I riflettori che il 24 settembre 2010 si accenderanno su Agnolo Bronzino nelle belle sale di Palazzo Strozzi permettono al Museo Stefano Bardini di proporre ai propri visitatori quattro dipinti legati alla produzione della bottega del grande pittore. Dai depositi, per tutta la durata della Mostra, saranno visibili il ritratto di Eleonora da Toledo, raffigurata ormai malata, negli ultimi anni della sua vita e una Madonna con Bambino e San Giovannino di particolare valore iconografico. Dalla Collezione Alice Corsi saranno per la prima volta presentati due inediti assoluti, qui attribuiti a Giovanni Maria Butteri (Firenze 1535-1607). Un ringraziamento va ai contributi delle giovani studiose Elisa Lotti e Francesca Serafini, dell’Università degli Studi di Firenze, che con entusiasmo hanno aderito a questa iniziativa. Elena Pianea Direttore Musei Civici Fiorentini Antonella Nesi Curatrice Museo Stefano Bardini Museo Stefano Bardini via dei Renai 37 (Ponte alle Grazie) – Firenze Tel. +39 055 2342427 Fax +39 055 2264042 Orari apertura: Sab/ Dom/ Lun ore 11.00/17.00 In copertina: Giovanni Maria Butteri (qui attr.), Lucrezia di Niccolò di Sinibaldo Gaddi (particolare) Bronzino, copia da Madonna col Bambino e San Giovannino (part.) Quarto decennio del XVI secolo Tempera su tavola, 63 x 41cm Museo Stefano Bardini, Firenze n. inv. 1152 Bronzino, copia da Ritratto di Eleonora da Toledo Post 1550 Tempera su tavola, Ø 75 cm Museo Stefano Bardini, Firenze n. inv. 1476 Madonna col Bambino Eleonora da Toledo Agnolo Bronzino realizzò intorno al 1540 una Madonna col Bambino e San Giovannino, attualmente conosciuta in due versioni (Roma, Galleria Colonna; Michigan, Museo Grosse Pointe Farm). Il dipinto, presente nella collezione Bardini, viene considerato come copia antica di tale composizione, in cui emergono tratti salienti della maniera dell’artista, evidenti anche in altre tre repliche (Museo di Detroit; Parigi, Louvre; Roma, Galleria Nazionale di Palazzo Barberini). Nella rappresentazione della Madonna, la cui posa a serpentina è ripresa dalla figura della Vergine del tondo Doni di Michelangelo, si ritrovano sorprendenti analogie con le immagini femminili della Cappella di Eleonora da Toledo (Palazzo Vecchio), come lo sguardo ribassato e le mani rivolte verso l’alto. L’atteggiamento curioso di San Giovannino e l’espressione attratta del volto della Madonna, verso sinistra, esaltano ancor di più la figura di Cristo bambino. Gesù poggia il braccio sinistro su un mappamondo, simbolo del destino dell’umanità, quello stesso raffigurato all’interno della decorazione della Cappella di Eleonora. L’artista, a cui è stata commissionata questa tavola, ha cercato di riprodurre fedelmente il gruppo figurativo, ideato dal Bronzino, utilizzando un supporto con dimensioni molto analoghe a quelle della Madonna col Bambino e San Giovannino del Michigan. La copia Bardini è stata leggermente ridotta sui due lati verticali fin dal principio. A destra, la mano sinistra del San Giovannino non compare sulla superficie pittorica, eliminando così la presenza significativa della croce e pure il mappamondo, a sinistra, non è raffigurato nella sua interezza. Queste piccole assenze inducono, insieme alla qualità della pittura e alla timida attenzione del panneggio della veste della Vergine a considerare questa opera una riproduzione e a posticiparla agli anni immediatamente successivi al 1540. Il dipinto raffigura Eleonora da Toledo, moglie di Cosimo I dè Medici ed è una copia da un originale di Agnolo Bronzino. Esistono differenti versioni di questo ritratto in diverse sedi internazionali (Berlin, Staaliche Museen, Gemäldegalerie; Washington, National Gallery of Art; Varsavia, Museum Narodowe; Londra, collection Hofford; Wien, Kunsthistorisches Museum; Assisi, collezione privata), dove si ritrae l’immagine della Granduchessa di Toscana nell’ultimo periodo (1550-1562) della sua vita, ormai minata da frequenti disturbi polmonari e conclusasi all’età di quarant’anni a Pisa dopo aver contratto durante un viaggio in Maremma la febbre malarica. Analizzando la superficie del dipinto, risulta che la forma della tavola, inserita in una cornice tonda dorata, sia stata in origine rettangolare. Sono presenti, infatti, sia stuccature