Elezioni: astensionismo
e voglia di cambiamento
“Festa della Repubblica
tra storia e attualità
10 giugno Giornata
Volontario Auser
Franco Astengo a pagina 9
Zinola -Tortarolo alle pagine 6- 7
Scarrone- Piccardo alle pagine 3 e 4
Periodico d’informazione del volontariato e dei centri Auser della provincia di Savona Numero verde “Filo d’Argento” 800.995.988
Poste italiane Spedizione in abbonamento postale – D.L. 352/2003 (conv. L. 27. 02. 200 4 nr. 46) Art. 1, comma 2, DCB/ Savona nr. 3/ 2012
L’Editoriale
PARTITI, ANTIPOLITICA, 5X1000
TOMASO MINUTO
Stiamo celebrando il 66°anniversario della nostra
repubblica in un clima difficile e poco chiaro, perché
dopo la prima e la seconda repubblica e il terremoto
politico provocato dai risultati delle ultime votazioni
amministrative, non sappiamo ancora se vi sarà e come
sarà la terza.
In questa brutta situazione di disaffezione verso i partiti
dimostrata dai cittadini italiani con l’astensione e il loro
voto di protesta, sono convinto, che malgrado tutto, i
partiti possono ancora rappresentare il seme della
democrazia nel nostro Paese, perchè l’antipolitica, anzi
l’antipartitismo sono un serio pericolo aperto a qualsiasi
sviluppo, e alcuni episodi poco chiari di questi ultimi
giorni sembrano volgere in questa direzione.
Ma sono altresì convinto che i partiti e soprattutto i loro
dirigenti, se vogliono riacquistare la fiducia degli elettori,
devono cambiare radicalmente il loro modo di gestire la
politica e dimostrare concretamente una specchiata
onestà e la massima trasparenza delle loro azioni e di
non anteporre gli interessi personali a quelli del proprio
paese, è la primaria richiesta degli italiani alle forze
politiche. Tutti i partiti dicono di volersi rinnovare ed
estirpare il marcio dalle loro file, ma mi devono spiegare
come lo possono fare gli stessi uomini che ne sono
coinvolti. Senza fare di tutta l’erba un fascio, credo che
se si vuole fare veramente pulizia bisogna cambiare
anche qualche dirigente perché mi sembra che tutti
coloro che sono inquisiti o sono in odore di operazioni
poco pulite si dichiarano innocentissimi e difficilmente
lasciano il loro posto.
In questa sempre più tragica situazione di crisi, sono
mesi che i partiti promettono agli italiani di volere
rivedere i rimborsi elettorali, diminuirli e renderli
trasparenti, di ridurre i parlamentari, di volere una
nuova legge elettorale senza, sino ad oggi, essere
riusciti ad approdare a nulla mentre la scadenza del
2013 si avvicina velocemente.
Credo che continuando su questa strada è senz’altro il
modo per alimentare l’antipolitica. Perciò cari partiti
datevi una mossa e decidevi a fare queste riforme
prima che sia troppo tardi. E’ il solo modo per
riacquistare la fiducia dei cittadini e il voto di maggio ne
è stato un forte segnale,
Ma quello che mi preoccupa veramente è che in tutto
questo bailamme di rinvii, di proposte e controproposte
ne è scaturita una che aumenta la mia solita
perplessità: è quella di estendere ai partiti il
finanziamento elettorale tramite il 5xmille che sino ad
oggi i contribuenti italiani hanno devoluto al no profit.
Mi trovo completamente contrario a una simile ipotesi
perché significherebbe togliere risorse al volontariato in
un momento in cui i tagli di spesa pubblica lo stanno
penalizzando in modo assai pesante mentre le richieste
di sostegno e aiuto stanno salendo vertiginosamente
senza contare la nuova tegola che si è abbattuta
sui portatori di handicap con il taglio netto del fondo
sulla non autosufficienza da parte dell’attuale governo.
Sappiamo che sino ad oggi la destinazione del 5x1000,
nella maggioranza dei casi è stata devoluta dai
contribuenti italiani alle associazioni di volontariato in
cui hanno piena fiducia e ne conoscono l’attività, ma se
si attuasse la proposta in discussione, la voglia degli
iscritti di aiutare il proprio partito potrebbe portare a
sottrarre finanziamenti al volontariato.
Perciò lasciamo stare questo benedetto 5x1000 perché
da quando è stato istituito ogni governo lo sta
martoriando, prima lo si voleva togliere, poi è stato
messo un tetto, oggi lo si vuole strutturare non si sa
come. Si sappia che rappresenta un finanziamento non
indifferente per le associazioni no profit che senza di
esso rischierebbero di morire e con esse il sostegno e
quei servizi alle persone in difficoltà che il governo a
causa della crisi e del rigore sta tagliando
paurosamente.
Sommario
2
Editoriale - Minuto
Pag. 2
Lettera ai volontari - Scarrone
Pag. 3
Festa volontari - Piccardo
Pag. 4
Chiesa Evangelica - Becchino
Pag. 5
Nasce la Repubblica - Zinola
Pag. 6
Basta Schettino della politica - Tortarolo
Pag. 7
Una strada particolare - Castelli
Pag. 8
Elezioni amministrative 2012 - Astengo
Pag. 9
Mobilitazione per il terremoto in Emilia
Pag. 10
Sindacato Cgil Rossello - Dabove
Pag. 11
Spi Cgil - Giacobbe
Pag. 12
La nobiltà di Aida - Pastore
Pag. 13-14
L’avventura delle colonie - Parodi
Pag. 15-16
Notizie dai centri Albisola - Sorgente
Pag. 16
I campi solari - Olivieri
Pag. 17
Come eravamo – Calabria
Pag. 18
Camminiamo verso l’estate - Sortino
Pag. 19
San Paragorio in Noli - Moggio
Pag. 20
L’intervento - Tissone
Pag. 21
Il viaggio: il Ciapas - Tagliavini
Pag. 22- 23
Come eravamo - Tissone
Pag. 24
Storia del ciclismo a Savona
Pag. 25
Notizie Auser - Burattini - Girardi
Pag. 26
Ginnastica per la mente
Pag. 27
10 giugno 2012 giornata del Volontario Auser
LETTERA ALLA FAMIGLIA DEI VOLONTARI
di festa vogliono proprio sottolineare e rafforzare questi
legami di amicizia e di reciproca accettazione.
La “Giornata del Volontario” del 10 giugno si è svolta
presso la S.m.s. Serenella, che ringraziamo, e ha
coinvolto più di 180 persone. Gli invitati e i loro
famigliari hanno partecipato alla festa che è stata un
momento in cui si sono condivise parole, emozioni, idee
e sentimenti.
Il mio pensiero corre ancora a voi Volontari che
abbiamo premiato, durante la festa, con una ceramica
ricordo ma ai quali va, oltre alla nostra riconoscenza, il
mio più caldo abbraccio.
Con piacere mi rivolgo direttamente a Voi Volontari
Auser perchè vi sento vicini come foste una grande
famiglia di cui mi onoro di coordinare alcune attività ma
della quale sono orgogliosa e partecipe. Sempre di più
Auser è un punto di riferimento nella nostra città e nella
nostra provincia. Vorrei ricordare a tutti noi che la
nostra Associazione ha svolto e svolge sul territorio
tante iniziative, tante attività, tanti servizi. Ha incontrato
e offerto in modo disinteressato compagnia, aiuto,
amicizia a tantissime persone anziane sole, tentando di
farle partecipi della vita della comunità.
Abbiamo sviluppato una mole di interventi sia di
protezione
sociale
sia
di
promozione
dell’invecchiamento attivo e tutti insieme abbiamo
trascorso un anno di “lavoro” a favore dei nostri
concittadini meno fortunati ma, anche di stimolo e
attività che ci hanno mantenuto vivi sia come persone
sia come cittadini.
Tutto questo è stato e sarà possibile grazie alla
disponibilità di voi Volontari. Al dono di tutti noi che in
questi anni abbiamo partecipato e di molti altri che, ci
auguriamo, offrano la propria disponibilità, la propria
intelligenza, il proprio impegno agli altri, diventando
Volontari Auser.
I valori che Auser propone - solidarietà, inclusione,
rapporto tra le generazioni - si concretizzano attraverso
il vostro operato, la vostra presenza, la vostra
sensibilità. Per queste ragioni, da alcuni anni, l’Auser
Nazionale, con la condivisione delle strutture regionali e
territoriali, ha deciso di dedicare ai Volontari una
giornata, nella quale rendere conto di questo valore.
Quest’anno abbiamo anche voluto sottolineare il nostro
impegno per facilitare l’inclusione dei cittadini stranieri e
la solidarietà tra le generazioni, tenendo conto che molti
dei giovani, anche savonesi, sono figli proprio di
cittadini provenienti da altri paesi, a volte lontanissimi,
per geografia e per cultura. La reciproca conoscenza, la
fraterna vicinanza, la condivisione di momenti di allegria
come quelli trascorsi insieme durante la nostra giornata
Il presidente Auser Savona
Ileana Scarrone
Un momento della festa: Ahmed e Meriem
leggono il biglietto ricordo della giornata
3
10 giugno 2012 giornata del Volontario Auser
VOLONTARI AUSER TESTIMONI DI SOLIDARIETÀ E INCLUSIONE
2012 anno europeo dell’invecchiamento attivo e della solidarietà tra generazioni e tra i popoli.
La terza età: fase dell’arco della vita che può essere vissuta da protagonisti
La tavola rotonda: da sn. Zargar, Regazzoni, Rambaudi, Rossello, Berbaldi, Sorgini. In piedi Scarrone e Berruti
Gli anziani accolgono, sostengono,
aiutano le nuove generazioni e nel
contempo invecchiano sempre più
attivamente. La vecchiaia non è più
vista come un onere da sopportare
ma come una fase della vita nella
quale si può contare, partecipare
essere attivi e utili alla società. I
nostri
Volontari
sono
la
dimostrazione viva di
questo
cambiamento
culturale.
Ma
testimoniano anche l’impegno, la
solidarietà
e
la
disponibilità
dedicando una parte del loro tempo
ai coetanei e alle persone più fragili.
L’attività all’auser mantiene giovani
perchè consente di realizzare le
proprie
aspirazioni,
mantenere
rapporti
sociali
significativi,
programmare,
progettare
e
realizzare progetti ed eventi.
Quest’anno è stato dichiarato anno
europeo per l’invecchiamento attivo
e per la solidarietà tra generazioni,
il 10 giugno a Savona abbiamo
deciso di festeggiare i nostri
volontari proponendo un momento
di riflessione sull’inclusione e sul
rapporto corretto con i migranti e le
loro famiglie. Sono ormai tanti gli
stranieri: commercianti, nostri vicini
di casa o presenti nelle nostre
famiglie magari proprio per accudire
gli anziani. Parlando di solidarietà
tra generazioni, inoltre, dobbiamo
prendere coscienza che tra i nostri
giovani molti hanno genitori non
italiani, e tra loro tanti non sono
considerati
neppure
nostri
DOMINICA PICCARDO
connazionali o concittadini.
Il
presidente Napolitano ha sollecitato
per questi ragazzi il riconoscimento
di cittadinanza onoraria e anche il
Comune di Savona e la Regione
Liguria si sono dimostrati sensibili a
questo problema. Ma non basta.
I migranti lavorano, hanno una
famiglia e vanno considerati nostri
concittadini e come tali trattati con
diritti e doveri ma, soprattutto,
superando un razzismo strisciante
mai del tutto scomparso.. La nostra
festa e i volontari vorremmo fossero
testimonial ed artefici di questo
processo di inclusione a partire
dalla giornata del 10 giugno, per
come li conosciamo abbiamo la
certezza che questa fratellanza,
tolleranza ed inclusione sia già,
diciamo così, nel loro patrimonio
genetico ma vorremmo, con questa
iniziativa, darne visibilità soprattutto
ai migranti della nostra città in modo
che sentano la nostra e le altre
associazioni di volontariato come
risorse e come testimonianza,
appunto, di amicizia e di simpatia.
La tavola rotonda alla quale hanno
partecipato:
Lorena
Rambaudi
assessore regionale alle politiche
sociali, Zaor Zargar rappresentante
dei Musulmani non arabofoni in
Liguria, Marco Berbaldi della
Fondazione
Comunità
Servizi
Diocesani,
Isabella
Sorgini
assessore alle politiche sociali del
comune
di
Savona,
Claudio
Regazzoni vice presidente Auser
4
nazionale e Francesco Rossello
segretario della Camera del Lavoro
di Savona,
ha messo in luce
molti problemi ma ha anche tante
speranze
e risorse. Gradita la
presenza del sindaco Berruti che
ha portato i suoi saluti. La nostra
giornata è proseguita col pranzo
preparato dall’Associazione Amici
del Mediterraneo e con la
premiazione
dei
Volontari.
Regazzoni e Sottanis (presidente
regionale Auser) hanno consegnato
il piatto, in ceramica marocchina,
ricordo
della
giornata
e
riconoscimento
dell’impegno
profuso in questo anno. La società
di Mutuo Soccorso Serenella è
stata la bella cornice della festa.
Una splendida giornata nella quale
anche un po’ di sole ha favorito i
festeggiamenti per i 250 Volontari
dell’Auser provinciale e per le loro
famiglie dando vita a momenti di
riflessione e di puro divertimento. Il
pranzo multietnico preparato con
maestria dall’associazione Amici del
Mediterraneo ha fatto assaporare
piatti esotici e gustosi che hanno
accontentato
anche
i
palati
maggiormente tradizionalisti.
A coronamento della giornata, però,
non è mancato il ballo liscio con la
musica del Dj Tommy. Un po’ di
allegra tradizione squisitamente
italiana che ha fatto sentire tutti,
anche chi è italiano da poco, a casa
sua e tra amici allegri e accoglienti.
10 giugno 2012 giornata del Volontario Auser
CITTADINANZA
ONORARIA PER I FIGLI
DEGLI IMMIGRATI
Lorena Rambaudi,
assessore
alle
Politiche
Sociali
della
Regione Liguria prende spunto
da un'iniziativa del Comune di
Savona e dalla presa di posizione
del Presidente Napolitano
La presenza degli immigrati è
triplicata negli ultimi dieci anni (nelle
regioni settentrionali più che nel
resto del paese). E in proporzione è
aumentato il numero dei figli di
immigrati nati in Italia.
Lo dicono i dati provvisori del
censimento 2011, che cominciano a
essere diffusi in queste ore. Ma la
legge ancora non permette ai nati in
Italia da genitori immigrati di avere
subito la cittadinanza tanto che il
Presidente della Repubblica Giorgio
Napolitano l'ha definita "follia".
Il Comune di Savona ha approvato
recentemente un regolamento che
prevede
all'articolo
10
il
riconoscimento di una "cittadinanza
onoraria". Prendendo spunto da
questa iniziativa e dalla forte presa
di posizione di Napolitano il 27
aprile
l'assessore alle politiche
sociali
Lorena
Rambaudi
ha
proposto, a margine della seduta
della Giunta, di estendere la
possibilità di riconoscere questa
cittadinanza onoraria ai nati in tutto
il territorio ligure. I comuni avranno
facoltà di aderire o no, ma la strada
è tracciata ed è in sintonia con le
buone pratiche di integrazione che
in Liguria hanno dato ottimi risultati,
anche in periodi di forte pressione
migratoria come durante l'ultima
emergenza libica e nordafricana.
In attesa di un cambio legislativo–
ha spiegato Lorena Rambaudi – mi
auguro che tutti i comuni liguri
possano aderire a questo appello,
frutto di civiltà e anche segnale
culturale e politico importante, oltre
che atto di giustizia e speranza
rispetto
all’invecchiamento
demografico del nostro territorio”.
“L’ITALIA SONO ANCH’IO” MESSAGGIO DELLA
CHIESA EVANGELICA METODISTA DI SAVONA
FRANCO BECCHINO *
IL MESSAGGIO
La Chiesa Evangelica metodista è
la più antica chiesa protestante di
Savona essendo stata fondata nel
1875, essa annovera nella sua
comunità
membri di nove
nazionalità
o
etnie:
cubana,
ecuadoregna,
italiana,
keniota,
olandese, romena, statunitense,
tedesca, ungherese, che vivono
bene
insieme,
si
sentono
grandemente
arricchite
dalla
diversità e sono persuase di
costruire veramente una sola
famiglia, per cui chiamarsi sorelle e
fratelli non è una formalità ma una
dimensione
autentica.
