Elezioni: astensionismo e voglia di cambiamento “Festa della Repubblica tra storia e attualità 10 giugno Giornata Volontario Auser Franco Astengo a pagina 9 Zinola -Tortarolo alle pagine 6- 7 Scarrone- Piccardo alle pagine 3 e 4 Periodico d’informazione del volontariato e dei centri Auser della provincia di Savona Numero verde “Filo d’Argento” 800.995.988 Poste italiane Spedizione in abbonamento postale – D.L. 352/2003 (conv. L. 27. 02. 200 4 nr. 46) Art. 1, comma 2, DCB/ Savona nr. 3/ 2012 L’Editoriale PARTITI, ANTIPOLITICA, 5X1000 TOMASO MINUTO Stiamo celebrando il 66°anniversario della nostra repubblica in un clima difficile e poco chiaro, perché dopo la prima e la seconda repubblica e il terremoto politico provocato dai risultati delle ultime votazioni amministrative, non sappiamo ancora se vi sarà e come sarà la terza. In questa brutta situazione di disaffezione verso i partiti dimostrata dai cittadini italiani con l’astensione e il loro voto di protesta, sono convinto, che malgrado tutto, i partiti possono ancora rappresentare il seme della democrazia nel nostro Paese, perchè l’antipolitica, anzi l’antipartitismo sono un serio pericolo aperto a qualsiasi sviluppo, e alcuni episodi poco chiari di questi ultimi giorni sembrano volgere in questa direzione. Ma sono altresì convinto che i partiti e soprattutto i loro dirigenti, se vogliono riacquistare la fiducia degli elettori, devono cambiare radicalmente il loro modo di gestire la politica e dimostrare concretamente una specchiata onestà e la massima trasparenza delle loro azioni e di non anteporre gli interessi personali a quelli del proprio paese, è la primaria richiesta degli italiani alle forze politiche. Tutti i partiti dicono di volersi rinnovare ed estirpare il marcio dalle loro file, ma mi devono spiegare come lo possono fare gli stessi uomini che ne sono coinvolti. Senza fare di tutta l’erba un fascio, credo che se si vuole fare veramente pulizia bisogna cambiare anche qualche dirigente perché mi sembra che tutti coloro che sono inquisiti o sono in odore di operazioni poco pulite si dichiarano innocentissimi e difficilmente lasciano il loro posto. In questa sempre più tragica situazione di crisi, sono mesi che i partiti promettono agli italiani di volere rivedere i rimborsi elettorali, diminuirli e renderli trasparenti, di ridurre i parlamentari, di volere una nuova legge elettorale senza, sino ad oggi, essere riusciti ad approdare a nulla mentre la scadenza del 2013 si avvicina velocemente. Credo che continuando su questa strada è senz’altro il modo per alimentare l’antipolitica. Perciò cari partiti datevi una mossa e decidevi a fare queste riforme prima che sia troppo tardi. E’ il solo modo per riacquistare la fiducia dei cittadini e il voto di maggio ne è stato un forte segnale, Ma quello che mi preoccupa veramente è che in tutto questo bailamme di rinvii, di proposte e controproposte ne è scaturita una che aumenta la mia solita perplessità: è quella di estendere ai partiti il finanziamento elettorale tramite il 5xmille che sino ad oggi i contribuenti italiani hanno devoluto al no profit. Mi trovo completamente contrario a una simile ipotesi perché significherebbe togliere risorse al volontariato in un momento in cui i tagli di spesa pubblica lo stanno penalizzando in modo assai pesante mentre le richieste di sostegno e aiuto stanno salendo vertiginosamente senza contare la nuova tegola che si è abbattuta sui portatori di handicap con il taglio netto del fondo sulla non autosufficienza da parte dell’attuale governo. Sappiamo che sino ad oggi la destinazione del 5x1000, nella maggioranza dei casi è stata devoluta dai contribuenti italiani alle associazioni di volontariato in cui hanno piena fiducia e ne conoscono l’attività, ma se si attuasse la proposta in discussione, la voglia degli iscritti di aiutare il proprio partito potrebbe portare a sottrarre finanziamenti al volontariato. Perciò lasciamo stare questo benedetto 5x1000 perché da quando è stato istituito ogni governo lo sta martoriando, prima lo si voleva togliere, poi è stato messo un tetto, oggi lo si vuole strutturare non si sa come. Si sappia che rappresenta un finanziamento non indifferente per le associazioni no profit che senza di esso rischierebbero di morire e con esse il sostegno e quei servizi alle persone in difficoltà che il governo a causa della crisi e del rigore sta tagliando paurosamente. Sommario 2 Editoriale - Minuto Pag. 2 Lettera ai volontari - Scarrone Pag. 3 Festa volontari - Piccardo Pag. 4 Chiesa Evangelica - Becchino Pag. 5 Nasce la Repubblica - Zinola Pag. 6 Basta Schettino della politica - Tortarolo Pag. 7 Una strada particolare - Castelli Pag. 8 Elezioni amministrative 2012 - Astengo Pag. 9 Mobilitazione per il terremoto in Emilia Pag. 10 Sindacato Cgil Rossello - Dabove Pag. 11 Spi Cgil - Giacobbe Pag. 12 La nobiltà di Aida - Pastore Pag. 13-14 L’avventura delle colonie - Parodi Pag. 15-16 Notizie dai centri Albisola - Sorgente Pag. 16 I campi solari - Olivieri Pag. 17 Come eravamo – Calabria Pag. 18 Camminiamo verso l’estate - Sortino Pag. 19 San Paragorio in Noli - Moggio Pag. 20 L’intervento - Tissone Pag. 21 Il viaggio: il Ciapas - Tagliavini Pag. 22- 23 Come eravamo - Tissone Pag. 24 Storia del ciclismo a Savona Pag. 25 Notizie Auser - Burattini - Girardi Pag. 26 Ginnastica per la mente Pag. 27 10 giugno 2012 giornata del Volontario Auser LETTERA ALLA FAMIGLIA DEI VOLONTARI di festa vogliono proprio sottolineare e rafforzare questi legami di amicizia e di reciproca accettazione. La “Giornata del Volontario” del 10 giugno si è svolta presso la S.m.s. Serenella, che ringraziamo, e ha coinvolto più di 180 persone. Gli invitati e i loro famigliari hanno partecipato alla festa che è stata un momento in cui si sono condivise parole, emozioni, idee e sentimenti. Il mio pensiero corre ancora a voi Volontari che abbiamo premiato, durante la festa, con una ceramica ricordo ma ai quali va, oltre alla nostra riconoscenza, il mio più caldo abbraccio. Con piacere mi rivolgo direttamente a Voi Volontari Auser perchè vi sento vicini come foste una grande famiglia di cui mi onoro di coordinare alcune attività ma della quale sono orgogliosa e partecipe. Sempre di più Auser è un punto di riferimento nella nostra città e nella nostra provincia. Vorrei ricordare a tutti noi che la nostra Associazione ha svolto e svolge sul territorio tante iniziative, tante attività, tanti servizi. Ha incontrato e offerto in modo disinteressato compagnia, aiuto, amicizia a tantissime persone anziane sole, tentando di farle partecipi della vita della comunità. Abbiamo sviluppato una mole di interventi sia di protezione sociale sia di promozione dell’invecchiamento attivo e tutti insieme abbiamo trascorso un anno di “lavoro” a favore dei nostri concittadini meno fortunati ma, anche di stimolo e attività che ci hanno mantenuto vivi sia come persone sia come cittadini. Tutto questo è stato e sarà possibile grazie alla disponibilità di voi Volontari. Al dono di tutti noi che in questi anni abbiamo partecipato e di molti altri che, ci auguriamo, offrano la propria disponibilità, la propria intelligenza, il proprio impegno agli altri, diventando Volontari Auser. I valori che Auser propone - solidarietà, inclusione, rapporto tra le generazioni - si concretizzano attraverso il vostro operato, la vostra presenza, la vostra sensibilità. Per queste ragioni, da alcuni anni, l’Auser Nazionale, con la condivisione delle strutture regionali e territoriali, ha deciso di dedicare ai Volontari una giornata, nella quale rendere conto di questo valore. Quest’anno abbiamo anche voluto sottolineare il nostro impegno per facilitare l’inclusione dei cittadini stranieri e la solidarietà tra le generazioni, tenendo conto che molti dei giovani, anche savonesi, sono figli proprio di cittadini provenienti da altri paesi, a volte lontanissimi, per geografia e per cultura. La reciproca conoscenza, la fraterna vicinanza, la condivisione di momenti di allegria come quelli trascorsi insieme durante la nostra giornata Il presidente Auser Savona Ileana Scarrone Un momento della festa: Ahmed e Meriem leggono il biglietto ricordo della giornata 3 10 giugno 2012 giornata del Volontario Auser VOLONTARI AUSER TESTIMONI DI SOLIDARIETÀ E INCLUSIONE 2012 anno europeo dell’invecchiamento attivo e della solidarietà tra generazioni e tra i popoli. La terza età: fase dell’arco della vita che può essere vissuta da protagonisti La tavola rotonda: da sn. Zargar, Regazzoni, Rambaudi, Rossello, Berbaldi, Sorgini. In piedi Scarrone e Berruti Gli anziani accolgono, sostengono, aiutano le nuove generazioni e nel contempo invecchiano sempre più attivamente. La vecchiaia non è più vista come un onere da sopportare ma come una fase della vita nella quale si può contare, partecipare essere attivi e utili alla società. I nostri Volontari sono la dimostrazione viva di questo cambiamento culturale. Ma testimoniano anche l’impegno, la solidarietà e la disponibilità dedicando una parte del loro tempo ai coetanei e alle persone più fragili. L’attività all’auser mantiene giovani perchè consente di realizzare le proprie aspirazioni, mantenere rapporti sociali significativi, programmare, progettare e realizzare progetti ed eventi. Quest’anno è stato dichiarato anno europeo per l’invecchiamento attivo e per la solidarietà tra generazioni, il 10 giugno a Savona abbiamo deciso di festeggiare i nostri volontari proponendo un momento di riflessione sull’inclusione e sul rapporto corretto con i migranti e le loro famiglie. Sono ormai tanti gli stranieri: commercianti, nostri vicini di casa o presenti nelle nostre famiglie magari proprio per accudire gli anziani. Parlando di solidarietà tra generazioni, inoltre, dobbiamo prendere coscienza che tra i nostri giovani molti hanno genitori non italiani, e tra loro tanti non sono considerati neppure nostri DOMINICA PICCARDO connazionali o concittadini. Il presidente Napolitano ha sollecitato per questi ragazzi il riconoscimento di cittadinanza onoraria e anche il Comune di Savona e la Regione Liguria si sono dimostrati sensibili a questo problema. Ma non basta. I migranti lavorano, hanno una famiglia e vanno considerati nostri concittadini e come tali trattati con diritti e doveri ma, soprattutto, superando un razzismo strisciante mai del tutto scomparso.. La nostra festa e i volontari vorremmo fossero testimonial ed artefici di questo processo di inclusione a partire dalla giornata del 10 giugno, per come li conosciamo abbiamo la certezza che questa fratellanza, tolleranza ed inclusione sia già, diciamo così, nel loro patrimonio genetico ma vorremmo, con questa iniziativa, darne visibilità soprattutto ai migranti della nostra città in modo che sentano la nostra e le altre associazioni di volontariato come risorse e come testimonianza, appunto, di amicizia e di simpatia. La tavola rotonda alla quale hanno partecipato: Lorena Rambaudi assessore regionale alle politiche sociali, Zaor Zargar rappresentante dei Musulmani non arabofoni in Liguria, Marco Berbaldi della Fondazione Comunità Servizi Diocesani, Isabella Sorgini assessore alle politiche sociali del comune di Savona, Claudio Regazzoni vice presidente Auser 4 nazionale e Francesco Rossello segretario della Camera del Lavoro di Savona, ha messo in luce molti problemi ma ha anche tante speranze e risorse. Gradita la presenza del sindaco Berruti che ha portato i suoi saluti. La nostra giornata è proseguita col pranzo preparato dall’Associazione Amici del Mediterraneo e con la premiazione dei Volontari. Regazzoni e Sottanis (presidente regionale Auser) hanno consegnato il piatto, in ceramica marocchina, ricordo della giornata e riconoscimento dell’impegno profuso in questo anno. La società di Mutuo Soccorso Serenella è stata la bella cornice della festa. Una splendida giornata nella quale anche un po’ di sole ha favorito i festeggiamenti per i 250 Volontari dell’Auser provinciale e per le loro famiglie dando vita a momenti di riflessione e di puro divertimento. Il pranzo multietnico preparato con maestria dall’associazione Amici del Mediterraneo ha fatto assaporare piatti esotici e gustosi che hanno accontentato anche i palati maggiormente tradizionalisti. A coronamento della giornata, però, non è mancato il ballo liscio con la musica del Dj Tommy. Un po’ di allegra tradizione squisitamente italiana che ha fatto sentire tutti, anche chi è italiano da poco, a casa sua e tra amici allegri e accoglienti. 