‘ ‘ “ ARRASEARE ” 2010 Duamizaedeghe Giornale promozionale gratuito a cura del Comune di Mamoiada in collaborazione con: Ass.ne Turistica Pro Loco - Museo delle Maschere Mediterranee - Biblioteca Comunale - Ass.ne Culturale Atzeni-Beccoi Il Carnevale di Mamoiada Nella foto: Carnevale di Mamoiada anni ‘70 - Sfilata in Piazza Santa Croce con carri, Costumi e gruppi in maschera (Archivio Saraservizi) ‘Arrase’are Questo giornale nasce dall'idea di voler informare e coinvolgere numerosi turisti con l'intento di approfondire molteplici argomenti e descrivere meglio i diversi eventi del nostro carnevale. L'iniziativa, voluta e sostenuta dalla collaborazione tra gli amministratori di Mamoiada, i componenti delle associazione Turistica Pro Loco, l'associazione Atzeni-Beccoi, i responsabili del Museo delle Maschere di Mamoiada e della Biblioteca Comunale, si pone dunque come obiettivo quello di coinvolgere maggiormente le persone di Mamoiada, ricordando date e appuntamenti, avendo un carattere di estrema utilità per i visitatori, i quali sebbene possano reperire informazioni su Web, sulla Tv o sui libri riguardo il nostro Carnevale, sicuramente possono apprezzare nel vivere i giorni di festa, un giornale da sfogliare e toccare con mano, conservare e custodire nel proprio cassetto. Un piccolo prontuario dove non solo vi si possono trovare gli orari delle sfilate ma anche informazioni circa il gruppo dei Mamuthones e Issohadores, la maschera de Juvanne Martis o magari il significato dei varzolos, il senso dell'improvvisazione che rende unico il nostro carnevale. A Mamoiada il periodo dell'anno che i suoi cittadini vivono più intensamente è quello che va da Sant'Antonio a Carnevale . Nelle case dei mamoiadini si tolgono fuori gli abiti dal profumo di naftalina e ci si prepara al grande evento. Mamuthones e Issohadores, Sant'Antoni, Varzolos, Juvanne Martis, Orulettas, Ballu torrau, i vari travestimenti “anni 60”, “de poleddu”, “de pastore”, “de Zia Vezza”, “de Emmina”, ma anche di Zorro, Gourmiti e Superman. Santa Rughe, Sa sala, ava in lardu, di questo parleremo all'interno del giornale, cercando di raccontare i bei tempi passati, ma anche riflettendo sull'attualità del carnevale, sui cambiamenti che ci sono stati e su quello che vorremo rimanesse di questa manifestazione in futuro, la sua spontaneità e improvvisazione, l'allegoria dei suoi personaggi, il divertimento e la leggerezza. Il giornale nasce così con semplicità e senza grandi pretese. Ci potremmo ritenere soddisfatti se creassimo nelle persone che lo leggono interesse e curiosità, magari riuscendo a far accendere quella scintilla, impossibile da descrivere, che alimenta in ogni mamoiadino la voglia di mettersi una parrucca in testa, uscire di casa da solo o in compagnia e ballare per tutta la notte. Buon carnevale a tutti Bastiano Mele Ass. sport e cultura Comune di Mamoiada All’interno: -“Sa Esta Manna” - Il carnevale di Mamoiada - Sant’Antoni de Su o’u - 19° Edizione del Concorso in limba sarda - Il Canto a Tenore di Mamoiada - Il Ballo tradizionale - Il Museo delle Maschere Mediterranee - l’Associazione Turistica Pro Loco - L’Associazione Culturale Atzwni-Beccoi - Dalle origini all’origine la mostra di G.Canu - Il Costume Tradizionale di Mamoiada - Il Festival della Musica di Mamoiada - Mamuthone e Issohadore ad Honorem - S’Attittu a Juvanne Martis Sero - Sos Vartzolos Il Carnevale di Mamoiada “ Una ‘Esta Manna” Per Carnevale a Mamoiada si fa e si faceva grande festa ('esta manna). Sa mascherada (l'atto di travestirsi, di mascherarsi), in passato, seguiva uno schema ben preciso. Le maschere uscivano per andare ai balli divise in gruppi (troppas), ciascuno dei quali era accompagnato da una persona senza maschera (su portadore) che aveva la mansione di proteggere le maschere da attenzioni indesiderate, dunque, questo personaggio doveva essere una persona matura degna di un rispetto generale e che riscuotesse la fiducia del gruppo e delle loro famiglie. Le ragazze, generalmente, indossavano un lenzuolo bianco legato in vita e per il busto utilizzavano indumenti di vario genere, coprivano il volto con una maschera di cera colorata (maschera 'e santu), mentre il capo veniva avvolto da su manteddu (un panno in cui si avvolgeva il lattante) o da pezzi di stoffa bianca liscia o in pizzo che veniva fermata sotto il mento da una spilla e, infine, si aggiungeva uno strato ulteriore mettendo un manteddu di panno rosso ricamato. In questo modo si aveva una mimetizzazione perfetta che non consentiva il riconoscimento. Sa maschera 'e santu che copriva il viso aveva lo sfondo bianco, il contorno degli occhi nero, bocca rossa e , sulle guance, dei pomelli rossi. Un'altra maschera realizzata da coloro che non avevano un costume vero e proprio era su marigosu ( a Mamoiada su marigosu è un dolce, il bianchino), si impiegava un lenzuolo bianco vecchio lasciando delle aperture per gli occhi. Il lenzuolo veniva arricciato e fissato con una cordicella al collo. Se questa maschera era interamente di colore bianco, ce n'era un'altra in cui veniva adoperato un sacco e un cappuccio nero in tafetà che, nascondeva il sesso della figura sotto, siffatta maschera veniva chiamata su dominu (maschera generica di tutti i carnevali e delle mascherate in genere). I bambini, fino a qualche decina di anni fa, si vestivano di stracci (sos vartzolos), cercando di ottenere realizzazioni buffe e, in passato, uscivano per strada in groppa ad asinelli (poleddeddos). In passato, sos vartzolos erano figure importanti che andavano dietro Juvanne Martis Sero, percuotendo e toccando le persone e le maschere circostanti con lunghi bastoni (matzuccos) così come, nei tempi andati, facevano i saturnali durante i riti dionisiaci legati al culto della fertilità. Le maschere più conosciute del nostro Carnevale erano e sono sos Mamuthones e sos Issohadores. Raffaello Marchi fu il primo studioso a documentare il rituale dei Mamuthones da cui trasse una pubblicazione dal titolo “Le maschere barbaricine” del 1951. Lo studioso ipotizzava che la genesi del rito dei Mamuthones e Issohadores avesse origini molto antiche legate, probabilmente al rito totemico di assoggettamento del bue. Nelle settimane da Sant'Antonio a Carnevale, in piazza Santa Croce, si tenevano balli mascherati a cui partecipavano i giovani e tutti coloro che volevano divertirsi. Nel giorno di martedì grasso la figura rappresentativa del Carnevale è Juvanne Martis Sero che incarna lo spirito del Carnevale e né decreta la fine. Juvanne è un pupazzo di paglia e stracci, che nasconde nel ventre una capiente damigiana. Juvanne il martedì mattina viene sistemato in un carretto trasportato da un asinello o, in passato, direttamente messo a cavalcioni del somaro e, portato in giro nelle case del paese per chiedere la medicina (sa medihina) che lo guarirà. Nella tradizione Juvanne è gravemente ammalato e, per guarirlo, viene trascinato da un gruppo di donne (solitamente uomini vestiti da donna con la faccia annerita dal carbone), nelle vie del paese, per cercare la medicina di casa in casa. I mamoiadini per guarire Juvanne Martis Sero donano vino, acquavite e dolci che vengono consumati subito alla sua salute. Il vino a cura di Angela Salvai S'impasta la ricotta o il formaggio fresco macinato con uova, zucchero, uova e buccia d'arancia o limone grattugiata e farina. Dall'impasto si ricavano delle palline che si friggono. Dopo la cottura si cospargono con lo zucchero. Sos hulurjones de mèndula Si ahede sa pasta homente sas orulettas, si tendede e si sehada in tundu o a mesuluna e si prenana hin mèndula molia e thùharu e, a pustis, si vringhene e si salini hin thùharu. Si fa l'impasto come per le orulettas, si stende la pasta ricavandone forme tonde o a mezzaluna ripiene di mandorle e zucchero che vengono fritte e servite cosparse di zucchero. Sas hathas Si impastada harina, ovos, mardihè, su pizolu de aranzu o limone vrattau e unu tziccu de abbardente, hando s'impastu ch'es' pesau si hohene in s'ozu vuddiu ghettandelas a manos o in s'imbudu e, a pustis si salini hin thùharu. S'impasta farina , uova, lievito per pane, buccia di arancio, limone grattugiato e un goccio di acquavite lasciando l'impasto molle, si lascia lievitare e, infine, si frigge utilizzando un imbuto o un cucchiaio in base alla forma desiderata, si servono cosparse di zucchero. Sos pilichitos Hin sa matessi pasta de sas orulettas si ahene botzitas minoreddas hi si vringhene e, a pustis, si pistiddana hin su mele. Con lo stesso impasto delle orulettas si ricavano delle piccole palline che vengono fritte e caramellate col Dal libro Costantino Atzeni Mamuthone * Nelle foto: Maschere spontanee anni ‘50 circa - f.to Archivio Saraservizi viene messo nella damigiana e consumato quando il malato viene pubblicamente operato nella piazza del paese. Durante l'intervento chirurgico a cui viene sottoposto Juvanne Martis Sero, i dottori ne aprono la pancia e iniziano a togliere gli intestini (sa vressura) affetti dalla malattia e a lanciarli al pubblico che assiste “all'intervento” (per fare tale pantomima si utilizzano le interiora di un animale). I medici che lo operano non riescono a salvarlo e la moglie insieme alle prefiche che sono con lei, vestite in lutto stretto lo piangono con queste parole: Juvanne meu Giovanni mio prenu 'e paza pieno di paglia mesu meaza * mezza misura meaza e mesa misura e mezzo torrami sa vresa riportami il pane hi mi c'as urau che mi hai rubato Juvanne istesserau Giovanni crepato * meàza st.f. = misura di capacità sarebbe un quarto di starello. Lo starello corrisponde a 16 imbuti lit. 49,17. Un'importante studioso che registrò alcune testimonianze legate alle tradizioni di Mamoiada fu Giorgio Nataletti (1907-1972), musicologo e primo direttore degli Archivi di Etnomusicologia dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia a Roma. Tra il 1956 e il 1961 si recò più volte a Mamoiada effettuando varie registrazioni del canto a tenore (che a Mamoiada viene chiamato Hussertu) e di altre manifestazioni musicali sarde quali: anninnias, rosarios, gosos, e attittos. Molto interessante come testimonianza dei riti del Carnevale fu la registrazione fatta il 14 febbraio del 1961 a Mamoiada ad opera di G. Nataletti e che vedeva come attori della trascrizione: Costantino Atzeni voce principale,Giuseppe Golosio, Lauro Sale e altre non riconoscibili. Si tratta di un'attittu (canto funebre) a scopo umoristico recitato in onore di Juvanne Martis Sero in cui se ne piange la morte. * Pag. 74, 75, 76, 77 dal libro “Costantino Atzeni, Mamuthone” dedicato dalle figlie al padre PIATTI CARNEVALESCHI Il piatto tipico del Carnevale mamoiadino è s'ava hin lardu (fave con lardo) che viene servito la sera di Martedì Grasso in piazza Santa Croce con il vino cannonau. Questa usanza è relativamente recente, in passato ciascuno preparava questo piatto a casa sua; invece, per Carnevale, le donne preparano nelle loro cucine, oggi come nel passato, dolci prelibati da offrire agli ospiti (sos istranzos) che vengono per partecipare alla festa: orulettas, rujolos, hathas, hulurjones de mèndula, pilichitos. Sas orulettas S'impastada sa simula, ovos e s'ozu pòrhinu, su thùharu e su pizolu de limone vratau. Si tendede sa pasta si sehada a hantos e si ahene hanneddos hi venini travallaos in tritzas hi si vringhene e, si salini hin thùharu o mele. Si prepara una pasta con semola, uova e strutto e buccia di limone grattugiata e, quando diventa elastica, si ricavano delle treccioline che, dopo essere state fritte si cospargono di zucchero o miele Sos rujolos S'impastada su rehotu o su hasu moliu hin thùharu, ovos e su pizolu de aranzu o limone vrattau e 'arina. Dae s'impastu si ahene botzitas hi si vringhene e si salini hin thùharu. F.to Archivio Saraservizi La registrazione de S’Attittu a Juvanne Martis Sero ATZENI: Horo Juvanne meu Hust'es s'urtima die E mai ti torro a bie' Su portu 'e Casteddu TENORE: Juvanne meu, Juvanne meu G. GOLOSIO: Hustu t'apo narau cras in ie imbarcau