro Carnevale
erano e sono sos Mamuthones e sos Issohadores.
Raffaello Marchi fu il primo studioso a documentare
il rituale dei Mamuthones da cui trasse una
pubblicazione dal titolo “Le maschere barbaricine”
del 1951. Lo studioso ipotizzava che la genesi del rito
dei Mamuthones e Issohadores avesse origini molto
antiche legate, probabilmente al rito totemico di
assoggettamento del bue.
Nelle settimane da Sant'Antonio a Carnevale, in
piazza Santa Croce, si tenevano balli mascherati a cui
partecipavano i giovani e tutti coloro che volevano
divertirsi.
Nel giorno di martedì grasso la figura rappresentativa
del Carnevale è Juvanne Martis Sero che incarna lo
spirito del Carnevale e né decreta la fine. Juvanne è un
pupazzo di paglia e stracci, che nasconde nel ventre
una capiente damigiana.
Juvanne il martedì mattina viene sistemato in un
carretto trasportato da un asinello o, in passato,
direttamente messo a cavalcioni del somaro e,
portato in giro nelle case del paese per chiedere la
medicina (sa medihina) che lo guarirà. Nella
tradizione Juvanne è gravemente ammalato e, per
guarirlo, viene trascinato da un gruppo di donne
(solitamente uomini vestiti da donna con la faccia
annerita dal carbone), nelle vie del paese, per cercare
la medicina di casa in casa. I mamoiadini per guarire
Juvanne Martis Sero donano vino, acquavite e dolci
che vengono consumati subito alla sua salute. Il vino
a cura di Angela Salvai
S'impasta la ricotta o il formaggio fresco macinato con
uova, zucchero, uova e buccia d'arancia o limone
grattugiata e farina. Dall'impasto si ricavano delle
palline che si friggono. Dopo la cottura si cospargono
con lo zucchero.
Sos hulurjones de mèndula
Si ahede sa pasta homente sas orulettas, si tendede e si sehada in
tundu o a mesuluna e si prenana hin mèndula molia e thùharu e,
a pustis, si vringhene e si salini hin thùharu.
Si fa l'impasto come per le orulettas, si stende la pasta
ricavandone forme tonde o a mezzaluna ripiene di
mandorle e zucchero che vengono fritte e servite
cosparse di zucchero.
Sas hathas
Si impastada harina, ovos, mardihè, su pizolu de aranzu o
limone vrattau e unu tziccu de abbardente, hando s'impastu
ch'es' pesau si hohene in s'ozu vuddiu ghettandelas a manos o in
s'imbudu e, a pustis si salini hin thùharu.
S'impasta farina , uova, lievito per pane, buccia di
arancio, limone grattugiato e un goccio di acquavite
lasciando l'impasto molle, si lascia lievitare e, infine, si
frigge utilizzando un imbuto o un cucchiaio in base
alla forma desiderata, si servono cosparse di zucchero.
Sos pilichitos
Hin sa matessi pasta de sas orulettas si ahene botzitas
minoreddas hi si vringhene e, a pustis, si pistiddana hin su mele.
Con lo stesso impasto delle orulettas si ricavano delle
piccole palline che vengono fritte e caramellate col
Dal libro Costantino Atzeni Mamuthone *
Nelle foto: Maschere spontanee anni ‘50 circa - f.to Archivio Saraservizi
viene messo nella damigiana e consumato quando il malato viene
pubblicamente operato nella piazza del paese. Durante l'intervento
chirurgico a cui viene sottoposto Juvanne Martis Sero, i dottori ne
aprono la pancia e iniziano a togliere gli intestini (sa vressura)
affetti dalla malattia e a lanciarli al pubblico che assiste
“all'intervento” (per fare tale pantomima si utilizzano le interiora
di un animale). I medici che lo operano non riescono a salvarlo e la
moglie insieme alle prefiche che sono con lei, vestite in lutto stretto
lo piangono con queste parole:
Juvanne meu
Giovanni mio
prenu 'e paza
pieno di paglia
mesu meaza *
mezza misura
meaza e mesa
misura e mezzo
torrami sa vresa
riportami il pane
hi mi c'as urau
che mi hai rubato
Juvanne istesserau Giovanni crepato
* meàza st.f. = misura di capacità sarebbe un quarto di starello. Lo
starello corrisponde a 16 imbuti lit. 49,17.
Un'importante studioso che registrò alcune
testimonianze legate alle tradizioni di Mamoiada fu
Giorgio Nataletti (1907-1972), musicologo e primo
direttore degli Archivi di Etnomusicologia
dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia a Roma.
Tra il 1956 e il 1961 si recò più volte a Mamoiada
effettuando varie registrazioni del canto a tenore (che a
Mamoiada viene chiamato Hussertu) e di altre
manifestazioni musicali sarde quali: anninnias, rosarios,
gosos, e attittos.
Molto interessante come testimonianza dei riti del
Carnevale fu la registrazione fatta il 14 febbraio del
1961 a Mamoiada ad opera di G. Nataletti e che vedeva
come attori della trascrizione: Costantino Atzeni voce
principale,Giuseppe Golosio, Lauro Sale e altre non
riconoscibili. Si tratta di un'attittu (canto funebre) a
scopo umoristico recitato in onore di Juvanne Martis
Sero in cui se ne piange la morte.
* Pag. 74, 75, 76, 77 dal libro “Costantino Atzeni,
Mamuthone”
dedicato dalle figlie al padre
PIATTI CARNEVALESCHI
Il piatto tipico del Carnevale mamoiadino è s'ava hin lardu (fave
con lardo) che viene servito la sera di Martedì Grasso in piazza
Santa Croce con il vino cannonau.
Questa usanza è relativamente recente, in passato ciascuno
preparava questo piatto a casa sua; invece, per Carnevale, le donne
preparano nelle loro cucine, oggi come nel passato, dolci prelibati
da offrire agli ospiti (sos istranzos) che vengono per partecipare
alla festa: orulettas, rujolos, hathas, hulurjones de mèndula,
pilichitos.
Sas orulettas
S'impastada sa simula, ovos e s'ozu pòrhinu, su thùharu e su pizolu de limone
vratau. Si tendede sa pasta si sehada a hantos e si ahene hanneddos hi venini
travallaos in tritzas hi si vringhene e, si salini hin thùharu o mele.
Si prepara una pasta con semola, uova e strutto e buccia di limone
grattugiata e, quando diventa elastica, si ricavano delle treccioline
che, dopo essere state fritte si cospargono di zucchero o miele
Sos rujolos
S'impastada su rehotu o su hasu moliu hin thùharu, ovos e su pizolu de aranzu
o limone vrattau e 'arina. Dae s'impastu si ahene botzitas hi si vringhene e si
salini hin thùharu.
F.to Archivio Saraservizi
La registrazione de S’Attittu a Juvanne Martis Sero
ATZENI:
Horo Juvanne meu
Hust'es s'urtima die
E mai ti torro a bie'
Su portu 'e Casteddu
TENORE:
Juvanne meu, Juvanne meu
G. GOLOSIO:
Hustu t'apo narau
cras in ie imbarcau
TENORE:
Juvanne meu, Juvanne meu
ATZENI:
Si non torras a domo
Hie mi sana' homo
TENORE:
Juvanne meu, Juvanne meu
TENORE:
Juvanne meu, Juvanne meu
PARLATO:
'izu meu 'e su horo
PARLATO:
Horo 'izu meu …homente ti che ses andau,
un'apenditzite acuta tenias…
'izu mal'assortau, homente ses andau
Juvanne meu.
ATZENI:
tando sento releo
e m'imbarco pur'eo
TENORE:
Juvanne meu, Juvanne meu
PARLATO:
Su horo malandrau, ha ustis Mal'assortau, jai mi
l'as lassau
Juvanne meu.
TENORE:
Juvanne meu, Juvanne meu
ATZENI:
Prama delitziosa
'Ustis frishu he rosa
TENORE:
Juvanne meu, Juvanne meu
ATZENI:
Hando t'ana honnotu
Moes e lassas totu
TENORE:
Juvanne meu, Juvanne meu
PARLATO:
Horo 'izu meu hi ti che ses
andau…..horo Juvanne
TENORE:
Juvanne meu, Juvanne meu
ATZENI:
Torradich'a sa domo
Hene tene non dromo
TENORE:
Juvanne meu, Juvanne meu
ATZENI:
Ha 'ustis fort'e sanu
Ghiradiche manzanu
TENORE:
Juvanne meu, Juvanne meu
PARLATO:
Horo Juvanne jai t'ana visitau, professores de hentu
natziones v'adìada
Ma non l'ana sarvau gasi totu….su 'izu meu!
Horo Juvanne meu.
TENORE:
Juvanne meu, Juvanne meu
ATZENI:
Homo tue ses mortu
e partis a ater'uve
naramilu su portu
in uve t'imbarcas
TENORE:
Juvanne meu, Juvanne meu
G. GOLOSIO:
Es' s'urtimu faeddu
TENORE:
Juvanne meu, Juvanne meu
LAURU SALE:
Prim'e mi dispedire
Juvanne meu
Jai di vozo sighire
TENORE:
Juvanne meu, Juvanne meu
LAURU SALE
Ha 'ustis 'ertu grave
ti ponimus in nave
TENORE:
Juvanne meu, Juvanne meu
PARLATO:
Horo Juvanne meu....
Horo Juvanne
ATZENI:
Ha 'ustis un'anzelu
Preha dae su helu
TENORE:
Juvanne meu, Juvanne meu
ATZENI:
Dae s'arta horona
ahatas annada vona
TENORE:
Juvanne meu, Juvanne meuPARLATO:
Ghetaelìa una tassa 'e vinu a Zuvanne
Prima de si ch'andare
LAURU SALE:
Ha husta u' sa vorthuna
tòviach'a sa luna
TENORE:
Juvanne meu, Juvanne meu
ALTRA VOCE:
E si an sa horona
In custu martis sero
Però non manco eo
Sa vohe non m'intona'
TENORE:
Juvanne meu, Juvanne meu
ALTRA VOCE:
Cumintzo a hantare
M'azes a ashurtare
PARLATO:
Horo Juvanne......
TENORE:
Juvanne meu, Juvanne meu
ALTRA VOCE: Sa mama..
Ha tenzo su dolore
Su dolore e fastizu
Mortu m'es' hustu 'izu
Issu hi u' su viore
TENORE:
Juvanne meu, Juvanne meu
PARLATO:
'izu meu de su horo...
Horo Juvanne ....
LAURU SALE
Sa mama jai u' bona
Nd'a' ghetau suspiru
'atu l'an sa horona
de torrinos de 'ilu
TENORE:
Juvanne meu, Juvanne meu
PARLATO:
'izu meu de su horo
ATZENI:
Pariad'unu Conte
nobile e de gran'atu
Sa collana l'an fatu
De laddaras de monte
TENORE:
Juvanne meu, Juvanne meu
PARLATO:
Horo Juvanne meu
Il Fantoccio di Juvanne Martis Sero e gruppo di uomini con il carretto
con cui viene portato in giro per le vie del paese - F.to Sara Muggittu
ALTRA VOCE:
Imbetzes non fu' gai
Dae totus distintu
Cumbintu
TENORE:
Juvanne meu, Juvanne meu
LAURU SALE:
Jai ti che ses andande
Ha non t'an 'urau
Sa proenda t'an dau
Carrigau de lande
TENORE:
Juvanne meu, Juvanne meu
PARLATO:
Juvanne meu
ALTRA VOCE:
In tantu dolore
Lu pianghe' sa mama
TENORE:
Juvanne meu, Juvanne meu
ALTRA VOCE:
De vidda su viore
In domo 'e ilighe 'e prama
TENORE:
Juvanne meu, Juvanne meu
PARLATO:
Horo Juvanne meu
LAURU SALE:
Carrigau de armidda
Juvanne meu
Su pitzinnu es hi u' bonu
L'a' piantu sa vidda
TENORE:
Juvanne meu, Juvanne meu
LAURU SALE:
No es' pro dare vantu
Sa vidda l'a' piantu
TENORE:
Juvanne meu, Juvanne meu
PARLATO:
Horo Juvanne meu
Horo Juvanne
SOS VARTZOLOS
Fonte Giornale S’Istentu
Su Varzolu vinzas 'a 'ar'i annu a'ede in bidda udi una maschera importante de su 'arrase'are mamuiadinu. Meda zente si
inghiada de istrazzos e issiada a ballare e a si divertire, ene pessare si udi bene 'intu o si udi bellu. Abbortas bastavada
abberu pa'u, una vardetta, un'issallu, usinzos e su vestire cudi attu, (ommente udi 'intu Augusto Sanna a Sant'Antoni 'i
udi su prus bellu de vidda). Mancari medas zovanos non si l'ammentana, ma 'ando issiana sos varzolos sos pizzinnos
minores timmiana a urini lezzos e 'ar'i vorta teniana un 'uste in manos. Comunque non budi unu modo
prezisu de si 'inghere, unu varzolu udi 'ie si inghiada de istrazzos. Podede essere 'i siada nas'iu pro 'a primma non budini
atteros vestires si non vardettas, 'usinzos, muncadores, issallos e tando, non tenende atteras 'osas, si poniana su 'i
a'attavana. Nos ana 'ontau 'i prima sas dies de 'arrase'are ziravana sas dommos dae manzanu, e in cada dommo 10s
'umbidavana. 'Ando unu udi mascherau e mesu imbriagu si podiada permettere de inzuriare ar'i tortu 'i l'aviana 'attu. A
'arrase'are est bellu 'i cada unu si ingada de su 'i volede, ma non bisonzada a ch'irmenti'are 'i su nostru udi e depede
arrumbare semplize e ispontaneu e 'usta est e sa menzus manera de nos divertire.