10 giugno 2012 giornata del Volontario Auser CITTADINANZA ONORARIA PER I FIGLI DEGLI IMMIGRATI Lorena Rambaudi, assessore alle Politiche Sociali della Regione Liguria prende spunto da un'iniziativa del Comune di Savona e dalla presa di posizione del Presidente Napolitano La presenza degli immigrati è triplicata negli ultimi dieci anni (nelle regioni settentrionali più che nel resto del paese). E in proporzione è aumentato il numero dei figli di immigrati nati in Italia. Lo dicono i dati provvisori del censimento 2011, che cominciano a essere diffusi in queste ore. Ma la legge ancora non permette ai nati in Italia da genitori immigrati di avere subito la cittadinanza tanto che il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano l'ha definita "follia". Il Comune di Savona ha approvato recentemente un regolamento che prevede all'articolo 10 il riconoscimento di una "cittadinanza onoraria". Prendendo spunto da questa iniziativa e dalla forte presa di posizione di Napolitano il 27 aprile l'assessore alle politiche sociali Lorena Rambaudi ha proposto, a margine della seduta della Giunta, di estendere la possibilità di riconoscere questa cittadinanza onoraria ai nati in tutto il territorio ligure. I comuni avranno facoltà di aderire o no, ma la strada è tracciata ed è in sintonia con le buone pratiche di integrazione che in Liguria hanno dato ottimi risultati, anche in periodi di forte pressione migratoria come durante l'ultima emergenza libica e nordafricana. In attesa di un cambio legislativo– ha spiegato Lorena Rambaudi – mi auguro che tutti i comuni liguri possano aderire a questo appello, frutto di civiltà e anche segnale culturale e politico importante, oltre che atto di giustizia e speranza rispetto all’invecchiamento demografico del nostro territorio”. “L’ITALIA SONO ANCH’IO” MESSAGGIO DELLA CHIESA EVANGELICA METODISTA DI SAVONA FRANCO BECCHINO * IL MESSAGGIO La Chiesa Evangelica metodista è la più antica chiesa protestante di Savona essendo stata fondata nel 1875, essa annovera nella sua comunità membri di nove nazionalità o etnie: cubana, ecuadoregna, italiana, keniota, olandese, romena, statunitense, tedesca, ungherese, che vivono bene insieme, si sentono grandemente arricchite dalla diversità e sono persuase di costruire veramente una sola famiglia, per cui chiamarsi sorelle e fratelli non è una formalità ma una dimensione autentica. Siamo pertanto profondamente addolorati per le manifestazioni di razzismo, anche violento, che si verificano con sempre maggior frequenza nel nostro Paese. Per parte nostra dichiariamo che ci atterremo strettamente nella nostra vita personale e comunitaria e nell’impegno nella città alla chiara parola della Bibbia:” Quando qualche forestiero soggiornerà con voi nel vostro paese, non gli farete torto. Il forestiero che soggiorna fra voi, lo tratterete come colui che è nato tra voi; tu l’amerai come te stesso; poiché anche voi foste forestieri ...Ci sarà una stessa legge e uno stesso diritto per voi e per lo straniero che soggiorna da voi” (dai libri del Levitico 19/33- 34 e numeri 15/16). Invitiamo poi i nostri concittadini ad essere fermi nella difesa del principio proclamato nella Costituzione della nostra repubblica secondo il quale ”Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di razza, di lingua, di religione...” Segnaliamo due progetti di iniziativa popolare con il motto “l’Italia sono anch’io” promosso da 19 organizzazioni tra le quali la federazione delle Chiese Evangeliche in Italia che prevedono l’uno una modifica della legge sulla cittadinanza che consenta ai figli di genitori stranieri l’accesso alla cittadinanza, l’altro che conceda ai lavoratori stranieri che soggiornino in Italia da 5 anni: il diritto elettorale per le elezioni delle amministrazioni locali. A questi progetti si è implicitamente riferito il Presidente della Repubblica nel suo intervento sul tema della cittadinanza a favore dello straniero nato in Italia, in occasione del ricevimento al Quirinale dei partecipanti al convegno celebrativo del 150esimo dell’unità d’Italia promosso dalla predetta Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia. ____________________ IL COMMENTO __________________ Il messaggio della nostra chiesa, sul tema del fenomeno emigratorio, è stato indirizzato alla città sul finire dello scorso anno e al momento della sua diffusione non ebbe una grande eco in città. L’iniziativa di cui si parla ha avuto un notevole successo ed ha raccolto in tutta Italia un numero di firme di gran lunga maggiore di quello minimo richiesta dalla Costituzione. E’ notizia di questi giorni che la Presidenza della Camera dei Deputati ha dato il suo patrocinio all’incontro tra il Comitato promotore per ottenere un sollecito esame da parte del Parlamento dei due progetti di iniziativa popolare. Tornando al messaggio della comunità savonese, si tratta di un testo interessante perché parte da una esperienza di vita comune fra etnie e culture diverse per giungere a delle affermazioni di principio: una confessione di fede che ribadisce il principio dell’accoglienza dello straniero” come colui che è nato tra voi”, e quindi del suo trattamento paritario sul piano del diritto; il dovere, per la cittadinanza di rispettare e far rispettare con convinzione la fondamentale norma costituzionale sulla pari dignità e sulla eguaglianza davanti alla legge di tutte le persone, senza distinzione di razza, di lingua, di religione. E’ la coerente ri-proposizione di un caratteristico principio protestante che afferma con forza il valore della diversità e la conseguente convinzione che nulla più di una società plurale, che realizzi l’incontro e non il conflitto delle culture può arricchire tutti e ciascuno in modo incomparabile. Ancora una volta, ci sembra, la comunità metodista da alla nostra città un contributo che sollecita riflessione ed impegno. *Presidente del consiglio della Chiesa Evangelica Metodista di Savona 5 Riflessioni sulla Repubblica e sull’Europa NASCE LA REPUBBLICA OPERA INCOMPIUTA ANCHE SUI MEDIA I titoli di ieri e quelli di oggi: quanti ideali ancora da realizzare MARCELLO ZINOLA* “Nasce la Repubblica”. “E’ Repubblica”. “L’Italia è una Repubblica”. Rileggere i titoli dei giornali dell’epoca riporta alla mente caratteri e modelli grafici di giornali che non erano poi così male. Come la Repubblica appena nata e che oggi, troppi, vorrebbero prepensionare come la Costituzione. Elementi perfettibili, certo, ma non con procedure in cui - come si suol dire si rischia di buttare via “il bambino con l’acqua sporca”. Di acqua sporca sotto i ponti di questi decenni ne è passata (purtroppo) molta e rileggere la storia della repubblica italiana, tra i giornali di ieri e quelli di oggi è significativo. Per diversi elementi. Il primo: la passione e l’euforia. Si cambiava registro dopo due guerre e la Resistenza. Un paese disastrato, ma con la forza di reagire e di uscire dalla “fame”. Voglia di vivere e di fare politica. Certo con una accentuazione ideologica serrata, con un quadro internazionale poi sfociato nella contrapposizione occidente/Usa contro l’Urss e il blocco dei paesi dell’Est culminata con la sconfitta elettorale del fronte popolare in Italia. Le cronache ondeggiavano tra il racconto della passione dei giornali ideologicamente più schierati (Unità e Popolo) e quelle un po’ più asciutte di quotidiani di area più liberale o “indipendente”. Ma in tutti emergeva la convinzione che da quel referendum che fotografava un paese che aveva ancora nella sua memoria e tradizione la “real casa”, poteva nascere un’Italia diversa. Il passaggio elettorale che si avvicinava avrebbe poi cambiato il taglio di articoli e schieramenti con una campagna elettorale che oggi si sarebbe detta “feroce”. Con l’innegabile influenza Usa e la forte presenza dell’allora Pci, Psi e del movimento operaio al cui interno l’area cattolica si sarebbe poi organizzata attorno alla Cisl. Dai titoli dei giornali sulla “festa” per la Repubblica, dall’analisi sulle caratteristiche di una Costituzione che era stata calibrata in modo da contenere nelle rappresentanze parlamentari ogni possibile deriva autoritaria e che sarebbe diventata modello per studi giuridici internazionali, si passò ben presto a quelli legati ai veri e propri slogan elettorali. Significative, in tal senso, le pubblicazioni che oggi si direbbero alternative. Grafica e impostazione, in taluni casi innovative, “mordevano” come i contenuti. Il secondo: l’evoluzione dagli anni cinquanta agli anni ottanta. I giornali superata la prima vera grande competizione elettorale, si attestarono sulle posizioni di area o di netto schieramento ideologico. C’è la grande stagione dei giornali della sera, lo “strillo” sui fatti di cronaca nera che massacrano i protagonisti. Lasciando “intendere” laddove non si racconta perché i protagonisti sono di classe sociale “intoccabile” o politici. L’influenza della collocazione internazionale italiana, nell’alleanza atlantica, si leggeva in molti fondi e articoli di politica interna e internazionale. Il mondo del lavoro aveva pochi riferimenti: Unità, l’Avanti (quello vero, non quello del faccendiere Lavitola). E diffondeva le proprie idee utilizzando i volantini, giornali murali. La stampa che veniva definita “borghese” era maggioritaria. Il taglio di molti servizi sulle lotte operaie, le crisi, i rinnovi dei contratti era non tanto censorio, quanto impostato ad evidenziare “il danno” del fermo delle produzioni. Il paese comunque evolveva e la repubblica arriva a vivere gli anni più duri tra la fine degli anni Sessanta e gli anni Ottanta. Il golpe borghese, la strategia della tensione con il terrorismo nero e Savona coinvolta con le bombe del 74-75, i primi scandali con Savona ad annunciare Tangentopoli con il caso Teardo, gli anni di piombo. Fare informazione non era facile. Gli scandali “sifar”, il golpe borghese, le cronache e soprattutto le inchieste giornalistiche costarono molto care a quella parte di informazione che, al di là delle collocazioni ideali, aveva la “repubblica” in testa. La magistratura degli anni Sessanta e primi anni Settanta era meno incisiva. Furono spesso inchieste e denunce giornalistiche a rompere il silenzio, a evidenziare fatti e retroscena poi emersi, spesso anni dopo, in indagini giudiziarie. (segue a pagina 10) 6 Riflessioni sulla Repubblica e sull’Europa Colloqui casuali tra i cittadini di Savona: la gente ha voglia di partecipare BASTA CON GLI “SCHETTINO DELLA POLITICA” Necessità vuole che si vada avanti sino a al 2013 con il governo Monti. Dopo quale nocchiero e quali marinai porteranno Paese e Europa fuori dal “terremoto” che ha colpito politica e Italia? Mario Monti tra i terremotati dell’Emilia SERGIO TORTAROLO* La paura. E’ questo il sentimento che affiora nei colloqui tra amici, negli incontri casuali per la strada, nelle parole scambiate con quella “base” popolare e semplice, ma spesso intuitiva ed acuta, che popola i nostri rioni di periferia. Mi riferisco a quella base di lavoratori dipendenti e pensionati che hanno seguito le vicende degli ultimi mesi, nazionali e internazionali, con preoccupazione crescente, con partecipazione ed ansia; consapevoli di dover di nuovo rimboccarsi le maniche, pronti ad accettare ancora sacrifici. Ma ora, nelle ultime settimane passate alla ricerca di soluzioni e spiegazioni razionali, sta subentrando il pessimismo; sta affiorando la paura che è una cattiva consigliera. Da qualche tempo, i discorsi finiscono sempre lì: “non ce la faremo”, “se crolla tutto, cosa facciamo?”