Simposio, Rivista di Psicologi e Psicoterapeuti, Anno 5, Numero 2, Dicembre 2009, Quadrimestrale. Poste Italiane spa. Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv.in l.27/02/2004 n.46) art.1, comma 1 DCB Firenze 1. In caso di mancato recapito rinviare all’ufficio postale di Firenze CMP per la restituzione previo pagamento resi. simposio Rivista di Psicologi e Psicoterapeuti Tiratura: 10.000 copie Il punto sull’integrazione in psicoterapia Editoriale di Rolando Ciofi di Tullio Carere-Comes p. 02 Il punto sull’integrazione in psicoterapia p. 03 Fedeltà infedele, velenosa salvezza di Dino Perroni p. 06 02 Editoriale SOMMARIO Editoriale Rolando Ciofi di Rolando Ciofi, Segretario Generale del Mo.P.I. 2 Il punto sull’integrazione in psicoterapia Tullio Carere-Comes 3 Fedeltà infedele,velenosa salvezza Dino Perroni 6 Tra il mese di dicembre ed il mese di Mentre il sistema professionale basato gennaio tutti gli psicologi saranno chiamati sulla libera concorrenza tra associazioni si al rinnovo dei Consigli dell’Ordine delle va- fonda su scelte politico professionali, il siste- rie Regioni Italiane. Il Mopi non presenterà ma ordinistico a iscrizione obbligatoria con- liste a queste elezioni, e probabilmente non dizionante l’esercizio della professione si lo farà in futuro, a meno che una profonda fonda sull’obbligo. E’ dunque fatale che pre- riforma delle professioni intellettuali non sto scivoli verso la corporazione. Tanto per cambi radicalmente le regole. fare un esempio è certo più semplice deli- Infatti, mentre riteniamo di fondamentale berare circa le tariffe minime e massime che importanza per la comunità professionale attorno all’obbligo per i colleghi di aggior- l’Ente di Previdenza, del tutto diversa è la narsi periodicamente. Il professionista, una nostra valutazione del sistema ordinistico, volta iscritto all’Ordine, una volta riuscito ad sia inteso come sistema generale di auto- essere dentro, si sente al sicuro. L’Ordine gestione delle professioni regolamentate, insomma, per sua stessa struttura, non può sia più in particolare come sistema di auto- fare a meno di essere corporativo poichè in gestione della comunità professionale degli tale logica è inserito. E ciò non è solo male psicologi. per la società (ogni privilegio concesso ad La legge istitutiva della nostra profes- una singola corporazione viene poi pagato sione, del 1989, ha a nostro avviso dato i dalla società nel suo complesso), ma nel suoi frutti. Ha consentito ad una comunità nostro caso è male anche per la comunità professionale di riconoscersi come tale e professionale degli psicologi che viene ad l’ha dotata di una comune deontologia. Se essere penalizzata nel suo rapporto con il questi sono gli aspetti positivi che non si mondo dell’utenza. possono non riconoscere, è però altrettanto Ma gli Ordini ci sono e tra poco ci sa- vero che la stessa legge, o meglio l’Istitu- ranno le elezioni ordinistiche. Il Mo.P.I. non zione ordinistica figlia di quella legge, si è dà ai propri iscritti indicazioni di voto ma dimostrata poco in grado di affrontare la sfi- una piccola riflessione in merito possiamo da dello sviluppo della professione che ha comunque farla. Anche in un sistema sba- Periodico del finito per rimanere sacrificata. La società ha gliato i singoli individui, le singole persone Movimento Psicologi Indipendenti un grande bisogno di psicologia professio- chiamate a dirigerlo possono fare la diffe- nale e paradossalmente tale bisogno è solo renza. Ci potrà essere chi contribuisca a in piccola parte intercettato dagli psicologi perpetuarlo acriticamente e ci potrà essere poiché la società stessa non ne conosce le chi al contrario entri nel contesto in posi- competenze. zione dubbiosa o critica con la speranza di simposio ANNO 5 - NUMERO 2 - DICEMBRE 2009 (chiuso in tipografia il 4 dicembre 2009) Direttore Responsabile: Rolando Ciofi Gli Ordini, con la conduzione di continue poter “operare dal di dentro”. Noi abbiamo battaglie di stampo corporativo, con la pre- rinunciato a tale speranza ma se proprio tesa di “cancellare” le professioni limitrofe, dovessimo votare lo faremmo per colleghi con il sostanziale divieto ai propri iscritti di giovani, entusiasti, forti di progetti e di idee, Comitato di Redazione: farsi pubblicità (nonostante il decreto Bersa- desiderosi di rimboccarsi le maniche. Alcuni Mario Ajazzi Mancini, Anna Barracco ni infinite difficoltà alla libera pubblicità ven- nostri associati e tanti amici credono anco- gono tuttora poste), con l’intralciare anziché ra che sia possibile adeguare ai tempi una favorire buone pratiche di accreditamento istituzione vecchia. Poiché politicamente è Simposio e di visibilità, con il tentare di imporre una insensato propagandare l’astensionismo (a Rivista di Psicologi e Psicoterapeuti politica delle tariffe obbligatorie, col mortifi- non andare a votare i colleghi ci pensano Via Leopardi 14, 50121 Firenze care la pratica della concorrenza tra colle- già da soli) diamo una mano a questi amici. ghi, hanno finito per relegare la professione Puntiamo non sul sistema ma sull’entusia- all’angolo dello sviluppo sociale. smo di singoli colleghi. Forse col tempo ar- Direttore Editoriale: Tommaso Valleri Rolando Ciofi, Manuele Matera Redazione: [email protected] Editore: Ciò che dal nostro punto di vista è ancor riveranno alle stesse nostre conclusioni ma peggio è che con il tempo ci siamo resi con- forse, chissà, anche con un angusto spazio Proprietario: to che questa sorta di asfissia professionale di manovra riusciranno a dare qualcosa di Movimento Psicologi Indipendenti era ed è solo parzialmente motivata dalla buono alla nostra comunità! Vertici s.r.l. - Via Leopardi 14, 50121 Firenze Via Leopardi 14, 50121 Firenze Tiratura del presente numero: 10.000 copie scarsità di lungimiranza dei colleghi che sono stati chiamati a dirigere le varie Istituzioni ordinistiche. 