Oje su Varzolu si podede ponnere su 'i li capitada: unujeans levis, una parrucca bionda e una paia de occhiales de sole
Nois de s'lstentu semmus organizzande una serada pro sa Jovia de 'arrase'are, propriu dedica a sos Varzolos.
Podiavammus imbentare 'osas 'i sos effettos ispeziales, istionare Madonna o Micheal Jackson e imbezzes no, volimmus
'i cada unu si ponzada sa prima 'osa 'i a'atada e essada a ziru. Ammus pessau a sajovia a de su 'arrase'are est e sa die prus
'irmenti'a. Vinzas si unu travallada sincras, pode bennere su matessi .... tantu ghirrammus 'izzo; tando jovia sero tottus a
ballare 'intos de su 'i volies!!!!
Battono o chimbe 'ussizzos pro bos 'inghere de Varzolos:
SU VARZOLU NORMALE: unu muncadore, una brusa, una vardetta, una paia de 'usinzos e un uste.
SU VARZOLU EMMINA: azzunghies a su varzolu normale una paia de tittas in sutta de sa brusa.
SU VARZOLU MACCU: bos inghies ommente a su varzolu normale e a'ies sos maccos.
SU VARZOLU MODERNU: bos inghies una paia 'e jeans, una parrucca, una paia de ocreras de
sole e bos ponies unu cartellu ainnantis e iscrivies "so su varzolu modernu" a si nono non bos 'onnos'ene.
SU VARZOLU UFFUSU (de 'aere in medas pessones): cada unu vattidi una 'osa e las ponies in d'una iscatula, muri'aes
tottus sos vestires e poi cada pessone si che pi'ada sa prima 'osa 'i li capitada e si la 'inghede. DIVERTIEBOS !!!!!!!!!!!
Unu Vartzolu - f.to Archivio S’Istentu
SU HUSSERTU
Il Canto a Tenore di Mamoiada
A Mamoiada si tramanda oralmente, un
particolare tipo di canto a tenore: “Su
Hussertu”. Il termine, di origine molto antica,
probabilmente deriva dal latino cum sero
“intreccio”, indicando il perfetto accordo
delle voci che lo compongono, capaci di
creare un'unica armonia.
Questo canto è stato spesso fonte di
ispirazione per la tradizione canora di altre
comunità per il suo elevato grado di purezza:
merito, questo, della comunità mamoiadina
che lo ha custodito g elosamente,
preservandolo dalla contaminazione della
modernità e da influssi esterni. I quattro
interpreti che costituiscono il coro, non
hanno affrontato alcuno studio in musica e
metrica musicale, ma hanno acquisito le loro
capacità canore imitando, sin da bambini, i
testi e lo stile dei vecchi cantori. Su Hussertu,
espressione dell'identità e storia della
comunità, ha un'evidente funzione sociale: i
momenti di aggregazione in famiglia, nei bar,
nelle feste, durante la tosatura del bestiame,
etc… creavano l'impulso perchè le quattro
voci si unissero e, talvolta, improvvisassero
alcune rime. Lo stile di questo canto si
caratterizza per la ripetitività e variabilità dei
toni, dei ritmi e dei giri armonici dei quattro
cantori, rigorosamente maschili. Ognuno di
essi ha un ruolo diverso all'interno del
quartetto e, sebbene le voci di cui sono
espressione siano diverse e ben distinte, si
completano a vicenda. Da “sa vohe” , voce
solista, dipende l'intonazione dell'esecuzione:
il cantore che la rappresenta, dotato di elevate
qualità interpretative, ha il compito di
musicare le poesie, con le quali trasmettere un
forte trasporto emotivo. La voce più grave è
“su bassu” , che ricopre il ruolo di bordone
a cura dell’Ass.ne Turistica Pro Loco
Nelle foto il tenore di Mamoiada “ Su Husertu” - da sinistra: Mario Mameli (voce) - Franco Congiu (su bassu) - Bastiano Canu( sa hontra) - Michele Canu(sa mesu vohe) - f.to A.Cucca
ritmico: egli infatti esegue in modo continuo una stessa nota, vivificandola talvolta da variazioni ritmiche, rese particolarmente
interessanti da repentini colpi di glottide. Su bassu è le voce di sostegno delle altre due voci: “sa hontra” e “sa mesu vohe”. Sa hontra
riveste un ruolo molto delicato e richiede un gran senso musicale; sul piano timbrico può essere definita cupa. Essa può svilupparsi in
modo lineare oppure in maniera rude e grossa. E' proprio dal giusto accoppiamento di “sa hontra” e “su bassu” che dipende l'armonia
del coro. “Sa mesu vohe” è, infine, la voce più acuta: con maestria, deve ornare, senza disturbarlo o coprirlo, l'accordo prodotto dalle
due voci gutturali di “sa hontra” e “su bassu”. E' proprio per questa ragione che “sa mesu vohe” ha una funzione di guida.
Il repertorio de “su hussertu” è costituito da diversi canti. Generalmente si inizia con “s'isterrida”, una sorta di riscaldamento per le voci,
fino a raggiungere il giusto accordo e la tonalità adeguata per l'esecuzione degli altri canti, e si prosegue con “sa vohe antiha” e “sa vohe 'e
notte”, spesso repertorio di serenate. “Su ballu a passu torrau”, che ha avuto i natali a Mamoiada, oggi imitato anche in moltissimi altri
paesi della Sardegna è il tipico ballo tradizionale, insieme a “su ballu a sartiu” e a “su ballu andande andande”; quest'ultimo veniva detto
anche “vohe 'e leva” perché cantato spesso dai giovani che partivano per la visita di leva. Mentre in passato era proprio Su hussertu a
fornire l'accompagnamento musicale ai ballerini che si cimentavano in lunghissimi balli tradizionali, attualmente questa funzione è in
parte sostituita dall'accompagnamento con strumenti musicali, in particolare l'armonica a bocca e l'organetto.
Da vari anni il canto a tenore è stata riconosciuto dall'UNESCO come patrimonio intangibile dell'umanità.
Il gruppo attuale che porta la denominazione del gruppo “Su Hussertu de Mamujada” è costituito da Mario Mameli (sa vohe), Franco
Congiu (su bassu), Michele Canu(sa mesu vohe) e Bastiano Canu (sa hontra).
LA LEGGENDA DI S.ANTONIO ABATE
a cura del Museo delle Maschere Mediterranee
Sant’Antonio e il fuoco agli uomini
In Tutta la Sardegna, specialmente a Mamoiada e in tutta la Barbagia, si narra
questa leggenda:
Tanto tempo fa nel mondo non c'era il fuoco. Gli uomini avevano freddo ed
andarono da Sant'Antonio, che abitava nel deserto, per implorarlo perchè
facesse qualcosa per loro.
Sant'Antonio non si tiro' indietro, capì benissimo la situazione degli uomini e
decise di andare a prenderlo….. ma c'era un solo posto dove poterlo trovare:
all'inferno. Sant'Antonio prese con sé un maialino, un bastone di férula e si
presentò alla porta dell'inferno e bussò: - Aprite! Ho freddo e ho bisogno di
riscaldarmi. I diavoli alla porta videro subito che quello non era un peccatore,
ma un Santo e dissero: - No, no! Sappiamo benissimo chi sei! Non ti apriamo.
Solo il tuo maialino può entrare, ma per te questo posto è proibito!!
E così il piccolo maialino si infilò tra le fiamme alte dell'inferno.
Ma appena dentro, l'animale fu preso da una tale furia che si mise a scorrazzare
da una parte all'altra creando scompiglio ovunque, tanto che i diavoli, ad un
certo punto, persero la pazienza e decisero di rivolgersi al Santo, che aspettava
fuori dalla porta.- Ahhhh!!! Maledetto Maiale, vieni a prenderlo e portalo via da
Qui!!! Così Sant'Antonio entrò nell' inferno a tenere a bada il maialino che se ne
stette buono buono accanto al bastone di ferula del suo padrone. - Visto che ci
sono, - disse Sant'Antonio, - mi siedo un momento per scaldarmi. E si sedette su
un sacco di sughero, proprio sul passaggio dei diavoli. Ma proprio in quel
momento il maialetto ricominciò a scatenarsi e ci un fu un tale trambusto che
Sant'Antonio risucì ad incendiare il suo bastone di fèrula e nessun diavolo si
accorse che il Santo aveva il fuoco nel bastone.
Appena uscito dall'infermo, Sant'Antonio alzò il bastone con la punta infuocata
e la girò intorno, facendo volare le scintille, come dando la benedizione. Da quel
momento, con grande contentezza degli uomini, ci fu il fuoco sulla Terra e
Sant'Antonio tornò nel suo deserto a pregare. E Così ancora oggi, in molti paesi
della Sardegna e soprattutto a Mamoiada, che, ogni anno, il 17 gennaio si
festeggia Sant'Antoni de su O'u!!
A Mamoiada, però, questa festa ha una valenza ancora piu' forte.
E' proprio a Sant'Antonio che si assiste alla prima “uscita” dei Mamuthones e
Issohadores, le maschere mamoiadine la cui danza attorno ai fuochi è famosa
ormai in tutto il mondo!
S’Antoni de su o’u
a cura di Sara Muggittu
Sant'Antonio, "Sant'Antoni de su o'u" (Sant'Antonio del fuoco), il copatrono del paese
di Mamoiada, è un rito tra il sacro e profano. In questa occasione a Mamoiada vengono
accesi numerosi falò in onore del Santo che, secondo la tradizione, rubò il fuoco
dall'inferno per portarlo agli uomini. Il via all'accensione dei fuochi viene dato da "Su
pesperu", il 16 pomeriggio, il tocco delle campane segna l'uscita del Sacerdote dalla
Parrocchia che girerà tre volte intorno al fuoco assieme ai fedeli recitando il Credo. Al
termine della processione il Sacerdote benedirà le braci e la Statua di S.Antonio. Questa
processione molto suggestiva, un tempo era seguita solamente dalle poche affezionate
fedeli, oggi invece è diventata un vero e proprio evento atteso da tutti. Durante questa
manifestazione si riuniscono intorno ai falò i vicinati, le famiglie, gli amici, che per due
giorni o anche tre faranno banchetto mangiano e bevendo attrono ad essi. Il 17 il giorno
vero e proprio di Sant'Antonio fanno la loro prima uscita annuale le maschere dei
Mamuthones e Issohadores segnando di fatto anche l’inizio del Carnevale Mamoiadino.
I due gruppi Pro Loco e Atzeni-Beccoi, che ogni anno sfilano a turno nei vari rioni,
eseguiranno la loro danza attorno ai falò per tre volte.
I dolci di Sant’Antonio
Per l'occasione vengono preparati dalle
massaie mamoiadine numerosi e prelibati
tipi di dolci:
Sas caschettas, Su popassinu nigheddu, su
popassinu biancu, su coccone hin mele
Preparati con ingredienti come "sa sapa"
( il vino cotto), lo zafferano, le mandorle,
noci, miele
La maggior parte di questi dolci richiede
una lunga preparazione ed elaborazione,
molti di questi sono vere e proprie opere
d'arte, il coccone 'in mele, impasto di
farina, lievito e zafferano, ad esempio,
viene decorato "pintau", con le più
svariate forme: dal pesce - “su pishe”, a
“Sant’Antoni imperriau” - la lettera A
incrociata, oppure “sa borsetta” - la
borsetta. Su popassinu nigheddu, impasto
di semolato, sapa (vino cotto), noci, uvetta
(popassa), invece, richiede molta forza e
fatica soprattutto nelle fasi iniziali
dell'impasto, e molta attenzione e cura
dev'essere data dalla cottura, specie se nel
forno a legna, dove il popassino viene
lasciato alcune ore ma non a fiamma
accesa. La caschetta, il cui ripieno è fatto di
mandorle, miele e zafferano, bella e
delicata, è un vero peccato mangiarla, la
pasta che avvolge l'interno, viene tagliata
con delle speciali rotelline "rodittas", che
presentano decori diversi e molto fini.