TENORE: Juvanne meu, Juvanne meu ATZENI: Si non torras a domo Hie mi sana' homo TENORE: Juvanne meu, Juvanne meu TENORE: Juvanne meu, Juvanne meu PARLATO: 'izu meu 'e su horo PARLATO: Horo 'izu meu …homente ti che ses andau, un'apenditzite acuta tenias… 'izu mal'assortau, homente ses andau Juvanne meu. ATZENI: tando sento releo e m'imbarco pur'eo TENORE: Juvanne meu, Juvanne meu PARLATO: Su horo malandrau, ha ustis Mal'assortau, jai mi l'as lassau Juvanne meu. TENORE: Juvanne meu, Juvanne meu ATZENI: Prama delitziosa 'Ustis frishu he rosa TENORE: Juvanne meu, Juvanne meu ATZENI: Hando t'ana honnotu Moes e lassas totu TENORE: Juvanne meu, Juvanne meu PARLATO: Horo 'izu meu hi ti che ses andau…..horo Juvanne TENORE: Juvanne meu, Juvanne meu ATZENI: Torradich'a sa domo Hene tene non dromo TENORE: Juvanne meu, Juvanne meu ATZENI: Ha 'ustis fort'e sanu Ghiradiche manzanu TENORE: Juvanne meu, Juvanne meu PARLATO: Horo Juvanne jai t'ana visitau, professores de hentu natziones v'adìada Ma non l'ana sarvau gasi totu….su 'izu meu! Horo Juvanne meu. TENORE: Juvanne meu, Juvanne meu ATZENI: Homo tue ses mortu e partis a ater'uve naramilu su portu in uve t'imbarcas TENORE: Juvanne meu, Juvanne meu G. GOLOSIO: Es' s'urtimu faeddu TENORE: Juvanne meu, Juvanne meu LAURU SALE: Prim'e mi dispedire Juvanne meu Jai di vozo sighire TENORE: Juvanne meu, Juvanne meu LAURU SALE Ha 'ustis 'ertu grave ti ponimus in nave TENORE: Juvanne meu, Juvanne meu PARLATO: Horo Juvanne meu.... Horo Juvanne ATZENI: Ha 'ustis un'anzelu Preha dae su helu TENORE: Juvanne meu, Juvanne meu ATZENI: Dae s'arta horona ahatas annada vona TENORE: Juvanne meu, Juvanne meuPARLATO: Ghetaelìa una tassa 'e vinu a Zuvanne Prima de si ch'andare LAURU SALE: Ha husta u' sa vorthuna tòviach'a sa luna TENORE: Juvanne meu, Juvanne meu ALTRA VOCE: E si an sa horona In custu martis sero Però non manco eo Sa vohe non m'intona' TENORE: Juvanne meu, Juvanne meu ALTRA VOCE: Cumintzo a hantare M'azes a ashurtare PARLATO: Horo Juvanne...... TENORE: Juvanne meu, Juvanne meu ALTRA VOCE: Sa mama.. Ha tenzo su dolore Su dolore e fastizu Mortu m'es' hustu 'izu Issu hi u' su viore TENORE: Juvanne meu, Juvanne meu PARLATO: 'izu meu de su horo... Horo Juvanne .... LAURU SALE Sa mama jai u' bona Nd'a' ghetau suspiru 'atu l'an sa horona de torrinos de 'ilu TENORE: Juvanne meu, Juvanne meu PARLATO: 'izu meu de su horo ATZENI: Pariad'unu Conte nobile e de gran'atu Sa collana l'an fatu De laddaras de monte TENORE: Juvanne meu, Juvanne meu PARLATO: Horo Juvanne meu Il Fantoccio di Juvanne Martis Sero e gruppo di uomini con il carretto con cui viene portato in giro per le vie del paese - F.to Sara Muggittu ALTRA VOCE: Imbetzes non fu' gai Dae totus distintu Cumbintu TENORE: Juvanne meu, Juvanne meu LAURU SALE: Jai ti che ses andande Ha non t'an 'urau Sa proenda t'an dau Carrigau de lande TENORE: Juvanne meu, Juvanne meu PARLATO: Juvanne meu ALTRA VOCE: In tantu dolore Lu pianghe' sa mama TENORE: Juvanne meu, Juvanne meu ALTRA VOCE: De vidda su viore In domo 'e ilighe 'e prama TENORE: Juvanne meu, Juvanne meu PARLATO: Horo Juvanne meu LAURU SALE: Carrigau de armidda Juvanne meu Su pitzinnu es hi u' bonu L'a' piantu sa vidda TENORE: Juvanne meu, Juvanne meu LAURU SALE: No es' pro dare vantu Sa vidda l'a' piantu TENORE: Juvanne meu, Juvanne meu PARLATO: Horo Juvanne meu Horo Juvanne SOS VARTZOLOS Fonte Giornale S’Istentu Su Varzolu vinzas 'a 'ar'i annu a'ede in bidda udi una maschera importante de su 'arrase'are mamuiadinu. Meda zente si inghiada de istrazzos e issiada a ballare e a si divertire, ene pessare si udi bene 'intu o si udi bellu. Abbortas bastavada abberu pa'u, una vardetta, un'issallu, usinzos e su vestire cudi attu, (ommente udi 'intu Augusto Sanna a Sant'Antoni 'i udi su prus bellu de vidda). Mancari medas zovanos non si l'ammentana, ma 'ando issiana sos varzolos sos pizzinnos minores timmiana a urini lezzos e 'ar'i vorta teniana un 'uste in manos. Comunque non budi unu modo prezisu de si 'inghere, unu varzolu udi 'ie si inghiada de istrazzos. Podede essere 'i siada nas'iu pro 'a primma non budini atteros vestires si non vardettas, 'usinzos, muncadores, issallos e tando, non tenende atteras 'osas, si poniana su 'i a'attavana. Nos ana 'ontau 'i prima sas dies de 'arrase'are ziravana sas dommos dae manzanu, e in cada dommo 10s 'umbidavana. 'Ando unu udi mascherau e mesu imbriagu si podiada permettere de inzuriare ar'i tortu 'i l'aviana 'attu. A 'arrase'are est bellu 'i cada unu si ingada de su 'i volede, ma non bisonzada a ch'irmenti'are 'i su nostru udi e depede arrumbare semplize e ispontaneu e 'usta est e sa menzus manera de nos divertire. Oje su Varzolu si podede ponnere su 'i li capitada: unujeans levis, una parrucca bionda e una paia de occhiales de sole Nois de s'lstentu semmus organizzande una serada pro sa Jovia de 'arrase'are, propriu dedica a sos Varzolos. Podiavammus imbentare 'osas 'i sos effettos ispeziales, istionare Madonna o Micheal Jackson e imbezzes no, volimmus 'i cada unu si ponzada sa prima 'osa 'i a'atada e essada a ziru. Ammus pessau a sajovia a de su 'arrase'are est e sa die prus 'irmenti'a. Vinzas si unu travallada sincras, pode bennere su matessi .... tantu ghirrammus 'izzo; tando jovia sero tottus a ballare 'intos de su 'i volies!!!! Battono o chimbe 'ussizzos pro bos 'inghere de Varzolos: SU VARZOLU NORMALE: unu muncadore, una brusa, una vardetta, una paia de 'usinzos e un uste. SU VARZOLU EMMINA: azzunghies a su varzolu normale una paia de tittas in sutta de sa brusa. SU VARZOLU MACCU: bos inghies ommente a su varzolu normale e a'ies sos maccos. SU VARZOLU MODERNU: bos inghies una paia 'e jeans, una parrucca, una paia de ocreras de sole e bos ponies unu cartellu ainnantis e iscrivies "so su varzolu modernu" a si nono non bos 'onnos'ene. SU VARZOLU UFFUSU (de 'aere in medas pessones): cada unu vattidi una 'osa e las ponies in d'una iscatula, muri'aes tottus sos vestires e poi cada pessone si che pi'ada sa prima 'osa 'i li capitada e si la 'inghede. DIVERTIEBOS !!!!!!!!!!! Unu Vartzolu - f.to Archivio S’Istentu SU HUSSERTU Il Canto a Tenore di Mamoiada A Mamoiada si tramanda oralmente, un particolare tipo di canto a tenore: “Su Hussertu”. Il termine, di origine molto antica, probabilmente deriva dal latino cum sero “intreccio”, indicando il perfetto accordo delle voci che lo compongono, capaci di creare un'unica armonia. Questo canto è stato spesso fonte di ispirazione per la tradizione canora di altre comunità per il suo elevato grado di purezza: merito, questo, della comunità mamoiadina che lo ha custodito g elosamente, preservandolo dalla contaminazione della modernità e da influssi esterni. I quattro interpreti che costituiscono il coro, non hanno affrontato alcuno studio in musica e metrica musicale, ma hanno acquisito le loro capacità canore imitando, sin da bambini, i testi e lo stile dei vecchi cantori. Su Hussertu, espressione dell'identità e storia della comunità, ha un'evidente funzione sociale: i momenti di aggregazione in famiglia, nei bar, nelle feste, durante la tosatura del bestiame, etc… creavano l'impulso perchè le quattro voci si unissero e, talvolta, improvvisassero alcune rime. Lo stile di questo canto si caratterizza per la ripetitività e variabilità dei toni, dei ritmi e dei giri armonici dei quattro cantori, rigorosamente maschili. Ognuno di essi ha un ruolo diverso all'interno del quartetto e, sebbene le voci di cui sono espressione siano diverse e ben distinte, si completano a vicenda. Da “sa vohe” , voce solista, dipende l'intonazione dell'esecuzione: il cantore che la rappresenta, dotato di elevate qualità interpretative, ha il compito di musicare le poesie, con le quali trasmettere un forte trasporto emotivo. La voce più grave è “su bassu” , che ricopre il ruolo di bordone a cura dell’Ass.ne Turistica Pro Loco Nelle foto il tenore di Mamoiada “ Su Husertu” - da sinistra: Mario Mameli (voce) - Franco Congiu (su bassu) - Bastiano Canu( sa hontra) - Michele Canu(sa mesu vohe) - f.to A.Cucca ritmico: egli infatti esegue in modo continuo una stessa nota, vivificandola talvolta da variazioni ritmiche, rese particolarmente interessanti da repentini colpi di glottide. Su bassu è le voce di sostegno delle altre due voci: “sa hontra” e “sa mesu vohe”. Sa hontra riveste un ruolo molto delicato e richiede un gran senso musicale; sul piano timbrico può essere definita cupa. Essa può svilupparsi in modo lineare oppure in maniera rude e grossa. E' proprio dal giusto accoppiamento di “sa hontra” e “su bassu” che dipende l'armonia del coro. “Sa mesu vohe” è, infine, la voce più acuta: con maestria, deve ornare, senza disturbarlo o coprirlo, l'accordo prodotto dalle due voci gutturali di “sa hontra” e “su bassu”. E' proprio per questa ragione che “sa mesu vohe” ha una funzione di guida. Il repertorio de “su hussertu” è costituito da diversi canti. Generalmente si inizia con “s'isterrida”, una sorta di riscaldamento per le voci, fino a raggiungere il giusto accordo e la tonalità adeguata per l'esecuzione degli altri canti, e si prosegue con “sa vohe antiha” e “sa vohe 'e notte”, spesso repertorio di serenate. “Su ballu a passu torrau”, che ha avuto i natali a Mamoiada, oggi imitato anche in moltissimi altri paesi della Sardegna è il tipico ballo tradizionale, insieme a “su ballu a sartiu” e a “su ballu andande andande”; quest'ultimo veniva detto anche “vohe 'e leva” perché cantato spesso dai giovani che partivano per la visita di leva. Mentre in passato era proprio Su hussertu a fornire l'accompagnamento musicale ai ballerini che si cimentavano in lunghissimi balli tradizionali, attualmente questa funzione è in parte sostituita dall'accompagnamento con strumenti musicali, in particolare l'armonica a bocca e l'organetto. Da vari anni il canto a tenore è stata riconosciuto dall'UNESCO come patrimonio intangibile dell'umanità. Il gruppo attuale che porta la denominazione del gruppo “Su Hussertu de Mamujada” è costituito da Mario Mameli (sa vohe), Franco Congiu (su bassu), Michele Canu(sa mesu vohe) e Bastiano Canu (sa hontra). LA LEGGENDA DI S.ANTONIO ABATE a cura del Museo delle Maschere Mediterranee Sant’Antonio e il fuoco agli uomini In Tutta la Sardegna, specialmente a Mamoiada e in tutta la Barbagia, si narra questa leggenda: Tanto tempo fa nel mondo non c'era il fuoco. Gli uomini avevano freddo ed andarono da Sant'Antonio, che abitava nel deserto, per implorarlo perchè facesse qualcosa per loro. Sant'Antonio non si tiro' indietro, capì benissimo la situazione degli uomini e decise di andare a prenderlo….. ma c'era un solo posto dove poterlo trovare: all'inferno. Sant'Antonio prese con sé un maialino, un bastone di férula e si presentò alla porta dell'inferno e bussò: - Aprite! Ho freddo e ho bisogno di riscaldarmi. I diavoli alla porta videro subito che quello non era un peccatore, ma un Santo e dissero: - No, no! Sappiamo benissimo chi sei! Non ti apriamo. Solo il tuo maialino può entrare, ma per te questo posto è proibito!! E così il piccolo maialino si infilò tra le fiamme alte dell'inferno. Ma appena dentro, l'animale fu preso da una tale furia che si mise a scorrazzare da una parte all'altra creando scompiglio ovunque, tanto che i diavoli, ad un certo punto, persero la pazienza e decisero di rivolgersi al Santo, che aspettava fuori dalla porta.