03 03 Il punto sull’integrazione in psicoterapia Si riconoscono abitualmente quattro tipi principali di integrazione psicoterapeutica: l’eclettismo tecnico, in cui si fa uso di tutto ciò che sembra utile in un caso specifico di Tullio Carere-Comes senza preoccuparsi della coerenza teorica dell’insieme; l’integrazione teorica, in cui si combinano parti di teorie diverse, per esempio psicoanalisi e comportamentismo, in una prospettiva sovraordinata dalla quale le due teorie cessano di essere incompa- re, ma al contrario di spaccarlo nettamente pratiche sostanzialmente differenti. Infatti, il tibili per dimostrarsi invece complementari; tra i favorevoli e i contrari: da una parte i terapeuta orientato alla persona rivolge si- l’integrazione assimilativa, in cui il terapeu- terapeuti i curamente l’attenzione anche ai suoi distur- ta rimane fedele al proprio modello teorico proponenti di diverse formule di terapia bi, ma cercando di coglierne il primo luogo di base, ma innesta su questo elementi breve, dall’altra i terapeuti che si muovono il significato nel contesto della personalità teorici di diversa provenienza; l’approccio nel solco delle tradizioni psicodinamica e del paziente, della sua situazione esisten- dei fattori comuni, che studia le strategie o i umanistica. In mezzo si trovano coloro che ziale, del processo terapeutico e della re- modi di interazione comuni alle diverse pra- si danno da fare per gettare dei ponti tra le lazione con le figure significative del pas- tiche, indipendentemente dall’orientamento due sponde: ma fino ad oggi nessun ponte sato e del presente, inclusa specialmente teorico del terapeuta. Esiste poi un quinto si è dimostrato capace di sostenere un sia la relazione di terapia. A tutti questi aspetti tipo, che non compare generalmente nelle pur minimo traffico nelle due direzioni. il terapeuta di orientamento medico dedica cognitivo-comportamentali e classificazioni degli autori di area SEPI (So- Nella prospettiva dell’integrazione psico- invece un’attenzione marginale, e comun- ciety for the Exploration of Psychotherapy terapeutica la spaccatura netta e, almeno que finalizzata a ottenere la compliance del Integration), ma è quello più “gettonato” in per il momento, irrimediabile, sembra suona- paziente nell’applicazione delle procedure area SPR (Society for Psychotherapy Re- re come un fallimento. In realtà il fallimento previste per la correzione del disturbo che search). Chi aderisce a questa idea di inte- è tale solo per chi concepisce l’integrazione è stato diagnosticato. Una rapida risoluzio- grazione la esprime pressappoco così: non come un movimento verso una teoria unifi- ne del quadro sintomatico è salutata con c’è alcun bisogno di integrare, perché l’in- cata della psicoterapia, secondo il modello successo dal terapeuta-medico, mentre è tegrazione avviene già per conto suo, sulla della medicina: ma questo è il sogno di una vista con sospetto dal terapeuta-filosofo, spinta della ricerca empirica. L’idea è che la sola parte del campo, quella convinta che la come una possibile “fuga nella guarigione”. ricerca empirica sta già facendo, e sempre psicoterapia uscirà dall’infanzia per appro- Il primo cerca di ottenere una correzione più farà, piazza pulita di una gran quantità dare all’età adulta solo aderendo alla logica del disturbo o un superamento della crisi di miti e teorie campate in aria su cui pog- e ai procedimenti della scienza moderna. più rapidamente possibile, per una restitu- giano le centinaia di scuole psicoterapeu- Correttamente intesa, l’intenzione integrati- zione del paziente a una normalità che può tiche. Questa giungla, o questa palude, va non punta a fare di ogni erba un fascio, essere intesa come normale infelicità, o sarà bonificata dalla EBP (Evidence Based bensì a uno sguardo accogliente capace di adattamento, o anche crescita che riprende Practice). Alla fine resterà una sola psico- far convivere e comunicare pratiche diverse il suo corso naturale una volta tolto di mez- terapia scientifica, come già oggi abbiamo e anche reciprocamente incompatibili. Allo zo l’ostacolo che l’aveva impedita. Il secon- una sola medicina scientifica. E come ai stesso modo, l’integrazione di una cultura do non si fa impressionare dalla fretta del margini o al di fuori della medicina ufficiale di immigrati non significa necessariamente paziente di essere liberato dai suoi sintomi, continua a prosperare una nuvola di medi- assimilazione né tanto meno unificazione, ma cerca di indirizzare il processo verso cine alternative, così sarà per la psicotera- ma in primo luogo pacifica convivenza tra un aumento di consapevolezza e respon- pia. Ma almeno gli utenti sapranno qual è culture diverse, nel rispetto reciproco e nel sabilità anche attraverso l’immersione pro- la psicoterapia seria e quali le psicoterapie dialogo reciprocamente arricchente. Nel- lungata in