Non meno importante è il popassino
bianco, che in molti paesi viene preparato
per i Santi, impasto di farina, noci,
mandorle e uvetta, che presenta la
caratteristica "ingappadura" la glassatura
in superficie, arricchita da perline, “trazea"
argentata o colorata.
Nelle foto: La processione de “su pesperu”
e la benedizione del fuoco.
La sfilata dei Mamuthones e Issohadores attorno al
fuoco e i dolci di Sant’Antonio.
POESIA
19° Concorso in limba sarda “Sant’Antoni de su o’u”
Per poter raccontare del Concorso di poesia
Sant'Antoni de su o'u, si deve tornare indietro nel
tempo fino all'anno 1991.
Nella Biblioteca Comunale di Mamoiada, in quel
periodo, operava un gruppo di giovani che con tanta
buona volontà promuoveva validissime iniziative
culturali, curando momenti di incontro e confronto a
favore di tutti i paesani amanti del sapere. In quel
periodo, furono questi, che mi invitarono a far parte del
loro gruppo col l'intenzione di cercare e trovare
iniziative gradite anche ai meno giovani.
Accettai con grande entusiasmo proponendo da subito
un concorso di poesia in lingua sarda, come quelli di cui
spesso leggevamo sui giornali e che si venivano
affermando nei vari paesi della Sardegna. Gia da allora
si parlava tanto del famoso premio “Città di Ozieri”,
oggi più che allora punto di riferimento oltre che per gli
organizzatori dei concorsi, per i concorrenti.
L'idea piacque molto e si partì subito con l'intenzione,
oltre che di promuovere e valorizzare la nostra cultura,
la lingua e le tradizione, anche di coinvolgere quanti
trovavano piacere nel cimentarsi a scrivere poesie in
sardo; in rima, la più apprezzata nei nostri paesi, a versi
sciolti, che oggi viene definita poesia moderna, e la
sezione satirica, per i raffinati poeti della provocazione,
essendo libero il tema.
Avvalendoci anche dei consigli di un ottimo
conoscitore dei concorsi, come il poeta e scrittore
nuorese, Giovanni Piga, il tutto fu programmato
affinché fosse pronto per il giorno di Sant'Antonio,
data scelta per la premiazione.
Sicuramente il primo anno, anche se il pubblico non si
rese conto, l'organizzazione risentì dell'inesperienza,
ma i partecipanti si complimentarono, comunque,
dell'iniziativa al punto che si disse che questo concorso
era nato grande.
Oggi ormai prossimi alla cerimonia di premiazione
a cura della Biblioteca Comunale
della 19° edizione, possiamo affermare con orgoglio di aver raggiunto e superato gli obiettivi prepostici.
A detta di tutti viene considerato uno dei Concorsi più affermati e prestigiosi dell'isola.
Per quanto fatto sinora si deve dare il giusto riconoscimento ai vari componenti del Direttivo susseguitisi
nel corso degli anni nonché a tutti i componenti della giuria alternatisi nelle varie edizioni, come Tziu
Franzischinu Satta, Giovanni Piga, Mario Sanna, Paolo Pillonca, Angela Cerina, Clara Farina, Albino Liori,
Lorenzo Pusceddu, Tonino Cugusi, Paolo Russu, Natalino Piras, Serafino Spiaggia, Pietro Cosseddu,
Giacobbe Manca e Gianni Pititu, nonché i Mamoiadini Salvatore Ladu, Salvatorina Atzeni, Graziano
Deiana,Mario Galante e Cosimo Piu.
Nel corso degli anni si è esaminato 2180 elaborati, fra questi hanno trovato giusto riconoscimento 464
poesie. Sono stati molti i mamoiadaini che hanno trovato gradimento nel cimentarsi a scrivere al concorso
raggiungendo, alcuni di loro, anche un giusto riconoscimento come Giovanni Moro, Antonio Canneddu,
Antonio Mele, Armando Piu, Franca Debuggias, Antonio Piras, Graziano Pisu, Giovanni Golosio,
Maddalena Frau etc.
(Salvatore Ladu)
Un momento della lettura delle poesie nella passata edizione - f.to Sara Muggittu
La copertina del libretto del concorso di poesia
POESIA
I Vincitori della 19° Edizione
Verbale della Giuria
Mamoiada 28 Novembre 2009
In data odierna ha avuto luogo, presso la Biblioteca
Comunale di Mamoiada, la riunione della Commissione
esaminatrice del 19° Concorso di Poesia in Lingua sarda
"Sant'Antoni de su o'u" per esaminare le opere
pervenute al concorso. Risulta assente per motivi di
salute il Sig. Graziano Deiana.
La Giuria risulta così composta:
Giovanni Piga
Presidente
Salvatore Ladu
Segretario
Salvatorina Atzeni Componente
Albino Liori
Componente
Natalino Piras
Componente
Graziano Deiana Componente
I lavori hanno inizio alle ore 15,30. Vengono escluse
perché non in regola con le norme del bando, la poesia:
“Santu Aini sa prima die” di Bachisio Raimondo Salaris
(supera i 40 versi); “Oggi 'oddu” di Maddalena Spano
Sartor (spedita fuori tempo massimo). Si è preso atto
con gradimento della rilevante partecipazione alle due
sezioni del concorso, e dell'ottima qualità degli
elaborati, in particolare nella sezione A (poesia in rima)
Sono pervenute n.88 poesie:
Sez. A n.45, Sez. B n.43.
Si inizia con la presentazione da parte di tutti i giurati di
una prima personale selezione di poesie, che vengono
lette e collegialmente commentate. Dopo una pacata e
approfondita discussione, all'unanimità la Giuria decreta
il seguente giudizio:
SEZ. A (Poesia in rima):
1 PREMIO alla poesia "DUDAS ARCANAS”, di
Angelo Porcheddu di Banari;
2 PREMIO alla poesia "EST UN'ATERA DIE” di
Ignazio Porcheddu di Posada;
3 PREMIO alla poesia "IN CUSTU MUNDU" di Gian
Gavino Vasco di Bortigali;
4 PREMIO alla poesia "A UMB'ANDAS" di Albino
Contu di Posada;
5 PREMIO alla poesia "LUNA BANDULERA " di
Mario Vargiu” di Narbolia;
MENZIONI D'ONORE alle poesie "ARBESCHIDA
D'ERANU” di Salvatore Murgia di Macomer; “A TUI,
SPERA" di Anna Cristina Serra di San Basilio;
"FUNTANA LIBERA" di Mimiu Maicu di
Santulussurgiu; "INNOTZENTES CRIADURAS” di
Franco Piga di Loiri. SEZ.B (poesia a versi sciolti):
1 PREMIO alla poesia "UNA POESIA DE FRINAS
CARINNOSAS" di Gonario Carta Brocca di Dorgali;
2 PREMIO alla poesia "MUTTOS DE ATUNZU” di
Tetta Becciu di Ozieri;
3 PREMIO alla poesia "BAIAT UNU TEMPUS" di
Antonello Bazzu di Sassari;
4 PREMIO alla poesia "EL DIA QUE MOR" di Anna
Cinzia Paolucci di Alghero;
5 PREMIO alla poesia "MA IT'EST?!?" di Gigi Angeli di
Palau;
MENZIONI D'ONORE alle poesie “DUNCAS” di
Salvatore Marceddu di Oniferi, "CICARAS DI AMORI" di
Raffaele Piras di Quartucciu; "PASTORE 'E PESSOS " di
Gino Farris di Nuoro; "NOTTI I LA FRABBIGGA DI LI
SONNI" di Giuseppe Tirotto di Castelsardo.
PESSOS " di Gino Farris di Nuoro; "NOTTI I LA
FRABBIGGA DI LI SONNI" di Giuseppe Tirotto di
Castelsardo.
SEZIONE POETI LOCALI:
Menzione d'onore alla poesia: “NUES” di Maddalena Frau.
I lavori si sono conclusi alle ore 20,00
Il Segretario
Salvatore Ladu
Mamoiada li, 28 Novembre 2009
Le premiazioni si terranno il 16 Gennaio alle ore 9,30 presso
la Biblioteca. Nel pomeriggio si terrà la lettura delle poesie
attorno ai falò in alcuni rioni del paese.
L’Associazione Turistica Pro Loco di Mamoiada
L’Associazione Turistica Pro Loco di Mamoiada
L'Associazione Turistica Pro Loco, operante a
Mamoiada sin dagli anni '50 con l'organizzazione di
feste e manifestazioni sportive e con la valorizzazione
delle figure del Carnevale Mamoiadino, i Mamuthones e
gli Issohadores, si costituì formalmente a metà degli anni
'70. Negli anni l'Associazione ha continuato a svolgere
tali attività, estendendole ad altre iniziative culturali e
sociali di maggior rilievo , anche in situazioni in cui la
comunità locale, per un'apparente apatia, sembrava non
mostrare più interesse alla partecipazione alla res
pubblica. Così si crearono diverse occasioni di
aggregazione, coinvolgendo giovani e meno giovani in
iniziative di elevato livello culturale: citiamo, per
esempio, Rioniamoci, convegni sulle maschere,incontri
sulla legalità,vari dibattiti pubblici, Carnevale a rioni,
etc…. e altre manifestazioni volte alla valorizzazione del
patrimonio storico, culturale e ambientale della
comunità locale.
Da oltre un decennio, l'Associazione dispone di una
propria sede sociale, acquisita in comproprietà con
l'Amministrazione Comunale; la stessa sede, è diventata
un importante riferimento non solo per i soci e per la
comunità locale, ma anche per i numerosi visitatori.
L'Associazione partecipa attivamente alla vita sociale
del paese, unitamente alle Istituzioni locali (Comune,
Museo delle Maschere, Scuole), agli organismi di
volontariato e ai Comitati delle varie Feste paesane, per
il conseguimento di obiettivi comuni.
Nel delicato compito della salvaguardia e tutela del
patrimonio culturale immateriale è stato importante e
continua ad esserlo il coinvolgimento dei ragazzi delle
Scuole, sulla base di specifici progetti, quali laboratori di
vario genere, interviste agli anziani e corsi di organetto.
In particolare nel 2008 è iniziata una collaborazione con
l'UNPLI (Unione Nazionale Pro Loco d'Italia), con un
progetto dal titolo “S.O.S. PATRIMONIO CULTURALE IMMATERIALE” . Tale progetto si è concluso nel febbraio 2009 a
Ladispoli con la presentazione del testo “ Guida alle Pro Loco d'Italia”. Altre attività di particolare rilievo svolte nel 2009 sono
state:
- il convegno Hussertu de eeris, sonos pro cras” - Convegno sulla polivocalità tradizionale mamoiadina.
- il convegno “Maschere, costumi e abiti nella tradizione locale”;
- la partecipazione della Pro Loco alla trasmissione RAI “La Prova del Cuoco” , con la presentazione di piatti caratteristici
locali, accompagnati dalla comparsa delle maschere locali;
- partecipazione a festival internazionali di folklore a Stoccarda, in Slovacchia, Ungheria, Civitanova Marche e ad altre
importanti attività culturali in tutta Italia (es. Val Camonica con un convegno suyl pastoralismo).
Un impegno particolare ha sempre rappresentato l'organizzazione del Carnevale Mamoiadino, definito da molti tra le feste
popolari più antiche e ricche di folclore della Sardegna.
Issohadore Pro Loco Mamoiada - F.to A.Cucca
F.to A.Cucca
Il Gruppo di Ballo
Il primo gruppo ballo della Pro Loco di Mamoiada venne costituito
intorno agli anni '70.
L'attuale gruppo è formato da 7/8 coppie di ballerini in costume che
danzano “Su passu torràu”, ballo originario di Mamoiada, e “Su
sàrtiu”, accompagnati dall'organetto o dall'armonica a bocca.
La preparazione dei ballerini è affidata a un istruttore che cura la
qualità del ballo e delle coreografie.
Partenze importanti:
-Gorizia (12, 13, 14 settembre 1975), 6° Concorso Folkloristico
Internazionale “Castello di Gorizia” aggiudicandosi la Medaglia
d'Argento;
- Francia; - Londra; - Abbruzzo,
- Llangollen (Galles), consegna di certificato di merito in occasione
del “Llanfollen International Musical Eisteddfod”, 1993;
- Roma, - Guglionesu;
- Slovacchia (Kezmarok), luglio 2009, per festival EL'RO 2009;
- Civitanova marche, agosto 2009, festival CIVITANOVA DANZA.
Oltre le sopraccitate è da segnalare la partecipazione a numerose
manifestazioni popolari di carattere regionale e provinciale di
notevole rilevanza quali la Cavalcata Sarda a Sassari e la Festa del
Redentore a Nuoro. Non mancano le esibizioni a livello locale, come
accade ogni anno per il suggestivo Carnevale Mamoiadino e in
occasione delle feste paesane.