. Eppure questa è la parte sana del paese, non facile a scoraggiarsi, che ha sempre lavorato e pagato le tasse, quella che ha sostenuto i consumi, quella moralmente ed eticamente integra, quella capace di pensare all’interesse collettivo. La paura affiora perché ci si pongono alcune domande. Questo governo è stato accettato (o subito) con un sentimento di sollievo: era il dopo, finalmente. Un gruppo qualificato di ministri. Attivo. Determinato. Competente. Ora, però, qualcosa si sta rompendo. Il governo sembra impantanato. Gli interventi sulle pensioni, sullo stato sociale, sugli Enti Locali sono stati duri e pesanti. Il peso delle tasse sta diventando insopportabile. Perché non si va avanti? I partiti frenano: si attende la nuova (e doverosa) legge elettorale, quella sulla corruzione, la riduzione dei costi della politica, eccetera, eccetera; ma non arrivano risultati, se non la solita confusione condita da buone intenzioni. Le statistiche ci parlano di un paese impoverito, nel quale le disuguaglianze sociali sono aumentate. Sarà anche vero che si sta pagando la crisi, ma chi la paga davvero (i più poveri) lo fa anche per ricchi ed evasori, che davanti al precipitare della situazione hanno, per di più, robusti paracadute. Insomma, è una brutta storia. Dalla crisi si esce se si rafforza la solidarietà e il patto sociale, ma non si esce se questo patto viene continuamente incrinato e violato. Così nasce, inesorabilmente il rischio di tensioni sociali gravi e pericolose. Purtroppo, l’Italia, così si dice dal panettiere o dal giornalaio, non è la Francia. Lì, in pochi giorni, un bel cambio di governo, con stile (di tutti, maggioranza uscente e nuova maggioranza). E l’Italia non è nemmeno la Germania. Altre nazioni europee affrontano questa tempesta complessa, questa vera guerra finanziaria dall’esito incerto e imprevedibile con una forza e una compattezza che a noi mancano. Siamo una nazione condizionata 7 pesantemente dall’avere una democrazia più fragile e una economia stravolta da una evasione fiscale sistematica, impensabile negli altri paesi. E’ qui la fonte di tutti i nostri guai. L’evasione è stata tollerata, addirittura giustificata, ma è una grande vergogna. Si dicono altre cose in questi colloqui preoccupati e sempre più tesi; ad esempio, ma come è stato possibile che la maggioranza degli italiani abbia consegnato per tutti questi anni il governo del paese a una destra rappresentata da Berlusconi e Bossi? Oggi, si dice, è chiaro per tutti che i due rappresentavano un disastro, autentici Schettino della politica. Ma era così difficile capirlo anche prima? Come è stato possibile che quella miscela di populismo, demagogia, mascherata da antipolitica, veicolata dalla tv, con venature di razzismo e di intolleranza, fosse accettata e sostenuta anche dai ceti popolari? Sono domande retoriche; è stato possibile! E quindi la vera domanda oggi è un’altra; la crisi della destra lascia i suoi elettori in un limbo, nel vuoto; è il ventre molle dell’Italia, una massa consistente. Verso cosa si orienterà domani? Ecco l’altro aspetto della paura di cui parlavo. In questa nazione, massacrata culturalmente da quasi diciassette anni di berlusconismo e leghismo, afflitta da una questione morale diffusa e inquietante, in cui (segue a pagina 8) Solidarietà tra generazioni Attività dei volontari dell’Auser nella Scuola UNA STRADA PARTICOLARE VIA SAN LORENZO Progetto per far conoscere il quartiere di Villapiana ai ragazzi delle elementari GIORGIO CASTELLI Come spesso accade in primavera dopo un lunedì di pioggia, martedì 22 maggio è una bella giornata di sole. L’appuntamento è alle ore 9 in via Schiantapetto, di fronte alla Scuola della Rusca. L’accordo con le maestre Marisa e Alessandra è di far percorrere agli alunni della classe quarta via S. Lorenzo raccontando le sue origini e i cambiamenti subiti nei secoli scorsi. Usciti da scuola si scende lungo via Padova e si percorrono i giardini di via Trincee fino al ponte sul Letimbro dove il rio S. Lorenzo si immette nel torrente. C’è un po’ d’acqua dovuta alla pioggia del giorno precedente ma è certo che anticamente questo ruscello doveva essere ben alimentato dal bacino di impluvio che va dall’attuale via P. Garibaldi a via Firenze passando per la valletta dello Zerbino, tanto che nei primi anni ’50 ha allagato diverse volte il cortile e le officine dell’Itis G. Ferraris con grande gioia di noi, allora alunni, per la festa non programmata. Via S. Lorenzo rimane un percorso particolare, sia per la sua lunghezza sia perché nata nel tortuoso percorso di questo ruscello oggi del tutto coperto, ma anche per l’avvicendarsi dei suoi aspetti e nomi che la indicano come “Valletta”, poi via, e infine, creusa e colle. Abbiamo iniziato il percorso da via Trincee risalendo il primo tratto della valletta fino al “palazzo delle pipe” sorto a seguito della demolizione della fabbrica che dalla metà del 1800 produceva pipe in terracotta. Questo tratto attraversa via Piave nel punto dove, fino al 1915, esisteva il ponte dello Sbarro che scavalcava il ruscello lungo la via di Torino, proseguimento dell’antica via del mercato vecchio. Non si hanno notizie della originale costruzione in pietra del ponte, ma 1933: collaudo del ponte sulla ferrovia in via San Lorenzo si sa per certo della sua sostituzione con uno in legno nel 1809 con uno successivo in ferro nel 1893. Proseguendo, la via si allarga, ma rimane tortuosa, scavalca la ferrovia per Genova con un ponte allargato nel 1933, e prosegue sino a piazza Brennero diventando creusa e salendo con gradini fino alla antica chiesetta di San Lorenzo, Biagio e Donato. I tempi scolastici non ci permettono di visitare l’interno della chiesa la cui costruzione è antecedente il 1178 anno della sua prima notizia certa. Con i bambini, ora un po’ affaticati e meno partecipi, saliamo ancora sorpassando l’autostrada e ritroviamo, con una breve scalinata, la creusa che continua. Queste antiche strade racchiuse tra muri con porte di accesso alle proprietà, cantate dal poeta Fabrizio De Andrè, sono caratteristiche del nostro immediato entroterra e le troviamo felicemente, ancora numerose, appena fuori città. Con la nostra quarta A della Rusca siamo rientrati a scuola scendendo per le stradine e i sottopassi della Rusca ma la via San Lorenzo prosegue ancora come via al Colle fino a congiungersi, nei pressi appunto del colle Crocetta, con la antica “saonensis” oggi via Ranco che, se unita in discesa a via Loreto Vecchia offre un anello ricco di storia e di panorami inaspettati. (segue da pagina 7) Basta con gli Schettino... la battaglia per la legalità è fondamentale e prioritaria, quali orientamenti assumeranno questi settori, che erano la forza della destra? Detto ancora più esplicitamente: ci attendono altre esperienze nefaste o finalmente il centrosinistra riuscirà a riprendere il bandolo della matassa visto che gli elettori, come con un’ultima fiammella di speranza, gliene lasciano la possibilità? Ma il tempo è poco, siamo in un passaggio tumultuoso e complesso, di sistema. Domani non sarà più come oggi. C’è bisogno di razionalità, buonsenso, competenza: questa situazione invece favorisce purtroppo chi strilla di più, chi le spara grosse, chi fa leva sulla pancia della gente, sull’emotività, sulle scorciatoie. In un paese normale, se una maggioranza ampia come quella che i nostri concittadini hanno purtroppo avuto la bontà di regalarci nel 2008 fallisce ovunque e si frantuma, si va alle nuove elezioni. In Italia ciò significherebbe oggi un’evidente vantaggio per il centrosinistra con (probabile, ma non è detto) sua vittoria. Curiosamente, da noi nessuno pone esplicitamente questo problema. E così, necessità vuole che si vada avanti fino al 2013 con il governo Monti. Bene. Ma da qui ad allora cosa sarà del quadro politico? Del sistema dei partiti? Dell’Europa e dell’euro? Troppe variabili, troppo difficile per qualche pensionato a passeggio. Ma, come al solito, anche gli economisti e gli esperti ci spiegano le cose dopo che queste sono avvenute; ecco perché le tante domande importanti e concatenate che ci siamo posti e alle quali non riusciamo a dare una risposta concreta generano inevitabilmente paura per il domani; con la sensazione sgradevole di essere anche privi di strumenti per difenderci, passeggeri, come direbbe il poeta, “di nave senza nocchiero in gran tempesta”. * Già sindaco di Savona 8 L’opinione VOGLIA DI CAMBIAMENTO E ASTENSIONISMO FRANCO ASTENGO* è stato fin dalle Regionali 2010) e al di là delle “sparate” del suo leader, maestro di istrionia propagandistica, appare saldamente all’interno del recinto democratico (ben diversa la situazione, da questo punto di vista, in Francia con il Front National o in Grecia con i neonazisti; mentre rispetto ai “pirati” tedeschi e svedesi l’analogia, per ora, può essere sviluppata nella comune, tra 5 stelle e Pirati, indisponibilità a stringere alleanza di governo: ma per restare al “caso italiano” l’obbligatoria assunzione di responsabilità amministrative nel Comuni rappresenterà la vera cartina di tornasole per giudicare la realtà di questo nuovo soggetto politico). Forniamo, ancora, alcuni dati significativi rispetto all’entità dell’assenza dal voto: prendendo in esami i risultati di 124 comuni (il 122 compresi nelle regioni a Statuto ordinario più Gorizia e Palermo) si registravano un totale di 5.273.844 elettrici ed elettori aventi diritto; tra questi 3.054.821 (il 57,92%) hanno depositato nell’urna un voto valido per l’elezione del Sindaco e 2.863.144 (il 54,28%) per le liste. Di conseguenza il tasso di astensione, per quel che riguarda le liste può essere valutate al 46,72%: come si scriveva all’inizio assolutamente un record per analogo tipo di elezione nella storia della Repubblica. La provincia di Savona ha avuto un ruolo assolutamente marginale in questa complessa vicenda: si è votato, infatti, in soli sei comuni, tutti al di sotto della soglia del 15.000 abitanti, Altare, Boissano, Borghetto Santo Spirito, Cairo Montenotte, Calizzano e Giusvalla. L’esito è stato assolutamente favorevole allo schieramento di centrosinistra (fornendo così anche una indicazione di massima per l’insieme della situazione politica provinciale) che oltre a confermare il governo dell’importante comune di Cairo Montenotte, con la candidatura del sindaco uscente Fulvio Briano, ha strappato i comuni di Altare (tornato al centro sinistra dopo un intervallo) e Borghetto Santo Spirito (un risultato assolutamente storico). Un buon viatico quindi per l’apertura di un ciclo amministrativo diverso dal passato, al riguardo del quale non ci resta che formulare i migliori auguri per i nuovi amministratori. In oltre 100 comuni di quasi tutte le Regioni italiane si è svolto, tra il 6-7 Maggio (primo turno) e il 20 e 21 dello stesso mese (turno di eventuale ballottaggio) un importante appuntamento elettorale che ha riguardato non semplicemente il pur importante aspetto locale delle competizioni, ma il cui esito si è riflettuto sull’intero quadro politico. Un risultato complessivo che ha fornito alcune importanti indicazioni: si è verificata un’ulteriore deframmentazione tra la società e la politica, tradottasi in un livello di astensioni dal voto mai fatto registrare in precedenza in alcun tipo di competizione elettorale; la geografia politica espressa dai vari partiti e movimenti è apparsa fortemente frammentata, ben al di là della presenza di moltissime liste civiche, soltanto una parte delle quali da collegarsi agli schieramenti tradizionali di centro destra e di centro sinistra; appare evidente, a questo punto, come al centrodestra dello schieramento politico italiano si profili un vero e proprio “vuoto”, dovuto al declino di una leadership che aveva impresso, negli anni scorsi, un vero e proprio “marchio” a questa parte politica: un dato reso ancor più complesso dalla crisi verticale della Lega Nord colpita dagli scandali e dallo “sfarinamento” del Pdl; il Pd conquista successi importanti in alcuni capoluoghi tradizionalmente amministrati dalla parte avversa come Como e Monza, ma “non vince” in altre situazioni importanti come Parma e rimane, comunque, in bilico rispetto alla strategia delle alleanze non ancora definita sul piano degli elementi programmatici e delle dinamiche di schieramento (del resto in vista delle politiche 2013, rimane tutta intera l’incognita riguardante l’eventuale modifica della legge elettorale). Il movimento 5 stelle si è chiaramente dimostrata l’unica forza politica in grado di aggregare consenso, ma, almeno nelle situazioni in cui ha ottenuto i suoi maggiori successi, sia eleggendo alcuni sindaci sia sfiorando il ballottaggio come a Genova, è necessario costatare come questi risultati non abbiano inciso sul complesso dell’astensione, che rimane il segnale vero e concreto dell’emergere di quella che è stata definita giornalisticamente ma in maniera del tutto impropria “antipolitica”. Del resto il movimento 5 stelle è ormai presente da diverso tempo alle tornate elettorali (come *Storico e politologo 9 Solidarietà Auser MOBILITAZIONE STRAORDINARIA PER LE POPOLAZIONI COLPITE DAL TERREMOTO IN EMILIA É stato attivato un numero di conto corrente nazionale su cui operare i versamenti delle diverse raccolte fondi: c.c. bancario intestato a: “Auser Solidarietà Eventi” presso: Monte dei Paschi di Siena Agenzia n. 1 Via Po, 94 – 00198 Roma Cod. Iban: IT 24 S 01030 03201 000002233115 Un’altra forma di solidarietà possibile è l’acquisto di formaggio parmigiano reggiano a costi di produzione. L’iniziativa ha però avuto così tante adesioni che le scorte già liberate dalle macerie sono esaurite e il rimanente parmigiano è ancora stoccato nei capannoni che sono, al momento, resi inagibili dalle scosse di terremoto che si sono succedute in modo serrato. Se sarà possibile aderire, in seguito, a tale iniziativa o ad altre che Auser promuoverà ne daremo conto ai soci e ai nostri lettori in tempo utile. A cura della Redazione La terra continua a tremare in Emilia. In una notte, nell’arco temporale compreso tra mezzanotte e le 6 del mattino, sono state registrate 31 scosse con epicentro nelle campagne fra Medolla, San Felice e Mirandola, ma tutta l’Emilia è in ginocchio. Si piangono i morti, la maggior parte operai che sono rimasti