- Ahhhh!!! Maledetto Maiale, vieni a prenderlo e portalo via da Qui!!! Così Sant'Antonio entrò nell' inferno a tenere a bada il maialino che se ne stette buono buono accanto al bastone di ferula del suo padrone. - Visto che ci sono, - disse Sant'Antonio, - mi siedo un momento per scaldarmi. E si sedette su un sacco di sughero, proprio sul passaggio dei diavoli. Ma proprio in quel momento il maialetto ricominciò a scatenarsi e ci un fu un tale trambusto che Sant'Antonio risucì ad incendiare il suo bastone di fèrula e nessun diavolo si accorse che il Santo aveva il fuoco nel bastone. Appena uscito dall'infermo, Sant'Antonio alzò il bastone con la punta infuocata e la girò intorno, facendo volare le scintille, come dando la benedizione. Da quel momento, con grande contentezza degli uomini, ci fu il fuoco sulla Terra e Sant'Antonio tornò nel suo deserto a pregare. E Così ancora oggi, in molti paesi della Sardegna e soprattutto a Mamoiada, che, ogni anno, il 17 gennaio si festeggia Sant'Antoni de su O'u!! A Mamoiada, però, questa festa ha una valenza ancora piu' forte. E' proprio a Sant'Antonio che si assiste alla prima “uscita” dei Mamuthones e Issohadores, le maschere mamoiadine la cui danza attorno ai fuochi è famosa ormai in tutto il mondo! S’Antoni de su o’u a cura di Sara Muggittu Sant'Antonio, "Sant'Antoni de su o'u" (Sant'Antonio del fuoco), il copatrono del paese di Mamoiada, è un rito tra il sacro e profano. In questa occasione a Mamoiada vengono accesi numerosi falò in onore del Santo che, secondo la tradizione, rubò il fuoco dall'inferno per portarlo agli uomini. Il via all'accensione dei fuochi viene dato da "Su pesperu", il 16 pomeriggio, il tocco delle campane segna l'uscita del Sacerdote dalla Parrocchia che girerà tre volte intorno al fuoco assieme ai fedeli recitando il Credo. Al termine della processione il Sacerdote benedirà le braci e la Statua di S.Antonio. Questa processione molto suggestiva, un tempo era seguita solamente dalle poche affezionate fedeli, oggi invece è diventata un vero e proprio evento atteso da tutti. Durante questa manifestazione si riuniscono intorno ai falò i vicinati, le famiglie, gli amici, che per due giorni o anche tre faranno banchetto mangiano e bevendo attrono ad essi. Il 17 il giorno vero e proprio di Sant'Antonio fanno la loro prima uscita annuale le maschere dei Mamuthones e Issohadores segnando di fatto anche l’inizio del Carnevale Mamoiadino. I due gruppi Pro Loco e Atzeni-Beccoi, che ogni anno sfilano a turno nei vari rioni, eseguiranno la loro danza attorno ai falò per tre volte. I dolci di Sant’Antonio Per l'occasione vengono preparati dalle massaie mamoiadine numerosi e prelibati tipi di dolci: Sas caschettas, Su popassinu nigheddu, su popassinu biancu, su coccone hin mele Preparati con ingredienti come "sa sapa" ( il vino cotto), lo zafferano, le mandorle, noci, miele La maggior parte di questi dolci richiede una lunga preparazione ed elaborazione, molti di questi sono vere e proprie opere d'arte, il coccone 'in mele, impasto di farina, lievito e zafferano, ad esempio, viene decorato "pintau", con le più svariate forme: dal pesce - “su pishe”, a “Sant’Antoni imperriau” - la lettera A incrociata, oppure “sa borsetta” - la borsetta. Su popassinu nigheddu, impasto di semolato, sapa (vino cotto), noci, uvetta (popassa), invece, richiede molta forza e fatica soprattutto nelle fasi iniziali dell'impasto, e molta attenzione e cura dev'essere data dalla cottura, specie se nel forno a legna, dove il popassino viene lasciato alcune ore ma non a fiamma accesa. La caschetta, il cui ripieno è fatto di mandorle, miele e zafferano, bella e delicata, è un vero peccato mangiarla, la pasta che avvolge l'interno, viene tagliata con delle speciali rotelline "rodittas", che presentano decori diversi e molto fini. Non meno importante è il popassino bianco, che in molti paesi viene preparato per i Santi, impasto di farina, noci, mandorle e uvetta, che presenta la caratteristica "ingappadura" la glassatura in superficie, arricchita da perline, “trazea" argentata o colorata. Nelle foto: La processione de “su pesperu” e la benedizione del fuoco. La sfilata dei Mamuthones e Issohadores attorno al fuoco e i dolci di Sant’Antonio. POESIA 19° Concorso in limba sarda “Sant’Antoni de su o’u” Per poter raccontare del Concorso di poesia Sant'Antoni de su o'u, si deve tornare indietro nel tempo fino all'anno 1991. Nella Biblioteca Comunale di Mamoiada, in quel periodo, operava un gruppo di giovani che con tanta buona volontà promuoveva validissime iniziative culturali, curando momenti di incontro e confronto a favore di tutti i paesani amanti del sapere. In quel periodo, furono questi, che mi invitarono a far parte del loro gruppo col l'intenzione di cercare e trovare iniziative gradite anche ai meno giovani. Accettai con grande entusiasmo proponendo da subito un concorso di poesia in lingua sarda, come quelli di cui spesso leggevamo sui giornali e che si venivano affermando nei vari paesi della Sardegna. Gia da allora si parlava tanto del famoso premio “Città di Ozieri”, oggi più che allora punto di riferimento oltre che per gli organizzatori dei concorsi, per i concorrenti. L'idea piacque molto e si partì subito con l'intenzione, oltre che di promuovere e valorizzare la nostra cultura, la lingua e le tradizione, anche di coinvolgere quanti trovavano piacere nel cimentarsi a scrivere poesie in sardo; in rima, la più apprezzata nei nostri paesi, a versi sciolti, che oggi viene definita poesia moderna, e la sezione satirica, per i raffinati poeti della provocazione, essendo libero il tema. Avvalendoci anche dei consigli di un ottimo conoscitore dei concorsi, come il poeta e scrittore nuorese, Giovanni Piga, il tutto fu programmato affinché fosse pronto per il giorno di Sant'Antonio, data scelta per la premiazione. Sicuramente il primo anno, anche se il pubblico non si rese conto, l'organizzazione risentì dell'inesperienza, ma i partecipanti si complimentarono, comunque, dell'iniziativa al punto che si disse che questo concorso era nato grande. Oggi ormai prossimi alla cerimonia di premiazione a cura della Biblioteca Comunale della 19° edizione, possiamo affermare con orgoglio di aver raggiunto e superato gli obiettivi prepostici. A detta di tutti viene considerato uno dei Concorsi più affermati e prestigiosi dell'isola. Per quanto fatto sinora si deve dare il giusto riconoscimento ai vari componenti del Direttivo susseguitisi nel corso degli anni nonché a tutti i componenti della giuria alternatisi nelle varie edizioni, come Tziu Franzischinu Satta, Giovanni Piga, Mario Sanna, Paolo Pillonca, Angela Cerina, Clara Farina, Albino Liori, Lorenzo Pusceddu, Tonino Cugusi, Paolo Russu, Natalino Piras, Serafino Spiaggia, Pietro Cosseddu, Giacobbe Manca e Gianni Pititu, nonché i Mamoiadini Salvatore Ladu, Salvatorina Atzeni, Graziano Deiana,Mario Galante e Cosimo Piu. Nel corso degli anni si è esaminato 2180 elaborati, fra questi hanno trovato giusto riconoscimento 464 poesie. Sono stati molti i mamoiadaini che hanno trovato gradimento nel cimentarsi a scrivere al concorso raggiungendo, alcuni di loro, anche un giusto riconoscimento come Giovanni Moro, Antonio Canneddu, Antonio Mele, Armando Piu, Franca Debuggias, Antonio Piras, Graziano Pisu, Giovanni Golosio, Maddalena Frau etc. (Salvatore Ladu) Un momento della lettura delle poesie nella passata edizione - f.to Sara Muggittu La copertina del libretto del concorso di poesia POESIA I Vincitori della 19° Edizione Verbale della Giuria Mamoiada 28 Novembre 2009 In data odierna ha avuto luogo, presso la Biblioteca Comunale di Mamoiada, la riunione della Commissione esaminatrice del 19° Concorso di Poesia in Lingua sarda "Sant'Antoni de su o'u" per esaminare le opere pervenute al concorso. Risulta assente per motivi di salute il Sig. Graziano Deiana. La Giuria risulta così composta: Giovanni Piga Presidente Salvatore Ladu Segretario Salvatorina Atzeni Componente Albino Liori Componente Natalino Piras Componente Graziano Deiana Componente I lavori hanno inizio alle ore 15,30. Vengono escluse perché non in regola con le norme del bando, la poesia: “Santu Aini sa prima die” di Bachisio Raimondo Salaris (supera i 40 versi); “Oggi 'oddu” di Maddalena Spano Sartor (spedita fuori tempo massimo). Si è preso atto con gradimento della rilevante partecipazione alle due sezioni del concorso, e dell'ottima qualità degli elaborati, in particolare nella sezione A (poesia in rima) Sono pervenute n.88 poesie: Sez. A n.45, Sez. B n.43. Si inizia con la presentazione da parte di tutti i giurati di una prima personale selezione di poesie, che vengono lette e collegialmente commentate. Dopo una pacata e approfondita discussione, all'unanimità la Giuria decreta il seguente giudizio: SEZ. A (Poesia in rima): 1 PREMIO alla poesia "DUDAS ARCANAS”, di Angelo Porcheddu di Banari; 2 PREMIO alla poesia "EST UN'ATERA DIE” di Ignazio Porcheddu di Posada; 3 PREMIO alla poesia "IN CUSTU MUNDU" di Gian Gavino Vasco di Bortigali; 4 PREMIO alla poesia "A UMB'ANDAS" di Albino Contu di Posada; 5 PREMIO alla poesia "LUNA BANDULERA " di Mario Vargiu” di Narbolia; MENZIONI D'ONORE alle poesie "ARBESCHIDA D'ERANU” di Salvatore Murgia di Macomer; “A TUI, SPERA" di Anna Cristina Serra di San Basilio; "FUNTANA LIBERA" di Mimiu Maicu di Santulussurgiu; "INNOTZENTES CRIADURAS” di Franco Piga di Loiri. SEZ.B (poesia a versi sciolti): 1 PREMIO alla poesia "UNA POESIA DE FRINAS CARINNOSAS" di Gonario Carta Brocca di Dorgali; 2 PREMIO alla poesia "MUTTOS DE ATUNZU” di Tetta Becciu di Ozieri; 3 PREMIO alla poesia "BAIAT UNU TEMPUS" di Antonello Bazzu di Sassari; 4 PREMIO alla poesia "EL DIA QUE MOR" di Anna Cinzia Paolucci di Alghero; 5 PREMIO alla poesia "MA IT'EST?!?" di Gigi Angeli di Palau; MENZIONI D'ONORE alle poesie “DUNCAS” di Salvatore Marceddu di Oniferi, "CICARAS DI AMORI" di Raffaele Piras di Quartucciu; "PASTORE 'E PESSOS " di Gino Farris di Nuoro; "NOTTI I LA FRABBIGGA DI LI SONNI" di Giuseppe Tirotto di Castelsardo. PESSOS " di Gino Farris di Nuoro; "NOTTI I LA FRABBIGGA DI LI SONNI" di Giuseppe Tirotto di Castelsardo. SEZIONE POETI LOCALI: Menzione d'onore alla poesia: “NUES” di Maddalena Frau. I lavori si sono conclusi alle ore 20,00 Il Segretario Salvatore Ladu Mamoiada li, 28 Novembre 2009 Le premiazioni si terranno il 16 Gennaio alle ore 9,30 presso la Biblioteca. Nel pomeriggio si terrà la lettura delle poesie attorno ai falò in alcuni rioni del paese. L’Associazione Turistica Pro Loco di Mamoiada L’Associazione Turistica Pro Loco di Mamoiada L'Associazione Turistica Pro Loco, operante a Mamoiada sin dagli anni '50 con l'organizzazione di feste e manifestazioni sportive e con la valorizzazione delle figure del Carnevale Mamoiadino, i Mamuthones e gli Issohadores, si costituì formalmente a metà degli anni '70. Negli anni l'Associazione ha continuato a svolgere tali attività, estendendole ad altre iniziative culturali e sociali di maggior rilievo , anche in situazioni in cui la comunità locale, per un'apparente apatia, sembrava non mostrare più interesse alla partecipazione alla res pubblica. Così si crearono diverse occasioni di aggregazione, coinvolgendo giovani e meno giovani in iniziative di elevato livello culturale: citiamo, per esempio, Rioniamoci, convegni sulle maschere,incontri sulla legalità,vari dibattiti pubblici, Carnevale a rioni, etc…. e altre manifestazioni volte alla valorizzazione del patrimonio storico, culturale e ambientale della comunità locale. Da oltre un decennio, l'Associazione dispone di una propria sede sociale, acquisita in comproprietà con l'Amministrazione Comunale; la stessa sede, è diventata un importante riferimento non solo per i soci e per la comunità locale, ma anche per i numerosi visitatori. L'Associazione partecipa attivamente alla vita sociale del paese, unitamente alle Istituzioni locali (Comune, Museo delle Maschere, Scuole), agli organismi di volontariato e ai Comitati delle varie Feste paesane, per il conseguimento di obiettivi comuni. Nel delicato compito della salvaguardia e tutela del patrimonio culturale immateriale è stato importante e continua ad esserlo il coinvolgimento dei ragazzi delle Scuole, sulla base di specifici progetti, quali laboratori di vario genere, interviste agli anziani e corsi di organetto. In particolare nel 2008 è iniziata una collaborazione con l'UNPLI (Unione Nazionale Pro Loco d'Italia), con un progetto dal titolo “S.O.S. PATRIMONIO CULTURALE IMMATERIALE” . Tale progetto si è concluso nel febbraio 2009 a Ladispoli con la presentazione del testo “ Guida alle Pro Loco d'Italia”. Altre attività di particolare rilievo svolte