L’Italia spagnola (1559-1700) Un sistema di potere apparentemente bloccato La Spagna come fattore di stabilità “La Spagna, nel Cinque e Seicento, ha rappresentato nella penisola un fattore importante di consolidamento e di stabilità dei nuovi equilibri politici e sociali. Non solo per l’estensione dei suoi domini italiani, quanto per la rete di interessi economici e politici che ad essa facevano capo” (Marcello Verga) Filippo II d’Asburgo (1527-1598) Figlio di Carlo V, Re di Spagna dal 1556 al 1598 Fa della Spagna una grande potenza marittima, ma non riesce a battere l’Inghilterra di Elisabetta I I possedimenti spagnoli nel mondo I possedimenti spagnoli in Europa fra Cinque e Seicento L’Italia dopo Cateau-Cambrèsis (1559) Dipendono direttamente dalla Spagna: il Ducato di Milano, lo Stato dei Presidi e il Regno di Napoli (con Sicilia e Sardegna) Sono alleati della Spagna: la Repubblica di Genova, il Ducato di Savoia, il Granducato di Toscana, lo Stato pontificio Filippo II e l’Italia OBIETTIVI: 1. consolidare l’egemonia sulla penisola 2. mantenere immutato l’equilibrio stabilito a Cateau-Cambrèsis: evitare ogni alterazione dei rapporti di forza fra Stati italiani evitare l’intromissione di altre potenze straniere in Italia (= la Francia) controllare e determinare le politiche matrimoniali dei principi italiani 3. sostenere la pace MEZZI: 1. - mantenere nelle mani della diplomazia spagnola il monopolio della politica estera italiana 2. - alimentare la rivalità fra stati italiani, ma senza suscitare conflitti Ruolo dell’Italia “spagnola” in Europa: serbatoio di truppe (Regno di Napoli) per i grandi conflitti europei ponte tra penisola iberica e Impero (collegamento fra possedimenti asburgici) antemurale della Spagna nei confronti dell’Impero Ottomano (controllo del Mediterraneo) elemento della “tenaglia” antifrancese (Paesi Bassi a nord, Franca Contea a est e Italia a sud) La politica spagnola nel giudizio del doge Niccolò Contarini “Li ministri principali del Re Cattolico in Italia erano quattro: gli ambasciatori a Roma e a Venezia, il Viceré di Napoli e il Governatore di Milano. Li ministri di Spagna, in cui particolarmente ognuno riguardava, parlavano così concertati insieme, e come suol esser costume della nazione, con concetti inviluppatissimi e tra se stessi contrari. Tutti eran concordi nell’affermare non tener ordini dal loro re, ma, mentre discorrevano, nel resto del parlare ciascuno ben chiaro scorgeva il fine non esser della concordia, ma desiderio che quanto più si turbassero le cose in Italia, accioché li prìncipi di essa spendessero e con la guerra si estenuassero, et il loro re si potesse prevalere dell’occasione, la quale suole sempre favorire li più potenti”. (Niccolò Contarini, Doge di Venezia) I corridoi militari della Spagna Un compromesso di potere con le élites locali Lungi dall’essere dei semplici dominatori, Carlo V, Filippo II ed i loro eredi riescono a trovare un sostanziale accordo con i ceti dirigenti degli Stati italiani, realizzando un compromesso capace di offrire loro nuovi spazi di legittimazione e di potere all’interno del complesso e composito sistema europeo della monarchia spagnola. I molteplici strumenti del “consenso” spagnolo La monarchia spagnola propone alle élites italiane: 1. Strategie matrimoniali 2. Titoli nobiliari e dignità cavalleresche (Grandi di Spagna, Toson d’Oro, commende e ordini cavallereschi di Santiago, Alcantara, Calatrava e Montesa) 3. Carriere ecclesiastiche (fino alla porpora cardinalizia) 4. Benefici