Siamo
pertanto profondamente addolorati
per le manifestazioni di razzismo,
anche violento, che si verificano
con sempre maggior frequenza nel
nostro Paese. Per parte nostra
dichiariamo che ci atterremo
strettamente nella nostra vita
personale
e
comunitaria
e
nell’impegno nella città alla chiara
parola
della Bibbia:” Quando
qualche forestiero soggiornerà con
voi nel vostro paese, non gli farete
torto. Il forestiero che soggiorna fra
voi, lo tratterete come colui che è
nato tra voi; tu l’amerai come te
stesso; poiché anche voi foste
forestieri ...Ci sarà una stessa legge
e uno stesso diritto per voi e per lo
straniero che soggiorna da voi” (dai
libri del Levitico 19/33- 34 e numeri
15/16). Invitiamo poi i nostri
concittadini ad essere fermi nella
difesa del principio proclamato nella
Costituzione della nostra repubblica
secondo il quale ”Tutti i cittadini
hanno pari dignità sociale e sono
eguali davanti alla legge, senza
distinzione di razza, di lingua, di
religione...”
Segnaliamo due
progetti di iniziativa popolare con il
motto
“l’Italia
sono
anch’io”
promosso da 19 organizzazioni tra
le quali la federazione delle Chiese
Evangeliche in Italia che prevedono
l’uno una modifica della legge sulla
cittadinanza che consenta ai figli di
genitori stranieri l’accesso alla
cittadinanza, l’altro che conceda ai
lavoratori stranieri che soggiornino
in Italia da 5 anni: il diritto elettorale
per le elezioni delle amministrazioni
locali. A questi progetti si è
implicitamente riferito il Presidente
della Repubblica nel suo intervento
sul tema della cittadinanza a favore
dello straniero nato in Italia, in
occasione del ricevimento al
Quirinale
dei
partecipanti
al
convegno celebrativo del 150esimo
dell’unità d’Italia promosso dalla
predetta Federazione delle Chiese
Evangeliche in Italia.
____________________ IL COMMENTO __________________
Il messaggio della nostra chiesa, sul tema del fenomeno emigratorio, è stato
indirizzato alla città sul finire dello scorso anno e al momento della sua diffusione
non ebbe una grande eco in città. L’iniziativa di cui si parla ha avuto un notevole
successo ed ha raccolto in tutta Italia un numero di firme di gran lunga maggiore di
quello minimo richiesta dalla Costituzione. E’ notizia di questi giorni che la
Presidenza della Camera dei Deputati ha dato il suo patrocinio all’incontro tra il
Comitato promotore per ottenere un sollecito esame da parte del Parlamento dei
due progetti di iniziativa popolare. Tornando al messaggio della comunità
savonese, si tratta di un testo interessante perché parte da una esperienza di vita
comune fra etnie e culture diverse per giungere a delle affermazioni di principio:
una confessione di fede che ribadisce il principio dell’accoglienza dello straniero”
come colui che è nato tra voi”, e quindi del suo trattamento paritario sul piano del
diritto; il dovere, per la cittadinanza di rispettare e far rispettare con convinzione la
fondamentale norma costituzionale sulla pari dignità e sulla eguaglianza davanti
alla legge di tutte le persone, senza distinzione di razza, di lingua, di religione. E’ la
coerente ri-proposizione di un caratteristico principio protestante che afferma con
forza il valore della diversità e la conseguente convinzione che nulla più di una
società plurale, che realizzi l’incontro e non il conflitto delle culture può arricchire
tutti e ciascuno in modo incomparabile. Ancora una volta, ci sembra, la comunità
metodista da alla nostra città un contributo che sollecita riflessione ed impegno.
*Presidente del consiglio della Chiesa Evangelica Metodista di Savona
5
Riflessioni sulla Repubblica e sull’Europa
NASCE LA REPUBBLICA
OPERA INCOMPIUTA
ANCHE SUI MEDIA
I titoli di ieri e quelli di oggi:
quanti ideali
ancora da realizzare
MARCELLO ZINOLA*
“Nasce la Repubblica”. “E’ Repubblica”. “L’Italia è una
Repubblica”. Rileggere i titoli dei giornali dell’epoca
riporta alla mente caratteri e modelli grafici di giornali
che non erano poi così male. Come la Repubblica
appena nata e che oggi, troppi, vorrebbero prepensionare come la Costituzione. Elementi perfettibili,
certo, ma non con procedure in cui - come si suol dire si rischia di buttare via “il bambino con l’acqua sporca”.
Di acqua sporca sotto i ponti di questi decenni ne è
passata (purtroppo) molta e rileggere la storia della
repubblica italiana, tra i giornali di ieri e quelli di oggi è
significativo. Per diversi elementi.
Il primo: la passione e l’euforia. Si cambiava registro
dopo due guerre e la Resistenza. Un paese disastrato,
ma con la forza di reagire e di uscire dalla “fame”.
Voglia di vivere e di fare politica. Certo con una
accentuazione ideologica serrata, con un quadro
internazionale poi sfociato nella contrapposizione
occidente/Usa contro l’Urss e il blocco dei paesi dell’Est
culminata con la sconfitta elettorale del fronte popolare
in Italia. Le cronache ondeggiavano tra il racconto della
passione dei giornali ideologicamente più schierati
(Unità e Popolo) e quelle un po’ più asciutte di
quotidiani di area più liberale o “indipendente”. Ma in
tutti emergeva la convinzione che da quel referendum
che fotografava un paese che aveva ancora nella sua
memoria e tradizione la “real casa”, poteva nascere
un’Italia diversa. Il passaggio elettorale che si
avvicinava avrebbe poi cambiato il taglio di articoli e
schieramenti con una campagna elettorale che oggi si
sarebbe detta “feroce”. Con l’innegabile influenza Usa e
la forte presenza dell’allora Pci, Psi e del movimento
operaio al cui interno l’area cattolica si sarebbe poi
organizzata attorno alla Cisl. Dai titoli dei giornali sulla
“festa”
per
la
Repubblica,
dall’analisi
sulle
caratteristiche di una Costituzione che era stata
calibrata in modo da contenere nelle rappresentanze
parlamentari ogni possibile deriva autoritaria e che
sarebbe diventata modello per studi giuridici
internazionali, si passò ben presto a quelli legati
ai veri e propri slogan elettorali. Significative, in tal
senso, le pubblicazioni che oggi si
direbbero alternative. Grafica e impostazione, in taluni
casi innovative, “mordevano” come i contenuti.
Il secondo: l’evoluzione dagli anni cinquanta agli
anni ottanta.
I giornali superata la prima vera grande competizione
elettorale, si attestarono sulle posizioni di area o di
netto schieramento ideologico. C’è la grande stagione
dei giornali della sera, lo “strillo” sui fatti di cronaca nera
che massacrano i protagonisti. Lasciando “intendere”
laddove non si racconta perché i protagonisti sono di
classe sociale “intoccabile” o politici. L’influenza della
collocazione internazionale italiana, nell’alleanza
atlantica, si leggeva in molti fondi e articoli di politica
interna e internazionale. Il mondo del lavoro aveva
pochi riferimenti: Unità, l’Avanti (quello vero, non quello
del faccendiere Lavitola). E diffondeva le proprie idee
utilizzando i volantini, giornali murali. La stampa che
veniva definita “borghese” era maggioritaria. Il taglio di
molti servizi sulle lotte operaie, le crisi, i rinnovi dei
contratti era non tanto censorio, quanto impostato ad
evidenziare “il danno” del fermo delle produzioni. Il
paese comunque evolveva e la repubblica arriva a
vivere gli anni più duri tra la fine degli anni Sessanta e
gli anni Ottanta. Il golpe borghese, la strategia della
tensione con il terrorismo nero e Savona coinvolta con
le bombe del 74-75, i primi scandali con Savona ad
annunciare Tangentopoli con il caso Teardo, gli anni di
piombo. Fare informazione non era facile. Gli scandali
“sifar”, il golpe borghese, le cronache e soprattutto le
inchieste giornalistiche costarono molto care a quella
parte di informazione che, al di là delle collocazioni
ideali, aveva la “repubblica” in testa. La magistratura
degli anni Sessanta e primi anni Settanta era meno
incisiva. Furono spesso inchieste e denunce
giornalistiche a rompere il silenzio, a evidenziare fatti e
retroscena poi emersi, spesso anni dopo, in indagini
giudiziarie.
(segue a pagina 10)
6
Riflessioni sulla Repubblica e sull’Europa
Colloqui casuali tra i cittadini di Savona:
la gente ha voglia di partecipare
BASTA
CON GLI “SCHETTINO
DELLA POLITICA”
Necessità vuole che si vada avanti
sino a al 2013 con il governo Monti.
Dopo quale nocchiero e quali marinai
porteranno Paese e Europa fuori dal
“terremoto” che ha colpito politica e
Italia?
Mario Monti tra i terremotati dell’Emilia
SERGIO TORTAROLO*
La paura. E’ questo il sentimento
che affiora nei colloqui tra amici,
negli incontri casuali per la strada,
nelle parole scambiate con quella
“base” popolare e semplice, ma
spesso intuitiva ed acuta, che
popola i nostri rioni di periferia. Mi
riferisco a quella base di lavoratori
dipendenti e pensionati che hanno
seguito le vicende degli ultimi mesi,
nazionali e internazionali, con
preoccupazione crescente, con
partecipazione
ed
ansia;
consapevoli di dover di nuovo
rimboccarsi le maniche, pronti ad
accettare ancora sacrifici. Ma ora,
nelle ultime settimane passate alla
ricerca di soluzioni e spiegazioni
razionali,
sta
subentrando
il
pessimismo; sta affiorando la paura
che è una cattiva consigliera. Da
qualche tempo, i discorsi finiscono
sempre lì: “non ce la faremo”, “se
crolla tutto, cosa facciamo?”.
Eppure questa è la parte sana del
paese, non facile a scoraggiarsi,
che ha sempre lavorato e pagato le
tasse, quella che ha sostenuto i
consumi, quella moralmente ed
eticamente integra, quella capace di
pensare all’interesse collettivo. La
paura affiora perché ci si pongono
alcune domande. Questo governo è
stato accettato (o subito) con un
sentimento di sollievo: era il dopo,
finalmente. Un gruppo qualificato di
ministri.
Attivo.
Determinato.
Competente. Ora, però, qualcosa
si sta rompendo. Il governo sembra
impantanato. Gli interventi sulle
pensioni, sullo stato sociale, sugli
Enti Locali sono stati duri e pesanti.
Il peso delle tasse sta diventando
insopportabile. Perché non si va
avanti? I partiti frenano: si attende
la nuova (e doverosa) legge
elettorale, quella sulla corruzione, la
riduzione dei costi della politica,
eccetera, eccetera; ma non arrivano
risultati, se non la solita confusione
condita da buone intenzioni. Le
statistiche ci parlano di un paese
impoverito,
nel
quale
le
disuguaglianze
sociali
sono
aumentate. Sarà anche vero che si
sta pagando la crisi, ma chi la paga
davvero (i più poveri) lo fa anche
per ricchi ed evasori, che davanti al
precipitare della situazione hanno,
per di più, robusti paracadute.
Insomma, è una brutta storia. Dalla
crisi si esce se si rafforza la
solidarietà e il patto sociale, ma non
si esce se questo patto viene
continuamente incrinato e violato.
Così nasce, inesorabilmente il
rischio di tensioni sociali gravi e
pericolose. Purtroppo, l’Italia, così si
dice dal panettiere o dal giornalaio,
non è la Francia. Lì, in pochi giorni,
un bel cambio di governo, con stile
(di tutti, maggioranza uscente e
nuova maggioranza). E l’Italia non è
nemmeno la Germania. Altre
nazioni europee affrontano questa
tempesta complessa, questa vera
guerra finanziaria dall’esito incerto e
imprevedibile con una forza e una
compattezza che a noi mancano.
Siamo una nazione condizionata
7
pesantemente
dall’avere
una
democrazia più fragile e una
economia stravolta da una evasione
fiscale sistematica, impensabile
negli altri paesi. E’ qui la fonte di
tutti i nostri guai. L’evasione è stata
tollerata, addirittura giustificata, ma
è una grande vergogna. Si dicono
altre cose in questi colloqui
preoccupati e sempre più tesi; ad
esempio, ma come è stato possibile
che la maggioranza degli italiani
abbia consegnato per tutti questi
anni il governo del paese a una
destra rappresentata da Berlusconi
e Bossi? Oggi, si dice, è chiaro per
tutti che i due rappresentavano un
disastro, autentici Schettino della
politica. Ma era così difficile capirlo
anche prima? Come è stato
possibile che quella miscela di
populismo, demagogia, mascherata
da antipolitica, veicolata dalla tv,
con venature di razzismo e di
intolleranza, fosse accettata e
sostenuta anche dai ceti popolari?
Sono domande retoriche; è stato
possibile! E quindi la vera domanda
oggi è un’altra; la crisi della destra
lascia i suoi elettori in un limbo, nel
vuoto; è il ventre molle dell’Italia,
una massa consistente. Verso cosa
si orienterà domani?
Ecco l’altro aspetto della paura di
cui parlavo. In questa nazione,
massacrata culturalmente da quasi
diciassette anni di berlusconismo e
leghismo, afflitta da una questione
morale diffusa e inquietante, in cui
(segue a pagina 8)
Solidarietà tra generazioni
Attività dei volontari dell’Auser nella Scuola
UNA STRADA PARTICOLARE
VIA SAN LORENZO
Progetto per far conoscere il quartiere
di Villapiana ai ragazzi delle elementari
GIORGIO CASTELLI
Come spesso accade in primavera
dopo un lunedì di pioggia, martedì
22 maggio è una bella giornata di
sole. L’appuntamento è alle ore 9 in
via Schiantapetto, di fronte alla
Scuola della Rusca. L’accordo con
le maestre Marisa e Alessandra è di
far percorrere agli alunni della
classe quarta via S. Lorenzo
raccontando le sue origini e i
cambiamenti subiti nei secoli scorsi.
Usciti da scuola si scende lungo via
Padova e si percorrono i giardini di
via Trincee fino al ponte sul
Letimbro dove il rio S. Lorenzo si
immette nel torrente. C’è un po’
d’acqua dovuta alla pioggia del
giorno precedente ma è certo che
anticamente questo ruscello doveva
essere ben alimentato dal bacino di
impluvio che va dall’attuale via P.
Garibaldi a via Firenze passando
per la valletta dello Zerbino, tanto
che nei primi anni ’50 ha allagato
diverse volte il cortile e le officine
dell’Itis G. Ferraris con grande gioia
di noi, allora alunni, per la festa
non programmata. Via S. Lorenzo
rimane un percorso particolare, sia
per la sua lunghezza sia perché
nata nel tortuoso percorso di questo
ruscello oggi del tutto coperto, ma
anche per l’avvicendarsi dei suoi
aspetti e nomi che la indicano come
“Valletta”, poi via, e infine, creusa e
colle. Abbiamo iniziato il percorso
da via Trincee risalendo il primo
tratto della valletta fino al “palazzo
delle pipe” sorto a seguito della
demolizione della fabbrica che dalla
metà del 1800 produceva pipe in
terracotta. Questo tratto attraversa
via Piave nel punto dove, fino al
1915, esisteva il ponte dello Sbarro
che scavalcava il ruscello lungo la
via di Torino, proseguimento
dell’antica via del mercato vecchio.