sepolti dalle macerie dei capannoni industriali. Ma, altri operai, con tenacia e coraggio, continuano a chiedere aiuti per riprendere a lavorare, per non perdere le commesse per le aziende e la fonte di reddito per le proprie famiglie. La grande dignità e la laboriosità degli emiliani ci ha fatto scoprire un’Italia piegata ma non vinta. Gente spaventata che ha paura di entrare nella propria casa ma che non esita a riprendere il lavoro e una parvenza di quotidianità; dorme in auto ma non perde il proprio orgoglio e rivendica l’appartenenza a quella terra da cui sembra essere stata tradita. La zona ricca e produttiva del parmigiano e dell’elettromedicale, la zona che contribuisce sostanzialmente al mantenimento del benessere di tutto il Paese è gravemente ferita e sta soffrendo con dignità ma non con rassegnazione. I più colpiti rimangono, come sempre durante queste catastrofi, le fasce più deboli della popolazione e tra loro certamente gli anziani. E’ per questo che la nostra associazione si mobilita sia a livello periferico sia nazionale. Abbiamo infatti ricevuto dalle nostre strutture questo comunicato che pubblichiamo integralmente certi nella solidarietà anche dei nostri lettori. “L’Auser Nazionale nell’esprimere il proprio cordoglio per le vittime e la solidarietà a tutti i cittadini colpiti da questo tremendo terremoto, invita tutte le sue strutture ad un impegno straordinario di raccolta fondi. Le risorse saranno finalizzate al sostegno dei cittadini ed al ripristino dell’agibilità e funzionalità delle attività delle diverse strutture delle associazioni Auser danneggiate dalle ripetute e forti scosse. Appena possibile, attraverso una riunione specifica con le strutture dell’Emilia Romagna, verrà definita la destinazione precisa delle risorse raccolte e si valuterà la necessità di ulteriori impegni a sostegno delle popolazioni delle città colpite dal sisma.” Le donazioni, da subito, possono essere effettuate tramite il conto corrente appositamente costituito o attraverso le sedi territoriali dell’Auser. (segue da pagina 6) Nasce la repubblica ... La “repubblica” ha tenuto in quegli anni, ma a prezzi pesanti. Che si scontano ancora oggi. L’informazione però in quegli anni è cresciuta. Nascono e muoiono vecchi e nuovi giornali. La Repubblica (il giornale) è negli anni Settanta l’esperimento più significativo. E i periodici (Espresso, Panorama, Epoca, Europeo, Abc che sotto la direzione di Ruggero Orlando sarà una delle voci laiche per le battaglie sui diritti civili, per citarne alcuni) vendono molto, sono fonti autorevoli con inchieste e reportage. Il terzo: gli anni novanta e oggi. La repubblica, diventa seconda repubblica senza che la prima si sia davvero compiuta. L’informazione cambia, diventa oggetto, iniziativa e proprietà di grandi gruppi economico finanziari o industriali. Tra crisi e rilanci con l’esplosione del modello televisivo commerciale. Se “Non è mai troppo tardi” aveva alfabetizzato molti italiani, la tv commerciale che sommerge e lascia in secondo piano approfondimento e informazione concreta, rappresenta il classico fenomeno dell’ “analfabetizzazione” di ritorno. La repubblica e l’informazione sembra meno compiuta, come la costituzione, nella vita di ogni giorno, nella politica, negli scandali e in generazioni che trovano sempre meno testimonianza della storia, del vissuto. Anche per le carenze della formazione scolastica. Il multimediale (cioè la rete, i nuovi media) aprono a grandi spazi di partecipazione e di partecipazione, diventano strumenti di lotta politica e di informazione. Ma la televisione diventa anche “partito” nell’era berlusconiana. Talvolta contribuendo a sbeffeggiare i valori della repubblica e della sua costituzione. Repubblica e Costituzione da rottamare? Proprio no. Proprio perché incompiute vale la pena di raccontarle e renderle compiute. Perché i rottamatori, spesso, buttano via il bambino con l’acqua sporca. *Giornalista de “Il Secolo XIX” 10 La Costituzione e il lavoro SINDACATI UNITI PER CONFERMARE IL VALORE DEL LAVORO FRANCESCO ROSSELLO* Viviamo tempi difficili. Nell’articolo a fianco, Dabove traccia un breve quadro del precariato nella nostra provincia; in altre occasioni abbiamo descritto gli effetti della crisi sull’economia locale e sull’occupazione. Ognuno di noi vive sulla propria pelle il disagio più o meno pesante che deriva da questa situazione, gli effetti nefasti di questa crisi incidono direttamente sulle condizioni di vita di tutti. Quando qualcuno soffre, serve a poco dirgli “guarda che stai male” perché lo sa già, occorre invece scoprire le cause del suo dolore ed individuare la terapia giusta. Proviamo quindi a soffermarci prima sulla diagnosi, poi sulla cura. Nei mesi scorsi i Governi europei, e con essi il Governo Monti, ci hanno spiegato che l’’unica via per uscire dalla crisi risiedeva nel rigore e nell’austerità, era necessario riportare in pareggio i conti pubblici, tagliando la spesa pubblica, se occorre anche welfare, sanità e istruzione. Si diceva “Prima ci vuole il risanamento, poi si penserà alla crescita”. Queste idee sono tipiche della destra europea e si basano sul concetto che gli Stati nazionali vadano gestiti come un’azienda privata, per cui i servizi pubblici non possono essere finanziati con il debito (da qui l’idea assolutamente non condivisibile di inserire in Costituzione l’obbligo di pareggio di bilancio). Sulla base di questo principio sono state aumentate spropositatamente le tasse che però, sono state utilizzate per ripianare il deficit pubblico. Quindi ad un aumento delle tasse non ha corrisposto un aumento dei servizi nella quantità e nella qualità, al contrario anche i servizi sono diminuiti perché anche i Comuni hanno dovuto dare il proprio contributo all’obiettivo del risanamento accettando di vedersi ridurre le risorse. Quindi più tasse e meno servizi, una situazione che unita alla crisi industriale ed occupazionale, si è rivelata esplosiva. Le persone perdono il lavoro, pagano più tasse, non hanno prospettive e, quindi consumano di meno. Meno consumi vuol dire ancora più crisi aziendali e più disoccupazione. Gli Stati diventano bersaglio di attacchi finanziari, le borse perdono, il famigerato spread aumenta, aumentano gli interessi sul debito che dobbiamo pagare e, alla fine di questo circolo vizioso, tutti i nostri sacrifici vanno in fumo e che, come beffa finale, il nostro debito aumenti anziché diminuire. Questa è la diagnosi e la prima cosa da dire con forza è che questa ricetta di destra, che fino a qualche settimana fa ci veniva venduta come l’unica possibile, si è rivelata fallimentare. Fatta questa premessa, la cura non può che consistere in scelte di politica economica diverse e, se possibile, opposte, a quelle di prima. Nei giorni scorsi il Governo ha licenziato la riforma del mercato del lavoro, una riforma debole ed insufficiente che è stata venduta falsamente come uno strumento utile a creare occupazione. Non è con queste leggi che si crea occupazione, ma liberando risorse che facciano ripartire la produzione ed i consumi. Come fare? Abolire l’Imu sull’abitazione principale, aumentare le detrazioni sui redditi da lavoro dipendente per ridurre subito le tasse a lavoratori e pensionati, allentare il patto di stabilità per quei Comuni che hanno lavori cantierabili e potrebbero pagarli. Sono tutti interventi finanziabili utilizzando le risorse recuperate dalla lotta all’evasione fiscale, riducendo i costi della politica e i costi per le “consulenze” nel sistema pubblico, tassando in maniera più incisiva i capitali esportati e, soprattutto, istituendo una patrimoniale vera che colpisca le grandi ricchezze. All’art. 4 la Costituzione impegna lo Stato a “promuovere le condizioni” che rendano effettivo il diritto al lavoro. Con questa formulazione, lo Stato non deve trovare un posto di lavoro per ogni singolo cittadino, ma deve creare le condizioni economiche e sociali che lo mettano nelle condizioni “di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”. Creare queste condizioni è un dovere costituzionale e per questo, Cgil, Cisl e Uil hanno scelto di manifestare unitariamente e di proporre la propria “cura” in occasione del 2 giugno (manifestazione rinviata al 16 giugno a seguito del terremoto in Emilia). Quindi non solo scendere in piazza per manifestare un disagio, ma, come sempre, per chiedere scelte politiche diverse. *Segretario Camera del Lavoro di Savona IL PRECARIATO A SAVONA FAUSTO DABOVE* Quello del precariato diffuso ed ormai insostenibile sotto ogni punto di vista (sociale, economico, morale) è un fenomeno che ha investito in pieno anche la nostra provincia. Nel 2011 a Savona ben l’85% delle assunzioni sono avvenute con forme contrattuali precarie e solo nel 15% dei casi il lavoratore ha ottenuto un contratto a tempo indeterminato. In altri termini su 20 savonesi che riescono a trovare lavoro, cosa già di per sé difficile di questi tempi, solo 3 vengono assunti con contratto a tempo indeterminato: gli altri 17 ottengono solo contratti precari. Per le persone sotto i 30 anni di età la situazione è ancora peggiore: in questo caso la percentuale di chi viene assunto con un contratto a tempo indeterminato è minore del 9%. Da tempo la precarietà non è più un fenomeno riconducibile solo ai giovani che entrano nel mondo del lavoro: anche chi cerca lavoro perché l’ha perso a causa della crisi si trova, indipendentemente dall’età, di fronte questo scenario. Nella nostra provincia questa precarietà si manifesta prioritariamente con i contratti a tempo determinato (circa il 48% del totale delle assunzioni), quelli a chiamata (più 14%), o in somministrazione (interinali, circa il 10%). Seguono poi le tipologie contrattuali non riconducibili a lavoro dipendente, come i diversi tipi di collaborazione (poco meno del 5% del totale delle assunzioni). Ci sono, infine, le false Partite Iva che spesso possono mascherare un rapporto di lavoro dipendente: un fenomeno difficile da stimare ma in sensibile aumento anche a Savona. *Segretario NidiL CGIL Savona NidiL (Nuove Identità di Lavoro) è la categoria che si occupa dei lavoratori con forme contrattuali precarie come il lavoro interinale, l’associazione in partecipazione, il contratto a progetto, le partite Iva individuali. 11 Sindacato pensionati Cgil La crisi colpisce tutte le età. Ma gli anziani sono maggiormente penalizzati 20 GIUGNO 2012 MANIFESTAZIONE DEL SINDACATO PENSIONATI Dopo anni di separazione Cgil-Cisl e Uil in piazza uniti per tutelare i diritti ANNA GIACOBBE* dipendenti e ai pensionati, riducendo loro le tasse; ai più ricchi va fatta pagare una tassa sui grandi patrimoni; vanno trovati i soldi e date indicazioni precise a Comuni e Aziande sanitarie per sostenere le persone non autosufficienti con servizi e aiuti alle famiglie; l’IMU sulla prima casa deve essere cancellata e, intanto, almeno, devono pagare meno non solo le famiglie con figli, ma anche quelle che hanno disabili e anziani non autosufficenti e chi affitta a canone concordato. Sono queste le principali richieste che i sindacati dei pensionatidi di Cgil Cisl e Uil, finalmente uniti dopo anni difficili, hanno presentato e sosterranno con azioni pubbliche. In particolare stiamo preparando una giornata di mobilitazione per il 20 giugno, con tre manifestazioni contemporanee a Milano, Roma e Bari. E poi decideremo come proseguire la nostra battaglia. E’ importante che tanti e tante siano presenti. Anche avanti con l’età, nessuno “ci regala” nulla: tutto si deve conquistare e ri-conquistare. Insieme ai lavoratori, insieme ai giovani: gli interessi sono comuni. Basta andare un po’ tra la gente, basta stare qualche ora nelle sedi del Sindacato dei Pensionati e incontrare le persone che arrivano lì, per vedere come stanno le cose, senza avere bisogno di tante statistiche (ma anche quelle confermano la reltà). La condizione materiale di tanti anziani è peggiorata in questi anni; molti di loro condividono le incertezze e le preoccupazioni di famiglie in cui i ragazzi non trovano lavoro e gli adulti spesso lo perdono. I redditi da pensione pagano più tasse di altri; pagano troppo, perchè ci sono ancora troppi che non pagano. Una malattia, la perdita di autosufficienza possono fare precipitare "sotto la soglia di povertà" persone che avrebbero un reddito anche decente. Una pensione da 1200 euro netti in su non avrà, quest'anno ed il prossimo, nessun adeguamento del suo valore all'aumento del costo della vita, che è tornato a crescere. Chi ha una casa propria, anche se ha solo quella, pagherà di nuovo una tassa in più. Certo, l'Italia era sull'orlo del disastro economico; se fosse accaduto staremmo tutti peggio. Ma per tenere a galla questa barca hanno pagato quelli che vivono del proprio lavoro e che versano