Anno LXXIX - N. 4 OTTOBRE/DICEMBRE 2015 ISSN 0392 3592 - Notiziario della Provincia Lombardo-Veneta dell’Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Dio Poste Italiane s.p.a. spedizione in abbonamento postale d. L. 353/2003 (Conv. In legge 27/02/2004 N.46) Art. 1 - Comma 1, LO/MI taxe perçue In caso di mancato recapito inviare al CMP di Milano Roserio per la restituzione al mittente previo pagamento resi DIRITTO D’ASILO: UNO SCATTO DI RESPONSABILITà e di giustizia sociale di Mons. Gian Carlo Perego pag. 10 4/2015 1 I FATEBENEFRATELLI ITALIANI NEL MONDO I Fatebenefratelli sono oggi presenti in 52 nazioni con circa 319 opere ospedaliere. ERBA (CO) Ospedale Sacra Famiglia Via Fatebenefratelli, 20 - Cap. 22036 Tel. 031638111 - Fax 031640316 E-mail: [email protected] www.fatebenefratelli.eu www.ohsjd.org www.provinciaromanafbf.it CURIA GENERALE GORIZIA Casa di Riposo Villa San Giusto ROMA Curia Generale - Centro Internazionale Fatebenefratelli ISRAELE-Holy Family Hospital [email protected] Corso Italia, 244 - Cap. 34170 Tel. 0481596911 - Fax 0481596988 E-mail: [email protected] Via della Nocetta, 263 - Cap. 00164 Tel. 066604981 - Fax 066637102 P.O. Box 8 - 16100 Nazareth Tel. 00972/4/6508900 Fax 00972/4/6576101 Ospedale San Giovanni Calibita Isola Tiberina, 39 - Cap. 00186 Tel. 0668371 - Fax 066834001 E-mail: [email protected] Sede della Scuola Infermieri Professionali “Fatebenefratelli” Fondazione Internazionale Fatebenefratelli - F.I.F. Via della Luce, 15 - Cap. 00153 Tel. 065818895 - Fax 065818308 E-mail: [email protected] CITTÀ DEL VATICANO Farmacia Vaticana Cap. 00120 Tel. 0669883422 - Fax 0669885361 PROVINCIA ROMANA [email protected] ROMA Ospedale San Pietro Curia Provinciale Via Cassia, 600 - Cap. 00189 Tel. 0633581 - Fax 0633251424 Curia Tel. 063355906 - Fax 0633269794 Sede del Centro Studi e della Scuola Infermieri Professionali “San Giovanni di Dio”. Sede dello Scolasticato della Provincia BENEVENTO Ospedale Sacro Cuore di Gesù FILIPPINE St. John of God Social and Health Center 1126 R. Hidalgo Street, Quiapo, 1001 Manila Tel. 0063/2/7362935 Fax 0063/2/7339918 E-mail: [email protected] Sede del Postulantato e Scolasticato St. Richard Pampuri Rehabilitation Center 26 Barrio Salaban, Amadeo, 4119 Cavite Tel. 0063/46/4131737 Sede del Noviziato E-mail: [email protected] PROVINCIA LOMBARDO-VENETA [email protected] Sede Legale: Brescia Via Pilastroni, 4 - Cap 25125 BRESCIA Centro San Giovanni di Dio Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico Via Pilastroni, 4 - Cap. 25125 Tel. 03035011 - Fax 030348255 E-mail: centro.sangiovanni.di.dio@ fatebenefratelli.eu Sede del Centro Pastorale Provinciale Asilo Notturno San Riccardo Pampuri Fatebenefratelli onlus Viale Principe di Napoli, 16 - Cap. 82100 Tel. 0824771111- Fax 082447935 Via Corsica, 341 - Cap. 25123 Tel. 0303530386 E-mail: [email protected] GENZANO Dl ROMA Istituto San Giovanni di Dio CERNUSCO SUL NAVIGLIO (Ml) Curia Provinciale Via Fatebenefratelli, 2 - Cap. 00045 Tel. 06937381 - Fax 069390052 E-mail: [email protected] Sede Noviziato Interprovinciale NAPOLI Ospedale Madonna del Buon Consiglio Via Manzoni, 220 - Cap. 80123 Tel. 0815981111 - Fax 0815757643 PALERMO Ospedale Buccheri - La Ferla Via Messina Marine, 197 - Cap. 90123 Tel. 091479111 - Fax 091477625 Via Cavour, 2 - Cap. 20063 Tel. 0292761 - Fax 029241285 E-mail: [email protected] Sede del Centro Studi e Formazione Centro Sant’Ambrogio Via Cavour, 22 - Cap. 20063 Tel. 02924161 - Fax 0292416332 E-mail: [email protected] CROAZIA-Bolnica Sv. Rafael Milsrdna Braca Sv. Ivana od Boga Sumetlica 87 - 35404 Cernik Tel. 0038535386731 / 0038535386730 Fax 0038535386702 E-mail:[email protected] MONGUZZO (CO) Centro Studi Fatebenefratelli Cap. 22040 Tel. 031650118 Fax 031617948 E-mail: [email protected] ROMANO D’EZZELINO (Vl) Casa di Riposo San Pio X Via Ca’ Cornaro, 5 - Cap. 36060 Tel. 042433705 - Fax 0424512153 E-mail: [email protected] SAN COLOMBANO AL LAMBRO (Ml) Centro Sacro Cuore di Gesù Viale San Giovanni di Dio, 54 - Cap. 20078 Tel. 03712071 - Fax 0371897384 E-mail: [email protected] SAN MAURIZIO CANAVESE (TO) Beata Vergine della Consolata Via Fatebenefratelli, 70 - Cap. 10077 Tel. 0119263811 - Fax 0119278175 E-mail: [email protected] Comunità di accoglienza vocazionale SOLBIATE (CO) Residenza Sanitaria Assistenziale S. Carlo Borromeo Via Como, 2 - Cap. 22070 Tel. 031802211 - Fax 031800434 E-mail: [email protected] TRIVOLZIO (PV) Residenza Sanitaria Assistenziale San Riccardo Pampuri Via Sesia, 23 - Cap. 27020 Tel. 038293671 - Fax 0382920088 E-mail: [email protected] VARAZZE (SV) Casa Religiosa di Ospitalità Beata Vergine della Guardia Largo Fatebenefratelli - Cap. 17019 Tel. 01993511 - Fax 01998735 E-mail: [email protected] VENEZIA Ospedale San Raffaele Arcangelo Madonna dell’Orto, 3458 - Cap. 30121 Tel. 041783111 - Fax 041718063 E-mail: [email protected] Sede del Postulantato e dello Scolasticato della Provincia Edizioni Fatebenefratelli [email protected] 4/2015· Centro Studi e Formazione > [email protected] · Centro Pastorale Provinciale [email protected] 2 Sommario In copertina Accogliere i forestieri è una delle sette opere di misericordia corporale. «è mio vivo desiderio - scrive Papa Francesco che il popolo cristiano rifletta durante il Giubileo sulle opere di misericordia...» 13 5 Editoriale Luci spente Marco Fabello o.h. 6 30 48 36 Parole di Ospitalità Papa Francesco sui profughi: la globalizzazione dell’indifferenza Aldo Maria Valli 10 Ospitalità e immigrazione Diritto d’asilo: uno scatto di responsabilità e di giustizia sociale Gian Carlo Perego, direttore “Migrantes” 13 Immigrazione e salute Salvatore Geraci nuove povertà: una realtà con cui confrontarsi 24 Le Serafino Nizza 30 Etica e Ospitalità «Migranti e rifugiati ci interpellano. La risposta del Vangelo della Misericordia» Carlo Bresciani 34 Pastorale e Ospitalità Ser ve una nuova fantasia della carità Laura Maria Zorzella 36 Psichiatria e Ospitalità a cura di Rosaria Pioli Solidarietà Eugenio Borgna 4/2015 3 Sommario 84 64 38 43 66 Marco Fabello o.h. CAPO REDATTORE: Elvio Frigerio L’umanità in viaggio: l’esperienza dell’Irccs di Brescia per il disagio psichico del migrante Giovanni Battista Tura Gravi disturbi di personalità: conoscenze, diagnosi, cura Paolo Cozzaglio 72 78 45 Filosofia di vita e Ospitalità 48 Ospitalità e Consacrazione Sulle onde tra naufraghi e profughi di Giovanni Cer vellera 51 Erbe e Salute Profughi, migranti ed... expo Lorenzo Cammelli 55 59 84 76 Dalle nostre case ____________ 64 Giubileo di Fede e Ospitalità Ospitalità San Riccardo Pampuri: apostolicamente operoso: 66 Menni: chiusura spirito missionario a 360 gradi del centenario Luca Beato o.h. 69 Venezia Ospitalità nel tempo 74 Brescia Il fuoco.. quando fatti e responsabilità scottano e non si riesce a stare fermi 78 San Maurizio Canavese Giusi Assi 79 Cernusco 62 Recensioni Elvio Frigerio 63 Dalle nostre case a cura di Elvio Frigerio 83 Ospitalità al femminile Gocce d’amore nell’oceano di una tragedia Florence Gillet 4 4/2015 Anno LXXIX n. 4 OTTOBRE/DICEMBRE 2015 Direttore RESPONSABILE: 29 Accogliere la vita con Misericordia Maurizio Schoepf lin ISSN: 0392 - 3592 FATEBENEFRATELLI NOTIZIARIO Rivista trimestrale degli Istituti e Ospedali della Provincia Lombardo - Veneta dell’Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Dio. Registro Stampa tribunale di Milano n. 206 del 16.6.1979 - Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (convertito in Legge 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, LO/MI sul Naviglio 81 Solbiate 82 Varazze COLLABORATORI: Giusi Assi, Luca Beato o.h., Eugenio Borgna, Carlo Bresciani, Lorenzo Cammelli, Gianni Cervellera, Florence Gillet, Maurizio Schoepflin, Aldo Maria Valli, Paolo Viana, Laura Zorzella. CORRISPONDENTI: Erba: Silvia Simoncin; Venezia: Barbara Cini; S. Colombano al Lambro: Serafino Acernozzi o.h.; Cernusco sul Naviglio: Gianni Cervellera; S. Maurizio Canavese: M. Elena Boero; Solbiate: Anna Marchitto; Gorizia: Fulvia Marangon; Varazze: Agostino Giuliani; Romano d’Ezzelino: Lavinia Testolin; Croazia: Kristijan Sinkovic’ o.h. REDAZIONE - PUBBLICITà SEGRETERIA E ABBONAMENTI: 20063 Cernusco sul Naviglio - Via Cavour, 2 Tel. 02.9276322 Fax. 02.9230673 e-mail [email protected] Abbonamento euro 13,00 C. C. Postale n. 29398203 Padri Fatebenefratelli Via S. Vittore 12 - 20123 Milano PROPRIETARIO - EDITORE: Provincia Lombardo-Veneta Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Dio Fatebenefratelli Via Pilastroni 4 - 25125 Brescia Iscrizione al R.O.C. n. 25605 del 12/05/2015 grafica e impaginazione: Filmafir srl di Franco Ilardo Lungotevere de’ Cenci, 5 00186 Roma Tel. 06.68.37.301 [email protected] [email protected] STAMPA: Arti Grafiche Bianca & Volta srl Via del Santuario, 2 - 20060 - Truccazzano (Mi) foto: Archivio Fatebenefratelli - Lorenzo Cammelli CSC Audiovisivi - Archivio Filmafir Luigi Campa Archivio Movimento dei Focolari Associato all’Unione Stampa Periodica Italiana Visto del Superiore Provinciale Massimo Villa o.h. il 14 dicembre 2015 EDITORIALE Marco Fabello o.h. LUCI SPENTE 25 dicembre: è ancora il S. Natale? Non vedo più bambini e ragazzi lungo i fossi a raccogliere il muschio, non incontro più scolaresche tutte intente, da giorni e giorni, come piccoli architetti e ingegneri a pensare alla struttura del Presepe della mia classe che dovrà essere migliore di quello della terza B. Gli insegnanti non propongono più l’inno del Manzoni ai loro studenti. Non vedo più lucine accendersi accanto alla capannina. Non sento melodie natalizie prima delle vacanze. Gli insegnanti sembrano di un altro pianeta come se loro non fossero nati al suono della ninna nanna, la stessa che la Madonna cantava a Gesù Bambino nella grotta di Betlemme! No, dicono, non si può più! Sono arrivati altri mondi, non possiamo offenderli, sono arrivati credenti di altre religioni, dobbiamo rispettarli! E un po’ di rispetto per noi che abbiamo Gesù nel cuore, no? Già Cristo sulla Croce era stato disarcionato dalla parete! Ma il Gesù, piccolo Bambino, inerme ed indifeso, anche Lui incute paura, timore? Le zucche di Halloween, gli scheletri di Halloween no, queste cose non fanno paura, vengono dall’America, è la festa dei bambini! Il Presepe allora facciamolo in casa; forse, ma è più facile fare l’albero, si compra ed è già pronto, senza fatica, non occorre neppure un po’ di fantasia, e poi sotto l’albero non c’è bisogno dei canti di Natale: si illumina e si spegne da solo; è proprio comodo! La Madonna e San Giuseppe da Nazareth andavano verso Betlemme ma non trovarono posto in un albergo in cui la Madonna potesse dare alla Luce il Bambino Gesù, solo una stalla li accolse, nel caldo tipico di un asino e di un bue. Sì, allora come ora: se non trovano posto i presepi, come possono trovare posto gli stranieri che scappano dalla guerra? Come possono trovare posto i poveri e gli affamati? è il cuore che si è fatto arido: non c’è più posto nel cuore e nella mente: né per Gesù, né per gli stranieri, né per i poveri! Si ripete oggi ciò che è accaduto a Maria e Giuseppe, ma oggi abbiamo una risorsa in più, si chiama Papa Francesco, il Papa della misericordia. Possa essere il Giubileo della Misericordia la chiave di accesso al cuore degli uomini perché si aprano alla solidarietà e all’accoglienza. Si trovi un “albergo” per tutti, anche contro tutti coloro che predicano egoismo e indifferenza. E Buon e Santo Natale a tutti. 4/2015 5 Parole di Ospitalità Papa Francesco Aldo Maria Valli sui profughi: la globalizzazione dell’indifferenza «La causa principale è un sistema socioeconomico cattivo, ingiusto perché, parlando anche del problema ecologico, della politica, il centro non è più la persona. Il sistema economico dominante mette al centro il dio denaro, è l’idolo di moda» S ono ormai numerosi gli appelli, i discorsi e i gesti simbolici che Francesco ha dedicato all’accoglienza di migranti, rifugiati, profughi e richiedenti asilo. Indimenticabile la visita a Lampedusa del luglio 2013, quando il Papa parlò di «quelle barche che invece di essere una via di speranza sono state una via di morte» e denunciò che «non siamo più capaci neppure di custodirci gli uni gli altri» e «abbiamo perso il senso della responsabilità fraterna». La cultura del benessere, spiegò in quell’occasione, «ci porta a pensare a noi stessi, ci rende insensibili alle grida degli altri, ci fa vivere in bolle di sapone, che sono belle, ma non sono nulla, sono l’illusione del futi- 6 4/2015 le, del provvisorio», e così arriviamo all’indifferenza verso gli altri, anzi «alla globalizzazione dell’indifferenza». A Lampedusa Francesco pose a tutti una domanda: «Chi di noi ha pianto per questo fatto e per fatti come questo, chi ha pianto per la morte di questi fratelli e sorelle? Chi ha pianto per queste persone che erano sulla barca? Per le giovani mamme che portavano i loro bambini? Per questi uomini che desideravano qualcosa per sostenere le proprie fami- «OGNI PROFUGO, OGNI RIFUGIATO, PORTA CON Sé una storia di drammi e di conflitti, ma soprattutto porta una ricchezza umana e religiosa. non dobbiamo avere paura delle differenze» Ricchezza umana e religiosa glie? Siamo una società che ha dimenticato l’esperienza del piangere, del patire con: la globalizzazione dell’indifferenza ci ha tolto la capacità di piangere!». Come La Sacra Famiglia «Milioni di famiglie oggi sperimentano la condizione drammatica dei profughi. Anche Gesù e la sua famiglia hanno sperimentato questa difficoltà». Nell’ultimo Angelus del 2013, e nel giorno in cui la Chiesa cattolica celebra la festa della Santa Famiglia di Nazaret, Papa Francesco torna sull’argomento paragonando i profughi a Maria e Giuseppe costretti a fuggire in Egitto per salvare Gesù dalla persecuzione del Re Erode. «Quasi ogni giorno – dice Bergoglio commentando il brano del Vangelo – la televisione e i giornali danno notizie di profughi che fuggono dalla fame, dalla guerra, da altri pericoli gravi, alla ricerca di sicurezza e di una vita dignitosa per sé e per le proprie famiglie. In terre lontane, anche quando trovano lavoro, non sempre i profughi e gli immigrati incontrano accoglienza vera, rispetto, apprezzamento dei valori di cui sono portatori. Le loro legittime aspettative si scontrano con situazioni complesse e difficoltà che sembrano a volte insuperabili». «Perciò – spiega Francesco ai fedeli presenti in piazza San Pietro – mentre fissiamo lo sguardo sulla Santa Famiglia di Nazaret nel momento in cui è costretta a farsi profuga, pensiamo al dramma di quei migranti e rifugiati che sono vittime del rifiuto e dello sfruttamento. Ma pensiamo anche agli “esiliati” che possono esserci all’interno delle famiglie stesse: gli anziani, per esempio, che a volte vengono trattati come presenze ingombranti. Molte volte penso che un segno per sapere come va una famiglia è vedere come si trattano in essa i bambini e gli anziani». I luoghi di accoglienza nel nostro paese non mancano, e nel settembre del 2013 Francesco vuole visitarne uno per ringraziare tutti coloro che si spendono dalla parte dei più poveri e abbandonati. Va al Centro Astalli di Roma, segno dell’impegno dei gesuiti per la giustizia e per l’educazione dei giovani in una società interculturale, dove sono accolti tanti profughi di ogni parte del mondo, uomini e donne che fuggono dalle guerre. «Saluto prima di tutto voi rifugiati e rifugiate», dice il Papa. «Ognuno di voi, cari amici, porta una storia di vita che ci parla di drammi di guerre, di conflitti, spesso legati alle politiche internazionali. Ma ognuno di voi porta soprattutto una ricchezza umana e religiosa, una ricchezza da accogliere, non da temere. Molti di voi sono musulmani, di altre religioni; venite da vari paesi, da situazioni diverse. Non dobbiamo avere paura delle differenze! La fraternità ci fa scoprire che sono una ricchezza, un dono per tutti! Viviamo la fraternità!». Roma, dice ancora Francesco, «dovrebbe essere la città che permette di ritrovare una di- 4/2015 7 Parole di Ospitalità mensione umana, di ricominciare a sorridere. Quante volte, invece, qui, come in altre parti, tante persone che portano scritto “protezione internazionale” sul loro permesso di soggiorno, sono costrette a vivere in situazioni disagiate, a volte degradanti, senza la possibilità di iniziare una vita dignitosa, di pensare a un nuovo futuro!». Servire, accompagnare, difendere «Tenere sempre viva la speranza! Aiutare a recuperare la fiducia! Mostrare che con l’accoglienza e la fraternità si può aprire una finestra sul futuro». Così si rivolge il Papa agli operatori umanitari, proponendo poi tre parole chiave: servire, accompagnare e difendere. «Servire significa accogliere la persona che arriva, con attenzione; significa chinarsi su chi ha bisogno e tendergli la mano, senza calcoli, senza timore, con tenerezza e com- 8 4/2015 prensione, come Gesù si è chinato a lavare i piedi agli Apostoli. Servire significa lavorare a fianco dei più bisognosi, stabilire con loro prima di tutto relazioni umane, di vicinanza, legami di solidarietà. Solidarietà, questa parola che fa paura al mondo sviluppato». Accompagnare vuole dire sapere che «la sola accoglienza non basta. Non basta dare un panino se non è accompagnato dalla possibilità di imparare a camminare con le proprie gambe. La carità che lascia il povero così com’è non è sufficiente». Difendere «vuol dire mettersi dalla parte di chi è più debole». «Quante volte leviamo la voce per difendere i nostri diritti, ma quante volte siamo indifferenti verso i diritti degli altri! Quante volte non sappiamo o non vogliamo dare voce alla voce di chi, come voi, ha sofferto e soffre, di chi ha visto calpestare i propri diritti, di chi ha vissuto tanta violenza che ha soffocato anche il desiderio di avere giustizia!» Più coraggio e generosità Per la Chiesa è importante che l’accoglienza del povero e la promozione della giustizia non vengano affidate solo agli specialisti, ma siano un’attenzione di tutta la pastorale, della formazione dei futuri sacerdoti e religiosi, dell’impegno normale di tutte le parrocchie, i movimenti e le aggregazioni ecclesiali. «In particolare – e questo è importante e lo dico dal cuore – vorrei invitare anche gli istituti religiosi a leggere seriamente e con responsabilità questo segno dei tempi. Il Signore chiama a vivere con più coraggio e generosità l’accoglienza nelle comunità, nelle case, nei conventi vuoti. Carissimi religiosi e religiose, i conventi vuoti non servono alla Chiesa per trasformarli in alberghi e guadagnare i soldi. I conventi vuoti non sono vostri, sono per la carne di Cristo che sono i rifugiati». Aprire i conventi, accogliere concretamente. Un appello che Francesco ripete durante l’Angelus domenicale, il 6 settembre 2015, rivolgendosi anche alle parrocchie e ai vescovi d’Europa: «Cari fratelli e sorelle, la Misericordia di Dio viene riconosciuta attraverso le nostre opere, come ci ha testimoniato la vita della beata Madre Teresa di Calcutta, di cui ieri abbiamo ricordato l’anniversario della morte. Di fronte alla tragedia di decine di migliaia di profughi che fuggono dalla morte per la guerra e per la fame, e sono in cammino verso una speranza di vita, il Vangelo ci chiama, ci chiede di essere “prossimi”, dei più piccoli e abbandonati. A dare loro una speranza concreta. Non soltanto dire: “Coraggio, pazienza!…”. La speranza cristiana è combattiva, con la tenacia di chi va verso una meta sicura. Pertanto, in prossimità del Giubileo della Misericordia, rivolgo un appello alle parrocchie, alle comunità religiose, ai monasteri e ai santuari di tutta Europa ad esprimere la concretezza del Vangelo e accogliere una famiglia di profughi. Un gesto concreto in preparazione all’Anno Santo della Misericordia. Ogni parrocchia, ogni comunità religiosa, ogni monastero, ogni santuario d’Europa ospiti una famiglia, incominciando dalla mia diocesi di Roma. Mi rivolgo ai miei fratelli vescovi d’Europa, veri pastori, perché nelle loro diocesi sostengano questo mio appello, ricordando che Misericordia è il secondo nome dell’Amore: “Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25,40). Anche le due parrocchie del Vaticano accoglieranno in questi giorni due famiglie di profughi». Crimini che offendono la famiglia umana Nell’estate di quest’anno in Austria, sull’autostrada Budapest - Vienna, si registra il terribile caso della morte di settantuno migranti, fra i quali quattro bambini, soffocati a bordo di un Tir, e nell’Angelus di domenica 30 agosto Francesco non può far mancare la sua voce: affidiamo ciascuna vittima, dice, alla misericordia di Dio «e a Lui chiediamo di coglienza, in Argentina. Fu aiutarci a cooperare con effi- possibile perché il paese sucacia per impedire questi cri- damericano non scivolò nella mini, che offendono l’intera xenofobia, ma aprì le sue porfamiglia umana. Preghiamo in te. E a questo punto il Papa, silenzio per tutti i migranti che con la sua tipica concretezza, si soffrono e per quelli che han- rivolge di nuovo alle strutture no perso la vita». cattoliche precisando i termini Sul tema dell’accoglienza dei della sua proposta di aprire le profughi Francesco torna, in porte: «Quando dico che una settembre, durante l’intervista parrocchia deve accogliere all’emittente portoghese Rá- una famiglia, non intendo che dio Renascença, quando, rife- per forza debbano andare a virendosi alle notizie di cronaca vere in canonica, ma che la cosempre più drammatiche, dice munità parrocchiale cerchi un che sono «la punta di un ice- posto, un angoletto per fare un berg», «è povera gente che fug- piccolo appartamento o, nel ge dalla guerra, che scappa dal- peggiore dei casi, si organizzi la fame». «La causa principale per affittare un appartamento è un sistema socioeconomico modesto per quella famiglia, cattivo, ingiusto perché, par- ma che abbiano un tetto, che lando anche del vengano accolti e problema ecolovengano inseriti «comunità gico, della politinella comunità». parrocchiali, ca, il centro non Secondo Franmonasteri è più la persona. cesco anche le Il sistema econo- e santuari mettano c o n g r e g a z i o n i mico dominante religiose devono a disposizione mette al centro guardarsi dalla le loro strutture tentazione il dio denaro, è del per ospitare l’idolo di moda». «dio denaro» che Fondamentale, spinge a curare i più ribadisce Papa solo i propri inbisognosi» Bergoglio, è risateressi e verso lire alle cause del l’indifferenza nei fenomeno: dove c’è fame bi- confronti dei più bisognosi. sogna creare lavoro e investire; Se nel fare accoglienza si guase c’è la guerra bisogna cercare dagna, bisogna pagare le tasse. la pace e lavorare per la convi- E poi occorre, sull’esempio venza pacifica. «Oggi il mondo di Don Bosco, risvegliare la è in guerra contro se stesso», vocazione educativa tipica di aggiunge il Papa: una «guerra alcune congregazioni, creare a pezzi» che sta distruggendo corsi e “scuole di emergenza” la terra, «la casa comune». dove i giovani possano imparaForte è poi la denuncia delle re un mestiere che consenta di strumentalizzazioni, dell’inter- trovare un lavoro, anche tempretazione ideologica rispetto poraneo. Da Papa Francesco, al fenomeno migratorio. in conclusione, richiami a più Francesco ricorda che lui stes- livelli, ma con lo sguardo fisso so e l’intera sua famiglia han- su Dio Amore, che fa sempre no fatto l’esperienza dell’ac- il primo passo verso l’altro. 4/2015 9 Ospitalità e IMMIGRAZIONE Diritto d’asilo: uno scatto di responsabilità e di giustizia sociale Gian Carlo Perego Non possiamo non riconoscere la nostra responsabilità: di chi ha violato la terra di altri, di chi ha sfruttato persone e terre, di chi ha impoverito, di chi ha venduto armi e ha lucrato sulla guerra. Monsignor Gian Carlo Perego, sacerdote cremonese, dall’11 novembre 2009 è direttore generale della Fondazione Migrantes e dal settembre 2012 Consultore del Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti. La Fondazione “Migrantes” è l’organismo costituito dalla Conferenza Episcopale Italiana per accompagnare e sostenere le Chiese particolari nella conoscenza, nell’opera di evangelizzazione e nella cura pastorale dei migranti, italiani e stranieri, per promuovere nelle comunità cristiane atteggiamenti e opere di fraterna accoglienza nei loro riguardi, per stimolare nella società civile la comprensione e la valorizzazione della loro identità in un clima di pacifica convivenza, con l’attenzione alla tutela dei diritti della persona e della famiglia migrante e alla promozione della cittadinanza responsabile dei migranti. Nel suo articolo Monsignor Perego parla diffusamente dell’emergenza in corso verso i migranti e del diritto d’asilo regolato oggi a livello europeo. 10 4/2015 «L a situazione internazionale, in questi ultimi 25 anni, ha visto un crescendo di Paesi vivere uno stato di guerra, insicurezza e instabilità. Alle 42 guerre e guerriglie in atto, e ai 52 Paesi nel mondo dove la libertà politica e religiosa è violata o a rischio, si sommano gli oltre 2.000 disastri ambientali gravi tra il 2000 e il 2012: oltre 50 milioni di persone si sono messe in cammino forzatamente, gli è stato negato il diritto di rimanere nella propria terra. E il cammino di chi fugge s’incrocia con il cammino di chi ha fame e ha sete – rispettivamente 840 milioni e 1 miliardo di persone –. Le violenze, la paura e la ‘rabbia dei popoli’ – come ammoniva già Paolo VI nell’enciclica Populorum progressio, quasi 50 anni fa – accompagnano il cammino delle persone oggi, di cui un piccolo tassello, un segno è il popolo di chi ha attraversato nel 2014 – 172.000 persone – o attra- versa in questi mesi – 57.000 persone – il Mediterraneo e raggiunge le nostre coste italiane ed europee. Leggendo nella situazione internazionale non possiamo non riconoscere la nostra responsabilità: di chi ha violato la terra di altri, di chi ha sfruttato persone e terre, di chi ha impoverito, di chi ha venduto armi e ha lucrato sulla guerra. Uno sviluppo iniquo, che ha diviso il mondo e ha indebolito la solidarietà è la causa di questi nuovi cammini, di questi nuovi sbarchi, di queste nuove morti. La responsabilità è nostra. Questo movimento di persone generato da noi, dalla nostra indifferenza, dalla mancata solidarietà, dallo sfrutL’EUROPA tamento, dalle guerre SEMBRA ‘giuste’ e DIVISA dalle guerre TRA CHI dimenticate, ACCOGLIE tranne che dagli armaE CHI ALZA tori, accomMURI PER pagnato da DIFENDERSI cambiamenDAI POVERI ti climatici, toccando DEL l’Italia e MONDO l’Europa ha messo alla prova il diritto d’asilo. Il diritto d’asilo è stato di fatto negato da respingimenti più o meno mascherati, talora condannati, di cui anche l’Italia è stata colpevole nel 2011. Il diritto d’asilo ha visto uno scatto nell’operazione italiana Mare nostrum, che ha generato la consapevolezza europea – un Mare nostrum europeo – della necessità di mettere al primo posto il salvataggio in mare delle persone: uomini, donne, giovani e bambini. OGGI IL 70% DELLE DOMANDE DI ASILO SONO FATTE IN CINQUE PAESI: GERMANIA, FRANCIA, SVEZIA, INGHILTERRA E ITALIA Il diritto d’asilo, oggi regolato a livello europeo, è ancora debole in almeno 23 Paesi europei. Nel 2011 l’Italia si è trovata impreparata a tutelare un diritto, affermato ma non esigibile, nonostante la storia di 14 anni di PNA (programma nazionale asilo) e di SPRAR, cioè di servizi di protezione ai richiedenti asilo e rifugiati, soprattutto nel caso di minori non accompagnati: 10.000 posti in Centri di prima accoglienza e 3000 posti nello SPRAR. Tra il 2014 e il 2015 in Italia sono arrivate 300.000 persone, di cui oltre 200.000 hanno continuato il viaggio e 95.000 sono ospiti in Centri di accoglienza (10.000), in strutture temporanee di accoglienza (65.000) e negli SPRAR (20.000) e l’Italia ha faticato ad accompagnare e gestire questo diritto, con ritardi, inadeguatezze e improvvisazioni. Particolare è stata la debolezza del sistema nella tutela e nell’affido dei minori non accompagnati, raddoppiati in due anni, da 6.000 a oltre 12.000, e che sono stati accolti per mesi in strutture inadeguate. È vero, però, che la fatica dell’Italia è stata accompagnata dalle incertezze e dalla inadeguatezza della politica europea. L’Europa ha condiviso un regolamento per una politica 4/2015 11 Ospitalità e IMMIGRAZIONE d’asilo e di protezione internazionale comune (Accordo di Dublino), costruendo uno spazio importante per richiedere asilo, pari a oltre il 40% delle domande d’asilo nel mondo. Questo spazio di democrazia, nato sulla libertà di movimento delle persone nel contesto europeo (Schengen), dovrebbe, però, oggi essere diffuso nei 28 paesi dell’Unione, attraverso piani strutturali. Oggi il 70% delle domande di asilo sono fatte in cinque paesi (Germania, Francia, Svezia, Inghilterra e Italia). Non possono però questi cinque paesi essere lasciati soli nell’accoglienza di chi ha ricevuto una protezione internazionale. Il diritto d’asilo ha dimostrato la debolezza di un’Europa solidale, ancora da costruire nella gestione responsabile e diffusa di un diritto fondamentale, ma soprattutto inconsapevole delle vere cause che hanno generato questa situazione: le guerre dimenticate, i cambiamenti climatici, la tratta di esseri umani, le violenze e la instabilità di paesi che sono al confine dell’Europa o che arrivano ai confini dell’Europa. Nessuno ha riconosciuto il UNO SVILUPPO INIQUO HA DIVISO IL MONDO E HA INDEBOLITO LA SOLIDARIETà CAUSANDO NUOVI CAMMINI, NUOVI SBARCHI, NUOVI MORTI. 