ecclesiastici (rendite esenti) 5. Feudi e rendite feudali (Sicilia e Sardegna) 6. Pensioni e appannaggi 7. Comandi militari e navali 8. Incarichi diplomatici 9. Incarichi amministrativi 10. Incarichi giudiziari 11. Distinzioni cerimoniali 12. Possibilità di investimenti (prestiti, titoli del debito pubblico, appalti e forniture, servizi per la monarchia) 13. Patronati e protezioni 14. Committenze per artisti e intellettuali 15. Reclutamento militare con relativi guadagni e possibilità di viaggiare Una monarchia duttile La monarchia spagnola si dimostra capace, per quasi due secoli, di adattare le proprie scelte politiche e istituzionali alla diversità degli assetti costituzionali e degli equilibri politici dei singoli domini italiani (prevalenza feudale al sud, sistema patrizio a Milano, ecc.). La stabilità del potere spagnolo si regge dunque non tanto sulla coercizione e sulla repressione, quanto su una fedeltà di fondo delle élites locali italiane alla monarchia di Madrid. La politica spagnola nel giudizio del patrizio veneziano Matteo Zane (1584) “E’ molto ben noto che alla corte di Spagna, oggidì riputata la maggiore della Cristianità, tutti han volto gli occhi, e particolarmente i principi d’Italia, che pretendono accrescimenti di titoli e di dignità per preceder l’uno all’altro e per esser maggiormente riputati nelle altre corti. Rivali e discordi in tutto, quei principi sono unitissimi in sentir male la divisione dell’ordine degli ambasciatori che è in quella corte. Così, come questi principi altre volte solevano tenere ambasciatori a quasi tutte le corti per rendersi grati a molti, così ora li tengono a pochissime per poterli mantener senz’augumento di spesa con maggiore dignità e splendore, il quale è oggidì necessario in tutte le corti, ma in quella di Spagna sopra le altre come la maggiore di tutte”. Filippo III d’Asburgo (1578-1621) Figlio di Filippo II, Re di Spagna dal 1598 al 1621 È costretto a riconoscere l’indipendenza delle Province Unite (1609) Impone la deportazione dei musulmani dal regno di Spagna (1609) Il duca di Lerma Francisco Gòmez de Sandoval (1552-1625), marchese di Denia e duca di Lerma, cardinale, ministro e favorito (valido) di Filippo III dal 1598 al 1618. Nel 1618 finisce sotto processo con l’accusa di corruzione. Filippo III e l’Italia Sotto il regno di Filippo III si situa l’apogeo del “sistema spagnolo” in Italia, ma si manifestano già i primi elementi di crisi in periferia: 1. 2. 3. 1606-7: interdetto su Venezia (scontro col papato). La Francia di Enrico IV sostiene Venezia. 1612-18: guerra sabauda del Monferrato e primo assedio di Casale (la Francia e Venezia finanziano i Savoia, la Spagna sostiene i Gonzaga). 1620: guerra spagnola in Valtellina (“sacro macello”) per imporre il cattolicesimo nelle valli alpine riformate, contro i Grigioni protestanti. In questi anni sia i Savoia che Venezia guardano alla tollerante Francia come alternativa possibile al dominio spagnolo sull’Italia. L’ “alternativa” francese «Il vero segreto degli affari d’Italia consiste nello spogliare il re di Spagna di ciò che vi possiede, per rivestire i principi ed i potentati d’Italia, che per l’interesse della propria conservazione saranno tutti uniti assieme per conservare ciò che loro sarà dato» (cardinale di Richelieu) Filippo IV d’Asburgo (1605-1665) Figlio di Filippo III, Re di Spagna dal 1621 al 1665 Durante il suo regno la monarchia spagnola è investita da un’ondata di rivolte popolari (Portogallo, Catalogna, Napoli, Sicilia) Il conte duca de Olivares