nel 2009 sono state: - il convegno Hussertu de eeris, sonos pro cras” - Convegno sulla polivocalità tradizionale mamoiadina. - il convegno “Maschere, costumi e abiti nella tradizione locale”; - la partecipazione della Pro Loco alla trasmissione RAI “La Prova del Cuoco” , con la presentazione di piatti caratteristici locali, accompagnati dalla comparsa delle maschere locali; - partecipazione a festival internazionali di folklore a Stoccarda, in Slovacchia, Ungheria, Civitanova Marche e ad altre importanti attività culturali in tutta Italia (es. Val Camonica con un convegno suyl pastoralismo). Un impegno particolare ha sempre rappresentato l'organizzazione del Carnevale Mamoiadino, definito da molti tra le feste popolari più antiche e ricche di folclore della Sardegna. Issohadore Pro Loco Mamoiada - F.to A.Cucca F.to A.Cucca Il Gruppo di Ballo Il primo gruppo ballo della Pro Loco di Mamoiada venne costituito intorno agli anni '70. L'attuale gruppo è formato da 7/8 coppie di ballerini in costume che danzano “Su passu torràu”, ballo originario di Mamoiada, e “Su sàrtiu”, accompagnati dall'organetto o dall'armonica a bocca. La preparazione dei ballerini è affidata a un istruttore che cura la qualità del ballo e delle coreografie. Partenze importanti: -Gorizia (12, 13, 14 settembre 1975), 6° Concorso Folkloristico Internazionale “Castello di Gorizia” aggiudicandosi la Medaglia d'Argento; - Francia; - Londra; - Abbruzzo, - Llangollen (Galles), consegna di certificato di merito in occasione del “Llanfollen International Musical Eisteddfod”, 1993; - Roma, - Guglionesu; - Slovacchia (Kezmarok), luglio 2009, per festival EL'RO 2009; - Civitanova marche, agosto 2009, festival CIVITANOVA DANZA. Oltre le sopraccitate è da segnalare la partecipazione a numerose manifestazioni popolari di carattere regionale e provinciale di notevole rilevanza quali la Cavalcata Sarda a Sassari e la Festa del Redentore a Nuoro. Non mancano le esibizioni a livello locale, come accade ogni anno per il suggestivo Carnevale Mamoiadino e in occasione delle feste paesane. I componenti indossano il costume sardo tradizionale. F.to Archivio Pro loco Il Gruppo di ballo Pro Loco di Mamoiada - f.to G.Gungui Da San’Antonio al Carnevale F.to Archivio Pro loco A cura dell’Associazione Turistica Pro Loco La festa di S.Antonio Abate sancisce l' inizio del Carnevale Mamoiadino, tradizione molto sentita dall'intera comunità che si riversa nella piazza principale per esibirsi instancabilmente nelle danze tradizionali di “su passu torrau” e “su sartiu”, al suono dell'organetto o dell'armonica a bocca. Numerosi sono i turisti che ogni anno giungono ad assistere a questo spettacolo, in cui vengono coinvolti, non come spettatori, ma come attivi protagonisti, che vengono trascinati all'interno della cerchia di ballerini. La festa viene rallegrata dai colorati costumi tradizionali, indossati per l'occasione da donne, uomini e bambini. Tra la folla l'attenzione di tutti viene richiamata dall'arrivo in piazza dei Mamuthones e Issohadores, simbolo del Carnevale Mamoiadino con il loro passo deciso e ritmo incalzante. Altro simbolo del Carnevale è Juvanne Martis, un fantoccio la cui comparsa denota la conclusione del carnevale. Questo enorme pupazzo, colpito da una grave malattia, viene posizionato su un carretto trascinato da un asino. Attorno ad esso qualche chirurgo e infermiere procedono a trapanare il cranio, a eseguire tagli di decine di metri d'intestino e a effettuare trasfusioni di vino locale all'interno della botte che costituisce il corpo dell'infermo. Uomini vestiti in abiti tradizionali femminili ne piangono poi la morte cantando sconsolatamente. Nella serata del Martedì grasso, vengono offerti a tutti gli ospiti, dolci di produzione locale, fave miste e lardo di maiale, il tutto condito con l'ottimo vino locale. IL MUSEO DELLE MASCHERE MEDITERRANEE di cibo e bevande. La visita al Museo inizia con una multivisione che, con una sequenza di immagini, testi e suoni accompagnati da un particolare commento musicale, introduce il visitatore al Carnevale e alla gente di Mamoiada e, nel contempo, dà conto delle diverse interpretazioni avanzate nel corso degli anni sull'origine e sul significato dei Mamuthones. Orari di apertura e biglietti. Dal martedi alla domenica (lunedi chiuso) ore 9.00/13.00 - 15.00/19.00 (Nei mesi di luglio, agosto e settembre è aperto anche il Lunedì) Biglietti Intero: € 4,00 Ridotto (comitive, anziani e scolaresche): € 2,60 All'interno del museo è disponibile un bookshop in cui è possibile acquistare libri, gadget, maschere, cartoline, DVD e cataloghi degli eventi. Recapiti Piazza Europa, 15 08024 Mamoiada NU Tel: (+39) 0784-56.90.18 Fax: (+39) 0784-56.719 Cellulare: (+39) 347-13.67.921 347-55.04.426 329-1144978 Società Referente: Società Cooperativa Viseras Il Museo delle Maschere Mediterranee nasce con l'intento programmatico di costituire un luogo di contatto tra l'universo culturale di un piccolo paese della Sardegna interna, Mamoiada, nota in tutto il mondo per le sue maschere tradizionali - i Mamuthones e gli Issohadores - e le regioni mediterranee che, attraverso le rappresentazioni e le maschere di Carnevale, svelano una comunione di storia e di cultura. Attraverso il museo, da un lato, Mamoiada si rappresenta e si espone allo sguardo interno ed esterno, come durante il Carnevale cui naturalmente rimanda ed indirizza; dall'altro, offre in qualche modo anche cede i segni della sua specificità a favore di una causa, un ragionamento: evidenziare le affinità e le ricorrenze piuttosto che le differenze e le singolarità, le consonanze e le vicinanze piuttosto che le difformità e le distanze. Il museo propone allora ai visitatori un viaggio nella comunità mamoiadina ed in luoghi istranzos, che a ben vedere risultano tali solo nello spazio. E in questo viaggio, le maschere, con la materialità dell'apparato del travestimento, e con il rimando ai loro comportamenti e significati, rendono visibile ciò che può essere solo immaginato e invitano il visitatore ad evocare un'idea prima ancora che un tempo ed uno spazio definiti: l'idea di una identità culturale mediterranea. In particolare il Museo rivolge il suo interesse verso le forme di mascheramento nelle quali, in una grande varietà di combinazioni, ricorre l'uso di maschere facciali lignee zoomorfe e grottesche, di pelli di pecora e di montone, di campanacci e in generale di dispositivi atti a provocare un suono frastornante. A queste maschere, proprie delle comunità dei pastori e dei contadini, si riconosceva il potere di influire sulle sorti dell'annata agraria; per questo, malgrado l'aspetto impressionante, la loro visita era attesa e gradita e occasione per farsele amiche attraverso l'offerta Si passa quindi in un secondo ambiente, la "Sala del Carnevale Barbaricino", che presenta una serie di maschere del centro Sardegna. In una quinta scenografica formata da due grandi finestre ad angolo che si aprono, come occhi di una maschera, ad una veduta del paese, sono esposte due maschere complete di Mamuthone e una di Issohadore. Di lato i Boes, Merdules e Filonzana di Ottana e i Thurpos di Orotelli. In una vetrina a parete sono visibili numerose maschere facciali di Mamoiada, alcune delle quali di particolare interesse storico, e di Ottana, nelle diverse tipologie zoomorfe e antropomorfe. Il terzo ambiente, la "Sala del Mediterraneo", è diviso in tre ambiti geografici (l'arco alpino, la penisola iberica, la penisola balcanica). Per ogni area rappresentata ci sono alcuni manichini sopra i quali sono proiettate immagini relative a quei carnevali. LE MASCHERE DI MAMOIADA I Mamuthones sono stati finora un mistero, ed innumerevoli sono state le ipotesi avanzate per comprendere la loro origine. Raffaello Marchi (1951, “Le maschere barbaricine”) dapprima suppose che la cerimonia potesse riferirsi ad una vittoria dei pastori barbaricini (gli Issohadores), sui mori invasori (i Mamuthones) portati in corteo. Poi ritenne che vi si potesse riconoscere un rito totemico con il quale i Mamuthones, cioè i contadini e i pastori, si identificavano nel bue in segno di mistica venerazione. In un periodo meno remoto, la descrisse come una di quelle processioni rituali che i sardi della civiltà nuragica dovevano fare molto spesso in onore dei loro piccoli numi agricoli e pastorali. Lo scrittore Salvatore Cambosu vide nei “….vecchi prigionieri muti vestiti alla rovescia, con la cintura di campanacci e la collana di sonagli e nelle giovani guardie che li circondano….”, una rappresentazione della mitica pratica del geronticidio, congettura ripresa di recente da Francesco Masala. Poiché rappresentano esseri umani, le maschere degli “Issohadores” sono sempre maschere parlanti, mentre le maschere delle vittime, dei prigionieri, sono sempre maschere mute. Fave e fagioli erano, secondo la tradizione, il cibo dei morti, ed è interessante notare come sia sempre stata consuetudine, in tutti i paesi sardi, preparare fave con lardo durante il carnevale, forse anche in omaggio alle anime dei defunti. Ciò, secondo P. Toschi e F. Alziator, in quanto, i Mamuthones rappresentano le anime dei morti e degli spiriti infernali. Più di recente Maria Margherita Satta ha seguito altre direzioni di ricerca, sottolineando la centralità, nella cultura pastorale barbaricina, del rapporto uomoanimale: “….uomo-bestia nell'esistenza di ogni giorno che si esorcizza nella festa con l'allegoria ironica dell'inversione bestia-uomo”. Dolores Turchi suggerisce per la cerimonia una derivazione da antiche religioni misteriche: “il carnevale barbaricino continua a mantenere l'aspetto tragico da cui traeva origine, ripetendo in un rito agreste e propiziatorio, la passione e la morte di Dioniso, che nasce e muore ciclicamente come il grano, l'erba e i fiori. I Mamuthones sarebbero le maschere dionisiache coperte di pelli, che da millenni ripetono la stessa danza, ritmata dal suono dei numerosi campanacci che si scrollano sulle spalle. Un suono cupo, lugubre, che vuole allontanare gli spiriti del male, ma vuole ricordare anche il sacrificio del dio che si fa vittima, per morire e rinascere ogni anno, come la vegetazione nei campi. Le maschere dei Mamuthones sono tradizionalmente dodici, come i mesi dell'anno, e si avviano verso il sacrificio cui sono destinate. Le accompagnano otto guardiani, detti Issohadores, che si muovono con agilità, tenendo in mano il laccio mortale col quale catturare le vittime, se queste tentassero di sottrarsi alla loro sorte”. Vanno menzionate infine l'interpretazione di Pietrina Moretti, che vede nel corteo dei Mamuthones la forma residuale di una più generale “mascherata dell'orso”, connessa a riti di eliminazione e di propiziazione, e la tesi di P. Massaioli, secondo cui le maschere antropomorfe dei Mamuthones potrebbero essere un'evoluzione dei Boes di Ottana. L'ampia gamma di interpretazioni e congetture che si sono fatte in merito al corteo di Mamuthones e Issohadores, costituisce una conferma di quante, nel corso dei secoli, possono essere state le sovrapposizioni e le trasformazioni del primo ed originale nucleo rituale. IL MUSEO ED IL TERRITORIO. L'attività del Museo trova la sua naturale connessione con le diverse iniziative di interesse culturale e turistico che hanno luogo a Mamoiada e nel circondario. In particolare il Museo si pone come punto di riferimento informativo ed organizzativo per la visita del territorio, per la partecipazione alle attività ed alle feste tradizionali, in primo luogo al Carnevale, e per la promozione dei prodotti alimentari e dell'artigianato locale. Ma l'aspetto di maggior rilievo dell'azione della cooperativa Viseras che gestisce il Museo delle Maschere è l'attività di animazione del territorio. In quest'ottica la Cooperativa Viseras ha creato una rete di relazioni tra i vari attori territoriali che si sta rivelando il vero punto di forza dello sviluppo locale e che comprende: ? un percorso guidato nei laboratori artigianali del paese; ? la visita