12 4/2015 mancato sviluppo dei popoli e l’Europa sembra divisa tra chi è aperto all’accoglienza e chi ancora una volta alza muri per difendersi, quasi da una nuova ‘Lepanto’, i cui nemici questa volta sono i poveri del mondo. È uno scatto di giustizia sociale che manca all’Europa in questo momento, che rischia di frantumarsi, di chiudersi e di non valorizzare una risorsa, quale è la migrazione, fatta di bambini, di giovani, di famiglie: ciò che sta mancando all’Europa per costruire il proprio futuro. Il fenomeno migratorio chiede oggi un lavoro di discernimento dei cristiani e delle comunità che aiuti da una parte, in ambito socio-politico, a salvaguardare la dignità della persona umana; dall’altra, sul piano culturale e pastorale, se è importante sottolineare l’identità cristiana e il rispetto delle regole fondamentali della convivenza, è altrettanto importante costruire, aprirsi all’accoglienza e al dialogo, costruendo regole e itinerari che valorizzino la ricchezza delle differenze culturali e religiose, soprattutto, ci ricorda Papa Francesco nella bolla Misericordiae vultus, del mondo ebraico e islamico. La qualità dell’evangelizzazione dipenderà dalla qualità della testimonianza dell’amore al prossimo. E l’oggi delle migrazione ne è un banco di prova. Immigrazione e salute Foto di luigi campa «... Le misure sanitarie per i migranti che siano ben gestite, inclusa la salute pubblica, promuovono il benessere di tutti e possono facilitare l’integrazione e la partecipazione dei migranti all’interno dei Paesi ospitanti promuovendo l’inclusione e la comprensione, contribuendo alla coesione, aumentando lo sviluppo» (Dichiarazione di Bratislava a conclusione dell’8a Conferenza dei Ministri Europei della Salute, 2007) L’immigrazione in Italia: qualche dato Nell’ambito dello scenario mondiale, nonostante la crisi economica globale, i flussi migratori continuano a intensificarsi: nel 2014 i migranti nel mondo erano stimati 240 mi- lioni, più del 3% della popolazione del pianeta, di cui 20 milioni rifugiati e 1,8 milioni di richiedenti asilo, complessivamente sono 60 milioni i “migranti forzati” compresi gli sfollati interni a causa di una crescente instabilità mondiale (33 conflitti in corso, 11 situa- Salvatore Geraci Salvatore Geraci, laureato in medicina e chirurgia è impegnato dal 1986 nell’Area sanitaria della Caritas di Roma di cui è responsabile dal 1991. Dal 2000 al 2009 è stato Presidente della Società Italiana di Medicina delle Migrazioni, attualmente si occupa del coordinamento delle Unità Territoriali Immigrazione e Salute (GrIS). è autore di alcuni saggi e di oltre 450 pubblicazioni sui temi sanitari dell’immigrazione. Come docente e formatore collabora con diversi Enti ed Aziende sanitarie. Nell’ambito del Coordinamento Nazionale Immigrazione della Caritas Italiana è referente degli aspetti sanitari e fa parte delle Consulta Nazionale per la Pastorale della Salute della CEI. zioni di crisi, 16 missioni ONU attive). Si sta sempre più evidenziando la differenza tra le persone che scelgono di partire, seppur condizionate da molteplici fattori per trovare condizioni di vita migliori (i cosiddetti mi- 4/2015 13 Ospitalità e IMMIGRAZIONE granti economici) e coloro che invece sono costretti a scappare da condizioni di conflitto e persecuzione (richiedenti protezione internazionale). Nell’Unione Europea (UE), a gennaio 2014, i residenti stranieri sono risultati 33,9 milioni, pari al 6,7% della popolazione totale (20 milioni sono cittadini di paesi terzi e 14 milioni originari di altri Stati membri) e i richiedenti asilo 626.710. L’Italia è “protagonista” del fenomeno migratorio sia per avere ormai una comunità straniera con una presenza consolidata, sia come terra di accoglienza di persone in fuga, sia per una significativa comunità di italiani all’estero composta da oltre oltre 4.600.000 è rimasto pressoché costante, intorno ai 5 milioni di presenze (al 1 gennaio 2015 erano 5.014.037 residenti, effettivamente presenti sono stimati a 5.421.000, pari all’8,2% della popolazione italiana), con una presenza femminile del 53%. L’incremento rispetto all’anno precedente è stato solo del 2%. Gli stranieri hanno una distribuzione disomogenea sul territorio (59,4% nord, 25,4% centro, 15,2% sud). I cittadini non comunitari regolarmente soggiornanti rappresentano oltre il 70% del totale degli nostri concittadini. Sono passati ormai circa 40 anni da quando l’Italia è divenuta terra di immigrazione con una presenza di cittadini non italiani in costante crescita (circa 200.000 nel 1980, 500.000 nel 1990, poco oltre 1.600.000 nel 2000, circa 4.500.000 nel 2010), anche se negli ultimi anni, quelli della crisi economica, il numero di cittadini stranieri presenti stranieri residenti. I Paesi di cittadinanza più rappresentati sono Romania (1.131.839), Albania (490.483), Marocco (449.058), Cina (265.820), Ucraina (226.060). Sul versante della multireligiosità, secondo la stima elaborata dal Dossier Statistico Immigrazione 2015 dell’Idos, attualmente i cristiani sono quasi 2 milioni e 700mila (il 53,8% del totale, con prevalenza degli or- 14 4/2015 NEL 2014 I RESIDENTI STRANIERI NELL’UNIONE EUROPEA ERANO 33,9 MILIONI PARI AL 6,7% DELLA POPOLAZIONE todossi), i musulmani più di 1 milione e 600mila (32,2%), i fedeli di religioni orientali (induisti, buddhisti, sikh e altri) più di 330mila, gli ebrei circa 7.000, i seguaci di religioni tradizionali 55mila, gli appartenenti a gruppi religiosi più difficilmente classificabili 84mila, mentre ammontano a 221mila gli atei e gli agnostici. Una presenza strutturata e “necessaria” L’immigrazione è ben strutturata in Italia considerando che ci sono 1.828.338 famiglie, circa il 7,4% di tutte le famiglie in Italia, con almeno un componente straniero e tra queste il 74,2% conta tutti componenti stranieri (il 50% è composto da almeno tre componenti, il 13% da oltre cinque componenti). Questi immigrati mostrano una forte tendenza all’insediamento stabile, soprattutto i non comunitari, i quali per oltre la metà hanno ottenuto un permesso CE come lungo-soggiornanti, e quindi a tempo indeterminato. Inoltre nel 2014 sono stati 129.887 gli stranieri che hanno acquisito la cittadinanza italiana (+29,0% rispetto al 2013, un anno che già aveva registrato un fortissimo aumento rispetto all’anno precedente), mentre risultano in leggera diminuzione i matrimoni misti (18.273 nel 2013, il 9,4% delle 194.097 nozze celebrate in totale nell’anno), ai quali si aggiungono quelli tra partner entrambi stranieri (7.807, il 3,8% del totale). Su Foto di luigi campa un totale di 502.596 bambini nati nel corso del 2014, quelli con genitori entrambi stranieri sono stati 75.067, il 14,9% del totale. Questi dati sono particolarmente significativi dal punto di vista demografico, tenendo conto che l’indice di sostituzione è di 2,1 (numero di figli che in media ogni donna dovrebbe fare per mantenere costante la popolazione in un determinato paese), gli ultimi dati dell’Istat evidenziano che nel 2014 questo indicatore del tasso di fecondità delle donne italiane era di 1,27 contro il 2,2 delle immigrate; l’apporto di quest’ultime risulta quindi necessario ma non sufficiente a ristabilire un trend positivo alla curva demografica del nostro Paese. Si va quindi verso un graduale e drammatico invecchiamento della nostra popolazione, con tutte le conseguenze socio-economiche che questo comporta. I minori stranieri sono quasi 1,1 milioni, di questi sono stati 814.187 gli iscritti a scuola nell’anno scolastico 2014/2015, il 9,2% di tutti gli iscritti: un’incidenza decisamente superata nel Nord e nel Centro (rispettivamente, 13,6% e 11,1%) e più bassa nel Sud (3,0%) e nelle Isole (2,9%). I più numerosi in assoluto sono gli studenti di cittadinanza romena (157.497, il 19,3% del totale), cui seguono gli albanesi (109.769, 13,5%), i marocchini (102.515, 12,6%) e, con numeri meno alti, i cinesi (41.882, 5,1%), i filippini (26.147, 3,2%), i moldavi (25.057, 3,1%) e gli indiani (24.772, 3,0%). Nelle università italiane, invece, gli iscritti stranieri (69.176 su un totale di 1.640.956 nell’anno accademico 2013/2014) incidono per il 4,2%, un valore che scende al 3,3% tra i laureati (9.913 stranieri su un totale di 302.231 nel 2013). Secondo l’Istat gli occupati stranieri nel 2014 sono risultati 2.294.000 (1.238.000 uomini e 1.056.000 donne), più di un decimo degli occupati complessivi (10,3%), con un tasso di occupazione nuovamente in leggero aumento. CONOSCERE, CAPIRE E FARSI CARICO CON AMORE DELLA PROMOZIONE DELLA SALUTE DI COLORO CHE SONO SVANTAGGIATI Secondo una stima riportata nel Dossier dell’Idos, le entrate fiscali e previdenziali ricollegabili ai lavoratori immigrati sono state nel 2013 pari a 16,6 miliardi di euro, mentre il totale delle uscite sostenute nei loro confronti è stato di 13,5 miliardi (saldo positivo di 3,1 miliardi di euro). Peraltro, nel 2013 IL DIBATTITO il contributo al Pil NON nazionale assicu- è “SE” rato dagli occupati ACCOGLIERE stranieri è stato di O “NON” 123.072 milioni ACCOGLIERE di euro (l’8,8% del MA SU “COME” totale). In particolare, essi ACCOGLIERE: versano in media OCCORRONO tra i 7-8 miliardi SCELTE di contributi l’an- EQUE no ma, non riu- E SOSTENIBILI scendo tutti a maturare il diritto alla pensione, l’Inps ha stimato che abbiano lasciato nelle casse previdenziali oltre 3 miliardi di euro improduttivi di prestazioni. 4/2015 15 Ospitalità e IMMIGRAZIONE LA RISPOSTA DEL VANGELO è LA MISERICORDIA: DARE CONCRETEZZA ALLE OPERE DI MISERICORDIA CENTRO DELL’ANNO GIUBILARE 16 4/2015 Attualmente, i cittadini non comunitari beneficiari di pensioni previdenziali per invalidità, vecchiaia e superstiti sono 35.740 (lo 0,2% di tutti i beneficiari), mentre i titolari di pensioni assistenziali sono 51.361 (l’1,4% del totale). Va anche superato il pregiudizio che gli immigrati pesino eccessivamente sulla spesa sanitaria. In dieci anni (20032012) i ricoveri ospedalieri ordinari, pur aumentando gli immigrati del 161,5%, sono cresciuti solo del 52,6% e han- no determinato un aumento complessivo dei ricoveri del 2,5% (Ministero della Salute). Un’umanità in fuga Da sempre nel mondo ci sono state popolazioni in fuga e nella storia recente l’Italia stessa si è resa protagonista di azioni di protezione internazionale nei confronti di persone che stessero scappando da guerre e persecuzioni: alla fine degli anni ‘70 una missione navale andò a prelevare vietnamiti, cambogiani e laotiani, negli anni ‘90 siamo stati interessati dagli ingenti flussi di persone provenienti dall’Albania che sancivano la disgregazione politica e sociale di quel paese; con la crisi balcanica nel 1995 abbiamo accolto profughi e sfollati; durante il conflitto in Kosovo negli anni successivi, seppur con ritardo, abbiamo creato corridoi umanitari. Ed ancora abbiamo ricevuto specifici flussi di persone in fuga dalla Somalia (a partire dall’inizio anni ’90), e, dal 2008 continui e progressivi sbarchi sulle nostre coste. Attualmente il fenomeno degli sbarchi caratterizza il dibattito pubblico italiano sull’immigrazione e catalizza l’attenzione politica e mediatica sul tema. Secondo i dati del Ministero dell’Interno, il 2014 è stato l’anno record degli sbarchi, registrando oltre 170 mila arrivi, più della somma dei tre anni precedenti e quasi il triplo del 2011 (anno dell’emergenza Nord Africa seguita alle “primavere arabe”). Con una leggera flessione nei numeri (circa il 12% in meno), dovuto ad una modifica della rotta di fuga in partico- UNA SANITà CENTRATA SULLA PERSONA HA TRASFORMATO UN CENTRO MEDICO DELLA PERIFERIA ROMANA NELL’ATTUALE AREA SANITARIA CON UNA RETE COMPLESSA DI INTERVENTI lare della componente siriana paese UE per numero di ri(direttamente dalla Turchia in chiedenti asilo (dopo GermaGrecia e poi attraverso la peni- nia e Svezia), ma anche quello sola balcanica per arrivare nel che ha registrato il maggior centro-nord Europa), gli arrivi incremento nell’ultimo anno sono proseguiti nel 2015 con (+142,8%). Osservando la un significativo cambiamen- composizione dei richiedenti to di popolazione: nel 2014 il asilo per genere ed età, appaPaese di provenienza più rap- re evidente come l’Italia prepresentato era costituito dalla senti una situazione del tutto Siria, 43.323 persone, circa singolare a livello europeo: la il 25%, seguita dall’Eritrea, ridottissima presenza di don34.329, il 21,2% e dalla Nige- ne (7,6%) e di minori (6,8%), ria (13%); nel 2015 nettamente inferiori i dati evidenziano al rispetto alla media. LO STATO primo posto l’Eritrea IN MATERIA DI Tra i richiedenti asi(27%), seguita dalla lo presenti in Italia Nigeria (13%) e dalla SANITà ASSUME nel 2014 prevalgoIL RUOLO Somalia (8%), menno quelli provenientre la Siria è presente ti da paesi africani DELL’EQUITà con circa il 5% delle (4 tra i primi 5 paesi persone sbarcate. d’origine); le prime Uno degli effetti diretti della tre nazionalità sono la Nigeria, situazione geopolitica interna- il Mali e il Gambia. zionale, che vede intensificarsi Il sistema dell’accoglienza in numerose situazioni di crisi a Italia si regge su diverse tisud del Mediterraneo, è l’au- pologie di strutture: centri di mento delle richieste d’asilo in accoglienza governativi, strutItalia e in Europa. ture temporanee e la rete del Le richieste di asilo in Euro- Sistema di Protezione dei pa nel 2014 hanno superato Richiedenti Asilo e Rifugiati quota 625 mila, segnando (SPRAR), che in ragione delun +44,7% rispetto all’anno le differenti funzioni hanno precedente. L’Italia è il terzo modelli organizzativi, voci di 4/2015 17 Ospitalità e IMMIGRAZIONE costo e tempi di permanenza differenziati. Sono quasi 3.100 strutture che accolgono circa 100.000 profughi distribuite in tutte le Regioni: al primo posto per numero di presenze sono la regione Lombardia e la regione Sicilia nei cui centri accolgono rispettivamente il 13% e l’11% degli immigrati; poi Lazio, Campania, Piemonte e Veneto con circa l’8% delle presenze ciascuna. Un aspetto specifico in questo complesso fenomeno è quello dei minori non accompagnati: secondo i dati del Dipartimento della Pubblica sicurezza, i minori stranieri (e coloro che si dichiarano tali) non accompagnati, sbarcati nel 2014, sono pari a 13.026, il 50% di tutti i minori sbarcati (26.122). Nel 2015 i minori sbarcati sono decisamente diminuiti, circa 10.000 in meno rispetto l’anno precedente, e ciò è dovuto in particolare alla drastica riduzione della componente siriana che è una migrazione di interi nuclei familiari, mentre proporzionalmente si è accresciuta la percentuale di minori non accompagnati arrivando a oltre il 73% del totale dei minori soccorsi. Oltre il 34% dei minori non accompagnati accolti è concentrato sul territorio siciliano. Sono quasi 5.500 i minori registrati come tali in una prima fase dell’accoglienza ma successivamente irreperibili. Infine un altro dato drammatico accompagna questa umanità in fuga ed è la triste contabilità delle morti avvenute 18 4/2015 durante la traversata del Mediterraneo (Canale di Sicilia o Mar Egeo) Dal 2000 ad oggi sono stati quasi 30.000 i migranti e rifugiati che sono morti nel tentativo di raggiungere l’Europa: circa 3.300 nel 2014 e oltre 3.600 nel 2015. Il profilo di salute dell’immigrato in Italia La progettualità migratoria si motiva e si orienta verso un ventaglio di diverse possibilità: lavoro, ricongiungimento familiare, studio, asilo politico e umanitario, migrazione ulteriore, etc. Se ancora oggi la principale presenza di immigrati in Italia è a fini di lavoro, progressivamente crescen- te è stata, a partire dal primo quinquennio degli anni ‘90, la migrazione per ricongiungimento familiare, tipica di una seconda fase di migrazione, quella in cui il resto della famiglia raggiunge l’immigrato, qualora questi sia riuscito a realizzare una qualche forma di inserimento sociale: oggi, annualmente, è questo il primo motivo di ingresso in Italia. Quali che siano le motivazioni iniziali, appare evidente come il tentativo migratorio sia messo in atto da quei soggetti che, per caratteristiche socio-economiche individuali e per attitudini caratteriali, hanno le massime possibilità di successo prevedibili, all’interno della comunità di riferimento, familiare o allargata. Questo esclude in partenza individui DEI 5 MILIONI DI CITTADINI STRANIERI RESIDENTI IN ITALIA, IL 53,8% SONO CRISTIANI E IL 32,2% MUSULMANI che non godano di apparenti buone condizioni di salute: non è certo casuale che la maggioranza di chi emigra abbia un’età giovane adulta; che appartenga, nel proprio paese, alle classi sociali meno svantaggiate (quelle più povere non potrebbero sostenere neppure le spese di viaggio); che abbia per lo più un medio grado di istruzione. Il fisico sano garantisce possibilità maggiori di inserimento sociale, che spesso, soprattutto nelle prime fasi della permanenza nel paese ospite, è particolarmente difficile e permette la possibilità di rispondere ad un mercato del lavoro che offre opportunità di mansioni per lo più molto faticose ed usuranti sul piano fisico. L’immigrato, in particolare colui che viene per motivi di lavoro, generalmente arriva nel nostro paese con un patrimonio di salute pressoché integro, quello che viene chiamato “effetto migrante sano” (il rischio di importazione di malattie infettive esotiche paventato da un pregiudizio diffuso, si è mostrato assolutamente non significativo); le complessive condizioni di vita cui l’immigrato dovrà conformarsi, potranno poi essere capaci di erodere e dilapidare, in tempi più o meno brevi, questo patrimonio. Tali considerazioni valgono anche per la salute psichica: patologie ricadenti in questo ambito clinico possono infatti ritrovarsi generalmente a distanza di tempo dall’arrivo in Italia spesso correlate al fallimento di specifici progetti migratori anche, come nel periodo attuale, per una crisi economica e sociale diffusa. Ma il fenomeno dell’immigrazione è complesso e dinamico, mai uguale a se stesso, e diventa sempre più difficile descrivere tale popolazione come un complesso unitario sia dal punto di vista giuridico, sia demografico, sia culturale che produttivo. All’effetto migrante sano si sostituisce progressivamente quello del “migrante esausto” da anni di lavori usuranti e mal tutelati e l’effetto di una transizione epidemiologica con l’aumento di malattie cronico-degenerative; diventa sempre più difficile uscire da una condizione di irregolarità giuridica, per anni quasi tappa obbligata prima di avere un permesso di soggiorno (ciò è dimostrato dalle 7 sanatorie/regolarizzazioni previste per legge in 27 anni di storia di immigrazione), anzi oggi la crisi produce un passaggio inverso dalla regolarità all’irregolarità essendo il permesso di soggiorno strettamente e ambiguamente collegato al contratto di lavoro; la richiesta di manodopera, specificatamente quella femminile, si è specializzata nell’accudimento alla persona anziana e malata con l’arrivo di donne straniere non più giovani e spesso con storie di disagio familiare alle spalle e con un lavoro segregante, seppur in ambiente protetto; l’ingresso nell’unione Europea di paesi come la Romania e la Bulgaria (inizio 2007) con libertà di circolazione in Europa ha reso difficile una programmazione (per altro sempre debole) dei flussi migratori in entrata. Sfuggono ovviamente a questo schema interpretativo, che si può ritenere ancora valido seppur con un progressivo indebolimento, le situazioni in cui il migrante sia portatore di patologie che, in quanto ancora asintomatiche, o per scarso livello sanitario del paese di origine, o perché culturalmente non considerate come tali, non lo scoraggiano a partire. Sono da escludersi dall’effetto migrante sano anche coloro che “fuggono” dal loro paese per rischio di persecuzioni, tortura e morte; si potrebbe ipotizzare che la selezione av4/2015 19 Ospitalità e IMMIGRAZIONE venga in senso opposto (scappano per primi i più fragili); in realtà i dati finora raccolti, se da una parte evidenziano drammaticamente nei richiedenti protezione internazionale una maggior incidenza di esiti di tortura, d’altra parte, all’atto dell’arrivo in Italia, non sono rilevabili particolari malattie se non quelle legate alle condizioni del viaggio/ fuga, spesso rischiosissime. Dal 2005 un monitoraggio sulla salute CI SONO dei migranti viene PERSONE CHE realizzato annualSCELGONO mente nell’ambito DI PARTIRE E dell’Osservatorio PERSONE Nazionale sulla SaCHE SONO lute nelle Regioni Italiane; nato per COSTRETTE iniziativa dell’IstituA SCAPPARE to di Igiene dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, l’Osservatorio vede la collaborazione di diversi enti ed istituzioni scientifiche e per la parte relativa ai cittadini immigrati si a avvale del coordinamento di esperti della Società Italiana di Medicina delle Migrazioni. Riassumendo, a fronte di fattori protettivi quali la struttura anagrafica della popolazione immigrata e l’autoselezione alla partenza, si può riconoscere il rischio di una fragilità sociale di questa popolazione che, pur nella sua eterogeneità, mostra condizioni di sofferenza sanitaria in gran parte imputabili a incerte politiche di accoglienza ed integrazione sociale soprattutto in ambito locale, a difficoltà di accesso ai servizi, a problematiche relazionali-comunicative. 20 4/2015 Le norme per l’assistenza sanitaria to poi maggiore concretezza applicativa con l’emanazione del Regolamento di attuazioIn Italia il diritto alla tutela del- ne previsto dallo stesso Testo le persone non appartenenti Unico (Decreto Presidente all’Unione Europea (stranie- Repubblica n. 394 del 31 ago- ri), anche se non in regola con le norme per l’ingresso e il soggiorno, è garantito dal Decreto Legislativo 286 del luglio 1998, dal titolo: «Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero». I principi e le disposizioni contenute in questo decreto hanno trova- sto 1999) e dalla Circolare n. 5 del Ministero della Sanità del marzo 2000. Obiettivo dichiarato di questa impostazione politico-normativa è quello di includere a pieno titolo gli immigrati in condizione di regolarità giuridica e prevalentemente presenti con permessi di media e lunga durata (lavoro, famiglia, protezione), nel NEL 2013 IL CONTRIBUTO AL PIL NAZIONALE DATO DAGLI OCCUPATI STRANIERI è STATO DI 123 MILIARDI DI EURO sistema di diritti e doveri per quanto attiene all’assistenza sanitaria a parità di condizioni e di opportunità con il cittadino italiano: sono stati così rimossi dei requisiti che nel passato erano ostativi (la residenza, il limite temporale, le aliquote diversificate per l’iscrizione al Servizio Sanitario Nazionale SSN, ...) ed introdotti principi di equità (obbligatorietà estesa all’iscrizione al di là del perfezionamento formale delle pratiche, esenzione per situazioni di maggior disagio - richiedenti asilo, detenuti, ...). Il diritto all’assistenza è stato esteso anche a coloro presenti in Italia in condizione di irregolarità giuridica (Stranieri Temporaneamente Presenti – STP) garantendo loro oltre alle cure urgenti anche quelle essenziali, continuative ed i programmi di medicina preventiva. È stata così realizzata una strategia di inclusione, che pone l’Italia all’avanguardia tra i paesi di immigrazione. Per i cittadini comunitari la tutela sanitaria è garantita nei soggiorni brevi attraverso la Tessera Europea di Assicurazione Malattia (TEAM) rilasciata dal paese di provenienza, e, per i soggiorni più lunghi attraverso l’iscrizione al SSN o con assicurazioni private. Tuttavia esistono condizioni di margi- CARITAS L’Area sanitaria della Caritas di Roma dal 1983 è impegnata nella tutela sanitaria delle persone più deboli della nostra società, in particolare con gli immigrati in condizioni di marginalità giuridica e sociale, con i rom e con i senza dimora. Agli inizi degli anni ottanta nella capitale furono istituite mense, ostelli, centri d’ascolto per dare risposte concrete ma anche per capire “dal di dentro” questa problematica, per studiare il fenomeno, per stimolare le autorità a farsene carico. È questa la spinta che ha trasformato un piccolo Centro medico della periferia romana, nato per una risposta immediata a dei bisogni senza risposta, nell’attuale Area sanitaria, complessa ed efficace rete di servizi e progetti, laboratorio transculturale per una sanità centrata sulla persona. Accanto agli aspetti assistenziali (oltre 95.000 pazienti visitati dal Poliambulatorio alla Stazione Termini e dai centri collegati), particolare attenzione è posta all’analisi dei bisogni ed allo studio dei fenomeni alla base di fragilità sociale e marginalità, alla formazione sui temi della salute globale e di una sanità senza esclusioni, all’impegno per i diritti di ogni persona in una logica di giustizia ed equità. Questa esperienza, vissuta da centinaia di volontari, è in continua evoluzione ed è stata fin dall’inizio condivisa a livello locale e nazionale in un’ottica di lavoro di rete e di crescita comune che fa della testimonianza diretta e delle opere segno strumenti concreti per una attenta azione pastorale. Questa è la Mission dell’Area sanitaria : “Mettersi in relazione con ogni persona partendo dalla stima e dal valore della vita di ciascuno a qualsiasi cultura o storia appartenga, per conoscere, capire e farsi carico con amore della promozione della salute specialmente di coloro che sono più svantaggiati, affinché vengano riconosciuti, riaffermati e promossi ad ogni livello, dai singoli, dalla comunità e dalle istituzioni, diritti e dignità di tutti, senza nessuna esclusione”. 