Gaspar Guzmàn de Tello (1587-1645), conte di Olivares e poi duca di Sanlucar, primo ministro di Filippo IV dal 1621 al 1643 Filippo IV e l’Italia 1618: in Boemia inizia la guerra dei Trent’anni e l’Italia ne sarà uno dei teatri secondari. OBIETTIVI: contrastare la presenza francese e le trame dei principi italiani (Savoia, Farnese, Gonzaga e Venezia) verso la Francia conservare l’egemonia sulla penisola conquistando la fedeltà dei gruppi dirigenti italiani La Francia (Richelieu) pensa ad una lega italiana antispagnola fra Savoia, Farnese (Parma) e Gonzaga (Mantova), con Venezia, Medici (Toscana) e Este (Modena), ma il progetto non si realizza a causa delle reciproche rivalità degli Stati italiani. Guerre d’Italia antispagnole Falliscono le “guerre italiane” provocate da Torino e Venezia e la Spagna conferma il suo predominio: 1627-31: guerra per la successione di Mantova e del Monferrato: i Savoia, questa volta alleati con la Spagna, occupano il Monferrato e Saluzzo e vi scacciano i francesi, ma cedono Pinerolo alla Francia. Secondo assedio di Casale (28 mesi). La Francia sostiene i Gonzaga-Nevers. Il Monferrato dei Nevers resta alleato di Parigi. 1615-30: guerra degli “Uscocchi”: Venezia ottiene dall’Impero la restituzione dei suoi territori La prima crisi del sistema spagnolo in Italia (1628-44) Le necessità della guerra dei Trent’anni aumentano la pressione fiscale sull’Italia Scoppiano le prime rivolte antispagnole: 1628: fallita congiura antioligarchica (ma antispagnola e filosabauda) a Genova 1628: a Milano tumulti annonari antispagnoli (assalto ai forni) 1630: devastante epidemia di peste nell’Italia centro-settentrionale: due milioni di morti (=27% della popolazione) 1635-40: guerra civile in Piemonte (principisti filospagnoli contro madamisti filofrancesi ) nel contesto della guerra franco-spagnola dei Trent’anni Urbano VIII e la guerra di Castro 1641: scoppia la “guerra di Castro“ (1641-49) tra il papa Urbano VIII Barberini e il duca di Parma Odoardo Farnese (gravemente indebitato con la Chiesa) per il possesso del feudo laziale di Castro e Ronciglione. Il papa sequestra Castro ai Farnese a titolo di risarcimento. 1642: col Farnese - in funzione antipapale e antispagnola - si schierano Venezia, Modena e Firenze, sostenuti dalla Francia. Inutile devastazione del Lazio. 1644: il papa restituisce Castro ai Farnese in cambio di forniture di grano. 1649: nuova guerra di Castro e definitivo incameramento del feudo da parte di papa Innocenzo X. L’ondata delle rivolte antispagnole (1647-1649): 1647-48: rivolte popolari antispagnole di Palermo (Giuseppe Alesi) e Catania 1647: rivolta popolare di Napoli (Masaniello) con sostegno del ceto togato (Giulio Genoino) 1648: fallita congiura antispagnola (filofrancese) a Genova 1648: azione navale franco-sabauda (Tommaso SavoiaCarignano) contro Napoli; fallita rivolta popolare (Gennaro Annese); dura repressione di massa 1648-49 La rivolta di Palermo (1647-48) 1647, maggio: a Palermo scoppia una rivolta popolare contro il rincaro dei generi alimentari; la rabbia si indirizza soprattutto contro gli esattori e i nobili i cui palazzi vengono assaltati. 25 maggio: si formano in città le Compagnie della milizia, guidate dai Consoli delle Arti, che occupano i bastioni cittadini e trattano con il nuovo vicerè, cardinale Teodoro Trivulzio (milanese). 15 agosto: Palermo è “conquistata” dal popolo guidato da Giuseppe Alesi. 22 agosto: Alesi viene ucciso e si scatena la reazione nobiliare, prima in città e poi nelle campagne. 