regolarmente le tasse. Tutte cose che sappiamo. Così come è certo che se non ci sarà un po' di lavoro, di nuova occupazione, se non crescerà l'economia e se non cominceranno a pagate il giusto quelli che hanno di più, anche tutti i sacrifici dei lavoratori e dei pensionati non serviranno a femare il declino,l'impoverimento di tanti italiani. Questa deve essere la principale preoccupazione di chi governa oggi; questo è l'obiettivo del nostro sindacato. Le cose possono prendere un'altra piega se in Europa (a quel livello si decidono oggi cose importanti) prevarrà un altro modo di affrontare la crisi, non solo mettendo in ordine i conti pubblici, e certo non tagliando servizi e protezioni sociali, ma finanziando la crescita economica e uno stato sociale all’altezza delle necessità delle persone. E intanto, però, c’è bisogno che il Governo e il Parlamento italiano decidano di dare a chi “ha pagato” risposte precise ed urgenti: quel che si recupara dalla lotta all’evasione fiscale va restituito ai lavoratori *Segretaria regionale Spi Liguria 12 L’opera Lirica LA NOBILTÀ E IL MESSAGGIO DI AIDA ALDO PASTORE “Aida” è, in ordine cronologico, la ventinovesima opera di Giuseppe Verdi. E’ stata composta, su libretto di Antonio Ghislanzoni (tratto, a sua volta, da un soggetto di Auguste Mariette) negli anni 1870-1871, previa richiesta del Khedivè d’Egitto. E’ stata rappresentata, per la prima volta, al teatro dell’opera del Cairo, in data 24 dicembre 1861, in occasione della cerimonia inaugurale dell’apertura del canale di Suez. Ad un primo e superficiale esame, “Aida” sembra essere un’opera semplicemente celebrativa; non a caso, essa è stata rappresentata, più volte, in occasione di festival ed è stata oggetto di innumerevoli e grandiose esecuzioni all’aperto, destinate, soprattutto, ai turisti. Ma, le cose non sono così semplici; se noi esaminiamo l’opera nel suo profondo, possiamo riscontrare il suo alto significato etico e spirituale e possiamo scorgere in essa un eccezionale valore anche sotto il profilo puramente artistico e musicale. Incominciamo, allora, ad esaminarla partendo dalla trama, articolata in quattro atti. Atto primo- quadro primo Palazzo del re a Menfi Aida, figlia del re etiope Amonasro, vive, come una schiava, alla corte del re d’Egitto. Si è innamorata di Radames ed i suoi sentimenti sono ricambiati appassionatamente(vedi la romanza di Radames: “Celeste Aida”). Ma, anche la figlia del re d’Egitto, Amneris ama il giovane e valoroso guerriero; tuttavia, ella si accorge, con inquietudine, che Radames nutre nei confronti di Aida una profonda simpatia (terzetto: Aida, Amneris, Radames). Al riaccendersi della guerra tra Etiopia ed Egitto, Radames, viene nominato condottiero delle truppe reali. Tutti gli augurano la vittoria; anche Aida, la quale, solo più tardi, si rende conto di aver desiderato la sconfitta del padre e, disperata, chiede agli Dei Patrizi consolazione alle proprie pene. Il conflitto interiore tra il sentimento per il padre e quello per l’uomo che ama è insolubile (vedi aria di Aida:”Ritorna vincitor”). Atto primo- quadro secondo Interno del tempio di Vulcano a Menfi. Sacerdoti e sacerdotesse invocano la divinità con canti e danze rituali, affinché Radames possa ritornare vincitore. Il gran sacerdote Ramfis consegna al condottiero la sacraspada. Atto secondo – quadro primo Sala nell’appartamento di Amneris. Gli egizi, guidati da Radames, hanno sconfitto gli etiopi. Aiutata dalle ancelle, Amneris si abbiglia sontuosamente per partecipare alla celebrazione della vittoria. Rimasta sola con Aida, riesce con uno stratagemma a farle confessare il suo amore per Radames (scena e duetto”Trema o vil schiava”). Atto secondo – quadro secondo Una delle porte della città di Tebe. I soldati egizi, tornati in patria, vengono accolti dal popolo esultante (Marcia trionfale). Amneris incorona Radames con il serto dei vincitori e il re promette solennemente al condottiero di soddisfare ogni suo desiderio. Radames chiede che venga concessa la libertà ai prigionieri etiopi. Il re acconsente, trattenendo però, in ostaggio Aida e suo padre. 13 Quindi, offre a Radames la mano di Amneris e la successione al trono d’Egitto. Atto terzo Sulle rive del Nilo di notte. Alla vigilia delle nozze, Amneris si reca a pregare nel tempio di Iside. Sulle sponde del Nilo, Aida attende Radames per un incontro segreto (aria di Aida: ”O cieli azzurri”). Amonasro, che ha seguito la figlia, ne approfitta per ricordarle le pene sofferte dal suo popolo e convincerla a farsi rivelare da Radames i piani di battaglia dell’esercito egizio (duetto: AidaAmonasro: “Rivedrai le foreste imbalsamate” ). Aida convince Radames a fuggire con lei (duetto: Aida -Radames:” Oltre il Nilo ne attendono i prodi a noi devoti”). Non appena Radames svela attraverso quale percorso il suo esercito avanzerà contro gli etiopi, Amonasro, che ha udito tutto di nascosto, esce dall’oscurità e si presenta a Radames con atteggiamento trionfale, dichiarando di essere il Re degli Etiopi. Amneris, uscita dal tempio, è testimone dell’involontario tradimento e denuncia il complotto ai sacerdoti ed alle guardie. Mentre Aida ed Amonasro riescono a fuggire, Radames si consegna prigioniero al capo dei sacerdoti. Atto quarto- quadro primo Sala del palazzo del re d’Egitto. Radames, accusato di alto tradimento, si difende davanti al tribunale dei sacerdoti. Amneris promette di salvarlo, purché rinunci ad Aida. Radames, irremovibile, è pronto a sacrificare la vita (scena e duetto Amneris Radames: E’ la morte un ben supremo”). (Segue a pagina 14) L’opera Lirica (segue da pagina 13) Atto quarto – quadro secondo Tempio di Vulcano, sopra ad un sotterraneo. Radames viene rinchiuso vivo nella cella mortale. Aida si è nascosta nel sotterraneo per morire assieme a lui. Mentre i sacerdoti invocano la divinità e Amneris prega la dea Iside, affinché conceda a Radames la pace eterna, i due amanti danno, insieme, l’addio alla vita. (duetto finale Aida - Radames: “O terra, addio, addio, valle di pianti”). Dalla lettura del testo poetico, ma, soprattutto, dall’audizione musicale emerge molto chiaramente la straordinaria nobiltà di questa opera. E’ pur vero, infatti, che esistono, nel contesto del dramma, delle scene coreografiche, affidate a gruppi danzanti, ma esse hanno, tutte, un ben preciso scopo e significato; così la danza delle sacerdotesse (primo atto- secondo quadro) non è un inserto indipendente e fine a se stesso, ma rappresenta il complemento visivo di un rituale, caratteristico della tradizione egizia. Lo stesso dicasi per la danza dei giovani schiavi (secondo atto- primo quadro), la quale è un breve inserto, ma viene a configurarsi come un episodio di una complessa vita collettiva. Infine, la famosa ”Marcia trionfale”, collocata nel finale del secondo atto, rappresenta l’esaltazione della “Vis bellica” ed è perfettamente coerente con il pensiero e l’azione dei protagonisti egizi (da Radamens a Ramfis, al Re ed al popolo nel suo complesso). Un secondo aspetto che desidero evidenziare è rappresentato dal raffinato esotismo musicale, esistente in quest’opera; non risulta da nessun documento che Verdi abbia mai compiuto studi sulla musica e sul folklore arabo e orientale, in genere; viene quasi naturale pensare che Verdi abbia creato autonomamente(e quindi con un eccezionale istinto artistico) gli elementi esotici presenti nello spartito; questi, infatti, risultano, ancora oggi, sorprendentemente coerenti con i presupposti fondanti della tradizione araba. Infine: un breve, ma sentito, cenno al personaggio di Aida, giovane donna, che compare come schiava all’inizio dell’opera, che ama Radames con una luminosa spontaneità e che, tuttavia, non vuole scindere il legame ancestrale verso il Padre ed il popolo etiopico e che, infine, in assoluta coerenza e con una istintiva nobiltà d’animo, decide di morire con Radames, incoronata dai mirabili versi:” A noi si schiude il cielo e alme erranti volano al raggio dell’eterno dì”. Aida all’Arena di Verona Il 28 e il 29 giugno (due giorni e una notte) l’Auser di Savona organizza un viaggio a Verona per assistere alla rappresentazione dell’opera Aida allestita all’Arena. Il Viaggio è in bus Gran turismo con accompagnatore; il pernottamento in hotel 4 stelle La quota di partecipazione comprende i pranzi in ristorante con bevande. Programma del viaggio 1 giorno Partenza dalla Riviera per Verona. Pranzo in ristorante. Nel pomeriggio visita guidata della città. Serata all’arena per la rappresentazione di Aida 2 giorno Visita a Sirmione e Lago di Garda. Tempo libero oppure escursione facoltativa in battello. Pranzo in agriturismo Nel pomeriggio viaggio di rientro Quote di partecipazione individuale: 225 euro (supplemento camera singola: 22 euro) Biglietto di ingresso alla rappresentazione (Costo: da 25,50€ in gradinata a 73€ in poltrona) Assicurazione annullamento facoltativa (15 euro a persona). Informazioni: numero verde 800.995.988 oppure Ennio Moretti 338.234.3982 14 La curiosità CHIAMATO ELISIR D'AMORE PER AMORE DELLA LIRICA Verdi patriota convinto della nuova Italia unita, fu sostenitore dei moti risorgimentali tanto che, durante l'occupazione austriaca, la scritta "Viva V.E.R.D.I." pare fosse letta come "Viva Vittorio Emanuele Re d'Italia". Fu deputato del primo parlamento del Regno d'Italia e rappresentò, attraverso le sue opere, la somma dei simboli che avevano guidato i patrioti e i “giovani” italiani all'unificazione nazionale contro l'oppressione straniera. In molte sue opere la coralità dei popoli è protagonista di arie famose e gli italiani, forse anche per questo, agli inizi del Novecento, amavano e conoscevano le arie di Verdi che lo resero un mito. Un lettore ci ha raccontato, a questo proposito, un aneddoto riguardante la sua famiglia. Testimonianza della conoscenza profonda del repertorio verdiano e dell’amore per la lirica che aveva suo nonno. “Vissuto a cavallo tra i due secoli, mio nonno, originario di Verona, aveva percorso l’Italia, traslocando per lavoro, era ferroviere, da una città all’altra sino a fermarsi, non più giovanissimo, a Savona. Aveva un viscerale amore per l’opera lirica, una grande conoscenza musicale, un buon orecchio, ma anche un carattere focoso, che prendeva il sopravvento in particolare quando andava a teatro. Capitava spesso che, nel pieno di una romanza o di un duetto, se anche una sola nota non era interpretata a dovere, non esitava ad alzarsi e a manifestare il suo dissenso, faceva rimarcare l'errore, costringendo il maestro e direttore d'orchestra a interrompere l'esecuzione. Un personaggio davvero eccentrico, un loggionista ante litteram nel solco della storia della lirica. Ma non era solo un attento fruitore del melodramma. Era un melomane convinto, al punto che volle far entrare nella vita reale i personaggi verdiani. I suoi figli, ne ebbe ben otto, presero tutti il nome di personaggi della lirica: da Ruy Blas ad Elisir d’Amore con un contorno, a conferma della sua passione per le opere verdiane, di Aida, Radames, Amneris, Ramfis e Amonasro, più Lohengrin”. Come eravamo L’AVVENTURA ALLE COLONIE ESTIVE DI ULZIO Savona 1961: Partenza per la colonia “Cailani” di Ulzio (foto archivio Camera del Lavoro Savona) CARMEN PARODI Quante foto da riordinare! E’ giunto il momento e con pazienza cerco di riscoprire, organizzare in ordine di tempo una quantità infinita di foto, iniziando da quelle più vecchie, potrei dire antiche, rigorosamente in bianco e nero. Tra tutte eccone un gruppetto che mi fa balzare il cuore in petto: le foto della colonia di Ulzio, dove ho vissuto la prima esperienza di vita lontana da casa, sola, anche se inserita in un gruppo perfettamente organizzato, in cui disciplina, gioco e movimento avevano lo scopo di aiutare la crescita armonicamente intrecciata con l’aspetto salutistico: “cambiare aria” era uno dei dettami cui si ispirava l’organizzazione dell’attività di educazione e di crescita dei giovani. Ricordo...Perplessità, lievi imprecisati timori, ma anche la curiosità, le aspettative che mi investirono al momento in cui ”barba” Checchin comunicò ai miei genitori la sua idea di proporre il mio nome al posto di quello di suo figlio, il cuginone Ninni, per il soggiorno ad Ulzio, nella colonia dell’Ilva, di cui era dipendente. Tutte le incertezze furono fugate dalle storiche parole di zia Rina: ”Questa bambina deve cambiare aria! Deve imparare a mangiare di tutto, senza tante storie! Ci vuole la montagna! Non basta il clima degli Arbi!” Ed entrai nel manipolo dei figli dell’Ilva, pronti alla partenza per le alte quote della Val di Susa. A ripensarci, risento l’emozione della consegna della divisa: gonnellina in tela pesante blu scuro, giacchina a vento azzurro e cappellino bianco. Ci si sentiva così componenti