on stage di Evita Douglas Cole LA PRODUZIONE DI BILL KENWRIGHT Dopo Mamma Mia! l’anno scorso e Cats due anni fa, anche quest’anno Ravenna Festival ha presentato un musical di serie A. 66 novembre/dicembre 2010 - n.86 N el campo dei musical, i cognomi vanno in coppia. Anche se non hanno collaborato con la costanza di Gilbert & Sullivan o di Rodgers & Hammerstein, la collaborazione tra Webber & Rice ha prodotto cinque musical, tra i quali tre delle più conosciute opere del genere: Joseph and the Amazing Technicolor Dreamcoat, Jesus Christ Superstar e Evita. Alcune cose non si possono spiegare, ed una gran parte di queste cose esiste nel mondo della politica e dell’intrattenimento (che si sono ormai fusi in un’unica amalgama). Nella letteratura e nel cinema, è noto il concetto della necessaria “sospensione dell’incredulità” che il pubblico si deve autoimporre per potersi lasciar intrattenere. Il musical è probabilmente il genere dello show business che più spesso attraversa il confine del surreale per quanto riguarda i temi trattati, e spesso richiede al pubblico una megadose di sospensione dell’incredulità anche prima dell’acquisto del biglietto. Erano gli anni Settanta, il decennio in cui la cultura occidentale, in particolare quella anglo-americana, aveva adottato l’autoironia involontaria come caratteristica distintiva. Prima del grande e finale ritorno all’ombra seriosa gettata dallo Zio Ronnie e dalla Lady di ferro negli anni Ottanta, fu presidente degli Stati Uniti un ingegnere nucleare con un accento iper-meridionale che gli impediva la corretta pronuncia della parola “nuclear”, mentre nel Regno Unito un governo Labour riuscì a far perdere all’Impero Britannico una “guerra” navale contro l’incomparabile potere marittimo dell’Islanda. Si cucivano camicie di nylon, e si era convinti che i pantaloni a zampa d’elefante o i completi celeste con i risvolti estesi come l’apertura alare di un 747 coordinati con scarpe bianche e lustrate fossero abbigliamento accettabile. Insomma, fu un decennio con delle idee un po’ bizzarre, durante il quale la cultura continuò per anni a porsi la domanda “Perché no?” a qualsiasi proposito. A questa domanda, la cultura occidentale ricevette la risposta dagli anni Ottanta, e fu un chiaro e forte “Te lo dico IO perché no”. Venne ovviamente il ritorno alla seriosità, ai nazionalismi, all’orgogliosa avidità e al materialismo del decennio successivo, che riprogrammò il pubblico a disprezzare ogni aspetto della liberale epoca precedente e che lo rimise sul giusto percorso produttivo per rilanciare l’economia globale. Ciononostante, nel mondo del teatro in particolare, sopravvive anche oggi il concetto innegabilmente dimostrato negli anni Settanta che alcuni spettacoli, sulla carta bagni di sangue garantiti, possano, in pratica, diventare leggendari. Io sospetto che questo concetto riuscì a sopravvivere agli anni Ottanta e Novanta solamente perché un musical che diventa leggendario, nonostante qualsiasi assurdità, riesce a generare un’enorme quantità di quattrini. Ogni volta che vedo un musical, cerco di immaginare quella prima riunione in cui i creativi fanno il “pitch” (la presentazione) del concetto dello show ad un gruppo di investitori per finanziare la produzione. Se mi figuro lo scenario della presentazione di Mamma Mia! mi diverto molto, ma le risate che mi prendono quando mi immagino nel ruolo del potenziale investitore di fronte ad un compositore che mi propone Sweeney Todd sono quasi da iperventilazione... però, anche Evita non scherza. Evita seguì lo stesso percorso della precedente