VITA PARROCCHIALE di Limone sul Garda Numero 28 - Dicembre 2012 Natale 2012 1 Anagrafe parrocchiale dal 20 marzo al 20 novembre 2012 Battesimi Si sono uniti in matrimonio Jordan Bottino, 13 maggio 2012 Marco Bottino, 13 maggio 2012 Giorgio Risatti, 10 giugno 2012 Alicia Camille Martin, 16 giugno 2012 Caterina Segala, 11 novembre 2012 Florian Finkenzeller e Susanne Vlk, 15 settembre 2012 In attesa della Risurrezione Beniamino Chincherini, 22 aprile 2012 Norma Fava ved. Risatti, 30 maggio 2012 Francesco Segala, 3 giugno 2012 Ferruccio Folcia, 20 giugno 2012 Antonio Codogni, 1 settembre 2012 Carla Delaini Mattei, 12 novembre 2012 Ruggero Fava, 17 novembre 2012 Natale 2012 - Capodanno 2013 Lunedì 31 ore 19.30: Lunedì 24 dicembre 2012 Ore 15.00-19.00:Confessioni nella chiesa parrocchiale; ore 23.00: Solenne Santa Messa di Mezzanotte accompagnata dal Coro parrocchiale. dicembre 2012 Santa Messa solenne di Ringraziamento col canto del Te Deum laudamus. Martedì 1 gennaio 2013 Sacra Famiglia di Gesù, Giuseppe e Maria ore 8,30; 10,30; 17: Sante Messe. Martedì 25 dicembre 2012 Solennità del Santo Natale ore 8.30: Santa Messa; ore 10.30: Santa Messa solenne accompagnata dal Coro parrocchiale; ore 17.00: Santa Messa. Domenica 6 gennaio 2013 Epifania del Signore ore 8.30: Santa Messa; ore 10.30: Santa Messa con solenne Benedizione dei bambini; ore 17.00: Santa Messa Mercoledì 26 dicembre 2012 Santo Stefano ore 10.30: Santa Messa; ore 18.00: Santa Messa nella chiesa di San Pietro. In copertina: Il presepe in piazza Garibaldi 2 Il saluto del Parroco ad attività più lucrose. Attività un tempo fiorenti ora hanno bisogno di essere riorganizzate. L’epoca di internet stravolge le abitudini nostre e del turista. Si deve ricorrere in alcuni casi anche al dover reimpiegare il capitale. Ovunque quindi ‘fervet opus’ . E’ ora tempo di Natale. Il Natale è fatto per l’uomo, per ognuno di noi, anche per i Limonesi. Credo sia opportuno avvantaggiarsi di questo tempo che tradizionalmente anche la società consumistica presenta pieno di affetti, di comprensione, di relazioni distese, di sorrisi e di abbracci, di regali, di panettoni e di cesti confezionati che vanno però diminuendo perché diminuisce la comprensione. I baci rischiano di essere solo quelli ‘perugina’. E’ un tempo di riflessione per quei giovani che anche anonimamente, da vili, si sono e si vanno esprimendo nei vari siti con certe affermazioni denigratorie che i loro genitori nemmanco si sognavano ai loro tempi di esprimere ma che ora, magari complici, supinamente, approvano privi ormai di ogni ideale. E’ tempo di riflessione per i giovani genitori che si trovano alle prese col difficile compito di dare valori ai simpatici ragazzi Cari Limonesi, terminata la stagione turistica ho visto un po’ tutti voi passare dalla giacca e cravatta alla tuta di lavoro per sistemare le strutture alberghiere che devono riposare, ma bene in ordine. In realtà la maggioranza veste normalmente sia prima che dopo la stagione turistica, sempre pronta ad intervenire dove necessita. E’ una caratteristica dei limonesi essere sempre sulla breccia. E’ arrivato il tempo del meritato riposo che alcuni si permettono in vacanze in paesi esotici, in crociere ed in gite sporadiche anche istruttive. Ben venga quindi il tempo libero da impiegare nel miglior modo che uno crede. Non noto per il Paese le solite numerose gru collocate, normalmente a fine stagione, dalle varie imprese edili che stanno soffrendo la crisi; non solo loro però. Le piste ciclabili offrono motivi di lavoro a qualche impresa. Qualche cantiere è attivo là dove per tempo si è riusciti ad avere l’autorizzazione paesaggistica e la licenza di costruire. Alcune strutture alberghiere rimandano a tempi più idonei la costruzione delle progettate piscine ed i centri di benessere. Uffici vengono chiusi e trasferiti per lasciare spazio 3 che desiderano essere sempre al loro centro di attenzione ma che purtroppo non sempre hanno. E’ tempo di riflessione per tutti gli adulti che forse ancora danno troppo importanza ad avere altre ‘prime case’ da offrire ai loro figli e nipoti che crescono magari rivoltandosi a loro perché non sanno dare di meglio. E’ tempo di riflessione per i non pochi settantenni che ancora non se la sentono di passare la gestione agli impazienti figli e nipoti che devono accontentarsi di non ribellarsi del tutto, se non già hanno lasciato l’ambiente, consci che tanto un giorno qualcosa arriverà per diritto ereditario. E’ tempo di ridestarsi dal sonno, di raddrizzare i sentieri tracciati trasversalmente nei nostri cuori, di avere il coraggio di tendere la mano, di confrontarsi anche con chi non vuole darti un determinato permesso di passaggio che forse pretendi senza averne diritto. E’ tempo di pregare, di essere migliori. E’ tempo di far risuonare il melodioso suono delle zampogne non solo nelle nostre orecchie ma soprattutto nel nostro cuore desideroso di realizzare la sua missione di espansività. Di cuore a tutti auguro un Felice e Buon Natale don Eraldo Tempo di Avvento Vieni Signore Gesù, vieni nella nostra notte, questa altissima notte la lunga invincibile notte, e questo silenzio del mondo dove solo questa parola sia udita; e neppure un fratello conosce il volto del fratello tanta è fitta la tenebra ma solo questa voce quest’unica voce questa sola voce si oda: Vieni vieni vieni, Signore! Allora tutto si riaccenderà alla sua luce e il cielo di prima e la terra di prima non sono più e sarà tersa ogni lacrima dai nostri occhi perché anche la morte non sarà più. Davide Maria Turoldo Parrocchia di San Benedetto Via Fontana, 19 25010 Limone sul Garda Tel. 0365.954017 [email protected] 4 IL NATALE è PER L’UOMO Pensieri da “Il pane di ieri” di Enzo Bianchi, priore della Comunità Monastica di Bose (2008) Il Natale, ormai, è una festa non solo riservata ai cristiani ma sempre più carica di una valenza antropologica. I valori della quotidianità, del tessuto della vita, le relazioni umane, l’amicizia, l’amore, la fraternità sono ormai legati a questo giorno al punto che anche là dove vi è contrapposizione tra credenti e non credenti, la festa rimane tale per tutti […]. Il Natale è un’autentica occasione per riaccendere una speranza che riguarda l’umanità intera […]. Ciascuno di noi ne ha un’immagine personalissima, legata ai ricordi d’infanzia e ai tanti Natali vissuti, a volti e parole di persone amate, a consuetudini che ha voluto conservare o ricreare [...]. è almeno dal IV secolo che i cristiani il 25 dicembre fanno memoria della nascita di Gesù Cristo a Betlemme di Giudea: una data scelta perché in quel giorno il mondo romano celebrava e festeggiava il “sole invitto”, il sole che in quel giorno terminava il suo progressivo declinare all’orizzonte e ricominciava a salire in alto nel cielo, aumentando così la durata della luce offerta alla terra [...]. E siccome per i cristiani Gesù il Messia è il “sole di giustizia”, la “luce vera”, fu naturale collocare in quel giorno di festa pagana la celebrazione della natività del loro Signore [...]. La meditazione cristiana faceva di quella festa il giorno dell’incarnazione di Dio, il giorno in cui è avvenuto uno scambio: “Dio si è fatto uomo perché l’uomo diventi Dio”. Poi, nel II millennio, soprattutto in Occidente, la meditazione del Natale si è progressivamente concentrata sul “bambino Gesù”, sulla sua umanità, sulla sua debolezza e sulla “novità ordinaria” costituita dal venire al mondo di un uomo: l’evento non fu più letto come manifestazione, venuta di Dio, quanto come mistero della povertà, dell’umiltà, della debolezza di Dio. Francesco d’Assisi seppe interpretare bene questo aspetto, creando il presepe di Greccio [...]. Il presepe è la riproduzione iconica o scultorea di quell’evento umile e povero che, se ci pensiamo bene, è tra i più umani e quotidiani: una donna che partorisce un figlio [...]. Sì, una nascita, un essere umano che viene al mondo, è di per sé qualcosa che nella sua normalità stupisce: emerge il “terzo”, appare il nuovo e lo si accoglie con gioia e con buona disposizione del cuore. E’ un evento di speranza: chi vi assiste [...] è abitato e confortato dal pensiero che il mondo va avanti, che la vita fiorisce e si moltiplica, che un futuro migliore è possibile, segno tangibile del nostro essere immersi in una catena di generazioni [...]. Nel Nord invece, dove il sole non dà evidenti segni di vittoria nel gelido inverno, la festa è segnata da un albero, l’abete, evocazione dell’albero della vita: un albero che resta vivo e verde nel bianco della neve è il vincitore sul rigore del freddo nelle steppe brulle [...]. Il Natale era davvero la festa più importante dell’anno e non certo per i regali [...]. Quando c’erano, i regali erano frutta secca, cioccolatini, caramelle, il panettone oppure, se ci si scostava dai dolci, un quaderno più bello, una nuova penna, qualche matita colorata... Eppure si attendeva il Natale con ansia. Iniziata la novena di preparazione, noi bambini andavamo nei boschi a raccogliere il muschio, cercavamo carta da pacco che spruzzavamo con vari colori e poi l’accartocciavamo perché assumesse la forma di rocce, grotte, speroni di montagna. Quindi su un tavolo in cucina o nella sala si disponevano le statuine del presepe [...]. Noi bambini mettevamo tanta cura in quell’allestimento perché sentivamo di poter vivere dentro di noi quello che cercavamo di raffigurare. Mi ricordo che mi mettevo accanto al presepe con il Vangelo in mano e che, in base a quello che vi leggevo, disponevo e spostavo statuine e personaggi. Ero sorpreso di non trovare nel Vangelo l’asino e il bue, che pure mi erano così familiari e che consideravo necessari per riscaldare quel bambino che stava per venire “in una grotta al freddo e al gelo”. Il parroco mi aveva rassicurato dicendomi che il profeta Isaia aveva scritto che “il bue riconosce il suo Signore e l’asino riconosce la greppia del suo padrone” (Isaia I.3) Questo mi aveva tranquillizzato e, poco alla volta, portato a capire che anche le povere 5 bestie, così come i semplici pastori e i sapienti magi, avevano saputo riconoscere la venuta di Dio nel mondo, mentre invece re potenti, sacerdoti, scribi... La vigilia di Natale, poi, si pregava tutti attorno al presepe: noi bambini contemplavamo quelle lucine che nella povertà del dopoguerra erano capaci di stupirci con i loro colori e il loro lampeggiare, ma nello stesso tempo eravamo attratti dal mistero di un infante deposto nella paglia, incapace di parlare, eppure proprio quel bambino era il Dio per noi e tra di noi, il Dio che per amore nostro volle farsi uno di noi. Qualcuno invece del presepe addobbava l’albero, anche se quest’usanza non era gradita al parroco, perché aveva un vago sapore “protestante”, e l’ecumenismo doveva ancora trovare spazio nella chiesa. Io li preparavo entrambi, l’uno accanto all’altro, e quando mi mancava il pino, piantavo in un vaso una scopa di saggina capovolta [...]