alle sedi-museo delle associazioni culturali; ? l'aperitivo in cantina; ? il pranzo in una struttura ricettiva; ? la visita ai siti archeologici di Mamoiada, ai murales di Orgosolo ai musei di Nuoro. L'obiettivo di questi itinerari è quello di associare alla visita del Museo la scoperta del patrimonio locale, il contatto con la popolazione (sistemazione nei B&B, pranzi in ristoranti tipici) e la conoscenza dei prodotti tipici (maschere, vino, pane carasau, dolci, formaggi, ecc.). In questo scenario, l'immersione nell'identità e nel patrimonio di Mamoiada non si esaurisce con la visita al Museo, ma continua lungo un percorso che coinvolge in modo attivo il territorio ed i suoi abitanti e che per questo motivo richiede la partecipazione di tutti gli attori locali. Il successo di un progetto di sviluppo turistico, così come del più ampio sviluppo locale, dipende anche, e forse soprattutto, dalla attivazione delle risorse immateriali del territorio connesse alla relazione fra i soggetti, alla capacità auto-organizzativa degli stessi, alla loro capacità di azione collettiva; in una parola ai cosiddetti “beni relazionali”. La cooperativa viseras crede fortemente nella forza del linguaggio e proprio per questo profondo convincimento nel corso della sua breve storia ha già prodotto sei importanti calendari (con immagini di Pablo Volta nel 2002, Franco Pinna nel 2003, Salvatore Ligios nel 2004, Luca Nostri nel 2005, Giuseppe Congiu nel 2007 e Massimo Mastrorillo nel 2009) accompagnati da altrettanti importanti mostre fotografiche. Queste oltre che da cornice alla presentazione dei vari calendari sono state anche evento in importanti spazi espositivi toccando quindi centri Europei e non, quali Siviglia, Berlino, Siracusa , Roma, Lugo di Romagna e Città del Messico. Oltre ai calendari e alle relative mostre fotografiche la cooperativa Viseras ha curato l'organizzazione di altri importanti eventi come “Abitare la Musica” nell'estate 2008 o la mostra di pitture e ceramiche di Francesco DelCasino svoltasi l'inverno passato, partecipato a numerose fiere, quali la BIT di Milano, la Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico di Paestum, Terra Madre il salone del gusto di Torino e Sardegna in Banchina di Stintino , ma soprattutto è stata protagonista di importantissimi gemellaggi con società extracomunitarie quali i Dogon del Mali e i Mummers Irlandesi. Tutte queste iniziative hanno costituito un importante veicolo culturale e informativo da far circolare, per far conoscere in tutto il mondo le antiche maschere del carnevale di Mamoiada, nel cuore della Sardegna, nel centro del Mediterraneo. DIDATTICA Come vede il museo il bambino a cura del Museo delle Maschere Mediterranee Bambino Se trovi l'aquilone della tua fantasia Legalo con l'intelligenza del cuore. Vedrai sorgere giardini incantati E tua madre diventera’ una pianta Che ti coprira’ con le sue foglie. Fa delle tue mani due bianche colombe Che portino la pace ovunque E l'ordine delle cose. Ma prima di imparare a scrivere Guardati nell'acqua del sentimento. (Alda Merini) “E'un istituto dove ci sono cose antiche e importanti”, spiega un bambino delle scuole elementari di Mamoiada messo davanti a questo difficile quesito. Gli altri bambini rispondono a ruota libera e le opinioni sono davvero interessanti :“Forse è un luogo dove vengono conservati dei reperti e tanti quadri”, “No, No” dice ancora un bambino piu grande “ Nel Museo ci sono le Maschere” associando la sua idea di Museo a quello di Mamoaida. Domanda davvero interessante! Chissà se il bambino vede il Museo o l'arte in generale dal lato della comprensione o usa lo sguardo del “privilegiato” in quanto non ha quasi nessun condizionamento o pregiudizio di gusti e qualità! L'argomento è di fondamentale importanza visto che oggi il bambino ha conquistato un posto speciale nelle sale di tutti i musei del mondo grazie alla nascita della didattica museale che da la possibilità ai piccoli visitatori non solo di visionare gli oggetti esposti nel museo ma anche di vivere all'interno delle sale una vera e propria esperienza culturale. Ed è proprio in questo ambito che da qualche anno il Museo delle Maschere Mediterranee, in collaborazione con la dottoressa Carla Tanda, esperta di didattica Museale, ha voluto dedicare ai suoi piccoli visitatori una ricca sezione didattica con laboratori creativi e sensoriali che hanno lo scopo di far cimentare il bambino nella pratica dell'arte, sentendosi piu' vicino al contenuto del Museo stesso e magari meno intimidito dagli oggetti esposti. Dedicare ai bambini uno spazio tutto loro è di fondamentale importanza e la mission del Museo delle Maschere è quella di formarne la sensibilità, guidarli in una crescita culturale consapevole e chissà riuscire ad depennare quell'immagine diffusa che vede il Museo come luogo noioso, immutabile, silenzioso e magari pieno di polvere. Anzi, il Museo e sopratutto quello delle Maschere, vuole essere per i piu' piccoli uno spazio non solo dove viene custodito un rito millenario ma anche un luogo dedicato all'apprendimento, al gioco e perché no al divertimento. L'esperienza che proponiamo alle scuole non è solo visiva, i laboratori studiati dalla dottoressa Tanda infatti, consentono di fare un'esperienza multipla e di stimolare i vari livelli sensoriali come quelli visivi e tattili, senza tralasciare naturalmente un altro fattore fondamentale di questo percorso: la fantasia di ogni bambino. Nella nostra idea di museo, quindi, l'esposizione delle Maschere, la tradizione raccontata ai bambini, il confronto con le Maschere del Mediterraneo, non potrebbero esistere senza che si crei una relazione con altre attività del nostro paese. Alle nostre maschere si allacciano infatti le due associazioni di Mamuthones e Issohadores (Pro Loco e Atzeni Beccoi), e i vari artigiani della maschera. Nelle due sedi i bambini e spesso gli adulti vivono un esperienza diretta con il vestiario dei Gruppi, dalle pelli ai campanacci e agli abiti in velluto, e si vive quell'atmosfera magica tipica del nostro Carnevale e della festa di Sant'Antonio ma anche quella dell'impegno sociale che vede gli abitanti di Mamoiada impegnati in una vera e propria missione di volontariato, che richiede spesso tanta passione e fatica. Dall'artigiano i bambini si arricchiscono scoprendo un mestiere antico e originale di cui forse ne ignoravano l'esistenza: quello del mascheraio. Da quest'ultimo partecipano a una breve lezione su come si fa una maschera, un'esperienza questa per noi del posto quasi scontata, i Mascherai a Mamoiada sono tanti e per noi è un mestiere come un altro, cosa invece poco comune per altri bambini che visitano il nostro Museo. Da qui l'idea di Museo dinamico e nuovo, gli oggetti che poco prima erano esposti impassibili al Museo improvvisamente prendono vita, e diventano tangibili, reali. I bambini si circondano di oggetti da toccare e da ascoltare come i batacchi dei campanacci, tessuti insoliti come Su billudu e l'orbace, odori da riscoprire come quello intenso de Sas Peddes, strumenti da conoscere come S'ashiolu usato dalla mano decisa dell'artigiano. Ed è quindi per questo e per mille altri motivi che al Museo delle Maschere i bambini come gli adulti sono sempre i benvenuti. Li vediamo come coloro che dopo di noi manterranno vive le nostre tradizioni, diventeranno custodi della nostra storia, del nostro sapere e della nostra cultura; anche se poi lo scambio è reciproco: è dalle loro piccole esperienze e dalla loro spontaneità che anche noi ci arricchiamo sempre di piu'quando vengono a trovarci. DIDATTICA Come vede il museo il bambino a cura del Museo delle Maschere Mediterranee Ed è proprio questa domanda “Che cos'è un Museo?” che trova risposta tra le pagine del primo Quaderno Didattico, l'originale iniziativa realizzata dal Museo delle Maschere sempre insieme alla preziosa collaborazione della dottoressa Tanda che ne ha curato i testi, le illustrazioni e le esercitazioni pratiche. Quaranta pagine coloratissime tutte dedicate ai piccoli visitatori del nostro Museo, pagine da leggere, schede da colorare e da ritagliare, illustrazioni simpatiche e giocose. La finalità del quaderno è quella di guidare alunni ma anche insegnanti e genitori, entro un percorso ragionato e propedeutico che mira alla scoperta e comprensione dei musei ed in particolare del Museo delle Maschere Mediterranee di Mamoiada, il quale diventa, all'interno del percorso, punto nodale di riferimento per fissare le conoscenze acquisite. Il quaderno si compone delle seguenti sezioni: la prima introduce un percorso storico che inquadra le origini dei musei focalizzandone scopi e contenuti; la seconda parte si incentra sul museo delle maschere e sulla sua nascita. Il quaderno inoltre vuole essere uno strumento utile e allo stesso tempo divertente rivolto non solo agli alunni ma anche ai docenti della scuola primaria e secondaria di 1 grado: faranno da corredo e aiuto alla lettura una serie di attività creative proposte lungo le pagine del Quaderno che, mediante un gioco di similitudini, serviranno per fissare i contenuti base esposti lungo il testo. Il quaderno, sarà l' oggetto su cui si muoveranno i primi passi di un incontro che vuole inquadrare il museo secondo un'ottica piu' dinamica, in cui l'Istituto non è piu' visto come sede che accoglie e ospita, ma bensì anche e soprattutto, che viene ospitata e accolta, dunque che esce fuori dalle sue mura e dal suo edificio, per farsi conoscere anche al di fuori delle sue sale espositive. Negli ultimi anni in Italia sono aumentati i musei rivolti ai piccoli. L'esperienza diretta, un nuovo modo di interagire con i fruitori delle strutture: questi ed altri sono i caratteri salienti del nuovo modo di intendere un museo come spazio vivo e non solo esperienza visiva. Il quaderno didattico è stato presentato alle insegnanti delle scuole di Mamoiada, da sempre nostre sostenitrici, e per promuoverlo anche tra i bambini, il Museo ha organizzato una festa di Natale proprio in concomitanza con le vacanze. Durante la festa i bambini hanno potuto giocare con le pagine del quaderno e visionarlo in ogni sua parte; naturalmente non sono mancati momenti di svago con Lo Spiritello del Museo che si è divertito a spaventare i bambini, tanta musica, balli, giochi e pane e nutella per tutti, grandi e piccoli. Si spera inoltre che a questa prima pubblicazione ne seguiranno anche delle altre, magari una lunga catena la cui ispirazione ci viene data proprio dai bambini. Il progetto del quaderno si inserisce però nella piu'ampia sezione didattica Museale, attivata già da due anni; attualmente sono sette i laboratori portati avanti con grande successo: si pensi che tra i dodicimila visitatori annui sono duemilacinquecento gli scolari che hanno frequentato il nostro Museo e che hanno apprezzato la sezione didattica. Elenco laboratori: Il museo diventa luogo di sperimentazione, apprendimento e diffusione culturale mediante proposte creative e variegate, capaci di generare stimoli su più fronti. Le proposte didattiche elaborate diventano un nuovo strumento per la comprensione e la visita del museo e del patrimonio culturale del paese. Destinatari: scuola primaria scuola secondaria di primo grado Proposte didattiche Scuola Titolo Alla scoperta della vera identità della maschera Analizzare e inventare la storia di una maschera per poi rappresentarla sotto forma teatrale Emozione di musica Scoprire nuovi strumenti musicali per realizzare la musica del nostro rito. I suoni e il ritmo della natura Avvicinarsi al mondo della natura mediante la scoperta dei suoni. La maschera di Medusa Da una vecchia leggenda per modellare la maschera di un mito. Fotografia di una leggenda Ascoltare e apprendere il racconto per racchiuderlo dentro una rappresentazione fotografica. Oggi mi sento ….un leone Descrivere se stessi e come vorremo essere mediante la realizzazione della propria maschera personale. Oro argento e cartone Capire il significato simbolico dei materiali e