4/2015 21 Ospitalità e IMMIGRAZIONE nalità (lunghi soggiorni senza un lavoro regolare, mancanza della TEAM, assenza di residenza) che espongono cittadini europei ad una inadeguata copertura sanitaria nel nostro paese (di fatto solo la possibilità di accedere al pronto soccorso). Quasi tutte le Regioni hanno normato l’accessibilità ai servizi sanitari, analogamente agli STP, attraverso il codice ENI (Europeo Non Iscritto - ENI) dando una copertura universalistica coerente con il mandato costituzionale. L’impostazione inclusiva data dal legislatore, deve però necessariamente accompagnarsi con una disponibilità da parte delle amministrazioni locali, che nel tempo sono divenute le reali protagoniste delle politiche sociali e sanitarie per gli stranieri, nell’implementarle e renderle operative; ma è proprio in questo ambito che si evidenzia una preoccupante discontinuità e discrezionalità applicativa in base agli umori politici nazionali e locali. La Legge costituzionale n. 3 del 18 ottobre 2001 dal titolo «Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione» per effetto dell’art. 117, ha dato alle Regioni e le Province Autonome (PA) il potere di definire delle norme sul tema della salute di tutti i residenti e quindi anche degli immigrati, mentre l’immigrazione è tra le materie in cui lo Stato mantiene la piena potestà legislativa. La tematica “salute e immigrazione” appare ambiguamente sospesa tra la legislazione “esclusiva” (quella dello Stato) e la legislazione “concorrente” (quella delle Regioni e PA) in ciò che abbiamo definito 22 4/2015 “pendolo delle competenze e delle responsabilità”. Lo Stato in materia di sanità assume il ruolo di garante dell’equità ma, nella pratica, le numerose indicazioni normative sull’assistenza sanitaria agli immigrati da parte di vari ministeri a cui si aggiungono indicazioni regionali hanno ingenerato confusione e difficoltà interpretative a livello dei settori amministrativi delle Regioni e delle Aziende Sanitarie. Gli stessi Sistemi Sanitari Regionali operano in modo molto difforme configurando una progressiva divaricazione dei 21 sistemi sanitari che spesso derogano, specie per i gruppi più vulnerabili quali gli immigrati, dai Livelli Essenziali di Assistenza e dal principio di equità, ispiratore del SSN. Per evitare questo rischio il 20 dicembre 2012 è stato sancito un Accordo in seno di Conferenza Stato-Regioni e Province autonome che pur non essendo una nuova legge, è cogente sul piano interpretativo delle norme esistenti ed ha introdotto importanti novità come la possibilità di iscrizione al SSN di minori figli di immigrati non in regola con il soggiorno (vedi Gazzetta Ufficiale n. 32 del 7 febbraio 2013). A distanza di quasi 3 anni dalla sua approvazione, l’Accordo ancora deve essere diffusamente e omogeneamente applicato. Nella tabella di pagina 20 riportiamo schematicamente e non esaustivamente quanto previsto dalla normativa nazionale per la tutela sanitaria di cittadini stranieri e comunitari. Per non concludere Forse non ce ne rendiamo conto ma ci troviamo in un “crinale della storia” e il fenomeno dell’immigrazione, nelle dimensioni anche drammatiche della fuga, ci richiama ad una riflessione sul modello di sviluppo, delle relazioni internazionali, della giustizia sociale che abbiamo costruito. Il dibattito non è “se” accogliere o “non” accogliere ma su “come” accogliere e nel contempo riuscire a ridefinire globalmente e localmente le priorità di un’agenda della convivenza sociale e della cooperazione internazionale, con scelte eque e sostenibili. In questo senso i richiami del Santo Padre, Papa Francesco, sono pressanti e indifferibili sia per una nuova visione dello sviluppo sia per l’accoglienza degli immigrati: “… la rivelazione biblica incoraggia l’accoglienza dello straniero, motivandola con la certezza che così facendo si aprono le porte a Dio e nel volto dell’altro si manifestano i tratti di Gesù Cristo. … Eppure non cessano di moltiplicarsi anche i dibattiti sulle condizioni e sui limiti da porre all’accoglienza, non solo nelle politiche degli Stati, ma anche in alcune comunità parrocchiali che vedono minacciata la tranquillità tradizionale. Di fronte a tali questioni, come può agire la Chiesa se non ispirandosi all’esempio e alle parole di Gesù Cristo? La risposta del Vangelo è la misericordia”. Per chi si occupa di salute e sanità, dare concretezza alle “opere di Misericordia” che sono l’asse portante dell’anno giubilare, significa anche riposizionarsi in un atteggiamento di attenzione, ascolto, servizio, impegno nei confronti di tutti i sofferenti e, forse, soprattutto verso chi ha una ferita in più dovuta all’incomprensione, al pregiudizio, all’ostilità come a volte sono gli immigrati. Bibliografia essenziale AAVV. Dossier Statistico Immigrazione 2015. Idos, 2015 AAVV. Rapporto Osservasalute – parte relativa agli immigrati (dal 2006 al 2015). Osservatorio nazionale sulla salute nelle regioni italiane. Università Cattolica del Sacro Cuore. Prex SpA. Milano AAVV. Rapporto sulla protezione internazionale in Italia 2014. Anci, Caritas Italiana, Cittalia, Fondazione Migrantes, Sprar. In collaborazione con Unhcr, Roma, 2014 AAVV. Rapporto sulla protezione internazionale in Italia 2015. Anci, Caritas Italiana, Cittalia, Fondazione Migrantes, Sprar. In collaborazione con Unhcr, Roma, 2015 AAVV. XXIV Rapporto Immigrazione 2014. Migranti, attori di sviluppo. Caritas, Migrantes. Tau editrice srl – Todi (Pg), maggio 2015 Forti O., Geraci S.: Diritto Universale, approccio transculturale. In Italia Caritas, numero 3, aprile 2015 Geraci S.: La tutela sanitaria degli immigrati in Italia. Salute e sviluppo, n. 70, Medici con l’Africa Cuamm, novembre 2014 Geraci S.: Mitologia dell’untore, ci si ammala di margini. Italia Caritas numero 10, dicembre 2012 – gennaio 2013. Roma, 2012; 12:15 Istat: Natalità e fecondità della popolazione residente, anno 2014. Roma, 27 novembre 2015 Istat: Cittadini non comunitari: presenza, nuovi ingressi e acquisizioni di cittadinanza, anni 20142015. Roma, 22 ottobre 2015 Ministero dell’Interno: Rapporto sull’accoglienza di migranti e rifugiati in Italia. Aspetti, procedure, problemi. Roma, ottobre 2015 Papa Francesco: Messaggio per la giornata mondiale del migrante e del rifugiato, gennaio 2016 Papa Francesco: Laudato si’. Enciclica sulla cura della casa comune. Città del Vaticano, 2015 4/2015 23 Ospitalità e IMMIGRAZIONE LE NUOVE POVERTà: una realtà con cui confrontarsi Serafino Nizza Il «Villaggio della Carità» concretizza l’Ospitalità dei Fatebenefratelli verso coloro che non possono essere raggiunti dai servizi territoriali già esistenti. L’offerta di un aiuto concreto, come può essere un pasto gratuito, un letto caldo, un consiglio, un luogo di aggregazione, un centro di ascolto, è l’obiettivo che la commissione Nuove Povertà vuole realizzare. La Commissione Nuove Povertà è stata istituita dal Consiglio Provinciale dell’Ordine con lo scopo di elaborare proposte concrete di aiuto a coloro che hanno più bisogno e che sono più difficilmente raggiungibili dalla normale rete assistenziale dello Stato. La Provincia Religiosa e tutte le sue componenti di cui diremo più oltre non intendono sostituirsi allo Stato ma semmai si prefiggono di affiancare i servizi sociali e tutte le altre realtà istituzionali integrandole laddove possano concretizzarsi difficoltà oggettive di sistema. Tutto questo ricorrendo alla capacità di individuazione delle aree critiche ma soprattutto alla capacità di progettare risposte, possibilmente semplici, ricorrendo in primo luogo alla solidarietà e alla capacità di costituire una rete con tutte le realtà pubbliche e private che possono essere messe in campo per realizzare gli obiettivi prefissati. 24 4/2015 Possiamo dire che questa Commissione, presieduta dal Definitore Provinciale fra Guido Zorzi, coordina le attività di diversi soggetti giuridici che direttamente o indirettamente fanno capo alla Provincia Religiosa. Ferme restando le autonomie derivanti dal riconoscimento giuridico, infatti, la Fondazione Famiglia di San Giovanni di Dio di Cernusco sul Naviglio, nata come Onlus, l’Associazione «Dott. Luigi Fiori – Fatebenefratelli per le Nuove Povertà» Onlus di San Maurizio Canavese, l’Associazione «Asilo Notturno San Riccardo Pampuri Fatebenefratelli» Onlus di Brescia e l’Associazione di Volontariato «San Riccardo Pampuri» di Trivolzio collaborano alla realizzazione del Progetto «Villaggio della Carità», che, come si diceva, ha lo scopo di andare incontro alle Nuove Povertà, ai Nuovi Bisogni e a tutti coloro che non possono essere raggiunti capillarmente dai servizi territoriali già esistenti. Si tratti di progetti grandi o contenuti, di soluzioni semplici o più complesse, tutte le iniziative hanno un denominatore comune: la ricerca degli ultimi, di coloro che hanno più bisogno, e l’offerta di un aiuto concreto, come può essere un pasto gratuito, un letto caldo, un consiglio, un luogo di aggregazione e di ritrovo, un centro di ascolto. A seguire la descrizione di alcune delle iniziative realizzate e di altre che sono prossime alla realizzazione. La mensa «Panem Quotidianum» Lo scorso 19 novembre in San Colombano, presso il nostro Centro Sacro Cuore di Gesù, il Superiore Provinciale fra Massimo Villa ha inaugurato la mensa gratuita per i bisognosi denominata “Panem Quotidianum”, alla presenza del Sindaco Pasqualino Belloni, del Superiore fra Gennaro Simarò e del Direttore Antonio Rossi – che sono i promotori dell’iniziativa – nonché di altri religiosi e dirigenti della Provincia oltre a parte del personale della struttura. Il progetto ha inteso realizzare presso il nostro istituto uno spazio fisico e relazionale di Ospitalità per rispondere alla povertà alimentare, sempre più presente tra la popolazione, attraverso la preparazione di pasti caldi e il loro consumo. L’obiettivo era quello di donare un pasto caldo a persone bisognose che vivono in condizioni di fragilità economica e non sono in grado di provvedere in modo adeguato al proprio nutrimento, in particolare ad anziani e pensionati soli in difficoltà e famiglie in condizioni di recente povertà. Abbiamo voluto che fosse un segno e uno spazio di condivisione, ospitalità, solidarietà e d’incontro per e con le persone più deboli, presenti sul territorio, nella tradizione dell’Ospitalità, secondo lo stile di San Giovanni di Dio, cercando di creare, per quanto possibile, un clima familiare. 4/2015 25 Ospitalità e IMMIGRAZIONE Ci siamo riproposti di essere un servizio di cooperazione e di rete tra le diverse parti sociali e associative ecclesiali e non, favorendo sempre più il rapporto tra il territorio (parrocchia, comune, Fatebenefratelli, eccetera) e le persone che vivono condizioni di povertà ivi residenti e seguite dai servizi sociali del Comune di San Colombano al Lambro. Sensibilizzare i giovani sul Comportamento Alimentare Dal Centro Sant’Ambrogio di Cernusco sul Naviglio è scaturito il progetto del Superiore e dei suoi Direttori che ha a tema una campagna di sensibilizzazione – presso le scuole medie superiori – sui rischi dei Disturbi del Comportamento Alimentare. Da novembre 2015 a marzo 2016 sono programmati 11 incontri in diversi siti per un totale di 25/30 classi tra le terze e le quinte. Il nostro scopo è quello di contribuire, con l’esperienza di soggetti titolati, a prevenire l’insorgere di tali disturbi nei giovani. L’iniziativa ha trovato subito risposta favorevole da parte dei 26 4/2015 Presidi e degli Insegnanti delle Scuole coinvolte, segno questo che esiste una forte sensibilità sul tema ed anche, ovviamente, una concreta disponibilità. Progetto «Sporgersi» – uno sportello di ascolto Da Cernusco è scaturita un’altra iniziativa, cui è stato dato il nome di Progetto “Sporgersi”. Premesso che il Centro Sant’Ambrogio è una presenza storica a Cernusco sul Naviglio e opera nell’assistenza psichiatrica dal 1939 e che nei suoi oltre settant’anni di attività, la struttura ha continuato senza interruzione l’opera di cura e di assistenza alle persone affette da disturbi psichici ispirata alla tradizione storica, alle competenze e alla missione dell’Ordine: attribuire piena centralità al valore della persona umana e vivere il carisma specifico dell’Ospitalità, il Progetto Sporgersi, promosso da alcuni operatori del Centro Sant’Ambrogio che operano, a vario titolo, nell’ambito della Salute Mentale, ha l’obiettivo di realizzare uno sportello di ascolto che vuole essere un tentativo di andare incontro all’altro, sporgendosi, nel tentativo di portare e accompagnare, azione attraverso cui si declinerà in parte il contributo del progetto ma che indica anche il protendersi fuori da qualcosa: simbolicamente per chi necessita di aiuto rappresenta l’iniziare ad uscire da una difficoltà. Gli obiettivi sono quelli di offrire ascolto e accoglienza, in un luogo non istituzionale, per individuare la domanda effettiva (diagnosi clinica, definizione del bisogno); accompagnare l’utenza all’utilizzo dei Servizi Territoriali eventualmente già esistenti; sostenere l’utenza nella creazione di una rete sociale quando possibile; eventuale supporto formativo su singoli casi già in carico alle équipe dei Centri di Ascolto Caritas presenti sul territorio; consulenza medica (psichiatrica e internistica) per gli utenti già in carico nei Centri di Ascolto; incontri di prevenzione e informazione nell’ambito della Salute Mentale; supporto sociale nell’effettuare pratiche amministrative; supporto psicologico per problematiche individuali; consulenza psicoeducativa a genitori rispetto a problematiche familiari di vario tipo (disoccupazione, difficoltà scolastiche dei minori, problematiche relazionali) e invio ai servizi di competenza; mappatura dei Servizi presenti nel territorio di Cernusco (associazioni di volontariato, Centri di Ascolto, uffici comunali, presidi medici eccetera); stesura di dépliant informativo per favorire la conoscenza e la diffusione sul territorio del progetto. Ci prefiggiamo di raggiungere utenti che manifestano disagio psichico ancora non diagnosticato e non già in carico ai Servizi Psichiatrici; utenti che manifestano patologie organiche croniche non in grado di usufruire della cura del SSN; utenti con problematiche psico-sociali di vario tipo non ancora in carico ai Servizi Sociali. CASA DI OSPITALITÀ FATEBENEFRATELLI VARAZZE «Ospitalità Misericordiosa» 2016 disponibile dal 7 al 14 febbraio, dal 28 febbraio al 6 marzo, dal 10 al 17 aprile, dall’8 al 15 maggio, dal 2 al 9 ottobre, dal 13 al 20 novembre Progetto «Ospitalità Misericordiosa» A Varazze è scaturito il Progetto Ospitalità Misericordiosa, per iniziativa del Coordinamento nazionale Case per Ferie presso la Conferenza Episcopale Italiana. Per il Giubileo straordinario della Misericordia, tutte le strutture di ospitalità gestite da religiosi sono state chiamate ad un atto di vera misericordia, mettendo a disposizione la propria opera e la propria accoglienza. Questa la richiesta alla quale la nostra struttura di Varazze ha aderito convintamente: «… il Giubileo della Misericordia è ormai alle porte ed abbiamo pensato di dare un significato tangibile alla nostra missione quotidiana presentando alla CEI il “Progetto Ospitalità Misericordiosa”, che ha suscitato da subito vivo apprezzamento. Seguendo i pressanti inviti di Papa Francesco per un anno di vera Misericordia, vogliamo dare a tutte le strutture di ospitalità con particolare carisma la possibilità di ospitare volontariamente, per periodi di una settimana, persone o famiglie che, per condizione economica o sociale, non potrebbero permettersi qualche giorno di serenità fuori dalle loro problematiche quotidiane. Diocesi e parrocchie si faranno carico di individuare i destinatari di questo beneficio, mentre le strutture potranno mettere a disposizione una camera destinata a quest’opera di misericordia per un periodo concordato in forma completamente gratuita ...». 4/2015 27 Ospitalità e IMMIGRAZIONE Sull’esempio di San Riccardo A Trivolzio, luogo caro ai Fatebenefratelli per la testimonianza del Santo Confratello Riccardo Pampuri, l’Associazione di Volontariato a lui intitolata ha prodotto l’iniziativa “L’operare segue l’essere, le radici e le motivazioni del prendersi cura dell’Altro”. L’obiettivo, in questo caso, non è direttamente rivolto alle Nuove Povertà ma vuole avere il senso della continuità dell’esempio del Santo attraverso il ricordo e dunque attraverso: il Museo dedicato a San Riccardo; l’allestimento di una Mostra; la pianificazione di convegni. L’Asilo Notturno di Brescia Da ultimo l’Asilo Notturno di Brescia, presenza storica dei Fatebenefratelli, impegnato da anni a dare accoglienza ai senza tetto e oggi uno dei centri di riferimento della Prefettura di Brescia per l’accoglienza dei Migranti (peraltro siamo uno dei pochi centri che accoglie indifferentemente uomini e donne, soprattutto intere famiglie). L’attività dell’Asilo Notturno è inevitabilmente destinata a diversificarsi ed ampliarsi: il nostro obiettivo è quello di non fermarci alla prima accoglienza dei Migranti, cercando di offrire ai nostri ospiti almeno un’opportunità di lavoro, un’occupazione temporanea che consenta loro uno stile di vita dignitoso in attesa di soluzioni più definitive. Nel frattempo, mentre sono ancora nostri ospiti, ci 28 4/2015 preoccupiamo che siano attivi non soltanto nell’apprendimento della lingua (presso l’Asilo vengono tenuti, da docenti qualificati, regolari corsi di lingua italiana) ma anche nella collaborazione con altri soggetti in difficoltà per l’apprendimento di tecniche di produzione semplici ma comunque efficaci. Nella nostra progettualità ricomprendiamo attività agricole e artigianali che possano essere riprodotte anche nei Paesi d’origine. Stiamo studiando, con varie collaborazioni, la possibilità di favorire il rimpatrio assistito sia per coloro che, avendo presentato richiesta di asilo, abbiano ricevuto risposta negativa, sia per coloro che, pur avendo avuto risposta favorevole, dovessero decidere di riportare in patria le conoscenze acquisite per metterle al servizio dei connazionali. Per eventuali donazioni a sostegno del Villaggio della Carità: Asilo Notturno San Riccardo Pampuri Onlus, Via Corsica n. 341, 25125 Brescia, c/o Credito Cooperativo Alta Brianza, Filiale di Erba (CO) IBAN IT05E0832951270000000202313 Visita del prefetto Il giorno 2 novembre nel pomeriggio abbiamo avuto la piacevole sorpresa di accogliere in visita all’Asilo Notturno San Riccardo Pampuri e al nostro Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico, il Prefetto di Brescia Valerio Valenti. L’incontro, molto familiare, è stato molto concreto e il Prefetto ha subito incontrato alcuni stranieri dei 130 che sono ospitati all’Asilo notturno. Notevole il suo interesse circa la loro provenienza, il loro trattamento e le loro attività: scuola di italiano, lavoro nell’orto e nella casa, tempi di uscita e altro ancora. In particolare si è intrattenuto con gli ospiti durante un momento della lezione di lingua italiana. Il Prefetto si è poi trasferito a visitare il Centro di Ricerca interessandosi delle varie attività e constatando con soddisfazione la presenza in Brescia di una realtà che andrebbe maggiormente conosciuta. Quindi ha visitato alcune Comunità psichiatriche intrattenendosi semplicemente con ospiti ed operatori. Tutti hanno avuto modo di apprezzare la cordialità, la semplicità e il tratto umano del Prefetto, che ringraziamo vivamente per la sua visita e al quale abbiamo dato appuntamento per la celebrazione del XX anniversario di riconoscimento dell’IRCCS. 4/2015 29 ETICA E Ospitalità «Migranti e rifugiati Carlo Bresciani ci interpellano. La risposta del Vangelo della misericordia» Apriamo i nostri occhi per vedere le miserie del mondo, le ferite di tanti fratelli e sorelle privati della dignità, e sentiamoci provocati ad ascoltare il loro grido di aiuto. P apa Francesco ha scelto come titolo del suo messaggio per la Giornata del Migrante e del Rifugiato, che si svolgerà il 16 gennaio 2016: «Migranti e rifugiati ci interpellano. La risposta del Vangelo della misericordia». Invita tutti, quindi, a interrogarsi alla luce del Vangelo – e da cristiani non possiamo avere altro riferimento – sul massiccio fenomeno migratorio che sta interessando in modo sempre più acuto le società occidentali, in particolare l’Europa, ma non solo. Basti pensare a quanto avviene al confine con il Messico negli Stati Uniti d’America. 30 4/2015 Reazioni contrastanti Non possiamo nasconderci che vasti settori dell’opinione pubblica, non sempre onestamente informata e spesso sollecitata nelle reazioni più emotive e meno razionali, sta manifestando preoccupazione, insofferenza e in alcuni casi rifiuto. Non manca chi specula, manipolando le coscienze attraverso informazioni che rappresentano la realtà in modo scorretto e fomentando, così, pregiudizi che, oltretutto, ostacolano una possibile futura integrazione. Non manca neppure chi approfitta indegnamente dei migranti per trarne guadagno illecito e truffaldino, come la vicenda di Roma ha portato alla luce. SONO Accanto a PERSONE questo, non UMANE possiamo non CHE vedere quanDESIDERANO ta generosità di accoglienza UNA VITA molte comuniDIGNITOSA tà stanno sviPER Sé luppando non E PER senza grande I FIGLI impegno e tanti sacrifici. La Chiesa con le varie caritas parrocchiali e diocesane sta facendo uno sforzo notevolissimo, non sempre sufficientemente apprezzato nella sua vera portata. Molto volontariato, in silenzio, sta offrendo un esempio luminoso di generosa solidarietà e accoglienza. Il Papa, fin dall’inizio del suo pontificato, ha individuato questa situazione come una questione che interpellava fortemente la coscienza sociale e la realtà ecclesiale. Non a caso la sua prima uscita è stata a Pantelleria, mettendo sotto gli occhi dell’intera comunità internazionale il dramma umano che si stava consumando sulla porta di casa nostra. Da allora la situazione non è certo migliorata e molta ipocrisia è scivolata sull’acqua che, lontano dagli occhi, ingoiava con abbraccio mortale sempre più migranti. I morti nel mediterraneo si contano ormai a decine di migliaia e le carrette del mare (chiamarle navi o barche sarebbe troppo generoso), cariche fino all’inverosimile di migranti, si sono moltiplicate. Il Giubileo della Misericordia Di fronte all’impressionante ondata di tanta umanità in cerca di un luogo in cui trovare speranza di una vita migliore – spesso per evitare guerre, fame e violenza per sé e per i figli – e che proviene da quelle che il Papa chiama “periferie geografiche ed esistenziali” del mondo, occorre che interroghiamo le nostre coscienze e che non soffochiamo quel senso di umanità che è in noi. Il Papa scrive nella Misericordiae vultus, la bolla con la quale indice il Giubileo della Misericordia: «Non cadiamo nell’indifferenza che umilia, nell’abitudinarietà che anestetizza l’animo e impedisce di scoprire la novità, nel cinismo che distrugge. Apriamo i nostri occhi per vedere le miserie del mondo, le ferite di tanti fratelli e sorelle privati della dignità, e sentiamoci provocati ad ascoltare il loro grido di aiuto… Che il loro grido diventi il nostro e insieme possiamo spezzare la barriera di indifferenza che spesso regna per nascondere l’ipocrisia e l’egoismo» (n. 15). Si tratta di un invito che deve far riflettere tutti, cristiani e no. Il cristianesimo ha contribuito a creare condizioni di convivenza pacifica tra popoli e nazioni, sia pure con processi non sempre facili e che hanno avuto bisogno di secoli, diffondendo la verità fondamentale che tutti apparteniamo all’unica famiglia umana, la famiglia di Dio, e che condividiamo tutti un’uguale dignità umana, al di là di ogni altra appartenenza sociale, economica o di qualsiasi altro genere. Il Giubileo della Misericordia deve aiutarci a recuperare non tanto una misericordia fondata su una compassione emotiva, quanto sulla dignità di figlio di Dio che appartiene ad ogni essere umano. 4/2015 31 ETICA E Ospitalità NON CADIAMO NELL’INDIFFERENZA CHE UMILIA... APRIAMO I NOSTRI OCCHI PER VEDERE LE MISERIE DEL MONDO, LE FERITE DI TANTI FRATELLI E SORELLE PRIVATI DI DIGNITà Solo su questa verità fondamentale si possono superare anche quegli egoismi particolaristici da cui è minacciata la nostra opulenta modernità e che potrebbero segnare il suo fallimento. I muri dell’egoismo, regionale, nazionale o internazionale, non costruiranno una società più umana per il domani, neppure per i nostri figli. L’indifferenza verso il grido dei poveri non può sperare di costruire una società più giusta e più pacifica, ma prepara sicuramente drammi più gravi per tutti. L’Europa, patria dei diritti umani, non può diventare l’Europa degli egoismi e della negazione dei diritti umani alla libertà e alla giustizia. plesse, che hanno bisogno di risposte a più livelli, locale, nazionale e internazionale. Occorre, quindi, che i responsabili evitino semplificazioni che non porterebbero molto lontano nella ricerca di soluzioni efficaci. 1. È assolutamente necessario interrogarsi con onestà e fino in fondo sulle cause di questi fenomeni migratori dal sud del mondo verso il nord più ricco, che spesso vive agiatamente proprio a causa di un mercato e di un commercio internazionale che li ha resi poveri e bisognosi di tutto, spingendoli a lasciare il proprio paese e la propria casa. Pur senza voler finire in facili e generiche colpevolizzazioni: siaUna questione mo proprio certi di non avere complessa da colpe in quanto sta avvenendo? affrontare É più facile denunciare la negaa diversi livelli tività del risultato, che guardare alle sue cause, soprattutto quanÈ ovvio che ci troviamo di do in queste c’è una qualche refronte a questioni molto com- sponsabilità propria. 32 4/2015 In ogni modo, se non si cerca di far fronte onestamente e con giustizia alle cause, individuandole senza chiusure di principio, la misericordia di un’accoglienza pur doverosa, rischia di essere un pannicello caldo con il quale cerchiamo di curare qualcuno, mentre continuiamo a provocare o a mantenere situazioni che ne richiederanno sempre di più. A pagare tutto questo sono persone umane, che desiderano, come noi, una vita non di stenti, ma dignitosa per sé e per i propri figli. 2. Ma è altrettanto necessario che si dia anche una risposta immediata a chi sbarca sulle nostre coste, bisognoso di tutto: si tratta di uomini, donne e bambini. L’accoglienza e il corretto SENZA discernimento MISERICORDIA delle condizioVERSO IL ni di ciascuno BISOGNOSO (altro sono i NON CI mercanti di uomini – i nuovi PUò ESSERE schiavisti –, alVERA tro sono coloGIUSTIZIA ro che fuggono dalla violenza con rischio della vita) non può essere rifiutata. Certo non possono essere trascurate dai responsabili della società civile le questioni strategiche della legalità e della pacifica convivenza da custodire per il bene di tutti, ma esse non possono neppure essere drammatizzate, magari solo per conquistare qualche voto in più, al punto da far pensare che legalità e pacifica convivenza siano possibili senza operare per una giusta integrazione e non per un rifiuto pregiudiziale. Quando si innalzano muri preconcetti non si lavora per la pace, ma per la contrapposizione e per la divisione. 