. Ma ciò che faceva percepire a tutti la gioia del Natale erano i preparativi per il pranzo, anche nelle famiglie più povere: le pentole che bollivano con il cappone, le donne che si riunivano per preparare insieme i ravioli [...]. Gli uomini invece cercavano il ceppo da mettere nel camino: non la solita legna, ma un ceppo nodoso e grande, che durasse dalla sera fino al ritorno dalla messa di mezzanotte, quando si rientrava a casa intirizziti dal freddo, perchè la chiesa non era riscaldata e per molti il tragitto fino a casa era lungo. E a quella messa andavano tutti, anche quelli che durante l’anno non si facevano mai vedere in chiesa: l’umile semplicità del Figlio di Dio, che appariva come il figlio di una coppia di poveri in viaggio, inteneriva anche i cuori più duri. Il parroco dal canto suo sapeva cogliere quell’opportunità unica [...] nel suo sapersi fare eco della buona notizia del Natale. Così, semplicemente, chiedeva a tutti di essere più buoni, di riconciliarsi con coloro con i quali si era in lite, di perdonare le offese. Non chiedeva altro, perché nel suo sapiente discernimento sapeva che per quei contadini che uscivano dal paese solo per andare al mercato nella città vicina, ciò che condizionava la loro vita e la loro felicità, oltre al pane, alla casa, al vestito, erano i rapporti quotidiani con gli altri: parenti, vicini, conoscenti [...]; la pace, quella che era sperimentata con la fine della guerra, era percepita come una “grazia” [...], con la consapevolezza cioè che quel tipo di pace non dipendesse da loro, ma dai potenti che decidevano le sorti della pace e della guerra. Mentre la pace quotidiana, l’armonia nella vita familiare e nei rapporti sociali, quella sì che dipendeva da ciascuno custodirla e farla vivere [...]. Così il parroco non dedicava parole e pensieri ai grandi del mondo, ma esortava con voce accorata quelli che lo ascoltavano anche solo in quell’occasione affinché coltivassero durante tutto l’anno quel desiderio di armonia e concordia sperimentato nella notte di Natale. Così, anche il Dio che a volte nelle parole del parroco era il Dio irato che mandava la grandine sulla vigna di quelli che lavoravano alla domenica o che bestemmiavano, tornava al suo volto autentico: un Dio buono, che capiva gli uomini e chiedeva loro solo di essere buoni, sull’esempio di suo Figlio, Gesù. E quest’immagine di un Dio umanissimo riaccendeva la speranza di una vita migliore anche in quegli uomini rudi [...]. Oggi [...] i cristiani scoprono di non essere più “padroni” del Natale, una festa ormai “strappata” loro di mano. Tuttavia sta proprio a loro, con la loro “differenza” nel vivere il Natale, essere i custodi del senso profondo della festa e i testimoni della speranza che celebrano: “l’uomo è un animale chiamato a diventare Dio”. Sì, attraverso un’umanizzazione della loro vita, della vita con gli altri, della vita nella polis, i cristiani saranno fedeli più che mai alla loro identità mentre coloro che cristiani non sono potranno solo beneficiare del servizio per una migliore qualità della vita offerto dai cristiani [...]. “Non di tutti è la fede”, ci ricorda sempre l’apostolo Paolo, ma tra tutti è possibile tessere cammini di pace, di giustizia, di perdono, di ascolto reciproco. 6 L’Anno della Fede Molte persone, anche della nostra Parrocchia, hanno abbandonato la fede in Dio o meglio non sanno più in chi o in che cosa credono; sono distanti dalla pratica della vita cristiana, dalla partecipazione alla vita di chiesa ed hanno abbandonato coscientemente la partecipazione alla Messa domenicale. Non ricordano l’ultima volta che si sono accostati al sacramento della confessione. Gli ultimi bagliori di fede sono espressi nelle partecipazioni ai funerali, ai Battesimi ed ai pochi matrimoni che si celebrano. Che cosa occorre fare, e come, affinché la fede cristiana non resti diluita nell’incoscienza e nell’indifferenza, ma continui ad essere valorizzata e trasmessa? Che fare affinché quanti si definiscono ancora cattolici ricomincino ad apprezzare i valori della propria fede ereditata dagli apostoli, dalla testimonianza dei martiri di ieri e dei nostri giorni, dai santi, dal nostro San Daniele, dai missionari, dai mistici, dai predicatori, dalle persone semplici e colte che hanno trasmesso questa preziosa eredità di generazione in generazione e l’hanno arricchita con la propria esperienza e testimonianza? Tutto questo esige un’autentica conversione pastorale di tutta la Chiesa, delle sue persone, delle varie organizzazioni, delle strutture, per mettersi in uno stato permanente di missione ed avere davanti nuovi obiettivi nella propria azione evangelizzatrice. La Chiesa quindi ha indetto l’Anno della Fede, dall’ anniversario dell´apertura del Concilio, l’ 11 ottobre, fino alla festività di Cristo Re del prossimo anno. Ci saranno eventi, appuntamenti, congressi e riunioni sotto l’egida del “Anno della Fede”. Da quando Papa Benedetto nell’ottobre dell’ anno scorso annunciò quest’anno particolare, fu chiaro che dopo l’anno paolino e quello per i sacerdoti doveva essercene uno per il grande progetto della Nuova Evangelizzazione. Quest’anno della fede ha già tutti quegli elementi che normalmente vengono attribuiti ai grandi eventi: un’ apertura, una festa conclusiva e vari momenti culminanti. Il Vaticano non sarà l’unico luogo dove si svolgeranno questi momenti dell’ anno della fede. Vi parteciperanno anche tante Chiese locali con proprie manifestazioni, incontri, celebrazioni, convegni, mostre ed altro. Le folle che si radunano, la musica e l’atmosfera particolare possono influenzare le persone e le loro percezioni. Si rischia poi che ritornando a casa nella quotidianità diventi difficile mantenere l’entusiasmo vissuto. Una cosa analoga può succedere per tutti quegli eventi particolari, che segneranno l’anno della fede. è nella natura della cose che ci si fermi a cogliere solo l’attimo che sfugge. La fede cerca qualcosa in più, la fede implica tempo, testimonianza e trasmissione, la fede deve cambiare il fedele dal di dentro. Lo spirito del momento – anche se è bello – non basta. L’anno della fede può rischiare di diventare una collezione solo di manifestazioni esterne. Cosa vuole essere dunque l’anno della fede? Papa Benedetto lo ha detto in breve nella sua omelia del 16 ottobre, lo scorso anno, quando l’annunciò. In quell’occasione utilizzò soprattutto verbi attivi: dare, condurre, rafforzare, donare e naturalmente annunciare. Il Papa vorrebbe notare – per usare un suo stesso termine – un forte impulso che pervade tutta la Chiesa. La stessa giornata, durante l’angelus, il Papa precisò di nuovo l’obiettivo dell’Anno della fede: non si tratta di celebrare l’anniversario del Concilio come tale, ma di operare il risveglio ed attuare la vivacità della fede. L ’Anno della Fede può essere un contributo importante per offrire quel forte impulso alla vita cristiana. Gli appuntamenti e gli incontri, le messe e i concerti non offriranno certo la soluzione alle problematiche della fede ma possono almeno portarle a galla. L’anno della fede è quindi un fare memoria del Concilio Vaticano II: un aggiornamento dell’ aggiornamento. A Limone sul Garda l’Anno della Fede dovrebbe portare maggior interesse alla pratica religiosa almeno da equiparare in parte a quello profuso per le attività turistiche. don Eraldo 7 IL SINODO DIOCESANO rocchie, ma non è quello che accadrà - assicura il Vescovo di Brescia: “ il senso dell’Unità Pastorale è nel segno non più dell’autosufficienza ma della comunione tra le Parrocchie. Aiutarsi in fondo fa già parte dell’identità di ogni singola realtà parrocchiale”. S.E. Mons. Monari aggiunge che l’avvenire prossimo della pastorale vedrà la crescente presenza della figura dei laici. E’ quindi un invito anche ai fedeli limonesi di essere più attivi. A Limone sul Garda anche la famiglia comboniana certamente troverà la sua specificità all’interno della erigenda Unità Pastorale che avrà probabilmente il suo centro in Gargnano. Per chi volesse seguire il Sinodo via social network sappia che è attiva la pagina di Facebook del Sinodo Diocesano (www.facebook.com/sinodo-brescia) e sarà possibile ‘cinguettare’ su Twitter citando #sinodobrescia. L’1, il 2, l’8 e il 9 dicembre, presso il Centro Pastorale Paolo VI, a Brescia, si tiene il 29° Sinodo Diocesano che ha come tema portante le Unità Pastorali al fine di relativizzare i confini parrocchiali ed aprire le porte alla collaborazione tra differenti realtà inter-parrocchiali per progettare una pastorale in grado di misurarsi con la complessità dei problemi odierni. Quasi 400 persone tra vescovi, sacerdoti, religiosi e laici si confronteranno e daranno vita al cammino della composizione delle diverse Unità Pastorali. Se dopo il Concilio di Trento le comunità erano legate alla propria Parrocchia ed al proprio Parroco, ora il futuro sarà impostato più sulla costruzione dei rapporti e delle relazioni con i propri vicini. Un solo Parroco, data la complessità della realtà odierna, non potrà più occuparsi solo dei propri parrocchiani ma nascerà l’idea di realizzare un unico programma pastorale per più parrocchie. Le Unità Pastorali propongono un cambio di rotta. Il timore è quello dell’accorpamento tra diverse Par- don Eraldo I PRECETTI GENERALI DELLA CHIESA Diventa allora importante ricordare ai cristiani di Limone il loro dovere della Messa domenicale e che se si gioca a pallone la domenica si può venire a Messa, coi propri figli sportivi, il sabato sera. E’ anche interessante chiedersi quand’è stata l’ultima confessione fatta davanti ad un sacerdote. I giorni di digiuno sono il mercoledì delle Ceneri ed il Venerdì Santo e l’astenersi dalla carne è per i venerdì di Quaresima. Sovvenire alle necessità della Chiesa lo si opera anche facendo l’offerta alla Parrocchia in occasione dei battesimi, dei matrimoni e dei funerali. Al riguardo a Limone non ci sono tabelle fisse come esistono in molte parrocchie. Generalmente si è generosi e si offrono mediamente 50 euro per i Battesimi; 200 o 300 per i matrimoni ed i funerali. Esiste anche chi offre di più, chi di meno e chi si dimentica dopo magari aver speso una bella cifra per i fiori. don Eraldo Sono 5 e sono punti di riferimento per il cristiano che vuol vivere dignitosamente la sua Fede. Oltre ai 10 Comandamenti ed ai Consigli Evangelici restano indicazioni semplici da seguire. Alcuni non ricordano più i 10 Comandamenti e forse anche i Precetti della Chiesa sono caduti nel dimenticatoio. Mi permetto allora di ricordarli: 1° Partecipare alla Messa la domenica e le altre feste comandate e rimanere liberi da lavori e da attività che potrebbero impedire la santificazione di tali giorni; 2° Confessare i propri peccati almeno una volta l’anno; 3° Ricevere il Sacramento dell’Eucaristia almeno a Pasqua; 4° Astenersi dal mangiare carne e osservare il digiuno nei giorni stabiliti dalla Chiesa; 5° Sovvenire alle necessità materiali della Chiesa stessa, secondo le proprie possibilità. 