scegliere quello più idoneo per la propria maschera. Tipologia delle attività teatrale Durata 1ora 3/4 1 ora musicale Di avviamento alla psicomotricità 1 ora 1/2 1 ora 1/2 Su testo scritto Su testo scritto manuale manuale 1 ora 1 ora 1 ora MAMUTHONE E ISSOHADORE AD HONOREM A cura di Bastiano Mele Nel 2003 l' Amministrazione Comunale di Mamoiada istituisce l'onorificenza Mamuthone ad Honorem. Un riconoscimento a personaggi illustri che si sono distinti al di là dei confini della nostra isola. In qualche modo una cittadinanza onoraria visto che ogni mamoiadino si considera “Mamuthone” o “Issohadore”. L'idea è nata con una sottile ironia (il premio viene consegnato durante il periodo di Carnevale) ma nasconde risvolti e aspetti molto profondi, che danno all'evento un notevole e quasi inaspettato risalto. Attraverso questa piccola ma intensa cerimonia, altro non è che un Consiglio Comunale informale, si apre da Mamoiada una finestra verso l'esterno che si rivolge a tutto ciò che accade intorno a noi. Con i vari “Mamuthones e Issohadores ad Honorem” abbiamo parlato di archeologia, di musica, di letteratura di scienza e di medicina e di cultura partendo dalla nostra isola e passando dalle esperienze francesi di Paolo Fresu, dalla vita in Danimarca di Maria Giacobbe, dalle conoscenze della politica italiana di Francesco Cossiga, per continuare poi con le esperienze nei rispettivi campi di Gianluigi Gessa e Pinuccio Sciola e per finire l'intensa lezione di vita di Don Giovanni Usai. Questa onorificenza nasce anche per una nostra esigenza, che il vivere in un isola trasforma in necessità. Il poter mantenere sempre vivi e costanti i continui scambi con l'esterno, con i nostri rappresentanti sardi che anno vissuto e conosciuto altre realtà, effettuato esperienze di vita valorizzanti e profonde. Conoscere e ascoltare da queste persone il loro viaggio ha arricchito e stimolato la nostra sete di conoscenza, perché hanno portato per una sera tutti noi in viaggio con loro. Un vero e proprio Master and Back, in cui sono riusciti a trasferire la loro esperienza dell'essere sardi nel Mondo senza dimenticarsi mai della parte Back, restituire alla Sardegna il guadagno culturale e sociale della loro grandezza professionale e umana. Ecco cos'è “Mamuthone e Issohadore” ad Honorem ed ecco perché non abbiamo voluto legarlo a noiosi regolamenti comunali o delibere di Consiglio. Vogliamo lasciarci o vorremo lasciare liberi chi verrà dopo di noi il poter consegnare la maschera ad un africano o un americano che abbia fatto qualcosa per o in Sardegna, oppure ad un sardo e un neozelandese che abbiano realizzato insieme un sogno. Insomma speriamo che questo piccolo e intenso momento duri nel tempo, senza schemi o eccessive formalità, ma con spirito di ironia e semplicità proprio come il nostro carnevale. Quest'anno l'onorificenza verrà consegnata al giornalista Giovanni Maria Bellu. Sardo, nato e cresciuto a Cagliari, da genitori originari della Barbagia e della Gallura, dopo aver lavorato per anni a La Nuova Sardegna, nel 1988 viene assunto dal quotidiano la Repubblica fondato da Eugenio Scalfari. Diventa capo servizio del settore politica interna e dal 1995 inviato speciale. In questa veste ha seguito importanti vicende nazionali e internazionali: da Gladio a Ustica, passando per la morte di Ilaria Alpi. Nel 2001 ha individuato nei fondali marini al largo di Portopalo di Capopassero il relitto del Boat People naufragato nel dicembre del 1996 con circa 300 clandestini a bordo. Attualmente lavora al quotidiano L'Unità, di cui è condirettore con Concita De Gregorio. L’Albo delle Onorificenze Mamuthone e Issohadore ad honorem dal 2003 ad oggi MAMUTHONE e ISSOHADORE ad HONOREM 2003 Prof. Giovanni Lilliu (Archeologo e accademico dei Lincei) MAMUTHONE e ISSOHADORE ad HONOREM 2004 Sen. Francesco Cossiga (Presidente emerito della Repubblica Italiana) MAMUTHONE e ISSOHADORE ad HONOREM 2005 Don Giovanni Usai (sacerdote e fondatore della Comunità “Il Samaritano” che ha fatto della propria vita una missione per il recupero e il reinserimento sociale di detenuti). MAMUTHONE e ISSOHADORE ad HONOREM 2006 Paolo Fresu (musicista jazz di fama internazionale) MAMUTHONE e ISSOHADORE ad HONOREM 2007 Maria Giacobbe (scrittrice) MAMUTHONE e ISSOHADORE ad HONOREM 2008 Gian Luigi Gessa (scienziato) MAMUTHONE e ISSOHADORE ad HONOREM 2009 Pinuccio Sciola (Scultore) MAMUTHONE e ISSOHADORE ad HONOREM 2010 Giovanni Maria Bellu (Giornalista) Il Giornalista G.M.Bellu PROSSIMI EVENTI Il festival della Musica a cura di Giannetto Lapia Una delle prime domande che ci si potrebbe mettere è “Perché un festival della canzone a Mamoiada”? Con pari diritto, si potrebbe dire “perché no”? E questo esempio può essere portato in qualsiasi dei nostri paesi, in ogni tempo, in tutte le stagioni. Il festival della canzone a Mamoiada non è nè anacronistico nè una novità, visto che ci troviamo in un paese musicale, ricco di tradizioni musicali, dove chi vuole essere presente, partecipare, è ben accetto. Chi dovesse avere pregiudizi di qualsiasi natura, se li tenga pure. Ricordando ieri, ad esempio negli anni '70, “il tenore” (per favore non scrivete la castroneria “tenores”, quando siamo al singolare) di Mamoiada era uno dei pochissimi che giravano nelle sagre paesane dei nostri paesi. E che voci guidate dal mitico “Mazzone”!!! Ma anche nella musica leggera non scherzava. Credo che Mamoiada sia il paese che ha fatto la prima discoteca in provincia di Nuoro: “Il Cannetto”! E non si faceva girare solo il vinile. La struttura ha ospitato i migliori artisti internazionali in giro per la Sardegna. Ricordo il complesso inglese dei “Renegades”, poi diventati “Primiteves” il cui cantante solista era l'odierno Mal! Io e la mia band facevamo da complesso di apertura! Chi frequentava il Cannetto” vi può fare un rosario dei grandi artisti che ci sono passati. E l'artista va dove viene ascoltato e rispettato. Arrivando ai giorni nostri, il festival della canzone è una delle cose più positive che un paese può fare. E beati quei paesi che hanno amministrazioni aperte a questo genere di eventi. Guardando subito al venale, pensate che può venir fuori una bella voce, essere notata e poi baciata dalla dea fortuna. In Sardegna non è una novità, non è un caso sporadico ed in tempo di crisi provate a riderci sopra. Ma fatta questa premessa, torniamo al nostro festival è incontro, comunicazione, educazione, maturare, emergere. E' l'incontro di tanti ragazzi e ragazze che comunicano, parlano, ridono, scherzano serenamente e non con quella faccia ebete da scemo che ha il condannato alla televisione. Tanti genitori che si incontrano, diventano amici, si telefonano e si visitano. Si impara ad essere intonati che non è solo un'esigenza musicale: rispondere in modo equilibrato ad un insegnante, ad un superiore, al proprio compagno o compagna, è indice di equilibrio! E ditemi se è poco. Si apprende l'arte di cantare, la tonalità, a respirare non in modo casuale ma secondo armonia, a prendere un microfono ed a superare “l'effetto microfono” temuto in particolar modo dai politici. Avere la coscienza del palco, di qualcosa che è sopra il terreno dove stiamo tutti. Il palco è fatto per quelli che hanno scelto di elevarsi. Il palco incute rispetto verso il palco stesso e verso la gente. Il pubblico, che ti osserva, ti scruta, ti misura, annuisce o dissente, ma sempre civilmente. Ho visto non poche volte il Maestro Bastiano Coi, iniziare i corsi con dei ragazzini che non salutavano neppure, non aprivano bocca per niente. Alle domande rispondevano solo con cenni della testa si o no. Dopo un paio di mesi discutevano con i compagni con tanta di quella verve che la ragione sembrava tutta loro. Non pochi genitori affiancano i loro figli a questi maestri ed a queste nobili iniziative, sperando di sganciare i propri figli da quelle che responsabilmente vedono come “cattive compagnie”. “ Menzus istonau in su palcu chi non iscamminau” “Menzus chin Mastru Coi chi non fachende dannu a sa tzente” Credete siano frasi inventate? No! Sono frasi sentite e che fanno piacere: è la prova provata che si è nella strada giusta. E' la funzione educativa di questo tipo di eventi. Bene Mamoiada. Bene Tutti i paesi che, con la musica, levano i ragazzi dalla strada e dai televisori. Bene il Maestro Coi che al “posto fisso” ha preferito stare sul campo! Il suo bagaglio di vita sarà oro per gli allievi, “vostri figli”. Mamoiada continua così! A chent'annos, andende cantande! Un momento dell’edizione passata del Minifestival - f.to Sara Muggittu IL COSTUME DI MAMOIADA Approfondimenti L’abito nella tradizione mamoiadina Il Costume di Mamoiada femminile in base allo stato sociale si suddivide in: Costume di Dama , Costume da Vassalla o di Gala (per le occasioni importanti), Costume da Vedova e Costume da Mezzo lutto Il Costume maschile non subisce particolari trasformazioni a seconda dello status sociale e abbiamo pertanto: Il Costume quotidiano dei Cavalleris o dei Vassalli e il Costume da Vedovo Per entrambi i Costumi, anche se di ceto sociale diverso, la struttura restava la stessa,; le variazioni riguardano spesso i ricami, gli abbellimenti e i tipi di tessuto. L'Abito Quotidiano Femminile e Maschile Oggi la maggior parte delle anziane indossa “Sa Vardetta”, la gonna plissettata (assaità), “Sa Brusa” (la blusa) e “Su Muncadore” (Il fazzoletto copricapo). Sa Vardetta viene realizzata con tessuti come “su tibet” o terital, quelle in tibet venivano utilizzate per le occasioni speciali, cerimonie, processioni, funzioni religiose. Di colore nero o marron scuro (in colore 'e caffè) oppure vi sono anche varianti di colore grigio scuro e blu scuro; oggi ovviamente fra i colori dominanti vi è il nero. Un tempo vi era un'alternanza nell'uso della vardetta al posto della gonna di orbace, abbinata al corpetto. Le donne non uscivano mai senza aver indossato “S'issallu” (lo scialle), specie per le cerimonie, anche questo si può suddividere in due diverse tipologie: de ispunna (di spugna, di pizzo (per le spose), de tibet quest'ultimo viene arricchito nel bordo con delle frange, utilizzato tutto l'anno anche d'estate. Lo scialle di spugna viene utilizzato tutti i giorni e specie d'inverno. Mentre gli uomini sono soliti usare ancora oggi, indossando specie in campagna “Su billudu”, il velluto, per i pantaloni e anche per la giacca “ Sa zanchetta”, mentre per il copricapo utilizzano “su bonette”. Per le scarpe è bene ricordare “Sos ‘usinzos”, gli scarponi in cuoio, realizzati a mano e ideali per chi lavora in campagna per via della robustezza e dell'impermeabilità. Molto usati anche i gambali “cambales” di cuoio con lacci o quelli più moderni a bottini. Per coprirsi specie d’inverno si usava “su gappotto de goresi”, il cappotto con il cappuccio realizzato d’orbace nera, oppure le pelli “sas peddes” come quelle del mamuthone. L’Abito femminile - Composizione: SU MUNCADORE è il fazzoletto copricapo, utilizzato ancora oggi dalle anziane donne di Mamoiada. Le tipologie erano e sono differenti a seconda dell'utilizzo: di Tibet, di Seta o di lino grezzo tessuto al telaio, con ricami o intagli. Molto ampio, e come spiegano alcune anziane “Vene Affrunchilau” (bene avvolto attorno al viso). a cura di Sara Muggittu Di recente riscoperta è Sa Tivazola, Questo copricapo assai utilizzato nell '800 e anche fino alla prima metà del '900, era caduto in disuso senza che si ritrovassero tracce se non fotografiche. Sa Tivazola, che in alcuni paesi veniva utilizzata dalle nobili, in realtà a Mamoiada era in uso anche dalla vassalle. Non presentava né pitture e né ricami e veniva fissata con uno spillino d'oro o semplice, “Sa 'Uza” Tre erano le tipologie comunemente utilizzate: -Sa Tivazola Nighedda nera per le vedove e per il lutto -Sa Tivazola Groga o in colore 'e Taffaranu - Color zafferano per il mezzo lutto -Sa Tivazola bianca o de Gala color bianco sporco per l'utilizzo quotidiano e per le occasioni. Il materiale era il lino grezzo, come confermato