laterali, probabilmente applicate per uniformare lo strato preparatorio dei due assi di legno, sia un taglio netto nel registro inferiore del dipinto, in cui sono state eliminate le dita della mano sinistra, che stringevano un guanto e un fazzoletto, tipici dettagli iconografici di Eleonora, ormai malata. Questo ritratto confrontato con l’opera della Gemäldegalerie di Berlino (dipinto acquistato dalla Königliche Gemäldegalerie nel 1890 dallo stesso Bardini), risulta essere di qualità inferiore per la presenza di alcuni interventi pittorici successivi nel volto e nelle maniche. Nella tavola del Museo Bardini, il completo che Eleonora indossa, si allontana da quelli presentati in altre versioni di quel periodo. La zimarra è smanicata e decorata con perle, prive però di quell’effetto materico tipico dell’arte del Bronzino. Francesca Serafini Bibliografia: Il Museo Stefano Bardini a Firenze, a cura di Fiorenza Scalia, Cristina De Benedictis, Milano, Electa, 1984, tav. 51, scheda n. 30, p. 240. Elena Carrara, The ailing Eleonora, in Masters of Florence. Glory & Genius at the Court of the Medici, catalogo a cura di Annamaria Giusti, Memphis, Wonders, 2004, p. 141. Bibliografia: Il Museo Stefano Bardini a Firenze, a cura di Fiorenza Scalia, Cristina De Benedictis, Milano, Electa, 1984, tav. 50, scheda n. 31, p. 240. Francesca Serafini DONNE DEL CINQUECENTO PER GLI ALLIEVI DI BRONZINO Giovanni Maria Butteri (qui attr.) (Firenze, 1540 – 1606 c.) Lucrezia di Niccolò di Sinibaldo Gaddi (1588 c. - ?) Olio su tavola, 43 x 59cm Firenze, Museo Bardini, Donazione Corsi n. inv. 154/1047 Post 1588 - Ante 1606 Giovanni Maria Butteri (qui attr.) (Firenze, 1540 – 1606 c.) Zaffira Maffei Falconcini Olio su tavola, 34 x 43cm Firenze, Museo Bardini, Donazione Corsi n. inv. 138/1337 Zaffira Maffei Falconcini Lo stato di conservazione della tavola è buono sebbene un probabile intervento di pulitura post bellico (1944) con la soda caustica (Archivio Storico del Comune di Firenze, fascicolo 18C, ins.5), ha fatto sì che il colore abbia perduto la sua originaria corposità. Per questo motivo il dipinto mostra una patina che rende indebolita la consistenza dei colori, togliendo alla raffigurazione ogni profondità. Si ipotizza che i capelli ricci, dipinti singolarmente in prossimità delle tempie, siano in realtà frutto di un intervento avvenuto in epoca più tarda, poiché non sembrano essere concordanti con il resto dell’acconciatura, realizzata in maniera precisa. La cornice dipinta in oro e nero è probabilmente originale. Si tratta di un ritratto di piccole dimensioni, caratterizzato da una rappresentazione quasi frontale della protagonista e dall’assenza di qualsiasi elemento decorativo o ambientale. La donna è raffigurata a mezzo busto con la testa leggermente rivolta verso destra. Vestita con abito scarlatto arricchito da passamanerie e da un bavero in pizzo rialzato, al collo indossa una sottile collana in perle mentre i capelli sono raccolti in una cuffietta di rete. L’iscrizione “ZAFFIRA MAFFEI FALCONCINI 1562” posta all’estremità superiore del dipinto non ci permette di rintracciare l’identità storica dell’effigiata; la data che compare nell’iscrizione probabilmente corrisponde all’anno in cui l’opera venne realizzata ma è anche possibile che la scritta sia stata apposta in epoca più tarda e che in realtà non raffiguri il personaggio indicato. Le ricerche compiute nell’Archivio Storico del Comune di Volterra, città dalla quale un ramo delle famiglie Maffei e Falconcini provenivano, hanno portato al reperimento di alcuni documenti, con la prova dell’esistenza di una “Zaffira Maffei moglie di Agostino di Bartolomeo Falconcini capitano, nata l’8 luglio 1594” (ASCV, Archivio Maffei, Carte riguardanti interessi e contratti di matrimonio, f.Ms.56). Lucrezia di Niccolò Ciononostante, il documento genera dubbi ed incertezze, poiché le uniche date a disposizione per ricostruire la vita della protagonista del dipinto, contrastano nettamente con quella riportata nell’iscrizione. Il ritratto, nel quale l’effigiata è dipinta utilizzando gamme cromatiche fredde e idealizzata entro i canoni di una bellezza perfetta ed immutabile, evidenzia il forte legame con la cultura manierista fiorentina del Cinquecento. Il ritratto è infatti