I componenti indossano il costume sardo tradizionale.
F.to Archivio Pro loco
Il Gruppo di ballo Pro Loco di Mamoiada - f.to G.Gungui
Da San’Antonio al Carnevale
F.to Archivio Pro loco
A cura dell’Associazione Turistica Pro Loco
La festa di S.Antonio Abate sancisce l' inizio del Carnevale Mamoiadino, tradizione molto
sentita dall'intera comunità che si riversa nella piazza principale per esibirsi instancabilmente
nelle danze tradizionali di “su passu torrau” e “su sartiu”, al suono dell'organetto o dell'armonica
a bocca. Numerosi sono i turisti che ogni anno giungono ad assistere a questo spettacolo, in cui
vengono coinvolti, non come spettatori, ma come attivi protagonisti, che vengono trascinati
all'interno della cerchia di ballerini. La festa viene rallegrata dai colorati costumi tradizionali,
indossati per l'occasione da donne, uomini e bambini. Tra la folla l'attenzione di tutti viene
richiamata dall'arrivo in piazza dei Mamuthones e Issohadores, simbolo del Carnevale
Mamoiadino con il loro passo deciso e ritmo incalzante.
Altro simbolo del Carnevale è Juvanne Martis, un fantoccio la cui comparsa denota la
conclusione del carnevale. Questo enorme pupazzo, colpito da una grave malattia, viene
posizionato su un carretto trascinato da un asino. Attorno ad esso qualche chirurgo e infermiere
procedono a trapanare il cranio, a eseguire tagli di decine di metri d'intestino e a effettuare
trasfusioni di vino locale all'interno della botte che costituisce il corpo dell'infermo. Uomini
vestiti in abiti tradizionali femminili ne piangono poi la morte cantando sconsolatamente.
Nella serata del Martedì grasso, vengono offerti a tutti gli ospiti, dolci di produzione locale, fave
miste e lardo di maiale, il tutto condito con l'ottimo vino locale.
IL MUSEO DELLE MASCHERE MEDITERRANEE
di cibo e bevande.
La visita al Museo inizia con una multivisione che, con
una sequenza di immagini, testi e suoni accompagnati da
un particolare commento musicale, introduce il visitatore
al Carnevale e alla gente di Mamoiada e, nel contempo, dà
conto delle diverse interpretazioni avanzate nel corso
degli anni sull'origine e sul significato dei Mamuthones.
Orari di apertura e biglietti.
Dal martedi alla domenica (lunedi chiuso) ore
9.00/13.00 - 15.00/19.00
(Nei mesi di luglio, agosto e settembre è aperto anche il
Lunedì)
Biglietti
Intero: € 4,00
Ridotto (comitive, anziani e scolaresche): € 2,60
All'interno del museo è disponibile un bookshop in cui è
possibile acquistare libri, gadget, maschere, cartoline,
DVD e cataloghi degli eventi.
Recapiti
Piazza Europa, 15
08024 Mamoiada NU
Tel: (+39) 0784-56.90.18
Fax: (+39) 0784-56.719
Cellulare: (+39) 347-13.67.921
347-55.04.426
329-1144978
Società Referente: Società Cooperativa Viseras
Il Museo delle Maschere Mediterranee nasce con l'intento
programmatico di costituire un luogo di contatto tra
l'universo culturale di un piccolo paese della Sardegna
interna, Mamoiada, nota in tutto il mondo per le sue
maschere tradizionali - i Mamuthones e gli Issohadores - e
le regioni mediterranee che, attraverso le rappresentazioni
e le maschere di Carnevale, svelano una comunione di
storia e di cultura.
Attraverso il museo, da un lato, Mamoiada si rappresenta e
si espone allo sguardo interno ed esterno, come durante il
Carnevale cui naturalmente rimanda ed indirizza;
dall'altro, offre in qualche modo anche cede i segni della
sua specificità a favore di una causa, un ragionamento:
evidenziare le affinità e le ricorrenze piuttosto che le
differenze e le singolarità, le consonanze e le vicinanze
piuttosto che le difformità e le distanze. Il museo propone
allora ai visitatori un viaggio nella comunità mamoiadina
ed in luoghi istranzos, che a ben vedere risultano tali solo
nello spazio. E in questo viaggio, le maschere, con la
materialità dell'apparato del travestimento, e con il
rimando ai loro comportamenti e significati, rendono
visibile ciò che può essere solo immaginato e invitano il
visitatore ad evocare un'idea prima ancora che un tempo
ed uno spazio definiti: l'idea di una identità culturale
mediterranea.
In particolare il Museo rivolge il suo interesse verso le
forme di mascheramento nelle quali, in una grande varietà
di combinazioni, ricorre l'uso di maschere facciali lignee
zoomorfe e grottesche, di pelli di pecora e di montone, di
campanacci e in generale di dispositivi atti a provocare un
suono frastornante. A queste maschere, proprie delle
comunità dei pastori e dei contadini, si riconosceva il
potere di influire sulle sorti dell'annata agraria; per questo,
malgrado l'aspetto impressionante, la loro visita era attesa
e gradita e occasione per farsele amiche attraverso l'offerta
Si passa quindi in un secondo ambiente, la "Sala del
Carnevale Barbaricino", che presenta una serie di
maschere del centro Sardegna. In una quinta scenografica
formata da due grandi finestre ad angolo che si aprono,
come occhi di una maschera, ad una veduta del paese,
sono esposte due maschere complete di Mamuthone e
una di Issohadore. Di lato i Boes, Merdules e Filonzana di
Ottana e i Thurpos di Orotelli. In una vetrina a parete
sono visibili numerose maschere facciali di Mamoiada,
alcune delle quali di particolare interesse storico, e di
Ottana, nelle diverse tipologie zoomorfe e antropomorfe.
Il terzo ambiente, la "Sala del Mediterraneo", è diviso in
tre ambiti geografici (l'arco alpino, la penisola iberica, la
penisola balcanica). Per ogni area rappresentata ci sono
alcuni manichini sopra i quali sono proiettate immagini
relative a quei carnevali.
LE MASCHERE DI MAMOIADA
I Mamuthones sono stati finora un mistero, ed
innumerevoli sono state le ipotesi avanzate per
comprendere la loro origine.
Raffaello Marchi (1951, “Le maschere barbaricine”)
dapprima suppose che la cerimonia potesse riferirsi ad
una vittoria dei pastori barbaricini (gli Issohadores), sui
mori invasori (i Mamuthones) portati in corteo. Poi
ritenne che vi si potesse riconoscere un rito totemico con
il quale i Mamuthones, cioè i contadini e i pastori, si
identificavano nel bue in segno di mistica venerazione. In
un periodo meno remoto, la descrisse come una di quelle
processioni rituali che i sardi della civiltà nuragica
dovevano fare molto spesso in onore dei loro piccoli
numi agricoli e pastorali.
Lo scrittore Salvatore Cambosu vide nei “….vecchi
prigionieri muti vestiti alla rovescia, con la cintura di
campanacci e la collana di sonagli e nelle giovani guardie
che li circondano….”, una rappresentazione della mitica
pratica del geronticidio, congettura ripresa di recente da
Francesco Masala. Poiché rappresentano esseri umani, le
maschere degli “Issohadores” sono sempre maschere
parlanti, mentre le maschere delle vittime, dei prigionieri,
sono sempre maschere mute. Fave e fagioli erano,
secondo la tradizione, il cibo dei morti, ed è interessante
notare come sia sempre stata consuetudine, in tutti i
paesi sardi, preparare fave con lardo durante il
carnevale, forse anche in omaggio alle anime dei
defunti. Ciò, secondo P. Toschi e F. Alziator, in quanto, i
Mamuthones rappresentano le anime dei morti e degli
spiriti infernali.
Più di recente Maria Margherita Satta ha seguito altre
direzioni di ricerca, sottolineando la centralità, nella
cultura pastorale barbaricina, del rapporto uomoanimale: “….uomo-bestia nell'esistenza di ogni giorno
che si esorcizza nella festa con l'allegoria ironica
dell'inversione bestia-uomo”.
Dolores Turchi suggerisce per la cerimonia una
derivazione da antiche religioni misteriche: “il carnevale
barbaricino continua a mantenere l'aspetto tragico da
cui traeva origine, ripetendo in un rito agreste e
propiziatorio, la passione e la morte di Dioniso, che
nasce e muore ciclicamente come il grano, l'erba e i
fiori. I Mamuthones sarebbero le maschere dionisiache
coperte di pelli, che da millenni ripetono la stessa danza,
ritmata dal suono dei numerosi campanacci che si
scrollano sulle spalle. Un suono cupo, lugubre, che
vuole allontanare gli spiriti del male, ma vuole ricordare
anche il sacrificio del dio che si fa vittima, per morire e
rinascere ogni anno, come la vegetazione nei campi. Le
maschere dei Mamuthones sono tradizionalmente
dodici, come i mesi dell'anno, e si avviano verso il
sacrificio cui sono destinate. Le accompagnano otto
guardiani, detti Issohadores, che si muovono con
agilità, tenendo in mano il laccio mortale col quale
catturare le vittime, se queste tentassero di sottrarsi alla
loro sorte”.
Vanno menzionate infine l'interpretazione di Pietrina
Moretti, che vede nel corteo dei Mamuthones la forma
residuale di una più generale “mascherata dell'orso”,
connessa a riti di eliminazione e di propiziazione, e la
tesi di P. Massaioli, secondo cui le maschere
antropomorfe dei Mamuthones potrebbero essere
un'evoluzione dei Boes di Ottana.
L'ampia gamma di interpretazioni e congetture che si
sono fatte in merito al corteo di Mamuthones e
Issohadores, costituisce una conferma di quante, nel
corso dei secoli, possono essere state le
sovrapposizioni e le trasformazioni del primo ed
originale nucleo rituale.
IL MUSEO ED IL TERRITORIO.
L'attività del Museo trova la sua naturale connessione con le diverse iniziative di interesse culturale e turistico che hanno luogo
a Mamoiada e nel circondario. In particolare il Museo si pone come punto di riferimento informativo ed organizzativo per la
visita del territorio, per la partecipazione alle attività ed alle feste tradizionali, in primo luogo al Carnevale, e per la promozione
dei prodotti alimentari e dell'artigianato locale.
Ma l'aspetto di maggior rilievo dell'azione della cooperativa Viseras che gestisce il Museo delle Maschere è l'attività di
animazione del territorio. In quest'ottica la Cooperativa Viseras ha creato una rete di relazioni tra i vari attori territoriali che si
sta rivelando il vero punto di forza dello sviluppo locale e che comprende:
?
un percorso guidato nei laboratori artigianali del paese;
?
la visita alle sedi-museo delle associazioni culturali;
?
l'aperitivo in cantina;
?
il pranzo in una struttura ricettiva;
?
la visita ai siti archeologici di Mamoiada, ai murales di Orgosolo ai musei di Nuoro.
L'obiettivo di questi itinerari è quello di associare alla visita del Museo la scoperta del patrimonio locale, il contatto con la
popolazione (sistemazione nei B&B, pranzi in ristoranti tipici) e la conoscenza dei prodotti tipici (maschere, vino, pane
carasau, dolci, formaggi, ecc.). In questo scenario, l'immersione nell'identità e nel patrimonio di Mamoiada non si esaurisce
con la visita al Museo, ma continua lungo un percorso che coinvolge in modo attivo il territorio ed i suoi abitanti e che per
questo motivo richiede la partecipazione di tutti gli attori locali. Il successo di un progetto di sviluppo turistico, così come del
più ampio sviluppo locale, dipende anche, e forse soprattutto, dalla attivazione delle risorse immateriali del territorio
connesse alla relazione fra i soggetti, alla capacità auto-organizzativa degli stessi, alla loro capacità di azione collettiva; in una
parola ai cosiddetti “beni relazionali”.
La cooperativa viseras crede fortemente nella forza del linguaggio e proprio per questo profondo convincimento nel corso della sua breve storia ha già prodotto sei importanti calendari (con
immagini di Pablo Volta nel 2002, Franco Pinna nel 2003, Salvatore Ligios nel 2004, Luca Nostri nel 2005, Giuseppe Congiu nel 2007 e Massimo Mastrorillo nel 2009) accompagnati da
altrettanti importanti mostre fotografiche.
Queste oltre che da cornice alla presentazione dei vari calendari sono state anche evento in importanti spazi espositivi toccando quindi centri Europei e non, quali Siviglia, Berlino, Siracusa ,
Roma, Lugo di Romagna e Città del Messico.