di un gruppo solidale, in cui identificarci. E la partenza in treno: un piccolo esercito salutava dai finestrini i parenti, in uno sventolio di fazzoletti! Qualcuno tra i piccoli frignava un po’, ma presto la malinconia lasciava il posto all’impegno nei cori, che lungo tutto il tragitto verso la montagna entusiasmavano ed univano esperti, che ripetevano viaggio e soggiorno, e neofiti, che via via superavano le titubanze con cui si univano ai canti di montagna intonati dalle volenterose signorine che ci accompagnavano. Le foto mi ripropongono gruppi in cui sono stati immortalati ufficialmente tutti i partecipanti al soggiorno con la direttrice, le educatrici, la cuoca, l’infermiera; in altre si notano gruppetti ridotti: le amiche del cuore, appunto, Nellida e Franca con me: sempre insieme, durante tutti i giorni, anche a Savona, dalla scuola ai giochi nella nostra via (non trascurabile penso sia stato il loro peso sulla mia accettazione dell’esperienza). In tutte le foto sullo sfondo domina l’imponente sagoma del monte Chaberton, dalla cima sempre innevata. Una meta che ogni giorno immaginavo di raggiungere e che invece restò un sogno irrealizzato. Passeggiate ne facevamo ogni giorno, nei prati e nei boschi nei dintorni della costruzione in mattoni rossi che ci 15 ospitava e, a volte, ci avventuravamo al colle, dove stava sorgendo la stazione sciistica del Sestrière. Il ritmo delle nostre giornate era regolato e scandito dalle occupazioni quotidiane: la sveglia ci richiamava il mattino come un plotoncino militarmente ordinato. Le grandi aiutavano le più piccole a rifare i letti, schierati nella camerata, sul fondo della quale un paravento bianco occultava il letto dell’educatrice; il passaggio ai bagni, segnato da piccoli scherzi, giochi e qualche disputa, senza mai degenerare. La disciplina, dominava ogni momento delle giornate, durante le quali, i giochi, i canti, le piccole recite si alternavano a esercizi ginnici, brevi momenti di riflessione (qualche compito da recuperare) oltre alle passeggiate, perfetto schieramento in fila per due! Il momento dei pasti, tutte ordinatamente sedute lungo i tavoloni della mensa, era per me, poco propensa al cibo, tanto più se non cucinato da mia madre o dalle mie zie, un passaggio molto difficile: mi pareva che non sarei mai riuscita ad ingurgitare quella roba! Ma giorno dopo giorno, forse complice l’aria fina della montagna, o lo sguardo attento dell’educatrice, avvenne il miracolo: cominciai a mangiare tutto senza tante storie, apprezzando soprattutto il momento della merenda, quando, tutte in fila, nel cortile, ricevevamo, sulla soglia della cucina, pane e cremifrutto (segue a pagina 16) Come eravamo Il ritorno a casa, forse con un filo di malinconia, era la gioia di poter raccontare in casa tutte le nuove esperienze, ma anche la maggiore consapevolezza di ciò che potevano fare i bimbi delle numerose colonie marine esistenti lungo la nostra costa, nelle quali, a Celle, ad Andora, ricordo bene, mio padre aveva fatto e curava gli impianti elettrici, e dove, secondo le sue Estate ’56 a Ulzio da dx. Carmen, Nellida e Franca. Sullo sfondo il monte Chaberton abitudini, molto spesso mi aveva (segue da pagina 15) portato in visita, suscitando in me quei mattoncini di marmellata grandi curiosità su ciò che poteva solida) oppure una pesca da rappresentare il soggiorno in Riviera mangiare con il pane, cosa che per bambini che arrivavano da entrerà nelle mie abitudini (ancora Milano, da Bergamo, da Torino. E oggi trovo molto goloso pane e così potevo immaginare anche la pesca). Mi si affollano alla mente scansione delle giornate di quei momenti diversi; la scoperta del bambini che mi capitava di vedere, piccolo centro di Ulzio, paesino tutto non molto lontano dalla mia in pietra, la chiesetta, di fronte al spiaggia, fare il bagno tutti insieme cancello della colonia, dove la sotto l’attento sguardo del bagnino, domenica ascoltavamo la santa stendersi al sole, fare piccoli giochi Messa con i pochi abitanti della con relative piccole penitenze, né zona; gli animali al pascolo, che più né meno di ciò che io stessa passavano davanti a noi, la raccolta avevo vissuto su in montagna, ad della lavanda, che con l’aiuto delle Ulzio. grandi, confezionavamo in mazzetti per farli diventare piccoli “fiaschetti” (mi pare venissero chiamati così) rigirando gli steli in modo da ricoprire i fiori per proteggerli ed evitare la dispersione dei petali quando, rinsecchiti, sarebbero stati usati come profumatori nei cassetti. Riandare ad un tempo, ormai tanto lontano, mi ha fatto riflettere su quanto sia stata importante l’esperienza, accettata quasi di malavoglia, e che mi entusiasmò gradualmente, aiutandomi anche a superare la mia tendenziale ritrosia, abituandomi ad apprezzare la vita in comunità, io, figlia unica, tormentata dal desiderio di avere un fratello, ma anche capace di trascorrere ore con un libro. Pubblicità del ”cremifrutto” anni ‘60 16 Notizie dai Centri Solidarietà tra generazioni PULMINO E PIEDIBUS L’Auser di Albisola Superiore accompagna i bambini a scuola DORA SORGENTE Da anni i volontari Auser di Albisola Superiore accompagnano i bambini delle elementari sul pulmino dello scuolabus. Il servizio è stato garantito, per tutto quest’anno, dai volontari Ignazio Baragatti e Giuseppe Pastorino. Il loro impegno quotidiano è stato per il rientro a casa degli scolari su un percorso che, partendo dalla Scuola Primaria di via alla Massa 7, li riaccompagna alle loro abitazioni nelle frazioni di Luceto ed Ellera. La collaborazione tra Scuola, Comune e Auser si è rivelata proficua tanto che, da marzo di quest’anno, è attivo un nuovo servizio sempre a favore dei bambini. L’importanza di insegnare ai piccoli a camminare a piedi su percorsi urbani, il desiderio di stimolare in loro l’amore per la città e il quartiere, l’importanza di stimolare lo spirito di osservazione unito alla socializzazione e al senso civico sono gli elementi portanti del “progetto Piedibus.” Il piedibus è già stato attivato, con successo, in molti comuni, tra cui la vicina Savona. Per Albisola la sperimentazione è stata possibile grazie ai volontari: Antonio Amendola, Giuseppe Pastorino, Rosanna Bombo, Loredana Tammurello, Nicoletta Martini, Stefania Cuvato, Karina Guelfi e Dora Sorgente che si sono resi disponibili ad accompagnare a piedi i bambini. La prima “linea” sperimentale va dal capolinea di via Dei Conradi (con una fermata intermedia davanti alla Stazione Ferroviaria) sino alla Scuola elementare di via alla Massa. I bambini che hanno aderito al progetto sono stati circa una decina ma questo numero è destinato ad aumentare in autunno quando al riaprire della scuola, probabilmente, il progetto prenderà forma in maniera definitiva magari aggiungendo qualche altra “linea” urbana. Come eravamo ESTATE AI CAMPI SOLARI: BAGNI E GIOCHI IN SPIAGGIA Con la maestra sulla spiaggia di Zinola. Io, seduta al centro, dietro di me Rita; Tosca è la terza da dx in piedi EMILIA OLIVIERI Finita la seconda guerra mondiale, nel 1946, per me e per le mie cugine Tosca e Rita fu il primo anno di campi solari. Eravamo 25 bambine che frequentavano le scuole elementari. C’erano anche per i maschietti i campi solari ma, rigorosamente separati, tanto che non ricordo di averli mai visti. Iniziavano il primo luglio. Il ritrovo era alle 8,30 davanti alle scuole elementari di Villapiana. Accompagnate da tre maestre andavamo a prendere il tram che ci portava a Zinola, alla scuola elementare dove era la nostra sede per spogliarci e metterci in costume. L’uscita dal retro della scuola dava accesso alla spiaggia, avevano predisposto una tettoia coperta con foglie di palma per tenerci al riparo dal sole di luglio. Il tratto di spiaggia destinato a noi era cintato con paletti e una corda e anche lo specchio d’acqua dove ci bagnavamo era ugualmente cintato. Le bambine, naturalmente, non dovevano andare oltre le corde dove l’acqua era più profonda. C’era un bagnino, un ragazzo non alto ma robusto, ci divideva in due gruppi per fare il bagno, che durava una trentina di minuti. Un secondo bagno lo facevamo prima di andare a pranzare. Ricordo un giorno in cui mia madre, che era venuta a vedermi, chiese al bagnino se poteva insegnarmi a nuotare, lui rispose di si, mi portò dove non toccavo e mi buttò in mare. Cominciai ad annaspare ma riuscii a stare a galla, da quel giorno, anche se come un cagnolino imparai a nuotare. Tra un bagno e l’altro ci organizzavano dei giochi, il mio preferito era il gioco del fazzoletto. La maestra formava due squadre, tracciava due righe nella sabbia distanti una quindicina di metri una da’altra e una al centro dove si metteva la maestra con il fazzoletto che pendeva dalla mano, chiamava per nome due bambine che correvano veloci a prendere il fazzoletto senza farsi toccare dall’avversaria e senza oltrepassare la riga di centro dove era la maestra. Vinceva chi riusciva a prendere il fazzoletto senza farsi toccare dall’avversaria e portarlo dalle sue compagne. Altri giochi che facevamo erano “ Un due tre stella” e “O regina, mia regina quanti passi devo fare per raggiungere il tuo regno?”. Una cosa che mi è rimasta impressa: non ci davano da bere fin dopo l’ultimo bagno per la paura che ci facesse male, ma la mattinata era lunga e, col sole di luglio stare tutta la mattina senza bere era una sofferenza. A mezzogiorno rientravamo nella scuola dove c’era la mensa, si pranzava e subito dopo un riposino. Per completare il pomeriggio la maestra ci leggeva dei racconti da un libro, narrava delle favole o ci faceva cantare. Quando erano le cinque, adunata e tutti a prendere il tram dove proseguivamo a cantare a squarciagola. Ci riportava alle scuole elementari di Villapiana proprio vicino a dove abitavo. Oltre alle mie cugine, molte di quelle bambine le ho frequentate anche da adulta e una la incontro ancora adesso. E’ un bel ricordo, dopo cinque anni di guerra e di paure, tornare alla pace e al divertimento per noi bambini era un sogno. 17 Come eravamo “REMESCIANDU” TRA I RICORDI DELLA VECCHIA VADO Niente è più come allora: 60 anni hanno cambiato città e modo di vivere ANGELO CALABRIA Come e quanto è cambiato il mondo dal primo dopo guerra ad oggi, e con lui, anche il nostro territorio e il nostro modo di vivere. Ricordo il vivere quotidiano quando, ad esempio, la radio era un lusso per poche famiglie mentre adesso i ragazzi hanno alla loro portata notizie, musica e video da ascoltare o vedere in qualsiasi posto tenendo in mano il cellulare iphone. Anche le case erano diverse, specialmente dal punto di vista igienico. Il gabinetto, quasi sempre sul balcone, non aveva il bagno con vasca, doccia e il lavabo era una rarità. Ricordo che, nel 1949, un mio amico mi portò a casa sua per mostrarmi il nuovo bagno installato in un vano apposito, tutto piastrellato: era una sciccheria ed ebbi un po’ d’invidia. La mia cucina, come la maggior parte in quel periodo, era arredata con una credenza a due ante e un tavolo con il coperchio rimovibile che, rovesciandolo, serviva per impastare completato ed era dotato di mattarello inserito sul fianco del tavolo stesso. Sotto una grande cappa c’erano due piccoli fornelli a legna, uno più grande: ”U Runfo” era nell’angolo e serviva per cucinare con grosse pentole sul fuoco a legna o carbone. Per riscaldare c’era una stufa detta a “chitarra” per la forma che scaldava solo la cucina. La sera, prima di andare a letto, si riscaldavano le lenzuola con la borsa dell’acqua calda o con i mattoni refrattari scaldati sulla stufa e fasciati in pezze di stoffa. Le strade, a Vado Ligure, erano tutte in terra battuta e d’estate piene di polvere tanto che, durante il giorno, nelle vie principali passava un carro con una botte che spruzzava acqua per attenuare il polverone che si alzava appena c’era un po’ di vento. D’inverno con la pioggia diventava tutto fango, le ruote delle biciclette sprofondavano e rendevano difficoltoso procedere, specialmente per gli operai che dovevano raggiungere il posto di lavoro a volte lontano dalla propria casa. Quando passavano i carri con i cavalli le ruote lasciavano solchi profondi anche dieci centimetri e i cavalli faticavano molto con gli zoccoli che sprofondavano. Le auto erano pochissime, ricordo bene, non più di una diecina in tutto il paese contando anche l’ambulanza della Croce Rossa. I carri erano il mezzo di trasporto per tutte le merci: legna, cemento mattoni da costruzione, refrattari ed altro; per la terra, la sabbia, la ghiaia, il carbone e altri materiali sfusi veniva usato un carro diverso “A tumbarella” che era posta su sole due ruote che facevano da perno centrale. La forma, staccando il cavallo, facilitava lo scarico del materiale facendolo scivolare a terra senza uso di pale. L’unico mezzo