di evidente ispirazione “bronzinesca” ma si qualifica come opera di bottega, in considerazione della qualità inferiore della resa pittorica. Il volto impassibile dell’effigiata è poco comunicativo e non si rintracciano la fermezza e l’intensità psicologica che caratterizzano i ritratti del Bronzino e che rendono ogni individuo da lui raffigurato un personaggio unico ed irripetibile. La rigida espressività e la durezza dei lineamenti inducono ad attribuire l’opera ad un allievo del Bronzino, forse alla fase giovanile di Giovanni Maria Butteri (1540-1606 c.). I precedenti interventi di pulitura, come abbiamo detto, che hanno rovinato la qualità della gamma cromatica, fanno tuttavia apparire il dipinto di qualità inferiore rispetto alla produzione pittorica del Butteri. Elisa Lotti Bibliografia: inedito Il dipinto fa parte della raccolta di opere d’arte donata nel 1938 al Comune di Firenze (ASC di Firenze, Inv. Arnaldo Corsi, Ins.5, f.18) dagli eredi dell’Ingegnere Arnaldo Corsi, dal quale prende il nome l’intera collezione. L’iscrizione “LUCREZIA DI NIC. DI SINIBALDO GADDI”, che compare all’estremità superiore dell’opera, permette di identificare l’effigiata. Si tratta della figlia di Niccolò Gaddi uno dei più ricchi e stimati collezionisti del Cinquecento (C. Acidini Luchinat, 359/361, XXXI, pp. 141-175). Il Cavalier Gaddi aveva avuto oltre al figlio chiamato Sinibaldo deceduto nel 1564, lasciando il padre privo di eredi maschi, anche due figlie femmine chiamate entrambe Lucrezia, una delle quali deceduta nel 1569 a soli dieci anni (ASF, Corporazioni religiose soppresse dal Governo francese, 102 Appendice, c.70) e l’altra, nata nel 1588 circa fuori dal matrimonio, per la quale nel 1591 Niccolò Gaddi avanza una richiesta di legittimazione (ASF, Auditore poi Segretario delle Riformagioni, c. 18, pp. 502-507). Lo stile dell’opera lascia intuire che ci troviamo di fronte ad un artista influenzato da pittori come Bronzino (1503-1572), Allori (1535-1607) e Santi di Tito (1536-1603). Le sopracciglia sono ben definite e curate, gli occhi meticolosamente disegnati e la bocca rappresentata con assoluta precisione. Le guance rosate e l’intensità dell’abito giallo contribuiscono a donare vitalità alla fanciulla, la quale grazie alla brillantezza dei colori, emerge dallo sfondo scuro che sembra quasi volerla trattenere cristallizzandola. Minuziosa è la rappresentazione del cammeo che adorna il girocollo in oro, della coroncina a pietre rosse e perle che incornicia la testa della giovane e del libretto rosso che tiene in mano. Le pieghe oblique che si formano sulla manica dell’abito presuppongono la torsione del corpo posto di tre quarti. I ricami, i bottoni sul petto, il colletto bianco a pieghe plissettate che spunta ad incorniciare il collo ed il modo in cui le ombre della testa si riflettono sulle pieghe stesse, tutto è in sostanza realizzato a concreta testimonianza dell’amore e del profondo interesse per i dettagli. Siamo di fronte ad un artista che ha chiaramente assimilato la lezione del Bronzino e di Santi di Tito, riuscendo a far suo uno stile preciso e misurato ma vitale e fortemente vivace, fatto di colori brillanti e incarnati delicati. Colui che più avvicina l’unione fra lo stile “bronzinesco” e quello pacato di Santi di Tito, è Giovan Maria Butteri (1540-1606 c.). Considerando che la fanciulla effigiata sembra essere raffigurata in età adolescenziale, è probabile che si tratti di una rappresentazione di quella Lucrezia nata nel 1588 e figlia illegittima del Cavalier Gaddi, permettendo in questo modo di collocare l’esecuzione del dipinto fra la fine del Cinquecento ed il 1606, anno in cui il Butteri morì. Dal confronto con la Madonna col Bambino e Santi conservata al Museo del Cenacolo di Andrea del Sarto a Firenze e con il Ritratto femminile della Casa Vasari di Arezzo (A. Paolucci, A.M. Maetzke, 1988, p.126) entrambi del Butteri, emergono numerose corrispondenze visibili nell’espressività del volto e nella resa dei costumi e dei panneggi. Il modo in cui si creano le pieghe dell’abito sulle braccia, il taglio della bocca, degli occhi e il modo di creare le ombre sulla fronte e sul collo, sono tutti elementi che si ripetono con somiglianze sorprendenti. Elisa Lotti Bibliografia: inedito