3. In un mondo globalizzato non possiamo illuderci che sia possibile mantenere il nostro alto livello di vita escludendo da esso una buona parte dell’umanità. Non si tratta solo di dare qualcosa a queste migliaia e migliaia di persone che premono ai nostri confini e che – non illudiamoci – né muri, né reticolati riusciranno comunque a fermare. Accoglierli è doveroso, organizzare un’accoglienza dignitosa di fronte ad un’emergenza umanitaria è sicuramente meritevole, ma dobbiamo fare tutti un salto di mentalità verso una maggiore apertura d’animo che ci porti a vedere in queste persone dei fratelli con cui condividere. Occorre offrire loro ospitalità, ma nello stesso tempo responsabilizzarli all’interno della realtà sociale nella quale sono venuti a inserirsi. Solo così sarà possibile un’integrazione sociale che ricadrà alla fine a vantaggio di tutti. evangelica di amore per gli ultimi e per i bisognosi. Il cristiano non può dimenticare che Cristo stesso è presente tra i “più piccoli”, e che alla fine della vita saremo giudicati dalla nostra risposta d’amore, come si legge nel Vangelo di Matteo nella parabola del giudizio finale (cap. 25, 31ss.). Con buona pace di chi non vuol capire, Papa Francesco ricorda, nella bolla di indizione del Giubileo che «essendo discepola di Gesù, la Chiesa è sempre chiamata ad “annunciare la liberazione a quanti sono prigionieri delle nuove schiavitù della società moderna”» (Misericordiae vultus, n. 16). Non significa dimenticare la legalità e la giustizia, ma ricordarsi che senza misericordia verso il bisognoso non ci può essere vera giustizia. Giustizia e misericordia sono due dimensioni di un’unica realtà. MOLTO VOLONTARIATO, IN SILENZIO, STA OFFRENDO UN ESEMPIO LUMINOSO DI GENEROSA SOLIDARIETà E ACCOGLIENZA coscienza vigile per evitare di non rendersi neppure conto di quanto sta accadendo accanto a noi, e, magari, continuare a credere di essere giusti davanti a Dio, dilapidando egoisticamente i beni della terra mentre il povero Lazzaro di turno muore ai nostri piedi senza che noi ci diamo da fare per evitare che ciò accada. L’accoglienza non è questione di ‘buonismo’ ingenuo dagli occhi chiusi e con le fette di salame sugli occhi, ma di Vangelo, quel Vangelo sul quale è La parabola del ricco Epulone nata e si è unita la nostra Euroe del povero Lazzaro (Lc 16, pa, che, troppo dimentica del19-31) deve continuare a inter- le sue radici, rischia sempre rogare la coscienza di ciascu- più di ricadere nelle spire degli no. Occorre mantenere una egoismi nazionali e localistici. La risposta del Vangelo della Misericordia Il Santo Padre invita i cristiani a riflettere durante il Giubileo sulle opere di misericordia corporale e spirituale, tra cui si trova quella di accogliere i forestieri. Ricordando il Vangelo della misericordia, egli vuole collegare in modo esplicito il fenomeno della migrazione con la richiesta 4/2015 33 PASTORALE E Ospitalità Serve una nuova Dove è finita la solidarietà? Quella semplice, umile che non si metteva in mostra, quella per cui non si faceva mancare il necessario al vicino di casa in difficoltà. Quella che non passava oltre. È fantasia della carità trascorso un po’ di tempo ma ritornano spesso alla memoria due immagini che sono arrivate come un pugno allo stomaco unite ad un assordante ma muto grido di dolore, quello che urla nel cuore e fa scuotere tutto dentro di te. Sono le immagini di Aylan, un bimbo di tre anni, con la sua maglietta rossa e i pantaloncini blu, steso inerme sulla sabbia, le piccole braccia lungo i fianchi… e quella corsa chissà verso dove, forse l’ennesimo confine da attraversare, di Osama Abdul Mohsen con in braccio il figlio Zaid di 7 anni, a lui avvinghiato, con la disperazione e l’angoscia sul volto, una corsa interrotta da uno sgambetto di una giornalista… ed eccoli rovinosamente a terra. Un nodo alla gola sale, non riesco a trattenere le lacrime… un infinito senso di impotenza misto a rabbia. Sospendiamo ogni giudizio morale ma riflettiamo. Questi siamo noi davanti a tanta sofferenza, che sembra solo “sfiorare” le nostre vite, il nostro quotidiano talvolta banale e uguale a se stesso? Capaci solo di essere spettatori, sì commossi ma che con un clic cambiano canale e tornano indifferenti davanti ai drammi umani? Perché in tutte queste storie ognuno di noi non si sente responsabile, non si domanda quale contributo può dare per accogliere il dramma umano che oggi si chiama, Aylan, Abdel, Adila, Francis o Stanley, che tentano di sfuggire ad un destino di guerra, persecuzione e morte. Sofferenza che si chiama anche Piero, Rosa, Giovanni o Irina che hanno perso il lavoro… Come mai, già da tempo, non abbiamo soffermato lo sguardo su 34 4/2015 Laura Maria Zorzella di loro, sull’esperienza drammatica che stanno vivendo? La storia umana si ripete: nella parabola del buon samaritano (Lc 10, 25-37) per tutti i personaggi che passano accanto al malcapitato il testo ripete l’espressione «vide…». Per due di loro l’inquietudine provocata dall’incontro con quel viaggiatore sfortunato si traduce in uno sguardo che non si sofferma. “Attualizzando il testo al nostro contesto, potremmo quasi sostituire quel «vide e passò oltre» con un «non lo vide» o addirittura con un «non lo vide per niente». Perché la consuetudine a non voler vedere crea una sorta di habitus, certo poco virtuoso, ma che quasi in automatico porta chi si ritrova involontario protagonista di una situazione inquietante a uscire di scena il più presto possibile. Ritengo che una delle difficoltà con le quali ci misuriamo oggi non sia appunto la mancanza di carità, ma piuttosto la possibile mancanza di «vista». (…) Il risultato è che la solidarietà e la carità rimangono valori, ma nel concreto latitano parecchio”. (Stefano Guarinelli, 2013, Il prete immaturo, Edizioni Dehoniane Bologna.) PASTORALE E Ospitalità Condividere il necessario Quindi dove è finita la solidarietà? Quella semplice, umile che non si metteva in mostra, quella per cui non si faceva mancare il necessario al vicino di casa in difficoltà. Quella che non passava oltre, che era capace di soffermare lo sguardo e con la compassione nel cuore, nel senso del sentirsi compartecipe della sofferenza altrui, si prestava a soccorrere, ad aiutare e sostenere, o, se nulla era più possibile, a rimanere accanto. Per fortuna non mancano testimonianze in tal senso neppure oggi, sia di ospitalità ai profughi, sia verso chi si trova in difficoltà lavorativa. Ciò che fa “scandalo” è la levata di scudi da parte di taluni che davanti all’uomo sofferente fanno la differenza per il colore della pelle, per la nazionalità o per il ruolo sociale. Quale atteggiamento pastorale ci viene chiesto? All’Angelus di domenica 8 novembre, Papa Francesco ci richiamava alla capacità di condividere il nostro necessario con chi ha bisogno... Ho pensato a lungo a quanto è difficile metterlo in pratica e mi riecheggiavano alcuni passi del Vangelo di Marco: Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!» (Mc 10,19...). Nei confronti di quel giovane Gesù mostra non soltanto approvazione, ma anche simpatia: lo “fissa e lo ama”. Ma la proposta di Gesù fa paura al giovane, che si allontana triste, “perché aveva molti beni”. Il suo attaccamento ai beni materiali è tale che non comprende che la sequela esige il primato di Dio rispetto a tutto. Ma questo è difficile anche per noi, che spesso non siamo capaci neanche di “vedere” chi ci passa accanto. Ecco io credo che Papa Francesco ci stia indicando la strada per “ritornare solidali”, riscoprire che una sola cosa ci manca: una frequentazione personale e quotidiana con Gesù, con la sua Parola, con la preghiera così da far crescere in noi la presenza dello Spirito di Dio che ci fa agire e vedere il prossimo come fratello, chiunque esso sia. lo sguardo sul fratello Oggi ci viene chiesto allora di essere ospitali, di “vedere” in ogni fratello che incontriamo il volto di Gesù e a provare a farci prossimo in qualche modo. Sono sempre più convinta che la nuova terra di missione sia laddove regna l’indifferenza, l’incapacità di essere uomini tra gli uomini. Una pastorale che inviti a riflettere sulla necessità di soffermare lo sguardo sul fratello o la sorella in difficoltà, a chiedersi cosa si può fare per alleviare la sua sofferenza, a domandarsi chi posso interpellare per dare un aiuto concreto. Non ci sono formule precostituite, bisogna imparare ad essere creativi e coraggiosi nel chiedere agli altri di camminare insieme a noi per provare anche strade nuove pensate e significate secondo gli inviti fornitici dal Vangelo, da Gesù: «Come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri» (Gv 13,34), «Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro» (Mt 7,12), «Va’ e anche tu fa lo stesso» (Lc 10,37)... come un “buon samaritano”… Certo, questo è difficile oggi anche per noi che, arroccati nelle nostre abitudini, temiamo di perdere le conquistate comodità. Ma queste situazioni di disagio assoluto quotidianamente ci interpellano come uomini e ancor più come credenti. Ci spingono ad uscire da noi stessi con cuore libero da pregiudizi e condizionamenti per poter scorgere nel volto dei fratelli stanchi, sconvolti e stremati da situazioni inumane, i tratti del volto di Gesù e accoglierli come persone aventi la stessa nostra dignità di figli di un unico Padre. Queste sono le premesse per valutare correttamente le situazioni, e così attraverso atteggiamenti e gesti concreti, poter alleviare qualche sofferenza e collaborare per realizzare progetti di aiuto concreto e dare un volto più umano alla società: «non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi» (Antoine de Saint-Exupéry, da Il Piccolo Principe). E l’essenziale è la vita divina che c’è in ciascuno di noi, in ciascun uomo, che necessita di essere accolta, custodita, coltivata, agita. 4/2015 35 PSICHIATRIA E Ospitalità SOLIDARIETà Non basta commuoversi, non basta emozionarsi, non basta sentirsi colpiti dal dolore, se questi sentimenti non si accompagnano a gesti concreti di solidarietà, che non possono essere uniformi C Eugenio Borgna ome è mai possibile ai profughi, ai migranti, a quelli in particolare che giungono dall’Africa straziati dal dolore e dalla fame, dalla paura e dalla disperazione, mettersi in relazione con noi che siamo così lontani dal loro linguaggio e dalle loro consuetudini di vita? Come appare loro il mondo senza le parole che consentano di parlare delle loro emozioni e dei loro pensieri, delle loro angosce e delle loro speranze, e di essere in un mondo diverso da quello che noi abitiamo così facilmente, e così spensieratamente? Ma, ancora, come ci è possibile avvicinarsi al loro mondo chiuso in una solitudine a noi radicalmente estranea, e a noi così oscura nei suoi significati, e nelle sue intenzioni? Non è davvero facile, e forse non è possibile, immergersi nella vita interiore, nella vita intenzionale, di migranti che hanno perduto tutto, e non hanno nemmeno più le parole che dicano l’infinito loro dolore. La comunicazione difficile Ma ciascuno di noi dovrebbe essere almeno sfiorato dal pensiero della comunicazione difficile che ci separa gli uni dagli altri, e dalla esigenza etica di ricercare la sola comunicazione ancora possibile; quella fondata sul linguaggio dei gesti e delle lacrime, del sorriso e della solidarietà. Certo, quanti intralci psicologici e politici nel ripensare ai modi possibili di parlarsi, fra noi e gli altri, non con il linguaggio delle parole, ma con quello del silenzio e del corpo vivente, e nondimeno a questa sfida non dovremmo rinunciare, nel segno di un comune destino di dolore e di speranza. 36 4/2015 Ma ci si parla in un solo modo, nel modo della solidarietà, che smorza le differenze e le dissonanze fra noi e gli altri, fra il nostro linguaggio e il non-linguaggio dei migranti. La comunicazione difficile si trasforma allora in comunicazione aperta ad una impossibile speranza. Accoglienza Sono persone giovani e anziane, padri e madri, bambini e adolescenti, e, quando le vediamo, siamo capaci di sorridere loro, di dare loro la mano, di guardarli come persone lacerate dalla solitudine e dalla angoscia, dallo sconforto e dalla disperazione, bisognose di ogni cosa materiale, ma anche di un gesto che dia loro il senso di una vicinanza umana e cristiana? UNA Ci sentiamo SOLIDARIETà chiamati anche noi, nei DIFFICILE nostri cuori, a QUELLA CHE rispondere al I MIGRANTI loro grido di CHIEDONO E aiuto nel silenzio e nella CHE NOI diversità delABBIAMO IL le loro abituDOVERE UMANO dini e delle E CRISTIANO loro consueDI REALIZZARE tudini, dei loro costumi e della loro fede? Sono domande alle quali non è possibile non rispondere, è dovere e obbligo morale, come Francesco da Roma ci ha subito chiesto con parole ferme e intrepide, coraggiose e splendenti della luce dell’amore e della carità. Non è possibile sfuggire al fascino e alla bellezza delle sue parole, e dei suoi gesti, che infrangono, o almeno dovrebbero infrangere, ogni nostra incertezza e ogni I CONTRIBUTI PERSONALI SONO FORSE POCA COSA NEI RIGUARDI DEI BISOGNi E DELLE ATTESE DEI MIGRANTI MA LA SPERANZA CRISTIANA NON CI PUò NON SOLLECITARE ALLA SOLIDARIETà salvezza possibile per sé e per i propri figli. Ma questa accoglienza costa fatica ed esige impegno, non solo pubblico ma personale, e anche le nostre abituali parole, con cui cerchiamo di testimoniare il dovere morale della accoglienza, si sbriciolano nelle sabbie mobili delle nostre indifferenze, e anche solo delle nostre stanchezze e delle nostre preoccupazioni. Forse, solo se riconosciamo il valore non solo ideale, ma concreto, di quella che è possibile chiamare comunità di destino, ritroviamo parole che ci impegnano sui fronti aperti di una accoglienza che ha come suo comune denominatore il rivivere la solitudine, l’angoscia e la disperazione dei migranti, dei Siamo profughi, come se fossero la tutti migranti? nostra solitudine, la nostra angoscia e la nostra disperazioSì, siamo tutti migranti, una ne. Se non viviamo il nostro splendida immagine, che uni- incontro con i migranti come versalizza immediatamente una sfida ai nostri egoismi, la connotazione umana della e come un richiamo ad una accoglienza a chi da terre lon- profonda, anche se difficile, tane si allontana in vista di una solidarietà, non riusciremmo nostra ambiguità, ogni nostra indifferenza e ogni nostra pigrizia, ogni nostro egoismo e ogni nostra fuga dalle responsabilità. Certo, non basta commuoversi, non basta emozionarsi, non basta sentirsi colpiti dal dolore, se questi sentimenti non si accompagnano a gesti concreti di solidarietà, che non possono essere uniformi, ma che devono rispondere alle diverse forme di solidarietà alle quali siamo chiamati, e l’importante è non fermarsi alla commozione interiore, e invece renderla operante. Mai, forse, come in queste circostanze drammatiche, la voce che risuona della nostra fede e della nostra speranza deve essere ascoltata. 4/2015 37 PSICHIATRIA E Ospitalità mai a dare un senso all’infinito dolore nel quale loro sono immersi quando cercano disperatamente di ritrovare la patria perduta, e una qualche forma di sopravvivenza. La speranza Come ha scritto un grande filosofo tedesco, Walter Benjamin, la speranza è data a noi, che almeno temporaneamente l’abbiamo nel cuore, solo a favore di chi la speranza ha perduto. La speranza è l’anima di una comunità di destino nel senso che i sacrifici necessari a realizzarla non saranno mai trascesi se non c’è in noi la fiamma inestinguibile della speranza: non ovviamente delle speranze quotidiane, così fragili e così effimere, ma della speranza della quale parla San Paolo nella Lettera ai Romani: «Infatti nella speranza siamo stati salvati, e una speranza visibile non è speranza, poiché ciò che si vede come si può ancora sperare? Noi speriamo ciò che non vediamo, e attendiamo pazientemente». Questa è la speranza che ci consente di essere solidali, al di là della complessità delle cose, con chi ha perduto tutto, ed è anche la speranza, che vive nel cuore dei migranti, di riavere un futuro se non per sé almeno per i propri figli. La speranza è del resto profondamente intrecciata alla carità, l’una e l’altra stelle del mattino che non si spengono nemmeno nelle notti oscure dell’anima alle quali tutti, migranti o non migranti, non possiamo sfuggire in vita. 38 4/2015 La conclusione Una solidarietà difficile, questo non si può non riconoscerlo, quella che i migranti chiedono, e che noi abbiamo il dovere umano e cristiano di realizzare senza esitazioni, sia pure nella consapevolezza che anche tante persone italiane vivono in condizioni di estrema indigenza, che non infrequentemente sconfinano nella povertà radicale: testimoniata dalle cose angoscianti che si toccano con mano nelle periferie delle grandi città. Ma, se questo è vero, e i contributi personali sono forse poca cosa nei riguardi della ampiezza dei bisogni e delle attese dei migranti, la speranza cristiana non ci può non sollecitare ciascuno di noi a questa che ho chiamata solidarietà difficile, e che è in ogni caso solidarietà alla quale non è possibile alla coscienza umana e cristiana non venire incontro. Queste mie considerazioni non vorrebbero se non essere la espressione di una comune partecipazione alla immensa sofferenza dei migranti che senza più patria, e immersi nel dolore, giungono da noi. L’umanità in viaggio: l’esperienza dell’IRCCS San Giovanni di Dio di Brescia per il disagio Giovanni Battista psichico nel migrante Tura S tanziali o migranti? Nomadi o radicati ad ogni costo alla propria terra? È una domanda trasversale alla storia dell’uomo, in parte impegnato in fatiche estreme per rimanere nella terra natia anche se arida o gelida, in parte in continuo spostamento alla ricerca di nuovi mondi che rendano l’esistenza possibile, migliore o sempli- cemente più bella. Ma non c’è libro della storia degli uomini, non c’è epoca, non c’è latitudine o longitudine che non siano ampiamente narratori del viaggio dell’umanità, alla ricerca di altro. Perché, allora, così intensa la luce dei riflettori puntati sui migranti, oggi, nella nostra società? Innumerevoli le risposte: forse la più condivisibile è quella che la parte di umanità che ci appartiene è quella che in questa epoca storica ci mette in discussione con noi stessi. L’umanità in viaggio: migranti per scelta, per bisogni economici, migranti forzati, viaggi pianificati, persone da sempre predestinate al viaggio o uomini costretti dalla notte all’alba alla fuga; un’umanità in viaggio con il proprio bagaglio, a volte contenibile nelle tasche del primo paio di calzoni infilati prima di fuggire. Ma sempre, indissolubilmente, nel bagaglio del viaggio, il RISULTA NECESSARIO IL RICONOSCIMENTO DELLA CENTRALITà DELLA SINGOLA PERSONA E DEL SUO MONDO PERSONALE proprio mondo psichico, personale, unico e profondo. Il proprio mondo psichico, con le proprie armonie e con le proprie fragilità; un bagaglio che ogni uomo in viaggio cerca di proteggere, di custodire, di mascherare, a volte di nascondere, ma che non può essere annullato, omologato e che inevitabilmente diventa spesso il carattere identificativo e relazionale più intenso e vero. Una parte di sé che ineludibilmente ogni uomo in viaggio non può non mettere in gioco, sia per ciò che da lui dipenda sia per ciò che da fuori gli venga richiesto. A volte le fragilità psichiche, nonché i disturbi classicamente intesi, sono già nel bagaglio di partenza del viaggio; magari, nel mondo da dove si parte, queste fragilità vogliono dire altro, possono essere qualcosa di familiare per la cultura che le vede nascere; magari nel mondo da cui si parte queste fragilità trovano risposte tali da armonizzarle con il resto della persona e non generare specifica sofferenza. E può essere proprio il viaggio nella sua natura traumatica a farle emergere, più critiche, e a generare la sofferenza prima sopita. Oppure proprio la natura traumatica del viaggio nel suo divenire ne può generare di nuove, forti, intense. E ancora, la traumaticità dell’approdo nel nuovo mondo e nella sua cultura può metterci alla prova, fino a far nascere reale sofferenza psichica il mondo interiore e profondo di ogni persona. Nuove regole, 4/2015 39 PSICHIATRIA E Ospitalità nuove prospettive, nuove di- aree e competenze, sociali, sanamiche interpretative, nuove nitarie, psicologiche, normanti idea di normalità, imperiose e e normative, organizzative e urgenti richieste adattive che gerarchizzanti, ma a chiederci non lasciano spesso scampo di essere incontrato e accolto alla fragilità. Dall’essere iden- come persona, e con i suoi bitificato membro di una fami- sogni, in sintesi elementari ed glia, di un clan, di una tribù, essenziali: una casa, un lavoro, di una cultura, portatore per uno spazio dignitoso per una specifici segni di valore fino a unica comune speranza. prova contraria, all’es- Al migrante Per questo, i fenomesere anonimo apparte- con un bisogno ni migratori obbligano nente di una massa di psichiatrico in un certo senso a cui, per gli stessi segni, ripensare la cura e la specifico si teme il disvalore fino viene offerto cultura della cura, ad a prova contraria. un percorso abbandonare i flussi Le osservazioni scienoperativi standardizprima tifiche e specifiche al zati e regolamentati a valutativo riguardo mettono in cui spesso si è ancoe poi evidenza, fra tanti, un supportivo rato il proprio agire dato cardine: l’impatto per ripartire da dubbi, con la nuova cultura, i micro- incertezze, magari incoerentraumi di una quotidianità che za, sicuramente sensazioni di non risponde a ciò che spera- ritrovata “debolezza” assistenvo, la precarietà del vivere nel- ziale e terapeutica da cui il nola terra d’approdo, hanno pari stro agire professionale “acculse non maggiore possibilità di turato” ci difendeva. generare e alimentare un trauma psichico rispetto al trauma Lo sviluppo che ha reso necessario il viag- del disturbo gio; la battaglia di ogni giorno nel migrante traumatizzante come e più della guerra da cui si scappa, Assistiamo ad un’inversione di della violenza di cui si è stati direzione dell’etnopsichiatria, vittima, proprio secondo il no- ovvero non più l’osservazione stro codice di identificazione del disagio psichico nel contee ponderazione del disturbi sto di insorgenza, ma lo sviluppsichico. po del disturbo nella cultura Ed è questa la dimensione del paese di accoglienza del psichica che noi incontriamo migrante, e al grande rischio nell’incontrare l’umanità in di leggere come patologico ciò viaggio, sia nel suo mantener- che invece è spiegabile seconsi armonica sia nella sua più o do altre direzioni di senso se meno palese fragilità. lette alla luce del contesto che È ogni uomo, con il proprio li hanno generati. carattere, con la propria iden- Assistiamo a tempi e setting tità minata, con la propria sto- nuovi, in cui il bisogno della ria e con la propria progettua- persona è unico, contemporalità prospettica, a chiederci di neo, urgente, attuale, mentre non essere dimensionato in noi cerchiamo di sezionarlo e 40 4/2015 UMANITà IN VIAGGIO CON IL PROPRIO BAGAGLIO A VOLTE CONTENIBILE NELLE TASCHE DI UN PAIO DI CALZONI sequenziarlo in un flusso irrealistico: prima le norme, poi la salute, poi mille prove, poi le promesse, poi, forse, le prime risposte. L’accessibilità ai servizi da parte del migrante può essere fortemente condizionata da diversi fattori: lo status giuridico del soggetto, le possibilità economiche dell’utente e le sue necessità, la presenza di barriere fisiche e/o organizzative all’accesso, l’informazione sanitaria. Ecco perché, chi si voglia o debba occuparsi di migranti non piò non occuparsi anche del disagio psichico, e non può non imporsi un lavoro fatto nell’ottica del dialogo tra le varie figure professionali e nella tendenza on-going di evitare l’applicazione acritica del modello di cura occidentale agli utenti migranti e ricadere in una incomunicabilità culturale e operativa. Una collaborazione specifica In questa direzione, e nel carisma specifico che ci richiama all’attenzione speciale per le nuove povertà, per le nuove fragilità, il Centro S. Giovanni di Dio di Brescia ha messo in atto una attività specifica, mettendo a disposizione le proprie competenze e le proprie risorse, declinate al meglio nell’accoglienza del disagio psichico dell’umanità in viaggio. Il contenitore per questa opera, da un lato responsiva di bisogni, dall’altro occasione di irripetibile opportunità di esperienza formazione e crescita culturale per i propri operatori, è stato il rispondere a richiesta di collaborazione di agenzie del territorio locale vocate all’accoglienza e alla gestione dei migranti richiedenti asilo. Nello specifico, partendo da progetti mirati e in costante evoluzione, è nata fin dal 2012 una collaborazione con Asso- ciazione “ADL a Zavidovici” (ente impegnato da sempre nello specifico servizio per i migranti richiedenti asilo); una nuova collaborazione sta poi per essere formalizzata con una èquipe di lavoro in partnership con il Comune di Brescia, anch’essa dedicata. Perché una collaborazione specifica? Al disagio psichico del migrante vanno riservati spazi e competenze dedicate o va forzata un’opera di integrazione con quanto già di diritto al cittadino autoctono? Come spesso nelle cose dell’uomo, la mediazione è la risposta più efficace. Se da un lato è vero che il fenomeno della migrazione è così diffuso che ormai ogni attività di servizio alla persona non può non sviluppare competenze e capacità per il migrante, è altrettanto evidente che l’accessibilità ai servizi da parte del migrante può essere fortemente condizionata da diversi fattori: lo status giuridico del soggetto, le possibilità economiche dell’utente e le sue necessità, la presenza di barriere fisiche e/o organizzative all’accesso, l’informazione sanitaria, la rigidità dei modelli valutativi e gestionali. Per tale evidenza, un’èquipe del Centro, di tipo multidimensionale, e grazie all’opera di facilitazione resa possibile dalle Direzioni, ha dato vita in questi anni ad una intenza attività in tale senso. Tramite la mediazione e il primo filtro operato dalle agenzie territoriali preposte, si sono attivati contatti per migranti il cui disagio psichico mostrasse carattere e intensità diversi e più richiestive di quanto non sia il disagio ordinario d’accompagnamento al viaggio. Risposte personalizzate e d’insieme L’ottica degli interventi, prima valutativi e poi supportivi, ha voluto necessariamente essere attenta alla prospettiva epistemologica sopra descritta, cercando di dare risposte personalizzate e d’insieme, senza cadere nella trappola del predeterminismo culturale dei sistemi di cura. È stata così avviata un’esperienza che ci ha costretto e consentito di modificare i nostri approcci e di pensarne di nuovi, rendendo possibile anche all’equipe del Centro un proprio viaggio migratorio in mondi diversi. Operativamente, alla persona che mostri per sua stessa richiesta e ammissione o per quanto intuibile nelle convivenze quotidiane un bisogno psichico specifico, viene offerto un percorso IL PROPRIO prima valutativo MONDO (con strumenti mirati a tener PSICHIATRICO, conto delle molUNA PARTE teplici interfeDI Sé renze culturali, CHE OGNI in primis quelUOMO IN la linguistica e quella della sco- VIAGGIO NON larizzazione), e PUò NON poi supportivo in diverse dire- METTERE IN GIOCO zioni. In base a esigenze e prerequisiti, attivati percorsi di supporto psicologico, piuttosto che farmacologico, fino ad accompagnare ove necessario la persona in percorsi 4/2015 41 PSICHIATRIA E Ospitalità più strutturati (programmi di degenze mirate o comunitarie dedicate). Non da ultimo, il supporto medico/legale di settore per tutte quelle situazioni in cui il disagio psichico, così come raccomandato dalla Unione Europea, non sia il fattore che genera la condizioni di diritto ad essere accolti se sostenuti nei paesi di approdo. La collaborazione fin ad ora attivata ha richiesto interventi di varia natura per circa trenta persone all’anno. In quasi tutti i casi dopo la fase valutativa sono stati attivati percorsi psicoterapici di sostegno e nel 50% dei casi anche un supporto farmacologico. Per alcune persone il percorso ha richiesto degenze nelle Unità operative dell’IRCCS. In molti casi, poi, dove il bisogno di sostegno psichico si prospettava di lunga durata e necessitante di interventi territoriali, si è provveduto all’affiancamento e all’affidamento a strutture territoriali specifiche (CPS, CRA, Comunità Protette). Riconoscimenti sul campo L’esperienza fin qui condotta ha consentito all’èquipe del Centro di ottenere un riconoscimento specifico sul campo; da qui l’attivazione di convenzioni con altre realtà territoriali, in primis quella con il Comune di Brescia in via di perfezionamento. Sempre sulla scorta dell’esperienza maturata, all’èquipe del Centro è affidato anche la docenza del corso di Psichiatrica transculturale, unico insegnamento per ora attivato presso l’Università degli Studi di Bre42 4/2015 BISOGNA EVITARE L’APPLICAZIONE ACRITICA DEL MODELLO DI CURA OCCIDENTALE AGLI UTENTI MIGRANTI scia in campo etnopsichiatrico. L’esperienza fin qui condotta ha permesso di confermare e consolidare le intuizioni e le evidenze iniziali: sempre più risulta necessario nell’intervento etnodiretto il riconoscimento della centralità della singola persona e del suo mondo personale, con un andamento necessariamente plastico rispetto ai modelli predeterminati. E questo in ogni atto della sequenza del progetto, dalla valutazione all’orientamento diagnostico, dalla valutazione del funzionamento della persona alla stesura del suo percorso riabilitativo e integrativo, dalla visione necessariamente olistica della dimensione della salute ad una personalizzazione della cura farmacologica, dove l’interferenza culturale sull’accettazione, l’interpretazione e l’adesione ad un intervento attraverso i farmaci richiede intuitivamente uno sforzo in- formativo, educazionale e motivazionale specifico. In sintesi, la possibilità di agire come operatori sanitari nel mondo della migrazione, la possibilità di intercettare questo nuovo bisogno e di muoversi attraverso dinamiche spesso sconosciute richiedono agli operatori dell’IRCCS dedicati di riportare la persona al centro dell’azione e di rinnovare lo slancio professionale, senza i meccanismi eccessivamente codificati e standardizzati quali rischiano di diventare le prassi di cura convenzionali e ordinarie. L’esperienza descritta, e che proseguirà nel breve e nel medio termine, si connota quindi come valido esempio di sinergia fra la possibilità per il Centro di fornire e offrire uno specifico servizio alla persona, e nel contempo quella di crescere in conoscenza e competenza, come reali compagni di strada dell’umanità in viaggio. Gravi disturbi di personalità: conoscenza, diagnosi, cura Paolo Cozzaglio I nstabilità emotiva, difficoltà nelle relazioni, perdita di lavoro, abuso di droghe e di alcol, autolesionismo, impulsività, senso penoso di vuoto e solitudine … Sono alcune manifestazioni di un disturbo borderline di personalità, spesso scambiate per un “carattere difficile”, “svogliatezza”, “poca volontà”. Il 9 ottobre si è tenuto nel Centro Sant’Ambrogio Fatebenefratelli di Cernusco sul Naviglio il convegno “Il trattamento riabilitativo dei gravi disturbi di personalità: realtà, criticità, prospettive” che ha tratteggiato lo stato dell’arte della cura dei gravi disturbi di personalità. «Il trattamento dei disturbi di personalità più gravi pone particolari problemi di complessità e di efficacia, e richiede un approccio multiprofessionale – spiega Paolo Cozzaglio, primario dell’area psichiatrica del Centro –. Il senso di disgregazione della personalità di questi pazienti e la conseguente percezione del rapporto con gli altri come “buono o cattivo”, “bianco o nero”, in una continua mutevolezza di sentimenti opposti, rende difficile il trattamento con un unico terapeuta. Per questo il trattamento riabilitativo mirato in comunità terapeutica psichiatrica può essere la forma di cura di elezione per le personalità più sofferenti: l’equipe tera- peutica multidisciplinare offre a questi pazienti la possibilità di fare esperienza di un ambiente variegato ma coerente, che sappia accogliere le manifestazioni