1648, luglio-agosto: la rivolta siciliana è definitivamente sedata dalle truppe del vicerè; ma solo due dozzine di capibanda verranno condannati a morte a Palermo. Napoli nel Seicento La rivolta di Napoli (1647-48) 1647, 7 luglio: a Napoli scoppia una rivolta popolare contro la nuova tassa sulla frutta, imposta dal viceré, Rodrigo Ponce de Leon, duca di Arcos, che dispone solo di poche centinaia di soldati di guarnigione. La folla inferocita lincia alcuni nobili e alcuni esattori. Luglio-agosto: La rivolta si estende in tutte le province del regno, con la connivenza di una parte del clero e del ceto togato. Assalti ai castelli e alle tenute dei feudatari. 10 luglio: uno dei capi della rivolta, Tommaso Aniello, pescivendolo di Amalfi, viene nominato Capitano Generale dallo stesso vicerè, ma i veri ispiratori della rivolta sono i togati guidati dall’avvocato Giulio Genoino che propone un programma di riforme. 16 luglio: Masaniello è assassinato da un sicario del vicerè. I ribelli continuano a dichiararsi fedeli sudditi del re i Spagna. Tommaso Aniello detto Masaniello Un venditore di pesce, Tommaso Aniello, detto Masaniello, diventa il capo riconosciuto della rivolta popolare del 1647 a Napoli La mancanza di una direzione politica. La fine della rivolta napoletana. Ottobre: giunge a Napoli una flotta spagnola comandata da don Juan (Giovanni d’Austria), figlio illegittimo di Filippo IV, che sottopone la città a un fitto bombardamento, la nobiltà napoletana si mobilita per seguirlo. La rivolta assume solo allora una caratterizzazione decisamente antispagnola e repubblicana (per la prima volta a Napoli si esalta la figura di Cromwell). Il Seggio del popolo affida il comando militare a Gennaro Annese. 27 ottobre: viene proclamata la Repubblica napoletana, con una Consulta e un Senato. Il teorico della nuova costituzione è l’avvocato Vincenzo D’Andrea. Novembre: si presenta a Napoli il francese Enrico di Lorena duca di Guisa, che assume il titolo di Duce della Serenissima Real Repubblica, sperando di essere proclamato re dai rivoltosi, ma senza successo. 1648, 5 aprile: il nuovo viceré spagnolo Iñigo Velez de Guevare, conte de Oñate, attacca dal mare la milizia ribelle e riprende il controllo della città di Napoli. In poche settimane anche la provincia è riportata sotto il controllo dell’esercito spagnolo. Il nuovo assetto del Regno vede un accresciuto potere del ceto togato che conserva ed estende i propri privilegi a scapito della nobiltà. La rivolta di Masaniello nel 1647 La rivolta di Napoli nel 1647 in un dipinto di Gargiulo Cromwell e Masaniello Oliver Cromwell e Masaniello in una medaglia commemorativa delle due rivoluzioni inglese (1649) e napoletana (1647) L’Italia dopo la pace di Westfalia (1648) Alla metà del secolo, conclusa la guerra europea dei Trent’anni, la presenza spagnola in Italia è ancora forte, anche se indebolita. Fallimentare è invece ogni tentativo di politica autonoma da parte degli Stati italiani: dell’antica “pentarchia” (Venezia, Milano, Firenze, Roma, Napoli,) che aveva dominato la storia d’Italia fra Quattro e Cinquecento (Guicciardini) due elementi (Milano e Napoli) sono inglobati nel sistema spagnolo, due (Venezia e Roma) hanno ormai finito di esercitare un ruolo politico significativo, uno (Toscana) sta tentando disperatamente di mantenere una difficile indipendenza, mentre il Ducato di Savoia – pur devastato dalle guerre civili - si sta affermando come l’unico Stato capace di sottrarsi al ricatto di Madrid e capace di una politica estera autonoma.