opera firmata Webber-Rice, Jesus Christ Superstar, e nacque nel 1976 come un progetto discografico: un “concept album” di un’opera contenente musica che spaziava dalla classica, al latino al rock, basato sulla vita esageratamente romanticizzata di una figura socio-politica dell’America Latina, che tra l’altro fu la moglie di un leader spesso accusato dagli storici di essere fascista... una cosa che oggi immagino non sarebbe in cima alle priorità di budget di una casa discografica anglosassone. Dopo due anni, è maturato il progetto di portare questo progetto sul palco. Molto rassicurante per gli investitori, soprattutto per quelli della produzione newyorkese, sarà stata l’insistenza della regia che il narratore Che, una specie di corifeo nel libretto, sia il ritratto di Che Guevara. Per chi non lo ricordasse, all’epoca si doveva firmare una dichiarazione in cui si affermava di non aver mai fatto parte del partito comunista solo per attraversare il confine statunitense. Ma, per quanto assolutamente improbabile, questo show divenne una hit su entrambi i lati dell’Atlantico, e poi su ogni continente a parte l’Antartide. Portato in scena per la prima volta nel West End nel 1978 al Prince Edward Theatre, con la regia di Harold Prince, fece 2900 repliche, chiudendo dopo quasi otto anni. La produzione originale a Broadway, partita l’anno successivo, fece 1567 repliche in quattro anni. Tra la marea di riconoscimenti vinti da queste prime produzioni, il lavoro del lighting designer David Hersey su quest’ultima vinse il Los Angeles Drama Critics’ Circle Award per il miglior disegno luci nel 1979, seguito dal Tony Award del 1980 nella stessa categoria. Da allora, Evita ricomparve in diverse produzioni teatrali stabili e in tour, ed ebbe l’onore di una produzione cinematografica nel ‘96, con Madonna nel ruolo di Evita Peròn ed Antonio Banderas nel ruolo di Che, che in questa produzione aveva perso tutta la www.soundlite.it 67 on stage 1 2 3 4 somiglianza con Guevara. Probabilmente questo riadattamento del ruolo venne effettuato meno per motivi politici che per evitare che il pubblico tipico di un film con Madonna e Banderas rimanesse confuso, riconoscendo Guevara solo come “quel tizio sulle magliette dei Rage Against the Machine”. Attualmente in tournée nel Regno Unito ed in Europa è una produzione di Bill Kenwright, con regia condivisa tra Kenwright e Bob Tomson. Nel giugno di quest’anno ha fatto tre tappe in Italia, in venue completamente diverse tra loro: sei date al Teatro Politeama Rossetti a Trieste, cinque date nel Giardino di Boboli a Firenze e cinque date al PalaFiera di Forlì. Qui l’abbiamo intercettata noi, nel nostro pellegrinaggio annuale al musical di spicco del Ravenna Festival. Arriviamo al PalaFiera al mattino della seconda data a Forlì; ci accoglie la carinissima Ilenia Carli, tour manager per l’agenzia Live Arts. Ci accompagna nella sala a vedere l’allestimento. La scenografia colpisce subito come semplice ed elegante. Comprende tre portali che dividono il palco in tre “strati”, dal boccascena fino al fondale. I portali sono progressivamente più piccoli verso il basso, fornendo l’efficace illusione di più profondità di quella reale. Per tutta l’ampiezza del fondale, invece, si estende un porticato con archi e colonne, con una doppia scala verso un balcone alto due metri. Altri balconi piccoli entrano dai lati fuori scena, e due ulteriori archi con colonne portanti sono montati su binari in modo da poter essere portati dentro e fuori dalla scena. 1: Andrew Fugle, “sound 2”. 2: David Beckham, “sound 1”. 