più clamorose del disagio senza pregiudizi e, al contempo, sappia offrire una modalità alternativa di approccio per affrontare la sofferenza». Il Provinciale fra Massimo Villa ha aperto i lavori del convegno con il saluto di tutta la Provincia Lombardo-Veneta: «I Fatebenefratelli, da sempre impegnati nell’accoglienza del disagio psichiatrico e attenti ai bisogni della persona sofferente, non potevano trascurare le patologie sociali emergenti». Gian Marco Giobbio, direttore medico del Centro Sant’Ambrogio, ha introdotto il tema sottolineando- ne la portata: «I gravi disturbi di personalità coinvolgono, secondo le stime, almeno dall’1 al 3% degli adolescenti della popolazione normale e circa il 4% dei giovani adulti. Sono una patologia sfuggente, difficile da inquadrare e da capire per chi ti sta vicino. Spesso conosciuti e raggruppati sotto il termine borderline, costituiscono in realtà una molteplicità di manifestazioni diverse di personalità a disagio con sé stesse e nel rapporto con gli altri». I relatori hanno poi delineato gli aspetti più rilevanti della cura del disturbo. Massimo Fontana ha evidenziato l’importanza di una diagnosi corretta ed esaustiva, proponendo l’utilità della descrizione dei disturbi di personalità con il Manuale Diagno- 4/2015 43 stico Psicodinamico (PDM). In seguito si è parlato della cura e della ricerca. Antonio Vita di Brescia ha rivisitato l’approccio psicofarmacologico al disturbo indicando i criteri basati sull’evidenza per la ricerca di una buona pratica clinica. Roberta Rossi e Riccardo Barbarotto hanno correlato la ricerca neuropsicologica e gli studi di neuroimaging con l’efficacia della psicoterapia. Paolo Cozzaglio, Eleonora Lo Presti e Nina Letizia hanno illustrato il modello psicoanalitico, teorico e pratico, alla base della proposta terapeutico-riabilitativa della Comunità “San Riccardo Pampuri” del Centro cernuschese; una CRA (comunità ad alta intensità riabilitativa) accreditata e contrattualizzata con la Regione Lombardia dedicata alla cura dei disturbi di personalità. Nel pomeriggio, dopo l’intervento di fra Marco Fabello, che ha proposto l’Ospitalità come sintesi di ricerca, cura e dimensione spirituale, sono stati affrontati altri aspetti rilevanti della cura dei disturbi di personalità. Manuela di Rosa, del Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura di Melzo, ha affrontato la gestione delle crisi dei pa- 44 4/2015 zienti borderline e le difficoltà inerenti all’organizzazione dei servizi in ospedale. Massimo Clerici di Monza, invece, ha trattato la sempre più frequente comorbidità con l’uso di droghe e alcol. Stefania Greppo e Monica Zentellini, infine, hanno sottolineato l’approccio terapeutico dei disturbi di personalità in comorbidità con i disturbi del comportamento alimentare, quali anoressia, bulimia, binge eating disorder, nella Comunità “La casa di Bianca” del Centro Sant’Ambrogio. Il convegno ha evidenziato che il termine borderline indica una patologia di gravità “a confine” tra i disagi psichici minori e le malattie più gravi quali le psicosi o la schizofrenia. La reale gravità di questi disturbi, l’impatto sociale e la sofferenza conseguente non è da sottovalutarsi, sebbene chi ne affetto possa apparire normale, soprattutto rispetto alle gravi alterazioni mentali caratteristiche delle patologie psichiatriche più conosciute. Già ai primi del ‘900 Kurt Schneider, psichiatra tedesco, descriveva le “personalità che soffrono e fanno soffrire la società”. Oggi soprattutto, i gravi disturbi di personalità e la psicopatologia emergente a loro associata sono l’espressione più peculiare del disagio psichico nell’attuale contesto storico. Per questo la letteratura scientifica è fiorente e autori di diversi approcci metodologici come Kernberg, Linehan, Gunderson, Mc Williams, se ne occupano a tutto campo. Il disturbo borderline di personalità rappresenta effettivamente un importante problema di salute pubblica per l’alta prevalenza nella popolazione generale come nella popolazione clinica. Spesso, è associato ad altre patologie psichiatriche che peggiorano la prognosi. Numerosi studi internazionali hanno confutato tuttavia la tesi dell’immodificabilità di questo disturbo sottolineando la necessità di trattamenti tempestivi e specifici, che troppo spesso, purtroppo, non sono erogati in Italia. Il convegno – come ha concluso Gian Marco Giobbio al termine dei lavori – è stata l’occasione per fare il bilancio di questi anni di trattamento e per confrontarsi con gli esperti italiani del settore. Numerosa è stata la partecipazione di psichiatri, medici, psicologi, educatori e operatori nel settore delle cure psichiatriche. FILOSOFIA DI VITA E Ospitalità Accogliere la vita con misericordia Maurizio Schoepflin «G esù, il nuovo Adamo, inaugura con il suo concepimento verginale la nuova nascita dei figli di adozione nello Spirito Santo per la fede. “Come è possibile?” (Lc 1,34). La partecipazione alla vita divina non proviene “da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio” (Gv 1,3). L’accoglienza di questa vita è verginale perché è interamente donata all’uomo dallo Spirito. Il senso sponsale della vocazione umana in rapporto a Dio si compie perfettamente nella maternità verginale di Maria». Le parole appena citate sono tratte dal paragrafo numero 505 del Catechismo della Chiesa Cattolica e ci pongono immediatamente di fronte a una fondamentale verità: la Rivelazione cristiana ha inizio con un atto di accoglienza, quello di Maria che dice il suo “sì” a Dio, che l’ha scelta come Madre di Gesù. «Maria Vergine – si legge ancora nel paragrafo n. 511 del Catechi- «La rapina, la frode e il furto non consistono solo nel rubare i beni altrui, ma anche nel non dare agli altri parte dei propri beni» smo – “cooperò alla salvezza dell’uomo con libera fede e obbedienza”. Ha detto il suo “fiat” “loco totius humanae naturae” – in nome di tutta l’umanità”». Dunque l’accoglienza riveste un ruolo fondamentale nell’economia della salvezza, dal momento che il “sì” di Maria segna l’inizio della “nuova alleanza”, quella che Dio stipula con tutti gli uomini. Far entrare in casa propria Oggi il termine è diventato di stringente attualità, ma la sua storia è antica. Dal punto di vista biblico, accogliere significa soprattutto aprire la porta allo straniero o al viandante, far entrare in casa propria, e pertanto il concetto di accoglienza contiene in sé un’azione concreta. Nella 4/2015 45 FILOSOFIA DI VITA E Ospitalità Sacra Scrittura troviamo molti esempi al riguardo: Abramo che riceve con tutti gli onori e rifocilla i tre uomini che si erano presentati presso la sua tenda (Genesi 18), Raguele che ospita i propri fratelli Azaria e Tobia e concede a quest’ultimo in moglie la figlia Sara (Tobia 7), Davide che prende Betsabea nella sua dimora (2 Samuele 11). Soffermandoci poi sul Nuovo Testamento, basta ricordare l’accoglienza che Marta riserva a Gesù quando lo fa entrare nella sua casa (Luca 10), oppure quella piena di gioia con la quale Zaccheo riceve il Signore (Luca 19), o ancora l’ospitalità di Elisabetta nei confronti di Maria (Luca 1), o il benve- nuto che il padre dà al figliol prodigo che torna da lui e per il quale egli prepara una grande festa (Luca 15). Innumerevoli sono gli esempi che si potrebbero ancora citare, sia dal Vecchio che dal Nuovo Testamento. Ma non sono solo i testi sacri a ricono46 4/2015 scere una chiara centralità alla questione dell’accoglienza: guardando al ricchissimo patrimonio rappresentato dalla tradizione patristica, possiamo facilmente verificare che al suo interno la riflessione sui temi dell’ospitalità occupa un ruolo preminente. A questo proposito, mi limiterò a offrire soltanto qualche spunto di riflessione, giovandomi della testimonianza di pochi significativi autori, ben sapendo che moltissime sarebbero le fonti a cui attingere. Nei suoi Discorsi sul povero Lazzaro, egli affronta la questione del rapporto tra le varie classi sociali e prende le difese dei più indigenti servendosi della parabola del ricco epulone e del povero Lazzaro. Il Crisostomo auspica una società accogliente, nella quale i poveri possano vivere accanto ai ricchi e trovare sempre misericordia e accoglienza nel cuore dei cristiani e della Chiesa. Nella seconda delle sette omelie che costituiscono l’opera, l’autore scrive: «Infatti è un furto anche il non dare Rapporto parte dei propri beni. Forse vi tra le classi sociali sembra stupefacente quanto affermo, ma non vi stupirete: Giovanni Crisostomo scrive infatti, a partire dalle Scrittuun’opera interamente dedi- re divine, vi offrirò una testimonianza, che dice come la rapina, la frode e il furto non consistono solo nel rubare i beni altrui, ma anche nel non dare agli altri parte dei propri beni». A tale riguardo, Giovanni cita il passo biblico nel quale Dio rimprovera i giudei per aver raccolto i frutti della terra senza aver offerto le decime, il che significa aver derubato i poveri, e continua: «Siamo pertanto parsimoniosi, come se le ricchezze non fossero nostre. Solo così diverranno nostre. Come saremo parsimoniosi? Quando non le impieghiamo per il superfluo e non solamente per le nostre necessità, ma quando le districata a tale tematica. Dottore buiamo nelle mani dei poveri». della Chiesa, nato ad Antiochia verso il 349, egli fu monaco e Mistero predicatore eccelso, patriarca della misericordia di Costantinopoli, della cui corte sferzò il lusso e la mollezza, Anche il Papa Leone Magno, la qual cosa gli costò la deposi- nei suoi Sermoni quaresimazione e la deportazione sul Mar li e sulle collette affronta la questione della misericordia Nero, dove morì nel 407. divina, che è l’esempio che il cristiano deve seguire costantemente. Definito da Giovanni Cassiano “vanto della cattedra di Roma”, Leone sedette sul soglio di Pietro dal 440 al 461. Fu uomo di profonda cultura, moderato e al contempo dotato di grande autorevolezza. Ristabilì la pace nella Chiesa della Gallia e dette un contributo decisivo alla soluzione regno celeste: e il donatore di delle grandi dispute cristolo- cose terrene diventa erede di giche del suo tempo. Difese quelle eterne». Pressante è il riRoma e la civiltà occidentale chiamo di Papa Leone Magno dalla minaccia di Unni e Van- alla generosità misericordiosa dali. Tutti e 19 i sermoni della verso il prossimo: egli afferma Quaresima sono una medi- che tutti, non solo i ricchi ma tazione profonda sul mistero anche i poveri, devono aiutadella misericordia dalla qua- re il prossimo, perché, seppur le Dio si è fatto guidare per «disuguali nelle loro possibilità venire in aiuto degli uomini. di donare, tuttavia sono simiLeone, fine psicologo e pasto- li per il sentimento interiore. re ansioso del bene del greg- […] Se allora qualcuno è stretge che gli è affidato, si rende to dalle angustie di una poverconto delle debolezze umane tà così grande che non arriva a e coltiva il senso della elargire due monete a «LA giustizia come modeun povero, trova negli razione, convinto che CARITà insegnamenti del Sila bontà e il perdono gnore come fare per è di Dio superano infiniadempiere al dovere tamente ogni comune partecipazione della benevolenza. alla mezzo di riconciliazioPerché certo chi offrine. A tale proposito, sofferenza rà un bicchiere di acnel Sermone 21 sotqua fresca a un povealtrui» tolinea come le colpe ro avrà la ricompensa possano essere cancellate me- della sua azione, dal momento diante le elemosine, che «in- che il Signore predispone per fatti sono i frutti della carità, i suoi servi tante facili vie per e noi sappiamo che “la carità l’acquisto del suo regno, che copre una moltitudine di pec- anche l’offerta dell’acqua, il cati”». E ancora, nel Sermone cui uso è gratuito e disponibi23 pronuncia le seguenti paro- le per tutti, non rimane senza le: «Abbiano compassione dei premio» (Sermone 31). poveri coloro che desiderano essere perdonati da Cristo. Impegno Siano generosi nel donare il per la giustizia cibo ai miseri coloro che desiderano giungere a far parte Anche Gregorio Magno ebbe della comunità dei beati. […] Il la costante preoccupazione di cibo del povero è il prezzo del richiamare i fedeli alla carità. Papa dal 590 al 604, Dottore della Chiesa, nato a Roma verso il 540, egli profuse grande impegno nella predicazione, ritenendo che l’evangelizzazione fosse il compito principale e determinante per ogni cristiano. Intrattenne buoni rapporti con l’Oriente e favorì la conversione al cristianesimo di goti, longobardi e angli. Tra le sue Lettere, molte sono dedicate all’amore del prossimo e all’impegno per la giustizia. La carità – afferma Gregorio – non si risolve nella beneficenza, ma è innanzitutto partecipazione alla sofferenza altrui, secondo il comandamento dell’amore. Tuttavia, quando si rivolge ai confratelli vescovi, il santo Pontefice è sempre preoccupato di fornire indicazioni concrete circa l’aiuto ai poveri, ai prigionieri, ai malati. E non si esime dallo sferzare chi, anche nella Chiesa, è troppo disinvolto di fronte al denaro e alla proprietà, diventando causa di ingiustizia. Sulla scia del luminoso insegnamento contenuto nella Bibbia, fin dalle origini i cristiani compresero che la carità operosa che si fa accoglienza e ospitalità rappresenta un segno distintivo della fede in Gesù Cristo. 4/2015 47 Ospitalità E CONSACRAZIONE Sulle onde tra naufraghi e profughi Giovanni Cervellera Sono in un locale con mia moglie a bere una birra, mentre con la fantasia andiamo a ricordi piacevoli e prospettiamo il futuro, per quanto sia possibile farlo. La fantasia ci aiuta. Al tavolo accanto, alcuni amici che si raccontano. Non posso fare a meno di ascoltare alcune frasi, dalle quali capisco che uno di loro ha da poco vissuto un’esperienza interessante. E siccome sono alla ricerca di uno spunto per l’articolo sulla rivista, non posso resistere dal chiedere se posso rivolgere qualche domanda. Giuseppe, così si chiama il giovane che ho ascoltato parlare, è un marinaio imbarcato su una delle navi che pattugliano il mediterraneo. Stava descrivendo agli amici alcuni particolari dell’ultima missione al recupero di profughi in bilico tra le sponde italiane e quelle libiche. Rimango colpito dall’intensità emotiva del suo racconto e da lì parto con l’intervista. 48 4/2015 H o percepito una certa concitazione nelle tue parole che mi sembri proprio toccato dall’esperienza con i profughi. Puoi raccontarmi questa vicenda? Stavo proprio dicendo ai miei amici che nonostante il fatto che da anni sentiamo le storie di questi barconi stracarichi di persone che vogliono venire in Europa, ritrovarsi in quella situazione è tutt’altra cosa. Il mare, che spesso immaginiamo come un luogo dalle vicende più avventurose, solcato da splendide navi e yacht extralusso, è invece un posto terribile per tanta gente. Quando sono rientrato per questa licenza, i primi giorni non riuscivo neppure a parlare, non trovavo le parole per raccontare la miseria e la disperazione sui volti, insieme al desiderio di una nuova vita. Poi, non ho resistito e ho voluto dire che cosa ho provato. Devono essere state emozioni molto forti… Non puoi neppure immaginare quanto! E non sono le condizioni terribili in cui devi fare certe operazioni, è proprio quello che leggi sul volto delle persone che ti stampa un ricordo che non si cancella e ti fa interrogare sempre di più sulla società che abbiamo costruito nel tempo; sul rispetto che abbiamo verso chi è povero; sul livello della nostra solidarietà. La difficoltà della lingua non sembra neppure esistere: si capisce subito che cosa vogliono. Alla base, i bisogni umani essenziali sono davvero pochi e su quelli nasce una grande intesa. prima. Meno male che la temperatura era ancora buona. Ci siamo avvicinati con le scialuppe e abbiamo fatto salire sulla nostra nave il maggior numero Come è stato il primo possibile di persone. Poi ci siasoccorso in cui ti sei ri- mo diretti verso le coste italiatrovato? ne, seguiti dal barcone. Siamo usciti con la nostra nave e in molti pensavamo per una delle tante esercitazioni. Certo, il tempo dichiarato di permanenza aveva fatto nascere qualche sospetto, ma abbiamo scacciato l’idea di doverci ritrovare a soccorrere poveri sudici, malconci e magari infetti. Era l’ultima cosa che avremmo desiderato. Ad un certo punto però, i motori del catorcio non hanno retto e abbiamo dovuto far salire tutti. La nostra nave era al collasso, fortunatamente non eravamo lontani dall’Italia. In quelle ore non abbiamo potuto fare molto, se non dare qualcosa da bere e da mangiare e cercare di scaldare i più infreddoliti. ACCANTO A NOI C’ERANO PERSONE FERITE DALLA VITA E PER LORO ERAvamO LA SALVEZZA Durante la notte veniamo svegliati di soprassalto e ci viene ordinato di allestire i soccorsi per un barcone che sta affondando al largo. Davanti a noi un qualcosa che era difficile chiamare nave o barca, stava a galla a malapena e non si riusciva a capire quanto fosse il numero di passeggeri: ovunque spuntavano teste. Quando hanno visto la nostra nave, alcuni si sono buttati in acqua per cercare di raggiungerci Ma non avevate paura del contagio, di qualche malattia? Certo che avevamo paura. Ma in quel momento non era il timore di beccarsi qualche virus, ma la preoccupazione più forte era l’incapacità di far fronte a quella drammatica situazione. Ma come eravamo arrivati a quel punto? Perché finire così? Dovevamo salvare quella gente. 4/2015 49 Ospitalità E CONSACRAZIONE Le discussioni sui giornali e in TV, se bisogna accogliere solo i profughi richiedenti asilo oppure tutti, in quel momento non esistevano. Accanto a noi c’erano persone ferite dalla vita. Noi eravamo solo più fortunati e per loro eravamo la salvezza. Non vi è venuta la tentazione di lasciarli al loro destino? Assolutamente no. Pensare certe azioni è solo per chi se ne sta comodo nel proprio salotto a scovare come fare per arricchirsi. Qualche anno fa sono stato in missione su una nave che è approdata anche al sud delle coste africane. Lì, ho visto le condizioni della gente e di come vengono sfruttati spesso dagli occidentali. Come ti sei ritrovato a fare il marinaio? Sono nato sulla costa nord della Sicilia, quella che guarda l’Italia, e il mare ha sempre fatto parte della mia vita. È stato quasi naturale entrare in Marina. Volevo un semplice posto di laIL VOLTO DELLE PERSONE voro, senza pretese, dare il mio TI STAMPA UN RICORDO contributo semplice, insomma, CHE NON SI CANCELLA senza perderci il sonno. Speravo di non dover capitare in siNEL TEMPO, LA DIFFICOLTà tuazioni di guerra e invece ho DELLA LINGUA dovuto partecipare anche ad NON SEMBRA ESISTERE azioni con un certo rischio. Ho capito che una parte della Poi, ci siamo ritrovati in queste nostra ricchezza si basa sul la- operazioni che davvero ti fanvoro di povera gente a cui non no perdere il sonno, e non tanviene dato, a volte, neppure il to per la pericolosità, ma pernecessario per sfamarsi. Se è ché vedi le condizioni e capisci così, penso che dobbiamo re- il valore della vita e di come il stituire qualcosa a chi è stato benessere possa rendere ciechi tolto. E se le nostre società di di fronte alla miseria. benestanti arricchiscono a danno degli altri, forse è tempo di Cosa si dovrebbe fare, secambiare direzione. Ripeto, condo te, per tentare di avrei preferito non essere in risolvere questi drammacerte situazioni, ma alla fine mi tici esodi di migranti? ci sono trovato. Dopo quelle prima operazione Sinceramente non lo so. Sono di soccorso, ce ne sono state cose di cui si devono interestante diverse. Alcune più ri- sare i politici, gli imprenditori, schiose di altre ma tutte ugual- gli economisti. Occuparsi di mente coinvolgenti. migliorare le condizioni nelle 50 4/2015 terre di origine, perseguire la criminalità più o meno organizzata che c’è dietro certi traffici, garantire buone condizioni di accoglienza… ma ho l’impressione che questo movimento di popoli sia troppo grande da fermare. Finora chi si è dato più da fare è stata la gente semplice, quella che non si fa troppe domande. Ricordo i pugliesi che negli anni novanta accoglievano gli albanesi, o gli abitanti di Lampedusa che non si sono mai rifiutati di dare un pezzo di pane e tante altre popolazioni generose delle coste al sud Italia. Questa gente sta facendo la storia. A questo punto il mio interlocutore viene richiamato dai suoi amici. Saluto Giuseppe e gli chiedo di salutarmi i suoi compagni, quelli che affrontano questa sfida senza porsi troppe domande e che di fronte alle situazioni sanno rimboccarsi le maniche e agire: lo chiede la legge del mare, lo chiede la legge della vita e della solidarietà. Mentre si allontana mi viene da associare la figura di questo semplice marinaio con quella di Simone di Cirene. Quest’ultimo si era trovato per caso quel giorno a Gerusalemme, dove pensava di partecipare da turista alla festa, magari di concludere qualche buon affare e invece si ritrovò a portare la croce di uno che neppure conosceva. Non avrebbe mai voluto e invece fu costretto. Di lui non viene riportata nessuna parola, i Vangeli ne parlano solo per due righe, ma dopo duemila anni lo ricordiamo ancora. E noi che pensiamo che sono i grandi a fare la storia! ERBE E SALUTE PROFUGHI, MIGRANTI ED... C’ è una relazione tra questi temi che, in modo diverso, ci coinvolge tutti e la manifestazione da poco conclusa? «C’era una volta un Dio buono e misericordioso che dopo aver creato l’uomo e la donna li sistemò in un giardino florido e verdeggiante dove essi non avrebbero mai patito la fame. E Dio disse: “Ecco io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra, e ogni albero fruttifero che produce seme: saranno il vostro cibo”» (Genesi 1,29) (Foto a lato) L’immigrazione sta assumendo le forme di un fenomeno epocale: una miriade di abitanti della terra fuggono dalla miseria e dalle guerre perché vogliono vivere e far vivere meglio i loro figli. Una povertà che non ha respiro e che spinge all’esclusione una fetta consistente di cittadini. In questi tempi l’argomento mi sembra interessante perché ormai è emergenza e come tutte le situazioni urgenti richiede risposte veloci. Lorenzo Cammelli Sono un agronomo e come dicevano tanti anni fa mio padre e ancora prima mio nonno «i contadini ci insegnano a proteggere i semi, le piante, l’acqua e i suoli, ma ci mostrano soprattutto come gioire della bellezza delle piccole cose e come ap- Il tema dei profughi e dei migranti coinvolge anche i paesi più ricchi, quale sarà “l’offerta” che troveremo tra i bancali dei Supermercati e nei negozi di “cibi etnici” in particolar modo quella riferita alle spezie, alla frutta, ai legumi, ai cereali. prezzare quella saggezza che ci permette di proteggere la terra per le generazioni future». Poiché il tema dei profughi e dei migranti coinvolge, oggi più che mai, anche i paesi più ricchi ho cercato di capire quale sarà “l’offerta” che, sempre più spesso, troveremo tra i bancali dei Supermercati e nei negozi di “cibi etnici” in particolar modo quella riferita alle spezie, alla frutta, ai legumi, ai cereali. L’offerta, per evidenti ragioni, 4/2015 51 ERBE E SALUTE rivoluzionerà il sistema alimentare di profughi e migranti ed eviterà la distruzione dei loro “saperi tradizionali”, delle loro culture millenarie e delle loro esperienze. Per saperne di più e per rendermi conto se ci fosse una relazione tra migranti, profughi ed Expo 2015 ho visitato a più riprese la manifestazione che ha affrontato a livello globale le tematiche legate al cibo in base allo slogan “Nutrire il pianeta, Energia per la vita”. Un tema che ha riguardato molto da vicino le piante e l’ecosistema globale e che ha parlato di cibo di qualità, protezione delle specialità locali e delle specie animali e vegetali a rischio. Ho visitato i padiglioni dei paesi più ricchi e mi hanno stupito le dimensioni incredibili della parete vegetale di Israele con piante alimentari diverse (foto in alto); un concetto presente anche nel grande padiglione USA con verdure in verticale alimentate da un futuribile sistema idroponico (foto sotto), ma ho visitato con maggior interesse quelli dei paesi più poveri che da indagine stilata dallo HUMAN DEVELOPMENT REPORT http://hdr.undp.org/en sono: Congo: 300 dollari circa il PIL pro capite, Liberia: 350 dollari circa il PIL pro capite, Burundi: 400 dollari circa il PIL pro capite, Guinea-Bissau: 500 dollari circa il PIL pro capite, Sierra Leone: 700 dollari circa il PIL pro capite, Zimbabwe: 714 USD circa il PIL pro capite, seguiti a ruota da Afghanistan, Bangladesh, Cambogia, Congo, Eritrea, Etiopia, Gabon, Gambia, Haiti, Laos, Madagascar, Mali, Mauritania, Nepal, Ruanda, Somalia, Sudan, Togo, Zambia. Nei padiglioni dei paesi più poveri hanno suscitato il mio interesse tanti vegetali di cui non conoscevo l’esistenza e la provenienza (foto in alto a destra). Eccone alcuni: • Gombo (Abelmoschus esculentus) È presente in tutte le regioni tropicali e subtropicali del mondo: dall’Africa all’estremo oriente e fino al nuovo mondo. 52 4/2015 Il gombo si è ambientato perfettamente anche in Italia in particolar modo nelle regioni meridionali. Tuttavia, si può coltivare con successo anche a ridosso delle Alpi. Non ha particolari esigenze, se non quella della temperatura mite, ha bisogno di almeno 20° C per fruttificare. Iniziare la semina in primavera, quando non ci sono più rischi di gelate tardive. Ci si può regolare seguendo il periodo ideale per gli zucchini. I semi del gombo sono grossi, vigorosi e germogliano velocemente. Si possono seminare nelle appositi contenitori alveolati o interrare direttamente nell’orto, avendo cura, in ogni caso, di ricoprirli con almeno due centimetri di terra. Lasciare una distanza di 40 cm. tra le piante, che si svilupperanno particolarmente in altezza, potendo superare abbondantemente due metri. Fortunatamente non ha bisogno di un tutore come i pomodori. Dopo i primi fiori, la pianta comincia a fruttificare velocemente. La raccolta va effettuata quando i frutti sono ancora piccoli (tra i 5 e i 15 cm. in funzione delle cultivar) e teneri. Resiste bene anche con scarsa sottile e lanoso, può raggiungere i 12 metri di lunghezza. È coltipresenza d’acqua. vata in tutte le regioni tropicali Proprietà e utilizzo: è un del globo a scopo alimentare, ortaggio poco calorico e ricco di per via dei tuberi ricchi di amivitamine. Contiene una sostan- do che assomigliano a una pataza mucillaginosa utile per alcuni ta dolce. problemi intestinali o per la preparazione di prodotti di bellez- Proprietà e utilizzo: ha atza per la pelle e per i capelli. Il tività antiossidante e antidolorigusto è leggero e delicato. Può fica. Le specie conosciute sono ricordare vagamente i fagiolini circa 600 e molte di esse sono o gli asparagi. I frutti possono state utilizzate dall’industria faressere consumati sia crudi in in- maceutica per la sintesi di stesalata sia cucinati. È un ortaggio roidi. In tempi antichi l’ignam ideale per la preparazione di sal- veniva utilizzato soprattutto per se, piatti stufati o minestre. Può curare i reumatismi e i dolori di essere anche fritto o preparato varia natura. La fitoterapia moderna suggerisce l’utilizzo per in conserva. trattare i caratteristici sintomi della sindrome premestruale e • Ignam quelli tipici della menopausa, ma i suoi estratti vengono anche utilizzati in preparazioni a uso topico per il trattamento dei problemi cutanei legati a squilibri di tipo ormonale. • Manioca è una delle principali fonti di Nota anche come dioscorea o cibo per molte popolazioni yam, è una pianta erbacea pe- africane e la radice, che viene renne lianiforme il cui fusto, trasformata in farina, è la terza più importante fonte di carboidrati nei Paesi tropicali, assieme all’ignam e all’albero del pane. La radice è lunga fino a 80 centimetri con un diametro di circa 5 cm. che si assottiglia a una estremità, come una carota. Una ragione che spiega l’aumento della domanda di manioca è anche l’attuale prezzo sostenuto dei cereali. Questo la rende un’alternativa valida al grano e al mais, in quanto può essere trasformata in una farina di alta qualità la “tapioca” che può in parte sostituire quella di frumento. Proprietà e utilizzo: ha un tubero commestibile che contiene una polpa dura, bianca o giallastra, racchiusa in una scorza spessa pochi millimetri, ruvida e marrone. 