dalle interviste, tessuto dalle donne al telaio. SA ‘AMISA - LA CAMICIA Bianca e in cotone molto fine, talvolta viene leggermente colorata con l’azzurina (asulette). Presenta diversi ed elaborati ricami specie alla base del collo e nel petto. Ricami che vengono denominati, dominu”, “trapadillu”, “puntu pranu” ecc... Il petto della camicia viene plissetato e inamidato (un tempo si usava l'amido sfuso “s'imbidone”) prima di essere indossato, questo effetto viene ottenuto grazie ad una particolare tecnica di cucitura che forma delle pieghe nella camicia alla base della scollatura. SU CURITTU (o Su Zippone per il costume di Dama) IL CORPETTO Il corpetto, molto aderente e scollato, è di panno rosso per le vassalle, marron scuro e orlato per le dame. Il corpetto rosso presenta sulla schiena un cordoncino intrecciato e sui polsi delle finte asole realizzate spesso con fili colorate dette “sos traos”. SU COSSO- Il Bustino frontale Si tratta di una sorta di bustino con le punte rivolte verso l'alto e a doppia forma triangolare, fatto di stoffa o seta, leggermente imbottito, che presenta particolari decorazioni a pittura o a ricamo dai colori variegati e a seconda dei gusti. SU GORESI - LA GONNA DI ORBACE La gonna di orbace, ossia di lana grezza, , viene chiamata “Goresi”. E’ una lunga gonna, plissetata - “assaità” , di color marron scuro e di panno per le dame e marron, rosso scuro, nera per le vassalle. Presenta alla fine una balza, chiamata in mamoiadino “vrunnimentu”, la cui grandezza varia a seconda dei gusti, di seta o broccato, con decori a ricamo, pittura o anche semplice. Ai lati della gonna vi sono due spacchi che presentano gli stessi motivi de su vrunnimentu, chiamati anche “mashulas”. La gonna viene sempre abbinata sia a su curittu che a su cosso, specie per i decori, ma soprattutto a seconda dello stato civile. Se la donna era vedova, ad esempio, la gonna ovviamente era nera, se aveva un lutto in famiglia, la balza finale era di colore nero o tra il blu e il viola, per la sposa invece si realizzava il costume cosiddetto di gala, più ricco e “sfarzoso” dei precedenti. SA ‘INTA- IL GREMBIULE Il Grembiule del Costume di Mamoiada viene chiamato in genere “Sa 'inta”, di stoffa, seta o di broccato, ricamata, a pittura o a intaglio, a seconda dei gusti. S’ORARIA - I GIOIELLI Le donne mamoiadine indossano pochissimi gioielli ma molto belli, fra questi ovviamente i bottoni d'oro che chiudono la camicia “sos buttones de oro”, il fermaglio d'oro fino “Su vermalliu”o una semplice catenina .L'uomo indossa solamente “sos buttones de oro” per chiudere la camicia. Anche a Mamoiada i bottoni presentavano delle pietre cono colore diverso a seconda dello status sociale, addirittura esistevano diverse tipologie di bottoni distinte anche secondo l'età. Bottoni piccoli per “sas Vahanzas”, le single, Bottoni grandi pro “sas isposàs”, le donne sposate e infine semplici e lisci pro “sas anzianas”, per le anziane. In passato era consentito portare l'anello solo alle donne maritate o fidanzate come simbolo esteriore del patto di fede o del vincolo matrimoniale. L'anello più comunemente usato fra le donne sposate è “Su Mattone” con incise le iniziali della donna. Il costume maschile non presenta grosse particolarità e differenze sostanziali rispetto alle tipologie dell’abito femminile. SA BERRITTA - IL COPRICAPO E' un copricapo realizzato di panno nero, ripiegata sul capo oppure distesa, è il copricapo maschile diffuso in tutta la Sardegna e presenta le stesse caratteristiche pressochè ovunque. SA ‘AMISA - LA CAMICIA La camicia realizzata con la stessa stoffa utilizzata per l'abito femminile e quindi di tela di cotone, viene portata sul collo alla coreana e richiusa con i bottoni d'oro. Il ricamo è meno elaborato della camicia delle donne ma vengono comunque utilizzate le stesse tecniche. Le maniche come si può notare dalla foto sono molto ampie. SU CURITTU- IL CORPETTO Su curittu dell'uomo, di panno rosso o nero per il vedovo è a doppio petto con un ampio girocollo e le maniche aperte.. SAS PEDDES LA GIACCA Sas Peddes come in molti paesi specie di montagna servivano da giacca, realizzate dalla conciatura delle pelli dell'agnello nero, a differenza dei pastori che utilizzavano pelli di pecora conciate, come quelle che utilizzano i mamuthones. SU CARTZONE 'E GORESI - IL GONNELLINO Il gonnellino nero di orbace portato dagli uomini “su carzone de goresi” viene chiamato in gergo “ispacca troddiu” “spacca scorreggia”,viene leggermente plissetato e chiuso con un gancio. SU 'INTORJU - LA CINTURA La cinta di cuoio lavorata che presenta diverse decorazioni. SA VRENTERA - LA CINTURA La cintura di cuoio più elaborata, con il porta taschino, in uso specie nelle classi sociali più abbienti. SOS CARTZONES - I CALZONI Sono i calzoni di tessuto bianco, arrivano fin sotto il ginocchio e in genere coprono da “sas cartzas”, le ghette nere. SAS CARTZAS - LE GHETTE Sono le calze o ghette nere fatte di orbace che partono dal piede coprendo le scarpe e arrivano fino al ginocchio. Per l'inverno l'uomo era solito indossare sopra il costume “Su Cappotto de Goresi” il cappotto di orbace nero col cappuccio. Ancora in uso in alcune maschere della Barbagia (Thurpos di Orotelli Le informazioni sul Costume sono state tratte dal libro: “Il Costume Tradizionale di Mamoiada” di Sara Muggittu Boopen Editore © 2008 ISBN 978-88-6223-286-9 IL BALLO DI MAMOIADA Approfondimenti Su Passu Torrau e Su Sartiu a cura di Sara Muggittu Brevi cenni sul ballo in Sardegna: Il ballo tradizionale ("su ballu sardu"), ancora oggi largamente praticato a tutti i livelli sociali, rappresenta per molti paesi dell'isola uno dei momenti aggregativi e comunitari più importanti. Sino alla prima metà del Novecento, la buona riuscita di una festa dipendeva quasi esclusivamente da come si svolgevano le danze e particolare attenzione si prestava all'aspetto sonoro e coreutico. Il ballo, inoltre, rappresentava anche una delle più importanti occasioni di socializzazione offerte alla comunità, e, in particolare, era il momento in cui le persone di sesso opposto potevano stare a stretto contatto e comunicare le proprie simpatie amorose. Ancora oggi sono numerose le occasioni, formali e talvolta informali, che danno luogo allo svolgimento di balli: Carnevale, feste patronali, feste campestri, matrimoni, "spuntini", eccetera. Il patrimonio etnocoreutico della Sardegna è estremamente ricco, tanto che più che parlare di "ballo sardo", sarebbe più corretto parlare di "balli sardi". Ogni paese possiede le sue musiche da ballo, per lo meno due o tre tipologie differenti. Su queste musiche, molto spesso, si ha una serie di forme coreutiche che possono variare in base al luogo in cui si svolgono le danze (all'aperto o al chiuso) e all'occasione (Carnevale, festa patronale, ecc.). Ciascuna comunità locale possiede dunque i propri balli, nettamente distinti rispetto a quelli dei paesi vicini o almeno considerati tali. Le differenze in alcuni casi sono macroscopiche, in altri possono sembrare minime, ma per le singole comunità hanno grande importanza perché sottolineano l'identità de "sa bidda" e marcano la diversità con le altre comunità. Ogni ballo ha il suo nome che spesso mette in risalto una caratteristica di quella danza: l'aspetto morfologico ("ballu tundu, cointrotza, ballu brincu, ballu mannu, passu puntau, ballu 'e sa cruxi, passu e tres", ecc.), toponimico ("logudoresa, ballu 'e 'Usache, campidanesu, ballu 'e su marghine, mamoiadina", ecc.), asemantico ("su dillu, su dennaru, su durdurinu", ecc.), situazionale ("ballu 'e su cumbidu, ballu froniu, sa ciappita", ecc.), anatomico ("ballu 'e ischina, s'anchetta, sciampitta", ecc.), cronologico ("ballu antigu, arciu antihu", ecc.), strumentale ("ballu 'e su saccu, ballu 'e s'isprigu, ballu 'e sa scova", ecc.). Il ballo di Mamoiada nella P.zza Santa Croce 2009 - f.to Sara Muggittu All'interno di questo ricco patrimonio una varietà di fonti sonore scandisce i ritmi del ballo: il canto monodico della voce maschile o della voce femminile, la polifonia vocale ("tenore, cuntzertu, cuntrattu"), la voce con accompagnamento strumentale (chitarra, organetto, "pipiolu", ecc.). (Tratto da Sardegna Cultura) Ballu Tundu in piazza Santa Croce a Mamoiada. Anni ‘50 circa (f.to Archivio Saraservizi) - Il grande cerchio e all’interno diverse coppie di ballerini. Il ballo sardo di Mamoiada è caratterizzato da due importanti varianti: "Su passu Torrau" chiamato un tempo anche "Su ballu Mamujadinu" e "Su sartiu". Su Passu Torrau, letteralmente tradotto il passo ritornato, ballo originario di Mamoiada, prevede e una serie di passi avanti seguiti dal ritorno sul passo precedente (torrau = ritornato). Viene anche chiamato "a sa seria" alla seria, per via della compostezza e serietà in cui viene eseguito dai ballerini; l’esecuzione dello stesso viene fatta a piccoli passi che quasi impercettibilmente dovrebbero sollevarsi da terra e viene accompagnato in genere dall'organetto o dall'armonica a bocca, “su sonu a buha” e un tempo spesso dal canto a tenore. La regola vuole che si alternino un uomo e una donna, quest’ultima sempre alla destra dell’uomo e i ballerini, disposti in cerchio a “ballu tundu”, il caratteristico ballo tondo tanto immortalato nella piazza Santa Croce a Mamoiada, eseguono questo passo tenendosi stretti con braccia e mani che si incrociano e schiena ben dritta. Esso comunque richiede una certa preparazione e viene eseguito in completa armonia con il suonatore. A “su passu torrau” si alterna, ogni tanto durante l’esecuzione, “s’intrada”, segnalata da una leggera pressione sulla mano, i ballerini avanzano all’interno del cerchio a piccoli passi in avanti eseguendo al termine due leggere flessioni delle ginocchia, “s’intrada” può essere singola, al termine si ritorna indietro o doppia, segnalata da una’altra leggera pressione di mano. A queste semplici regole se ne affiancano altre che seguono un rituale ben preciso e controllato da diversi uomini all’interno del cerchio; il ballo infatti non si svolge solo in quest’ultimo, ogni tanto infatti, vengono chiamate all’interno delle coppie, che ruotano attorno al suonatore ripetendo quello che avviene per “S’intrada” e talvolta la coppia esegue una rotazione a 360° molto coreografica, che termina sempre con le flessioni sulle ginocchia. La coppia può anche essere separata, ogni tanto viene chiamato il cambio “a posto la donna”, in questo caso il ballerino accompagna la donna nel punto in cui ballava precedentemente e cambia compagna, viceversa per l’uomo. Queste regole importantissime, non venivano trasgredite, pena l’esclusione dal ballo. Gli stessi coordinatori del ballo possono decidere in base al numero delle persone, di organizzare altri cerchi all’interno del principale, sono noti infatti “sos ballos a duas pizas” o “a tre pizas”, in poche parole ballo a due o a tre cerchi. Su Sartiu, invece è un ballo caratterizzato da movimenti sicuramente più veloci e vivaci, leggermente saltellato, ma senza esagerazioni, prevede anch'esso come per il passu torrau delle "corse" in avanti, "S'intrada", che viene segnalata al ballerino da una leggera pressione sulla mano. Essendo più veloce e meno monotono viene eseguito più volentieri dai ballerini. Le regole sono le stesse de “su passu torrau” così come le coreografie eseguite dalle coppie all’interno del cerchio. Altro ballo che viene eseguito spesso è Su Dillu, ma non fa parte dei balli originari. Esso invece è un ballo del Goceano composto da un solo movimento che consiste in due saltelli sul piede destro e due sul piede sinistro. Di derivazione profana, pare venisse anticamente eseguito come .forma di scongiuro per le vittime della puntura dell'argia, un ragno velenoso, per allontanare il pericolo della morte. Tale ipotesi sarebbe suffragata non solo dal fatto che da esso deriva su ballu 'e s'arza (il ballo dell'argia), eseguito a passo di dillu, ma anche dal nome stesso del ballo. La parola dillu sarebbe infatti una contrazione di "dilliriu" che significa delirio; inoltre le parole che accompagnano spesso la danza "dilliri, dilliri, dilliriana", richiamano per assonanza la stessa parola “dillirium”. Una seconda ipotesi invece fa risalire il nome del ballo da "dillisu” (“beffa, scherno”) e sostiene che nei tempi antichi il ballo venisse eseguito dopo una razzia di bestiame ("bardana") come festeggiamento per essere riusciti a beffare i proprietari della mandria. Ballo in piazza Santa Croce 1957 - f.to Pablo Volta ASSOCIAZIONE CULTURALE ATZENI-BECCOI Vederli, o solo sentirli, è un’emozione unica. Danzano, sfilano, agitano i campanacci, celebrano il loro rituale magnetico davanti ai tuoi occhi ed avverti subito che sono dentro di te, che quei suoni e quei movimenti, quell’incedere ordinato, è parte di te. E’ il suono, la danza, il rito dell’origine. Va oltre la tradizione, si trasmette come la vita, di generazione in generazione, non come pratica o costume ma come primo passo nel cammino della verità. Nel vederli, e nel sentirli, sai che sono proprio la verità che ti chiama dall’alba della vita. Una verità che negli anni in tanti hanno cercato di svelare, supponendo possibile la risoluzione di un mistero. Che in tanti hanno cercato di piegare alle proprie convinzioni, costringendo la storia a farsi racconto. Vedendoli, e sentendoli, sai che i due grandi interrogativi che li accompagnano da sempre, (a quando risalgono, che cosa significano) sono rimasti irrisolti, e ne sei quasi felice. Perché la forza della loro origine è ciò che sono per te e cosa ti fanno provare. Sono la vita, nella sua eterna e continua complessità. Sono te. Ogni Uomo, appena li vede, capisce d’essere contemporaneamente Mamuthone (con la maschera in viso, severo, oppresso) e Issohadore (senza maschera, vivace, libero). E non se lo scorda più. Il primo nucleo dell’associazione Atzeni – Beccoi si è costituito nel 1975 quando colui che tutti riconoscono essere il mamuthone per eccellenza, Costantino Atzeni, con alcuni amici decide di dar vita ad un suo gruppo di Mamuthones ed Issohadores (il gruppo Atzeni) : dopo la morte di Costantino Atzeni (1979) il gruppo rimane tale fino al 1986 quando viene intitolato a Peppino Beccoi. Nel 1994 il gruppo diventa associazione folkloristica Peppino Beccoi, poi nel 2005 si trasforma in Associazione Culturale Atzeni-Beccoi. Può contare più di 250 soci, ed oltre ad un numerosissimo gruppo di Mamuthones ed Issohadores, ha un proprio gruppo di ballo e una sezione dedicata ai bambini che fin da piccoli apprendono i segreti per poter partecipare alla sfilata rituale. La sede, completamente ristrutturata a spese dell’associazione, è nella Casa Golosio (di proprietà comunale) nel centro di Mamoiada. Seguendo gli insegnamenti del fondatore l’associazione Atzeni-Beccoi ha fra le proprie finalità la valorizzazione, lo studio, la ricerca e la promozione del paese di Mamoiada , del proprio patrimonio folclorico e delle sue tradizioni popolari. Finalità che non si esplicano esclusivamente in una rigorosa ed attenta conservazione e diffusione di tutto ciò che riguarda i Mamuthones e gli Issohadores, ma va oltre, ed impegna l’Associazione in pubblicazioni e ricerche che costituiscono un arricchimento del già consistente patrimonio culturale e tradizionale del paese. Del 1999 è infatti la pubblicazione del libro dell’archeologo Giacobbe Manca e dello storico Giacomino Zirottu “Pietre Magiche a Mamoiada” , opera di catalogazione dei reperti archeologici rinvenuti nel territorio di Mamoiada con descrizione della Pietra Pintà o stele di Boeli, rinvenuta Tziu Costantinu Atzeni decano dei Mamuthones e Issohadores di Mamoiada - f.to Guiso (Nuoro) casualmente nel 1997: una stele unica in Sardegna decorata con motivi incisi nella faccia principale composti da cerchi concentrici, disposti in ordine sparso e tutti attraversati da un’asta che parte dal centro e termina con una curva al di fuori del cerchio più ampio, e da coppelle di piccole dimensioni. Nel 2008 L’associazione Atzeni_Beccoi ha pubblicato un secondo libro di Giacobbe Manca “Mito di Mamoiada: archeologia, pietre magiche, antropologia”, approfondimento del primo nel quale si va ad ipotizzare con l’aiuto dei documenti archeologici la storia del popolo che per primo abitò il territorio di Mamoiada, il cui studio apre scenari finora trascurati e di enorme potenzialità. Nel 2001 l’associazione Atzeni_Beccoi ha avviato una ricerca sulle origini dei Mamuthone e degli Issohadores, affidandone il coordinamento all’archeologo Marcello Madau, per tentare di mettere ordine in quel labirinto di incertezza e confusione che accompagna, da decenni ormai, lo studio di questa maschera e di questo rito. La ricerca, che ha coinvolto anche la popolazione di Mamoiada con numerosissime interviste soprattutto degli anziani del paese, ha avuto un suo primo momento di sintesi nel convegno di del febbraio 2005 “Il mistero della Maschera di Mamoiada: frammenti di ordinaria antichità con pelli, campanacci, travestimenti animali”. Lo studio ha permesso di arrivare ad alcune importanti conclusioni: la miglior collocazione della processione dovrebbe essere in un rito stagionale di tipo agrario, con le maschere dei Mamuthones di valenza apotropaica, in auspicio di una fertile stagione primaverile, con collegamenti probabili al regno dei morti ed al controllo di esso con una battaglia rituale. Secondo lo studio, che ha avuto un secondo momento di divulgazione alla fine del 2009, possono essere escluse le letture pan-dionisiache del rito e quelle che collegano la sfilata ad eventi come la cattura dei Mori e o la conquista dei nuragici da parte dei cartaginesi. La ricerca chiarisce inoltre che in origine solo il Mamuthone aveva la maschera. Del 2009 è la collaborazione dell’associazione alla pubblicazione del libro “Costantino Atzeni – Mamuthone” che racconta la vita di colui che nel corso del ventesimo secolo è riuscito a rivitalizzare il mito impedendone la scomparsa o, peggio, la trasformazione in evento di consumo. Proprio questo rigore nel difendere la tradizione ha portato il gruppo dei mamuthones ed Issohadores Atzeni-Beccoi ad intervenire alla cerimonia di apertura di Terra Madre, l’importantissimo evento di portata internazionale che Slow Food ha organizzato Torino a fine 2008: nessuno più di questi Mamuthones ed Issohadores poteva infatti rappresentare il rispetto totale e indispensabile dell’Uomo verso la Terra, di un figlio verso una madre. Un rigore riconosciuto anche dallo stilista Antonio Marras, che nella sua sfilata a Pitti Uomo DALL’ORIGINE ALLE ORIGINI In alto: Calendario Atzeni-Beccoi 2009 - F.to Danilo Mallò - In Basso a destra: Calendario 2010 - f.to Daniela Zedda ha voluto il gruppo Atzeni Beccoi sulla passerella, per rendere omaggio alle tradizioni coraggiosamente lasciate incontaminate di quella terra, la Sardegna, che lo ha tanto ispirato nella sue creazioni. L’associazione Atzeni-Beccoi partecipa attivamente alla vita del paese, con attività di volontariato ed aiuto alla organizzazione di tutti gli eventi, le feste e le sagre. Ad iniziare dalla festa di Sant’Antonio di su ‘ou, il 16 e 17 gennaio, con la prima uscita dell’anno dei Mamuthones e degli Issohadores che visitano i fuochi del paese e con l’apertura della sede al pubblico, per momenti di allegria e comunione davanti al fuoco allestito nel grande cortile delle case Busia e di Tziu Diegu Gungui, ristrutturate dall'associazione per farne parte integrante della propria sede. La Mostra di Giovanni Canu a Mamoiada Tempo fa chiesi a Giovani Canu cosa pensava della mostra a Mamoiada, il paese natio e della sua infanzia e adolescenza. Rispose che era il rientro nella terra dei suoi antenati, nel luogo d’origine del mito e della cultura arcaica che lo “perseguitava” fin da piccolo. Giovanni, come molti artisti, non si dilunga in elaborati discorsi, preferisce trasportare sensazioni, emozioni e suggestioni dentro le sue opere, per poi svelarle a noi in tutta la loro nitida chiarezza. L’itinerario si snoda per le vie di Mamoiada, con i lavori di Giovanni Canu, toglie spazio alle parole e ci invita alla riflessione, riportando nell’attualità del nostro vivere concitato lo scorrere lento del tempo passato, dei millenni, come goccia che scava e incide la nostra memoria, la stessa identità più recondita e arcaica. E se, come viandanti, sostiamo in silenzio davanti alle sculture sentiamo l’acqua sacra che scorre come musica di campanacci in lontananza accompagna i gesti e i passi posati dalla Dea Madre che attraversa la terra e i nostri ricordi ancestrali. La mitologia arcaica della quale parlava Giovanni, che da sempre e tutt’ora “perseguita” ogniuno di noi. Graziano Deiana Sindaco di Mamoiada [...] Un ritorno cui corrisponderà poi una “partenzarimpatrio”: dal verticale contesto delle montagne lombarde a Mamoiada, la terra natale di Canu, nel cuore della Barbagia di Ollolai. IN collaborazione con il Museo d’Arte Moderna di Nuoro, il suo “percorso iniziatico” si confronterà allora con sa Perda Pintà, quella “pietra dipinta” più nota come Stele di Boeli - una lastra alta ben 270 cm, istoriata con cerchi concentrici e coppelle, in tutto simile ad analoghe lastre diffuse nell’area celtica - poco lungi le cave di Orosei.... Anty Pansera CARNEVALE 2010 PROGRAMMA FESTA S.ANTONIO ABATE Sabato 16 Gennaio * Ore 09:30 Concorso Di Poesia “s.antoni De Su Ohu” Presso Sala Consiliare; * Ore 15:00 Lettura Poesie Partecipanti Al Concorso Attorno Ai Vari Fuochi Rionali; * Ore 18:00 Presentazione Mini Dvd “kartomedia Mamoiada” Presso Sala Consiliare A Cura Di Graficstudio Cagliari. Domenica 17 Gennaio * Ore 14:45 Vestizione Mamuthones/issohadores Presso Sede Associazione Turistica Pro Loco Mamoiada; * Ore 15:30 Esibizione Mamuthones/issohadores Attorno Ai Fuochi Rionali * Venerdì 22 gennaio - Festival Mamoiada finale bambini e adolescenti * Sabato 23 gennaio - Festival Mamoiada finale adulti (Tutte le serate si svolgono al Salone Parrocchiale) CARNEVALE Tutti i sabati balli in maschera presso la Sala Comunale Sabato 13 Febbraio * Ore 17:30 Convegno Su “juvanne Martis Sero: Una Tradizione Da Salvare” Domenica 14 Febbraio * Dalle 14:30 Sino A Tarda Sera Balli In Piazza; * Ore 15:00 Vestizione Mamuthones/issohadores Presso Sede Associazione Turistica Pro Loco Mamoiada * Ore 16:00 Sfilata Mamuthones/issohadores E Maschere Spontanee Lunedi 15 Febbraio: Carnevale Dei Bambini * Ore 15:00 Esibizione Gruppo Mamuthones/issohadores Piccoli E Sfilata In Maschera Dei Ragazzi Degli Istituti Scolastici Locali; Per informazioni e prenotazioni: - Associazione Turistica Pro Loco Via Sardegna - Tel. 0784 569032 Cell. 380 6899969 www.mamuthonesmamoiada.it - Museo delle Maschere Mediterranee Piazza Europa - Tel. 0784 569018 www.museodellemaschere.it - Associazione Culturale Atzeni-Beccoi Via Sardegna - Tel. 0784 56644 cell.320 1444274-5 - www.mamuthones.it “E se vuoi un Carnevale che non ce n’è un altro sulla terra, vattene a Mamoiada vedrai l’armento con maschere di legno, l’armento muto e prigioniero, i vecchi vinti, i giovani vincitori: un carnevale triste, un carnevale delle ceneri: storia e misura di ogni giorno, gioia condita con un po’ di fiele e aceto, miele amaro.” (Salvatore Cambosu) Rivista Promozionale sul Carnevale di Mamoiada a cura e responsabilità del Comune di Mamoiada Seguono Festeggiamenti In Piazza Con Animazione,balli E Tanta Musica. Martedi 16 Febbraio: Martedi Grasso * Dalle 14:30 Sino A Tarda Sera Balli In Piazza; * Ore 15:00 Vestizione Mamuthones/issohadores Presso Sede Associazione Turistica Pro Loco Mamoiada * Ore 16:00 Sfilata Mamuthones/issohadores E Maschere Spontanee in serata segue distribuzione fave con lardo e vini locali a tutti i presenti e arrivo in piazza del carro allegorico “juvanne martis sero”. Mostra itinerante di giovanni canu “dalle origini all'origine”. mostra fotografica “juvanne martis sero:una tradizione da salvare” presso associazione turistica pro loco mamoiada. Grafica e Impaginazione Saraservizi - www.mamoiada.net