3: Daniel Samson, responsabile dell’audio per la produzione. 4: Chris Cunningham, responsabile per il lighting, nonché programmatore dello spettacolo. 5: Da sx: I tour manager Paolo Cantù e Ilenia Carli, e Matteo Matteoli, responsabile tecnico per la produzione italiana. 68 novembre/dicembre 2010 - n.86 5 La produzione Ci raggiungono davanti il palco i suoi colleghi Matteo Matteoli e Paolo Cantù. Ilenia ci nega il piacere di un’intervista, e lascia ai due maschietti il compito di spiegarci i dettagli della produzione. Cominciamo con Matteo, che funge da tramite per la parte tecnica tra la produzione inglese e la location. Che tipo di lavoro hai svolto per questa produzione? Inizialmente sono stato a Londra a vedere lo spettacolo e l’allestimento per capire se fosse davvero fattibile trasportare il tour in Italia, pensando in anticipo anche a cosa sarebbe servito qui per ospitare lo spettacolo. Come puoi vedere, è una produzione pensata per un tour in teatri classici, con graticci ecc. In Italia, invece, in due location su tre abbiamo dovuto fare con un tetto Layher. Bisognava trovare, insomma, il modo di adattare l’allestimento ad ogni location. Che problematiche hai dovuto affrontare? A Trieste è stato tranquillo, infatti questo spettacolo è facilmente allestibile in teatro. A Firenze abbiamo avuto la “problematica” della pioggia... abbiamo dovuto annullare due spettacoli su cinque. Era comunque già piuttosto complesso portare tutto questo nel Giardino di Boboli. E nel Palasport? Qui si lavora molto bene. L’unica sfida è stata trovare abbastanza alluminio per poter ricreare il graticcio. Parliamo di un’area di 20 metri per 14, con 44 motori. Loro non girano con nessuna struttura, neanche i truss, così la maggior parte del lavoro sta nell’assicurare una struttura corretta quando arrivano. Paolo, tu di cosa ti occupi? Io sono il tour manager. Siamo in due, c’è anche Ilenia Carli. Siamo i referenti per Live Arts, l’agenzia che ha fatto da tramite per l’organizzazione della tournée. Ci occupiamo delle questioni che riguardono il cast ed i tecnici, della logistica dei trasferimenti e poi della gestione del personale locale, carico-scarico, ecc. Come vi dividete il lavoro? Nelle tournée con le compagnie c’è sempre una persona che cura tutta la parte tecnica, Matteo in questo caso, ed un’altra, qui Ilenia, che si occupa totalmente del cast. Io invece mi occupo dei tecnici e dei loro movimenti. Gestisco i sei bilici e mi occupo dei contatti sul posto con la manodopera locale. La squadra inglese, come organizza i lavori? Questa produzione non ha la crew divisa, come nel musical Cats, in due distinte squadre per montaggio e smontaggio, separate da quelle che rimanevano in tour. Qui abbiamo solo il capo della squadra audio, Daniel, che arriva per mettere a posto ogni location e poi torna in Inghilterra. Altri giri di questo genere li abbiamo avuti solo nel caso particolare di Firenze. In quanti sono dall’inghilterra? In totale sono in 54, tra cast, tecnici, ecc. Piu’ colore. Piu’ luce. L’arcobaleno é molto di piú del Rosso, Verde e Blu (RGB). La serie a LED Selador dell’ETC fornisce tutto il resto dello spettro – colori sorprendenti e un bianco sfavillante. Luce per il palcoscenico, lo studio TV e per l’uso architetturale. Scopri l’arcobaleno di differenze che offre il sistema a 7 colori. Contatta il rivenditore ETC piu’ vicino a te per capire quanto puó essere splendida la luce dei LED. L’audio Finita la nostra chiacchierata con Matteo e Paolo, ci presentano la squadra audio della produzione inglese: Daniel Samson, responsabile dell’audio per