Oltre ai calendari e alle relative mostre fotografiche la cooperativa Viseras ha curato l'organizzazione di altri importanti eventi come “Abitare la Musica” nell'estate 2008 o la mostra di pitture e
ceramiche di Francesco DelCasino svoltasi l'inverno passato, partecipato a numerose fiere, quali la BIT di Milano, la Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico di Paestum, Terra Madre il
salone del gusto di Torino e Sardegna in Banchina di Stintino , ma soprattutto è stata protagonista di importantissimi gemellaggi con società extracomunitarie quali i Dogon del Mali e i
Mummers Irlandesi. Tutte queste iniziative hanno costituito un importante veicolo culturale e informativo da far circolare, per far conoscere in tutto il mondo le antiche maschere del carnevale di
Mamoiada, nel cuore della Sardegna, nel centro del Mediterraneo.
DIDATTICA
Come vede il museo il bambino
a cura del Museo delle Maschere Mediterranee
Bambino
Se trovi l'aquilone della tua fantasia
Legalo con l'intelligenza del cuore.
Vedrai sorgere giardini incantati
E tua madre diventera’ una pianta
Che ti coprira’ con le sue foglie.
Fa delle tue mani due bianche colombe
Che portino la pace ovunque
E l'ordine delle cose.
Ma prima di imparare a scrivere
Guardati nell'acqua del sentimento.
(Alda Merini)
“E'un istituto dove ci sono cose antiche e importanti”,
spiega un bambino delle scuole elementari di Mamoiada
messo davanti a questo difficile quesito. Gli altri bambini
rispondono a ruota libera e le opinioni sono davvero
interessanti :“Forse è un luogo dove vengono conservati
dei reperti e tanti quadri”, “No, No” dice ancora un
bambino piu grande “ Nel Museo ci sono le Maschere”
associando la sua idea di Museo a quello di Mamoaida.
Domanda davvero interessante!
Chissà se il bambino vede il Museo o l'arte in generale dal
lato della comprensione o usa lo sguardo del
“privilegiato” in quanto non ha quasi nessun
condizionamento o pregiudizio di gusti e qualità!
L'argomento è di fondamentale importanza visto che
oggi il bambino ha conquistato un posto speciale nelle
sale di tutti i musei del mondo grazie alla nascita della
didattica museale che da la possibilità ai piccoli visitatori
non solo di visionare gli oggetti esposti nel museo ma
anche di vivere all'interno delle sale una vera e propria
esperienza culturale.
Ed è proprio in questo ambito che da qualche anno il
Museo delle Maschere Mediterranee, in collaborazione
con la dottoressa Carla Tanda, esperta di didattica
Museale, ha voluto dedicare ai suoi piccoli visitatori una
ricca sezione didattica con laboratori creativi e sensoriali
che hanno lo scopo di far cimentare il bambino nella
pratica dell'arte, sentendosi piu' vicino al contenuto del Museo
stesso e magari meno intimidito dagli oggetti esposti.
Dedicare ai bambini uno spazio tutto loro è di fondamentale
importanza e la mission del Museo delle Maschere è quella di
formarne la sensibilità, guidarli in una crescita culturale
consapevole e chissà riuscire ad depennare quell'immagine
diffusa che vede il Museo come luogo noioso, immutabile,
silenzioso e magari pieno di polvere. Anzi, il Museo e
sopratutto quello delle Maschere, vuole essere per i piu' piccoli
uno spazio non solo dove viene custodito un rito millenario
ma anche un luogo dedicato all'apprendimento, al gioco e
perché no al divertimento. L'esperienza che proponiamo alle
scuole non è solo visiva, i laboratori studiati dalla dottoressa
Tanda infatti, consentono di fare un'esperienza multipla e di
stimolare i vari livelli sensoriali come quelli visivi e tattili, senza
tralasciare naturalmente un altro fattore fondamentale di
questo percorso: la fantasia di ogni bambino.
Nella nostra idea di museo, quindi, l'esposizione delle
Maschere, la tradizione raccontata ai bambini, il confronto
con le Maschere del Mediterraneo, non potrebbero
esistere senza che si crei una relazione con altre attività
del nostro paese. Alle nostre maschere si allacciano infatti
le due associazioni di Mamuthones e Issohadores (Pro
Loco e Atzeni Beccoi), e i vari artigiani della maschera.
Nelle due sedi i bambini e spesso gli adulti vivono un
esperienza diretta con il vestiario dei Gruppi, dalle pelli ai
campanacci e agli abiti in velluto, e si vive quell'atmosfera
magica tipica del nostro Carnevale e della festa di
Sant'Antonio ma anche quella dell'impegno sociale che
vede gli abitanti di Mamoiada impegnati in una vera e
propria missione di volontariato, che richiede spesso
tanta passione e fatica.
Dall'artigiano i bambini si arricchiscono scoprendo un
mestiere antico e originale di cui forse ne ignoravano
l'esistenza: quello del mascheraio. Da quest'ultimo
partecipano a una breve lezione su come si fa una
maschera, un'esperienza questa per noi del posto quasi
scontata, i Mascherai a Mamoiada sono tanti e per noi è
un mestiere come un altro, cosa invece poco comune per
altri bambini che visitano il nostro Museo.
Da qui l'idea di Museo dinamico e nuovo, gli oggetti che
poco prima erano esposti impassibili al Museo
improvvisamente prendono vita, e diventano tangibili,
reali. I bambini si circondano di oggetti da toccare e da
ascoltare come i batacchi dei campanacci, tessuti insoliti
come Su billudu e l'orbace, odori da riscoprire come
quello intenso de Sas Peddes, strumenti da conoscere
come S'ashiolu usato dalla mano decisa dell'artigiano.
Ed è quindi per questo e per mille altri motivi che al
Museo delle Maschere i bambini come gli adulti sono
sempre i benvenuti. Li vediamo come coloro che dopo di
noi manterranno vive le nostre tradizioni, diventeranno
custodi della nostra storia, del nostro sapere e della nostra
cultura; anche se poi lo scambio è reciproco: è dalle loro
piccole esperienze e dalla loro spontaneità che anche noi
ci arricchiamo sempre di piu'quando vengono a trovarci.
DIDATTICA
Come vede il museo il bambino
a cura del Museo delle Maschere Mediterranee
Ed è proprio questa domanda “Che cos'è un Museo?” che trova risposta
tra le pagine del primo Quaderno Didattico, l'originale iniziativa
realizzata dal Museo delle Maschere sempre insieme alla preziosa
collaborazione della dottoressa Tanda che ne ha curato i testi, le
illustrazioni e le esercitazioni pratiche.
Quaranta pagine coloratissime tutte dedicate ai piccoli visitatori del
nostro Museo, pagine da leggere, schede da colorare e da ritagliare,
illustrazioni simpatiche e giocose.
La finalità del quaderno è quella di guidare alunni ma anche insegnanti e
genitori, entro un percorso ragionato e propedeutico che mira alla
scoperta e comprensione dei musei ed in particolare del Museo delle
Maschere Mediterranee di Mamoiada, il quale diventa, all'interno del
percorso, punto nodale di riferimento per fissare le conoscenze
acquisite.
Il quaderno si compone delle seguenti sezioni:
la prima introduce un percorso storico che inquadra le origini dei musei
focalizzandone scopi e contenuti;
la seconda parte si incentra sul museo delle maschere e sulla sua nascita.
Il quaderno inoltre vuole essere uno strumento utile e allo stesso tempo
divertente rivolto non solo agli alunni ma anche ai docenti della scuola
primaria e secondaria di 1 grado: faranno da corredo e aiuto alla lettura
una serie di attività creative proposte lungo le pagine del Quaderno che,
mediante un gioco di similitudini, serviranno per fissare i contenuti base
esposti lungo il testo.
Il quaderno, sarà l' oggetto su cui si muoveranno i primi passi di un
incontro che vuole inquadrare il museo secondo un'ottica piu' dinamica,
in cui l'Istituto non è piu' visto come sede che accoglie e ospita, ma bensì
anche e soprattutto, che viene ospitata e accolta, dunque che esce fuori
dalle sue mura e dal suo edificio, per farsi conoscere anche al di fuori
delle sue sale espositive.
Negli ultimi anni in Italia sono aumentati i musei rivolti ai piccoli.
L'esperienza diretta, un nuovo modo di interagire con i fruitori delle
strutture: questi ed altri sono i caratteri salienti del nuovo modo di
intendere un museo come spazio vivo e non solo esperienza visiva.
Il quaderno didattico è stato presentato alle insegnanti delle scuole di
Mamoiada, da sempre nostre sostenitrici, e per promuoverlo anche tra i
bambini, il Museo ha organizzato una festa di Natale proprio in
concomitanza con le vacanze. Durante la festa i bambini hanno potuto
giocare con le pagine del quaderno e visionarlo in ogni sua parte;
naturalmente non sono mancati momenti di svago con Lo Spiritello del
Museo che si è divertito a spaventare i bambini, tanta musica, balli, giochi
e pane e nutella per tutti, grandi e piccoli.
Si spera inoltre che a questa prima pubblicazione ne seguiranno anche
delle altre, magari una lunga catena la cui ispirazione ci viene data
proprio dai bambini.
Il progetto del quaderno si inserisce però nella piu'ampia sezione
didattica Museale, attivata già da due anni; attualmente sono sette i
laboratori portati avanti con grande successo: si pensi che tra i
dodicimila visitatori annui sono duemilacinquecento gli scolari che
hanno frequentato il nostro Museo e che hanno apprezzato la sezione
didattica.
Elenco laboratori:
Il museo diventa luogo di sperimentazione, apprendimento e diffusione culturale mediante proposte
creative e variegate, capaci di generare stimoli su più fronti. Le proposte didattiche elaborate diventano
un nuovo strumento per la comprensione e la visita del museo e del patrimonio culturale del paese.
Destinatari:
scuola primaria
scuola secondaria di primo grado
Proposte didattiche
Scuola
Titolo
Alla scoperta della vera identità della
maschera Analizzare e inventare la storia
di una maschera per poi rappresentarla
sotto forma teatrale
Emozione di musica
Scoprire nuovi strumenti musicali per
realizzare la musica del nostro rito.
I suoni e il ritmo della natura
Avvicinarsi al mondo della natura mediante
la scoperta dei suoni.
La maschera di Medusa
Da una vecchia leggenda per modellare la
maschera di un mito.
Fotografia di una leggenda
Ascoltare e apprendere il racconto per
racchiuderlo dentro una rappresentazione
fotografica.
Oggi mi sento ….un leone
Descrivere se stessi e come vorremo essere
mediante la realizzazione della propria
maschera personale.
Oro argento e cartone
Capire il significato simbolico dei materiali
e scegliere quello più idoneo per la propria
maschera.
Tipologia delle attività
teatrale
Durata
1ora 3/4
1 ora
musicale
Di avviamento alla
psicomotricità
1 ora 1/2
1 ora 1/2
Su testo
scritto
Su testo
scritto
manuale
manuale
1 ora
1 ora
1 ora
MAMUTHONE E ISSOHADORE AD HONOREM
A cura di Bastiano Mele
Nel 2003 l' Amministrazione Comunale di Mamoiada
istituisce l'onorificenza Mamuthone ad Honorem. Un
riconoscimento a personaggi illustri che si sono distinti
al di là dei confini della nostra isola. In qualche modo
una cittadinanza onoraria visto che ogni mamoiadino si
considera “Mamuthone” o “Issohadore”.
L'idea è nata con una sottile ironia (il premio viene
consegnato durante il periodo di Carnevale) ma
nasconde risvolti e aspetti molto profondi, che danno
all'evento un notevole e quasi inaspettato risalto.
Attraverso questa piccola ma intensa cerimonia, altro
non è che un Consiglio Comunale informale, si apre da
Mamoiada una finestra verso l'esterno che si rivolge a
tutto ciò che accade intorno a noi. Con i vari
“Mamuthones e Issohadores ad Honorem” abbiamo
parlato di archeologia, di musica, di letteratura di
scienza e di medicina e di cultura partendo dalla nostra
isola e passando dalle esperienze francesi di Paolo
Fresu, dalla vita in Danimarca di Maria Giacobbe, dalle
conoscenze della politica italiana di Francesco Cossiga,
per continuare poi con le esperienze nei rispettivi
campi di Gianluigi Gessa e Pinuccio Sciola e per finire
l'intensa lezione di vita di Don Giovanni Usai.
Questa onorificenza nasce anche per una nostra
esigenza, che il vivere in un isola trasforma in necessità.