vissuti che richiedono di essere fantasiose, e potranno scegliere con cogni- la spaccatura del campo psicoterapeutico lentamente elaborati, anche al prezzo di zione di causa. non si deve vedere soprattutto il rifiuto degli dolorose regressioni e lunghe dipendenze All’interno dell’EBP si distinguono poi gli uni di uscire da una concezione infantile o dalla relazione terapeutica, se queste ap- EST (Empirically Supported Treatments) e medievale della terapia, né il tentativo degli paiono necessarie per la conquista di una gli ESR (Empirically Supported Relation- altri di imporre ai primi un modello di scien- reale autonomia e la costruzione di un’at- ships). Gli EST, fondati sul gold standard za che è loro estraneo. Se l’attenzione si trezzatura psicologica e spirituale che per- della ricerca empirica, gli RCT (Randomi- fissa sulle rispettive pervicacie, che pure metta al soggetto di continuare il suo per- zed Controlled Trials), sono le terapie di cui esistono, non c’è speranza di integrazione, corso maturativo anche dopo la fine della è stata empiricamente provata l’efficacia in nessun senso della parola. La divisione terapia. In un caso la cura avviene su uno per il trattamento di determinati disturbi. riflette piuttosto, e in primo luogo, la diffe- sfondo di normalità cui restituire il paziente, Sono stati spesso criticati perché valorizza- renza tra due concezioni della psicoterapia grazie alla risoluzione dell’evento morboso; no esclusivamente la tecnica a scapito del- realmente e sostanzialmente diverse. nell’altro non esiste alcuna normalità cui la relazione, mentre è ben noto, oltre che Da un lato la psicoterapia è intesa come fare ritorno, ma solo un cammino, unico per empiricamente dimostrato, che la relazione una pratica di tipo medico, in quanto il suo ogni essere umano, verso la conoscenza e ha un influsso più importante della tecnica obiettivo principale e dichiarato è quello di la realizzazione di sé. sull’esito della terapia. Alla limitata utilità curare disturbi o problemi ben definiti me- Alle due concezioni della psicoterapia, degli EST hanno supplito gli ESR: gli studi diante procedure empiricamente validate quella procedurale e quella processuale, empirici sui fattori relazionali della terapia. o supportate. Dall’altro essa è intesa come corrispondono due diversi stili di ricerca, Dall’insieme di EST e ESR, cui si aggiungo- una pratica di tipo filosofico, in cui l’obiettivo rispettivamente no altre ricerche empiriche sui fattori perso- primario non è la cura del disturbo ma della esperienziale-qualitativo. Il riconoscimento nali ed esperienziali, i sostenitori dell’ESB persona o del sé, in una prospettiva di rea- reciproco della realtà, legittimità e autono- si attendono lo sviluppo di una psicoterapia lizzazione di sé o di formazione personale mia di ciascuna delle due concezioni e dei interamente fondata sull’evidenza. L’avan- permanente. È vero che in genere ognuno rispettivi stili di ricerca è il presupposto per zata impetuosa dell’ESB, tuttavia, ha avuto dei due tipi include almeno qualche aspetto qualsiasi tentativo di integrazione. Tra l’ap- per il momento l’effetto non di compattare dell’altro, ma è altrettanto vero che la pre- proccio procedurale-empirico e quello pro- il campo unificandolo sotto le sue bandie- valenza dell’uno o dell’altro tipo porta a due cessuale-esperienziale sono possibili diver- empirico-quantitativo ed 04 XXVI Congresso Internazionale S.E.P.I. se forme di sintesi o integrazione, ottenute per ibridazione tra due modi di conoscenza e due pratiche basilarmente differenti, oppure Una o più scienze per la psicoterapia: che cosa costituisce evidenza? attraverso la costruzione di modelli internamente coerenti in quanto la logica dominante nell’uno è recessiva nell’altro, vale a dire con due gestalt diametralmente opposte ma legate dal fatto che la figura dell’una è lo sfondo dell’altra, e viceversa. Così, nella gestalt in cui la figura è il processo si applicheranno sicuramente anche delle procedure, ma in modo non manualizzato e non vincolato alle indicazioni della scienza empirica: bensì in modo euristico, vale a dire utilizzando l’esperienza propria e della comunità dei terapeuti secondo la quale una certa procedura può essere di aiuto in certi casi, purché sia applicata in modo del tutto elastico per adattarla al contesto presente e monitorando attentamente il modo in cui essa è vissuta dal paziente, che può essere completamente diverso dalle intenzioni che hanno motivato la sua applicazione. Se al contrario la figura è la procedura, il terapeuta presterà sicuramente attenzione anche al processo e al dialogo che si sviluppa con il paziente, ma in modo subordinato all’implementazione il più possibile protocollare (altrimenti la validità dell’indicazione empirica viene meno) di una modalità di lavoro finalizzata a correggere il disturbo che è stato diagnosticato. La realtà attuale del campo psicoterapeutico è quella di una spaccatura apparentemente insanabile tra due schieramenti divisi da incomprensione, diffidenza, non di rado aperta ostilità. Il riconoscimento reciproco della legittimità e autonomia di ciascuna delle due concezioni della terapia, premessa di ogni possibilità di integrazione, è reso problematico dalle posizioni sostenute da entrambe le parti: da un lato la pretesa che la logica e i procedimenti della ricerca empirica debbano