Non si hanno notizie della originale
costruzione in pietra del ponte, ma
1933: collaudo del ponte sulla ferrovia in via San Lorenzo
si sa per certo della sua
sostituzione con uno in legno nel
1809 con uno successivo in ferro
nel 1893. Proseguendo, la via si
allarga,
ma rimane tortuosa,
scavalca la ferrovia per Genova
con un ponte allargato nel 1933, e
prosegue sino a piazza Brennero
diventando creusa e salendo con
gradini fino alla antica chiesetta di
San Lorenzo, Biagio e Donato. I
tempi scolastici non ci permettono
di visitare l’interno della chiesa la
cui costruzione è antecedente il
1178 anno della sua prima notizia
certa. Con i bambini, ora un po’
affaticati e meno partecipi, saliamo
ancora sorpassando l’autostrada e
ritroviamo, con una breve scalinata,
la creusa che continua. Queste
antiche strade racchiuse tra muri
con porte di accesso alle proprietà,
cantate dal poeta Fabrizio De
Andrè, sono caratteristiche del
nostro immediato entroterra e le
troviamo
felicemente,
ancora
numerose, appena fuori città. Con
la nostra quarta A della Rusca
siamo rientrati a scuola scendendo
per le stradine e i sottopassi della
Rusca ma la via San Lorenzo
prosegue ancora come via al Colle
fino a congiungersi, nei pressi
appunto del colle Crocetta, con la
antica “saonensis” oggi via Ranco
che, se unita in discesa a via Loreto
Vecchia offre un anello ricco di
storia e di panorami inaspettati.
(segue da pagina 7) Basta con gli Schettino...
la battaglia per la legalità è fondamentale e prioritaria, quali orientamenti
assumeranno questi settori, che erano la forza della destra? Detto ancora
più esplicitamente: ci attendono altre esperienze nefaste o finalmente il
centrosinistra riuscirà a riprendere il bandolo della matassa visto che gli
elettori, come con un’ultima fiammella di speranza, gliene lasciano la
possibilità? Ma il tempo è poco, siamo in un passaggio tumultuoso e
complesso, di sistema. Domani non sarà più come oggi. C’è bisogno di
razionalità, buonsenso, competenza: questa situazione invece favorisce
purtroppo chi strilla di più, chi le spara grosse, chi fa leva sulla pancia
della gente, sull’emotività, sulle scorciatoie. In un paese normale, se una
maggioranza ampia come quella che i nostri concittadini hanno purtroppo
avuto la bontà di regalarci nel 2008 fallisce ovunque e si frantuma, si va
alle nuove elezioni. In Italia ciò significherebbe oggi un’evidente
vantaggio per il centrosinistra con (probabile, ma non è detto) sua vittoria.
Curiosamente, da noi nessuno pone esplicitamente questo problema. E
così, necessità vuole che si vada avanti fino al 2013 con il governo Monti.
Bene. Ma da qui ad allora cosa sarà del quadro politico? Del sistema dei
partiti? Dell’Europa e dell’euro? Troppe variabili, troppo difficile per
qualche pensionato a passeggio.
Ma, come al solito, anche gli economisti e gli esperti ci spiegano le cose
dopo che queste sono avvenute; ecco perché le tante domande
importanti e concatenate che ci siamo posti e alle quali non riusciamo a
dare una risposta concreta generano inevitabilmente paura per il domani;
con la sensazione sgradevole di essere anche privi di strumenti per
difenderci, passeggeri, come direbbe il poeta, “di nave senza nocchiero in
gran tempesta”.
* Già sindaco di Savona
8
L’opinione
VOGLIA DI CAMBIAMENTO
E ASTENSIONISMO
FRANCO ASTENGO*
è stato fin dalle Regionali 2010) e al di là delle “sparate”
del suo leader, maestro di istrionia propagandistica,
appare saldamente all’interno del recinto democratico
(ben diversa la situazione, da questo punto di vista, in
Francia con il Front National o in Grecia con i neonazisti; mentre rispetto ai “pirati” tedeschi e svedesi
l’analogia, per ora, può essere sviluppata nella comune,
tra 5 stelle e Pirati, indisponibilità a stringere alleanza di
governo: ma per restare al “caso italiano” l’obbligatoria
assunzione di responsabilità amministrative nel Comuni
rappresenterà la vera cartina di tornasole per giudicare
la realtà di questo nuovo soggetto politico).
Forniamo, ancora, alcuni dati significativi rispetto
all’entità dell’assenza dal voto: prendendo in esami i
risultati di 124 comuni (il 122 compresi nelle regioni a
Statuto ordinario più Gorizia e Palermo) si registravano
un totale di 5.273.844 elettrici ed elettori aventi diritto;
tra questi 3.054.821 (il 57,92%) hanno depositato
nell’urna un voto valido per l’elezione del Sindaco e
2.863.144 (il 54,28%) per le liste.
Di conseguenza il tasso di astensione, per quel che
riguarda le liste può essere valutate al 46,72%: come si
scriveva all’inizio assolutamente un record per analogo
tipo di elezione nella storia della Repubblica.
La provincia di Savona ha avuto un ruolo
assolutamente marginale in questa complessa vicenda:
si è votato, infatti, in soli sei comuni, tutti al di sotto della
soglia del 15.000 abitanti, Altare, Boissano, Borghetto
Santo Spirito, Cairo Montenotte, Calizzano e Giusvalla.
L’esito è stato assolutamente favorevole allo
schieramento di centrosinistra (fornendo così anche
una indicazione di massima per l’insieme della
situazione politica provinciale) che oltre a confermare il
governo dell’importante comune di Cairo Montenotte,
con la candidatura del sindaco uscente Fulvio Briano,
ha strappato i comuni di Altare (tornato al centro sinistra
dopo un intervallo) e Borghetto Santo Spirito (un
risultato assolutamente storico).
Un buon viatico quindi per l’apertura di un ciclo
amministrativo diverso dal passato, al riguardo del
quale non ci resta che formulare i migliori auguri per i
nuovi amministratori.
In oltre 100 comuni di quasi tutte le Regioni italiane si è
svolto, tra il 6-7 Maggio (primo turno) e il 20 e 21 dello
stesso mese (turno di eventuale ballottaggio) un
importante appuntamento elettorale che ha riguardato
non semplicemente il pur importante aspetto locale
delle competizioni, ma il cui esito si è riflettuto sull’intero
quadro politico.
Un risultato complessivo che ha fornito alcune
importanti indicazioni: si è verificata un’ulteriore
deframmentazione tra la società e la politica, tradottasi
in un livello di astensioni dal voto mai fatto registrare in
precedenza in alcun tipo di competizione elettorale; la
geografia politica espressa dai vari partiti e movimenti è
apparsa fortemente frammentata, ben al di là della
presenza di moltissime liste civiche, soltanto una parte
delle quali da collegarsi agli schieramenti tradizionali di
centro destra e di centro sinistra; appare evidente, a
questo punto, come al centrodestra dello schieramento
politico italiano si profili un vero e proprio “vuoto”,
dovuto al declino di una leadership che aveva
impresso, negli anni scorsi, un vero e proprio “marchio”
a questa parte politica: un dato reso ancor più
complesso dalla crisi verticale della Lega Nord colpita
dagli scandali e dallo “sfarinamento” del Pdl; il Pd
conquista successi importanti in alcuni capoluoghi
tradizionalmente amministrati dalla parte avversa come
Como e Monza, ma “non vince” in altre situazioni
importanti come Parma e rimane, comunque, in bilico
rispetto alla strategia delle alleanze non ancora definita
sul piano degli elementi programmatici e delle
dinamiche di schieramento (del resto in vista delle
politiche 2013, rimane tutta intera l’incognita
riguardante l’eventuale modifica della legge elettorale).
Il movimento 5 stelle si è chiaramente dimostrata l’unica
forza politica in grado di aggregare consenso, ma,
almeno nelle situazioni in cui ha ottenuto i suoi maggiori
successi, sia eleggendo alcuni sindaci sia sfiorando il
ballottaggio come a Genova, è necessario costatare
come questi risultati non abbiano inciso sul complesso
dell’astensione, che rimane il segnale vero e concreto
dell’emergere di quella che è stata definita
giornalisticamente ma in maniera del tutto impropria
“antipolitica”. Del resto il movimento 5 stelle è ormai
presente da diverso tempo alle tornate elettorali (come
*Storico e politologo
9
Solidarietà Auser
MOBILITAZIONE STRAORDINARIA
PER LE POPOLAZIONI COLPITE DAL TERREMOTO IN EMILIA
É stato attivato un numero di conto corrente
nazionale su cui operare i versamenti delle diverse
raccolte fondi: c.c. bancario intestato a:
“Auser Solidarietà Eventi”
presso: Monte dei Paschi di Siena
Agenzia n. 1 Via Po, 94 – 00198 Roma
Cod. Iban: IT 24 S 01030 03201 000002233115
Un’altra forma di solidarietà possibile è l’acquisto di
formaggio parmigiano reggiano a costi di produzione.
L’iniziativa ha però avuto così tante adesioni che le
scorte già liberate dalle macerie sono esaurite e il
rimanente parmigiano è ancora stoccato nei capannoni
che sono, al momento, resi inagibili dalle scosse di
terremoto che si sono succedute in modo serrato.
Se sarà possibile aderire, in seguito, a tale iniziativa o
ad altre che Auser promuoverà ne daremo conto ai soci
e ai nostri lettori in tempo utile.
A cura della Redazione
La terra continua a tremare in Emilia. In una notte,
nell’arco temporale compreso tra mezzanotte e le 6 del
mattino, sono state registrate 31 scosse con epicentro
nelle campagne fra Medolla, San Felice e Mirandola,
ma tutta l’Emilia è in ginocchio. Si piangono i morti, la
maggior parte operai che sono rimasti sepolti dalle
macerie dei capannoni industriali. Ma, altri operai, con
tenacia e coraggio, continuano a chiedere aiuti per
riprendere a lavorare, per non perdere le commesse
per le aziende e la fonte di reddito per le proprie
famiglie. La grande dignità e la laboriosità degli emiliani
ci ha fatto scoprire un’Italia piegata ma non vinta. Gente
spaventata che ha paura di entrare nella propria casa
ma che non esita a riprendere il lavoro e una parvenza
di quotidianità; dorme in auto ma non perde il proprio
orgoglio e rivendica l’appartenenza a quella terra da
cui sembra essere stata tradita. La zona ricca e
produttiva del parmigiano e dell’elettromedicale, la zona
che contribuisce sostanzialmente al mantenimento del
benessere di tutto il Paese è gravemente ferita e sta
soffrendo con dignità ma non con rassegnazione. I più
colpiti rimangono, come sempre durante queste
catastrofi, le fasce più deboli della popolazione e tra
loro certamente gli anziani. E’ per questo che la nostra
associazione si mobilita sia a livello periferico sia
nazionale. Abbiamo infatti ricevuto dalle nostre strutture
questo comunicato che pubblichiamo integralmente
certi nella solidarietà anche dei nostri lettori. “L’Auser
Nazionale nell’esprimere il proprio cordoglio per le
vittime e la solidarietà a tutti i cittadini colpiti da questo
tremendo terremoto, invita tutte le sue strutture ad un
impegno straordinario di raccolta fondi.
Le risorse saranno finalizzate al sostegno dei cittadini
ed al ripristino dell’agibilità e funzionalità delle attività
delle diverse strutture delle associazioni Auser
danneggiate dalle ripetute e forti scosse.
Appena possibile, attraverso una riunione specifica con
le strutture dell’Emilia Romagna, verrà definita la
destinazione precisa delle risorse raccolte e si valuterà
la necessità di ulteriori impegni a sostegno delle
popolazioni
delle
città
colpite
dal
sisma.”
Le donazioni, da subito, possono essere effettuate
tramite il conto corrente appositamente costituito o
attraverso le sedi territoriali dell’Auser.
(segue da pagina 6) Nasce la repubblica ...
La “repubblica” ha tenuto in quegli anni, ma a prezzi
pesanti. Che si scontano ancora oggi. L’informazione
però in quegli anni è cresciuta. Nascono e muoiono
vecchi e nuovi giornali. La Repubblica (il giornale) è
negli anni Settanta l’esperimento più significativo.
E i periodici (Espresso, Panorama, Epoca, Europeo,
Abc che sotto la direzione di Ruggero Orlando sarà una
delle voci laiche per le battaglie sui diritti civili, per
citarne alcuni) vendono molto, sono fonti autorevoli con
inchieste e reportage.
Il terzo: gli anni novanta e oggi. La repubblica,
diventa seconda repubblica senza che la prima si sia
davvero compiuta. L’informazione cambia, diventa
oggetto, iniziativa e proprietà di grandi gruppi
economico finanziari o industriali. Tra crisi e rilanci con
l’esplosione del modello televisivo commerciale. Se
“Non è mai troppo tardi” aveva alfabetizzato molti
italiani, la tv commerciale che sommerge e lascia in
secondo piano approfondimento e informazione
concreta, rappresenta il classico fenomeno dell’
“analfabetizzazione” di ritorno. La repubblica e
l’informazione sembra meno compiuta, come la
costituzione, nella vita di ogni giorno, nella politica, negli
scandali e in generazioni che trovano sempre meno
testimonianza della storia, del vissuto. Anche per le
carenze della formazione scolastica. Il multimediale
(cioè la rete, i nuovi media) aprono a grandi spazi di
partecipazione e di partecipazione, diventano strumenti
di lotta politica e di informazione. Ma la televisione
diventa anche “partito” nell’era berlusconiana. Talvolta
contribuendo a sbeffeggiare i valori della repubblica e
della sua costituzione.
Repubblica e Costituzione da rottamare? Proprio no.
Proprio perché incompiute vale la pena di raccontarle e
renderle compiute. Perché i rottamatori, spesso,
buttano via il bambino con l’acqua sporca.
*Giornalista de “Il Secolo XIX”
10
La Costituzione e il lavoro
SINDACATI UNITI PER CONFERMARE IL VALORE DEL LAVORO
FRANCESCO ROSSELLO*
Viviamo tempi difficili. Nell’articolo a fianco, Dabove traccia
un breve quadro del precariato nella nostra provincia; in
altre occasioni abbiamo descritto gli effetti della crisi
sull’economia locale e sull’occupazione. Ognuno di noi
vive sulla propria pelle il disagio più o meno pesante che
deriva da questa situazione, gli effetti nefasti di questa crisi
incidono direttamente sulle condizioni di vita di tutti.
Quando qualcuno soffre, serve a poco dirgli “guarda che
stai male” perché lo sa già, occorre invece scoprire le
cause del suo dolore ed individuare la terapia giusta.
Proviamo quindi a soffermarci prima sulla diagnosi, poi
sulla cura. Nei mesi scorsi i Governi europei, e con essi il
Governo Monti, ci hanno spiegato che l’’unica via per
uscire dalla crisi risiedeva nel rigore e nell’austerità, era
necessario riportare in pareggio i conti pubblici, tagliando
la spesa pubblica, se occorre anche welfare, sanità e
istruzione. Si diceva “Prima ci vuole il risanamento, poi si
penserà alla crescita”. Queste idee sono tipiche della
destra europea e si basano sul concetto che gli Stati
nazionali vadano gestiti come un’azienda privata, per cui i
servizi pubblici non possono essere finanziati con il debito
(da qui l’idea assolutamente non condivisibile di inserire in
Costituzione l’obbligo di pareggio di bilancio). Sulla base di
questo principio sono state aumentate spropositatamente
le tasse che però, sono state utilizzate per ripianare il
deficit pubblico. Quindi ad un aumento delle tasse non ha
corrisposto un aumento dei servizi nella quantità e nella
qualità, al contrario anche i servizi sono diminuiti perché
anche i Comuni hanno dovuto dare il proprio contributo
all’obiettivo del risanamento accettando di vedersi ridurre
le risorse. Quindi più tasse e meno servizi, una situazione
che unita alla crisi industriale ed occupazionale, si è
rivelata esplosiva. Le persone perdono il lavoro, pagano
più tasse, non hanno prospettive e, quindi consumano di
meno. Meno consumi vuol dire ancora più crisi aziendali e
più disoccupazione. Gli Stati diventano bersaglio di
attacchi finanziari, le borse perdono, il famigerato spread
aumenta, aumentano gli interessi sul debito che dobbiamo
pagare e, alla fine di questo circolo vizioso, tutti i nostri
sacrifici vanno in fumo e che, come beffa finale, il nostro
debito aumenti anziché diminuire. Questa è la diagnosi e
la prima cosa da dire con forza è che questa ricetta di
destra, che fino a qualche settimana fa ci veniva venduta
come l’unica possibile, si è rivelata fallimentare.