Il poter mantenere sempre vivi e costanti i continui
scambi con l'esterno, con i nostri rappresentanti sardi
che anno vissuto e conosciuto altre realtà, effettuato
esperienze di vita valorizzanti e profonde. Conoscere e
ascoltare da queste persone il loro viaggio ha arricchito
e stimolato la nostra sete di conoscenza, perché hanno
portato per una sera tutti noi in viaggio con loro. Un
vero e proprio Master and Back, in cui sono riusciti a
trasferire la loro esperienza dell'essere sardi nel Mondo
senza dimenticarsi mai della parte Back, restituire alla
Sardegna il guadagno culturale e sociale della loro
grandezza professionale e umana. Ecco cos'è
“Mamuthone e Issohadore” ad Honorem ed ecco
perché non abbiamo voluto legarlo a noiosi regolamenti
comunali o delibere di Consiglio. Vogliamo lasciarci o
vorremo lasciare liberi chi verrà dopo di noi il poter
consegnare la maschera ad un africano o un americano
che abbia fatto qualcosa per o in Sardegna, oppure ad un
sardo e un neozelandese che abbiano realizzato insieme
un sogno. Insomma speriamo che questo piccolo e
intenso momento duri nel tempo, senza schemi o
eccessive formalità, ma con spirito di ironia e semplicità
proprio come il nostro carnevale.
Quest'anno l'onorificenza verrà consegnata al
giornalista Giovanni Maria Bellu.
Sardo, nato e cresciuto a Cagliari, da genitori originari
della Barbagia e della Gallura, dopo aver lavorato per
anni a La Nuova Sardegna, nel 1988 viene assunto dal
quotidiano la Repubblica fondato da Eugenio Scalfari.
Diventa capo servizio del settore politica interna e dal
1995 inviato speciale. In questa veste ha seguito
importanti vicende nazionali e internazionali: da Gladio
a Ustica, passando per la morte di Ilaria Alpi. Nel 2001
ha individuato nei fondali marini al largo di Portopalo di
Capopassero il relitto del Boat People naufragato nel
dicembre del 1996 con circa 300 clandestini a bordo.
Attualmente lavora al quotidiano L'Unità, di cui è
condirettore con Concita De Gregorio.
L’Albo delle Onorificenze
Mamuthone e Issohadore
ad honorem
dal 2003 ad oggi
MAMUTHONE e ISSOHADORE ad HONOREM 2003
Prof. Giovanni Lilliu (Archeologo e accademico dei
Lincei)
MAMUTHONE e ISSOHADORE ad HONOREM 2004
Sen. Francesco Cossiga (Presidente emerito della
Repubblica Italiana)
MAMUTHONE e ISSOHADORE ad HONOREM 2005
Don Giovanni Usai (sacerdote e fondatore della
Comunità “Il Samaritano” che ha fatto della propria vita
una missione per il recupero e il reinserimento sociale di
detenuti).
MAMUTHONE e ISSOHADORE ad HONOREM 2006
Paolo Fresu (musicista jazz di fama internazionale)
MAMUTHONE e ISSOHADORE ad HONOREM 2007
Maria Giacobbe (scrittrice)
MAMUTHONE e ISSOHADORE ad HONOREM 2008
Gian Luigi Gessa (scienziato)
MAMUTHONE e ISSOHADORE ad HONOREM 2009
Pinuccio Sciola (Scultore)
MAMUTHONE e ISSOHADORE ad HONOREM 2010
Giovanni Maria Bellu (Giornalista)
Il Giornalista G.M.Bellu
PROSSIMI EVENTI
Il festival della Musica
a cura di Giannetto Lapia
Una delle prime domande che ci si potrebbe mettere
è “Perché un festival della canzone a Mamoiada”?
Con pari diritto, si potrebbe dire “perché no”? E
questo esempio può essere portato in qualsiasi dei
nostri paesi, in ogni tempo, in tutte le stagioni.
Il festival della canzone a Mamoiada non è nè
anacronistico nè una novità, visto che ci troviamo in
un paese musicale, ricco di tradizioni musicali, dove
chi vuole essere presente, partecipare, è ben accetto.
Chi dovesse avere pregiudizi di qualsiasi natura, se li
tenga pure. Ricordando ieri, ad esempio negli anni
'70, “il tenore” (per favore non scrivete la castroneria
“tenores”, quando siamo al singolare) di Mamoiada
era uno dei pochissimi che giravano nelle sagre
paesane dei nostri paesi. E che voci guidate dal
mitico “Mazzone”!!! Ma anche nella musica leggera
non scherzava. Credo che Mamoiada sia il paese che
ha fatto la prima discoteca in provincia di Nuoro: “Il
Cannetto”! E non si faceva girare solo il vinile. La
struttura ha ospitato i migliori artisti internazionali
in giro per la Sardegna. Ricordo il complesso inglese
dei “Renegades”, poi diventati “Primiteves” il cui
cantante solista era l'odierno Mal! Io e la mia band
facevamo da complesso di apertura! Chi frequentava
il Cannetto” vi può fare un rosario dei grandi artisti
che ci sono passati.
E l'artista va dove viene ascoltato e rispettato.
Arrivando ai giorni nostri, il festival della canzone è
una delle cose più positive che un paese può fare. E
beati quei paesi che hanno amministrazioni aperte a
questo genere di eventi. Guardando subito al venale,
pensate che può venir fuori una bella voce, essere
notata e poi baciata dalla dea fortuna. In Sardegna
non è una novità, non è un caso sporadico ed in
tempo di crisi provate a riderci sopra. Ma fatta questa
premessa, torniamo al nostro festival è incontro,
comunicazione, educazione, maturare, emergere. E'
l'incontro di tanti ragazzi e ragazze che comunicano,
parlano, ridono, scherzano serenamente e non con
quella faccia ebete da scemo che ha il condannato alla
televisione. Tanti genitori che si incontrano,
diventano amici, si telefonano e si visitano. Si impara
ad essere intonati che non è solo un'esigenza
musicale: rispondere in modo equilibrato ad un
insegnante, ad un superiore, al proprio compagno o
compagna, è indice di equilibrio! E ditemi se è poco.
Si apprende l'arte di cantare, la tonalità, a respirare
non in modo casuale ma secondo armonia, a
prendere un microfono ed a superare “l'effetto
microfono” temuto in particolar modo dai politici.
Avere la coscienza del palco, di qualcosa che è sopra il
terreno dove stiamo tutti. Il palco è fatto per quelli
che hanno scelto di elevarsi. Il palco incute rispetto
verso il palco stesso e verso la gente. Il pubblico, che ti
osserva, ti scruta, ti misura, annuisce o dissente, ma
sempre civilmente.
Ho visto non poche volte il Maestro Bastiano Coi,
iniziare i corsi con dei ragazzini che non salutavano
neppure, non aprivano bocca per niente. Alle
domande rispondevano solo con cenni della testa si o
no. Dopo un paio di mesi discutevano con i compagni
con tanta di quella verve che la ragione sembrava tutta
loro.
Non pochi genitori affiancano i loro figli a questi
maestri ed a queste nobili iniziative, sperando di sganciare i
propri figli da quelle che responsabilmente vedono come
“cattive compagnie”.
“ Menzus istonau in su palcu chi non iscamminau” “Menzus
chin Mastru Coi chi non fachende dannu a sa tzente” Credete
siano frasi inventate? No! Sono frasi sentite e che fanno piacere:
è la prova provata che si è nella strada giusta. E' la funzione
educativa di questo tipo di eventi.
Bene Mamoiada. Bene Tutti i paesi che, con la musica, levano i
ragazzi dalla strada e dai televisori. Bene il Maestro Coi che al
“posto fisso” ha preferito stare sul campo! Il suo bagaglio di vita
sarà oro per gli allievi, “vostri figli”. Mamoiada continua così!
A chent'annos, andende cantande!
Un momento dell’edizione passata del Minifestival - f.to Sara Muggittu
IL COSTUME DI MAMOIADA
Approfondimenti
L’abito nella tradizione mamoiadina
Il Costume di Mamoiada femminile in base allo stato
sociale si suddivide in: Costume di Dama , Costume da
Vassalla o di Gala (per le occasioni importanti), Costume da Vedova e Costume da Mezzo lutto
Il Costume maschile non subisce particolari
trasformazioni a seconda dello status sociale e abbiamo
pertanto: Il Costume quotidiano dei Cavalleris o dei
Vassalli e il Costume da Vedovo
Per entrambi i Costumi, anche se di ceto sociale diverso,
la struttura restava la stessa,; le variazioni riguardano
spesso i ricami, gli abbellimenti e i tipi di tessuto.
L'Abito Quotidiano Femminile e Maschile
Oggi la maggior parte delle anziane indossa “Sa
Vardetta”, la gonna plissettata (assaità), “Sa Brusa” (la
blusa) e “Su Muncadore” (Il fazzoletto copricapo).
Sa Vardetta viene realizzata con tessuti come “su tibet” o
terital, quelle in tibet venivano utilizzate per le occasioni
speciali, cerimonie, processioni, funzioni religiose.
Di colore nero o marron scuro (in colore 'e caffè)
oppure vi sono anche varianti di colore grigio scuro e blu
scuro; oggi ovviamente fra i colori dominanti vi è il nero.
Un tempo vi era un'alternanza nell'uso della vardetta al
posto della gonna di orbace, abbinata al corpetto. Le
donne non uscivano mai senza aver indossato “S'issallu”
(lo scialle), specie per le cerimonie, anche questo si può
suddividere in due diverse tipologie: de ispunna (di
spugna, di pizzo (per le spose), de tibet
quest'ultimo viene arricchito nel bordo con delle frange,
utilizzato tutto l'anno anche d'estate. Lo scialle di spugna
viene utilizzato tutti i giorni e specie d'inverno.
Mentre gli uomini sono soliti usare ancora oggi,
indossando specie in campagna “Su billudu”, il velluto,
per i pantaloni e anche per la giacca “ Sa zanchetta”,
mentre per il copricapo utilizzano “su bonette”. Per le
scarpe è bene ricordare “Sos ‘usinzos”, gli scarponi in
cuoio, realizzati a mano e ideali per chi lavora in
campagna per via della robustezza e dell'impermeabilità.
Molto usati anche i gambali “cambales” di cuoio con
lacci o quelli più moderni a bottini. Per coprirsi specie
d’inverno si usava “su gappotto de goresi”, il cappotto
con il cappuccio realizzato d’orbace nera, oppure le pelli
“sas peddes” come quelle del mamuthone.
L’Abito femminile - Composizione:
SU MUNCADORE
è il fazzoletto copricapo,
utilizzato ancora oggi dalle anziane donne di Mamoiada.
Le tipologie erano e sono differenti a seconda
dell'utilizzo: di Tibet, di Seta o di lino grezzo tessuto al
telaio, con ricami o intagli.
Molto ampio, e come spiegano alcune anziane “Vene
Affrunchilau” (bene avvolto attorno al viso).
a cura di Sara Muggittu
Di recente riscoperta è Sa Tivazola, Questo copricapo
assai utilizzato nell '800 e anche fino alla prima metà del
'900, era caduto in disuso senza che si ritrovassero tracce
se non fotografiche.
Sa Tivazola, che in alcuni paesi veniva utilizzata dalle
nobili, in realtà a Mamoiada era in uso anche dalla vassalle.
Non presentava né pitture e né ricami e veniva fissata con
uno spillino d'oro o semplice, “Sa 'Uza”
Tre erano le tipologie comunemente utilizzate:
-Sa Tivazola Nighedda nera per le vedove e per il lutto
-Sa Tivazola Groga o in colore 'e Taffaranu - Color
zafferano per il mezzo lutto
-Sa Tivazola bianca o de Gala color bianco sporco per
l'utilizzo quotidiano e per le occasioni. Il materiale era il
lino grezzo, come confermato dalle interviste, tessuto
dalle donne al telaio.
SA ‘AMISA - LA CAMICIA
Bianca e in cotone molto fine, talvolta viene leggermente
colorata con l’azzurina (asulette).
Presenta diversi ed elaborati ricami specie alla base del
collo e nel petto. Ricami che vengono denominati,
dominu”, “trapadillu”, “puntu pranu” ecc...
Il petto della camicia viene plissetato e inamidato (un
tempo si usava l'amido sfuso “s'imbidone”) prima di
essere indossato, questo effetto viene ottenuto grazie ad
una particolare tecnica di cucitura che forma delle pieghe
nella camicia alla base della scollatura.
SU CURITTU (o Su Zippone per il costume di
Dama) IL CORPETTO
Il corpetto, molto aderente e scollato, è di panno rosso per
le vassalle, marron scuro e orlato per le dame. Il corpetto
rosso presenta sulla schiena un cordoncino intrecciato e
sui polsi delle finte asole realizzate spesso con fili colorate
dette “sos traos”.
SU COSSO- Il Bustino frontale
Si tratta di una sorta di bustino con le punte rivolte verso
l'alto e a doppia forma triangolare, fatto di stoffa o seta,
leggermente imbottito, che presenta particolari
decorazioni a pittura o a ricamo dai colori variegati e a
seconda dei gusti.
SU GORESI - LA GONNA DI ORBACE
La gonna di orbace, ossia di lana grezza, , viene chiamata
“Goresi”. E’ una lunga gonna, plissetata - “assaità” , di
color marron scuro e di panno per le dame e marron,
rosso scuro, nera per le vassalle.