8 La Cresima e l’Eucarestia per i nostri ragazzi Domenica 22 aprile, nella Chiesa Parrocchiale, alla presenza di monsignor Cesare Polvara, i nostri giovani di prima media hanno ricevuto i Sacramenti della Santa Cresima e dell’Eucarestia. I ragazzi hanno raggiunto questo traguardo dopo cinque anni di preparazione catechistica, durante i quali hanno: rinnovato le loro PROMESSE BATTESIMALI, ricevuto il Sacramento della CONFESSIONE, imparato la storia della BIBBIA e conosciuto GESÙ attraverso la lettura del NUOVO TESTAMENTO. Hanno anche superato l’esame proposto da don Eraldo per essere definitivamente ammessi al Sacramento della Confermazione. Ci ha fatto molta tenerezza vederli trepidanti, ansiosi, un po’ nervosi per la verifica che dovevano sostenere, ma allo stesso tempo determinati nel raggiungere l’obbiettivo. Noi catechiste siamo orgogliose di loro e sappiamo che tutti si sono impegnati molto. Durante la cerimonia presieduta da monsignor Cesare Polvara, i ragazzi, molto emozionati, hanno incontrato Gesù nell’Eucarestia, ricevuto la Santa Cresima e portato un fiore e le loro preghierine alla Madonna, per poi ringraziare il Signore con un canto. Ha ricevuto il Sacramento della Confermazione anche Antonio, un ragazzo che lavora da un po’ di tempo nella nostra comunità. Per completare l’anno catechistico, abbiamo trascorso il pomeriggio del giorno di Pentecoste presso la Comunità Comboniana di Limone dove, con l’aiuto di suor Paola, abbiamo meditato sulla vita di San Daniele Comboni, intrattenendoci nel percorso multimediale e pregando lo Spirito Santo che ci dia la forza per affrontare una vita di fede. Questi nostri giovani hanno raggiunto un importante traguardo ricevendo tutti quattro i Sacramenti dell’iniziazione cristiana, ma non è la fine di un percorso, bensì l’inizio di un viaggio da veri testimoni di Cristo. II catechismo perciò prosegue… Tante cose dobbiamo ancora approfondire e tante sono da scoprire per crescere e imparare a portare il buon esempio agli altri. Ed ora, prima di “passare la penna” a Mara, Sabrina, Filippo, Matteo, Mattia, Elisabetta, Silvia, Ve- ronica, Marco, Alessandro, Martina e Laura, che ci lasceranno un loro pensiero, vogliamo ringraziare chi ci ha aiutato in questi anni e per la buona riuscita della cerimonia. Un grazie anche a Mariapaola per la sua disponibilità e un affettuoso ricordo a suor Barberina, vicina a noi nei primi anni di formazione. Le catechiste Carla e Paola Grazie Signore, sono stata molto contenta per aver ricevuto la Santa Cresima e la Comunione. Prometto di andare avanti e venire sempre a messa. Ringrazio mons. Polvara per le parole dell’omelia che mi hanno aiutato a meditare sui Sacramenti che sono andata a ricevere. Sono stata molto felice per aver avuto i miei genitori e parenti vicini a condividere con me l’immensa gioia di quel momento così importante. Silvia Grazie, Signore. Sono stato molto contento di aver ricevuto la Cresima e la Comunione. Sarà mia intenzione continuare il catechismo e andare a Messa. Vorrei ringraziare mons. Polvara per averci fatto ripassare i punti importanti della nostra preparazione ai Sacramenti. Filippo Signore, Ti voglio ringraziare per avermi fatto ricevere la Santa Cresima e la Comunione. Ti prometto che d’ora in poi sarò più buona. Voglio ringraziare mons. Cesare Polvara che ha fatto un’ottima omelia e con le sue parole mi ha avvicinata ancora di più alla preghiera, ma soprattutto Ti ringrazio di avermi fatto stare vicino alle persone a cui voglio bene, che mi hanno aiutato e che hanno condiviso la felicità di quel giorno. Volevo anche dirTi che è stato uno dei momenti più belli della mia vita. Sabrina 9 Signore, voglio ringraziarTi per la gioia che mi hai dato durante la Cresima e la Comunione. Sono felicissimo e cercherò di essere sempre più bravo e sarà mia intenzione seguire ancora il catechismo. Ringrazio monsignor Polvara per le semplici parole che ha usato durante la celebrazione. Ho avuto vicino a me i miei famigliari che mi hanno aiutato a condividere questi momenti magnifici della mia vita. Matteo Durante la celebrazione della Santa Cresima e Comunione ero molto emozionata e felice perché sapevo che il Signore mi entrava nel cuore e mi faceva diventare vera figlia di Dio. Il mio proposito è di essere una brava ragazza e aiutare i miei amici quando hanno bisogno di me e non voltargli mai le spalle e fargli male. Elisabetta Al Signore voglio chiedere di continuare ad accompagnarmi nel mio cammino fino alla morte, come ha fatto dal giorno del mio battesimo fino ad ora. I miei propositi sono quelli di - grazie al Tuo insegnamento - comportarmi bene, pregare, aiutare gli altri nel momento del bisogno e venirgli incontro. Mattia Domenica 22 aprile ho ricevuto i Sacramenti della Cresima e della Comunione. Le catechiste Carla e Paola ci hanno aiutato a superare il piccolo esame che don Eraldo ci ha fatto. Alla cerimonia ero molto felice perché era la prima volta che ricevevo Gesù, ma soprattutto ero molto agitata e tutte le emozioni si mischiavano tra loro, ma sorridevo comunque. A mezzogiorno con tutta la mia famiglia siamo andati a festeggiare mangiando tutti assieme. È stato un giorno indimenticabile. Veronica Grazie mille, Signore, per avermi permesso di ricevere lo Spirito Santo. Sono contenta di aver ricevuto la Cresima e, per la prima volta, la Comunione. Ti ringrazio per la bella famiglia e i bei amici che mi hai dato. Ora tocca a me portare la parola di Gesù agli altri. Mara Signore, voglio ringraziarti per avermi fatto ricevere la Santa Comunione e la Cresima. Prometto di essere brava e pensarTi sempre. Ringrazio mons. Polvara che con la sua bella omelia mi ha fatto meditare sui Sacramenti che ero andata a ricevere. Sono stata molto felice di stare con tutta la mia famiglia e di aver passato una bella giornata con loro. Martina Grazie, monsignor Polvara, per avermi dato la Cresima e la Comunione. È stato emozionante ricevere questi due Sacramenti. È stato stupendo! Ora siamo in grazia di Dio e testimoni di Gesù. Laura 10 Signore, sono molto felice di aver ricevuto questi Sacramenti. Adesso mi sento più grande e responsabile. Cercherò di venire a messa e di seguire ancora per tanti anni il catechismo. Volevo ringraziare il Monsignore per le semplici parole che ha usato durante la cerimonia. Alessandro Grazie, Signore, per avermi dato i Sacramenti della Cresima e dell’Eucarestia. Ringrazio anche il vescovo che mi ha permesso di ricevere questi due Sacramenti. Voglio cercare di venire a messa sempre, rispettare gli altri, e non dire le parolacce. Marco Lettera di ringraziamento di mons. Cesare Polvara ai ragazzi Si ringraziano di cuore tutti i collaboratori della parrocchia: chi cura e pulisce la chiesa e vi predispone i fiori, l’oratorio ed il suo giardino; chi prepara articoli e fotografie per il giornalino; catechisti, animatori, gruppi parrocchiali, il coro e l’organista. 11 PRIMA COMUNIONE 6 maggio 2012 Era stato proposto ‘ad experimentum’ la possibilità di amministrare i due Sacramenti dell’Eucaristia e della Cresima contemporaneamente in un’unica celebrazione ai ragazzi della 1ª Media. Dopo qualche anno si è deciso, d’intesa col Consiglio Pastorale, coi catechisti e con i genitori dei ragazzi, di ritornare al sistema delle due cerimonie separate della Prima Comunione e della Cresima. Ecco perché quest’anno si sono avute due celebrazioni di Prime Comunioni. Ricordiamo con gioia il nostro primo incontro con Gesù vivo e vero nell’Eucarestia. Lo ringraziamo per il dono della sua presenza, per il suo Amore forte e fedele. Ora continuiamo il nostro cammino di fede, certi che Gesù, nostro caro amico, cammina con noi. Per il nuovo Anno catechistico, appena incominciato, vogliamo impegnarci a frequentare settimanalmente gli incontri in oratorio e ogni domenica partecipare con gioia alla S. Messa. Ai nostri genitori, alle catechiste e a tutta la Comunità Parrocchiale chiediamo di accompagnarci in questo meraviglioso viaggio della nostra crescita umana e spirituale. I ragazzi della Prima Media: Andrea, Matteo, Oliver, Cristian, Nico, Nicolò, Rossella, Tea, Maddalena e Rebecca. Saluto a suor Paola Domenica 26 agosto, durante la Santa Messa, ci siamo incontrati un’altra volta con suor Paola in partenza per l’Africa. Dopo l’intervento di don Eraldo, è intervenuta per un saluto, a nome di tutti, Lara Passolungo: anche tristi perché in questi anni abbiamo imparato a conoscerla e a volerle bene: camminando al nostro fianco ha, infatti, contribuito a far crescere la comunità sia cristianamente, ma anche testimoniando con la sua vita che il Vangelo va vissuto ogni giorno. Vogliamo ringraziarla a nome dei malati, degli anziani, delle catechiste, del gruppo solidarietà, del consiglio pastorale, della comunità tutta e in particolar modo a nome dei nostri ragazzi, ai quali non ha profuso solo insegnamenti ma anche scuola di vita. Ci rivolgiamo a lei con gratitudine per l’opera svolta in mezzo a noi con semplicità e disponi- “Suor Paola ci lascia, torna nella sua missione nello Zambia. Abbiamo sentito dire tante volte, proprio dai missionari, che è un sacrificio stare lontano dalla missione, poiché è la vita che hanno deciso di fare. Per questo, siamo contenti che suor Paola possa ritornare dove desidera, per continuare la sua opera preziosa in mezzo ai più poveri ed emarginati dell’Africa. Ma siamo 12 bilità, come è nello spirito di chi vuol seguire l’esempio di san Daniele Comboni. Nella certezza che con l’aiuto del Signore, nostra forza, possa proseguire la sua missione, le auguriamo tanta salute ed energia per il suo impegno. E chissà che un giorno non possa ritornare in mezzo a noi. Grazie di cuore”. Poi ha preso la parola suor Paola: “Ringrazio don Eraldo per le parole che mi ha rivolto questa mattina e ringrazio tutti quanti voi. Il libro di Qoelet dice che c’è un tempo per nascere e un tempo per morire, un tempo per venire e un tempo per andare; io sono arrivata a quel capitolo. È il tempo di andare e sono convinta che il più bel posto è quello dove il Signore ci vuole. Questi sette anni che ho trascorso qui con voi non sono pochi ma sono passati molto in fretta e sono stati un grande dono per me. Io so che ritornare in Africa partendo dal paese di San Daniele Comboni e poter dire questo agli africani, sapendo che lo amano tanto, aver conosciuto i suoi concittadini e parenti mi fa sentire molto onorata. Io ho tanti ricordi da portarmi nel cuore; andare è sempre un po’ morire, però se non si va non si diventa missionari perché quello che si è ricevuto bisogna darlo agli altri, bisogna condividerlo perché diventi ancora più bello e più grande. Per questo adesso parto, non perché non mi sono trovata bene, ma per raccontare agli altri quello che ho potuto vivere con voi. Vi porto tutti nel mio cuore! Prego per voi e pregherò per voi ogni giorno. Grazie veramente di cuore a tutti quanti, non posso fare nomi perché rischierei di dimenticare qualcuno. Grazie di avermi aiutata a vivere questi anni nella fedeltà del Signore”. Al termine della cerimonia bambini e ragazzi del Catechismo hanno a loro volta salutato suor Paola consegnandole un cartellone sul quale avevano scritto una frase, un pensiero e tante firme, accompagnato da un’offerta frutto dei loro risparmi della Quaresima. Hanno anche espresso un desiderio: “Suor Paola, ogni volta che aiuterai un bimbo in Africa rivolgi un pensiero anche a noi che ti abbiamo sempre voluto bene!”