4/2015 53 ERBE E SALUTE La radice è ricca di carboidrati, mentre le tenere foglie contengono fino al 25% di proteine, ferro, calcio e vitamine A e C una radice che viene trasformata in farina. • Quinoa (Chenopodium quinoa) è un’erbacea annuale originaria del Sud America che cresce ad altezze comprese tra i 1.800 e i 5.000 metri e che viene erroneamente considerata un cereale; in realtà è strettamente imparentata con la pianta degli spinaci e delle barbabietole e non con la famiglia delle graminacee come il frumento. La Bolivia ed il Perù sono il luogo di origine della quinoa; in questi luoghi la sua coltivazione avviene ancora secondo metodi tradizionali tramandati di generazione in generazione. È una delle piante con più proprietà nutritive al mondo; anche se viene utilizzata come un cereale, a causa del suo contenuto abbondante di amido, tuttavia la quinoa non contiene glutine ed è indicata nella dieta delle persone con problemi legati alla celiachia. Contiene le vitamina A, vitamine B1, B2, B3, B5 B6, la vitamina C, vitamina J ed E, quest’ultima molto importante per le sue proprietà antiossidanti. 54 4/2015 Benin lo si utilizza in occasione di grandi eventi come matrimoni, battesimi e altre cerimonie. Proprietà e utilizzo: ha un valore equivalente più o meno a quello del riso, con un buon contenuto di calcio, magnesio, zinco. Contiene due aminoacidi come la metionina e cistina, che sono essenziali dato che l’organismo umano non è in grado di sintetizzarli e devono essere assunti tramite l’alimentazione. Rispetto ad altri cereali ha un contenuto più alto in carboidrati e meno in proteine e lipidi. È privo di glutine, ma ricco di fibre e lo si raccomanda nell’alimentazione per gli anziani, per i diabetici, le persone con problemi digestivi e bambini. In cucina può essere utilizzato per preparare dolci, couscous, pane, polpette. Proprietà e utilizzo: è un alimento idoneo per l’alimentazione moderna e molto utile per quelle persone che si sottopongono a diete dimagranti ed hanno così bisogno di energie e minerali senza dover assumere alimenti che appesantiscono ed ingrassano. È ricca di fibre che donano a questo alimento un alto potere saziante oltre a renderlo molto indicato in caso di costipazione: una tazza di semi di quinoa contiene circa 20 grammi di fibra. Grazie all’abbondanza di magnesio la quinoa è in grado di prevenire malattie cardiova- Dopo la visita a Expo 2015 sono scolari, aritmie, ipertensione e tornato a casa con i miei bambiaiuta a rilassare i vasi sanguigni. ni con le impressioni forti della grande e preziosa diversità dei • Digitaria Exilis popoli, che hanno in comune, tutti, l’esigenza di rivedere ciò che stiamo facendo sul nostro pianeta. Mai come oggi mi sovviene ciò che scriveva nel 1° secolo d.C. Lucio Giunio Moderato Columella, autore dell’Arte dell’agricoltura: «sarebbe sciocco credere che la terra, che ha avuto in sorte una giovinezza eterna simile a quella degli dei, e vien l’immigrazione di etnie dell’A- detta madre di tutte le cose perfrica verso i paesi dell’Europa, ha ché tutte le ha prodotte, si sia portato di recente nuovi cibi: uno invecchiata come una creatura degli ultimi ad arrivare è il fonio. mortale. Dai contadini nascono Uno dei cereali più antichi che si gli uomini più forti e i più validi conosca tanto che i semi di fonio soldati: è là che si realizza il più sono stati trovati nelle tombe dei giusto guadagno, il più saldo, il faraoni. Si tratta di un cereale del- meno esposto al malanimo alle famiglia del miglio: c’è il fonio trui, e chi è occupato in questa bianco quello più noto e il fonio attività è alieno più di ogni altro nero. In Senegal, Ciad, Togo e da cattivi pensieri». FEDE E Ospitalità Luca Beato o.h. San Riccardo Pampuri: APOSTOLICAMENTE OPEROSO SPIRITO MISSIONARIO A 360 GRADI Il suo amore per le Missioni estere era enorme. Ogni mese, quando riceveva lo stipendio, correva alla Posta per spedire pacchi di roba e soldi. Diceva che il suo stipendio lo investiva all’estero perché rendeva di più. S an Riccardo Pampuri è stato definito apostolicamente operoso, ma io credo sarebbe meglio dire “missionario a 360 gradi”. La capacità di svolgere dell’apostolato richiede un substrato di fede viva e di capacità di aprirsi agli altri per comunicare la propria esperienza vitale. San Riccardo non ha avuto bisogno di aspettare l’Enciclica Lumen fidei di Papa Francesco per sapere che la fede non è una semplice adesione intellettuale ad una serie di dogmi, ma la presa di coscienza di essere amati da Dio: il che ci apre alla fiducia nella sua iniziativa di salvezza mediante l’opera di Gesù Cristo e indirizza la nostra vita alla via buona del vangelo sulle tracce del suo insegnamento. La fede viva quindi è sempre accompagnata dalla speranza e dalla carità e comporta la conversione del cuore. La fede va professata, ed ecco le varie professioni di fede (Credo). La fede va celebrata, ed ecco la Liturgia, specialmente la S. Messa. La fede va vissuta mediante la pratica delle opere di giustizia e di carità. La fede viva illumina tutta la nostra vita e riempie il cuore di gioia. San Riccardo è un esempio eccelso di un’esistenza illuminata da fede ardente. In tutti gli stati di vita in cui si è trovato: studente, soldato, medico condotto e frate, ha sempre saputo mantenere un atteggiamento di serenità e di gioia, che merita la nostra considerazione e la nostra ammirazione. 4/2015 55 Comunicare agli altri la fede La fede viva, unita a un carattere gioioso e socievole, dà origine all’apostolato vero, non di facciata, ma di sostanza. È l’esigenza profonda di comunicare agli altri la propria esperienza spirituale. L’Amore è come la tosse, non lo si può nascondere. San Riccardo era un innamorato di Dio e di Gesù Cristo, ed era impossibile nascondere questa realtà; essa trapelava da tutto quello che diceva, faceva e scriveva. Nel Collegio Sant’Agostino durante le Scuole medie ed il Ginnasio era il primo della classe, ma con il suo modo di fare tranquillo, accattivante, piacevole, si faceva ben volere da tutti ed era sempre disponibile ad aiutare i compagni più deboli e in difficoltà. L’ambiente studentesco universitario, in cui regna Bacco, Tabacco e Venere vede per contrasto un Pampuri che non si ubriaca, non va a donne, non dice scurrilità e per giunta fa la comunione tutti i giorni e inserisce Dio in quasi tutti i suoi discorsi. Studia Medicina, ma coltiva l’idea di farsi prete o frate. Tutto ciò poteva essere considerato una debolezza, da prendere di mira con apposite frecciate, ma lui era intelligentissimo e dotato di una dialettica formidabile per cui tutti lo rispettavano. Per gli universitari cattolici c’è il Circolo Severino Boezio, fondato dal sacerdote Giuseppe Ballerini, uno dei maggiori apologeti del suo tempo e futuro Vescovo di Pavia. Ecco cosa attesta del nostro Santo: «Il circolo universitario Severino Boezio va glorioso del nome del carissimo dottor Pampuri e gli è assai debitore perché vi 56 4/2015 SAN RICCARDO SEPPE TRASFORMARE LA SUA PROFESSIONE MEDICA IN MISSIONE DI CARITà portò più soci lui col suo esempio e con l’intemerata sua vita che non tutte le conferenze e gli altri mezzi di propaganda, compreso, non arrossisco a dirlo, il mio personale interessamento». Durante il servizio militare San Riccardo, come caporalmaggiore della Sanità, in un ambiente dominato dalla mentalità agnostico-positivista degli ufficiali medici, in mezzo a quello “scempio della povera carne umana”, faceva dell’apostolato discreto tra i malati, procurando i sacramenti a chi ne aveva bisogno e dicendo parole di conforto a tutti. Nella rotta di Caporetto, invece di pensare a mettere in salvo la propria pelle, come tutti gli altri, rischiò la vita per salvare il materiale sanitario del suo ospedale da campo, prezioso per la cura dei i suoi commilitoni feriti o malati. Il dottor Carità Di San Riccardo la preghiera liturgica della S. Messa dice che “seppe trasformare la sua professione medica in missione di carità”. È la definizione sintetica della sua opera di medico condotto a Morimondo (1922-1927), mentre il popolo, andando alla spiccia, gli affibbiò il titolo significativo di Dottor Carità. Oltre a scrivere una bella ricetta, mette sotto il foglio i soldi per acquistare le medicine in farmacia e poi magari fa arrivare il pollo a casa per il brodo. La giornata di Pampuri a Morimondo cominciava sempre con S. Messa e Comunione eucaristica della Chiesa dell’Abbazia adiacente alla sua abitazione. Qui alimentava la sua fede che gli faceva vedere nei suoi malati il Cristo sofferente e quindi cominciava subito il suo giro di visite, saltando spesso anche la colazione, con grave disappunto della sorella Margherita, che si era messa a suo servizio con amorevole sollecitudine per la sua salute e la sua buona riuscita in ambito professionale. Verso sera, finito il giro delle visite, lasciava cavalla e calesse, entrava in chiesa per una visita al SS. Sacramento, si inginocchiava e restava a lungo immerso nella preghiera al punto da dimenticarsi della cavalla, che quando era stufa andava a casa da sola, e per la cena spesso dovevano chiamarlo più volte. Come un FEDE E Ospitalità mistico godeva di stare alla presenza di Dio e la sua anima entrava in una grande pace interiore. Il Pampuri era anzitutto un bravo medico. Visitava coscienziosamente i suoi malati, andava volentieri lui da loro in bicicletta o con il calesse tirato dalla cavalla Tosca fornitagli dallo zio Carlo, risparmiando loro tanti viaggi al suo ambulatorio. Con i malati problematici faceva ripetute visite al giorno. Ben presto si acquistò la stima dei suoi colleghi che lo chiamavano per consulti medici. ALL’EMERGENZA Avendo a che BISOGNA fare con una RISPONDERE p o p o l a z i o n e COI FATTI molto povera, E NON CON LE lui benestante si POLEMICHE sentiva in doveA BRESCIA re di fare qualI FATEBENEFRATELLI cosa per loro. HANNO Infatti, se uno ACCOLTO è povero, cosa 180 serve fargli una PROFUGHI bella diagnosi, se poi non può curarsi? E cosa serve stabilire una bella cura se poi non c’è la dieta adatta? Ecco allora che Riccardo, talvolta, oltre a scrivere una bella ricetta, mette sotto il foglio i soldi per acquistare le medicine in farmacia e poi magari fa arrivare il pollo a casa per il brodo. Se incontra per strada un povero con le scarpe rotte gli dà le sue, se ha bisogno della giacca gli dà la sua e perfino se gli occorre un materasso gli dà il suo. Alle critiche di sua sorella e dei colleghi medici per la sua prodigalità risponde con una scrollata di spalle. Alla sorella Margherita faceva spesso delle sorprese portan- do a casa a mangiare senza preavviso qualche poveraccio. Ma bisogna sapere che c’erano anche i pranzi programmati con certa povera gente. A un povero sempre in debito col fornaio prendeva il libretto e gli saldava il conto. Il medico suo successore al vedersi presentare questo libretto andò su tutte le furie sbottando: «Ho famiglia io, non sono mica un ente di beneficenza». Ma cosa diceva il Pampuri ai suoi malati? Noi non lo sappiamo con precisione, perché non ci sono testimonianze dirette. I suoi gesti premurosi di carità sono già un’evangelizzazione. Ma il Pampuri nella sua vita di fede viva crede nella vittoria della vita sulla morte anche quando la medicina si arrende. Sostiene quindi nella speranza della vita eterna i malati gravi ed innalza preghiere al Signore con essi e i loro familiari. Cuore missionario Non è fuori luogo affermare che San Riccardo aveva uno spirito missionario a 360 gradi, che manifestava in tutte le sue relazioni con il prossimo. Lo spirito missionario era già vivo in Casa Campari e Pampuri, dove Riccardo era nato e cresciuto e si traduceva in sostegno concreto alle missioni estere. C’era addirittura una sorella di Riccardo missionaria in Egitto, Maria, di otto anni più vecchia di lui, alla quale egli era molto affezionato: l’anno che era stato a Milano per la Scuola le aveva fatto da mammina. A 23 anni si era fatta suora nella Congregazione della Suore Francescane Missionarie d’Egitto prendendo il nome di Longina. Con essa ha mantenuto una continua corrispondenza e a lei chiedeva preghiere per ottenere luce sulla sua scelta di vita e per la buona riuscita della sua vita professionale. Anche Riccardo avrebbe voluto fare il missionario, ma era perfettamente conscio che non gli era proprio possibile farlo, date le sue precarie condizioni di salute. Una volta, infatti, aveva tentato di farsi ricevere come catechista in un Ordine missionario, ma la sua richiesta era stata respinta. Il suo amore per le Missioni estere era enorme. Ogni mese, quando riceveva lo stipendio, correva alla Posta per spedire pacchi di roba e soldi. Diceva che il suo stipendio lo investiva all’estero perché rendeva di più. Allora lo Zio Carlo investiva un altro stipendio sul territorio per Riccardo, perché rendesse il suo frutto qui ed ora. In pratica gli riempiva di viveri il calesse tutte le volte che andava a trovarlo. Con questo spirito, se non poteva andare a convertire i pagani in Africa, si sforzava di convertire i “pagani di ritorno” cioè gli Italiani che si erano al4/2015 57 DURANTE IL SERVIZIO MILITARE FACEVA DELL’APOSTOLATO TRA I MALATI E RISCHIò LA VITA PER SALVARE IL MATERIALE SANITARIO DEL SUO OSPEDALE DA CAMPO lontanati dalla Chiesa. Ecco quindi il suo impegno nelle molteplici forme di apostolato parrocchiale: Catechismo, Buona stampa, Azione Cattolica, Banda musicale, Teatro, Esercizi spirituali dai Gesuiti a Triuggio. E non sorprende che sia arrivato alla creazione della Commissione missionaria parrocchiale. L’occasione gli fu offerta dalla visita di un prete milanese, don Luigi Ghezzi, che era andato a propagandare le missioni a Morimondo. Di questa Commissione egli fu Presidente, Segretario e Tesoriere. Fu così che nacque il legame con l’ufficio diocesano milanese dell’Unione missionaria del Clero, dove conobbe don Riccardo Beretta, che divenne suo direttore spirituale e gli aprì la via verso l’Istituto religioso ospedaliero dei Fatebenefratelli. Attualità di San Riccardo Pampuri Noi Fatebenefratelli abbiamo una grande stima ed ammirazione per San Riccardo Pampuri, innamorato di Dio e di Cristo, che vedeva e curava amorevolmente nei suoi malati e da buon Fatebenefratello si sforzava di incarnare nell’oggi 58 4/2015 il “carisma dell’Ospitalità” secondo lo stile di San Giovanni di Dio. Oltre che nella devozione essa si esprime anche nel fatto di avergli dedicato due cose importanti ed emblematiche: l’Asilo notturno di Brescia; la Viceprovincia africana Togo-Benin. Siamo certi che se San Riccardo non fosse morto tanto giovane, ma fosse campato 88 anni, come sua sorella missionaria Suor Longina, avrebbe avuto modo di condividere pienamente le iniziative missionarie dei Fatebenefratelli in Africa e la lotta alle nuove povertà della nostra società. Problema del giorno Stiamo vivendo il gravissimo problema dei profughi che fuggono dai paesi di persecuzione e di guerra, e che per arrivare fino a noi affrontano pericolosi viaggi nei barconi con il rischio di morire annegati. Non c’è solo il piccolo Aylan trovato morto sulla spiaggia di Bodrum, la cui foto ha commosso il mondo intero. Sono migliaia e migliaia di persone, come un Esodo biblico. Ma non tutti si commuovono di fronte al dramma di questa povera gente. C’è chi polemizza e perfino chi alza i muri o stende il filo spinato contro di loro. Se incontra per strada un povero con le scarpe rotte gli dà le sue, se ha bisogno della giacca gli dà la sua e perfino se gli occorre un materasso gli dà il suo. I Fatebenefratelli, senza attendere l’appello accorato del Papa, hanno dimostrato la loro disponibilità all’accoglienza di un certo numero di profughi. A Brescia nell’Asilo notturno San Riccardo Pampuri, ne vengono accolti 180. Poi a gruppi di 20, quando hanno svolto le pratiche mediche e giuridiche per la richiesta di asilo politico, vengono trasferiti negli Alberghi. All’emergenza bisogna rispondere con i fatti e non con le polemiche. Ma anche noi siamo d’accordo che è preferibile, in linea di massima, aiutare la povera gente nel luogo dove si trova. I Fatebenefratelli italiani hanno cominciato negli anni ’50 del secolo scorso ad aprire ospedali in Africa (Chisimaio in Somalia 1956, Afagnan nel Togo 1964 e Tanguiéta nel Benin 1970) ed hanno creato le Scuole per infermieri ad Afagnan, la Scuola elementare cattolica “Père Chazal” a Tanguiéta, la piccola Scuola della Pediatria dell’Ospedale di Tanguiéta e promosso le Vocazioni religiose indigene. Dal 1996 in supporto ai Fatebenefratelli è sorta l’Associazione benefica “Uniti per Tanguiéta e Afagnan”, in sigla UTAONLUS, che fornisce agli ospedali africani un sostanzioso aiuto. Da più di 15 anni i religiosi africani hanno assunto la gestione di queste opere con la creazione della Viceprovincia San Riccardo Pampuri, anche se abbisognano sempre del nostro sostegno economico per curare i malati poveri. Con la benedizione di San Riccardo Pampuri speriamo che queste opere, in Italia e in Africa, possano continuare sempre più e sempre meglio a fare del bene a chi ne ha bisogno. Ospitalità NEL TEMPO Giusi Assi Il fuoco... quando fatti e responsabilità scottano e non si riesce a stare fermi «Iniziò in quella parte del Circo che confina lungo il Palatino e il Celio, dove il fuoco, scoppiato nelle botteghe che contenevano prodotti altamente infiammabili, divampò subito violento, alimentato dal vento, e avvolse il circo in tutta la sua lunghezza, visto che non esistevano palazzi con recinti o templi cinti con mura o qualcosa che potesse fermare le fiamme» (Tacito, Annali, XV, 38.2). È famoso l’incendio che nel 64 dopo Cristo ha devastato Roma, mentre Nerone stava a guardare. Nel tempo sono molti gli incendi che hanno provocato vittime, anche tra i soccorritori, e mandato in fumo le speranze di vita di moltissima gente. Nelle nostre ricerche abbiamo incontrato un paio di punti caldi che qui metteremo a fuoco. Il primo lo troviamo a Granada, in Spagna, nel XVI secolo: l’incendio dell’Ospedale Reale. L’Ospedale Reale di Granada non solo dava ricovero ai malati ma vi venivano rinchiuse anche le persone con patologie psichiatriche. Testimonia il fatto la biografia di San Giovanni di Dio: «Avvenne un giorno che nell’Ospedale Reale di Granata, fondato dai Re Cattolici Don Fernando e Donna Isabella, scoppiò un incendio così all’improvviso e con tanta furia, che devastò la maggior parte dell’ospedale; e appena si seppe, Giovanni di Dio accorse per soccorrere i poveri che vi erano assistiti; e fu tanta la sua sveltezza, vedendo il gran pericolo in cui essi si trovavano, che quasi da solo portò in salvo, sulle spalle, tutti i poveri, uomini e donne; …Avendo messo al sicuro i poveri, salì nella parte alta, dove maggiore era il pericolo, per aiutare a smorzare il fuoco; e, mentre si stava affaticando in questo, dall’uno e dall’altro lato esplose una gran 4/2015 59 fiamma e lo prese in mezzo; e , stando la gente a guardarlo dal basso, si levò un fumo tanto spesso, che tutti credettero che certamente la fiamma lo avesse bruciato e consumato. … Poco dopo, però, quando meno se lo aspettavano, lo videro uscirne libero e senza alcuna lesione, salvo che aveva soltanto le ciglia abbruciacchiate, essendo passato in mezzo alle fiamme, a testimonianza del prodigio che nostro Signore aveva operato per lui». Fortuna, coraggio e responsabilità. A molti sembrerà trattarsi di grandissima fortuna unita ad una buona dose di coraggio e incoscienza (magari più incoscienza che coraggio) quella di Giovanni di Dio; in realtà ciò che ha fatto muovere Giovanni era la responsabilità che sentiva nei confronti di fratelli più deboli e bisognosi di aiuto. Il vero prodigio che Dio “aveva operato in lui” non è tanto l’averlo fatto uscire incolume dalle lingue ardenti che stavano per avvilupparlo, quanto di averlo reso pienamente fratello dei malati; il coraggio, a questo punto, è solo una questione secondaria. Per coloro che sono stati soccorsi, tuttavia, l’azione fraternamente responsabile di Giovanni di Dio ha significato una seconda possibilità di vita. Questo tipo di responsabilità è stata ereditata dai seguaci di Giovanni ed è sempre stata compagna di viaggio dell’Ordine Ospedaliero. Il secondo punto caldo di queste pagine lo troviamo nel XIX secolo a Venezia, nell’isola di San Servolo; focalizziamo l’attenzione proprio lì, perché quest’anno si celebrano i 300 anni 60 4/2015 di presenza Fatebenefratelli nel capoluogo veneto e i 200 anni della nascita di fra Prosdocimo dott. Salerio, che a San Servolo ha dato il meglio di sé: quale responsabilità – nello spirito di San Giovanni di Dio – è stata esercitata sull’isola? Un manicomio a misura d’uomo. Persa nella nebbia della laguna, più vicina al mare che alla terraferma, l’isola di San Servolo ha ospitato un manicomio maschile, definito “morocomio” nella parlata del tempo (le donne erano ospitate su altra isola), di proprietà dei Fatebenefratelli e nel corso del 19° secolo la situazione era questa: venivano ricoverati tutti quegli uomini che presentavano segni di squilibrio psichico, indipendentemente dall’origine di questo disagio. Non si trattava soltanto di patologie psichiatriche vere e proprie ma alterazioni del comportamento sintomatiche di carenze alimentari. In quest’isola i ricoverati venivano rispettati, curati e rifocillati. Fra Prosdocimo, medico, chirurgo e Priore di San Servolo, si teneva sempre aggiornato negli studi l’isola di san servolo a venezia QUI IL MEDICO CHIRURGO fra prosdocimo salerio fu priore del «morocomio» DOVE IL 13 GIUGNO 1854 DIVAMPò UN INCENDIO e, soprattutto era “riluttante dai mezzi violenti”. Ebbene sì, per la cura dei malati di mente nel 1800 erano vive due grandi correnti di pensiero: in parole povere, una sosteneva la necessità di mezzi coercitivi che potevano degenerare in azioni violente nei confronti dei malcapitati pazienti ed un’altra che sosteneva la maggiore appropriatezza di interventi “non violenti”. Il Salerio seguiva questo secondo ordine di pensiero, non solo per convinzione scientifica ma per l’eredità ricevuta dal Fondatore dell’Ordine. Per rendere giustizia a questo grande medico e religioso, la cosa migliore è recarsi all’Isola di San Servolo, per veder di persona luoghi, strumenti e scritti lasciati dal Padre. Proprio tra le opere scritte si può notare come veniva effettuata la registrazione dei malati che Ospitalità NEL TEMPO venivano ricoverati; oltre ai dati personali, veniva fatta anche una fotografia dei pazienti. Molte di queste persone guarivano e, di queste, veniva allegata, nella cartella personale, anche una foto della persona ristabilita. È impressionante notare dalle foto che le persone “guarite” dalla pazzia all’entrata in morocomio altro non erano che persone sottoalimentate e abbandonate a se stesse. Le foto in uscita mostrano gente ben nutrita, pettinata, vestita decentemente e con una luce diversa negli occhi. Pare una mezza bestemmia affermare che un manicomio possa essere a misura d’uomo, ma fra Prosdocimo Salerio si stava responsabilmente impegnando perché questa fosse la realtà: tutto doveva concorrere alla cura, all’accoglienza e assistenza dei ricoverati e nulla alla fredda, inumana e frettolosa costrizione. Non era semplice. Una fiera procella Diversi sono stati gli ostacoli che fra Prosdocimo si è trovato sulla strada. Eccone uno, tratto dalla biografia del Religioso: «Ma la massima delle avversità… lo coglieva nel 13 giugno dell’anno 1854. Insorta di notte una fiera procella (= tempesta n.d.r.), al soffiar impetuoso dei venti e allo scrosciare dei fulmini divampava per incendio appiccatosi una vasta Sezione del suo Stabilimento. – Oh! Come deve aver palpitato il cuore del Salerio all’aspetto dell’incalcolabile disastro, mentre i soccorsi dalla città ancora indugiavano, ritardato dall’ora e dall’infuriare delle onde! Ma i suoi pazzi venivano ad ogni costo da quella mente imperter- rita nella generale confusione sottratti all’eccidio; parte di viva forza strappati alle inferriate cui teneansi avvinghiati nei loghi già invasi dalle fiamme, in quella turbinosa opera mirabilmente secondato da tutti i suoi Religiosi eroicamente devoti al loro ministero; la sua voce dirigeva, incorava, comandava; le sue mani, la sua persona raddoppiavansi; non ebbesi a deplorare una vittima, all’infuori del danno materiale; e se pure una vittima dovesse forse registrarsi, di uno sdrucciolato sul tetto e battendo i lombi sulle tegole prodigiosamente arrestatosi sul precipizio co’ piedi contro salda provvidenziale grondaia, ma riportando contusioni…, una certamente quella si fu del P. Salerio, che da tal doppia scossa fisica e morale cominciò a risentire la sua salute…». Non siamo più abituati al linguaggio ottocentesco, siamo molto più succinti e prosaici nelle descrizioni ora, ma se siamo comunque in grado di comprendere che il fuoco che animava il Salerio scottava di più delle fiamme dell’incendio, allora un briciolo di responsabilità in stile San Giovanni di Dio è arrivata a noi. Il fuoco arde ancora Mentre questa rubrica cerca nei meandri del passato quel profumo di Ospitalità che possa essere buona notizia ai lettori di oggi, l’odore acre e intenso di bombe esplose, la puzza di bruciato che si sposta per chilometri, il fuoco amico e nemico di guerre in corso, sparse sul pianeta, ci danno la certezza che un’altra pagina di storia si offre ai Fatebenefratelli per essere scritta, perché non accada che qualche novello e irresponsabile Nerone stia comodamente immobile di fronte alle macerie fumanti della propria gente. Penso ai profughi che fuggono dai paesi di persecuzione e di guerra e per arrivare fino a noi affrontano pericolosi viaggi nei barconi – se così si possono chiamare – con il rischio di morire annegati. Di fronte al dramma di questa povera gente c’è chi polemizza chi li vede una minaccia per la sicurezza e per i nostri lavoratori, che in alta percentuale soffrono di disoccupazione. Propongo ai lettori la risposta data dal giornalista Beppe Severgnini ad Ambra di Treviso: «Immagino che lei abbia sentito parlare, almeno al Telegiornale, di quanto sta accadendo in Siria e in Libia, del Califfato dei tagliateste, dei drammi in Eritrea. Un essere umano non si mette nella stiva di un barcone con i figli perché si diverte. Lo fa sapendo di rischiare la vita. Ma ha fatto i suoi conti: meglio morire in mare che vedere le figlie violentate da quattro umanoidi armati, in nome di qualche macabra ideologia» (SETTE, 4.9.2015). I Fatebenefratelli sempre animati dal fuoco dell’Ospitalità, hanno interpretato la storia e aperto le porte accogliendo a Brescia, nell’Asilo notturno San Riccardo Pampuri, 180 profughi. 