efficiente era il tram (tranvai) che collegava Vado a Savona partendo da Porto Vado. Per raggiungere i paesini nei dintorni si usavano le carrozze a cavalli, dove esistevano, altrimenti ci si procedeva a piedi o in bicicletta. Il telefono era per pochi, quasi sempre commercianti o professionisti che lo usavano per lavoro. Chi ne aveva bisogno, si recava al locale Il tram della linea Savona- Vado davanti alla stazione Letimbro dove c’erano i telefoni pubblici, una centralinista passava la linea in una delle tre cabine esistenti. Gli amici erano i vicini di casa, oppure quelli che abitavano nella stessa via. Quando ero ragazzino eravamo distinti in gruppi col nome della zona in cui abitavamo. C’erano i ragazzi della stazione, o quelli del centro paese, della “Valletta”, strada che porta da Vado verso Valleggia, da”Baladda”, zona tra Vado e Porto Vado, quelli “du Portiu”, “du petrolio”, che abitavano nei pressi della Esso Petroli, “Da giescia” che comprendeva quelli che abitavano nei dintorni della chiesa. Questi gruppi erano ostili fra di loro, tanto che ricordo di aver assistito, da bambino, a qualche scontro a sassate tra i ragazzi un po’ più grandi. Anche per gli adulti gli amici facevano parte degli abitanti del rione, gli uomini si trovavano all’osteria, nelle serate del sabato o domenica. Le donne passavano le serate in casa dell’una o dell’altra, facendo due chiacchiere e rammendando qualche calzino. Era abitudine a quei tempi, lasciare la chiave di casa nella toppa, è vero che c’era poco da rubare in quelle case ma, la gente era fondamentalmente molto più onesta e non ricordo furti nelle case della mia via. Adesso abbiamo tutti porte blindate antiscasso o allarmi vari ma i furti in appartamenti sono frequenti. Le famiglie erano più numerose, avevano più figli, sovente vivevano nella stessa casa anche i nonni e magari anche uno zio scapolo fratello della madre o del padre. Adesso molte famiglie sono formate da una persona: i “singol”. Sono in costante aumento le vedove e i vedovi rimasti soli loro malgrado e le famiglie di due persone, coppie giovani senza figli o coppie di anziani i cui figli vivono ormai fuori casa. Le coppie al massimo hanno un bambino le poche volte in cui ci sono più figli i genitori non sono di origini Italiane. Ai miei tempi non c’era la televisione, che occupa le nostre serate e ci da informazioni da tutto il mondo. Oggi sappiamo tutto di tutti ma non conosciamo i problemi dei nostri vicini di casa, di chi abita nella nostra via; in effetti vediamo il mondo ma viviamo isolati, noi e la televisione che ci fa compagnia ma senza più il contatto umano come invece avevano i nostri genitori e i nostri nonni. 18 Notizie Auser CAMMINIAMO INSIEME VERSO L’ESTATE Passeggiate, gite e utili consigli Il gruppo di “auserini” durante la prima gita alle Manie MARIA GRAZIA SORTINO L’estate è alle porte ma l’Auser, da tempo, si è preparata a vivere all’aria aperta. Già ad aprile, il 18, sperando nel risveglio della primavera riscaldata dal sole, dall’aumento della temperatura e dalla maggiore durata delle giornate, abbiamo iniziato a organizzare delle passeggiate salutari e rilassanti. La prima uscita però è stata caratterizzata da un tempo ventoso ed incerto tanto che ci ha fatto propendere per un itinerario diverso da quanto previsto. Tra una nuvola e l’altra la fortuna ci ha assistito e la passeggiata alle Manie è andata benissimo anche se, al rientro, Savona ci ha accolto un bel temporale. La collaborazione tra il gruppo escursionistico savonese (Ges) e i volontari auser ha consentito l’accompagnamento di anziani alla scoperta di paesaggi e luoghi che, talvolta, anche se vicini, per alcuni sono sconosciuti. Sono passeggiate dolci della durata di due ore circa realizzate una volta ogni 15 giorni nei mercoledì o venerdì pomeriggio. La fase sperimentale ci ha visto allegri e numerosi pertanto pensiamo di proseguire l’esperienza anche nel prossimo autunno. Le passeggiate sono uno degli strumenti per invecchiare bene ed in salute. Molti sono i consigli che possiamo dare anche per affrontare l’incalzare del caldo. L’abbigliamento, sia per camminare che nella vita quotidiana, deve essere leggero, di tessuto naturale e traspirante, di colore possibilmente chiaro. Assolutamente necessario coprire il capo e proteggere gli occhi con lenti scure. Anche durante le nostre brevi escursioni abbiamo notato che questi piccoli, ma essenziali consigli, sono stati indispensabili. Ma che dire dell’alimentazione? Sarà necessario aumentare l’apporto di frutta e verdura e introdurre più liquidi per non far disidratare la cute e per permettere una funzionalità renale adeguata specialmente quando si svolge un’attività fisica. A questo proposito, proprio durante le passeggiate abbiamo sempre portato una bottiglietta con acqua e integratori salini. In l’estate vi consigliamo di usarli anche se i percorsi cittadini richiedono un minore sforzo fisico ma la sudorazione diventa comunque abbondante. Sembra pleonastico l’ultimo suggerimento: continuate a camminare e a muovervi anche d’estate ma fatelo nelle ore più fresche, mattino o pomeriggio inoltrato. Mai fermarsi perché anche il più piccolo esercizio fisico ci porta benessere e ci permette di allontanare il più possibile il momento del ”fermo obbligatorio”. Siamo convinti che nel “movimento c’è vita” e lo hanno dimostrato le varie attività che abbiamo organizzato: nell’inverno, in collaborazione con l’Asl 2 savonese e l’Università, sono stati organizzati i “gruppi di cammino” su percorsi 19 urbani e in primavera, appunto, abbiamo dato seguito a questa iniziativa con le passeggiate fuori porta. L’invecchiamento attivo ha bisogno di tanti supporti: stare all’aria aperta, condividere con altri tempo e divertimento, leggere un buon libro o ascoltare buona musica. Fare una bella nuotata, trascorrere del tempo con i propri parenti e, nel caso non ci fossero o non fossero disponibili, rivolgersi ad associazioni come la nostra che possono fornire aiuto e compagnia. Se siete già arrivati al “fermo obbligatorio” non spaventatevi troppo, anche in questo caso Auser sarà al vostro fianco con il “Filo d’argento”. Saremo una voce amica al telefono ma anche un po’ le vostre “gambe“ per piccole commissioni, o le vostre “ruote” con il servizio di trasporto sociale. Insomma, in un modo o nell’altro, anche in estate l’Auser c’è e cammina con voi! Camminando ... un pomeriggio Mercoledì 28 aprile “Le Manie - Grotta dell’Arma” (programma variato causa maltempo) Venerdì 4 maggio “San Pietro ai Monti” dalla Val Varatella Venerdì 1 giugno “Rocche bianche e la faggeta ” (rinviata per maltempo) Venerdì 22 giugno Rifugio “Prariundu” monte Beigua -Giornata conclusiva BUONA ESTATE A TUTTI Monumenti e luoghi storici SAN PARAGORIO, LA CHIESA TESTIMONE DELLA STORIA DI NOLI GIULIANO MOGGIO La chiesa di San Paragorio, eretta intorno la metà del XI secolo su un precedente sito religioso di età bizantina, fu cattedrale di Noli per oltre cinque secoli. La chiesa fu edificata nei pressi dell’affluenza del rio Sant’Antonio (a Sciümèa in gergo nostrano) da probabili maestranze di origine comacina. Ancora oggi, del loro geniale operato, resta ancora del tutto intatto buona parte dell’aspetto esterno dell’edificio, “…caratterizzato dalla tipica decorazione lombarda a lesene ed archetti, binati in facciata e nella zona absidale, raggruppati a tre e quattro sui fianchi, la presenza di disegni geometrici in bicromia bianco-rosso sotto la gronda, finestre a doppia strombatura che si aprono tanto nelle absidi che sui fianchi della navata centrale…” Nella storia locale più antica questo sito religioso ha certamente svolto un ruolo di grande importanza per la comunità locale poiché, tra il XII e il XIII secolo, qui si sottoscrissero i più significativi Atti relativi alle libertà comunali. È noto che nel Basso medio-evo Noli era inserita nella Marca Aleramica e governata dai marchesi di Savona. Anche sotto l’egida ecclesiastica, la chiesa locale era sottomessa a quella savonese. Un lento progressivo cammino - cosparso di moneta sonante (come dirò in seguito) -portò i rappresentanti la Comunitas Nauli a scrollarsi di dosso questi due “poteri” grazie anche alla fedele appartenenza alla causa guelfa e, soprattutto, al costante aiuto della potente Genova di cui Noli ne fu sempre “fedelissima alleata”. Ma veniamo ai storici fatti. - Il giorno 1° ottobre del 1181, presso la cripta di San Paragorio, si diedero convegno: il marchese di Savona, Enrico I, detto il Guercio, e i Consoli di Noli Rubaldo Pelatia, Rubaldo Tederate, Guglielmo Cappello e Ottone Aurame. L’incontro ebbe per scopo la firma di una Convenzione in forza della quale il Marchese di Savona concedeva ai rappresentanti il Governo locale “…facoltà di fortificarsi il borgo, le mura, e il castello senza impedimenti alcuni in cambio della conferma di sottomettersi a tutti i diritti di sudditanza”. - Il 10 luglio dell’anno 1192, ancora in San Paragorio, Enrico II del Carretto, secondogenito del fu Enrico I, marchese di Finale, feudatario per diritto consuetudinario di Noli, vende ai Consoli nolesi la quarta parte dei pedaggi riscossi alle porte di piazza e la sesta parte dell’imposta prevista sulla vendita giornaliera del legname. - Il 7 agosto 1192, nuovamente in San Paragorio, è ancora Enrico II a cedere alla richiesta nolese di rinunciare ad altri suoi “diritti” riscossi sulla ripa e sulla piscaria, e quelli su fitti e possessioni più, l’antico privilegio di farsi giustizia; tutto questo per la somma di lire 1440 di moneta genovese. - Il 23 maggio del 1193, San Paragorio ospita ancora il marchese di Finale e i rappresentanti la Comunitas Naulenses i quali intendono riscattare gli ultimi suoi la Chiesa romanica di San Paragorio: quel sacro suolo che testimoniò l’avvento delle più importanti conquiste di libertà conseguite dai nolesi. Chiesa di San Paragorio: il Pronao privilegi goduti dal feudatario: la tassa sul grano che si riscuoteva alla porta di piazza, il tutto per 708 lire di Genova. Infine, il 23 ottobre del 1239 fu il popolo nolese a riunirsi in San Paragorio per ricevere dal delegato Apostolico, Cardinale Giacomo da Pecoraia, la Bolla di papa Gregorio IX con la quale il pontefice attribuì alla chiesa romanica piena autonomia distaccandola dal dominio ecclesiastico savonese, la nominò Diocesi e inoltre, conseguì alla località di fregiarsi del titolo di Civitas e non più Vicus. Bibliografia Carlo Varaldo: La chiesa di San Paragorio a Noli e la zona archeologica. Monumenti e tesori d’arte del savonese, Sabatelli Editore, Savona 1978. La chiesa di San Paragorio non è sempre visitabile. Si effettuano aperture straordinarie per visite guidate Per informazioni: contattare lo 019.822708 oppure [email protected] AUSER A NOLI Nella città di Noli la nostra Associazione è presente il mercoledì pomeriggio dalle 15 alle 18 nel Centro Sociale ubicato in piazza Cattedrale presso le Opere Parrocchiali. I volontari Auser, inoltre, svolgono attività di socializzazione e di animazione presso la Casa di riposo Villa Rosa 20 L’intervento IL PEDONE È L’ULTIMA RUOTA DELLA STRADA? MARIO TISSONE Voglio parlare di via Buozzi che sta nel mio quartiere: piazzale Moroni; ad un tiro di schioppo dal comando dei Vigili Urbani di Savona e dell’avventura che debbo affrontare per attraversare da un marciapiede all’altro. Esco circa alle otto del mattino e il traffico veicolare è intenso nei due sensi di marcia. Prima di attraversare la strada, da buon pedone, guardo con molta attenzione per scegliere il momento adatto. Sono fermo davanti ad un attraversamento pedonale con una gamba all’infuori quasi per dire:”Guarda che attraverso” ma mi accorgo che non rallenta nessuno ne’ si ferma. Nessuno mi lascia il passo. L’altra mattina, al contrario, si è fermato un camioncino tutto rosso che mi ha lasciato scendere dal marciapiede e, così, ho attraversato quasi metà della carreggiata quando mi sono istintivamente fermato e girato per via del rombo di una motocicletta e forte della mia esperienza da ex vigile urbano. Con la testa mi sono sporto in avanti per vedere oltre il camioncino. Subito dopo il rombo una motocicletta ha superato il “pedonale” a tutta velocità sorpassando il camioncino e la colonna di auto ferme. “Brutto porco!” gli ho gridato a gran voce, mentre lo seguivo con lo sguardo. Ma non è servito a nulla perché il centauro ormai era troppo distante. Ho pensato che mi avrebbe potuto maciullare tanto andava forte. Ma un altro pensiero mi rodeva: su quella strada non ho mai visto un vigile urbano; e pensare che a volte basta la presenza per rendere il traffico meno teso! Ma la medaglia ha anche il suo rovescio. Basta vedere come si comportano i pedoni mettendosi accanto ad un semaforo. L’altro giorno l’ho fatto