Fatta questa premessa, la cura non può che consistere in
scelte di politica economica diverse e, se possibile,
opposte, a quelle di prima. Nei giorni scorsi il Governo ha
licenziato la riforma del mercato del lavoro, una riforma
debole ed insufficiente che è stata venduta falsamente
come uno strumento utile a creare occupazione. Non è
con queste leggi che si crea occupazione, ma liberando
risorse che facciano ripartire la produzione ed i consumi.
Come fare? Abolire l’Imu sull’abitazione principale,
aumentare le detrazioni sui redditi da lavoro dipendente
per ridurre subito le tasse a lavoratori e pensionati,
allentare il patto di stabilità per quei Comuni che hanno
lavori cantierabili e potrebbero pagarli. Sono tutti interventi
finanziabili utilizzando le risorse recuperate dalla lotta
all’evasione fiscale, riducendo i costi della politica e i costi
per le “consulenze” nel sistema pubblico, tassando in
maniera più incisiva i capitali esportati e, soprattutto,
istituendo una patrimoniale vera che colpisca le grandi
ricchezze. All’art. 4 la Costituzione impegna lo Stato a
“promuovere le condizioni” che rendano effettivo il diritto al
lavoro. Con questa formulazione, lo Stato non deve
trovare un posto di lavoro per ogni singolo cittadino, ma
deve creare le condizioni economiche e sociali che lo
mettano nelle condizioni “di svolgere, secondo le proprie
possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che
concorra al progresso materiale o spirituale della società”.
Creare queste condizioni è un dovere costituzionale e per
questo, Cgil, Cisl e Uil hanno scelto di manifestare
unitariamente e di proporre la propria “cura” in occasione
del 2 giugno (manifestazione rinviata al 16 giugno a
seguito del terremoto in Emilia). Quindi non solo scendere
in piazza per manifestare un disagio, ma, come sempre,
per chiedere scelte politiche diverse.
*Segretario Camera del Lavoro di Savona
IL PRECARIATO A SAVONA
FAUSTO DABOVE*
Quello del precariato diffuso ed ormai insostenibile sotto
ogni punto di vista (sociale, economico, morale) è un
fenomeno che ha investito in pieno anche la nostra
provincia. Nel 2011 a Savona ben l’85% delle assunzioni
sono avvenute con forme contrattuali precarie e solo nel
15% dei casi il lavoratore ha ottenuto un contratto a tempo
indeterminato. In altri termini su 20 savonesi che riescono
a trovare lavoro, cosa già di per sé difficile di questi tempi,
solo 3 vengono assunti con contratto a tempo
indeterminato: gli altri 17 ottengono solo contratti precari.
Per le persone sotto i 30 anni di età la situazione è ancora
peggiore: in questo caso la percentuale di chi viene
assunto con un contratto a tempo indeterminato è minore
del 9%. Da tempo la precarietà non è più un fenomeno
riconducibile solo ai giovani che entrano nel mondo del
lavoro: anche chi cerca lavoro perché l’ha perso a causa
della crisi si trova, indipendentemente dall’età, di fronte
questo scenario. Nella nostra provincia questa precarietà
si manifesta prioritariamente con i contratti a tempo
determinato (circa il 48% del totale delle assunzioni), quelli
a chiamata (più 14%), o in somministrazione (interinali,
circa il 10%). Seguono poi le tipologie contrattuali non
riconducibili a lavoro dipendente, come i diversi tipi di
collaborazione (poco meno del 5% del totale delle
assunzioni). Ci sono, infine, le false Partite Iva che spesso
possono mascherare un rapporto di lavoro dipendente: un
fenomeno difficile da stimare ma in sensibile aumento
anche a Savona.
*Segretario NidiL CGIL Savona
NidiL (Nuove Identità di Lavoro) è la categoria che si occupa dei
lavoratori con forme contrattuali precarie come il lavoro interinale,
l’associazione in partecipazione, il contratto a progetto, le partite Iva
individuali.
11
Sindacato pensionati Cgil
La crisi colpisce tutte le età.
Ma gli anziani sono
maggiormente penalizzati
20 GIUGNO 2012
MANIFESTAZIONE
DEL SINDACATO
PENSIONATI
Dopo anni di separazione
Cgil-Cisl e Uil in piazza
uniti per tutelare i diritti
ANNA GIACOBBE*
dipendenti e ai pensionati, riducendo loro le tasse; ai
più ricchi va fatta pagare una tassa sui grandi patrimoni;
vanno trovati i soldi e date indicazioni precise a Comuni
e Aziande sanitarie per sostenere le persone non
autosufficienti con servizi e aiuti alle famiglie; l’IMU sulla
prima casa deve essere cancellata e, intanto, almeno,
devono pagare meno non solo le famiglie con figli, ma
anche quelle che hanno disabili e anziani non
autosufficenti e chi affitta a canone concordato. Sono
queste le principali richieste che i sindacati dei
pensionatidi di Cgil Cisl e Uil, finalmente uniti dopo anni
difficili, hanno presentato e sosterranno con azioni
pubbliche. In particolare stiamo preparando una
giornata di mobilitazione per il 20 giugno, con tre
manifestazioni contemporanee a Milano, Roma e Bari.
E poi decideremo come proseguire la nostra battaglia.
E’ importante che tanti e tante siano presenti.
Anche avanti con l’età, nessuno “ci regala” nulla: tutto si
deve conquistare e ri-conquistare. Insieme ai lavoratori,
insieme ai giovani: gli interessi sono comuni.
Basta andare un po’ tra la gente, basta stare qualche
ora nelle sedi del Sindacato dei Pensionati e incontrare
le persone che arrivano lì, per vedere come stanno le
cose, senza avere bisogno di tante statistiche (ma
anche quelle confermano la reltà).
La condizione materiale di tanti anziani è peggiorata in
questi anni; molti di loro condividono le incertezze e le
preoccupazioni di famiglie in cui i ragazzi non trovano
lavoro e gli adulti spesso lo perdono. I redditi da
pensione pagano più tasse di altri; pagano troppo,
perchè ci sono ancora troppi che non pagano. Una
malattia, la perdita di autosufficienza possono fare
precipitare "sotto la soglia di povertà" persone che
avrebbero un reddito anche decente. Una pensione da
1200 euro netti in su non avrà, quest'anno ed il
prossimo, nessun adeguamento del suo valore
all'aumento del costo della vita, che è tornato a
crescere. Chi ha una casa propria, anche se ha solo
quella, pagherà di nuovo una tassa in più.
Certo, l'Italia era sull'orlo del disastro economico; se
fosse accaduto staremmo tutti peggio. Ma per tenere a
galla questa barca hanno pagato quelli che vivono del
proprio lavoro e che versano regolarmente le tasse.
Tutte cose che sappiamo. Così come è certo che se
non ci sarà un po' di lavoro, di nuova occupazione, se
non crescerà l'economia e se non cominceranno a
pagate il giusto quelli che hanno di più, anche tutti i
sacrifici dei lavoratori e dei pensionati non serviranno a
femare il declino,l'impoverimento di tanti italiani. Questa
deve essere la principale preoccupazione di chi
governa oggi; questo è l'obiettivo del nostro sindacato.
Le cose possono prendere un'altra piega se in Europa
(a quel livello si decidono oggi cose importanti) prevarrà
un altro modo di affrontare la crisi, non solo mettendo in
ordine i conti pubblici, e certo non tagliando servizi e
protezioni sociali, ma finanziando la crescita economica
e uno stato sociale all’altezza delle necessità delle
persone. E intanto, però, c’è bisogno che il Governo e il
Parlamento italiano decidano di dare a chi “ha pagato”
risposte precise ed urgenti: quel che si recupara dalla
lotta all’evasione fiscale va restituito ai lavoratori
*Segretaria regionale Spi Liguria
12
L’opera Lirica
LA NOBILTÀ
E IL MESSAGGIO
DI AIDA
ALDO PASTORE
“Aida” è, in ordine cronologico, la
ventinovesima opera di Giuseppe
Verdi. E’ stata composta, su libretto
di Antonio Ghislanzoni (tratto, a sua
volta, da un soggetto di Auguste
Mariette) negli anni 1870-1871,
previa
richiesta
del
Khedivè
d’Egitto. E’ stata rappresentata, per
la prima volta, al teatro dell’opera
del Cairo, in data 24 dicembre
1861, in occasione della cerimonia
inaugurale dell’apertura del canale
di Suez.
Ad un primo e superficiale esame,
“Aida” sembra essere un’opera
semplicemente celebrativa; non a
caso, essa è stata rappresentata,
più volte, in occasione di festival ed
è stata oggetto di innumerevoli e
grandiose esecuzioni all’aperto,
destinate, soprattutto, ai turisti. Ma,
le cose non sono così semplici; se
noi esaminiamo l’opera nel suo
profondo, possiamo riscontrare il
suo alto significato etico e spirituale
e possiamo scorgere in essa un
eccezionale valore anche sotto il
profilo
puramente
artistico
e
musicale. Incominciamo, allora, ad
esaminarla partendo dalla trama,
articolata in quattro atti.
Atto primo- quadro primo
Palazzo del re a Menfi
Aida, figlia del re etiope Amonasro,
vive, come una schiava, alla corte
del re d’Egitto. Si è innamorata di
Radames ed i suoi sentimenti sono
ricambiati appassionatamente(vedi
la romanza di Radames: “Celeste
Aida”). Ma, anche la figlia del re
d’Egitto, Amneris ama il giovane e
valoroso guerriero; tuttavia, ella si
accorge, con inquietudine, che
Radames nutre nei confronti di Aida
una profonda simpatia (terzetto:
Aida, Amneris, Radames).
Al riaccendersi della guerra tra
Etiopia ed Egitto, Radames, viene
nominato condottiero delle truppe
reali. Tutti gli augurano la vittoria;
anche Aida, la quale, solo più tardi,
si rende conto di aver desiderato la
sconfitta del padre e, disperata,
chiede agli Dei Patrizi consolazione
alle proprie pene.
Il conflitto interiore tra il sentimento
per il padre e quello per l’uomo che
ama è insolubile (vedi aria di
Aida:”Ritorna vincitor”).
Atto primo- quadro secondo
Interno del tempio di Vulcano a
Menfi.
Sacerdoti e sacerdotesse invocano
la divinità con canti e danze rituali,
affinché Radames possa ritornare
vincitore. Il gran sacerdote Ramfis
consegna al condottiero la sacraspada.
Atto secondo – quadro primo
Sala nell’appartamento di Amneris.
Gli egizi, guidati da Radames,
hanno sconfitto gli etiopi. Aiutata
dalle ancelle, Amneris si abbiglia
sontuosamente per partecipare alla
celebrazione della vittoria. Rimasta
sola con Aida, riesce con uno
stratagemma a farle confessare il
suo amore per Radames (scena e
duetto”Trema o vil schiava”).
Atto secondo – quadro secondo
Una delle porte della città di Tebe.
I soldati egizi, tornati in patria,
vengono
accolti
dal
popolo
esultante
(Marcia
trionfale).
Amneris incorona Radames con il
serto dei vincitori e il re promette
solennemente al condottiero di
soddisfare ogni suo desiderio.
Radames
chiede
che
venga
concessa la libertà ai prigionieri
etiopi. Il re acconsente, trattenendo
però, in ostaggio Aida e suo padre.
13
Quindi, offre a Radames la mano di
Amneris e la successione al trono
d’Egitto.
Atto terzo
Sulle rive del Nilo di notte.
Alla vigilia delle nozze, Amneris si
reca a pregare nel tempio di Iside.
Sulle sponde del Nilo, Aida attende
Radames per un incontro segreto
(aria di Aida: ”O cieli azzurri”).
Amonasro, che ha seguito la figlia,
ne approfitta per ricordarle le pene
sofferte
dal
suo
popolo
e
convincerla a farsi rivelare da
Radames i piani di battaglia
dell’esercito egizio (duetto: AidaAmonasro: “Rivedrai le foreste
imbalsamate” ). Aida convince
Radames a fuggire con lei (duetto:
Aida -Radames:” Oltre il Nilo ne attendono i
prodi a noi devoti”). Non appena
Radames svela attraverso quale
percorso il suo esercito avanzerà
contro gli etiopi, Amonasro, che ha
udito tutto di nascosto, esce
dall’oscurità e si presenta a
Radames
con
atteggiamento
trionfale, dichiarando di essere il Re
degli Etiopi. Amneris, uscita dal
tempio, è testimone dell’involontario
tradimento e denuncia il complotto
ai sacerdoti ed alle guardie. Mentre
Aida ed Amonasro riescono a
fuggire, Radames si consegna
prigioniero al capo dei sacerdoti.
Atto quarto- quadro primo
Sala del palazzo del re d’Egitto.
Radames,
accusato
di
alto
tradimento, si difende davanti al
tribunale dei sacerdoti. Amneris
promette di salvarlo, purché rinunci
ad Aida. Radames, irremovibile, è
pronto a sacrificare la vita (scena e
duetto Amneris Radames: E’ la morte un
ben supremo”).
(Segue a pagina 14)
L’opera Lirica
(segue da pagina 13)
Atto quarto – quadro secondo
Tempio di Vulcano, sopra ad un
sotterraneo.
Radames
viene
rinchiuso vivo nella cella mortale.
Aida si è nascosta nel sotterraneo
per morire assieme a lui. Mentre i
sacerdoti invocano la divinità e
Amneris prega la dea Iside, affinché
conceda a Radames la pace
eterna, i due amanti danno,
insieme, l’addio alla vita. (duetto
finale Aida - Radames: “O terra,
addio, addio, valle di pianti”).
Dalla lettura del testo poetico, ma,
soprattutto, dall’audizione musicale
emerge molto chiaramente la
straordinaria nobiltà di questa
opera. E’ pur vero, infatti, che
esistono, nel contesto del dramma,
delle scene coreografiche, affidate
a gruppi danzanti, ma esse hanno,
tutte, un ben preciso scopo e
significato; così la danza delle
sacerdotesse (primo atto- secondo
quadro)
non
è
un
inserto
indipendente e fine a se stesso, ma
rappresenta il complemento visivo
di un rituale, caratteristico della
tradizione egizia. Lo stesso dicasi
per la danza dei giovani schiavi
(secondo atto- primo quadro), la
quale è un breve inserto, ma viene
a configurarsi come un episodio di
una complessa vita collettiva. Infine,
la
famosa
”Marcia
trionfale”,
collocata nel finale del secondo
atto, rappresenta l’esaltazione della
“Vis bellica” ed è perfettamente
coerente con il pensiero e l’azione
dei protagonisti egizi (da Radamens
a Ramfis, al Re ed al popolo nel
suo complesso).
Un secondo aspetto che desidero
evidenziare è rappresentato dal
raffinato
esotismo
musicale,
esistente in quest’opera; non risulta
da nessun documento che Verdi
abbia mai compiuto studi sulla
musica e sul folklore arabo e
orientale, in genere; viene quasi
naturale pensare che Verdi abbia
creato autonomamente(e quindi con
un eccezionale istinto artistico) gli
elementi esotici presenti nello
spartito; questi, infatti, risultano,
ancora oggi, sorprendentemente
coerenti con i presupposti fondanti
della tradizione araba.
Infine: un breve, ma sentito, cenno
al personaggio di Aida, giovane
donna, che compare come schiava
all’inizio dell’opera, che ama
Radames
con
una
luminosa
spontaneità e che, tuttavia, non
vuole scindere il legame ancestrale
verso il Padre ed il popolo etiopico
e che, infine, in assoluta coerenza e
con una istintiva nobiltà d’animo,
decide di morire con Radames,
incoronata dai mirabili versi:” A noi
si schiude il cielo e alme erranti
volano al raggio dell’eterno dì”.
Aida
all’Arena
di Verona
Il 28 e il 29 giugno (due giorni e
una notte) l’Auser di Savona
organizza un viaggio a Verona per
assistere alla rappresentazione
dell’opera Aida allestita all’Arena. Il
Viaggio è in bus Gran turismo con
accompagnatore; il pernottamento
in
hotel 4 stelle La quota di
partecipazione comprende i pranzi
in ristorante con bevande.
Programma del viaggio
1 giorno
Partenza dalla Riviera per Verona.