. Noi catechisti, bambini e ragazzi ti auguriamo una buona permanenza in Africa e che il Signore e San Daniele ti aiutino nella tua missione donandoti tanta gioia in tutto quello che fai. 13 10 ottobre: San Daniele Inoltre la festa di San Daniele cade proprio il giorno prima dell’inizio dell’Anno della Fede promulgato da Papa Benedetto XVI, lo stesso giorno, l’11 ottobre, in cui 50 anni fa iniziava il Concilio Vaticano II. Mons. Polvara ha sottolineato il legame tra questi avvenimenti: San Daniele è stato un precursore di alcuni principi promulgati proprio dal Concilio, soprattutto nel decreto “Ad gentes” che tratta dell’attività missionaria della Chiesa. Il motto di San Daniele “Salvare l’Africa con l’Africa” esprime con largo anticipo un nuovo punto di vista dell’uomo “occidentale” nei confronti degli africani: il rapporto non è più tra “bianchi” dominatori e “neri” schiavi ma tra fratelli e sorelle in Cristo. Mons. Polvara ci ha anche esortato a coltivare la nostra fede, a farla crescere, perché è la fede in Cristo che rende possibile tutte le cose, non solo la missione tra popoli lontani, ma anche la vita quotidiana nella nostra realtà. Il 10 ottobre ricorre la festa di San Daniele Comboni. Anche quest’anno in parrocchia la festa è stata resa solenne dalla celebrazione della Santa Messa, con le letture di Isaia, di San Paolo ai Galati e del Vangelo di Giovanni. La Santa Messa è stata presieduta dal Provicario generale della Diocesi di Brescia mons. Cesare Polvara e concelebrata da don Eraldo, dai Padri Comboniani e da don Marco Cosentino. Ad introdurci nell’atmosfera di festa ci ha pensato il coro di Gargnano che ci ha presentato l’inno comboniano di mons. Golin “Dicesti al mondo intero: ‘Voglio Nigrizia o morte’ …” e ha sostenuto l’assemblea nei canti liturgici in latino, il Kyrie, il Gloria e il Sanctus, per poi proporne altri di accompagnamento all’offertorio e alla comunione. All’omelia mons. Cesare Polvara ha richiamato le letture, soprattutto il Vangelo del Buon Pastore e le parole di San Paolo ai Galati: “Quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo” (Gal 6,14), parole vissute realmente da San Daniele. S.R. 14 Alla fine della celebrazione dedicata a San Daniele, il coro di Gargnano ci ha proposto alcuni canti: un’Ave Maria in latino musicata da Tortani, “Maria Lassù” di De Marzi e il Cantico delle Creature” di San Francesco d’Assisi con la musica di padre Domenico Maria Stella. A scuola si studia questo testo come uno dei primi passi in “volgare”, cioè in quella che diventerà poi la lingua italiana. In chiesa a volte si canta la variante moderna, magari accompagnata dalla chitarra, ma raramente si ha l’occasione per gustare la versione originale intesa appunto come cantico, come inno di lode. Il coro di Gargnano ha cantato in modo sublime su una dolce melodia e alternando le voci: un assolo di contralto, uno di tenore, poi le voci femminili, una parte corale, e così via. Riproponiamo questa preghiera, in occasione della festa di San Francesco celebrata il 4 ottobre. il Cantico delle Creature” di San Francesco d’Assisi Laudato si’, mi Signore, per frate focu, per lo quale ennallumini la nocte, et ello è bello et iocundo et robustoso et forte. « Altissimu, onnipotente, bon Signore, tue so’ le laude, la gloria e l’honore et onne benedictione. Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba. Ad te solo, Altissimo, se konfàno et nullu homo ène dignu te mentovare. Laudato sie, mi’ Signore, cum tucte le tue creature, spetialmente messor lo frate sole, lo qual’è iorno, et allumini noi per lui. Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore, de te, Altissimo, porta significatione. Laudato si’, mi’ Signore, per quelli ke perdonano per lo tuo amore, et sostengo infirmitate et tribulatione. Beati quelli ke ‘l sosterrano in pace, ka da te, Altissimo, sirano incoronati. Laudato si’, mi’ Signore, per sora luna e le stelle, in celu l’ài formate clarite et pretiose et belle. Laudato si’ mi’ Signore per sora nostra morte corporale, da la quale nullu homo vivente pò skappare: guai a cquelli ke morrano ne le peccata mortali; beati quelli ke trovarà ne le tue santissime voluntati, ka la morte secunda no ‘l farrà male. Laudato si’, mi’ Signore, per frate vento et per aere et nubilo et sereno et onne tempo, per lo quale a le tue creature dai sustentamento. Laudato si’, mi’ Signore, per sor’aqua, la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta. Laudate et benedicete mi’ Signore’ et ringratiate et serviateli cum grande humilitate » S.R. 15 UN OTTOBRE “IMPEGNATIVO” Nella Parrocchia di Limone, il 10 ottobre, come ogni anno dal 2003, si è commemorata la canonizzazione di s. Daniele Comboni con una solenne celebrazione eucaristica. Il mese di ottobre di questo 2012 ha visto però la Chiesa protagonista di eventi più ‘globali’, riproposti anche dai media nazionali e internazionali all’attenzione dell’opinione pubblica mondiale e non solo cattolica. Il 5 e 6 ad Assisi il ‘Cortile dei Gentili’ ha organizzato un incontro con tema: “Dio questo sconosciuto”. Credenti e non credenti hanno dialogato con l’obiettivo di “rianimare il senso dell’etica e del dovere, una nuova consapevolezza dei valori spirituali, dei doni della cultura e della solidarietà”. Dal 7 al 28 si è riunita la XIII Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi a cui hanno partecipato 262 Padri conciliari provenienti dai vari continenti e avente per tema di riflessione e programmazione pastorale “La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana”. L’11 ottobre a s. Pietro si è celebrato il 50° anniversario dell’inizio del Concilio Vaticano II e si è proclamato l’Anno della Fede, che si concluderà il 24 novembre 2013. Quest’ultimo avvenimento è stato preceduto dal pellegrinaggio del Papa a Loreto e dal conferimento del titolo di Dottore della Chiesa a s. Giovanni d’Avila e a s. Ildegarda di Bingen. Il 21 ottobre, Giornata missionaria mondiale identificata dalle parole di s. Paolo “Ho creduto perciò ho parlato”, sono stati proclamati sette nuovi santi tra i quali la prima pellerossa, la canadese Kateri Tekakwitha e G. B. Piamarta, sacerdote bresciano fondatore, tra l’altro, dell’Istituto degli Artigianelli e dell’Editrice Queriniana. È passato nell’indifferenza generale dell’informazione di massa un altro avvenimento importante: l’istituzione da parte dell’Onu, proprio l’11 ottobre, della Giornata delle bambine. Perché questa dedica? I dati raccolti e analizzati da varie associazioni laiche e religiose sono scandalosi, nonostante siano state scritte e sottoscritte Carte dei diritti dei minori e dal 1997 a Reykiavik anche una Carta dei diritti delle bambine. L’ong. Terres des hommes ha elencato alcune del- le peggiori forme di discriminazione al femminile: aborti selettivi, infanticidi, bambine cedute o vendute per matrimoni precoci (come in Bangladesh e non solo), gravidanze che spesso si concludono con decessi per parti che avvengono senza nessuna assistenza (come in Costa d’Avorio e non solo), mutilazioni o manipolazioni di parti del corpo, tratta e prostituzione, sfruttamento per lavoro minorile (come per le bambine domestiche in Perù e non solo), mancato accesso all’istruzione... Se milioni di bambini purtroppo hanno poco di tutto, le bambine hanno meno; se i bambini subiscono disagi, emarginazione, sofferenze e violenze le bambine di più. Il 19 ottobre in Italia un’altra donna è stata uccisa, vittima di ‘femminicidio’. È la centunesima del 2012: secondo le fredda statistica matematica sono state assassinate due donne (e mezza) a settimana. L’11 ottobre la Caritas ha pubblicato il Rapporto sulla povertà 2012: un italiano su tre si è rivolto ai centri di ascolto dell’associazione. Il 12 ottobre è stato assegnato all’Unione europea il Nobel per la Pace. Attualmente nel mondo sessanta Stati sono coinvolti in guerre (Guerre nel mondo News). Dal 25 al 28 si è aperto a Torino il Salone del Gusto in collaborazione con Terra Madre: tra degustazioni e varie manifestazioni, si sono affrontati i temi della difesa dell’agricoltura, della pesca e dell’allevamento sostenibili, si è data priorità alla preservazione dei gusti, della biodiversità, della sovranità alimentare, si è cercato di sensibilizzare contro l’accaparramento e la concentrazione di terre nelle mani di pochi (grabbing land), a scapito del bene di intere popolazioni e della salute del Pianeta. f.p. 16 San Daniele LA MORTE DELLA MAMMA Comboni parla ancora Dopo aver parlato del lungo viaggio sul Nilo, che doveva portare il gruppo di missionari mazziani alla Missione di Santa Croce, e delle prime impressioni nel vedere gli africani da vicino, ci soffermiamo in questa puntata a ricordare come il Comboni parla del dolore più profondo che lo ha colpito durante la sua prima esperienza di Missione. Nelle lettere che scrisse in quell’occasione esprime tutta la sua fede e anche tutta la sua umanità. La più dolorosa notizia Da marzo a novembre i missionari non ricevettero alcuna lettera dall’Europa. Era l’epoca dell’anno in cui le barche, per i venti contrari, non potevano risalire il Nilo. Finalmente il 13 novembre una barca recapitò loro un pacco di lettere. Tra quelle lettere una annunciava a Comboni la morte di sua madre. Era morta