la produzione, David Beckham (sì, proprio lui), “sound 1”, e Andrew Fugle, “sound 2”. Daniel comincia subito con un po’ di informazioni sul progetto: “Il sound designer, Ben Harrison, è abituato a progettare questo tipo di tour, ma non con questi parametri. London, UK Tel +44 (0)20 8896 1000 ■ Rome, IT Tel +39 (06) 32 111 683 ■ Holzkirchen, DE Tel +49 (80 24) 47 00-0 ■ www.etcconnect.com on stage La scelta del PA era molto difficile perché serviva qualcosa che potesse essere abbastanza trasparente e dettagliato nei posti più intimi e che potesse avere anche impatto e gittata negli spazi più grandi. “Abbiamo 32 d&b Q1 ed otto d&b Q7 come PA principale, tutto fornito da Orbital Sound – continua Daniel – più quattro B2 e sei QSub. Poi abbiamo otto E8 ed un paio di E12 per i fill, sempre d&b. Gli array principali sono formati da undici Q1 per lato, poi quattro al centro, ed usiamo tre Q7 per lato e due centrali in alto per i delay. L’amplificazione è tutta con finali d&b D12 e D6. Questo rende molto facile per noi riconfigurare il PA, ci toglie la preoccupazione di non poter mettere certi diffusori in certe posizioni, perché possiamo semplicemente mandare i patch dove vogliamo e configurare gli ampli per il ruolo che devono svolgere. Usiamo ArrayCalc per configurare gli array, che ovviamente non include i fill e cose del genere, e poi misuriamo e sistemiamo da lì. È molto difficile avere i disegni dettagliati delle venue, e di solito arrivi sul posto e trovi quasi sempre delle sorprese. Con i teatri è molto difficile prevedere i livelli anche dai disegni... per risolvere questo portiamo dietro un sacco di E0 per aggiungere dei delay quando è necessario. Qui abbiamo un truss di delay – con degli hang piccoli ed un paio di center – e questo aiuta, perché quando facciamo i palasport la regia è posizionata dietro i delay. “Sono rimasto impressionato molto positivamente – conclude Daniel – da quanto è versatile il d&b Q. Portiamo in giro i Q7, per poter mettere in piedi anche un sistema da proscenio, dove fisicamente non riusciremo ad appendere dei line array, per motivi di linee di vista o di pesi”. Avete un modo in particolare per far localizzare le voci e per accentuarle nell’impianto? Usiamo i soliti trucchi da teatro: impostiamo un punto zero centrato più o meno a centro palco, ed allineiamo a quello i frontfill ed i Q7 lungo il muro. Con un sistema di queste dimensioni può essere anche molto complicato. L’energia comunque arriva dagli array principali, ma i fill sono essenziali per creare le immagini delle voci e dell’orchestra. Il tuo lavoro in particolare in cosa consiste? Il mio lavoro consiste nel provare ad applicare il design di Ben ad ogni venue. È una sfida non indifferente, visto la differenza tra un posto e l’altro. Quanto tempo serve per l’allestimento? Di solito arriviamo il lunedì mattina e siamo pronti all’ora di pranzo del martedì. Poi la Domenica c’è l’out, e si ricomincia lunedì. Cerchiamo di avere il sistema completamente in funzione per la sera di lunedì, così abbiamo un paio d’ore la mattina di martedì per equalizzarlo. Io rimango fino alla fine del primo spettacolo, poi ritorno per l’out ed accompagno il sistema alla venue successiva per l’in. La squadra audio che lavora durante lo spettacolo chi è? Audio 1 ed Audio 2. David lavora al FoH e Andy sta dietro l’orchestra, fa il microfonista per gli interpreti, segue i com e i cue, ma il compito più pesante del suo lavoro consiste nel seguire i 32 canali radio. Andy fa un paio di spettacoli alla settimana al FoH, anche per mantenere due operativi. Ci