valere anche per la terapia processuale, dall’altro il permanere all’interno della logica scolastica propria della maggior parte degli istituti psicoterapeutici che porta alla convalida sistematica e circolare delle rispettive teorie. Occorrerà il superamento da una parte delle pretese egemoniche sul campo, dall’altra dell’attaccamento dogmatico alle teorie di scuola, strumenti di identificazione e di potere piuttosto che di conoscenza. Entrambi i superamenti sembrano attualmente abbastanza utopici. Tuttavia, lavorare per questa utopia serve almeno a non rassegnarsi a una realtà imbarazzante: il danno alla credibilità degli psicoterapeuti in quanto e IV Congresso S.E.P.I. Italia - www. sepi2010.com Firenze, Hotel Mediterraneo, 27-30 maggio 2010 Nel mese di maggio 2010 la S.E.P.I. (Society for the Exploration of Psychotherapy Integration), in collaborazione con la Scuola di Psicoterapia Comparata organizzerà a Firenze presso l’Hotel Mediterraneo il proprio XXVI Congresso Internazionale dal titolo One or many sciences for psychotherapy: what constitutes evidence? Questo congresso unifica il XXVI Congresso della S.E.P.I. internazionale e il IV Congresso della sezione italiana S.E.P.I. Il Congresso Internazionale S.E.P.I. dal 1984 e con cadenza annuale si svolge nelle principali città del mondo, con lo scopo di incoraggiare la comunicazione e il confronto sui differenti approcci in psicoterapia, anche tramite la comparazione sulla pratica clinica e la ricerca. L’edizione 2010 del Congresso vedrà la presenza di relatori di livello internazionale che garantiranno rigore e ricchezza scientifica agli interventi. Il convegno verterà sul tema di ciò che costituisce evidenza in psicoterapia. Molti sostengono energicamente l’idea che esiste una sola scienza psicoterapeutica per tutte le aree di indagine, mentre altri si oppongono a questa concezione a favore di una molteplicità di approcci scientifici. Nessuno discute, tuttavia, la necessità di basare la pratica clinica su qualche tipo di evidenza. Le questioni affrontate saranno: che cosa significa evidenza in psicoterapia? L’evidenza prodotta da esperimenti e misure è l’unica che meriti di essere detta scientifica, o la pratica clinica può generare un’evidenza di per sé altrettanto valida? Che cosa ha da dire sull’evidenza un approccio integrativo? Tra i relatori che hanno confermato la loro presenza: Gianfranco Basti, John Norcross, Michael Basseches, Tullio Carere-Comes, Franz Caspar, Maria Clotilde Gislon, Les Greenberg, Giovanni Liotti, Diego Napolitani, Hilde Rapp, Antonio Vasco Branco, Paul L. Wachtel. PROGRAMMA Il programma sarà così articolato: i lavori si apriranno giovedì 27 maggio con la sessione pomeridiana di workshop precongressuali. L’apertura ufficiale del Congresso sarà venerdì 28 maggio con il dibattito tra Tullio Carere-Comes e Paul Wachtel che inaugureranno la plenaria della mattina che vedrà come keynote speaker Gianfranco Basti. Nel pomeriggio sono previsti 6 workshop tematici paralleli. Sabato 29 maggio l’ospite d’onore della plenaria mattutina sarà John Norcross, nel pomeriggio ancora spazio all’esperenzialità. I lavori si chiuderanno domenica 30 maggio mattina. Il programma definitivo dell’evento sarà disponibile dopo la chiusura dei Call for papers prevista per il 15 dicembre 2009. LA S.E.P.I. La S.E.P.I. è l’associazione internazionale con sede negli Stati Uniti che raccoglie gli psicoterapeuti di orientamento integrato. E’ un’organizzazione interdisciplinare di professionisti il cui interesse riguarda gli approcci alla psicoterapia che non siano limitati ad un solo orientamento teorico. Per ulteriori informazioni, il programma del Congresso e l’elenco dei relatori visita www.sepi2010.com professionisti dell’elaborazione del conflitto prodotto dall’incapacità di affrontare in primo Organizzazione: luogo quello che tanto aspramente li oppone gli uni agli altri. Alcuni passaggi di questo articolo sono ripresi dal saggio Integrazione psicoterapeutica e paradigma intenzionale, in Quale scienza per la psicoterapia?, a cura di Tullio Carere-Comes, Atti del 3° Congresso nazionale della SEPI, Roma, 2008, Florence Art Edizioni, Firenze 2009. Le tematiche dell’articolo sono state ampiamente trattate nel 3° Congresso nazionale SEPI e saranno ulteriormente sviluppate nel 4°, dal tema One or many sciences for psychotherapy: what constitutes evidence?, che si terrà in congiunzione con il 26° Congresso internazionale SEPI a Firenze nel 2010. Con il Patrocinio di: XXVI Congresso S.E.P.I. Meeting Internazionale della Society for the Exploration of Psychotherapy Integration e IV Congresso S.E.P.I. Italia - Firenze, Hotel Mediterraneo, 27-30 maggio 2010 DOMANDA DI ISCRIZIONE da spedire a Associazione SPC - Via Leopardi 14 - 50121 Firenze - Fax 055.2477263 Nome e cognome ____________________________________________ Ente ___________________________ Indirizzo ______________________________________________________ N°__________ C.A.P. __________ Telefono __________/___________ Cell.