quattro mesi prima, il 14 Luglio (cfr. Lozano.175). Nei primi cinque mesi dopo l’arrivo a Santa Croce, Comboni era stato attaccato più volte dalle febbri che lo avevano prostrato fisicamente. Però da agosto in poi si era ristabilito. Ora, al ricevere la dolorosa notizia, cadde ammalato di nuovo e si temette per la sua vita. Però si riprese e in cinque giorni era fuori pericolo. Il 20 novembre scrisse a suo padre. Pochi giorni dopo scrisse un’altra lettera al cugino Eustachio e i primi di dicembre una a don Bricolo dell’Istituto Mazza. Nella lettera a suo padre non si permise nessuno sfogo. Con l’intenzione, evidentemente, di versare balsamo sulla ferita, si intrattiene solo in riflessioni di fede: “Consoliamoci – diceva – pensando che il Signore l’ha voluta chiamare al premio. in quanto a me la sento ora più vicina di prima”. Con il cugino Eustachio è molto più umano: “Eustachio mio, non ho più madre. È vero che per la grazia di Dio avevo accettato il distacco dalla famiglia e da quanto avevo di più caro al mondo per seguire la mia vocazione e consacrarmi alle missioni, però la natura vuole la sua parte e non è insensibile al colpo. Al ricevere la notizia ho pianto amaramente”. Anche la lettera a don Bricolo è uno sfogo. “Gran cosa per me aver perduto mia madre e sapere che ora mio padre è rimasto solo. Accetto la volontà del Signore e adoro i suoi disegni. Ma il pensiero di mio padre mi conturba assai”. Bisogna ricordare che i missionari avevano interpretato la morte di don Oliboni (il primo del gruppo a morire) come un segno di predilezione da parte di Dio. Che questa maniera di pensare fosse una convinzione abituale per Comboni lo si comprende da ciò che egli dice dopo la morte di sua madre. Infatti la lettera al padre del 20 novembre comincia con una domanda che è nello stesso tempo una sorpresa e un’affermazione: “Con la lingua potremo mai ringraziare il Signore che, nonostante i nostri demeriti, si è degnato di visitarci così? La fortezza che ci viene dalla grazia di Dio è tanto grande che possiamo non solo accettare volentieri questa prova, ma anche chiederne altre più grandi”. Pare che il Comboni avesse avuto qualche presentimento della morte di sua madre perché dal mese di luglio in poi aveva celebrato varie messe per lei. Dopo aver ricevuto la notizia, intensificò le preghiere di suffragio anche se il cuore gli diceva che sua madre era già entrata nella pace del Signore e non aveva più bisogno delle sue orazioni. Famiglia Comboniana Limone sul Garda 17 DANIELE COMBONI E LA VOCAZIONE ALLA MISSIONE Una storia giapponese Daniello Bartoli (1608-1685) gesuita, filosofo e letterato, storico della Compagnia di Gesù, nella sua opera “Giappone” del 1660, ha scritto la storia delle prime missioni cattoliche in quel Paese, dal 1571 al 1640, basandosi soprattutto sui minuziosi racconti dei missionari. Nel corso dei secoli successivi, nonostante avesse dichiarato che “scrivendo io istoria, altro ne toccherò che quel sol che a istorico si conviene” fu considerato da non pochi critici scarsamente attendibile a causa della tipologia delle fonti ma anche per l’intento apertamente agiografico del suo raccontare. Nel Novecento tuttavia, la possibilità di accedere con più facilità ai documenti giapponesi, grazie alla riattivazione dei contatti con l’Occidente, e una maggiore attenzione per la storia dell’Estremo Oriente ne hanno favorito la riabilitazione. L’espansione missionaria nel periodo narrato dal Bartoli era trainata dalle scoperte geografiche, dalla conquista di nuovi territori, dall’incremento vertiginoso dei commerci gestiti dalle compagnie di navigazione europee. Le conseguenze della Riforma protestante e calvinista, dello Scisma anglicano e della Controriforma cattolica laceravano tragicamente il vecchio continente ma suscitavano anche nuovi fervori di evangelizzazione. Il primo a sbarcare nel 1549 in Giappone, “lungi di qua dicennove mila e cinquecento miglia di burrascosissimo mare”, fu il gesuita Francesco Saverio insieme con due compagni. Si fermò nel Paese per due anni e tre mesi compiendo miracoli e conversioni; anche se “non pescò quivi con la rete, ma stentatamente con l’amo”, la saldezza della fede dei convertiti, che “non si dan vinti alla verità, senon prima convinti dalla ragione... era come lavoro di marmo, non in fragile creta”. La società giapponese era di stampo feudale; il potere era in mano a vari Daimyo e Shogun “sempre in armi e spesso in battaglia: onde poi eran le stragi de’ popoli, le sovversioni e gl’incendj delle città...”. La storia narrata dal Bartoli compenetra “l’avviarsi, il salire, il giungere al sommo e quinci il dar volta all’in giù, e ‘l rovinar affatto della Fede in Giappone” con la “continuata successione de’ cinque imperatori, Nobunanga, Taicosama, Daifusama e l’uno e l’altro Xongun”. Sono realistiche le descrizioni delle lotte tra i vari ‘feudatari’ aiutati dai fedeli Samurai, degli intrighi di corte per le successioni dinastiche; affascinanti quelle di paesaggi, di boschi, monti, valli e laghi; quasi fotografiche quelle degli edifici a diversi piani, costruiti in pietra e legno trasportati per miglia e miglia a piedi da poveri servi e contadini, e decorati all’interno con oro e sfumature di azzurro; da ripresa diretta i resoconti su alcuni terremoti. I missionari erano accolti a volte con tutti gli onori, aiutati a costruire chiese e seminari, incoraggiati nella loro opera di diffusione della fede; nel 1582 tre giovani nobili giapponesi furono addirittura inviati a Roma come ambasciatori e ricevuti dal Papa con tutti gli onori: paraventi, dipinti su seta, stampe a inchiostro di china, ceramiche testimoniano questo clima positivo e di collaborazione. Più frequentemente i missionari e i nuovi cristiani erano isolati, malvisti, perseguitati; il Bartoli ne attribuisce la colpa alla gelosia dei bonzi, che non volevano perdere “le sopragrandi ricchezze, l’autorità nel popolo, il rispetto in che erano presso i Re”; o agli intrighi degli “eretici Olandesi” ai quali, più pragmaticamente, interessavano soprattutto gli affari. I dissidi tra gli stessi ordini religiosi presenti sul territorio però e timori e sospetti di ingerenze e manovre politico-militari europee, soprattutto spagnole e portoghesi, erano forse le cause più attendibili. Le pene e le torture inflitte ai cristiani erano ideate con perversa raffinatezza per acuire e prolungare le sofferenze: costretti a percorrere nudi interi paesi e città tra le insolenze e le angherie della gente, immersi nel ghiaccio o nel gelido mare d’inverno, esposti al sole rovente, ustionati o arsi vivi, mutilati pezzo a pezzo, costretti a ingurgitare acqua fino a scoppiarne, marchiati a fuoco su tutto il corpo con il segno della croce, calati nella fossa dei serpenti... “E v’ha eziandio di peggio: ma non è tutto da dirsi”, afferma il Bartoli. Fu sotto Taicosama Hidheyoshi che il 6 febbraio del 1597 ne vennero crocifissi ventisei sulla collina di Nagasaki: cinque erano spagnoli, uno messica18 no, uno portoghese, diciannove giapponesi tra cui tre ragazzini di quindici, quattordici e dodici anni. Ventisei giorni prima a Kyoto era stato tagliato loro un orecchio e nel rigido inverno giapponese erano stati costretti a percorrere a piedi o su carri le città di Kyoto, Osaka, Sakai fino al luogo del supplizio. Il corteo era preceduto da un banditore con una tavola su cui era incisa la sentenza di condanna. Nell’aria risuonavano i loro canti, le preghiere, gli incoraggiamenti reciproci, parole di perdono. Innalzati dopo la crocifissione avvenuta a terra, furono uccisi da una lancia che squarciò loro un fianco. La folla accorsa numerosa si accalcava per raccogliere con fazzoletti e con qualsiasi altro mezzo il sangue dei martiri. Papa Urbano VIII Barberini li dichiarerà beati trent’anni dopo, nel 1627; Pio IX Mastai Ferretti li proclamerà santi nel 1862, alla presenza di quasi trecento vescovi, con grande magnificenza, poco prima della fine del potere temporale della Chiesa e dell’inizio del Concilio Vaticano I, interrotto dalla presa di Roma nel 1870. La liturgia cattolica ne fa memoria il 6 febbraio. Nel 1616 il re xongum Ieyasu bandì la religione cristiana da tutto il territorio nipponico e chiuse le frontiere agli stranieri, ai “barbari del sud”: verranno riaperte solo nel 1853; le comunità celebravano nel nascondimento i loro riti, conservavano e tramandavano nella clandestinità la loro fede; i sacerdoti erano costretti a nascondersi nelle grotte, nei boschi, su piccole barche vestiti da marinai, a sostenere i fedeli solo di notte, con grave pericolo per tutti. Le persecuzioni continuarono per anni, si fecero più intense, aumentarono i martiri ma anche gli apostati. Un ultimo episodio, storico, ma avvolto nella leggenda e nel mito, a cui il Bartoli accenna alla fine del suo scritto, lo racconta in modo ampio e articolato anche Ivan Morris (1925-1976) inglese, professore ad Oxford e ad Harvard, uno dei maggiori conoscitori in Europa della cultura giapponese, nel suo libro “La nobiltà della sconfitta”. È l’avventura di Amakusa Shiro, il messia giapponese annunciato venticinque anni prima da una profezia, un ragazzo di sedici anni che guidò, con duecento ronin (samurai senza padrone) cristiani, la rivolta dei contadini contro la violenta oppressione dell’imperatore. Dopo la barbara tortura e l’uccisione di una donna incinta e di una fanciulla cristiane, i cui parenti non avevano pagato i tributi imposti, dal dicembre del 1637 il giovane radunò migliaia di persone esasperate e disperate che confluirono dal gennaio successivo nella fortezza-castello di Hara, nella penisola di Shimbara nell’isola di Kyushu, su un altopiano ventoso circondato su tre lati dal mare aperto, per organizzare la ribellione e la resistenza. Fino all’aprile del 1638 si opposero ad un serrato assedio, anche ad un mercenario bombardamento da una nave olandese, riducendosi ad avere per armi solo pietre e bastoni e per cibo solo alghe e orzo. Quando il 15 aprile furono costretti a capitolare, molte donne si buttarono nel fuoco con i loro figli per non essere catturate, a tante fu tagliato il naso e gli uomini furono decapitati. Non sapendo se fra le teste mozzate ci fosse quella del giovane, i vincitori costrinsero sua madre a passarle in rassegna: lei, che nonostante minacce e sevizie aveva sempre sostenuto l’invincibilità e l’immortalità del suo ragazzo, si tradì, vinta dalla pietà, constatando quanto quella testa amata e cara fosse diventata scarna. Le fonti ufficiali parlano di diecimilaottocentosessantanove teste tagliate e conficcate su pali e di altre tremilatrecento caricate su tre navi e portate a Nagasaki in