spostiamo nella zona di fianco al palco, nella tana di “Audio 2”. Daniel ci spiega: “La squadra audio è responsabile per intercom, cue e CCTV. Abbiamo una struttura di snake multicore, con dei breakout box che mandiamo su ai livelli alti così che possiamo farli scendere sui truss dove ci sono i nostri monitor ed i cue light per il palco. Abbiamo un rack DSM, dove abbiamo il CCTV. Nelle venue dove riusciamo a mettere tutte le telecamere abbiamo diverse visualizzazioni; qua, invece, di CCTV abbiamo solo il setup di base: palco in bianco e nero, all’infrarosso e a colori, ed una linea del MD (direttore musicale - ndr). C’è anche una telecamera motorizzata (pan, tilt e zoom) per poter dare allo show caller delle inquadrature molto specifiche. “Ci sono quattro canali principali di com – continua Daniel – ed abbiamo una matrice così che possiamo sistemare un paio di linee private o un program feed per quando i seguipersona sono dietro un muro di vetro. Le comunicazioni radio avvengono tramite gli HME per la zona del palco e dei normalissimi Motorola per le distanze più elevate. Tutto il sistema intercom è alimentato tramite UPS. Sembra banale, ma... ad Atene c’è stato un blackout, e le luci d’emergenza della venue non si sono attivate: almeno siamo riusciti a comunicare, anche solo per dire ‘tutti fermi dove siete’”. Visto che siamo nella zona di solito occupata da Andy, gli facciamo qualche domanda sul sistema radiomicrofonico. 70 novembre/dicembre 2010 - n.86 Passando ai radiomicrofoni... quanti canali state usando? 32 canali di ricevitori Sennheiser EM 3532, tutti in rete tramite il router Net1 e gestiti dal software WSM. Usiamo trasmettitori bodypack SK 5012 con capsule DPA 4061 sulla fronte o sulla guancia degli attori. Abbiamo due unità di distribuzione d’antenna con quattro coppie di antenne, per le due diverse bande di frequenza che usiamo. La parte “sotto” va dal canale 59 al 64, mentre la parte “sopra” copre più o meno i canali da 66 a 69. Come ti trovi con la situazione dello spettro a radiofrequenza in italia? In Italia è stato un grosso problema: in confronto ad altri paesi, anche se la banda disponibile qui in Italia è abbastanza larga ci sono grosse fette mangiate dalla TV digitale. In tutte le location italiane ho avuto almeno due canali TV (16 MHz della mia banda totale) murati dalla TV digitale. Siamo al punto che qui non ho una singola frequenza di backup... ed alcuni trasmettitori ho dovuto assegnarli ad interpreti specifici che non vanno in certi punti del palco. Se non avessi a disposizione il software WSM, o un attrezzo simile, gli spettacoli qui o a Firenze non sarebbero stati possibili. Quanti microfoni avete sul palco contemporaneamente durante lo spettacolo? Ci sono parecchie scene in cui tutti i radiomicrofoni sono in uso contemporaneamente. Usiamo 28 canali durante lo show, ma in realtà sono 23, con ricevitori e trasmettitori ridondanti sui cinque interpreti principali. Ci spostiamo dietro il palco, completamente fuori della sala, dove viene nascosta l’orchestra. Qui, David ci dà qualche informazione sulla gestione della musica dal vivo: “Durante il resto di questa tournée – ci spiega – l’orchestra è stata quasi sempre nella buca davanti al palco, ma nelle ultime due venue siamo stati in remoto. Nel Giardino di Boboli l’orchestra era sotto una tenda, in un campo a circa 50 metri di distanza dal retropalco. Nonostante la tecnologia, è molto difficile per i musicisti stare isolati in un luogo distante dal palco. Qui a Forlì c’è una situazione abbastanza buona, anche se ancora da remoto. C’è comunque una