__________/___________ C.F. _____________________________ P.IVA ___________________________________ email _____________________________________________ Professione □ Psicologo □ Medico □ Psicoterapeuta □ Altro_______________________________________ □ Iscrizione Congressoa (vedi tabella a destra) □ Workshop pre-congressob (27/05/10) □ Iscrizione SEPIc □ Cena socialed (29/05/10) € ___________ € ___________ € ___________ € ___________ Totale: € ___________ a L’iscrizione comprende: sedute plenarie (venerdì, sabato e domenica), workshop (venerdì e sabato), traduzione simultanea per le sedute plenarie, tre coffee-break, una copia degli Atti del II Congresso SEPI Italia b € 40 per un workshop a scelta tra quelli disponibili c € 22 quota studenti, € 45 quota professionisti. La quota include l’abbonamento alla rivista Journal of Psychotherapy Integration. d € 40 per persona. Alla cena parteciperanno anche relatori del Congresso Tariffe congresso 28/02/10 prima del 30/04/10 dopo il 01/05/10 prima del Professionisti Soci * altri 240 260 290 290 310 340 Studenti ** Soci * altri 190 210 240 240 260 290 * Soci SEPI, SPR, MOPI, SPC. E’ possibile iscriversi alla SEPI contestulamente all’iscrizione al Congresso ** laureandi in psicologia e medicina e iscritti ad una scuola di specializzazione in psicoterapia Hotel: Per pernottare contattare direttamente gli hotel convenzionati per l’evento. La lista è consultabile sul sito www.sepi2010.com Il sottoscritto dichiara: □ di avere diritto ad una riduzione della quota in quanto □ socio SEPI/SPR □ socio Mo.P.I. □ socio SPC □ studente □ di avere preso visione del programma così come pubblicato sul sito www.sepi2010.com □ di essere a conoscenza che, in caso di non partecipazione all’evento, la quota versata non verrà restituita □ di essere a conoscenza che il numero dei partecipanti all’evento è limitato e che le iscrizioni saranno accettate seguendo l’ordine cronologico di arrivo Pagamento: □ Bonifico Bancario intestato a Associazione S.P.C. - IBAN IT 13 B 03002 02822 000000785414 □ Vaglia Postale intestato a Associazione S.P.C. - Via Leopardi, 14 - 50121 Firenze □ Contanti presso la segreteria dell’Associazione S.P.C. □ Assegno di Conto Corrente Bancario non trasferibile □ Carta di credito □ VISA □ MasterCARD numero _______ _______ _______ _______ scad. (mm/aa) __ / __ Allegati alla presente: □ documentazione giustificante la richiesta di riduzione quota (attestazione socio, libretto universitario) □ Ricevuta di versamento quota di iscrizione Data ____/_____/________ Firma _____________________________________ Informiamo che ai fini del D. Lgs. 196/03 i dati richiesti saranno utilizzati per i fini istituzionali previsti dallo Statuto dell’Associazione Scuola di Psicoterapia Comparata e che gli interessati possono avvalersi di quanto previsto dagli artt. 7,8,9,10 del D.Lgs. 196/03 (diritti dell’interessato). Il sottoscritto autorizza espressamente Associazione Scuola di Psicoterapia Comparata al trattamento dei propri dati personali ai sensi del D.Lgs. 196/03 Data ____/_____/________ Firma _____________________________________ 06 Fedeltà infedele, velenosa salvezza Nell’elaborazione di un sogno, l’incontro con l’Ombra junghiana di Dino Perroni Il sogno: Di sera tardi, nel corso dell’ultima uscita per le strade periferiche e fiocamente illuminate dai lampioni di una città imprecisata, decisi di liberare Zug dal guinzaglio. A quell’ora il traffico automobilistico era già diradato, ed io confidavo che il cane sarebbe rimasto nelle vicinanze o che, eventualmente, al richiamo, sarebbe tornato indietro senza difficoltà. Ma non è andata così. Di fatto, una volta liberato dalla danda, Zug si è allontanato progressivamente e velocemente fino a sparire dal mio sguardo. Angustiato per la perdita, mi misi in cerca affannosa dell’animale, oltretutto temendo le reazioni della mia compagna allorché, rientrando a casa, avrei dovuto confessarle la sparizione. Ma, niente da fare: la sparizione sembrava definitiva! In quel rovello, fui attratto dalla presenza di un piccolo, tenero animale, evidentemente impaurito, che sembrava ripararsi sotto il ciglio del marciapiedi. Così, interruppi la ricerca di Zug e, sedendomi accanto a quella bestiola, la presi in grembo accarezzandola e coccolandola: come tante volte facevo con Zug. Si trattava di creatura di natura niente affatto definita: qualcosa di assimilabile ad un gattino, o ad un criceto, o forse ad una piccola iguana. Grossa la testa, piccolo il corpo: come di cucciolo, capace di ispirare, appunto, tanta tenerezza. E proprio mentre contemporaneamente mi interrogavo, tentando di individuare che tipo di animale fosse, la bestiola assestò un gratuito, imprevedibile morso potente al mio dito indice: tale che fui costretto a deporla nuovamente per la strada, e a riprendere prudenzialmente la via di casa. Giacchè il dito, lungo il tragitto, diveniva vieppiù dolente, decisi di passare da Mello, mio medico curante da oltre trent’anni, nella speranza che -a quell’ora ancora in ambulatorio- potesse prescrivermi un farmaco lenitivo. Fortunatamente lo trovai al lavoro, e pure disponibile ad ascoltare il mio problema. Fattosi evidentemente un’idea infausta sulle possibili conseguenze di quanto da me raccontato, mi prescrisse l’assunzione immediata di un paio di compresse che -salvifiche, ma insieme altamente tossiche anche se soltanto toccateavrebbero dovuto essere ritirate in un luogo da lui indicato e deposte, prima dell’ingestione, ciascuna su un piattino dorato: che, di slancio, volle provvedermi. Mi allontanai, pertanto, alla volta del luogo indicato, nel quale avrei potuto ottenere il farmaco salvifico -come e da chi, però, non sapevo. Raggiunsi, così, un quartiere malfamato di quella città, forse