4/2015 61 RECENSIONI Mauro Loris LAZZARO, L’UOMO CHE AVEVA PERSO IL PASSATO Hever editore, 2015, pp. 160, € 15,00 ISBN 978-8896308400 È una storia vera, quella narrata in questo volume. L’autore il signor Loris Mauro, imprenditore piemontese vede la propria azienda andare in frantumi a causa della crisi economica e sprofonda nello sconforto, inoltre una banale caduta gli causa una grave emorragia cerebrale che sembra essergli fatale; ex degente presso l’U. O. di Neurologia del presidio Beata Vergine Consolata di San Maurizio Canavese. Dopo la malattia e la riabilitazione, il suo atteggiamento verso la vita è cambiato. Lo narra in questo libro che lo scorso 16 ottobre, durante una giornata formativa presso il nostro Presidio riabilitativo ha così raccontato: «La storia di Lazzaro è un inno alla vita, perché è stato scritto da chi la vita la stava perdendo, da un sopravvissuto come me, perché tale mi considero. E ho capito che non c’è nulla di più struggente e di più bello che assaporare il gusto della vita, quando si giunge così vicini alla morte come lo sono stato io. Un ritorno alla vita: questo è il senso del racconto che, nel mio caso, ha svolto anche la funzione terapeutica di ritrovare il mio passato che, a causa della conseguenze del grave trauma cranico che ho riportato, credevo di aver perduto. Per sempre. Rivedere la luce, dopo aver provato l’angoscia dell’oscurità che avvolgeva la mia mente, privandomi della capacità di elaborare pensieri articolati è stata la condizione essenziale per sentirmi vivo. Il racconto del viaggio che ho compiuto negli ultimi anni della mia vita è stato un fondamentale esercizio per la mia mente, stimolata a ricordare una parte del passato e a comprendere il presente; ha rappresentato anche rievocazione delle sofferenze vissute e una rivisitazione delle emozioni 62 4/2015 Elvio Frigerio profonde che portavo impresse nell’anima. Ma è anche un canto d’amore rivolto a tutti coloro che mi hanno aiutato e mi sono stati vicini nel momento più difficile della mia esistenza. Mi riferisco al tempo che ha preceduto il mio incidente e ai due anni successivi, sino ad oggi. Sono molte le persone a cui devo tanto, a partire da Roberta, mia moglie, per giungere a comprendere tutti coloro che hanno sperato, pregato per me. Dopo aver conosciuto la disperazione più cupa, quella che non ti abbandona mai, quella per cui ogni giorno appare come un tormento, un calvario da affrontare, mi sono sentito rinascere. Circondato da un affetto profondo e continuo, giorno dopo giorno mi rendevo conto che questo amore così palpabile, rappresentava per me la salvezza. E, proprio qui, ritrovavo la forza fisica, psicologica e spirituale necessaria a tornare alla normalità. Il mio corpo, la mia mente e la mia anima venivano alimentati da questo amore: a poco, a poco, tornavo alla vita. È anche un canto di speranza. Speranza nel Signore che non ci abbandona mai, speranza nel futuro, nella vita, nella comunità di cui facciamo parte. La speranza è la compagna più importante della nostra esistenza, ci aiuta a comprendere il significato della sofferenza ed è divenuta una risorsa fisica, psicologica e spirituale che ha contribuito a farmi divenire un uomo felice. Così come anticipò Sofocle con la sua antica ed oscura profezia: “nessun mortale dobbiamo stimare felice prima che abbia oltrepassato il termine della sua vita senza aver mai sofferto alcun dolore”. E così è stato anche per me, un sopravvissuto». a cura di elvio frigerio _______________________ Giubileo di Ospitalità di Fra Geminiano Corradini 64 San Benedetto Menni: chiusura del centenario 66 Venezia 69 Brescia 74 San Maurizio Canavese 78 Cernusco sul Naviglio 79 Solbiate 81 Varazze 82 4/2015 63 Giubileo di Ospitalità di fra Geminiano Corradini «V i invito a celebrare e a vivere con gioia e con convinzione piena la nostra vocazione di consacrati nell’ospitalità, specialmente quest’anno in cui la Chiesa ci chiama a vivere con maggiore forza la nostra consacrazione religiosa. Siamo tutti chiamati a rivitalizzare il carisma e la missione che abbiamo ricevuto con il maggiore impegno possibile». Questa frase del nostro Superiore Generale fra Jesus Etayo Arrondo, rivolta nel messaggio inviato per l’Anno delle Vocazioni all’Ospitalità, ai propri confratelli e collaboratori, ma soprattutto ai giovani e alle persone sensibili all’ospitalità racchiude parole coinvolgenti e appassionate come valore assoluto di una vita consacrata a Dio per la missione ospedaliera e caritativa. Il 25 ottobre 2015 eravamo nella nostra Casa di Ospitalità di Varazze (Savona) per unirci al canto di lode e di ringraziamento per l’anniversario del cinquantesimo della professione religiosa del nostro confratello fra Geminiano Corradini in centro nella foto. Al suggestivo rito celebrato nella Chiesa della nostra casa e presieduto da fra Massimo Villa, Superiore Provinciale, facevano corona sette concelebranti, sacerdoti dell’Ordine e Diocesani e numerosi confratelli in rappresentanza delle comunità della nostra Provincia religiosa, compresa quella della Croazia, delle comunità di Roma, era presente fra Vittorio Paglietti della Provincia Romana, ora missionario nelle Filippine, numerosi i fedeli del vicinato e turisti dei Piani d’Invrea. 64 4/2015 La cerimonia liturgica Il Coro Polifonico “Beato Jacopo da Varagine” sotto la sapiente guida del maestro Giovanni Musso ha allietato con i canti questa coinvolgente cerimonia. Nell’omelia, il celebrante ha commentato le letture del giorno: Geremia (31,7-9) tema fondamentale è la speranza dopo la rovina. Il “resto d’Israele” che il Signore vuole liberare presenta solo miseria, dolore e debolezza: tra loro ci sono “il cieco, lo zoppo, la partoriente” e con loro il Signore costituisce la sua famiglia. La lettera agli Ebrei (5.1-6) «Tu sei sacerdote per sempre, secondo l’ordine di Melchisedek» il tema centrale della lettura: il sacerdozio perfetto di Cristo. Poi il Vangelo secondo Marco (10,46-52). «Rabbuni, che io veda di nuovo!» Sotto la superficie esteriore, “fisica”, della guarigione del cieco Bartimeo si cela un segno più profondo, messianico. Si noti innanzitutto la speranza messianica, sottolineata dall’invocazione ripetuta due volte: «Figlio di Davide!» La cecità interiore sta per essere cancellata. La storia di un miracolo diventa così la storia di una vocazione alla fede e al discepolato. Poi fra Massimo ha concluso l’omelia tracciando la vita di fra Geminiano, ricordando un fatto particolare e poco conosciuto, quando era Maestro dei Novizi, coinvolgeva i giovani novizi alle necessità di quel tempo: soccorrere gli emarginati alla stazione ferroviaria di Brescia e da quelle serate con i senza tetto nacque il dormitorio notturno “San Riccardo Pampuri” di Brescia, l’attuale Asilo notturno ampliato negli anni per far fronte alle continue esigenze di posti letto per accogliere le persone bisognose non ultime quelle prodotte dalle oceaniche emigrazioni. Rinnovazione dei voti Dopo l’omelia, il rito del rinnovo. Il Superiore si rivolge al religioso con queste parole: «Carissimo fra Geminiano che cosa chiedi al Signore, alla Chiesa e al nostro Ordine?» il festeggiato risponde: «Chiedo umilmente di poter dare ancora una volta testimonianza del mio amore e della mia totale consacrazione a Dio, alla Chiesa e al nostro Ordine, mediante la pubblica rinnovazione dei Santi Voti, in occasione del 50° della mia Professione». Il rito continua con l’invocazione della grazia divina per il confratello. Poi il religioso recita la formula della rinnovazione dei santi voti, si porta all’altare la firma e la consegna al Superiore Provinciale che porge al festeggiato una statuetta del Santo Fondatore dicendo: «Fra Geminiano carissimo, ricevi l’effigie del nostro Padre Fondatore, San Giovanni di Dio; con il suo aiuto e la sua intercessione la tua vita continui a manifestare la gioia della sequela di Cristo, buon Samaritano, accanto a chi soffre». Dopo un abbraccio fraterno tra il festeggiato e i confratelli, la celebrazione Eucaristica prosegue con la professione di fede e la preghiera universale. Durante la liturgia eucaristica il festeggiato riceve per primo la Comunione sotto le due specie. Al termine dopo la solenne benedizione, fra Geminiano ha 4/2015 65 Unisciti all’Ospitalità Siamo nell’Anno della Vita Consacrata e stiamo per concludere a gennaio l’Anno delle Vocazioni all’Ospitalità con lo slogan “Unisciti all’Ospitalità”, si vuole presentare con più forza, e in tutte le sue dimensioni, la vocazione alla misericordia propria del Fatebenefratello, la testimonianza di fra Geminiano è sicuramente un prezioso esempio per unirsi all’Ospitalità specialmente per tutti quei giovani ancora alla ricerca di risposte sul loro futuro. Concludo con le parole del Superiore Generale: «…Il carisma dell’ospitalità è un dono che ci concede il Signore affinché sia vissuto in diversi modi e opzioni di vita, oltre a quella religiosa. In molti vi sentite attratti dalla missione di ospitalità che realizza l’Ordine e con la quale vi identificate, e che vi fa appartenere a questa nostra Famiglia. (…) Mi rivolgo a voi giovani e a tutte le persone sensibili all’ospitalità, e invito ad aprire i vostri cuori e ad ascoltare la voce dell’ospitalità. Mi rivolgo a voi giovani inquieti e anticonformisti, che siete alla ricerca di una società diversa, e a voi giovani che siete immersi nel rumore e nella frenesia del virtuale e in un’infinità di esperienze che non riempiono la vostra vita, e a ciascuno di voi dico: fermati un attimo e unisciti all’ospitalità!». Serafino Acernozzi, o.h. 66 4/2015 San Benedetto Menni: chiusura del Centenario ........................................................................................................................... letto commosso un breve indirizzo di ringraziamento. Dopo questo momento, il più importante della giornata, un aperitivo sul terrazzo della casa che guarda il mare, e nel ristorante un’agape fraterna condivisa con confratelli, ospiti, collaboratori e amici della Casa. IL VICARIO GENERALE DELL’ARCHIDIOCESI AMBROSIANA MONSIGNOR MARIO ENRICO DELPINI HA PRESIEDUTO LA SOLENNE CERIMONIA IN OCCASIONE DELLA CHIUSURA DEL PRIMO CENTENARIO DALLA MORTE DI SAN BENEDETTO MENNI NELLA PARROCCHIA «SANTA MARIA ALLA FONTANA» DI MILANO DOVE IL SANTO RICEVETTE IL BATTESIMO S i è svolta, il 20 settembre scorso nella citata Chiesa Parrocchiale, una celebrazione solenne e familiare promossa della Provincia Italiana della Congregazione delle Suore Ospedaliere del Sacro Cuore di Gesù e della Provincia Lombardo-Veneta dell’Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Dio - Fatebenefratelli. A presiedere la concelebrazione era presente monsignor Mario Enrico Delpini, Vicario Generale della Archidiocesi di Milano, alla sua destra fra Massimo Villa, Superiore Provinciale della Provincia Lombardo-Veneta dei Fatebenefratelli, alla quale apparteneva San Benedetto Menni, alla sinistra don Roberto Viganò, Parroco di Santa Maria alla Fontana, tra i concelebranti diversi sacerdoti della nuova Unità Pastorale milanese e dei Fatebenefratelli. Suor Agata Villadoro Superiora della Provincia Italiana delle Suore Ospedaliere ha rivolto il saluto di benvenuto: al Vicario Generale, al Parroco, ai SAN BENEDETTO MENNI Fatebenefratelli e alla QUADRO DI ALBERTO VENDITTI MONSIGNOR MARIO ENRICO DELPINI, vicario generale di milano Comunità Parrocchiale esprimendo il suo compiacimento per la loro presenza ha poi ricordato il Santo fondatore dicendo tra l’altro «… che in questa Chiesa, San Benedetto Menni con il Battesimo è stato rigenerato alla fede ed è diventato un capolavoro del Signore; e che nella Congregazione da lui fondata, è presente una solidissima devozione mariana, nata proprio in questo luogo sacro dedicato a Santa Maria alla Fontana, primo scalino che è diventato una ascesa alla santità verso il paradiso». Ha concluso augurando la protezione di San Benedetto Menni sulla Chiesa Ambrosiana, in particolare, su questa comunità parrocchiale e su tutti gli ammalati e i poveri. Nell’omelia monsignor Delpini ha commentato le letture del giorno: la prima (1Re 19,48) il pane portato dall’Angelo a Elia; la seconda (1Cor 11,2326) il pane e il calice eucaristici nella Chiesa e il Vangelo (Gv 6, 41-51) il pane disceso dal colgono i poveri, si prendono cielo. Ha quindi sintetizzato cura di vite che sembrano vite da questi sacri testi tre spunti da niente, e vi riconoscono il di riflessione: volto del Signore. «Vita! Questa vita da nien- La forza di quel pane rende te, questa vita che non è vita, uomini e donne da nulla capaquesta vita stentata e tribolata, ci di grandi imprese: così Bequesta vita che non interessa nedetto Menni ha realizzato a nessuno, questa vita che dà una missione sproporzionata fastidio persino... Da molti de- alle sue forze. Ha vissuto con serti, da molti sentieri interrot- la forza di Dio. ti, da molti percorsi tortuosi si Così ciascuno di noi con la perdono vite nel deserto, dove forza di questo cibo che è la infine si arrendono: “Ora ba- carne di Gesù, può compiesta, Signore! Prendi la mia re grandi imprese… San Bevita…”. nedetto Menni ha rinnovato C’è sempre un angelo che alla l’Ordine dei Fatebenefratelli vita più desolata, nella solitudi- e dato vita alla Congregazione ne più deprimente, nel deser- delle Suore ospedaliere del to più arido arriva e impone Sacro Cuore di Gesù, suore e un risveglio: “Alzati, mangia!” fratelli dediti alla cura di vite –il secondo spunto–. Ecco il da niente, di malati mentali, pane: il dono di una vita che per aprire anche queste vite ti fa vivere, ti rende partecipe alla speranza di entrare nella della vita eterna. vita di Dio. La vita eterna non è la vita che L’angelo che ci visita stasera non finisce mai, una specie di sveglia anche noi: Alzati, mannoia, una fantasticheria di du- gia, cammina! Vivi dunque la rata interminabile. pienezza, vivi la vita di Dio. La vita eterna è la vita di Dio. Vivere la gioia di vivere. AmaVivi dunque della vita di Dio re la vita fino a donare la vita». –ha concluso il celebrante–, La corale della Parrocchia di pienezza di vita, gioia di vive- San Francesco al Fopponino re… Un gusto di vivere così intenso che vuole essere contagioso, che si fa carico della vita degli altri, che ama a tal punto la vita da voler donare la vita. La storia dell’umanità ha un futuro perché ci sono uomini e donne che amano a tal punto la vita da voler donare vita, che si fanno carico della DEI FATEBENEFRATELLI MILANESI FRA MASSIMO vita degli altri, rac- IL SUPERIORE VILLA (SECONDO DA SINISTRA) CON ALCUNI CONFRATELLI 4/2015 67 SAN BENEDETTO MENNI: CHIUSURA DEL CENTENARIO ha fatto onore alla cerimonia liturgica, il risuonare dell’inno a San Benedetto Menni ha emozionato l’assemblea. Erano presenti numerose Suore ospedaliere con i loro collaboratori della Casa di Salute San Benedetto Menni di Albese, i discendenti familiari di San Benedetto Menni, i religiosi Fatebenefratelli, fieri del loro confratello Santo, il pittore autore del dipinto dell’altare dedicato al Santo, Alberto Venditti, ed un bel gruppo di parrocchiani segno di una comunità numerosa e vivace che custodisce anche il complesso del Santuario di Santa Maria alla Fontana, luogo di pellegrinaggio, ricco di storia cinquecentesca con affreschi e tavole dei più rinomati pittori Lombardi del tempo. È seguito, nel suggestivo chiostro adiacente alla chiesa, un conviviale incontro e scambio tra i partecipanti. Si è così concluso l’anno centenario della morte dedicato a San Benedetto Menni, durante l’anno sono state diverse le iniziative congiunte Fatebenefratelli - Suore ospedaliere che hanno voluto celebrare un uomo che ha saputo oltrepassare le frontiere facendo della globalizzazione solidale dell’Ospitalità una realtà. Più di cento anni fa, Benedetto Menni proclamava la necessità di una psichiatria che mettesse la persona al centro del suo progetto di cura, che non si limitasse a occuparsi della patologia, ma che riuscisse a vedere nel paziente quell’unicità della persona essenziale per assistere a dovere i ammalati. La sua testimonianza ci insegna ad arrivare agli spazi e 68 4/2015 alle persone a cui altri non arrivano, essendo testimoni entusiasti della Buona Novella: oggi come ieri e sempre, per ricreare il carisma dell’Ospitalità con “Un cuore senza confini”. Fedele a Dio nell’uomo che soffre, Benedetto Menni si fa pellegrino instancabile dell’ospitalità, promuove e organizza molti centri assistenziali nei quali si combinano scienza e carità. Incompreso e diffamato, rinuncia alla sua difesa personale; perdona e ricambia male con bene. Sul finire della sua vita, accoglie anche la croce che gli viene offerta in forma di silenzio, incomprensione e lontananza dei suoi cari. Questa è la pazzia delle grandi scelte, ossia della santità. La chiusura del Centenario IL QUADRO DELLA VERGINE CHE SI VENERA NEL SANTUARIO MILANESE è stato un evento celebrativo dell’Ospitalità che San Benedetto Menni ci ha lasciato in una eredità da spendere nel quotidiano servizio ai malati. Serafino Acernozzi, o.h. FRA GUGLIELMO GAGNON DICHIARATO VENERABILE Dopo l’autorizzazione di Papa Francesco la Congregazione delle Cause dei Santi ha promulgato, il 15 dicembre 2015, il decreto riguardante le virtù eroiche del Servo di Dio Guglielmo Gagnon (1905-1972) religioso professo dell’Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Dio fondatore dell’Ordine in Vietnam. Ringraziamo il Signore per questo felice evento e preghiamolo affinché, per intercessione del nuovo Venerabile Servo di Dio Fra Guglielmo Gagnon, ci conceda favori e grazie. Dalle nostre case... VENEZIA «Beato l’uomo che ha cura del debole» Barbara Cini I l convegno di pastorale, tenutosi all’ospedale San Raffaele Arcangelo di Venezia il 25 settembre scorso, è stata un’importante occasione di aggiornamento professionale e di apertura al tema di una pastorale che cura l’uomo; uno spazio di riflessione sul tema di essere presenza significativa accanto al malato e al sofferente, facendosi dono e testimoniando l’amore misericordioso di Cristo. Per ricordare i 300 anni di vita dei Fatebenefratelli a Venezia, proprio a San Servolo abbia- mo potuto cogliere la grande importanza storica che questa realtà ha significato. Certo, oggi la presenza dei religiosi a Venezia è in sofferenza (e non solo quella dei Fatebenefratelli), ma lo spirito di ospitalità continua ad animare gli operatori che in nome di San Giovanni di Dio vogliono costruire una sanità a misura d’uomo. Il convegno è stato inoltre occasione di incontro e confronto per molti operatori delle case della Provincia Lombardo-Veneta, che hanno vissuto questa giornata in allegria e comunione. Proprio per la coralità di questa esperienza mi piace condividere alcuni pensieri giunti da alcuni dei centri Fatebenefratelli che hanno partecipato. Ci sono giunti anche apporti esterni, condividiamo la preghiera «Angelo bianco» del dottor Gennaro Petricciuolo di Napoli frutto del suo operare coi sofferenti e dall’incontro col dottor Luigi Piccenna, medico napoletano in servizio presso l’ospedale Caldarelli di Napoli. 4/2015 69 Dalle nostre case... Centro di Brescia: l’incontro ci ha lasciato una sensazione molto positiva ed è quella di ritrovarci insieme a celebrare una presenza antica di opere e testimonianze di valori di un carisma che ancora oggi vuole continuare ad esprimersi. Chi lo porterà avanti e come? abbiamo trovato ispirazione nei relatori che, con le loro esperienze e idee, ci motivano ad inserirci di più nell’ambito sociosanitario e costruire un modello integrale di assistenza dove l’amore e la consolazione abbiano ampio spazio. Questa proposta non vale soltanto per le persone che svolgono la missione della pastorale della salute, ma deve contagiare anche tutti i professionisti che intorno al malato dispongono le proprie conoscenze per aiutarlo a sentirsi accolto, curato e guarito. 70 4/2015 Centro di S. Colombano al Lambro: abbiamo rilevato il linguaggio molto chiaro dei relatori che ci ha permesso di comprendere molto bene i passaggi essenziali degli interventi. Il tema della “Cura dell’altro” è stato analizzato in modo approfondito e reso esaustivo dai tre contributi. Si è sottolineata l’importanza e la forza della relazione e di come sia un elemento fondamentale per aiutare chi si trova nella sofferenza. Viene ribadita l’importanza della visione olistica dell’individuo, concezione che considera anche l’aspetto spirituale della persona, aspetto che non sempre appare nei progetti riabilitativi. È stata evidenziata anche la necessità dell’investimento personale nel processo di comunicazione con l’ospite. Condividiamo il bisogno di una formazione che compren- da gli aspetti affrontati in questo convegno. Centro di S. Maurizio Canavese: il convegno è stato organizzato nei minimi particolari all’insegna di un’ospitalità concreta a partire dalla buona accoglienza iniziale, dai contenuti delle relazioni, dai momenti più conviviali, alla visita dettagliata dell’isola di S. Servolo. Le relazioni sono state uno stimolo costruttivo di riflessione sulla quotidianità non solo lavorativa ma anche personale, ognuno porta se stesso in ogni situazione di vita. Molte sono le parole che risuonano nella mente: pastorale, evangelizzazione, accoglienza, curare, comunicare, collaborare, che diventano azioni importanti sia nei confronti delle persone alle quali prestiamo il nostro servizio, sia dei colleghi con i quali facciamo un percor- Dalle nostre case... so di condivisione delle piccole e grandi cose di ogni giornata. Sorgono molti quesiti interiori sul proprio essere cristiani, operatori pastorali in questo momento storico di crisi non solo economica ma anche di valori, in cui più che mai è necessario alimentare la speranza e avere fede. La visita a S. Servolo è stata molto suggestiva, ci ha portato indietro nel tempo facendoci sentire il profumo di un’ospitalità viva e autentica, che oggi tutti insieme, religiosi e laici dobbiamo mantenere salda e visibile. Centro di Cernusco sul Naviglio: riflessi nell’acqua, ci avventuriamo nella laguna veneta, per raggiungere l’isola di San Servolo (foto sotto) e rimaniamo incantati dalla visione di Venezia dal mare, come se non catturasse già abbastanza l’attenzione di chi l’attraversa nelle calli. Prima dell’immersione tra le onde che circondano questa città unica al mondo, abbiamo partecipato ad una sessione del convegno pastorale insieme a religiosi e collaboratori. Al mattino, dalle parole di Gianni Cervellera abbiamo scoperto una singolare connessione tra le diverse figure di samaritani presenti nei Vangeli, al fine di capire come si possa accompagnare spiritualmente persone in sofferenza. Con padre Edoardo Gavotti, invece, abbiamo approfondito modalità concrete di stare in ospedale e con la dott.ssa Claudia Ballarin ci siamo imbattuti nelle problematiche legate alla responsabilità di ciascuno nel favorire una cura integrale. «Abbiamo sempre bisogno di contemplare il mistero della misericordia. È fonte di gioia, di serenità e di pace… Misericordia: è la legge fondamentale che abita nel cuore di ogni persona quando guarda con occhi sinceri il fratello che incontra nel cammino della vita» Misericordiae Vultus Auguri per un anno ricco di Ospitalità TEMPERA DI GIAN CALLONI 4/2015 71 Dalle nostre case... VENEZIa ANGELO BIANCO T Preghiera inviata dal Dottor Gennario Petricciuolo di Napoli u, Signore del cielo che guidi la perizia delle mie mani e che conosci quanto il lamento della povera gente bruci più del fuoco, concedi all’animo mio, simbolo di tutto ciò che è in Te, il dono della speranza, la gioia di vivere, il privilegio della conoscenza e le capacità che mi consentono di risolvere il conflitto tra la vita e la morte. Come vorrei vivere in un mondo dove sia possibile assaporare solo il gusto della vittoria… Ma qui, in questo mondo permeato di sofferenza non lo è affatto! Eppure non lascerò nulla d’intentato, mi prodigherò per risvegliare la vita, affinché si compia il Tuo volere. La Tua benevolenza mi permette d’agire e mi guida nel compimento della tua opera. Instancabilmente, diffondo il calore, la pace 72 e l’ostinata dedizione al riacquisto della salute. Tu, mio Signore, mi guidi nell’avanzare, anche se smarrito, in questa selva caotica dall’odore di umanità varia e decadente e sin anche rissosa. Signore Iddio, donami il bene della vita affinché io possa aiutare l’esistenza dei corpi sospesi tra la vita e la morte. L’eterogeneità non mi pesa perché sono al tuo servizio, mio Signore! Sai bene che convivo là, dove regna sovrano il dolore che affoga nel pianto o nel sorriso della gente tramortita… Mi prodigo fino allo spasimo, sfidando talvolta, anche l’imponderabilità del vivere rivolgendomi a te, mio Dio, pietoso e caritatevole. Anelo la voglia del bene e il desiderio d’aiuto che non s’arrestano in me, mai, essendo questi connaturati in me, pel Tuo volere. 4/2015 Donare la vita, fa vibrare nel mio animo ancor più forte il desiderio di piegare le forze sovrumane ostili, perché l’uomo senz’anima esprime solo orrore, e allora, un atroce dolore m’assale… Il mio impegno s’acquieta solo quando scorgo nella reazione dell’infermo i primi segni della ripresa della vita, ed è così che volo con le ali di un angelo “bianco”, serbando nel mio cuore un’emozione eterna. Dalle nostre case... PENSIERO A MENTE LUCIDA C aro amico, ti scrivo per raccontarti la mia esperienza con l’alcol. Si inizia perché bevono tutti, per superare la timidezza, per sentirsi grandi, ma poi un bicchiere tira l’altro, come si dice, e alla fine la bottiglia beve noi. Quando beviamo ci sentiamo più forti, coraggiosi e ottimisti, ma se si esagera il giorno dopo subentrano depressione, mal di testa e talvolta non ricordiamo cosa abbiamo detto o fatto. Spesso sono brutte figure, frasi sconvenienti o comportamenti che non avremmo da sobri. Serate in cui ho iniziato a bere per stare bene in compagnia sono finite con litigate, per essere meno timido con le ragazze sono finite con nulla di fatto a letto, per rilassarmi poi ho combinato solo pasticci. Continuando a bere in ma- niera esagerata si ha bisogno di una quantità sempre maggiore per raggiungere lo stesso effetto e sono arrivato al punto di non riuscire a fermarmi fino a crollare addormentato. Quando si inizia a bere da soli, la mattina appena svegli, quando le mani iniziano a tremare, oppure per non sentire il mal di testa causato dall’ubriacatura del giorno prima, si è già alcolisti. E accade senza accorgersi oppure ci si accorge e si inizia a nascondere la propria situazione per vergogna. Per cui preoccupati e interrompi completamente di bere se bevi da solo, se ti svegli col mal di testa, se non ricordi cosa hai fatto quando bevevi e non vergognarti della tua situazione, è comune a molte più persone di quanto pensi. Ospite day hospital alcologico «SCATTI SPORTIVI» IN MOSTRA N on ci sono riflettori puntati, né parquet tirati a lucido, vasche riscaldate o manti erbosi verdeggianti a raccontare questo itinerario sportivo veneziano lungo il Novecento; anzi più spesso il “palcoscenico” si compone di masegni sconnessi [i masegni sono lastre di trachite, pietra proveniente dai Colli Euganei, che costituisce la tipica pavimentazione di Venezia], campi polverosi, piscine naturali di acqua salmastra. Sport e territorio sono un binomio inscindibile nella vita di una comunità: lo sport unisce le persone, costruisce solidarietà, abitua al rispetto, al coraggio, alla lealtà, allena mente e corpo all’immaginazione a al gioco. La mostra fotografica «Scatti sportivi», ospitata a ottobre nell’atrio del nostro ospedale Fatebenefratelli, si propone di recuperare momenti, luoghi, suggestioni, personaggi, di un recente passato cittadino sottraendolo da un oblio sempre più incalzante. Con queste mostre fotografiche organizzate con l’Assessorato alle Attività Culturali (Archivio della Comunicazione) e l’Istituto veneziano di Storia contemporanea IVESER, il Fatebenefratelli apre le sue porte alla città e alla memoria comune che assume ancor più valore in occasione dei tre secoli di presenza a Venezia 1715-2015. Guido Sattin 4/2015 73 Dalle nostre case... BRESCIA IRCCs San giovanni di dio Michela Facchinetti 40° DEL FOGOLAR FURLAN DI BRESCIA D omenica 25 ottobre si è ritrovato nel nostro Istituto il “Fogolar Furlan” di Brescia per celebrare il 40° anniversario della sua fondazione. Oltre 100 persone, accolte dal pre- 74 4/2015 sidente del Fogolar di Brescia Dario Michelutti e dalla Segretaria Sandra Treppo, si sono riunite all’ingresso dove erano presenti i labari di diversi fogolars della Lombardia e lo stendardo di quello di Brescia mentre il Coro Roccie roche diretto dal nostro primario di Psichiatria dott. Giambattista Tura ha seguito l’Inno Nazionale “Fratelli d’Italia” e il canto tipico dei Friulani “ O ce biel”. Quindi è seguito il corteo verso la chiesa dove è stata celebrata la Santa Messa in lingua friulana da Don Guido Mizza venuto appositamente dal Friuli. Come per l’occasione ha voluto essere pre- sente il Presidente dell’Ente Friuli nel mondo Pietro Pittaro. I canti della messa sono stati eseguiti in friulano e italiano dallo stesso coro che poi ha concluso la sua preziosa ed apprezzata presenza in auditorium dove si sono succeduti i discorsi, i saluti e la consegna di targhe ricordo ai molti amici friulani di nascita e di adozione presenti. Il pranzo che ne è seguito è stata la degna conclusione di una giornata straordinaria di sentimenti di fraternità, di amicizia, e di consolidata unità. Al termine del pranzo i partecipanti hanno lasciato una cospicua somma di denaro da devolvere a favore della ricerca. Dalle nostre case... VISITA DEL P. PROVINCIALE N ei giorni 9, 10 e 11 novembre il P. Provinciale ha trascorso due giorni nel nostro IRCCS per meglio conoscere, come lui ha detto, la realtà di una struttura unica in Provincia per le sue peculiarità di assistenza, cura e ricerca. Ha incontrato separatamente il Gruppo Pastorale, i membri dell’Ufficio di Direzione e ancora i medici, assistenti sociali e psicologi. Un altro incontro è stato quello con i coordinatori delle Unità Operative, delle Comunità Psichiatriche e degli Ambulatori e MAC. Particolarmente significativa la visita effettuata alla Comunità “La Celeste – San Giovanni di Dio” di Orzinuovi dove dopo un primo incontro con gli operatori, il P. Provinciale ha potuto incontrare operatori e ospiti in un approfondito dialogo che si è poi concluso con la S. Messa celebrata nella cappella della comunità dopo che non pochi ospiti hanno colto l’occasione per accostarsi al Sacramento della riconciliazione. Infine dopo aver visitato la bella struttura che accoglie la comunità ci si è tutti salutati con un piccolo rinfresco. Il giorno 11 novembre, invece, sempre all’IRCCS si è tenuta la riunione per la “trimestrale” alla quale hanno partecipato tutti i dirigenti della Provincia religiosa sia del Centro che di tutte le case, compreso il Consiglio Provinciale, i superiori delle case e altri religiosi, per una lettura della situazione ge- nerale della Provincia e delle singole realtà, per passare in rassegna, prospetti, difficoltà e individuare strumenti per il superamento delle difficoltà. Il pomeriggio è stato dedicato alla presentazione dell’IRCCS in tutte le sue sfaccettature: dalla assistenza, alla clinica e particolarmente alla Ricerca nelle sue linee di ricerca, nelle unità operative specifiche, ai rapporti nazionali e internazionali e alle risorse impegnate che vedono in questo momento occupati 105 ricercatori in gran parte giovani. 