certa energia che arriva fino a qui dietro ed i musicisti riescono a sentirsi parte dello spettacolo. “Dalla band – continua – ci sono 24 canali solo di tastiere, che vengono premixati con uno Yamaha DM1000 da cui esce una coppia stereo per il PM1D. Il PM1 riceve in tutto circa 40 canali: 14 di percussioni, 12 per la batteria, lo stereo per le tastiere, tre chitarre, basso...” Come rimandi i mix alla band? Io ricevo tutto dalla band, creo dei mix per ogni sezione e li mando dal PM1D al sistema Aviom che usano per il loro monitoraggio, così che possono mixare sé stessi. Abbiamo voci, ottoni, percussioni, batteria, tastiere... Siamo partiti con una sezione di fiati e a metà tournée l’abbiamo sostituita con una sezione di archi... la produzione ha deciso che era più adatta e che aveva un’immagine migliore nella buca dell’orchestra. Così l’Aviom 16 è praticamente pieno... Sì, è pieno... Bisogna dire che al direttore musicale devono tornare anche le voci ed altre cose. Dalla prossima data aggiungeremo anche una sezione di archi. C’è monitoraggio dell’orchestra per i cantanti sul palco, cosa usate per quello? Usiamo delle d&b E3, posizionate ai lati sulle truss delle luci, e delle Meyer MM4 nella posizione del “gobbo”. Spostandoci in regia FoH, ci troviamo dietro una vecchia maestosa signora Yamaha PM1D. Qui facciamo qualche domanda a David su quello che succede dopo che il segnale lascia il palco. Il percorso del segnale è completamente digitale dal palco fino all’impianto? Siamo in digitale dagli ingressi ma non siamo in digitale fino agli ampli... sarebbe stato troppo, lavorando in queste circostanze. Come gestisci gli input? Teniamo tutte le voci più vicine possibile, e cerchiamo di tenere tutto quello che dobbiamo utiliz- www.soundlite.it 71 on stage 6: La zona dell’orchestra, fuori dalla sala nella zona di carico/scarico del PalaFiera. 7: Panoramica del palco. zare spesso sul primo layer. Tutti i ritorni sono sul layer sottostante. Ci sono tantissimi effetti sonori. Da dove vengono tenuti gli effetti sonori? Risponde Daniel: Sono su CSC Show Control, software scritto da Richard Carter, e la piattaforma del software è perfetta per questo lavoro. Aggiunge David: Si può anche controllare la console da quel software, utilizzandolo come MIDI Master per controllare le scene del banco direttamente dalla cuelist del software. Normalmente in questo spettacolo faremmo così, ma qui abbiamo deciso di fare le scene dal banco e lanciare dal software semplicemente gli effetti. Abbiamo pensato che così fosse più sicuro. Tra l’altro, questo banco è un backup: a Firenze, la settimana scorsa, l’altro è rimasto sotto una pioggia torrenziale... ed è tornato in Inghilterra. “Per quanto riguarda CSC abbiamo un sistema ridondante, con tutti gli effetti sincronizzati con timecode su ADAT. Così, in caso di problemi, anche in mezzo ad un singolo effetto, possiamo cambiare da ingresso CSC ad ingresso ADAT con un singolo pulsante. Che outboard state usando in particolare? Abbiamo un TC System 6000 con equalizzazione dinamica sui gruppi vocali: il main vocal group ed il chorus group. Anche il riverbero principale è su quello. In alcune scene ci sono dei reverberi anche sugli effetti sonori e questi sono fatti con gli effetti interni del banco. 