l’angiporto: una specie di ‘casbah’-roccaforte pullulante di individui loschi e sorvegliata -agli ingressi- da giovani luogotenenti mafiosi, spavaldi, provocatòri e manifestamente minacciosi nei confronti di me intruso. Spiegai loro i motivi della mia ricerca e, non senza qualche derisione, consentirono il mio accesso, additandomi nel contempo la friggitoria dove, sul retro, avrei trovato la donna che mi avrebbe consegnato le agognate compresse. L’operazione andò a buon fine, quella sera. Ma, timoroso ed emozionato di ritrovarmi all’interno di un simile feudo malavitoso, presi le compresse tra le dita e mi allontanai il più rapidamente possibile da quel luogo: contaminandomi, altresì, e dimenticando i preziosi piattini nelle mani della dispensiera. Della contaminazione e della colpevole dimenticanza (colpevole nei riguardi di Mello, soprattutto) me ne accorsi per via. Risolvendomi, così, a tornare sui miei passi ed a ripercorrere il periglioso itinerario di un nuovo accesso alla ‘casbah’: vòlto, finalmente, al recupero dei piattini preziosi... Dal sogno: La Palermo che, sul mare, mi venne incontro più di quarantacinque anni fa, in un’alba frizzante e rosata, fu per me città di enormi contraddizioni e, al tempo stesso, di felici scoperte. Vi frequentai il ginnasio, in una scuola altoborghese dei quartieri bene, contigui, peraltro, al vecchio, malfamato porto ed a quelle strade di periferia -ancora un po’ desolate e, a sera, scarsamente illuminate- sulle quali cominciava ad affacciarsi lo skyline del primo boom edilizio. In quel tempo, il comportamento trattenuto della mia famiglia, potè finalmente uscire da una morigeratezza cui l’aveva necessariamente confinata la posizione impiegatizia dell’unico provider: ed aprirsi finanche a quella sorta di sensuale mondanità che da sempre, altrimenti, fioriva ogni sera, nei parchi delle ville eleganti di Mondello. Addivenuto all’alta dirigenza, mio padre era stato nominato responsabile regionale di un importante ente assicurativo nazionale. Di quegli anni, fu anche l’esplosione della mia socialità: tra ragazze che maliziosamente mi chiedevano se fossi ‘ingrizzato’, se avessi già fidanzata cioè, e compagni ansiosi di fare amicizia ed orgogliosi di sedere accanto, in classe, a chi apparteneva ‘adda civiltà d’o contenente’. Eppure, al calare della luce del giorno ed ultimati i compiti scolastici, quasi quotidiano, sentivo imperante -nonostante le prudenziali diffide dei miei- il desiderio di sperdermi per gli infìdi vicoli del porto, maleodoranti, fatiscenti ma promettenti improbabili incontri sessuali fino a quel tempo solo fantasticati. Le prostitute del porto dovevano sembrarmi, allora, più seducenti delle sirene. Alternativamente, sempre a sera, desideravo anche esplorare quella ragnatela di strade appena tracciate, forse ancora nemmeno asfaltate, ospitanti l’avanguardia di quei palazzoni in cui pro- babilmente si specchiava l’idea di un adolescenziale futuro insostenibile. Zug, pure al guinzaglio, si muoveva lì: tra quelle strade di brumosa periferia e quell’umida povertà portuale e malandrina, contigue, entrambe, agli affacci mozzafiato sull’intera Conca d’Oro, goduti dalle enormi vetrages dell’attico residenziale in cui abitavo. Zug, però, appartiene all’oggi: non all’allora. E’ un cane bianco-pezzato di piccola taglia, un bastardino sottratto ad un più bastardo, pure accogliente, canile municipale. Amo Zug più di tante altre cose e persone pur care: lo amo quando mi si avvicina chiedendo coccole; quando muto e sdraiato sorveglia sornione la mia presenza; quando, prima di accucciarsi, viene a regalarmi ed a chiedere il bacio della buonanotte. Amo Zug, peraltro, anche quando abbaia protervo, disturbando le sedute con i pazienti; quando, in procinto di defecare, compie sul marciapiedi quei movimenti delicati vòlti a difendere una privacy improbabile eppure irrinunciabile; quando ringhia minaccioso al padrone che lo vuole stanare, o quando impuntandosi caparbiamente pretende da chi l’accompagna il massimo rispetto alla propria istintualità. Amo Zug senza riserve. E sono certo, oggi, che lo amerei comunque: anche sguinzagliato; anche a rischio di violata obbedienza. Forse non a rischio della sua stessa vita, però: ha ancora troppo da insegnarmi sulla fedeltà vera e più alta, quella improntata alla dignità; quella, venata di istinto, che non può compromettersi con le blandizie di un padrone possessivo; quella che irrita e contraddice, rendendomi alfine più consapevole. A Palermo ho avuto contatti reali con la mafia. La mafia, verosimilmente, non era quella di adesso: droga, armi, palazzinari probabilmente non facevano ancora gola ai suoi appetiti, o almeno così oggi mi pare. Aveva, per me, il fascino di un’istituzione nei secoli fedele: ispirata da una fatale legge di onore e di sangue vendicati. Allora, la mafia l’ho conosciuta non soltato perché l’autista di scorta armata a mio padre era ‘uomo de panza’, e, come tale, in grado di fare ricomparire magicamente qualsivoglia oggetto delinquenzialmente sottratto a chiunque in precedenza (ivi compresa, a mio padre, la stessa auto di rappresentanza dell’ente). L’ho conosciuta, anche e soprattutto perché quell’uomo amabilmente corpulento, taciturno ed armato, avendomi preso a benvolere, mi ha più volte sollecitato a partecipare ad antelucane ed ‘affiliate’ battute di caccia alla lepre. Quest’ultime si svolgevano