una fossa comune. “Queste cifre sono troppo esatte per essere vere, d’altra parte non abbiamo prove che siano esagerate”, scrive il Morris. Il castello fu raso al suolo perché non rappresentasse un luogo simbolo e non diventasse meta di pellegrinaggi. Il fallimento dell’impresa di Amakusa Shiro e il massacro che ne seguì, “uno dei più colossali della sanguinosa storia del Giappone”, segnarono definitivamente la fine del libero culto cristiano in quel Paese, dove il giovane è considerato comunque ancora oggi un eroe nazionale, perché ha incarnato gli ideali del coraggio, dell’onestà, della bellezza, della purezza e, in quanto martire di una religione sconfitta, il pathos più autentico e drammatico dell’esistenza, simboleggiato dai fiori di ciliegio, dispersi dal vento. Daniele Comboni ha affermato di aver letto da ragazzino, probabilmente su un libro di Alfonso de’ Liguori (1696-1787), le storie dei primi cristiani giapponesi, di essersi commosso per la fede e il martirio soprattutto dei ventisei crocifissi nel 1597 a Nagasaki, e di aver coltivato, fin da allora, la sua personale vocazione alla missione. Flavia Pedrini 19 IL CORO Da diversi anni il coro della Parrocchia si presta ad accompagnare le festività del Natale, della Pasqua e l’amministrazione delle Cresime. Per diverse sere alcune persone si trovano a provare e riprovare quei canti che vengono poi partecipati alla comunità che si riunisce in chiesa per quelle circostanze. A loro va un particolare encomio e un vivo ringraziamento. Qualcuno annota che chi viene alle funzioni liturgiche vorrebbe cantare personalmente ed essere ben partecipe e non vorrebbe essere sostituto dal coro. Ben osservo che alle Messe domenicali, pur avendo tutti la possibilità di cantare, son ben pochi quanti si uniscono al canto. Numerose sono le scuse: non riesco a seguire il visore che propone i canti in assenza del suono del nostro organo; quando c’è l’organo non riesco a leggere sul libretto dei canti perchè non ho gli occhiali; non mi piace chi intona i canti; chi canta è stonato e non riesco ad intonarmi. Altri ancora annotano che non amano il suono della chitarra, troppo alto. Il fatto è che c’è posto per tutti. Chi ama il canto tradizionale o il gregoriano perché non si organizza a ben preparare i canti della Messa ‘de Angelis’, della Messa per i funerali, il canto del ‘Te Deum laudamus’, del ‘Pange Lingua’, del ‘Tantum ergo’, del ‘Veni Creator Spiritus’? Il parroco, alquanto stonato, non andrebbe così alla ricerca di qualcuno che l’ultimo giorno dell’anno abbia ad animare il canto. Invito quindi tutti ad animare la liturgia col canto nelle maniere che più vi aggradano e cominciamo ad apprezzare chi offre il suo tempo per cantare in chiesa almeno a Natale e a Pasqua e chi ci offre il suono dell’organo. don Eraldo SALA GIOCHI DELL’ORATORIO E’ stata ridipinta la sala giochi dell’oratorio. Da tempo si sta cercando di offrire il biliardo a qualcuno interessato che possa ricambiare con uno o meglio due calciobalilla più adatti ai giochi dei ragazzi. I nostri ragazzi ed adolescenti avrebbero bisogno anche di almeno due tavoli dove possano giocare coi loro Pokemon e Yu-Gi-Oh. GRAZIE, RUGGERO È deceduto lo scorso 16 novembre, presso l’ospedale di Arco, dopo sofferta malattia serenamente accettata, il caro Ruggero Fava. In lui abbiamo trovato bontà ed affabilità, senso positivo della vita e fiduciosa asserzione della speranza. Con rimpianto annoto la scomparsa della caratteristica figura del custode della chiesa di San Rocco che fin dai tempi di don Prospero ha mantenuto e svolto con dedizione e responsabilità. Quando il 20 giugno 2007 irresponsabili avevano deturpato le due tele della chiesa asportandone riquadri, fortemente dispiaciuto se ne addossava la responsabilità che certamente non gli era dovuta, né tantomeno ipotizzata. Tale era il suo attaccamento a San Rocco ed alla sua chiesa. Il sottoscritto e la Parrocchia devono a lui riconoscenza e profondi ringraziamenti per la sua continua dedizione profusa. don Eraldo 20 FESTA DEL DOLCE In occasione della Festa dell’Immacolata e della seguente II Domenica di Avvento, 8 e 9 dicembre p.v., il gruppo Solidarietà della Parrocchia organizza la tradizionale Festa del Dolce. Praticamente presso la sala Patuzzi chiunque può offrire dei dolci confezionati in casa che verranno poi messi a disposizione di quanti vorranno contribuire a rafforzare le finanze della Parrocchia che si è trovata a dover affrontare varie spese non preventivate per riparare gli scarichi dell’oratorio e della canonica nonché perdite d’acqua e sistemazione del giardino con nuove piantine. In realtà non si è ancora concluso il pagamento per il restauro delle porte della Chiesa di San Benedetto; al riguardo le promesse di qualcuno non hanno avuto seguito. In verità il Comune ha contribuito con la somma di Euro 8.000,00 per le annualità 2010 e 2011, prevista dalla Legge Regionale 12/2005 per la realizzazione di attrezzature di interesse comune destinate a servizi religiosi. Necessitano di restauro i banchi della chiesa di San Rocco. Non posso dare inizio al restauro del mobile della sacrestia, già autorizzato dalla Soprintendenza, in mancanza di fondi non prevedibili. Manca inoltre nel conto della Parrocchia, presso la UBI Banca, la somma delle rate del mutuo per il campanile e l’organo garantite dall’ Amministrazione comunale con propria Delibera di Giunta n. 79, del 17 maggio 2006, dallo scorso Aprile per un totale di Euro 9.509,66. Somma che aumenterà sempre più se anche in prosieguo di tempo non verrà rispettato l’impegno dell’Amministrazione comunale di farsi carico della spesa, così come a suo tempo concordato e deliberato. Il gasolio per il riscaldamento della Chiesa e delle aule di catechismo ha il suo bel prezzo. Un grazie di cuore quindi all’iniziativa del gruppo Solidarietà, dei catechisti e a tutti quanti contribuiranno con dolci ed offerte. ANONIMI Sono apparsi alcuni scritti a firma “EL BAGOSS”, “COMITATO AMICI DEL BAGOSS” e “… le bustarelle di Volt- INO”. Siamo alle solite. In questo bel Paese di Limone sul Garda c’è chi si diverte a diffondere notizie senza avere il coraggio di firmarsi. Senz’altro riceverebbe qualche denuncia di diffamazione che credo si possa senz’altro fare anche contro anonimi. Un boccaccesco linguaggio infiora notizie tendenziose con riferimenti espliciti o meno a persone del Paese che hanno diritto ad avere la loro persona non intaccata da illazioni, bugie, calunnie e situazioni costruite ad arte per demolire. La buona fama di ognuno va salvaguardata ed è da fortemente condannare chi fa uso di fogli stampati per far emergere la propria insensatezza. Se quanto espresso in ‘facebook’, circa l’esistenza di filmati, rispondesse al vero, che vadano ben avanti le autorità preposte prima che qualcuno esca “da casa con le gambe in avanti”! don Eraldo La raccolta di San Martino Anche quest’anno si è svolta la raccolta di San Martino. Generosa è stata la risposta dei Limonesi che sempre si distinguono in questa iniziativa. Un grazie a tutti quanti si sono prestati e a chi ha portato a destinazione i numerosi sacchi raccolti. Due viaggi non sono stati sufficienti! 21 Don Domenico Prenguber Un sacerdote con radici limonesi Nel Bollettino parrocchiale di Tignale edito in occasione della Pasqua 2012 è stato pubblicato un articolo dell’arciprete don Giuseppe Mattanza che riporta alcune pagine del diario di don Domenico Prenguber (Riva, 10 marzo 1883-Tignale, 2 marzo 1945), originario di Tremosine. Da bambino egli visse a Desenzano e a Limone e, ordinato sacerdote nel 1909, divenne parroco di Piovere e nel 1920 arciprete di Tignale. I suoi numerosi riferimenti alla vita, alla gente e alle vicende di Limone meritano di essere qui ricordati. Nel 1909 ai primi di luglio io Prengüber don Domenico, figlio di Angelo e di Domenica Giovanelli, entrambi di Tremosine, faccio il mio ingresso nella Parrocchia di Piovere, vedova da due anni per il trasferimento del R. D. Giovanni Cavallaio a Lumezzane Pieve. Fui destinato a questa Parrocchia appena ordinato sacerdote da Sua Eccellenza Mons. Giacomo Maria Corna Pellegrini. Dovetti sostenere l’esame privatamente in una sala attigua al Duomo di Brescia da Mons. Mascoli Gaffurri Testori. Alle titubanze da me dimostrate perché giovane ed inesperto, il venerando Presule mettendo la mano sulla testa a me genuflesso mi disse: “Andate, vi accompagni la benedizione del vostro Vescovo” e recatosi in biblioteca mi regalava il commento del vangelo dell’Aluxerne. Nato a Riva di Trento vi stetti fino agli otto anni, poi due a Desenzano, poi a Limone dove compii le elementari sotto la saggia maestra Codogni. Contemporaneamente mi teneva scuola di Ginnasio il rev. curato don Giovanni Marinelli, divenuto poi parroco per la morte di don Giovanni Cescotti, un santo e caritatevole sacerdote. Entrai in Seminario a Brescia, poi per la morte del babbo dovetti rimanere a casa perché la mamma pur essendo pensionata e titolare nell’ufficio di Caposcalo non poteva sobbarcarsi alla spesa del collegio e poi era necessario per tenere il posto. Frattanto mia sorella Caterina sposò Fava Oliviero, cui fu affidato l’ufficio di battellante. La vocazione mia fu sempre per il sacerdozio ed ecco l’aiuto della Divina Provvidenza. Essendo morta l’unica figlia (8 anni) del dottore Roncati di Limone, non trovando una ragazza che volesse entrare in collegio a spese di questo buon medico per ricordare la sua Gemma, vero angelo di purezza e grazia, egli volle dotare me di un legato che depositò in Curia il cui reddito sarebbe frut- tato per me fino all’ordinazione. Oltre la larghezza del marito concorreva anche la signora Vittorina, santa donna, cuore veramente generoso verso di me e verso tutti i bisognosi del paese. Mi fu d’aiuto anche certa Emma Lucchini, che a Limone era chiamata la Signorina. Entravo in Piovere accolto dal Rev.do Vicario don Domenico Triboldi e don Battista Andrighetti, curato di Gardola, accompagnato dal Rev. curato di Limone don Luigi Marchesini. Sul piccolo piazzale all’ingresso del paese fui salutato dai Fabbricieri signori Pietro Roncetti e Antonio Roncetti; vennero recitate varie poesie e si fecero dimostrazioni d’allegrezza. Povera gente da due anni anelavano d’avere il parroco perciò erano contenti. Si fece corteo alla chiesa per le vie coperte di verde. Ricevetti espressioni d’affetto dai maggiorenti fratelli Razzi Francesco Antonio Marco, Venturelli Giacomo, Antonioli Gaspare, padre del Rev. do Bortolo morto nei pressi di Treviglio per un incidente motociclistico. Dovetti per un periodo soggiornare in casa Bertoldi per restauri fatti alla canonica. Trovai