6 72 novembre/dicembre 2010 - n.86 Quante scene avete? Una cinquantina. Le scene sono fondamentali nei musical. Quanti diversi mix? Le 48 mandate sono praticamente piene. Il PM1D per questo motivo rimane la prima scelta, in teatro. Il sound designer ha specificato il PM1D proprio per questo... forse non prevedeva una data all’aria aperta sotto la pioggia torrenziale, ma per questo esistono i backup. Abbiamo un massimo di 16 matrici sulle uscite principali, e qui ne stiamo utilizzando 14, compresi i sub. Aggiunge Daniel: abbiamo impostato le uscite per i sub, così abbiamo diversi mix per i woofer, e riusciamo a determinare quanto di ogni cosa va ai diversi tipi di sub, ai Q‑SUB o ai B2. Per esempio, se abbiamo un segnale sub-bass dalle tastiere, non serve inviarlo ai Q‑SUB perché non riuscirebbero a riprodurlo, così lo mandiamo ai B2. Nello spettacolo c’è anche l’effetto sonoro di un terremoto, in cui i B2 fanno un lavoro straordinario. Le luci Ringraziando la squadra audio per l’approfondito tour dell’impianto, passiamo al gioviale scozzese Chris Cunningham per avere qualche informazione sull’illuminazione dello spettacolo. Chris è il responsabile delle luci per la produzione, associato al lighting designer Mark Howett, e ha programmato lo spettacolo. “Normalmente non giro con lo spettacolo quando siamo in Inghilterra – spiega Chris – ma in Europa sono rimasto in tour per assicurare che il valore della produzione rimanesse all’altezza. “Il parco luci è fornito da HSL – continua – ed è principalmente composto da VL3000 Spot, dei Robe ColorWash 1200 EAT sopra, altri ColorWash 1200 ed uno standard ballet boom a tre proiettori per il FoH. Tra i vari “livelli” di portico delle scenografie, sui truss verticali, ci sono un altro ColorWash 1200 ed un VL1000 Spot a scarica per i tagli, questi ultimi con shutter invece di iris, perché lo spettacolo necessita di tagli molto precisi. Poi sotto ogni VL1000 ci sono dei Source Four con gli scroller, in basso. Lo spettacolo si basa moltissimo su quei ballet boom per fornire molta ‘scultura’. Abbiamo poi 12 proiettori generici sul truss davanti, wash da tre colori. Ci sono inoltre dei birdie sul fronte palco, otto Thomas 1K per il ciclorama sopra e dieci groundrow da 500 W sotto. “Qui a Forlì è un po’ strano – continua Chris – perché non abbiamo potuto appendere il muro dietro, che normalmente entra ed esce dal palco. L’abbiamo dovuto mettere 7 in un punto in cui i Robe Wash sopra non riescono ad illuminarlo da dietro. Lo spettacolo perde così un po’ della sua profondità, perché quello si usava come una ‘tenda di luce’. Fortunatamente abbiamo questi ballet boom che riescono creare almeno in parte l’aspetto tridimensionale”. Il controllo? Per quanto riguarda il controllo, lo spettacolo è tutto programmato sulla GrandMA Full, collegata al palco in ARTNet su cavo ethernet. Penso che l’ultimo cue sia il numero 311, ma ci sono un totale di di circa 400 mark, cue con i followon, eccetera. So che la produzione originale di Prince di Evita ha avuto diversi riconoscimenti per il lighting. Howett ha preso spunto in qualche modo per questa produzione? Per niente. Prima di tutto, la scenografia è diversa e la regia differente. Secondo, la produzione di Prince era pensata per un teatro stabile, non per una produzione in tour. E poi Hersey ha progettato le luci di quella produzione 35 anni fa... i tempi e la tecnologia cambiano. Lo Show La produzione di Kenwright di Evita non delude. Il cast è ben rodato e Abigail Jaye fa un lavoro eccellente nel creare empatia fra il pubblico e la più amata velina della storia mentre sale la scala della fama e del potere. Mark Heenehan è convincente come Peròn e Mark Powell è molto bravo come Che. Il suono è potente ma controllato, non è impostato come un rinforzo trasparente, in questo caso una cosa piuttosto difficile, considerando il riverbero contro il quale si deve