lungo i pendii di Monte Pellegrino o tra le voragini profilate da fichi d’India del sopramonte a Bocca di Falco: in compagnia fidata ed esclusivamente maschile, ma in assoluta segretezza ‘di Famiglia’. Rudi ma delicati nei movimenti, quei cacciatori convenivano poco prima dell’alba nel luogo stabilito: ciascuno con la sua gabbia per mano, coperta da uno straccio. Oltre ad insegnarmi i rudimenti del puntamento e del tiro, uomini dalle fedine spesso insanguinate erano così gentili da consentire che io sparassi a bersagli inanimati, nel rispetto del mio orrore congenito per l’uccisione di chicchessia, foss’anche una lepre. Certo, dicevano di me che ‘…manco masculo parìa’, concedendomi, peraltro il privilegio di 07 sollevare, curioso (e la curiosità, si sa, ‘fìmmena è’), gli stracci sovrapposti alle loro gabbie. Ogni gabbia conteneva un furetto, delizioso, impulsivo ed enigmatico animaletto che accostai per la prima volta in quelle occasioni -un mix indefinito di scoiattolo, castoro e chissà altro, dal guizzo repentino e dagli incisivi molto aguzzi. Alla gabbia non avrei dovuto avvicinarmi più di tanto, continuavano ad avvertirmi. Caratteristica del furetto, infatti, è la stretta micidiale dei denti affilati e perforanti, di ancestrale derivazione, e tanto imprevedibile quanto gratuita: la lepre ne è terrorizzata, così che, non appena il roditore viene liberato all’ingresso della tana individuata, essa fugge immediatatamente all’esterno, divenendo -in forza di simile pratica tanto cattiva e vigliacca- definitiva preda da schioppo. Fortunatamente nel mio caso, l’addentato dito trova in Mello dei giorni nostri un pronto soccorso. Mello è un cognome che, nell’uso e nei contatti personali di questi lustri, ho sempre preferito al nome: più sbiadito e meno evocativo di auspicata ‘materna’ protezione. Un cognome che, per di più, ben si adatta al consonante termine di ‘mellone’ (significante palermitano di anguria, e di individuo innocuo e vanesio: coriaceo all’esterno; dolce all’interno ma di scarsa sostanza). Credo non abbia mai esibito -Mello- il possesso di auto che non fosse almeno Mercedes; o non abbia mai vantato vacanza lontano da fondali esotici e da pesca d’altura; nè mai indossato abito che non fosse doppiopetto griffato: un po’ spocchioso nell’atteggiarsi e nell’eloquio -a Palermo si sarebbe detto ‘vistuto de cazzuotto’. Per contro, del suo buon ‘occhio clinico’ ho avuto prova più volte, negli anni della nostra conoscenza: così come della sua generosa disponibilità. Mello per me c’è sempre: pure a tarda sera, come si vede anche nel sogno. Ma non è un amico; Mello è medico amico, non il mio amico medico. Così come il potere salvifico del farmaco da lui prescritto non gode di rasserenante connotato protettivo. Ben altrimenti: esso è inquietante, addirittura potenzialmente contaminante, pericolosissimo. E lo si trova nel retrobottega di un’approssimata friggitoria da Oro di Napoli -come tante ve ne sono al sud- dove zeppole gustose e dolci emergono bollenti da padelloni di olii indefiniti, talvolta impropri. Come già la testa del Battista, servita a Salomè sull’iconografico vassoio cesellato, anche le compresse della salvezza necessitano di piatti preziosi per stagliarvisi sopra, per esserne delicatamente contenute. Forse in una promessa di Trasformazione, gligenza; in quelle del desiderio trasgressivo; nell’esistenza e nella frequentazione di un tessuto umano/ambientale promiscuo e socialmente ai limiti, o già compromesso. Sofferenza e dolore hanno le immagini e le sensazioni di un immotivato, penoso insulto fisico, oltre che uno sfondo di angoscia panica da contagio imminente. E la morte è lì, a fare da perimetro e da ultimo orizzonte a quel témenos che è luogo/tempo della cura. ‘Cura’, dico, e non ‘guarigione’: quest’ultima non è contemplata dalla Trasformazione, ed è tutt’altra cosa. Naturalmente, la centralità del male (e della sua esperienza) -riproposta a chi, di formazione junghiana, si occupa di psicopatologia- ancorché limitata al lavoro su un sogno, rimane necessariamente monca se non può (e qui non lo può) confrontarsi con il contributo plurisecolare, o millenario, di testi filosofici, letterari e religiosi (3). Ma, al di là di tale considerazione, un’elaborazione pur approssimativa di questo sogno non può eludere almeno il cenno all’ulteriore, enigmatica suggestione, attiva lungo l’intero suo sviluppo: quella della duplicità. Così: biennale è il periodo al quale il sogno riferisce; due (e diverse -angiporto e periferia-) sono le realtà urbana, sociale e psicologica a cui il testo rinvia; due, gli acuminati denti del morso; reiterato, il viaggio negli inferi della malavita; due, i preziosi piattini con tenitori; due, soprattutto, le compresse della salvezza. Ed uno, il dito dolente: l’indice, appunto (4). In prima istanza, una simile suggestione sembrerebbe incline a rappresentare la concezione junghiana di dinamismo tensivo fra gli opposti -principio compensatorio significante dell’intera vita psichica (5), (6). Ulteriormente (e non per forza alternativamente), peraltro, essa potrebbe qui alludere al pluricaratterizzato ‘DNA culturale’ di chi sogna. Basti pensare alla severa ascendenza matrilineare ebraico/norditalica e a quella patrilineare pervasa di cristianesimo siciliano dai tanti riti ed atteggiamenti paganeggianti (7). O addirittura -perché no ?