Pranzo in ristorante. Nel pomeriggio
visita guidata della città.
Serata
all’arena
per
la
rappresentazione di Aida
2 giorno
Visita a Sirmione e Lago di Garda.
Tempo libero oppure escursione
facoltativa in battello. Pranzo in
agriturismo
Nel pomeriggio viaggio di rientro
Quote
di
partecipazione
individuale:
225
euro
(supplemento camera singola: 22
euro)
Biglietto
di ingresso
alla
rappresentazione
(Costo: da 25,50€ in gradinata a
73€ in poltrona)
Assicurazione
annullamento
facoltativa (15 euro a persona).
Informazioni:
numero
verde
800.995.988
oppure
Ennio
Moretti
338.234.3982
14
La curiosità
CHIAMATO ELISIR D'AMORE
PER AMORE DELLA LIRICA
Verdi patriota convinto della nuova
Italia unita, fu sostenitore dei moti
risorgimentali tanto che,
durante
l'occupazione austriaca, la scritta
"Viva V.E.R.D.I." pare fosse letta
come "Viva Vittorio Emanuele Re
d'Italia". Fu deputato del primo
parlamento
del Regno d'Italia e
rappresentò, attraverso le sue opere,
la somma dei simboli che avevano
guidato i patrioti e i “giovani” italiani
all'unificazione
nazionale
contro
l'oppressione straniera.
In molte sue opere la coralità dei
popoli è protagonista di arie famose e
gli italiani, forse anche per questo,
agli inizi del Novecento, amavano e
conoscevano le arie di Verdi che lo
resero un mito.
Un lettore ci ha raccontato, a questo
proposito, un aneddoto riguardante la
sua famiglia. Testimonianza della
conoscenza profonda del repertorio
verdiano e dell’amore per la lirica che
aveva suo nonno.
“Vissuto a cavallo tra i due secoli, mio
nonno, originario di Verona, aveva
percorso l’Italia, traslocando per
lavoro, era ferroviere, da una città
all’altra sino a fermarsi, non più
giovanissimo, a Savona. Aveva un
viscerale amore per l’opera lirica, una
grande conoscenza musicale, un
buon orecchio, ma anche un carattere
focoso, che prendeva il sopravvento
in particolare quando andava a teatro.
Capitava spesso che, nel pieno di una
romanza o di un duetto, se anche una
sola nota non era interpretata a
dovere, non esitava ad alzarsi e a
manifestare il suo dissenso, faceva
rimarcare l'errore, costringendo il
maestro e direttore d'orchestra a
interrompere
l'esecuzione.
Un
personaggio davvero eccentrico, un
loggionista ante litteram nel solco
della storia della lirica. Ma non era
solo
un
attento
fruitore
del
melodramma. Era un melomane
convinto, al punto che volle far
entrare nella vita reale i personaggi
verdiani. I suoi figli, ne ebbe ben otto,
presero tutti il nome di personaggi
della lirica: da Ruy Blas ad Elisir
d’Amore con un contorno, a conferma
della sua passione per le opere
verdiane,
di
Aida,
Radames,
Amneris, Ramfis e Amonasro, più
Lohengrin”.
Come eravamo
L’AVVENTURA ALLE COLONIE ESTIVE DI ULZIO
Savona 1961: Partenza per la colonia “Cailani” di Ulzio (foto archivio Camera del Lavoro Savona)
CARMEN PARODI
Quante foto da riordinare! E’ giunto
il momento e con pazienza cerco di
riscoprire, organizzare in ordine di
tempo una quantità infinita di foto,
iniziando da quelle più vecchie,
potrei dire antiche, rigorosamente in
bianco e nero. Tra tutte eccone un
gruppetto che mi fa balzare il cuore
in petto: le foto della colonia di
Ulzio, dove ho vissuto la prima
esperienza di vita lontana da casa,
sola, anche se inserita in un gruppo
perfettamente organizzato, in cui
disciplina, gioco e movimento
avevano lo scopo di aiutare la
crescita armonicamente intrecciata
con l’aspetto salutistico: “cambiare
aria” era uno dei dettami cui si
ispirava l’organizzazione dell’attività
di educazione e di crescita dei
giovani. Ricordo...Perplessità, lievi
imprecisati timori, ma anche la
curiosità, le aspettative che mi
investirono al momento in cui
”barba” Checchin comunicò ai miei
genitori la sua idea di proporre il
mio nome al posto di quello di suo
figlio, il cuginone Ninni, per il
soggiorno ad Ulzio, nella colonia
dell’Ilva, di cui era dipendente. Tutte
le incertezze furono fugate dalle
storiche parole di zia Rina: ”Questa
bambina deve cambiare aria! Deve
imparare a mangiare di tutto, senza
tante storie! Ci vuole la montagna!
Non basta il clima degli Arbi!”
Ed entrai nel manipolo dei figli
dell’Ilva, pronti alla partenza per le
alte quote della Val di Susa. A
ripensarci, risento l’emozione della
consegna della divisa: gonnellina in
tela pesante blu scuro, giacchina a
vento azzurro e cappellino bianco.
Ci si sentiva così componenti di un
gruppo solidale, in cui identificarci.
E la partenza in treno: un piccolo
esercito salutava dai finestrini i
parenti, in uno sventolio di
fazzoletti! Qualcuno tra i piccoli
frignava un po’, ma presto la
malinconia
lasciava
il
posto
all’impegno nei cori, che lungo tutto
il tragitto verso la montagna
entusiasmavano ed univano esperti,
che ripetevano viaggio e soggiorno,
e neofiti, che via via superavano le
titubanze con cui si univano ai canti
di
montagna
intonati
dalle
volenterose
signorine
che
ci
accompagnavano. Le foto mi
ripropongono gruppi in cui sono
stati immortalati ufficialmente tutti i
partecipanti al soggiorno con la
direttrice, le educatrici, la cuoca,
l’infermiera; in altre si notano
gruppetti ridotti: le amiche del
cuore, appunto, Nellida e Franca
con me: sempre insieme, durante
tutti i giorni, anche a Savona, dalla
scuola ai giochi nella nostra via
(non trascurabile penso sia stato il
loro peso sulla mia accettazione
dell’esperienza). In tutte le foto sullo
sfondo domina l’imponente sagoma
del monte Chaberton, dalla cima
sempre innevata. Una meta che
ogni
giorno
immaginavo
di
raggiungere e che invece restò un
sogno irrealizzato. Passeggiate ne
facevamo ogni giorno, nei prati e
nei boschi nei dintorni della
costruzione in mattoni rossi che ci
15
ospitava
e,
a
volte,
ci
avventuravamo al colle, dove stava
sorgendo la stazione sciistica del
Sestrière. Il ritmo delle nostre
giornate era regolato e scandito
dalle occupazioni quotidiane: la
sveglia ci richiamava il mattino
come un plotoncino militarmente
ordinato. Le grandi aiutavano le più
piccole a rifare i letti, schierati nella
camerata, sul fondo della quale un
paravento bianco occultava il letto
dell’educatrice; il passaggio ai
bagni, segnato da piccoli scherzi,
giochi e qualche disputa, senza mai
degenerare.
La
disciplina,
dominava ogni momento delle
giornate, durante le quali, i giochi, i
canti,
le
piccole
recite
si
alternavano a esercizi ginnici, brevi
momenti di riflessione (qualche
compito da recuperare) oltre alle
passeggiate, perfetto schieramento
in fila per due! Il momento dei pasti,
tutte ordinatamente sedute lungo i
tavoloni della mensa, era per me,
poco propensa al cibo, tanto più se
non cucinato da mia madre o dalle
mie zie, un passaggio molto difficile:
mi pareva che non sarei mai riuscita
ad ingurgitare quella roba! Ma
giorno dopo giorno, forse complice
l’aria fina della montagna, o lo
sguardo attento dell’educatrice,
avvenne il miracolo: cominciai a
mangiare tutto senza tante storie,
apprezzando soprattutto il momento
della merenda, quando, tutte in fila,
nel cortile, ricevevamo, sulla soglia
della cucina, pane e cremifrutto
(segue a pagina 16)
Come eravamo
Il ritorno a casa,
forse con un filo di
malinconia, era la
gioia di poter
raccontare in casa
tutte
le
nuove
esperienze,
ma
anche la maggiore
consapevolezza di
ciò che potevano
fare i bimbi delle
numerose colonie
marine
esistenti
lungo la nostra
costa, nelle quali, a
Celle, ad Andora,
ricordo bene, mio
padre aveva fatto e
curava gli impianti
elettrici, e dove,
secondo le sue
Estate ’56 a Ulzio da dx. Carmen, Nellida e Franca.
Sullo sfondo il monte Chaberton
abitudini,
molto
spesso mi aveva
(segue da pagina 15)
portato in visita, suscitando in me
quei mattoncini di marmellata grandi curiosità su ciò che poteva
solida) oppure una pesca da rappresentare il soggiorno in Riviera
mangiare con il pane, cosa che per bambini che arrivavano da
entrerà nelle mie abitudini (ancora Milano, da Bergamo, da Torino. E
oggi trovo molto goloso pane e così potevo immaginare anche la
pesca). Mi si affollano alla mente scansione delle giornate di quei
momenti diversi; la scoperta del bambini che mi capitava di vedere,
piccolo centro di Ulzio, paesino tutto non molto lontano dalla mia
in pietra, la chiesetta, di fronte al spiaggia, fare il bagno tutti insieme
cancello della colonia, dove la sotto l’attento sguardo del bagnino,
domenica ascoltavamo la santa stendersi al sole, fare piccoli giochi
Messa con i pochi abitanti della con relative piccole penitenze, né
zona; gli animali al pascolo, che più né meno di ciò che io stessa
passavano davanti a noi, la raccolta avevo vissuto su in montagna, ad
della lavanda, che con l’aiuto delle Ulzio.
grandi, confezionavamo in mazzetti
per farli diventare piccoli “fiaschetti”
(mi pare venissero chiamati così)
rigirando gli steli in modo da
ricoprire i fiori per proteggerli ed
evitare la dispersione dei petali
quando, rinsecchiti, sarebbero stati
usati come profumatori nei cassetti.
Riandare ad un tempo, ormai tanto
lontano, mi ha fatto riflettere su
quanto
sia
stata
importante
l’esperienza, accettata quasi di
malavoglia, e che mi entusiasmò
gradualmente, aiutandomi anche a
superare la mia tendenziale ritrosia,
abituandomi ad apprezzare la vita
in comunità, io, figlia unica,
tormentata dal desiderio di avere
un fratello, ma anche capace di
trascorrere ore con un libro.
Pubblicità del ”cremifrutto” anni ‘60
16
Notizie dai Centri
Solidarietà tra generazioni
PULMINO E PIEDIBUS
L’Auser di Albisola Superiore
accompagna i bambini a scuola
DORA SORGENTE
Da anni i volontari Auser di Albisola
Superiore accompagnano i bambini
delle elementari sul pulmino dello
scuolabus. Il servizio è stato
garantito, per tutto quest’anno, dai
volontari
Ignazio
Baragatti
e
Giuseppe Pastorino. Il loro impegno
quotidiano è stato per il rientro a
casa degli scolari su un percorso
che, partendo dalla Scuola Primaria
di via alla Massa 7, li riaccompagna
alle loro abitazioni nelle frazioni di
Luceto ed Ellera. La collaborazione
tra Scuola, Comune e Auser si è
rivelata proficua tanto che, da
marzo di quest’anno, è attivo un
nuovo servizio sempre a favore dei
bambini. L’importanza di insegnare
ai piccoli a camminare a piedi su
percorsi urbani, il desiderio di
stimolare in loro l’amore per la città
e il quartiere, l’importanza di
stimolare lo spirito di osservazione
unito alla socializzazione e al senso
civico sono gli elementi portanti del
“progetto Piedibus.” Il piedibus è
già stato attivato, con successo, in
molti comuni, tra cui la vicina
Savona.
Per
Albisola
la
sperimentazione è stata possibile
grazie
ai volontari: Antonio
Amendola, Giuseppe Pastorino,
Rosanna
Bombo,
Loredana
Tammurello,
Nicoletta
Martini,
Stefania Cuvato, Karina Guelfi e
Dora Sorgente che si sono resi
disponibili ad accompagnare a piedi
i bambini. La prima “linea”
sperimentale va dal capolinea di via
Dei Conradi (con una fermata
intermedia davanti alla Stazione
Ferroviaria)
sino alla Scuola
elementare di via alla Massa. I
bambini che hanno aderito al
progetto sono stati circa una decina
ma questo numero è destinato ad
aumentare in autunno quando al
riaprire della scuola, probabilmente,
il progetto prenderà forma in
maniera
definitiva
magari
aggiungendo qualche altra “linea”
urbana.
Come eravamo
ESTATE AI CAMPI SOLARI: BAGNI E GIOCHI IN SPIAGGIA
Con la maestra sulla spiaggia di Zinola. Io, seduta al centro, dietro di me Rita; Tosca è la terza da dx in piedi
EMILIA OLIVIERI
Finita la seconda guerra mondiale, nel 1946, per me
e per le mie cugine Tosca e Rita fu il primo anno di
campi solari. Eravamo 25 bambine
che
frequentavano le scuole elementari. C’erano anche
per i maschietti i campi solari ma, rigorosamente
separati, tanto che non ricordo di averli mai visti.
Iniziavano il primo luglio.
Il ritrovo era alle 8,30 davanti alle scuole elementari
di Villapiana. Accompagnate da tre maestre
andavamo a prendere il tram che ci portava a
Zinola, alla scuola elementare dove era la nostra
sede per spogliarci e metterci in costume. L’uscita
dal retro della scuola dava accesso alla spiaggia,
avevano predisposto una tettoia coperta con foglie
di palma per tenerci al riparo dal sole di luglio. Il
tratto di spiaggia destinato a noi era cintato con
paletti e una corda e anche lo specchio d’acqua
dove ci bagnavamo era ugualmente cintato. Le
bambine, naturalmente, non dovevano andare oltre
le corde dove l’acqua era più profonda. C’era un
bagnino, un ragazzo non alto ma robusto, ci
divideva in due gruppi per fare il bagno, che durava
una trentina di minuti. Un secondo bagno lo
facevamo prima di andare a pranzare.
Ricordo un giorno in cui mia madre, che era venuta
a vedermi, chiese al bagnino se poteva insegnarmi a
nuotare, lui rispose di si, mi portò dove non toccavo
e mi buttò in mare. Cominciai ad annaspare ma
riuscii a stare a galla, da quel giorno, anche se come
un cagnolino imparai a nuotare.
Tra un bagno e l’altro ci organizzavano dei giochi, il
mio preferito era il gioco del fazzoletto. La maestra
formava due squadre, tracciava due righe nella
sabbia distanti una quindicina di metri una da’altra e
una al centro dove si metteva la maestra con il
fazzoletto che pendeva dalla mano, chiamava per
nome due bambine che correvano veloci a prendere
il fazzoletto senza farsi toccare dall’avversaria e
senza oltrepassare la riga di centro dove era la
maestra. Vinceva chi riusciva a prendere il fazzoletto
senza farsi toccare dall’avversaria e portarlo dalle
sue compagne. Altri giochi che facevamo erano “ Un
due tre stella” e “O regina, mia regina quanti passi
devo fare per raggiungere il tuo regno?”.
Una cosa che mi è rimasta impressa: non ci davano
da bere fin dopo l’ultimo bagno per la paura che ci
facesse male, ma la mattinata era lunga e, col sole
di luglio stare tutta la mattina senza bere era una
sofferenza.
A mezzogiorno rientravamo nella scuola dove c’era
la mensa, si pranzava e subito dopo un riposino.
Per completare il pomeriggio la maestra ci leggeva
dei racconti da un libro, narrava delle favole o ci
faceva cantare. Quando erano le cinque, adunata e
tutti a prendere il tram dove proseguivamo a cantare
a squarciagola. Ci riportava alle scuole elementari
di Villapiana proprio vicino a dove abitavo.
Oltre alle mie cugine, molte di quelle bambine le ho
frequentate anche da adulta e una la incontro
ancora adesso. E’ un bel ricordo, dopo cinque anni
di guerra e di paure, tornare alla pace e al
divertimento per noi bambini era un sogno.