il paese molto deperito in fatto di vita morale, di cultura religiosa, di frequenza della Chiesa dati i due anni di vedovanza. La gioventù soprattutto aveva bisogno di essere accolta e guidata, cosa che potei ottenere con catechismi, conferenze, scuola serale ecc. E corrispose generosamente. Trovai del buon cuore in quella popolazione e della rettitudine e docilità e larghezza nell’aiutare il parroco, specialmente conservando l’usanza della così detta Quarantola dell’oliva, dell’uva, fagioli, patate, granoturco ecc. Il beneficio era piuttosto misero, però con una certa attenzione poteva rendere qualche cosa. Arrivai a Piovere negli anni in cui si svolsero gravi vicende nel Comune di Tignale causa la questione della strada Tignale-Gargnano. Le frazioni Piove22 in progetto e questi erano il segretario Roncetti, il prof. Ernesto Beretta, il sindaco Orio di Olzano, il Bertoldi e Pace di Piovere. Il fatto è che quelli di Oldesio scherzosamente finirono col cantare Vala al Pra, vala a Gargnà, a noter la ne passa so l’us de ca. Nel 1915 perdetti a Piovere la mia buona e santa mamma, nel 1918 mia sorella Caterina, il di lei marito Fava Oliviero ed un nipotino di nome Aldo. Rimasero orfani sette nipoti: Giuseppe, Ambrosina, Adolfina, Ines, Emilio, Angelina, Oliviero. E dovetti accoglierli in canonica essendo tutti a Piovere perché profughi di Limone causa la guerra. La provvidenza divina con l’aiuto dei buoni Pioveresi non è mai mancata. Nello stesso anno fui colpito io pure da febbre spagnola quasi a morte. Il Signore mi ha salvato perché vide il bisogno ch’io facessi da babbo e mamma a quei poveri orfani. Devo la mia salute alle cure mediche di quel buon sacerdote don Domenico Odorici, anima retta e tutto cuore, che morì cadendo dalla roccia sulla via Gargnano-Piovere colpito da svenimento essendo già di salute malferma. Era stato a trovarmi pochi giorni prima, aveva ricevuto il S. Giubileo e compiuto un corso di missioni nella sua Parrocchia. Stava per recarsi alla Piazza dove si trattava di costruire una chiesetta alla Madonna di cui egli era tanto devoto. Dio l’abbia in Gloria! Pregato da parecchi di Gardola e dall’ex arciprete don Triboldi, che fungeva da Economo, che mettessi il mio nome a Tignale vacante per la morte del dotto energico arciprete don Bortolo Zanelli, morto nel 1918 per spagnola. Dietro invito del Vescovo mons. Gaggia mi risolvetti e sostenuto privatamente l’esame in Episcopio venni nominato e feci l’ingresso il 2 maggio 1920, condotto con l’auto dal cav. Bettanini di Prabione, accolto dalle autorità civili sindaco Lorenzi (che poi fu anche mio colono), segretario Roncetti dott. Margiotta, prof. Beretta, Fabbricieri Fruner, Moschini ecc...1 re, Aer e Prabione e parte di Gardola e Olzano favorivano il progetto Tignale-Gargnano, gli altri Tignale-Porto omonimo. Vi furono convegni sopra convegni, discussioni, contraddizioni, dimostrazioni pro e contro pubblicamente, fatte con grida, canzoni ecc. ch’era un piacere stare dietro le quinte ad ascoltare. Si svolse il progetto con una traccia a pendenza da far ritenere che si dovesse finire al porto tanto che, arrivati sotto la campagna detta la Busca, si iniziò la così detta variante, tratto di via che doveva servire di svolta verso il Prato. Tutto fu sospeso. Frattanto venne la Guerra europea del 16-1718 e, occorrendo una via militare, dalla Busca si proseguì per Gargnano in maniera che vincitrice apparve la prima lega e tutto si mise in silenzio. Veramente i caporioni della Lega per il porto avevano a loro disegno l’idea di congiungersi alla strada lacuale Gargnano-Riva che da settanta anni era 1 Giuseppe Mattanza, Una pagina di storia locale: dal diario dell’arciprete don Domenico Prengüber, in “Gente di Tignale”, Pasqua 2012, pp. 13-14. 23 A Brescia vita più lunga e tanta prevenzione IL RAPPORTO 2011 DELL’ASL. Cresce il numero degli anziani, così come l’abitudine a sottoporsi agli screening per la diagnosi precoce delle patologie oncologiche. Il big killer? Per l’uomo i tumori alle vie respiratorie, per la donna i problemi circolatori. La sfida per il 2012: aumentare l’offerta dei test dell’Hiv alla popolazione a rischio. Come sta la popolazione bresciana? Ha una speranza di vita che continua a crescere, muore soprattutto per tumori e patologie del sistema circolatorio, si sottopone di buon grado agli screening per la diagnosi precoce delle patologie oncologiche. È quanto emerge dal Rapporto 2011 dell’Asl di Brescia sulle attività di prevenzione e promozione alla salute. NEGLI ULTIMI ANNI, innanzitutto, si è allungata l’aspettativa di vita, con gli uomini bresciani che vivono in media 75,3 anni (contro i 72,6 del 2002) e le donne che raggiungono gli 82,6 anni (contro gli 80,8 del 2002). Parallelamente cresce il numero degli anziani: quasi un bresciano su 5 ha più di 65 anni, e gli over 85 - che sono oltre 27 mila sul territorio dell’Asl di Brescia - sono aumentati del 47,5 per cento rispetto al 2002. In crescita anche la popolazione straniera residente, pari a oltre 162 mila persone con un incremento del 168 per cento rispetto al 2002. Quanto alle cause di morte, il big killer per l’uomo rimane il tumore delle vie respiratorie, seguito dalle patologie del sistema circolatorio (come infarto e ictus), mentre per le donne i problemi circolatori vengono al primo posto, seguiti dal tumore della mammella. «Sul fronte della prevenzione anche nel 2011 un particolare impegno è stato dedicato ai programmi di screening oncologici su colon retto, mammella e collo dell’utero rivolti alla popolazione residente nel territorio dell’Asl, che hanno consentito di diagnosticare precocemente la presenza di lesioni tumorali su persone apparentemente sane», sottolinea Carmelo Scarcella, direttore generale Asl di Brescia. Nel 2011 sono state invitate agli screening gratuiti per il tumore colon rettale 124 mila persone, di cui 66.700 si sono effettivamente sottoposte al test per la ricerca di sangue occulto nelle feci, con un’adesione del 54 per cento che ha consentito di individuare 65 forme tumorali maligne e quasi mille adenomi benigni. Alta l’adesione allo screening mammografico, pari a oltre 36 mila donne, ovvero il 67 per cento delle persone invitate dall’Asl a sottoporsi a mammografia (esame che ha consentito di diagnosticare precocemente 270 casi di tumore). Leggermente più bassa, invece, l’adesione allo screening per il tumore del collo dell’utero, pari al 46 per cento, con quasi 42 mila donne sottoposte a Pap test, che ha consentito di individuare 12 tumori maligni e 409 lesioni precancerose. Nel 2011 è proseguito anche il progetto per allargare gli screening oncologici alla popolazione detenuta a Canton Mombello e Verziano. PER L’ANNO IN CORSO verrà incrementata l’offerta del test Hiv alla popolazione a rischio, come annunciato dal direttore sanitario Asl, Francesco Vassallo: «Grazie a un finanziamento della Regione di 208 mila euro potenzieremo l’offerta del test, che viene proposta nell’ambito del servizio di Medicina del disagio Asl». Riguardo invece alla prevenzione e sicurezza nei luoghi di lavoro, complice la crisi che ha causato la netta riduzione delle ore lavorate, gli infortuni gravi si sono ridotti a 1385 rispetto ai 2522 del 2006, mentre quelli mortali sono stati 11 (rispetto ai 17 del 2006), e riconfermano l’edilizia e l’agricoltura come i comparti più critici. L’attività di vigilanza dell’Asl si è concretizzata in quasi 12 mila controlli in 4856 imprese, con 810 verbali di ispezione e quasi 1,4 milioni di euro di multe. Sono proseguiti per tutto il 2011 anche i controlli sanitari sull’ambiente, fra cui oltre 12 mila campionamenti di acqua potabile dai punti rete. Lisa Cesco Bresciaoggi, 30 giugno 2012 24 L’ultimo medico condotto di Limone Per il dottor Cerrone è arrivata la pensione Piróle per la presiù alta, cardioaspirina, sciroppo: i nomi sono elencati in successione sul foglietto che da qualche giorno è nel vaso in mezzo al tavolo. Bisogna andare in ambulatorio dal dottor Cerrone, che oggi firma le ultime ricette. Nell’aprire la porta della stanza d’attesa, la solita fila di gente seduta a ridosso delle pareti, qualcuno con una sfilza di carte da mostrare, una signora con il bambino piagnucolante, due o tre più anziani preoccupati del caldo, altri che parlano a voce alta dell’Italia agli europei di calcio. - Funsiunél ‘l computer stamatìna? - L’è ‘n pó che so chi e, a dirte la verità, só quasi stüf. Ogni tat sùna àca ‘l telefono... Aspettando il turno in ambulatorio, la reazione può essere differente. Se ci vai con fretta ti incazzi, vorresti subito abbandonare e andartene, magari per tornare un altro giorno, quando la fila potrebbe essere ancora più lunga. Se invece ci vai armato di pazienza, convinto che val la pena provare anche questa, ti godi le chiacchiere quotidiane. È un momento socializzante l’attesa, soprattutto per un paese come il nostro dove le occasioni d’incontro sono rare e poco vissute. Conosci così i problemi fisici di questo e di quello, le degenze ospedaliere, i mal di pancia, le novità matrimoniali... Ci sono le imprecazioni a Monti e all’I.M.U., le critiche al sindaco e al parroco, a chi è entrato in ambulatorio e non ne vien più fuori. - Ma quàt ghe metéla? Stavólta hó vardà l’orolòi! Vintisich minù... - Ogni dù dì l’è chì... Posìbol? Poi la porta si apre, tocca ad un altro. Nessuno osa dir qualcosa per la lunghezza della “visita”, anzi, anche chi prima si lamentava assume un atteggiamento benevolo verso chi ha già fatto e se ne sta andando... È un via vai continuo, a volte imbarazzante. “Povero dottor Cerrone” penso tra me. Dopo un po’ anch’io sono coinvolto nella conversazione e, scrutando gli atteggiamenti degli interlocutori, noto un po’ di impazienza e qualche ansia. Un’ora e un quarto di attesa: è il mio turno. Come sempre il dottor Cerrone è seduto alla sua scrivania. Il solito sorriso cordiale. Qualche battuta. Il computer, verso la finestra, è acceso; la stampante sta ronzando. Con le indicazioni del mio foglietto, bisogna fare più ricette diversificate perché siamo tre “pazienti”. Il computer fa il suo dovere. Così la stampante. Una firma, un saluto, gli auguri e via. Le ultime ricette del dottor Cerrone nell’ambulatorio di via Capitelli: il 30 giugno è la sua ultima volta. Dal 1974 ad oggi ne è passata di gente da lui. Prima in via Castello, al primo piano della casa di mia zia Antonietta, dove già erano stati il Monforte e il Davì, i medici condotti che l’hanno preceduto. Poi il trasferimento nel nuovo ambulatorio. L’appuntamento per il saluto è in serata in una sala del Centro polifunzionale. Dopo il breve discorso del sindaco, il dottor Cerrone vivacizza l’incontro ricordando la sua vita di studente e di medico. Passa da Facchetti a Zoff, da Mazzola a Gimondi e ad Agostini, dai coscritti del 1942 ai limonesi che hanno sofferto e soffrono la silicosi. Ricorda i sindaci e i parroci con cui ha avuto a che fare durante la sua permanenza a Limone, i padri e le suore comboniane, lancia un suo messaggio d’aiuto per un caso di sofferenza di cui è a conoscenza. “Ma come – ci diciamo un po’ tutti – il dottor Cerrone, così schivo e poco loquace, di solito dietro la scrivania alle prese con un computer che a volte fa le bizze – stasera ci fa un discorso 25 così lungo, così simpatico, così ironico, così bello?”