Presenta alla fine una balza, chiamata in mamoiadino
“vrunnimentu”, la cui grandezza varia a seconda dei gusti,
di seta o broccato, con decori a ricamo, pittura o anche
semplice. Ai lati della gonna vi sono due spacchi che
presentano gli stessi motivi de su vrunnimentu, chiamati
anche “mashulas”.
La gonna viene sempre abbinata sia a su curittu che a su
cosso, specie per i decori, ma soprattutto a seconda dello
stato civile. Se la donna era vedova, ad esempio, la gonna
ovviamente era nera, se aveva un lutto in famiglia, la balza
finale era di colore nero o tra il blu e il viola, per la sposa
invece si realizzava il costume cosiddetto di gala, più ricco
e “sfarzoso” dei precedenti.
SA ‘INTA- IL GREMBIULE
Il Grembiule del Costume di Mamoiada viene chiamato in
genere “Sa 'inta”, di stoffa, seta o di broccato, ricamata, a
pittura o a intaglio, a seconda dei gusti.
S’ORARIA - I GIOIELLI
Le donne mamoiadine indossano pochissimi gioielli ma
molto belli, fra questi ovviamente i bottoni d'oro che
chiudono la camicia “sos buttones de oro”, il fermaglio
d'oro fino “Su vermalliu”o una semplice catenina .L'uomo
indossa solamente “sos buttones de oro” per chiudere la
camicia. Anche a Mamoiada i bottoni presentavano delle
pietre cono colore diverso a seconda dello status sociale,
addirittura esistevano diverse tipologie di bottoni distinte
anche secondo l'età. Bottoni piccoli per “sas Vahanzas”, le
single, Bottoni grandi pro “sas isposàs”, le donne sposate
e infine semplici e lisci pro “sas anzianas”, per le anziane.
In passato era consentito portare l'anello solo alle donne
maritate o fidanzate come simbolo esteriore del patto di
fede o del vincolo matrimoniale. L'anello più
comunemente usato fra le donne sposate è “Su Mattone”
con incise le iniziali della donna.
Il costume maschile non presenta grosse
particolarità e differenze sostanziali rispetto alle
tipologie dell’abito femminile.
SA BERRITTA - IL COPRICAPO
E' un copricapo realizzato di panno nero, ripiegata sul
capo oppure distesa, è il copricapo maschile diffuso in
tutta la Sardegna e presenta le stesse caratteristiche
pressochè ovunque.
SA ‘AMISA - LA CAMICIA
La camicia realizzata con la stessa stoffa utilizzata per
l'abito femminile e quindi di tela di cotone, viene portata
sul collo alla coreana e richiusa con i bottoni d'oro. Il
ricamo è meno elaborato della camicia delle donne ma
vengono comunque utilizzate le stesse tecniche. Le
maniche come si può notare dalla foto sono molto ampie.
SU CURITTU- IL CORPETTO
Su curittu dell'uomo, di panno rosso o nero per il vedovo è
a doppio petto con un ampio girocollo e le maniche
aperte..
SAS PEDDES LA GIACCA
Sas Peddes come in molti paesi specie di montagna
servivano da giacca, realizzate dalla conciatura delle pelli
dell'agnello nero, a differenza dei pastori che utilizzavano
pelli di pecora conciate, come quelle che utilizzano i
mamuthones.
SU CARTZONE 'E GORESI - IL GONNELLINO
Il gonnellino nero di orbace portato dagli uomini “su
carzone de goresi” viene chiamato in gergo “ispacca
troddiu”
“spacca scorreggia”,viene leggermente
plissetato e chiuso con un gancio.
SU 'INTORJU - LA CINTURA
La cinta di cuoio lavorata che presenta diverse
decorazioni.
SA VRENTERA - LA CINTURA
La cintura di cuoio più elaborata, con il porta taschino, in
uso specie nelle classi sociali più abbienti.
SOS CARTZONES - I CALZONI
Sono i calzoni di tessuto bianco, arrivano fin sotto il
ginocchio e in genere coprono da “sas cartzas”, le ghette
nere.
SAS CARTZAS - LE GHETTE
Sono le calze o ghette nere fatte di orbace che partono dal
piede coprendo le scarpe e arrivano fino al ginocchio.
Per l'inverno l'uomo era solito indossare sopra il costume
“Su Cappotto de Goresi” il cappotto di orbace nero col
cappuccio. Ancora in uso in alcune maschere della
Barbagia (Thurpos di Orotelli
Le informazioni sul Costume sono state tratte dal libro: “Il Costume Tradizionale di Mamoiada” di Sara Muggittu
Boopen Editore © 2008 ISBN 978-88-6223-286-9
IL BALLO DI MAMOIADA
Approfondimenti
Su Passu Torrau e Su Sartiu
a cura di Sara Muggittu
Brevi cenni sul ballo in Sardegna:
Il ballo tradizionale ("su ballu sardu"), ancora oggi
largamente praticato a tutti i livelli sociali, rappresenta
per molti paesi dell'isola uno dei momenti aggregativi e
comunitari più importanti.
Sino alla prima metà del Novecento, la buona riuscita di
una festa dipendeva quasi esclusivamente da come si
svolgevano le danze e particolare attenzione si prestava
all'aspetto sonoro e coreutico. Il ballo, inoltre,
rappresentava anche una delle più importanti occasioni
di socializzazione offerte alla comunità, e, in particolare,
era il momento in cui le persone di sesso opposto
potevano stare a stretto contatto e comunicare le proprie
simpatie amorose. Ancora oggi sono numerose le
occasioni, formali e talvolta informali, che danno luogo
allo svolgimento di balli: Carnevale, feste patronali, feste
campestri, matrimoni, "spuntini", eccetera. Il
patrimonio etnocoreutico della Sardegna è
estremamente ricco, tanto che più che parlare di "ballo
sardo", sarebbe più corretto parlare di "balli sardi". Ogni
paese possiede le sue musiche da ballo, per lo meno due
o tre tipologie differenti. Su queste musiche, molto
spesso, si ha una serie di forme coreutiche che possono
variare in base al luogo in cui si svolgono le danze
(all'aperto o al chiuso) e all'occasione (Carnevale, festa
patronale, ecc.). Ciascuna comunità locale possiede
dunque i propri balli, nettamente distinti rispetto a quelli
dei paesi vicini o almeno considerati tali. Le differenze in
alcuni casi sono macroscopiche, in altri possono
sembrare minime, ma per le singole comunità hanno
grande importanza perché sottolineano l'identità de "sa
bidda" e marcano la diversità con le altre comunità. Ogni
ballo ha il suo nome che spesso mette in risalto una
caratteristica di quella danza: l'aspetto morfologico
("ballu tundu, cointrotza, ballu brincu, ballu mannu,
passu puntau, ballu 'e sa cruxi, passu e tres", ecc.),
toponimico ("logudoresa, ballu 'e 'Usache, campidanesu,
ballu 'e su marghine, mamoiadina", ecc.), asemantico ("su
dillu, su dennaru, su durdurinu", ecc.), situazionale
("ballu 'e su cumbidu, ballu froniu, sa ciappita", ecc.),
anatomico ("ballu 'e ischina, s'anchetta, sciampitta",
ecc.), cronologico ("ballu antigu, arciu antihu", ecc.),
strumentale ("ballu 'e su saccu, ballu 'e s'isprigu, ballu 'e sa
scova", ecc.).
Il ballo di Mamoiada nella P.zza Santa Croce 2009 - f.to Sara Muggittu
All'interno di questo ricco patrimonio una varietà di fonti
sonore scandisce i ritmi del ballo: il canto monodico della
voce maschile o della voce femminile, la polifonia vocale
("tenore, cuntzertu, cuntrattu"), la voce con
accompagnamento strumentale (chitarra, organetto,
"pipiolu", ecc.).
(Tratto da Sardegna Cultura)
Ballu Tundu in piazza Santa Croce a Mamoiada. Anni ‘50 circa (f.to Archivio Saraservizi) - Il grande cerchio e all’interno diverse coppie di ballerini.
Il ballo sardo di Mamoiada è caratterizzato da due importanti varianti: "Su passu Torrau" chiamato un tempo anche
"Su ballu Mamujadinu" e "Su sartiu".
Su Passu Torrau, letteralmente tradotto il passo ritornato, ballo originario di Mamoiada, prevede e una serie di
passi avanti seguiti dal ritorno sul passo precedente (torrau = ritornato). Viene anche chiamato "a sa seria" alla seria,
per via della compostezza e serietà in cui viene eseguito dai ballerini; l’esecuzione dello stesso viene fatta a piccoli
passi che quasi impercettibilmente dovrebbero sollevarsi da terra e viene accompagnato in genere dall'organetto o
dall'armonica a bocca, “su sonu a buha” e un tempo spesso dal canto a tenore.
La regola vuole che si alternino un uomo e una donna, quest’ultima sempre alla destra dell’uomo e i ballerini,
disposti in cerchio a “ballu tundu”, il caratteristico ballo tondo tanto immortalato nella piazza Santa Croce a
Mamoiada, eseguono questo passo tenendosi stretti con braccia e mani che si incrociano e schiena ben dritta.
Esso comunque richiede una certa preparazione e viene eseguito in completa armonia con il suonatore. A “su passu
torrau” si alterna, ogni tanto durante l’esecuzione, “s’intrada”, segnalata da una leggera pressione sulla mano, i
ballerini avanzano all’interno del cerchio a piccoli passi in avanti eseguendo al termine due leggere flessioni delle
ginocchia, “s’intrada” può essere singola, al termine si ritorna indietro o doppia, segnalata da una’altra leggera
pressione di mano.
A queste semplici regole se ne affiancano altre che seguono un rituale ben preciso e controllato da diversi uomini
all’interno del cerchio; il ballo infatti non si svolge solo in quest’ultimo, ogni tanto infatti, vengono chiamate
all’interno delle coppie, che ruotano attorno al suonatore ripetendo quello che avviene per “S’intrada” e talvolta la
coppia esegue una rotazione a 360° molto coreografica, che termina sempre con le flessioni sulle ginocchia.
La coppia può anche essere separata, ogni tanto viene chiamato il
cambio “a posto la donna”, in questo caso il ballerino
accompagna la donna nel punto in cui ballava precedentemente e
cambia compagna, viceversa per l’uomo.
Queste regole importantissime, non venivano trasgredite, pena
l’esclusione dal ballo. Gli stessi coordinatori del ballo possono
decidere in base al numero delle persone, di organizzare altri
cerchi all’interno del principale, sono noti infatti “sos ballos a
duas pizas” o “a tre pizas”, in poche parole ballo a due o a tre
cerchi.
Su Sartiu, invece è un ballo caratterizzato da movimenti
sicuramente più veloci e vivaci, leggermente saltellato, ma senza
esagerazioni, prevede anch'esso come per il passu torrau delle
"corse" in avanti, "S'intrada", che viene segnalata al ballerino da
una leggera pressione sulla mano. Essendo più veloce e meno
monotono viene eseguito più volentieri dai ballerini.
Le regole sono le stesse de “su passu torrau” così come le
coreografie eseguite dalle coppie all’interno del cerchio.
Altro ballo che viene eseguito spesso è Su Dillu, ma non fa parte
dei balli originari. Esso invece è un ballo del Goceano composto
da un solo movimento che consiste in due saltelli sul piede destro
e due sul piede sinistro. Di derivazione profana, pare venisse
anticamente eseguito come .forma di scongiuro per le vittime
della puntura dell'argia, un ragno velenoso, per allontanare il
pericolo della morte. Tale ipotesi sarebbe suffragata non solo dal
fatto che da esso deriva su ballu 'e s'arza (il ballo dell'argia),
eseguito a passo di dillu, ma anche dal nome stesso del ballo. La
parola dillu sarebbe infatti una contrazione di "dilliriu" che
significa delirio; inoltre le parole che accompagnano spesso la
danza "dilliri, dilliri, dilliriana", richiamano per assonanza la stessa
parola “dillirium”. Una seconda ipotesi invece fa risalire il nome
del ballo da "dillisu” (“beffa, scherno”) e sostiene che nei tempi
antichi il ballo venisse eseguito dopo una razzia di bestiame
("bardana") come festeggiamento per essere riusciti a beffare i
proprietari della mandria.
Ballo in piazza Santa Croce 1957 - f.to Pablo Volta
ASSOCIAZIONE CULTURALE ATZENI-BECCOI
Vederli, o solo sentirli, è un’emozione unica. Danzano,
sfilano, agitano i campanacci, celebrano il loro rituale
magnetico davanti ai tuoi occhi ed avverti subito che sono
dentro di te, che quei suoni e quei movimenti,
quell’incedere ordinato, è parte di te. E’ il suono, la danza,
il rito dell’origine. Va oltre la tradizione, si trasmette come
la vita, di generazione in generazione, non come pratica o
costume ma come primo passo nel cammino della verità.