17
Come eravamo
“REMESCIANDU” TRA I RICORDI DELLA VECCHIA VADO
Niente è più come allora: 60 anni hanno cambiato città e modo di vivere
ANGELO CALABRIA
Come e quanto è cambiato il mondo dal primo dopo
guerra ad oggi, e con lui, anche il nostro territorio e il
nostro modo di vivere. Ricordo il vivere quotidiano
quando, ad esempio, la radio era un lusso per poche
famiglie mentre adesso i ragazzi hanno alla loro portata
notizie, musica e video da ascoltare o vedere in
qualsiasi posto tenendo in mano il cellulare iphone.
Anche le case erano diverse, specialmente dal punto di
vista igienico. Il gabinetto, quasi sempre sul balcone,
non aveva il bagno con vasca, doccia e il lavabo era
una rarità. Ricordo che, nel 1949, un mio amico mi
portò a casa sua per mostrarmi il nuovo bagno
installato in un vano apposito, tutto piastrellato: era una
sciccheria ed ebbi un po’ d’invidia. La mia cucina, come
la maggior parte in quel periodo, era arredata con una
credenza a due ante e un tavolo con il coperchio
rimovibile che, rovesciandolo, serviva per impastare
completato ed era dotato di mattarello inserito sul
fianco del tavolo stesso. Sotto una grande cappa
c’erano due piccoli fornelli a legna, uno più grande: ”U
Runfo” era nell’angolo e serviva per cucinare con
grosse pentole sul fuoco a legna o carbone. Per
riscaldare c’era una stufa detta a “chitarra” per la forma
che scaldava solo la cucina. La sera, prima di andare a
letto, si riscaldavano le lenzuola con la borsa dell’acqua
calda o con i mattoni refrattari scaldati sulla stufa e
fasciati in pezze di stoffa. Le strade, a Vado Ligure,
erano tutte in terra battuta e d’estate piene di polvere
tanto che, durante il giorno, nelle vie principali passava
un carro con una botte che spruzzava acqua per
attenuare il polverone che si alzava appena c’era un po’
di vento. D’inverno con la pioggia diventava tutto fango,
le ruote delle biciclette sprofondavano e rendevano
difficoltoso procedere, specialmente per gli operai che
dovevano raggiungere il posto di lavoro a volte lontano
dalla propria casa. Quando passavano i carri con i
cavalli le ruote lasciavano solchi profondi anche dieci
centimetri e i cavalli faticavano molto con gli zoccoli che
sprofondavano. Le auto erano pochissime, ricordo
bene, non più di una diecina in tutto il paese contando
anche l’ambulanza della Croce Rossa. I carri erano il
mezzo di trasporto per tutte le merci: legna, cemento
mattoni da costruzione, refrattari ed altro; per la terra, la
sabbia, la ghiaia, il carbone e altri materiali sfusi veniva
usato un carro diverso “A tumbarella” che era posta su
sole due ruote che facevano da perno centrale. La
forma, staccando il cavallo, facilitava lo scarico del
materiale facendolo scivolare a terra senza uso di pale.
L’unico mezzo efficiente era il tram (tranvai) che
collegava Vado a Savona partendo da Porto Vado. Per
raggiungere i paesini nei dintorni si usavano le carrozze
a cavalli, dove esistevano, altrimenti ci si procedeva a
piedi o in bicicletta. Il telefono era per pochi, quasi
sempre commercianti o professionisti che lo usavano
per lavoro. Chi ne aveva bisogno, si recava al locale
Il tram
della linea
Savona- Vado
davanti alla
stazione
Letimbro
dove c’erano i telefoni pubblici, una centralinista
passava la linea in una delle tre cabine esistenti.
Gli amici erano i vicini di casa, oppure quelli che
abitavano nella stessa via. Quando ero ragazzino
eravamo distinti in gruppi col nome della zona in cui
abitavamo. C’erano i ragazzi della stazione, o quelli del
centro paese, della “Valletta”, strada che porta da Vado
verso Valleggia, da”Baladda”, zona tra Vado e Porto
Vado, quelli “du Portiu”, “du petrolio”, che abitavano nei
pressi della Esso Petroli, “Da giescia” che comprendeva
quelli che abitavano nei dintorni della chiesa. Questi
gruppi erano ostili fra di loro, tanto che ricordo di aver
assistito, da bambino, a qualche scontro a sassate tra i
ragazzi un po’ più grandi. Anche per gli adulti gli amici
facevano parte degli abitanti del rione, gli uomini si
trovavano all’osteria, nelle serate del sabato o
domenica. Le donne passavano le serate in casa
dell’una o dell’altra, facendo due chiacchiere e
rammendando qualche calzino. Era abitudine a quei
tempi, lasciare la chiave di casa nella toppa, è vero che
c’era poco da rubare in quelle case ma, la gente era
fondamentalmente molto più onesta e non ricordo furti
nelle case della mia via. Adesso abbiamo tutti porte
blindate antiscasso o allarmi vari ma i furti in
appartamenti sono frequenti. Le famiglie erano più
numerose, avevano più figli, sovente vivevano nella
stessa casa anche i nonni e magari anche uno zio
scapolo fratello della madre o del padre. Adesso molte
famiglie sono formate da una persona: i “singol”. Sono
in costante aumento le vedove e i vedovi rimasti soli
loro malgrado e le famiglie di due persone, coppie
giovani senza figli o coppie di anziani i cui figli vivono
ormai fuori casa. Le coppie al massimo hanno un
bambino le poche volte in cui ci sono più figli i genitori
non sono di origini Italiane.
Ai miei tempi non c’era la televisione, che occupa le
nostre serate e ci da informazioni da tutto il mondo.
Oggi sappiamo tutto di tutti ma non conosciamo i
problemi dei nostri vicini di casa, di chi abita nella
nostra via; in effetti vediamo il mondo ma viviamo
isolati, noi e la televisione che ci fa compagnia ma
senza più il contatto umano come invece avevano i
nostri genitori e i nostri nonni.
18
Notizie Auser
CAMMINIAMO
INSIEME
VERSO L’ESTATE
Passeggiate, gite e utili consigli
Il gruppo di “auserini” durante la prima gita alle Manie
MARIA GRAZIA SORTINO
L’estate è alle porte ma l’Auser, da
tempo, si è preparata a vivere
all’aria aperta. Già ad aprile, il 18,
sperando
nel
risveglio
della
primavera riscaldata dal sole,
dall’aumento della temperatura e
dalla
maggiore
durata
delle
giornate,
abbiamo
iniziato
a
organizzare
delle
passeggiate
salutari e rilassanti. La prima uscita
però è stata caratterizzata da un
tempo ventoso ed incerto tanto che
ci ha fatto propendere per un
itinerario
diverso
da
quanto
previsto. Tra una nuvola e l’altra la
fortuna ci ha assistito e la
passeggiata alle Manie è andata
benissimo anche se, al rientro,
Savona ci ha accolto un bel
temporale.
La collaborazione tra il gruppo
escursionistico savonese (Ges) e i
volontari auser ha consentito
l’accompagnamento di anziani alla
scoperta di paesaggi e luoghi che,
talvolta, anche se vicini, per alcuni
sono sconosciuti.
Sono passeggiate dolci della durata
di due ore circa realizzate una volta
ogni 15 giorni nei mercoledì o
venerdì pomeriggio.
La fase sperimentale ci ha visto
allegri
e
numerosi
pertanto
pensiamo di proseguire l’esperienza
anche nel prossimo autunno. Le
passeggiate
sono
uno
degli
strumenti per invecchiare bene ed
in salute. Molti sono i consigli che
possiamo dare anche per affrontare
l’incalzare del caldo.
L’abbigliamento, sia per camminare
che nella vita quotidiana, deve
essere leggero, di tessuto naturale
e
traspirante,
di
colore
possibilmente chiaro. Assolutamente
necessario coprire il capo
e
proteggere gli occhi con lenti scure.
Anche durante le nostre brevi
escursioni abbiamo notato che
questi
piccoli,
ma
essenziali
consigli, sono stati indispensabili.
Ma che dire dell’alimentazione?
Sarà
necessario
aumentare
l’apporto di frutta e verdura e
introdurre più liquidi per non far
disidratare la cute e per permettere
una funzionalità renale adeguata
specialmente quando si svolge
un’attività fisica.
A questo proposito, proprio durante
le passeggiate abbiamo sempre
portato una bottiglietta con acqua e
integratori salini. In l’estate vi
consigliamo di usarli anche se i
percorsi cittadini richiedono un
minore sforzo fisico ma la
sudorazione diventa comunque
abbondante. Sembra pleonastico
l’ultimo suggerimento: continuate a
camminare e a muovervi anche
d’estate ma fatelo nelle ore più
fresche, mattino o pomeriggio
inoltrato.
Mai fermarsi perché
anche il più piccolo esercizio fisico
ci porta benessere e ci permette di
allontanare il più possibile il
momento del ”fermo obbligatorio”.
Siamo convinti che nel “movimento
c’è vita” e lo hanno dimostrato le
varie
attività
che
abbiamo
organizzato:
nell’inverno,
in
collaborazione con l’Asl 2 savonese
e l’Università, sono stati organizzati
i “gruppi di cammino” su percorsi
19
urbani e in primavera, appunto,
abbiamo dato seguito a questa
iniziativa con le passeggiate fuori
porta. L’invecchiamento attivo ha
bisogno di tanti supporti: stare
all’aria aperta, condividere con altri
tempo e divertimento, leggere un
buon libro o ascoltare buona
musica. Fare una bella nuotata,
trascorrere del tempo con i propri
parenti e, nel caso non ci fossero o
non fossero disponibili, rivolgersi ad
associazioni come la nostra che
possono fornire aiuto e compagnia.
Se siete già arrivati al “fermo
obbligatorio”
non
spaventatevi
troppo, anche in questo caso Auser
sarà al vostro fianco con il “Filo
d’argento”. Saremo una voce amica
al telefono ma anche un po’ le
vostre
“gambe“
per
piccole
commissioni, o le vostre “ruote” con
il servizio di trasporto sociale.
Insomma, in un modo o nell’altro,
anche in estate l’Auser c’è e
cammina con voi!
Camminando ... un pomeriggio
Mercoledì 28 aprile
“Le Manie - Grotta dell’Arma”
(programma variato causa maltempo)
Venerdì 4 maggio
“San Pietro ai Monti”
dalla Val Varatella
Venerdì 1 giugno
“Rocche bianche e la faggeta ”
(rinviata per maltempo)
Venerdì 22 giugno
Rifugio “Prariundu”
monte Beigua -Giornata conclusiva
BUONA ESTATE A TUTTI
Monumenti e luoghi storici
SAN PARAGORIO, LA CHIESA TESTIMONE DELLA STORIA DI NOLI
GIULIANO MOGGIO
La chiesa di San Paragorio, eretta intorno la metà del
XI secolo su un precedente sito religioso di età
bizantina, fu cattedrale di Noli per oltre cinque secoli.
La chiesa fu edificata nei pressi dell’affluenza del rio
Sant’Antonio (a Sciümèa in gergo nostrano) da
probabili maestranze di origine comacina.
Ancora oggi, del loro geniale operato, resta ancora del
tutto intatto buona parte dell’aspetto esterno
dell’edificio, “…caratterizzato dalla tipica decorazione
lombarda a lesene ed archetti, binati in facciata e nella
zona absidale, raggruppati a tre e quattro sui fianchi, la
presenza di disegni geometrici in bicromia bianco-rosso
sotto la gronda, finestre a doppia strombatura che si
aprono tanto nelle absidi che sui fianchi della navata
centrale…”
Nella storia locale più antica questo sito religioso ha
certamente svolto un ruolo di grande importanza per la
comunità locale poiché, tra il XII e il XIII secolo, qui si
sottoscrissero i più significativi Atti relativi alle libertà
comunali. È noto che nel Basso medio-evo Noli era
inserita nella Marca Aleramica e governata dai
marchesi di Savona. Anche sotto l’egida ecclesiastica,
la chiesa locale era sottomessa a quella savonese.
Un lento progressivo cammino - cosparso di moneta
sonante (come dirò in seguito) -portò i rappresentanti la
Comunitas Nauli a scrollarsi di dosso questi due “poteri”
grazie anche alla fedele appartenenza alla causa guelfa
e, soprattutto, al costante aiuto della potente Genova di
cui Noli ne fu sempre “fedelissima alleata”.
Ma veniamo ai storici fatti.
- Il giorno 1° ottobre del 1181, presso la cripta di San
Paragorio, si diedero convegno: il marchese di Savona,
Enrico I, detto il Guercio, e i Consoli di Noli Rubaldo
Pelatia, Rubaldo Tederate, Guglielmo Cappello e
Ottone Aurame. L’incontro ebbe per scopo la firma di
una Convenzione in forza della quale il Marchese di
Savona concedeva ai rappresentanti il Governo locale
“…facoltà di fortificarsi il borgo, le mura, e il castello
senza impedimenti alcuni in cambio della conferma di
sottomettersi a tutti i diritti di sudditanza”.
- Il 10 luglio dell’anno 1192, ancora in San Paragorio,
Enrico II del Carretto, secondogenito del fu Enrico I,
marchese
di
Finale,
feudatario
per
diritto
consuetudinario di Noli, vende ai Consoli nolesi la
quarta parte dei pedaggi riscossi alle porte di piazza e
la sesta parte dell’imposta prevista sulla vendita
giornaliera del legname.
- Il 7 agosto 1192, nuovamente in San Paragorio, è
ancora Enrico II a cedere alla richiesta nolese di
rinunciare ad altri suoi “diritti” riscossi sulla ripa e sulla
piscaria, e quelli su fitti e possessioni più, l’antico
privilegio di farsi giustizia; tutto questo per la somma di
lire 1440 di moneta genovese.
- Il 23 maggio del 1193, San Paragorio ospita ancora il
marchese di Finale e i rappresentanti la Comunitas
Naulenses i quali intendono riscattare gli ultimi suoi
la Chiesa romanica di San Paragorio: quel sacro
suolo che testimoniò l’avvento delle più importanti
conquiste di libertà conseguite dai nolesi.
Chiesa di San Paragorio: il Pronao
privilegi goduti dal feudatario: la tassa sul grano che si
riscuoteva alla porta di piazza, il tutto per 708 lire di
Genova.
Infine, il 23 ottobre del 1239 fu il popolo nolese a riunirsi
in San Paragorio per ricevere dal delegato Apostolico,
Cardinale Giacomo da Pecoraia, la Bolla di papa
Gregorio IX con la quale il pontefice attribuì alla chiesa
romanica piena autonomia distaccandola dal dominio
ecclesiastico savonese, la nominò Diocesi e inoltre,
conseguì alla località di fregiarsi del titolo di Civitas e
non più Vicus.
Bibliografia
Carlo Varaldo: La chiesa di San Paragorio a Noli e la zona
archeologica.
Monumenti e tesori d’arte del savonese, Sabatelli Editore,
Savona 1978.
La chiesa di San Paragorio non è sempre visitabile.
Si effettuano aperture straordinarie per visite guidate
Per informazioni: contattare lo 019.822708
oppure [email protected]
AUSER A NOLI
Nella città di Noli la nostra Associazione è presente il
mercoledì pomeriggio dalle 15 alle 18 nel Centro
Sociale ubicato in piazza Cattedrale presso le Opere
Parrocchiali.
I volontari Auser, inoltre, svolgono attività di
socializzazione e di animazione presso la Casa di
riposo Villa Rosa
20
L’intervento
IL PEDONE È L’ULTIMA RUOTA DELLA STRADA?
MARIO TISSONE
Voglio parlare di via Buozzi che sta
nel mio quartiere: piazzale Moroni;
ad un tiro di schioppo dal comando
dei Vigili Urbani di Savona
e
dell’avventura che debbo affrontare
per attraversare da un marciapiede
all’altro. Esco
circa alle otto del
mattino e il traffico veicolare è
intenso nei due sensi di marcia.