4/2015 75 Dalle nostre case... BRESCIA IRCCs San giovanni di dio L’IRCCS Fatebenefratelli è una delle 100 eccellenze italiane L ’Irccs Fatebenefratelli è stato individuato tra le cento eccellenze italiane: il prestigioso riconoscimento, presentato il 3 dicembre nella Sala della Regina della Camera dei Deputati, è celebrato da un prestigioso volume e precede di qualche giorno l’avvio delle celebrazioni per il XX anniversario del riconoscimento pubblico dell’istituto, che a distanza di vent’anni resta l’unico Irccs nel campo della psichiatria. L’istituto di ricerca e di cura fa parte del Centro San Giovanni di Dio di Brescia e incarna con la sua attività il carisma dell’ospitalità dell’Ordine ospedaliero fondato da San Giovanni di Dio. Da tempo l’Irccs Fatebenefratelli è accreditato dalla Joint Commission International, il più rigoroso sistema di certificazione internazionale, 76 4/2015 riconosciuto solo alle istituzioni in grado di rispettare altissimi standard di qualità. «Per noi Fatebenefratelli – spiega il direttore generale dell’Irccs fra Marco Fabello – investire nella ricerca di altissimo livello è una scelta di giustizia sociale: come ci ha insegnato San Giovanni Di Dio, i sofferenti, soprattutto i più poveri, hanno il diritto di ricevere le migliori cure, parti- Dalle nostre case... Lucia Avigo è il nuovo direttore sanitario dell’Irccs Fatebenefratelli di Brescia L colarmente nell’ambito della psichiatria, che purtroppo rappresenta una Cenerentola per il Sistema sanitario nazionale». Le 100 eccellenze italiane sono raccolte in un volume curato da Antonio Catricalà, già presidente dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Antitrust). Il volume è edito da Riccardo Dell’Anna. ucia Avigo è il nuovo direttore sanitario del centro San Giovanni Di Dio – Irccs Fatebenefratelli di Brescia. Bresciana, classe 1958, in precedenza è stata medico di base a Manerbio, quindi dirigente medico dell’Ussl di Brescia e, dal 1998 ad oggi, direttore sanitario della Casa di Cura Domus Salutis della Congregazione delle Suore Ancelle della Carità. Agli inizi della professione, come medico tirocinante, aveva prestato servizio all’Ospedale Sant’Orsola dei Fatebenefratelli. È stata docente dell’Università degli Studi di Brescia e dell’Università Cattolica di Roma. «Sono oltremodo onorata di accettare la Direzione Sanitaria del Centro – dichiara – e mi spenderò per servire al meglio un’opera così particolare e unica nel panorama bresciano. Le persone a cui si rivolge sono portatrici di una fragilità che, con fatica, è tenuta in conto. Il più delle volte il dolore fisico ha maggior credito del- la sofferenza psichica ed il servizio a queste persone è tanto più importante quanto più i loro disagi sono poco all’attenzione. Certamente incontrerò una realtà che da molti anni si è strutturata con tanta professionalità, ricchezza di valori ed eccellenza nel campo della psichiatria e il farne parte, sono convinta, arricchirà la mia esperienza umana e professionale. Non posso che esserne stimolata e riconoscente». 4/2015 77 Dalle nostre case... SAN MAURIZIO CANAVESE Le suore Francescane Angeline: settant’anni a S. Maurizio Canavese Maria Elena Boero «D io sa quello che fa» questa è la frase programmatica che ha dato significato alla vita della Fondatrice delle Suore Francescane Angeline, Madre Chiara Ricci. L’anelito di Madre Chiara era quello di raggiungere tutti i luoghi dove il bisogno, la sofferenza e il cuore dei fratelli dove, le Suore Francescane Angeline, hanno potuto donare il loro servizio e la loro vita per settant’anni. Proprio il 16 novembre scorso, abbiamo avuto la grazia di poter celebrare una giornata di ringraziamento che ha raggiunto il suo culmine nell’Eucaristia. La presenza del Superiore Provinciale fra Massimo e della fatto in modo che i nostri animi si predisponessero alla gratitudine e alla letizia. Molte le persone coinvolte nella preparazione di questa giornata, tra questi, in particolare gli ospiti dell’U.O. Forense i quali con dedizione, creatività e disponibilità hanno donato tempo ed energia insieme a tutti gli operatori. Portiamo vivo nel cuore chiedevano aiuto; diversi i posti dove si è potuto annunciare il carisma della Pace e della Riconciliazione. Uno di questi è stato ed è, senza dubbio, il Presidio dei Fatebenefratelli di San Maurizio Canavese Madre Generale suor Rossana ci ha permesso di coronare, in gioia ed esultanza, questo momento. Giornate di memoria e immagini, ricordi e incontri, hanno preceduto la festa, hanno “preparato la strada” e il ricordo di queste giornate affinché diventino motivo di rinnovato servizio e annuncio fecondo accanto a coloro che, nel bisogno, cercano un volto e un cuore accogliente. Suor Fernanda e Andrea 78 4/2015 Dalle nostre case... CERNUSCO SUL NAVIGLIO Giovanni Cervellera UN OLIVO PER RICORDARE Q uando dimenticare è difficile, forse bisogna fare qualcosa per conservare il ricordo e renderlo più leggero. Piantare un albero può essere un bel gesto per fare memoria di un amico scomparso in maniera tragica. È quello che hanno fatto gli ospiti della comunità S. Riccardo per non dimenticare Aaron un amico che ha percorso con loro un pezzo di strada e che non ha più retto il peso della vita. Hanno voluto comprare un giovane olivo, così come giovane era Aaron e lo hanno piantato nel giardino appena fuori dalla comunità. Poi, in una soleggiata mattina di ottobre si sono dati appuntamento e prima di piantare l’albero hanno letto due brevi testi della Bibbia. Il primo tratto dalla genesi che racconta di Dio che pianta un giardino, e quel gesto è sembrato un po’ simile a quello di Dio. Il secondo era un salmo in cui si dice che l’uomo è come un albero piantato lungo corsi d’acqua. Alcuni dei presenti hanno voluto commentare quello che era stato letto e ricordare con qualche episodio l’amico scomparso. DIARIO DI UNA VOLONTARIA Q uando con la mia famigliola ci trasferimmo da Milano a Cernusco sul Naviglio parecchi anni fa andavamo di solito alla S. Messa presso la Parrocchia di S. Maria Assunta. Ricordiamo ancora oggi quanto le parole del sacerdote celebrante attirassero la nostra attenzione. In seguito lo conobbi: era fra Andrea Faustini, per me padre Andrea, un sacerdote dell’Ordine dei Fatebenefratelli di Cernusco, Padre Andrea introduceva le sue omelie invitando la comunità a ringraziare sempre il Signore per i doni ricevuti, di farli emergere in ognuno di noi e saper metterli al servizio di quanti meno fortunati. Elogiava il valore del volontariato, la gratuità e tutti quei gesti di attenzione e cura verso quanti nella malattia e nella vita quotidiana possano aver bisogno. Spesso accostava gli atteggiamenti amorevoli del volontario nella Sanità, all’olio profumato della Maddalena con il quale ungeva i piedi di Gesù. Un olio che non guarisce la malattia ma accarezza, si prende cura delle persone, dà speranza; parole che inducevano le coscienze alla riflessione. Oggi che da diversi anni opero come volontaria nel Gruppo Amicizia presso il Centro dei Fatebenefratelli di Cernusco capisco quanto quelle 4/2015 79 Dalle nostre case... parole pronunciate da padre Andrea fossero dettate dalla sua continua vicinanza alle persone sofferenti. Noi volontari che ci accostiamo alle problematiche del disagio mentale ci rendiamo veramente conto quanto piccoli gesti di amicizia, di saper ascoltare, di fare compagnia, possano essere ingredienti importanti per aiutare tanti ospiti ricoverati a vivere meglio il loro disagio. 80 4/2015 Padre Andrea è stata una presenza significativa nella nostra parrocchia. Noi tutti lo ricordiamo per averlo visto partecipe accanto alle famiglie nei lutti, ma anche nella gioia durante la somministrazione dei Sacramenti dei nostri figli, dei nostri nipotini accanto al Vescovo e parroci che si sono succeduti. Padre Andrea celebrava ogni anno la Via Crucis per i viali dell’istituto, attorniato sempre da tanti giovani che si alternavano a portare la Croce e intonare canti. Molti di quei giovani oggi sono impegnati nel sociale. Amava allestire il Presepe in prossimità del Natale all’interno dell’ingresso della Curia Fatebenefratelli attirando l’attenzione e la devozione dei passanti. Quando padre Andrea venne eletto Priore alla Casa S. Riccardo Pampuri dei Fatebenefratelli di a Trivolzio (Pavia) non impiegò molto a farsi voler bene dagli ospiti ricoverati e dalla Comunità locale. Fattivo, intraprendente e pieno di iniziative gli era stata affidata la guida pastorale della parrocchia di Trovo (Pavia) riaprendo al culto l’antica chiesa della frazione Papiago, coinvolgendo nell’opera numerosi volontari. Quanti hanno avuto modo di andare a Trivolzio non potranno certo dimenticare le suggestive rappresentazioni della Passione di Gesù del Venerdì Santo per le vie del paese e della Casa di S. Riccardo Pampuri. Con l’aiuto della gente locale e dintorni portò il vangelo di Gesù in mezzo a loro facendolo rivivere con bambini, popolane, soldati romani e tutti quei personaggi che con i loro costumi tradizionali rappresentavano la Palestina ai tempi di Gesù e ricostruendo la scenografia dei luoghi in cui avvenne la passione e la morte di Gesù. Quando padre Andrea ritornò nella sua amata Cernusco, il suo vivere non fu più lo stesso di quando lo aveva lasciato. Ben presto si ammalò e, in seguito ad un delicato intervento chirurgico perse molto della sua memoria. Quando lo si andò a trovare all’Ospedale di Erba, lui che era sempre stata una persona carismatica e accogliente, non riconobbe nessuno e ne fummo molto commossi. Ad un anno dalla sua morte, avvenuta il 20 ottobre 2014, vogliamo tanto ricordarlo nei suoi ultimi tempi di fragilità ma vogliamo soprattutto non dimenticare gli insegnamenti che ci ha lasciato. A noi Volontari dell’associazione Amicizia, che considerava un fiore all’occhiello del volontariato in psichiatria, diceva sempre di non scoraggiarci di fronte alle difficoltà che avremmo incontrato ma di confidare sempre nell’aiuto dello Spirito Santo e di continuare ad irradiare amore non solo con le parole ma sempre con tante opere di carità. Grazie padre Andrea per tutto questo. Non ce lo dimenticheremo. Maria Gabriella Badiali Dalle nostre case... SOlbiate Anna Marchitto CINQUE OPERATORI IN FESTA N ella nostra Residenza di Solbiate si è celebrata, mercoledì 4 novembre, la solennità di San Carlo Borromeo, patrono della struttura. La Santa Messa, animata dai canti della corale Fatebenefratelli dell’ospedale Sacre Famiglia di Erba, è stata presieduta dal Superiore Provinciale fra Massimo Villa e concelebrata dal cappellano, dai preti ospiti in struttura, dal parroco e dal coadiutore di Solbiate. Nell’omelia fra Massimo ha sottolineato il fatto che Dio ci ama così tanto da volere da noi le cose più belle della vita, tra cui quella che accomuna tutti: la salvezza. L’umanità ha bisogno della presenza di Cristo Buon Pastore condivisa dall’uomo, così come lo è stato San Carlo per il suo popolo, il gregge a cui Cristo ha affidato la presenza del buon pastore Carlo Borromeo, che pur essendo di famiglia agiata, avrebbe potuto vivere in tutt’altro modo, ma ha scelto di vestire i panni di guida del suo popolo e di pecora che sa seguire Cristo Buon Pastore. Rivolgendosi ai cinque operatori che hanno raggiunto il traguardo dei 25 anni di servizio, il Superiore Provinciale ha ricordato che in ogni figura professionale deve essere riconosciuto lo spirito del Buon Pastore, al quale è affidata la cura di ogni ospite. Anche ognuno di noi, come hanno fatto San Carlo Borromeo e San Giovanni di Dio si deve rendere Prossimo nel servire gli altri nell’essere nei fatti presenza di Cristo Buon Pastore. Alla parte religiosa ha fatto seguito un pomeriggio ricreativo, che ha visto, nell’ampia sala-bar esibirsi per la prima volta Walter che ha rallegrato con canti popolari e leggeri le orecchie, il cuore ed i pensieri dei presenti. L’intensa giornata volge al termine ma non tramonterà mai la festa con San Carlo se noi, come lui, sapremo essere Buon Pastore al fianco di chi necessita di aiuto. I festeggiati con fra Massimo Villa, Provinciale, E fra Sergio Schiavon, superiore locale. 4/2015 81 Dalle nostre case... VARAZZE Agostino Giuliani OSPITALITà QUOTIDIANA È il senso di serena, signorile e nel contempo familiare accoglienza che ti viene incontro nel varcare la soglia del soggiorno “Fatebenefratelli” di Varazze e che continuerà negli incontri con il personale addetto, attento ad adeguarsi alla tua personalità. Ma indubbiamente anche per il libero accesso nei saloni di ritrovo dove libri di svago, di cultura e giornali quotidiani sono a disposizione degli ospiti e le passeggiate: sentieri che corrono piacevolmente man- tenuti nel bosco-giardino a dirupo sul mare e interrotti da bersò predisposti per il riposo e la conversazione; nel periodo estivo la piscina sorvegliata dal bagnino e che ben si adegua alle esigenze sportive degli adulti e ai giochi dei bambini, nella sala ristorante e lungo la veranda è il servizio mensa accuratamente scelto e servito, a vista sul mare. Ma è la figura del Priore fra Valentino a dare l’impronta per la parola che nel momento opportuno ti raggiunge e ti fa partecipe dello spirito di vita che anima la comunità dei “Fatebenefratelli”, per la delicatezza con cui ti indica un percorso, la proposta di un momento di musica che sarà motivo di festa; è il sapere coniugare la spiritualità di ognuno con il suo quotidiano. L’essere sempre presente fra gli ospiti fa il Vangelo vita vissuta come fu nella travagliata vita di S. Giovanni di Dio e come lo visse S. Riccardo Pampuri segno della Provvidenza nella sua veste di soldato, di medico condotto, di uomo di Dio tra i “Benefratelli”, è il Vangelo sulla strada come lo auspica Papa Francesco e l’ospitalità diventa ascesa spirituale. Elisa Plebani Faga (ospite) ESERCIZI Beata Chiara Luce Badano 3 al 7 novembre, abbiamo nate di preghiera e di testimoSPIRITUALI 2016 Dal ospitato gli Esercizi Spirituali, nianze dirette portate da amici Febbraio dal 14 al 19 «Misericordia e verità si incontreranno» - Padre Daniele Mazzoleni o.p. Marzo dal 6 all’11 «Il discepolo, uomo della Misericordia nel Vangelo di Luca» - Monsignor Mario Rolando Ottobre dal 9 al 14 «Gesù e le Sue parabole» Padre Mario Chiodi, Oblati Missionari di Rho Novembre dal 6 all’11 «Il Vangelo delle Beatitudini» - Don Claudio Doglio Inizio Esercizi con la cena della Domenica sera, termine con il pranzo del Venerdì successivo. Costo 58 euro al giorno + 30 euro di quota di iscrizione individuale 4/2015 82 per giovani sacerdoti e diaconi sulla spiritualità e la vita della Beata Chiara Luce Badano, nostra conterranea, con gior- e parenti che hanno condiviso con Lei l’esperienza del Movimento dei Focolari ed il periodo della malattia. RICORDIAMOLI NEL SIGNORE Craviotto Giovanna Segnaliamo con enorme dispiacere, la scomparsa prematura della nostra cara collaboratrice la signora Craviotto Giovanna, che incarnando lo spirito vero del senso di appartenenza alla famiglia Fatebenefratelli, lascia un ricordo significativo ed indelebile per la sensibilità, la cordialità e la pronta disponibilità dimostrata negli anni vissuti in servizio. Alla famiglia le nostre condoglianze supportate dalla preghiera al Signore. OSPITALITà aL FEMMINILE Gocce d’amore nell’oceano di una tragedia Florence Gillet I BAMBINI DELLA ETNIA KAREN IN THAILANDIA DAVANTI AI DONI PROVENIENTI DALL’ITALIA Archivio movimento dei Focolari «Se tu ami una persona, ami il mondo intero» Come è importante entrare nella loro vita! Lo si fa poco a poco e quando sentono piena fiducia, si aprono. Quando capisci quello che c’è dietro,non puoi fare altro che partecipare, piangere con loro. Ma da lì nasce tutto S ulla mia scrivania si accumula materiale che, in vista di quest’articolo, cerco di raccogliere da un po’ di tempo tra i membri del movimento dei Focolari sparsi nel mondo. Varie le provenienze geografiche: arriva dal Brasile, dagli Stati Uniti, dall’Africa e, logicamente, dall’Europa. Vari i tipi d’impegno, dall’accoglienza dei minori nella propria fa- miglia, alla raccolta di fondi, al progetto “Ragazzi in famiglia” di un’associazione di famiglie della Sicilia, all’organizzazione di un tir con due tonnellate di generi di prima necessità che parte per l’Ucraina. E molte altre iniziative, tutte commoventi e che hanno un comune denominatore: accogliere l’altro come fosse Gesù, con rispetto e amore, pronti a capovolgere i propri programmi, mettersi nei suoi panni senza temere la diversità, anzi amarla. Cercare di mettere armonia e pace quando i rapporti, anche nelle strutture di accoglienza, sono un po’ conflittuali. Puntare a rapporti fraterni, sicuri che l’altro ha qualche cosa da darti. Da tutto quanto mi è giunto, estraggo due perle, un po’ emblematiche. 4/2015 83 OSPITALITà aL FEMMINILE Luigi, il protagonista di questo gemellaggio, davanti alla scuola di Mae Sot. Archivio movimento dei Focolari Un gemellaggio incredibile La prima si svolge in Thailandia, al confine con il Myanmar (Birmania) nella città di Mae Sot. Scrive Luigi Butori, del focolare di Bangkok: «Lì, ci sono moltissimi profughi che non entrano nei campi ufficiali delle Nazioni Unite, di cui nessuno si occupa e che spesso non vengono pagati per il loro lavoro settimanale: non hanno documenti e non possono protestare con nessuna autorità perché nessuno li difenderà. Molti di loro sono stati per anni nella foresta e finalmente ce l’hanno fatta a venirne fuori. Stanno tra le fosse ed i muri delle fabbriche, in capanne di fortuna e sono vivi per miracolo. Di loro non si parla, ma qui si conosce questa realtà: valgono oro! Sono una forza lavoro a bassissimo costo, persone 84 4/2015 disposte a lavorare anche a poco prezzo: quanto basta per vivere. Ed è per questa ragione che Mae Sot è diventata una zona economica speciale, con la presenza di molte industrie». Il movimento dei Focolari ha voluto assicurare una presenza, almeno per alcuni di questi profughi di etnia Karen. Tutto nasce da bambini di una scuola dell’infanzia di Latina che, saputo dalla loro maestra, Maria Grazia, dei bambini di Mae Sot, prima mandano disegni, poi si distaccano dei giocattoli, fino a coinvolgere genitori, altre classi, molte persone. La cosa cresce fino a fare il progetto di una scuola. Continua Luigi: «Ora questa scuola esiste e si chiama “Goccia dopo goccia”. Un gemellaggio incredibile tra Latina ed il fango di Mae Sot: ingiustizie, malattie, soprusi, stupri e via dicendo; chi sta bene e chi ringrazia Dio d’essere vivo ogni mattina ed ogni sera! Come uno dei bimbi della scuola. Chiedo alla sua mamma: “Come si chiama il tuo bambino?” e lei: “Chit Yin Htoo, che vuol dire ‘Se mi ami rispondimi’”. “E la data di nascita?” domando. “Forse 3 o 4 anni fa, forse 5 o 6. Era la stagione del raccolto, nel pieno dell’offensiva militare, dovevamo scappare: solo scappare”. A questo punto io mi fermo e non riesco più a scrivere, ma prego solo di non piangere di fronte a questa mamma. Com’è possibile?». «Questo progetto è una pazzia d’amore che solo dei bambini potevano pensare. E l’amore è così: fa fiorire il deserto, ti fa fare cose impossibili e ti fa felice! Noi grandi seguiamo questi bimbi, con rispetto e sacro timore. Distribuiamo cibo, latte, e soprattutto pupazzetti e giochi a tutti i presenti: lanterne, poi anche vestiti che fanno felici tutti. “Non ne abbiamo per tutti, ma chiediamo un miracolo”, dico ai presenti “che riusciamo ad amarci e a preoccuparci degli altri, come di noi stessi”. Gli occhi si illuminano quando vedono il pallone e le tute da calcio offerte da una Scuola calcio di Priverno (LT). Quanto amore che arriva. E gli occhi di questi bimbi, da tristi, scintillano di felicità perché sentono il calore che c’è sotto». «La scuola non ha veri muri: le lavagne un po’ rotte; i maestri, Corso di tedesco ai siriani Archivio movimento dei sono volontari ai quali riusciamo a dare solo 50 € al mese di stipendio; poi la rete, i gabinetti… Mi sembra d’essere in un santuario d’amore, in una cattedrale forse come la sogna anche Papa Francesco? Anni fa feci una promessa: che questa era la mia gente e che non l’avrei abbandonata, mai. Di fronte a questa scuola, a questa “Goccia d’amore” nell’oceano del male che ci circonda, rinnovo quella promessa». La generosità si estende La seconda “perla” è ambientata a Graz, città dell’Austria, dove i membri della parrocchia Karlau sono molto attivi nell’aiuto ai poveri. Raccolgono cibo e altri beni di prima necessità dai supermercati, a volte 18 tonnellate l’anno. Li distribuiscono alle varie parrocchie della città, a Ceceni, Ucraini, Afghani, Siriani, Africani…. Ma poi improvvisamente l’afflusso di rifugiati cresce in modo tale che non è più possibile soddisfare tutti, sono ormai più di 200. Sorge I bambini di Latina fanno disegni Per quelli di Mae Sot Archivio movimento dei Focolari un piccolo dissenso tra gli organizzatori: è il caso di selezionare i più poveri o servire i primi arrivati? Vicino alla parrocchia vive un focolare. Vengono a conoscere il problema e si offrono per una mediazione. Una delle focolarine, Hedy, racconta: «Vedo la generosità di queste persone che da anni si danno da fare in parrocchia. Propongo di radunare tutti quelli che usufruiscono dell’aiuto e di spiegare loro il problema. Cerco traduttori, accogliamo tutti con un benvenuto nella nostra città e spieghiamo che i 40 siriani arrivati da poco fanno 10 km a piedi due volte al mese per venire a prendere gli aiuti. Per due ore i siriani ci parlano dei loro problemi, delle loro aspettative. Uno ci dice: “Da tre mesi che siamo nel campo ed è la prima volta che qualcuno ci parla, si interessa della nostra situazione”. Finalmente si arriva anche a proporre di dare un numero progressivo e tutti capiscono che ci vuole pazienza. Ad ogni distribuzione, mi fermo a parlare con l’uno o l’altro durante le lunghe attese e, avendo stabilito questo rapporto, posso chiedere a uno di dare il suo numero a chi viene da lontano e rischia di dover ripartire a mani vuote». Ma la cosa non si ferma qui. Hedy, essendo in pensione, cerca di coinvolgere altri amici. Michael è uno di loro e vuol darsi da fare. Durante una riunione dei dipendenti della libreria dove lavora spiega ai suoi colleghi la situazione di questi rifugiati. Comprano da tasca loro 35 libri e una collega di Michael si offre per tenere il corso: «Pensavo di fare lezioni e basta, riconosce, ora queste persone mi sono così care che è diventato un affare di cuore». Hedy bussa alla porta di un assessore del Hedy, che ci ha dato la sua testimonianza sull’aiuto ai rifugiati a Graz Archivio movimento dei Focolari i Focolari 4/2015 85 OSPITALITà aL FEMMINILE consiglio comunale nel villaggio dove vivono i rifugiati. Lui spontaneamente organizza un pullman e raccoglie viveri nei supermercati. Un’altra signora si accorda con il suo nipote che vende biciclette, perché ripari vecchie biciclette e le paga lei, 850 euro: ne procura una ventina. La generosità si estende a macchia d’olio. Hedy procura a queste persone piccoli lavori che eseguono benevolmente. Un giorno, un signore molto triste e silenzioso, gli occhi sempre a guardare sul suo i-phone la foto dei suoi 5 bambini, di colpo si apre. Un giorno, Hedy li accompagna tutti alla moschea della regione per la preghiera del venerdì. Uno di loro testimonia: “Questo fatto di poter pregare nella moschea ci ha riuniti tra noi e con la nostra amica cristiana”. Conclude Hedy: «Come è importante entrare nella loro vita! Lo si fa poco a poco e quando sentono piena fiducia, si aprono. Quando capisci quello che c’è dietro, non puoi fare altro che partecipare, piangere con loro. Ma da lì nasce tutto». E aggiunge: «Se tu ami una persona ami il mondo intero». © CSC Audiovisivi Dice: «Sono stato nel deserto della Siria come ingegnere in una compagnia petrolifera. Non mi mancava niente e avevo tanti soldi. Ora ho perso tutto. Ma con voi mi si è chiarita una cosa. Se per caso posso ritornare cambierò mestiere e mi metterò ad aiutare come voi. Rende più felice». La stragrande maggioranza di essi sono musulmani, e tra loro ci sono varie correnti, il che suscita rivalità e conflitti. Anche lì l’esempio di Hedy e delle focolarine ha dato risultati positivi. 86 4/2015 Se un giorno gli uomini Quando ho iniziato a scrivere su Chiara Lubich per questa rivista, il primo articolo era intitolato: “Chiara Lubich, maestra senza frontiere. Una giovane maestra trentina raggiunge, con il suo insegnamento sull’amore, gli ultimi confini della terra”. Insieme a queste storie che ne sono la prova, aggiungo, per concludere, un suo scritto del 1959: «Se un giorno gli uomini, ma non come singoli ben- sì come popoli […] sapranno posporre loro stessi, l’idea che essi hanno della loro patria, […] e questo lo faranno per quell’amore reciproco fra gli Stati, che Dio domanda, come domanda l’amore reciproco tra i fratelli, quel giorno sarà l’inizio di una nuova era, perché quel giorno […] sarà vivo e presente Gesù fra i popoli […]. Sono questi i tempi […] in cui ogni popolo deve oltrepassare il proprio confine e guardare al di là; è arrivato il momento in cui la patria altrui va amata come la propria, in cui il nostro occhio ha da acquistare una nuova purezza. Non basta il distacco da noi stessi per essere cristiani. Oggi i tempi domandano al seguace di Cristo qualcosa di più: una coscienza sociale del cristianesimo […]. Noi speriamo che il Signore abbia pietà di questo mondo diviso e sbandato, di questi popoli rinchiusi nel proprio guscio, a contemplare la propria bellezza – per loro unica – limitata ed insoddisfacente, a tenersi coi denti stretti i propri tesori – anche quei beni che potrebbero servire ad altri popoli presso i quali si muore di fame – , e faccia crollare le barriere e correre con flusso ininterrotto la carità tra terra e terra, torrente di beni spirituali e materiali. Speriamo che il Signore componga un ordine nuovo nel mondo, Egli, il solo capace di fare dell’umanità una famiglia e di coltivare quelle distinzioni fra i popoli, perché nello splendore di ciascuno, messo a servizio dell’altro, riluca l’unica luce di vita che, abbellendo la patria terrena, fa di essa un’anticamera della Patria eterna». (“La dottrina spirituale”, Città Nuova, Roma 2006, pp. 327-329). OFFERTE A FAVORE DELLE OPERE MISSIONARIE ABBONAMENTO Con 13,00 euro rinnova l’abbonamento alla rivista , utilizza il bollettino postale allegato così sostieni gli ospedali missionari dei religiosi Fatebenefratelli del Togo e del Benin CONTO CORRENTE POSTALE NUMERO 29398203 IBAN IT02J0760101600000029398203 Badiali Maria Gabriella Cernusco sul Naviglio (Mi) Cammarata Maria Linda per Libri, Trieste Capitanio Alda Camisano (Vi) Caronni Valentina Buccinasco (Mi) Don Marco per Libro, Brugherio (Mb) Grande Antony Zanè (VI) Grande Dino Cornedo Vicentino (VI) Grande Perry Cornedo Vicentino (VI) Fantin Ernesto Caponeghe (Pd) Fantin Giovanna Saonara (Pd) Ferrario Angela Ceriano Laghetto (Mb) Ferrazzi Irma Cardano al Campo (Va) Fidolini Vittorio Firenze Foletti Ermanno Gaetano avenago d’Adda (Lo) Fumagalli Francesca Portoferraio (Li) Masetti Teresina e Amedeo Parabiago (Mi) 150,00 Masotti Marcello 25,00 Firenze 23,00 Melillo Gioacchino 20,00 Napoli 50,00 Miceli Luigi 30,00 Bereguardo (Pv) 20,00 Mosconi Elisabetta 50,00 Brescia 10,00 Pante Giovanni 20,00 Lamon (Bl) 100,00 Parolini Sandro 20,00 Lodrino (Bs) 100,00 Parrocchia S. Martino 15,00 Villa Dalegno (Bs) 150,00 Piarulli Andrea 20,00 Bisceglie (Bt) 10,00 Podo don Antonio 20,00 Monteroni di Lecce (Le) 10,00 Principato Filippo 20,00 Messina 8,00 Ricca Edoardo 14,00 Brescia 20,00 Rossi Lucia 20,00 Villasanta (Mb) 10,00 Simbone Costantino 5,00 Spigno Saturnia (Lt) 15,00 Suore della Misericordia 150,00 Cernusco sul Naviglio (Mi) 10,00 Volonté Osvaldo 25,00 Milano 12,00 Volpato Piergiorgio Sacerdote 15,00 Mirano (Ve) ::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::: TOTALE 1067,00 CON IL CALENDARIO FATEBENEFRATELLI 2016 donato ai nostri abbonati vogliamo augurare a tutti un 2016 ricco di misericordia 4/2015 87 88 4/2015