Nel vederli, e nel sentirli, sai che sono proprio la verità che
ti chiama dall’alba della vita. Una verità che negli anni in
tanti hanno cercato di svelare, supponendo possibile la
risoluzione di un mistero. Che in tanti hanno cercato di
piegare alle proprie convinzioni, costringendo la storia a
farsi racconto. Vedendoli, e sentendoli, sai che i due
grandi interrogativi che li accompagnano da sempre, (a
quando risalgono, che cosa significano) sono rimasti
irrisolti, e ne sei quasi felice. Perché la forza della loro
origine è ciò che sono per te e cosa ti fanno provare. Sono
la vita, nella sua eterna e continua complessità. Sono te.
Ogni Uomo, appena li vede, capisce d’essere
contemporaneamente Mamuthone (con la maschera in
viso, severo, oppresso) e Issohadore (senza maschera,
vivace, libero). E non se lo scorda più.
Il primo nucleo dell’associazione Atzeni – Beccoi si è
costituito nel 1975 quando colui che tutti riconoscono
essere il mamuthone per eccellenza, Costantino Atzeni,
con alcuni amici decide di dar vita ad un suo gruppo di
Mamuthones ed Issohadores (il gruppo Atzeni) : dopo la
morte di Costantino Atzeni (1979) il gruppo rimane tale
fino al 1986 quando viene intitolato a Peppino Beccoi.
Nel 1994 il gruppo diventa associazione folkloristica
Peppino Beccoi, poi nel 2005 si trasforma in
Associazione Culturale Atzeni-Beccoi. Può contare più
di 250 soci, ed oltre ad un numerosissimo gruppo di
Mamuthones ed Issohadores, ha un proprio gruppo di
ballo e una sezione dedicata ai bambini che fin da piccoli
apprendono i segreti per poter partecipare alla sfilata
rituale. La sede, completamente ristrutturata a spese
dell’associazione, è nella Casa Golosio (di proprietà
comunale) nel centro di Mamoiada.
Seguendo gli insegnamenti del fondatore l’associazione
Atzeni-Beccoi ha fra le proprie finalità la valorizzazione,
lo studio, la ricerca e la promozione del paese di
Mamoiada , del proprio patrimonio folclorico e delle sue
tradizioni popolari. Finalità che non si esplicano
esclusivamente in una rigorosa ed attenta conservazione
e diffusione di tutto ciò che riguarda i Mamuthones e gli
Issohadores, ma va oltre, ed impegna l’Associazione in
pubblicazioni e ricerche che costituiscono un
arricchimento del già consistente patrimonio culturale e
tradizionale del paese. Del 1999 è infatti la pubblicazione
del libro dell’archeologo Giacobbe Manca e dello
storico Giacomino Zirottu “Pietre Magiche a
Mamoiada” , opera di catalogazione dei reperti
archeologici rinvenuti nel territorio di Mamoiada con
descrizione della Pietra Pintà o stele di Boeli, rinvenuta
Tziu Costantinu Atzeni decano dei Mamuthones e Issohadores di Mamoiada - f.to Guiso (Nuoro)
casualmente nel 1997: una stele unica in Sardegna
decorata con motivi incisi nella faccia principale composti
da cerchi concentrici, disposti in ordine sparso e tutti
attraversati da un’asta che parte dal centro e termina con
una curva al di fuori del cerchio più ampio, e da coppelle
di piccole dimensioni. Nel 2008 L’associazione
Atzeni_Beccoi ha pubblicato un secondo libro di
Giacobbe Manca “Mito di Mamoiada: archeologia, pietre
magiche, antropologia”, approfondimento del primo nel
quale si va ad ipotizzare con l’aiuto dei documenti
archeologici la storia del popolo che per primo abitò il
territorio di Mamoiada, il cui studio apre scenari finora
trascurati e di enorme potenzialità. Nel 2001
l’associazione Atzeni_Beccoi ha avviato una ricerca sulle
origini dei Mamuthone e degli Issohadores, affidandone il
coordinamento all’archeologo Marcello Madau, per
tentare di mettere ordine in quel labirinto di incertezza e
confusione che accompagna, da decenni ormai, lo studio
di questa maschera e di questo rito. La ricerca, che ha
coinvolto anche la popolazione di Mamoiada con
numerosissime interviste soprattutto degli anziani del
paese, ha avuto un suo primo momento di sintesi nel
convegno di del febbraio 2005 “Il mistero della Maschera
di Mamoiada: frammenti di ordinaria antichità con pelli,
campanacci, travestimenti animali”. Lo studio ha
permesso di arrivare ad alcune importanti conclusioni: la
miglior collocazione della processione dovrebbe essere in
un rito stagionale di tipo agrario, con le maschere dei
Mamuthones di valenza apotropaica, in auspicio di una
fertile stagione primaverile, con collegamenti probabili al
regno dei morti ed al controllo di esso con una battaglia
rituale. Secondo lo studio, che ha avuto un secondo
momento di divulgazione alla fine del 2009, possono
essere escluse le letture pan-dionisiache del rito e quelle
che collegano la sfilata ad eventi come la cattura dei Mori e
o la conquista dei nuragici da parte dei cartaginesi. La
ricerca chiarisce inoltre che in origine solo il Mamuthone
aveva la maschera. Del 2009 è la collaborazione
dell’associazione alla pubblicazione del libro “Costantino
Atzeni – Mamuthone” che racconta la vita di colui che nel
corso del ventesimo secolo è riuscito a rivitalizzare il mito
impedendone la scomparsa o, peggio, la trasformazione
in evento di consumo.
Proprio questo rigore nel difendere la tradizione ha
portato il gruppo dei mamuthones ed Issohadores
Atzeni-Beccoi ad intervenire alla cerimonia di apertura di
Terra Madre, l’importantissimo evento di portata
internazionale che Slow Food ha organizzato Torino a
fine 2008: nessuno più di questi Mamuthones ed
Issohadores poteva infatti rappresentare il rispetto totale
e indispensabile dell’Uomo verso la Terra, di un figlio
verso una madre. Un rigore riconosciuto anche dallo
stilista Antonio Marras, che nella sua sfilata a Pitti Uomo
DALL’ORIGINE ALLE ORIGINI
In alto: Calendario Atzeni-Beccoi 2009 - F.to Danilo Mallò - In Basso a destra: Calendario 2010 - f.to Daniela Zedda
ha voluto il gruppo Atzeni Beccoi sulla passerella, per rendere
omaggio alle tradizioni coraggiosamente lasciate incontaminate di
quella terra, la Sardegna, che lo ha tanto ispirato nella sue creazioni.
L’associazione Atzeni-Beccoi partecipa attivamente alla vita del paese,
con attività di volontariato ed aiuto alla organizzazione di tutti gli
eventi, le feste e le sagre. Ad iniziare dalla festa di Sant’Antonio di su
‘ou, il 16 e 17 gennaio, con la prima uscita dell’anno dei Mamuthones e
degli Issohadores che visitano i fuochi del paese e con l’apertura della
sede al pubblico, per momenti di allegria e comunione davanti al fuoco
allestito nel grande cortile delle case Busia e di Tziu Diegu Gungui,
ristrutturate dall'associazione per farne parte integrante della propria
sede.
La Mostra di Giovanni Canu a Mamoiada
Tempo fa chiesi a Giovani Canu cosa pensava della mostra a
Mamoiada, il paese natio e della sua infanzia e adolescenza.
Rispose che era il rientro nella terra dei suoi antenati, nel luogo
d’origine del mito e della cultura arcaica che lo “perseguitava”
fin da piccolo.
Giovanni, come molti artisti, non si dilunga in elaborati
discorsi, preferisce trasportare sensazioni, emozioni e
suggestioni dentro le sue opere, per poi svelarle a noi in tutta la
loro nitida chiarezza.
L’itinerario si snoda per le vie di Mamoiada, con i lavori di
Giovanni Canu, toglie spazio alle parole e ci invita alla
riflessione, riportando nell’attualità del nostro vivere concitato
lo scorrere lento del tempo passato, dei millenni, come goccia
che scava e incide la nostra memoria, la stessa identità più
recondita e arcaica.
E se, come viandanti, sostiamo in silenzio davanti alle sculture
sentiamo l’acqua sacra che scorre come musica di campanacci
in lontananza accompagna i gesti e i passi posati dalla Dea
Madre che attraversa la terra e i nostri ricordi ancestrali.
La mitologia arcaica della quale parlava Giovanni, che da
sempre e tutt’ora “perseguita” ogniuno di noi. Graziano Deiana
Sindaco di Mamoiada
[...] Un ritorno cui corrisponderà poi una “partenzarimpatrio”: dal verticale contesto delle montagne
lombarde a Mamoiada, la terra natale di Canu, nel cuore
della Barbagia di Ollolai.
IN collaborazione con il Museo d’Arte Moderna di
Nuoro, il suo “percorso iniziatico” si confronterà allora
con sa Perda Pintà, quella “pietra dipinta” più nota
come Stele di Boeli - una lastra alta ben 270 cm, istoriata
con cerchi concentrici e coppelle, in tutto simile ad
analoghe lastre diffuse nell’area celtica - poco lungi le
cave di Orosei.... Anty Pansera
CARNEVALE 2010
PROGRAMMA
FESTA S.ANTONIO ABATE
Sabato 16 Gennaio
* Ore 09:30 Concorso Di Poesia “s.antoni De Su Ohu”
Presso Sala Consiliare;
* Ore 15:00 Lettura Poesie Partecipanti Al Concorso
Attorno Ai Vari Fuochi Rionali;
* Ore 18:00 Presentazione Mini Dvd “kartomedia
Mamoiada” Presso Sala Consiliare A Cura Di Graficstudio
Cagliari.
Domenica 17 Gennaio
* Ore 14:45 Vestizione Mamuthones/issohadores Presso
Sede Associazione Turistica Pro Loco Mamoiada;
* Ore 15:30 Esibizione Mamuthones/issohadores Attorno
Ai Fuochi Rionali
* Venerdì 22 gennaio - Festival Mamoiada finale bambini e
adolescenti
* Sabato 23 gennaio - Festival Mamoiada finale adulti
(Tutte le serate si svolgono al Salone Parrocchiale)
CARNEVALE
Tutti i sabati balli in maschera presso la Sala Comunale
Sabato 13 Febbraio
* Ore 17:30 Convegno Su “juvanne Martis Sero: Una
Tradizione Da Salvare”
Domenica 14 Febbraio
* Dalle 14:30 Sino A Tarda Sera Balli In Piazza;
* Ore 15:00 Vestizione Mamuthones/issohadores
Presso Sede Associazione Turistica Pro Loco Mamoiada
* Ore 16:00 Sfilata Mamuthones/issohadores E Maschere
Spontanee
Lunedi 15 Febbraio: Carnevale Dei Bambini
* Ore 15:00 Esibizione Gruppo Mamuthones/issohadores
Piccoli E Sfilata In Maschera Dei Ragazzi Degli Istituti
Scolastici Locali;
Per informazioni e prenotazioni:
- Associazione Turistica Pro Loco
Via Sardegna - Tel. 0784 569032 Cell. 380 6899969 www.mamuthonesmamoiada.it
- Museo delle Maschere Mediterranee
Piazza Europa - Tel. 0784 569018 www.museodellemaschere.it
- Associazione Culturale Atzeni-Beccoi
Via Sardegna - Tel. 0784 56644 cell.320 1444274-5 - www.mamuthones.it
“E se vuoi un Carnevale che non ce n’è un altro sulla terra, vattene a
Mamoiada vedrai l’armento con maschere di legno, l’armento muto e
prigioniero, i vecchi vinti, i giovani vincitori: un carnevale triste, un
carnevale delle ceneri: storia e misura di ogni giorno, gioia condita con un
po’ di fiele e aceto, miele amaro.” (Salvatore Cambosu)
Rivista Promozionale sul Carnevale di Mamoiada a cura e responsabilità del Comune di Mamoiada
Seguono Festeggiamenti In Piazza Con Animazione,balli E
Tanta Musica.
Martedi 16 Febbraio: Martedi Grasso
* Dalle 14:30 Sino A Tarda Sera Balli In Piazza;
* Ore 15:00 Vestizione Mamuthones/issohadores
Presso Sede Associazione Turistica Pro Loco Mamoiada
* Ore 16:00 Sfilata Mamuthones/issohadores E Maschere
Spontanee
in serata segue distribuzione fave con lardo e vini locali a
tutti i presenti e arrivo in piazza del carro allegorico
“juvanne martis sero”.
Mostra itinerante di giovanni canu “dalle origini
all'origine”.
mostra fotografica “juvanne martis sero:una tradizione
da salvare” presso associazione turistica pro loco
mamoiada.
Grafica e Impaginazione Saraservizi - www.mamoiada.net
Scarica

Il Carnevale di Mamoiada