combattere nel PalaFiera. Comunque, non si tratta di un’opera lirica, e nel musical musica e voce amplificati ci stanno. La versatilità della scenografie di Matthew Wright in coordinamento con le luci di Mark Howett è veramente impressionante. Con quello che sembra pochissimo materiale, riescono a ricreare molto efficacemente grandi spazi, piazze e sommosse, ma anche cantine e cattedrali. Alle fine, sicuramente, una gran bella serata. www.soundlite.it 73 on stage Personale Presentata a Forlì da Ravenna Festival Tournée Italiana a cura di Live Arts Management srl Una produzione di Bill Kenwright in accordo speciale con The Really Useful Group Produzione Libretto di Tim Rice Musica di Andrew Lloyd Webber Regia Bill Kenwright Bob Tomson Scene Matthew Wright Coreografie Bill Deamer Lighting designer Mark Howett Ben Harrison Sound designer Orchestrazione Andrew Lloyd Webber David Cullen Lally Broome Resp. costumi Resp. parrucche Darren Ware Resp. carpenteria Maitland Wakefield Divisi progettati da Dennis Fitzgerald Resp. audio per la prod. Dan Sampson Chris Cunningham Resp luci per la prod. Costruzione scenografia Stephen Pule Workshop Weldfab Engineering Set Up Scenery Service audio Orbital Sound HSL Service luci Resp. trovate sceniche Dianne Kelly Artisti scenografici Tamsin Marshall Will Roberts Janet Stanton Gerard Strong Costumi Jane Gonin Richard Hanscombe Stenn Vollmuller Carole Coates Judith Clarke Judy Ward Jenny Adey Cappelli Saira Saheed Acquisti Amy Peck Management orchestrale David Steadman Allenamenti vocali Louisa Ridgeway Programmazione tastiere Gareth Huw Davies Pubbicità e design Target Live Grazie anche a: Cherida Langford, Liverpool Echo, Laurie Mansfield, JD McDougall Ltd, Kirwin&Simpson, Tom Carradine, Robe Alderton, Simon Stuart, Chris Headlam e Mike Oates, Matt Brigg, Trish Wilkinson Tour manager per Live Arts Management Paolo Cantù Ilenia Carli Coordinatore tecnico per le date italiane Matteo Matteoli 74 novembre/dicembre 2010 - n.86 Personale in tour Cast Eva Che Peròn Mistress Magaldi Understudies Abigail Jaye Mark Powell Mark Heenehan Abigail Matthews Stephen Carlile Eva Emma Barr Matt Wilman Che Peròn Christopher D. Hunt Sasha Ransley Mistress Ensemble: Emma Barr, Errol Clayton, Craig Deuchar, Anouska Eaton, James Grant, Andrew Gordon-Watkins, Christopher D Hunt, Natalie Langston, Natalie Moore-Williams, Christopher Palmer, Jessica Parker, Sasha Ranslet, Rebecca Reynolds, Daniel Sharpe, Callum Train, Anthony Williamson, Matt Wilman Comparse: Albert Bartoletti, Luciana Petrini, Falvio Colonna, Bellini Francesca, Silvia De Lorenzi, Martina Lombardi, Luca Di Chiara, Vanessa Furgani, Francesco Bratti, Eros Quercetani, Paolo Paganelli, Maria Rambelli, Gianfranco Boattini, Elena Picchi, Duana Brachi, Gianluca Bassini, Valentina Ferroni. Bambini I bambini della Scuola Musicale “Dante Alighieri” di Bertinoro L’orchestra Direttore musicale Direttore/ass. MD/Tastiere 1 Tastiere 2 Tastiere 3/fisarmonica Chitarra Contrabbasso/basso Tromba/flicorno Trombone Batteria Percussioni David Steadman Andrew Corcoran Mike Steel Moira Hartley Tom Green David Brown James Davies Chris Cole Jon Hooper James Wycherley Company stage manager Deputy stage manager Technical stage manager Ass. stage manager Sound 1 Sound 2 Capo elettricista Tecnico Capoparrucchiera Parrucchiera Ass. parrucchiera Capocostumista Costumista Ass. costumista Mark Wilkinson James-Paul Hayden Markus Zeibeck Katy Keggie David Beckham Andrew Fugle Nick Hollingdale David Ayton Linzi Bowen Elise Baker Helen Russel Amanda Heatley Lynsey Baker Sarah Becs Staff