- emblematizzare due differenti personali ‘itinerari analitici’ a sussunzione della opportunità di un discorrerne integrato …. Concludendo, infine: se la evocata decapitazione del Battista potesse condensare, in metafora, opposte pulsioni quali l’odio e l’amore (in Salomè), non mi sentirei di escludere neppure che la ‘scandalosa’ provocazione, di cui al testo ed al contesto del sogno, potesse anche additare un orizzonte a coincidenza tensiva di speranza e salvezza (8). dalle radici nella ‘Vuccirìa’. Sul sogno: Scrive, Paul Ricoeur, che “Quel che rende tale l’enigma del male è il nostro collocare sotto il medesimo termine, almeno nella tradizione dell’Occidente giudeo-cristiano, fenomeni così disparati come il peccato, la sofferenza e la morte ” (1). In questa prospettiva, si potrebbe affermare che il sogno -in sé e nell’amplificazione seguita- rinvia all’enigma del male, adombrando -è forse il caso di dirlo ! (2)- l’ipotesi di un’escatologia psicologicamente trasformativa. Peccato e colpa vi sono presenti nelle vesti della ne- Note: (1) P. Ricoeur: Il male, una sfida alla filosofia e alla teologia , Morcelliana, Brescia 1993 (2) L’intera trama del sogno -così come parte delle immagini di cui alla successiva elaborazione- si staglia sullo sfondo di tenebre scarsamente illuminate, caratteristiche di una notte mediterranea. L’atmosfera indotta dalla scena sembrerebbe, pertanto, essere particolarmente versata a rappresentare la nozione junghiana di ‘Ombra’, così centrale nella pratica della psicologia analitica. Per una disamina generale e critica del concetto, rimando a: - M. Trevi e A. Romano: Studi sull’ombra, Marsilio, Venezia 1975 - A. Carotenuto: Senso e contenuto della psicologia analitica, Boringhieri, Torino 1977 - E. Caramazza: L’Ombra, in A. Carotenuto (diretto da): Trattato di Psicologia Analitica , II, UTET, Torino 1992 - la voce ‘Ombra’ in P.F. Pieri: Dizionario junghiano , Bollati Boringhieri, Torino 1998 - C.G. Jung: Sui sentimenti e sull’ombra -a domanda risponde , Ma.Gi., Roma 2001. - C.G. Jung: Psicologia e Religione (1938), Vol. 11, Boringhieri, Torino 1979, in cui l’Autore scrive: “Disgraziatamente è fuori dubbio che l’uomo preso nel suo insieme è meno buono di quanto egli stesso immagini o desideri di essere. Ognuno di noi è seguito da un’ombra, e meno questa è incorporata nelle vita conscia dell’individuo, tanto più è nera e densa. Se un’inferiorità è conscia si ha sempre la possibilità di correggerla (….) Ma se è rimossa e isolata dalla coscienza essa non viene mai corretta. Sussiste allora inoltre il pericolo che in un momento di disattenzione essa erompa improvvisamente.”; ed ancora: “ …la repressione della ombra è un rimedio tanto meschino quanto la decapitazione contro il mal di testa. Distruggere la moralità di un uomo non giova neppure poiché si ucciderebbe così la sua essenza migliore,senza la quale nemmeno l’ombra ha un senso. La riconciliazione di questi opposti è un problema di altissima importanza che ha affaticato alcuni spiriti fin dall’antichità.”; ed infine: “….L’ombra rappresenta solo qualcosa di inferiore, primitivo, inadatto e goffo e non è male in senso assoluto. Essa comprende tra l’altro delle qualità inferiori, infantili e primitive, che in un certo senso renderebbero l’esistenza umana più vivace e più bella; ma urtano contro regole consacrate dalla tradizione”. (3) Lo ricorda P.F. Pieri nell’Introduzione all’antologia Il male , R. Cortina, Milano 2000 (4) L’indice è dito che indica, e che -anche nella plurisecolare tradizione iconografica- esprime giudizio, quello stesso giudizio che in qualche modo può essere in rapporto anche con i ‘denti’ (cfr. i ‘denti del giudizio’; l’‘occhio per occhio, dente per dente’; etc.): e che perciò i-dentifica, quindi divide, separa. Ma che anche, come i denti nella funzione masticatoria, rende prospetticamente assimilabile l’alterità: ovvero unifica all’orizzonte ciò che, per definizione, è diviso (cfr. l’indice di Dio additare in Adamo la Sua creatura, nel celebre affresco michelangiolesco della Cappella Sistina). (5) Cfr. C.G. Jung: Tipi psicologici (1921), Vol. 6, Boringhieri, Torino 1969 (6) Cfr. la voce ‘Opposti’ in P.F. Pieri: Dizionario junghiano, Bollati Boringhieri, Torino 1998 (7) Nelle assai controverse pagine del volume 7 della rivista Zentralblatt fur Psychotherapie , citate da E. Harms in A. Maidenbaum e S.A. Martin: Wotan e Mosè , Vivarium editore, Milano 1997, C.G. Jung scrive, tra l’altro: “L’ebreo, quale appartenente a una razza che dispone di una civiltà di circa tremila anni, possiede, come il cinese colto, un più ampio spettro di consapevolezza psichica rispetto a noi. Di conseguenza, per l’ebreo in generale è anche meno pericoloso dare una valutazione negativa del proprio inconscio.”. E ancora (ibid.): “L’inconscio ariano dispone di un potenziale più elevato di quello ebraico, il che costituisce al tempo stesso il vantaggio e lo svantaggio di una giovane età che non si è ancora distaccata dall’elemento barbarico.” (8) Per un significativo approccio ebraico al tema del rapporto speranza/salvezza (particolarmente nel dopoAuschwitz), cfr. il pensiero filosofico di E. Lévinas e/o l’opera letteraria e teatrale di E. Wiesel; per un esaustivo ed autorevole approccio teologico-cattolico allo stesso tema, cfr. Benedetto XVI, Enciclica ‘Spe Salvi’ , Libreria Editrice Vaticana 2007. 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