Prima di attraversare la strada, da
buon pedone, guardo con molta
attenzione per scegliere il momento
adatto. Sono fermo davanti ad un
attraversamento pedonale con una
gamba
all’infuori
quasi
per
dire:”Guarda che attraverso” ma mi
accorgo che non rallenta nessuno
ne’ si ferma. Nessuno mi lascia il
passo. L’altra mattina, al contrario,
si è fermato un camioncino tutto
rosso che mi ha lasciato scendere
dal marciapiede e, così, ho
attraversato quasi metà della
carreggiata
quando
mi
sono
istintivamente fermato e girato per
via del rombo di una motocicletta e
forte della mia esperienza da ex
vigile urbano. Con la testa mi sono
sporto in avanti per vedere oltre il
camioncino. Subito dopo il rombo
una motocicletta ha superato il
“pedonale”
a
tutta
velocità
sorpassando il camioncino e la
colonna di auto ferme.
“Brutto porco!” gli ho gridato a gran
voce, mentre lo seguivo con lo
sguardo. Ma non è servito a nulla
perché il centauro ormai era troppo
distante. Ho pensato che mi
avrebbe potuto maciullare tanto
andava forte.
Ma un altro pensiero mi rodeva: su
quella strada non ho mai visto un
vigile urbano; e pensare che a volte
basta la presenza per rendere il
traffico meno teso!
Ma la medaglia ha anche il suo
rovescio. Basta vedere come si
comportano i pedoni mettendosi
accanto ad un semaforo. L’altro
giorno l’ho fatto per circa mezz’ora
sull’incrocio tra Santa Rita, via De
Amicis e corso Tardy e Benech.
Per poter passare da un lato
all’altro della strada il momento
giusto viene quando appare l’omino
tutto verde. Oltre il 90% dei pedoni
attraversa regolarmente la strada.
Ma il 10% no.
Pedoni ad un attraversamento
regolato da semaforo
Sono quelli che attraversano con
l’omino tutto rosso dopo aver dato
un rapido sguardo sia a sinistra sia
a destra andando ad infilarsi nei
vuoti del traffico.
Troppe volte sono giovani o
stranieri e nessuno dice loro nulla,
ne’ la gente che sta, diligentemente,
aspettando l’omino verde ne’, tanto
meno, il vigile urbano che non si
vede mai vicino ad un semaforo.
Noi siamo, per natura, ottimisti e
speriamo in comportamenti più
responsabili.
Proviamo ad aspettare.
____________________
RISPONDE CINZIA TEI
RAPPRESENTANTE
SINDACALE CGIL DELLA
POLIZIA MUNICIPALE
“Anche se il nome è cambiato da
Vigili Urbani a Polizia Municipale o
Locale, la sostanza è sempre la
stessa. Soprattutto la “scarsa”
sostanza. Scarsa, non per poca
professionalità,
ma
perché
costantemente sotto organico.”
Così Cinzia Tei, delegato sindacale
Cgil, esordisce nella risposta
all’intervento del nostro Mario
Tissone, suo ex collega.
“Questo è il primo aspetto: la
carenza di organico ci impedisce di
essere
ovunque.
Sicuramente
potremmo essere più presenti nelle
periferie se l'organico e la
conseguente organizzazione del
lavoro
ce lo consentisse. Altra
questione sono proprio i quartieri
periferici, quelli un po' bistrattati, di
cui ci si ricorda solo in periodo pre
elettorale. Quelli dove non passano
21
i turisti e dove andiamo poco
perché chiamati altrove, magari in
centro. E’ vero che manca la nostra
costante presenza su tutto il
territorio comunale ed ecco allora
che i quartieri di periferia tornano ad
essere solo dormitori o zone di
transito
dove,
il
distratto
automobilista o motociclista, passa
impunemente e di corsa incurante
dei pedoni.
La scelta, peraltro giusta, dell'
Amministrazione di eliminare le
Circoscrizioni non deve essere alibi
per ridurre i servizi e, tra questi,
anche quelli resi dalla Polizia
Municipale. Nel corso degli anni,
ancor prima di tale scelta, la nostra
presenza nei quartieri si era
assottigliata, sempre per carenza di
organico, ma anche per una scelta
organizzativa del nostro Comando.
Rispetto a questa scelta non
abbiamo nulla da dire in questa
sede. Sia il cittadino a chiederne
conto alla politica.” Così prosegue
la Tei: “Ancora un pensiero. Il
motociclista che non rispetta il
pedone sulle strisce è figlio di una
cattiva educazione ricevuta in
famiglia, a scuola e nella società.
A tale proposito i Vigili fanno la loro
parte. Da oltre 40 anni insegnano
educazione stradale nelle scuole
per contribuire alla formazione di
buoni cittadini e inculcare, nei
ragazzi, il rispetto dell'altro. Ma
evidentemente non basta.
Che cosa possono fare, insieme a
noi, chiese, politica, amministrazioni
e cittadini?
Certo non aspettare a porsi il
problema solo quando le chiese si
riempiono per i funerali dei troppi
ragazzi che lasciano la vita sulle
strade, in auto, in moto o contro un
muro.
Chi educa i giovani al rispetto
dell'altro e delle regole?
Chi li prepara a essere cittadini
responsabili e partecipi della vita
della città?
Queste domande, alle quali non so
dare una risposta, vorrei rivolgerle a
Tissone ma anche a tutti noi “
Racconti di viaggio
SULLE MONTAGNE DEL CHIAPAS CON GLI EREDI DEI MAYA
Riti di purificazione, niente foto, mitragliatrici ai lati della strada, intensa e folkloristica religiosità,
zapatisti vestiti di bianco nel culto del mitico comandante Marcos
CLAUDIO TAGLIAVINI
distrazioni, meglio non crearci problemi” Un vocìo
strano, con sottofondo di musica folcloristica indigena,
ci accompagna nell’infinità di corsie che si snodano tra
miriadi di espositori carichi di merce. Non avevo mai
visto tanta varietà di frutta, spezie e ortaggi, piante
esotiche che vanno dal caffè, al cacao, all’agave
largamente usato in questo paese. Peperoncini di ogni
genere, pesce fluviale che non conoscevo.
Concludiamo la visita con un pasto frugale che ci
fornisce energie sufficienti per partire alla volta di
Zinacantàn. Strada facendo incrociamo uno dei tanti
posti di blocco sparsi per tutto il Messico. Da una
barriera di sacchi di sabbia ammassati ai lati della
carretera spunta una mitragliatrice pesante. Sono
impressionato e Manuel se ne accorge: “In questo
paese è molto diffuso il traffico di droga, questi controlli
sono frequenti, non dobbiamo preoccuparci”. Venti
minuti dopo, entriamo in una valle circondata da alte
montagne, sullo sfondo spunta il villaggio di Zinacantàn
(3.000 ab. 2400 mt. slm.). Manuel si ferma, vuole
informarmi sui comportamenti strani dei suoi abitanti.
“E’ un giorno di festa, per loro la religione, la famiglia e
la gerarchia sociale sono i fili attorno ai quali ruota la
filosofia di vita di questi indios. Oggi, gli uomini del
villaggio, sono presenti in massa sulla piazza della
Chiesa di S. Lorenzo. Non è gradita la presenza di
estranei, il Consiglio religioso, organo principale e
unico, giudica i comportamenti del suo popolo, valuta e
decide elogi o eventuali condanne”.
Costumi immutabili
“Non devi assolutamente scattare fotografie è un
oltraggio alla loro religiosità, può generare reazioni
violente”. Sono turbato, fotografare l’ambiente faceva
parte dei miei progetti. Sommessamente attraversiamo
la piazza sotto gli sguardi severi e seminascosti del
“pueblo”, abbigliato con costumi dai colori vistosi che
vanno dal blu cobalto all’indaco. Indossano i simboli
insoliti e suggestivi della loro carica, sento sulla pelle la
loro ostilità. Sembra che ci vogliano chiudere il passo
verso il sagrato. Abbasso lo sguardo e mi avvicino
lentamente verso l’ingresso della chiesa. Entriamo. Uno
spettacolo sconcertante si offre ai nostri occhi, niente
panche, niente sedie, una quantità impressionante di
fiori (gigli, crisantemi, gladioli, rose), sparsi tutt’intorno.
Centinaia di lumini accesi che emanano un profumo
nauseante, una esaltazione farsesca della religione.
Sotto una grande statua di San Lorenzo una indigena,
dagli atteggiamenti più consoni al paganesimo che al
cattolicesimo, sta ricevendo alcuni creduloni per la
purificazione dell’anima. Secondo la convinzione locale,
sarebbe in grado di attrarre su di se i peccati altrui. Tale
servigio viene ricompensato con galline, uova, Coca
Cola o altro. A sua volta si rivolgerà a S. Lorenzo per la
propria purificazione, una liturgia che può fare a meno
di sacerdoti.
(segue a pagina 23)
La chiesa di San Juan Chamula
E’ il primo giorno in terra Maya lo trascorro a San
Cristobal (120.000 abitanti -2200 metri sul livello del
mare).Manuel, non è ancora arrivato, ho il tempo di fare
colazione al bar ristoro, dell’Hotel “Ciudad Real”, che
dista un centinaio di metri da qui. Un Amerindo mi
accompagna gentilmente ad un tavolo, in sala non c’e’
ancora nessuno. Non vedo l’ora che Manuel mi
raggiunga, non conosco lo spagnolo e qui si parla,
prevalentemente, il dialetto Maya. Uso la lingua della
gestualità per farmi capire e, timidamente, ordino una
tortillas farcita e una tazza di caffè all’americana
(chiamarlo espresso, è un eufemismo). Nel frattempo,
anche lui in anticipo, arriva Manuel Humberto
Cardenas.
“Buenas dias amigo!» e mi dà una pacca sulla spalla
esibendo un sorriso smagliante. La giornata
programmata è intensa e intendo arricchire la mia
conoscenza della storia di questo popolo antichissimo.
Le gesta maggiormente rievocate, attraverso una
diffusa letteratura, riguardano la violenza con la quale,
molti secoli fa, i Maya sacrificavano vite umane per
ingraziarsi i loro dei. Ma se questo è un aspetto brutale
di quella civiltà non si può eludere la straordinaria
cultura, che ci hanno tramandato, nel campo
dell’astronomia, dell’astrologia. Una storia che ancora
oggi suscita stupore, pur conservando aspetti
misteriosi. “Buenas dias!” rispondo, con la bocca
ancora piena e, lentamente, mi alzo. Non vedo l’ora di
esplorare le montagne del Chiapas e Manuel con uno
sguardo compiacente mi dimostra tutta la sua
soddisfazione. Salutiamo il “camarero” con una buona
mancia e usciamo. Siamo vicini al tropico eppure
l’altitudine ci concede solo 10°. Con un vecchio
fuoristrada, attraversiamo le vie perpendicolari,
fiancheggiate da case tipiche, basse, dai colori vivi fino
all’uscita della città.
L’immenso mercato di S. Cristobal
“Stiamo vicini” mi consiglia Manuel, “il mercato è molto
vasto, alcune regole di vita degli indios non consentono
22
(da pagina 22)
Nonostante
questo,
stranamente,
esiste
una
straordinaria ospitalità all’esterno dell’area templare.
Donne indigene invitano a visitare le proprie case e una
tequila sancirà l’amicizia. Sotto quelle casupole pulsa
una povertà sconcertante in condizioni igieniche, per
noi, inaccettabili.
Tuttavia, è di notevole interesse osservare la loro abilità
nella lavorazione dei tessuti, del mais e dell’agave.
Un governo tutto particolare
Nonostante esista un governo federale centrale, alcune
etnie si fanno le proprie leggi. Gli indios di Zinacantàn
hanno deciso di non pagare tasse, nessun rammarico
per la mancanza di modernità. Loro sono felici così.
Nessuno lascia il villaggio, ritengono che la felicità
consiste nell’allevare figli, nel conservare le proprie
tradizioni. Per loro, quella, è la miglior vita possibile.
Vecchi e giovani rimangono coscientemente confinati in
quel fazzoletto di terra. Manuel lo definisce,
metaforicamente, socialismo primitivo.
Partiamo da Zinacantàn avvolti in una nuvola di polvere
per andare a San Juan Chamula, situato in un’altra
vallata sempre a 2400 mt..Strada facendo ci troviamo di
fronte ad un nuovo sbarramento. Uomini vestiti di
bianco con sombrero ci fanno rallentare e,
fortunatamente, fanno segno di proseguire. Poco
lontano si intravede il loro villaggio. Polveroso, fatto di
casette bianche tutte uguali. Questa volta si tratta, così
mi dice Manuel, di Zapatisti. Non sapevo che ne
esistessero ancora. Di questi villaggi se ne contano
parecchi nel Chiapas, sono abitati da oppositori
estremisti che mantengono un’assoluta autonomia in
condizioni
di
semiclandestinità.
Obbediscono
esclusivamente alle proprie leggi, auspicando una
caduta dell’attuale governo conservatore, solidamente
in mano al P.r.i. (Partido Revolucionario Istituzional). Il
loro capo carismatico, l’anziano Comandante Marcos,
vive ancora tra quelle montagne.
A San Juan Chamula
Arrivo, un po’ provato. Qui, vive un gruppo di Tzotzil
sempre appartenenti al popolo Maya. Il sorriso di
Manuel preannuncia nuove stranezze.
Avanziamo. Una strada polverosa, fiancheggiata da
tuguri che espongono caoticamente merci di ogni
genere, ci porta ai confini di una immensa piazza dove
troviamo molte donne che indossano indumenti tipici
(gonne dal pelo corvino lungo che arrivano fino ai piedi)
e bambini seminudi che si avvicinano immediatamente
porgendo le mani per ottenere qualche pesos. Anche in
questo villaggio è vietato scattare fotografie. Oltre a
possibili reazioni violente sono previste sanzioni e il
carcere per chi trasgredisce.
L’atmosfera è molto diversa rispetto a Zinacantàn, qui
emerge chiaramente la presenza di due classi sociali.
Una, composta da pochi ras irreperibili e l’altra
estremamente indigente. Proseguiamo cauti, in silenzio,
in mezzo ad una popolazione che trasuda povertà
economica e culturale. Entriamo nella caratteristica
chiesa bianca dove ci aspetta una scena simile a quella
di Zinacantàn. Anche qui, niente panche, niente sedie,
un’infinità di fiori, di candele accese, il pavimento
cosparso di rami di pino scivolosi. Tutto, allo scopo di
creare un’atmosfera gradita ai santi, custoditi nelle
bacheche che fiancheggiano l’unica navata.
Una bambina di San Juan Chamula
A destra i santi a sinistra le sante. In grembo a ciascuna
di quelle raffigurazioni, uno specchio, con funzioni di
rimando delle impurità che ogni visitatore porta con sé.
In mezzo, soli o in gruppo, peccatori genuflessi che
chiedono, a presunte figure venerabili intermedie, di
incamerare i propri peccati. Naturalmente, dietro
compenso. Una grande statua sale fin quasi a toccare
la volta, è quella del patrono San Giovanni Battista
considerato più importante di Gesù. All’uscita, una
bambina, succinta, sporca, a piedi nudi, con due occhi
bruni e tristi, mi porge la mano. Cerca compagnia.
Mano nella mano attraversiamo quell’enorme piazza,
curiosamente osservati da Manuel e accompagnati
dagli sguardi stupiti degli indios. Pochi minuti, nei quali
provo una sensazione indimenticabile. Alla fine mi chino
su di lei e avvolgo le sue spalle in un bellissimo scialle
che intendevo portare in Italia. Le sue labbra
accennano un dolce sorriso. Commosso, l’accarezzo.
Infrango le regole e fisso la sua immagine nella
fotocamera. Ricorderò, per sempre, il tenero sguardo di
quella creatura tanto cara quanto sfortunata.
Chiapas: 73.887 km², 4.255.790 abitanti, stato del
Messico. La capitale e città più grande è Tuxtla
Gutiérrez, ma la città più importante turisticamente è
San Cristóbal de Las Casas. Con un'estensione pari a
circa un quinto dell'Italia, è una delle 32 entità federali
(31 stati e 1 distretto federale) che costituiscono la
Repubblica Messicana.