. Peccato, chi non c’è ad ascoltarlo si perde una bellissima occasione di incontro, di riflessione sulla bellezza della vita, sulla semplicità dell’uomo e del medico, sull’originalità dei limonesi. Il dutùr sciorina un lungo elenco di ricordi e, su ogni nome, ricama parole quasi di poesia: il prof. Mario Martinazzi, per le lunghe disquisizioni di letteratura e filosofia, Germano Chincherini, Gennaro Dagnoli, Attilio e Ottavia Risatti, Aldo Girardi, Carlo Horstmann, il primo incontrato a Limone, Pasquale Vadalà, Gaetano Beretta, Renata Folcia con Ferruccio e Roberto, Paolo, mio padre. E poi Elena Montagnoli, ex bidella, “l’unica che ha pianto nel veder crollare la sua scuola”, e Maria Girardi, assidua volontaria per le pulizie dell’ambulatorio. Un discorso che non m’aspettavo, che mi ha fatto scoprire un lato che non conoscevo del nostro dutùr, anche se ne avevo intuito in più di un’occasione la sottile ironia. Non so se con queste poche righe, buttate giù sul filo dell’emozione, riesco a raccontare il senso della serata. In un primo tempo avevo pensato di chiedere al dottore il testo del suo intervento per pubblicarlo integralmente. Ma quegli attimi sono stati unici, irripetibili. Trascrivere e leggere sarebbe stato come depredare quell’atmosfera che ho avuto la fortuna di vivere insieme ad un centinaio di altri limonesi, doc e nuovi. Grazie, dottor Cerrone, per la citazione latina di Virgilio, grazie per lo spirito positivo con cui ha intrapreso e vissuto la sua carriera, grazie per i 38 anni trascorsi a Limone, grazie per le centinaia di migliaia di ricette, grazie per le migliaia di visite a domicilio, grazie per le corse per gli ammalati nelle nostre case. Ho voluto mettere come titolo a questo mio saluto quello che il dutùr stesso mi ha suggerito: “L’ultimo medico condotto di Limone”. Sì, perché, dal 1° luglio 2012, il mondo della medicina a Limone è un altro. Chi vivrà vedrà. Ad maiora. Domenico Fava 26 Suor Maria Consiglia Miglietta è la nuova superiora delle Suore comboniane a Limone. È arrivata suor Palma Gosetto, cui porgiamo il nostro benvenuto Dopo la partenza di suor Paola, la comunità delle nostre Suore Comboniane si è arricchita di una nuova presenza: suor Palma Gosetto. La nuova Superiora è ora suor Maria Consiglia Miglietta, che già assieme a suor Giuseppina era presente a Limone. A tutte loro auguriamo ogni bene in questa Parrocchia e di cuore le ringraziamo per quanto fanno soprattutto per la generosa assistenza ai nostri anziani. Suor Palma si presenta Nativa di Dimaro, in Val di Sole (TN), ancora giovane ho scoperto che il Signore mi chiamava ad essere missionaria e ho conosciuto le Suore Comboniane. Ho speso 15 anni nel Regno Unito, prima a Londra e poi a Glasgow, in Scozia. Quindi sono partita per la missione nel nord Uganda, dove ho speso 33 anni tra quella popolazione: è stata un'esperienza molto bella e interessante. Ho condiviso gioie, preoccupazioni e speranze con la gente locale. Da poco faccio parte della comunità di Limone sul Garda, terra natale di San Daniele Comboni e sono felice di essere qui. Comboni, il mio paese di adozione è l'Africa. Entrata a far parte della famiglia Comboniana, ho avuto la mia formazione religiosa a Londra; subito dopo, sono partita per gli Stati Uniti. Tra studio e lavoro vi sono rimasta per 12 anni. Finalmente il mio sogno si è avverato e nel 1974 ho toccato il suolo africano – l’Uganda – destinata per la nuova apertura in Zambia, 1975. Ringrazio Dio per 33 anni di lavoro in terra africana, in Zambia, 16 anni negli Stati Uniti e un anno e mezzo qui a Limone. Ovunque ho trovato persone buone: ci siamo volute bene e assieme siamo cresciute nell'amore reciproco e sopratutto nell'amore di Dio. Grazie della vostra accoglienza in mezzo a voi. È un dono essere nella terra di San Daniele Comboni. Suor Maria Consiglia si presenta Sono nativa di Lecce e, come San Daniele Si è concluso positivamente un lungo processo giudiziario Pubblico. L’indennizzo è stato completamente saldato nel mese di novembre. L’interessato è stato difeso tra l’altro, per i profili penali, dal figlio l’avvocato Luca Dagnoli, del Foro di Brescia. Figlio di Annibale Giuseppe Dagnoli e Paola Risatti (meglio conosciuti col nome di Bèpi e Paolina), dopo il Diploma di Maturità ha conseguito due Lauree quinquennali in materie Tecnico-Scientifiche. Attraverso il superamento di specifici concorsi, da anni ha raggiunto nella Pubblica Amministrazione, il grado di Dirigente. Attualmente svolge compiti dirigenziali presso un importante Ente della Regione Lombardia, in Brescia. In data 13 giugno 2012 è stata depositata la Sentenza definitiva della Suprema Corte di Cassazione di Roma, la quale ha sentenziato l’accoglimento del ricorso presentato dal Sig. Dagnoli Dott. Luigi, originario e abitante di Limone sul Garda, in merito ad un’annosa vicenda riguardante la sua attività lavorativa nella Pubblica Amministrazione legata a una vicissitudine risalente al lontano anno 1999. L’Autorità Giudiziaria sopramenzionata, oltre a dare ragione al ricorrente accettando il suo ricorso (giunto al terzo ed ultimo grado di giudizio), ha altresì stabilito che il suo risarcimento economico sia completamente a carico dell’altra parte, imponendolo pertanto come obbligo risarcitorio a favore del Dirigente 27 MESSAGGIO DEI VESCOVI ITALIANI ( C.E.I.) PER LA 7.a GIORNATA PER LA SALVAGUARDIA DEL CREATO Lo scorso sabato 15 Settembre anche a Limone sul Garda si è celebrata la 7.a Giornata per la salvaguardia del Creato. Per la circostanza i Vescovi italiani avevano offerto una riflessione attraverso il loro messaggio “Educare alla custodia del creato per sanare le ferite della Terra” che ci è stato commentato dal Rev. do don Gabriele Scalmana, incaricato della Pastorale del Creato da parte della nostra Curia Diocesana. Don Gabriele era già stato presente in Parrocchia anche in occasione della festa dei Santi Pietro e Paolo ed aveva presieduto la concelebrazione presso la chiesa di San Pietro il 29 Giugno scorso. Ha sottolineato che la Conferenza Episcopale Italiana nel documento ha elencato le ragioni fisiche, sociali e spirituali che ci impongono di salvare il territorio. Annunciare la verità sull’uomo e sul creato e denunciare le gravi forme di abuso sono scelte e gesti attenti all’educazione del gusto del bello. SAN PIETRO ED IL SUO OLIVETO In data 7 Novembre 2012 è stato pubblicato sul Bollettino Ufficiale Regione Lombardia (BURL) “l’avviso di approvazione definitiva e deposito degli atti costituenti il Piano di Governo del Territorio (PGT)” del Comune di Limone sul Garda. Sull’Avviso Pubblico Prot. N. 9247, del 07/11/ 2012, del Comune si legge che “il PGT e tuti i suoi atti ASSUMONO EFFICACIA dalla data odierna”. Immediatamente sono apparsi ricorsi al TAR in data 08/11/2012 ed in data 12/11/2012, da parte di una società e di un cittadino limonesi, che il Comune di Limone sul Garda, rispettivamente con Delibere di Giunta N.145 e N.144 vuol resistere in giudizio. Non saranno forse che i primi? Per un PGT adottato in seconda convocazione lo scorso 30 Dicembre 2011 da soli 5 Consiglieri comunali, uno dei quali all’opposizione, ed approvato con Delibera del Consiglio Comunale del 29/06/2012, forse ne sono in cantiere altri. Il 25/06/2012 la Provincia di Brescia (Parere N. 2107) aveva manifestato parere di compatibilità al PTCP (Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale) del PGT del Comune di Limone sul Garda condizionato alle conclusioni e agli elementi della Relazione Istruttoria per le motivazioni ivi espresse. Non adeguandosi a quest’ultime il PGT potrebbe forse essere corretto? Tra queste condizioni espresse nel documento della Relazione istruttoria dell’Ufficio di Pianificazione Territoriale ed urbanistica della Provincia di Brescia in verità a pag. 18 si legge che “con l’attuazione di tutti gli interventi proposti dal nuovo strumento urbanistico si insedieranno a Limone sul Garda 149 abitanti teorici sovrastimato riferendosi a previsioni del prossimo quinquennio”. A pag. 19 si legge ancora che “va mantenuta e migliorata l’eventuale vegetazione arborea…Importante la presenza di oliveti…Proprio in questi contesti, tutelati dal PTCP si concentrano le aree oggetto di trasformazione con una superficie di 4,65 ettari. La trasformazione di tali ambiti comporterebbe l’eliminazione di circa il 10% degli oliveti presenti a Limone”. A pag. 20 si può leggere che “le indagini compiute evidenziano un forte impatto delle trasformazioni previste sul sistema agricolo… gli ambiti previsti insistono su oliveti in zona collinare o rivierasca che, per le NTA (Norme Tecniche di Attuazione) del PTCP, andrebbero rigorosamente conservati.” A pag. 22 si legge inoltre che è necessario ridurre i valori del fabbisogno di tipo endogeno (mq 37.321) ed esogeno (mq 137.001) per un totale di mq 174.321 ad un totale complessivo di mq 87.161. Praticamente si deve ridurre della metà. Da ultimo a pag. 22 è scritto :” In particolare per gli ambiti 5 e 5.1 si chiede un approfondimento progettuale che valuti la possibilità di consentire l’accesso viario dell’AdT 5 da Sud anziché da Nord delocalizzando con lo stesso criterio l’edificio n.9. Le aree così liberate dall’edificazione costituiranno ulteriore fascia di mitigazione della Pieve di San Pietro.” Applicate quest’ultime resta ancora l’autorizzazione paesaggistica. Sempre a pag. 22 si legge che “l ‘Amministrazione Comunale dichiara che le nuove previsioni insediative del PGT sono state ponderate in funzione di singole richieste di cittadini di Limone sul Garda, al fine di realizzare la loro prima casa in territorio comunale con lo scopo di evitare interventi speculativi di ogni sorta”. Constatando i dati catastali odierni e a quanto sono stati venduti ed acquistati alcuni terreni qualcuno avanza perplessità al riguardo. Trattandosi di condizioni da rispettare qualsiasi persona potrebbe ricorrere al TAR qualora ci sia qualche dubbio che esse non vengano considerate. don Eraldo 28