23
Come eravamo
QUANDO, PER STRADA, SI SENTIVA L’ODORE DEL PANE FRESCO
MARIO TISSONE
Ogni tanto il mio pensiero corre agli
anni della mia gioventù. Ricordo il
garzone del fornaio che correva
pedalando sulla sua bicicletta alla
quale, sul manubrio, era attaccata
una grossa cesta con il pane
appena sfornato. Anche se non lo si
vedeva passare nella stretta viuzza,
si capiva che era passato di li
perché dietro di se aveva lasciato
una scia inconfondibile di profumo
di pane tanto che ti rimaneva il
gusto in bocca. A volte lo vedevamo
fermo con la bicicletta appoggiata al
muro mentre scaricava la sua
merce in una botteguccia che poi lo
avrebbe rivenduto. A quei tempi il
pane si preparava impastandolo
ancor prima che venisse la notte
perché il suo impasto doveva
lievitare tante ore. Quando l’impasto
era bello gonfio veniva tagliato a
forme e cotto nel forno a legna con
il giusto calore.
Di prima mattina veniva sfornato e il
suo odore si spargeva intorno
inondando i palazzi vicini.
Nel 1940 e per tutta la durata della
guerra c’era la tessera annonaria
che assegnava solo centocinquanta
grammi di pane per persona.
Negli anni sessanta lavoravo nei
vigili urbani di Savona e ricordo
che un collega, distaccato presso
l’ufficio di igiene,aveva il compito di
prelevare alcuni campioni di pane
nei vari forni. Successivamente, in
laboratorio,
veniva
controllata
l’umidità contenuta nel pane in
quanto,
fornai
disonesti
la
aumentavano apposta così il pane
pesava di più. Credo che oggi
questi controlli non si facciano più
anche se il pane, mentre si mastica,
si impasta e appare più umido del
dovuto. Lo stesso vigile distaccato
all’ufficio di igiene controllava, di
primo mattino, la centrale del latte.
Campionava il latte che confluiva
alla centrale per valutarne l’acidità.
Il controllo era preciso e si faceva
prima di imbottigliare il latte nelle
bottiglie di vetro che naturalmente si
restituivano e si recuperavano.
Allora non esisteva l’usa e getta,
ma il concetto di riutilizzo dei
materiali; concetto che è tornato di
moda con la raccolta differenziata
IL PANE
di Gianni Rodari
dei rifiuti che però non tutti sono
disposti a fare. Ci si accorge subito
dei cittadini con poco senso civico:
la loro spazzatura viene cacciata
nell’indifferenziata e le bottiglie
fanno rumore quando colpiscono il
cassonetto. Spesso si vedono
gettare cartoni interi, vetri, e altra
spazzatura in modo indifferente.
Probabilmente non esiste un
regolamento di polizia municipale
che ordini questo smaltimento
oppure, se c’è, è di difficile
applicazione. Il vigile di un tempo,
quello distaccato all’ufficio di igiene,
tutti i giorni controllava anche
l’acqua e la campionava. I prelievi li
faceva nelle varie fontanelle che
erano poste in ogni quartiere. Erano
tante queste fontanelle dalle quali
tutti
potevano
prelevare
gratuitamente
l’acqua,
bene
prezioso che era, ed è tuttora
necessario, rimanga pubblico. A
questo scopo abbiamo indetto, e
vinto, un referendum popolare.
L’acqua pubblica savonese è
sempre stata una delle migliori.
Grazie alle sorgenti di Quiliano si è
classificata, in passato,
in una
graduatoria nazionale, al terzo
posto. Un tempo erano tanti i
rubinetti pubblici che ora non
esistono più, così come i bagni che
sono quasi scomparsi costringendo
le persone alla consumazione in un
bar per poter utilizzare i servizi.
Quanto è cambiata la mia città!
Anche altri miei coetanei potrebbero
scrivere e raccontare ai giovani
aneddoti e stili di vita che non si
dovrebbero dimenticare.
24
S'io facessi il fornaio
vorrei cuocere un pane
così grande da sfamare
tutta, tutta la gente
che non ha da mangiare.
Un pane più grande del sole,
dorato, profumato
come le viole.
Un pane così
verrebbero a mangiarlo
dall’India e dal Chilì
i poveri, i bambini,
i vecchietti e gli uccellini.
Sarà una data
da studiare a memoria:
un giorno senza fame!
Il più bel giorno di tutta la storia.
U VEGIU MÛÌN
di Gio Batta Sirombra
L’ea triste u vegiu mûìn:
“Proppiu nu ghe capiˆsˆciu:
u bêu u l’è bèllu pin
e mi me rüzinìˆsˆciu;
nu vegnan ciü i vilén
a maxinä u gran;
mi, ch’ei serviva ben,
sun chì cu’e man in man.
Anche u rianettu föa
nu canta ciü a cansùn:
le, ch’u gîäva a röa,
pä ch’u l’agge u magùn.
U mü, sulu ’nt’a stalla,
spessu u fa ˙ un suspìu:
sensa u bastu in spalla,
nisciün ch’ou porte in gìu”.
Quèxi a ilüdde, a-u prezente,
d’u tenpu ch’u l’ea bun,
primma ancùn ch’â curente
a-u metisse in pensciùn.
Traduzione
Era triste il vecchio mulino / “Proprio
non ci capisco più / Il canale è pieno /E
io mi arrugginisco / non vengono più i
contadini / a macinare il grano / io, che li
servivo bene, / sono qui in ozio / Anche
il ruscello fuori / non canta più la
canzone: / lui che girava la ruota /
sembra che sia triste / Il mulo solo nella
stalla / spesso fa un sospiro / senza il
basto / nessuno che lo porti in giù /
Quasi ad illudere il presente / di un
tempo bello /prima che la corrente
elettrica / lo mettesse in pensione
Il Giro a Savona
18 maggio 2012
UN VIAGGIO
TRA STORIA
E CURIOSITÀ
DEL CICLISMO
E DEL
GIRO D’ITALIA
“Savona nella storia del ciclismo” è
il titolo della pubblicazione edita in
occasione della tredicesima tappa
del Giro d’Italia partita da Savona il
18 maggio.
Gli autori (Luciano Angelini, Franco
Astengo, Carlo Delfino, Natalino
Bruzzone, Giuseppe Castelnovi e
Roberto Giannotti) hanno dato vita
ad un fascicolo ricco di aneddoti,
storia, umorismo, ricordi e cronache
che hanno caratterizzato, anche
con vicende a volte drammatiche, la
Corsa Rosa.
Di particolare rilievo la parte
riservata alla storia del ciclismo e
della bicicletta nella nostra città,
dagli operai che andavano a
lavorare in bici nelle grandi
fabbriche, ai passaggi colorati della
Milano-Sanremo, dall’epopea del
cellese Gepin Olmo alle squadre in
allenamento sull’Aurelia.
Non mancano foto quasi introvabili
come la pace fatta tra i due storici
rivali Coppi e Bartali suggellata con
una stretta di mano all’hotel Riviera
e la foto di Gino Bartali che gioca a
boccette al bar Commercio di via
Astengo.
Il libro contiene, inoltre, numerosi
riferimenti culturali come l’articolo di
Giuseppe Cava (Bepin da Cà) del
1939 dedicato a Giuseppe Genta,
vincitore di tante corse ma mai
nella sua città. Oltre al contributo
del critico cinematografico Natalino
Bruzzone con il ricordo del film
“Totò al Giro d' Italia” con Coppi,
Bartali e Magni.
Notevoli i riferimenti ai contributi di
scrittori e giornalisti come Pasolini,
Buzzati, Giuseppe Berto, Montanelli
e Brera che dedicarono pagine
indimenticabili alle epiche imprese
di grandi campioni delle due ruote e
al Giro d'Italia.
Il fascicolo vuole essere un tributo
ad uno sport che dai primi del
Novecento ha entusiasmato e
ancora entusiasma le folle e le
masse popolari. Ma anche una
originale testimonianza di come
eravamo. E lo fa da una particolare
angolazione, quella dello sport della
bicicletta, con i suoi valori di lealtà e
di sacrificio ancora in grado di
entusiasmarci e di farci rivivere le
grandi sfide del passato.
Eddy Maerckx nella stanza dell’hotel
Excelsior di Albisola capo
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Aspettando il Giro d’Italia
SAVONA IN ROSA
‘Savona in bici’ la prima ciclo
pedalata in rosa
Domenica 13 maggio grande
partecipazione
alla
pedalata,
l’iniziativa è stata seguita il 16 da
“Un campione per amico”, con
Adriano
Panatta,
Andrea
Lucchetta, Ciccio Graziani e Juri
Chechi in Piazza Sisto IV, quattro
campioni del mondo che si sono
allenati con i giovani delle scuole
elementari e medie savonesi.
Graffiti: writers e Giro d'Italia
Il writer Mr Pollo ha realizzato una
lunga
scritta
rosa
sotto
il
cavalcavia ferroviario di Corso
Ricci ed ha come tema il Giro
d'Italia
La “Notte rosa”, il concorso
“Vetrine in rosa” e il ”Premio del
Panathlon
Club”
che
sarà
consegnato a Roberto Ballini,
invitato per l’occasione, vincitore
del primo arrivo di tappa a Savona
il 1 giugno 1969,”.
Pasticceria Pasquale: secondo
classificato al concorso vetrine in rosa
Notizie Auser
TROFEO GAMBETTA
PIEDIBUS: SOLIDARIETÀ TRA GENERAZIONI
LUCIANA BURATTINI
LUCIANO GIRARDI
Come ogni anno soci e volontari
Auser hanno partecipato alla
“Camminata
panoramica”
non
competitiva intitolata a Nicola
Gambetta
organizzata
dalla
Polisportiva San Francesco di
Savona. Domenica 20 maggio oltre
540 persone hanno aderito alla
ventiquattresima
edizione
del
“Trofeo Gambetta” camminando
sul percorso urbano di otto
chilometri: Villetta, Ranco, San
Nazario,
Lavagnola
Villetta.
Naturalmente i tempi sono stati
diversi: i corridori delle polisportive
hanno concluso la marcia in 28
minuti mentre altri hanno usufruito
per intero delle due ore di gara. La
camminata si è svolta sotto una
pioggerella che ha reso, a tratti, la
strada particolarmente viscida e
insidiosa tanto che, il partecipante
spagnolo,
premiato
come
il
concorrente che veniva da più
lontano, è anche caduto.
I concorrenti più anziani sono stati
una dinamica signora sordomuta di
84 anni e un signore con 88
primavere. Ma non sono mancati
riconoscimenti ai concorrenti più
giovani due bambini piccoli: uno di
dieci e l’altro di diciassette mesi.
Tra i partecipanti gruppi tra cui
quello Auser con i suoi 215 iscritti è
risultato il più numeroso è ha vinto,
con questa motivazione, una bella
coppa. Tutti i partecipanti hanno
gradito le bevande nei punti ristoro
e l’abbondante buffet di fine gara
ricco di cioccolato, focaccia, gelati,
panini
ed
ogni
bendiddio.
L’appuntamento, che la folla festosa
si è data all’arrivo, è stato per il
prossimo anno. Anche noi lo
rivolgiamo ai nostri soci nella
speranza di ritrovarci in buona
salute e in grado di camminare
ancora tutti insieme in allegria.
Il 29 maggio, nel contro viale di
corso Tardy&Benech, si è svolta
l’iniziativa
”Insieme
per
la
sicurezza”; i bambini della Scuola
primaria Astengo con le maestre, i
volontari del Piedibus, Croce
Rossa, Salvamento, Vigili urbani,
Carabinieri, Finanzieri
e con il
fattivo contributo dei commercianti
della zona
Oltreletimbro, hanno
dato vita alla giornata per far si che
gli alunni della scuola più amata del
quartiere avessero visibilità e un
momento di allegra condivisione.
Questa festa, che si ripete da
qualche anno,
ha lo scopo di
insegnare ai ragazzini l’importanza
di essere pedoni o ciclisti attenti e
rispettosi delle regole della strada.
I bimbi hanno potuto sperimentare,
grazie alle biciclette messe a
disposizione da Olmo e all’aiuto di
un ciclista provetto, l’ex vigile
Beppe Mozzachiodi, un percorso
nel quale si doveva rispettare il
codice
della
strada,
dare
precedenza
ai
pedoni
negli
attraversamenti e, solo dopo, ci si
poteva divertire con uno slalom tra
i birilli. Alcuni bambini, indossata la
pettorina dei vigili urbani, si sono
trasformati in custodi del traffico.
Tutti sono stati affascinati dalle
moto e dalle auto della polizia e dei
carabinieri che, con pazienza,
hanno spiegato il funzionamento di
lampeggianti e sirene.
I nostri
volontari Auser hanno simulato i
percorsi del Piedibus con tanto di
pettorine e paletta per facilitare gli
attraversamenti. I percorsi, nella
realtà, si sono snodati ogni mattina
nei vari quartieri della nostra città
per accompagnare i bambini a
scuola. Le linee gestite dall’Auser
sono 3 e coinvolgono circa 35
bambini.
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Da quest’autunno si aggiungerà un
ulteriore percorso: dalla Chiesa del
Sacro Cuore alle scuole XXV Aprile.
La fase sperimentale, da maggio
sino alla prima settimana di giugno,
ha coinvolto 12 bambini.
La collaborazione tra Auser e
scuole ha radici profonde e si è
sviluppata negli anni attraverso
momenti di incontro in aula per riscoprire giochi, tradizioni, cucina,
valori e mestieri di un tempo.
Quest’anno, è stato proclamato
anno europeo dell’invecchiamento
attivo e della solidarietà tra le
generazioni e ci sembra che il
Piedibus sia un bel esempio da
valorizzare proprio in questa
occasione. Esso è un elemento di
solidarietà perchè facilita i genitori
che lavorano, aumenta la coscienza
civica, l’integrazione tra bambini di
varie etnie e la conoscenza del
territorio urbano ma
promuove
anche
l’invecchiamento
attivo.
Infatti i volontari, per effettuare
questo servizio, sono impegnati
molte mattine la settimana: si
alzano presto, si assumono la
responsabilità dei più piccoli, si
sentono utili e percorrono, a piedi,
lunghi tratti ri-scoprendo
vie e
quartieri.
*Coordinatore Volontari Piedibus
Il servizio “Piedibus” è possibile
grazie al Comune di Savona, alle
Direzioni Didattiche e all’impegno
di 13 Volontari Auser ai quali va il
nostro plauso e il rinnovato
l’appuntamento per il prossimo
settembre . Chi fosse interessato a
prestare attività di volontariato per
questo servizio può contattare il
numero verde Auser 800.995.988
Ginnastica per la mente
HANNO DETTO
REBUS (FRASE: 8,6)
"L'inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n'è
uno, è quello che è già qui, l'inferno che abitiamo tutti i
giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono
per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare
l'inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo
più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e
apprendimento continui: cercare e saper riconoscere
chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, farlo
durare e dargli spazio.
Italo Calvino
Soluzione:
COME SI GIOCA A SUDOKU
* Alcune caselle sono già fissate, le altre vanno riempite con
numeri dall'1 al 9
* la tavola è suddivisa in 9 quadranti di 3x3 caselle
* su ogni quadrante devono essere messi tutti e 9 i numeri,
senza ripetizioni
* inoltre, ogni riga orizzontale e ogni riga verticale dell'intera
tavola non deve contenere ripetizioni di numeri
Direttore Responsabile:Tomaso Minuto
Coordinamento redazionale: Dominica Piccardo
Hanno collaborato a questo numero
Franco Astengo, Franco Becchino, Luciana Burattini,
Angelo Calabria, Giorgio Castelli, Fausto Dabove, Anna
Giacobbe, Luciano Girardi, Giuliano Moggio, Carmen
Parodi, Aldo Pastore, Emilia Olivieri, Ileana Scarrone,
Maria Grazia Sortino, Dora Sorgente,
Claudio
Tagliavini, Mario Tissone, Sergio Tortarolo, Marcello
Zinola.
EDITORE
AUSER PROVINCIALE SAVONA – ONLUS
(Associazione per l’AUtogestione dei SERvizi e la solidarietà)
Via Boito 9r - Savona tel. 019-83889226
e mail: [email protected]
Autorizzazione Tribunale di Savona n. 552/54
Distribuzione gratuita
Notizie utili e copia del giornale sul sito Regionale Auser
www.auserliguria.it
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Elezioni: astensionismo e voglia di cambiamento