per circa mezz’ora sull’incrocio tra Santa Rita, via De Amicis e corso Tardy e Benech. Per poter passare da un lato all’altro della strada il momento giusto viene quando appare l’omino tutto verde. Oltre il 90% dei pedoni attraversa regolarmente la strada. Ma il 10% no. Pedoni ad un attraversamento regolato da semaforo Sono quelli che attraversano con l’omino tutto rosso dopo aver dato un rapido sguardo sia a sinistra sia a destra andando ad infilarsi nei vuoti del traffico. Troppe volte sono giovani o stranieri e nessuno dice loro nulla, ne’ la gente che sta, diligentemente, aspettando l’omino verde ne’, tanto meno, il vigile urbano che non si vede mai vicino ad un semaforo. Noi siamo, per natura, ottimisti e speriamo in comportamenti più responsabili. Proviamo ad aspettare. ____________________ RISPONDE CINZIA TEI RAPPRESENTANTE SINDACALE CGIL DELLA POLIZIA MUNICIPALE “Anche se il nome è cambiato da Vigili Urbani a Polizia Municipale o Locale, la sostanza è sempre la stessa. Soprattutto la “scarsa” sostanza. Scarsa, non per poca professionalità, ma perché costantemente sotto organico.” Così Cinzia Tei, delegato sindacale Cgil, esordisce nella risposta all’intervento del nostro Mario Tissone, suo ex collega. “Questo è il primo aspetto: la carenza di organico ci impedisce di essere ovunque. Sicuramente potremmo essere più presenti nelle periferie se l'organico e la conseguente organizzazione del lavoro ce lo consentisse. Altra questione sono proprio i quartieri periferici, quelli un po' bistrattati, di cui ci si ricorda solo in periodo pre elettorale. Quelli dove non passano 21 i turisti e dove andiamo poco perché chiamati altrove, magari in centro. E’ vero che manca la nostra costante presenza su tutto il territorio comunale ed ecco allora che i quartieri di periferia tornano ad essere solo dormitori o zone di transito dove, il distratto automobilista o motociclista, passa impunemente e di corsa incurante dei pedoni. La scelta, peraltro giusta, dell' Amministrazione di eliminare le Circoscrizioni non deve essere alibi per ridurre i servizi e, tra questi, anche quelli resi dalla Polizia Municipale. Nel corso degli anni, ancor prima di tale scelta, la nostra presenza nei quartieri si era assottigliata, sempre per carenza di organico, ma anche per una scelta organizzativa del nostro Comando. Rispetto a questa scelta non abbiamo nulla da dire in questa sede. Sia il cittadino a chiederne conto alla politica.” Così prosegue la Tei: “Ancora un pensiero. Il motociclista che non rispetta il pedone sulle strisce è figlio di una cattiva educazione ricevuta in famiglia, a scuola e nella società. A tale proposito i Vigili fanno la loro parte. Da oltre 40 anni insegnano educazione stradale nelle scuole per contribuire alla formazione di buoni cittadini e inculcare, nei ragazzi, il rispetto dell'altro. Ma evidentemente non basta. Che cosa possono fare, insieme a noi, chiese, politica, amministrazioni e cittadini? Certo non aspettare a porsi il problema solo quando le chiese si riempiono per i funerali dei troppi ragazzi che lasciano la vita sulle strade, in auto, in moto o contro un muro. Chi educa i giovani al rispetto dell'altro e delle regole? Chi li prepara a essere cittadini responsabili e partecipi della vita della città? Queste domande, alle quali non so dare una risposta, vorrei rivolgerle a Tissone ma anche a tutti noi “ Racconti di viaggio SULLE MONTAGNE DEL CHIAPAS CON GLI EREDI DEI MAYA Riti di purificazione, niente foto, mitragliatrici ai lati della strada, intensa e folkloristica religiosità, zapatisti vestiti di bianco nel culto del mitico comandante Marcos CLAUDIO TAGLIAVINI distrazioni, meglio non crearci problemi” Un vocìo strano, con sottofondo di musica folcloristica indigena, ci accompagna nell’infinità di corsie che si snodano tra miriadi di espositori carichi di merce. Non avevo mai visto tanta varietà di frutta, spezie e ortaggi, piante esotiche che vanno dal caffè, al cacao, all’agave largamente usato in questo paese. Peperoncini di ogni genere, pesce fluviale che non conoscevo. Concludiamo la visita con un pasto frugale che ci fornisce energie sufficienti per partire alla volta di Zinacantàn. Strada facendo incrociamo uno dei tanti posti di blocco sparsi per tutto il Messico. Da una barriera di sacchi di sabbia ammassati ai lati della carretera spunta una mitragliatrice pesante. Sono impressionato e Manuel se ne accorge: “In questo paese è molto diffuso il traffico di droga, questi controlli sono frequenti, non dobbiamo preoccuparci”. Venti minuti dopo, entriamo in una valle circondata da alte montagne, sullo sfondo spunta il villaggio di Zinacantàn (3.000 ab. 2400 mt. slm.). Manuel si ferma, vuole informarmi sui comportamenti strani dei suoi abitanti. “E’ un giorno di festa, per loro la religione, la famiglia e la gerarchia sociale sono i fili attorno ai quali ruota la filosofia di vita di questi indios. Oggi, gli uomini del villaggio, sono presenti in massa sulla piazza della Chiesa di S. Lorenzo. Non è gradita la presenza di estranei, il Consiglio religioso, organo principale e unico, giudica i comportamenti del suo popolo, valuta e decide elogi o eventuali condanne”. Costumi immutabili “Non devi assolutamente scattare fotografie è un oltraggio alla loro religiosità, può generare reazioni violente”. Sono turbato, fotografare l’ambiente faceva parte dei miei progetti. Sommessamente attraversiamo la piazza sotto gli sguardi severi e seminascosti del “pueblo”, abbigliato con costumi dai colori vistosi che vanno dal blu cobalto all’indaco. Indossano i simboli insoliti e suggestivi della loro carica, sento sulla pelle la loro ostilità. Sembra che ci vogliano chiudere il passo verso il sagrato. Abbasso lo sguardo e mi avvicino lentamente verso l’ingresso della chiesa. Entriamo. Uno spettacolo sconcertante si offre ai nostri occhi, niente panche, niente sedie, una quantità impressionante di fiori (gigli, crisantemi, gladioli, rose), sparsi tutt’intorno. Centinaia di lumini accesi che emanano un profumo nauseante, una esaltazione farsesca della religione. Sotto una grande statua di San Lorenzo una indigena, dagli atteggiamenti più consoni al paganesimo che al cattolicesimo, sta ricevendo alcuni creduloni per la purificazione dell’anima. Secondo la convinzione locale, sarebbe in grado di attrarre su di se i peccati altrui. Tale servigio viene ricompensato con galline, uova, Coca Cola o altro. A sua volta si rivolgerà a S. Lorenzo per la propria purificazione, una liturgia che può fare a meno di sacerdoti. (segue a pagina 23) La chiesa di San Juan Chamula E’ il primo giorno in terra Maya lo trascorro a San Cristobal (120.000 abitanti -2200 metri sul livello del mare).Manuel, non è ancora arrivato, ho il tempo di fare colazione al bar ristoro, dell’Hotel “Ciudad Real”, che dista un centinaio di metri da qui. Un Amerindo mi accompagna gentilmente ad un tavolo, in sala non c’e’ ancora nessuno. Non vedo l’ora che Manuel mi raggiunga, non conosco lo spagnolo e qui si parla, prevalentemente, il dialetto Maya. Uso la lingua della gestualità per farmi capire e, timidamente, ordino una tortillas farcita e una tazza di caffè all’americana (chiamarlo espresso, è un eufemismo). Nel frattempo, anche lui in anticipo, arriva Manuel Humberto Cardenas. “Buenas dias amigo!» e mi dà una pacca sulla spalla esibendo un sorriso smagliante. La giornata programmata è intensa e intendo arricchire la mia conoscenza della storia di questo popolo antichissimo. Le gesta maggiormente rievocate, attraverso una diffusa letteratura, riguardano la violenza con la quale, molti secoli fa, i Maya sacrificavano vite umane per ingraziarsi i loro dei. Ma se questo è un aspetto brutale di quella civiltà non si può eludere la straordinaria cultura, che ci hanno tramandato, nel campo dell’astronomia, dell’astrologia. Una storia che ancora oggi suscita stupore, pur conservando aspetti misteriosi. “Buenas dias!” rispondo, con la bocca ancora piena e, lentamente, mi alzo. Non vedo l’ora di esplorare le montagne del Chiapas e Manuel con uno sguardo compiacente mi dimostra tutta la sua soddisfazione. Salutiamo il “camarero” con una buona mancia e usciamo. Siamo vicini al tropico eppure l’altitudine ci concede solo 10°. Con un vecchio fuoristrada, attraversiamo le vie perpendicolari, fiancheggiate da case tipiche, basse, dai colori vivi fino all’uscita della città. L’immenso mercato di S. Cristobal “Stiamo vicini” mi consiglia Manuel, “il mercato è molto vasto, alcune regole di vita degli indios non consentono 22 (da pagina 22) Nonostante questo, stranamente, esiste una straordinaria ospitalità all’esterno dell’area templare. Donne indigene invitano a visitare le proprie case e una tequila sancirà l’amicizia. Sotto quelle casupole pulsa una povertà sconcertante in condizioni igieniche, per noi, inaccettabili. Tuttavia, è di notevole interesse osservare la loro abilità nella lavorazione dei tessuti, del mais e dell’agave. Un governo tutto particolare Nonostante esista un governo federale centrale, alcune etnie si fanno le proprie leggi. Gli indios di Zinacantàn hanno deciso di non pagare tasse, nessun rammarico per la mancanza di modernità. Loro sono felici così. Nessuno lascia il villaggio, ritengono che la felicità consiste nell’allevare figli, nel conservare le proprie tradizioni. Per loro, quella, è la miglior vita possibile. Vecchi e giovani rimangono coscientemente confinati in quel fazzoletto di terra. Manuel lo definisce, metaforicamente, socialismo primitivo. Partiamo da Zinacantàn avvolti in una nuvola di polvere per andare a San Juan Chamula, situato in un’altra vallata sempre a 2400 mt..Strada facendo ci troviamo di fronte ad un nuovo sbarramento. Uomini vestiti di bianco con sombrero ci fanno rallentare e, fortunatamente, fanno segno di proseguire. Poco lontano si intravede il loro villaggio. Polveroso, fatto di casette bianche tutte uguali. Questa volta si tratta, così mi dice Manuel, di Zapatisti. Non sapevo che ne esistessero ancora. Di questi villaggi se ne contano parecchi nel Chiapas, sono abitati da oppositori estremisti che mantengono un’assoluta autonomia in condizioni di semiclandestinità. Obbediscono esclusivamente alle proprie leggi, auspicando una caduta dell’attuale governo conservatore, solidamente in mano al P.r.i. (Partido Revolucionario Istituzional). Il loro capo carismatico, l’anziano Comandante Marcos, vive ancora tra quelle montagne. A San Juan Chamula Arrivo, un po’ provato. Qui, vive un gruppo di Tzotzil sempre appartenenti al popolo Maya. Il sorriso di Manuel preannuncia nuove stranezze. Avanziamo. Una strada polverosa, fiancheggiata da tuguri che espongono caoticamente merci di ogni genere, ci porta ai confini di una immensa piazza dove troviamo molte donne che indossano indumenti tipici (gonne dal pelo corvino lungo che arrivano fino ai piedi) e bambini seminudi che si avvicinano immediatamente porgendo le mani per ottenere qualche pesos. Anche in questo villaggio è vietato scattare fotografie. Oltre a possibili reazioni violente sono previste sanzioni e il carcere per chi trasgredisce. L’atmosfera è molto diversa rispetto a Zinacantàn, qui emerge chiaramente la presenza di due classi sociali. Una, composta da pochi ras irreperibili e l’altra estremamente indigente. Proseguiamo cauti, in silenzio, in mezzo ad una popolazione che trasuda povertà economica e culturale. Entriamo nella caratteristica chiesa bianca dove ci aspetta una scena simile a quella di Zinacantàn. Anche qui, niente panche, niente sedie, un’infinità di fiori, di candele accese, il pavimento cosparso di rami di pino scivolosi. Tutto, allo scopo di creare un’atmosfera gradita ai santi, custoditi nelle bacheche che fiancheggiano l’unica navata. Una bambina di San Juan Chamula A destra i santi a sinistra le sante. In grembo a ciascuna di quelle raffigurazioni, uno specchio, con funzioni di rimando delle impurità che ogni visitatore porta con sé. In mezzo, soli o in gruppo, peccatori genuflessi che chiedono, a presunte figure venerabili intermedie, di incamerare i propri peccati. Naturalmente, dietro compenso. Una grande statua sale fin quasi a toccare la volta, è quella del patrono San Giovanni Battista considerato più importante di Gesù. All’uscita, una bambina, succinta, sporca, a piedi nudi, con due occhi bruni e tristi, mi porge la mano. Cerca compagnia. Mano nella mano attraversiamo quell’enorme piazza, curiosamente osservati da Manuel e accompagnati dagli sguardi stupiti degli indios. Pochi minuti, nei quali provo una sensazione indimenticabile. Alla fine mi chino su di lei e avvolgo le sue spalle in un bellissimo scialle che intendevo portare in Italia. Le sue labbra accennano un dolce sorriso. Commosso, l’accarezzo. Infrango le regole e fisso la sua immagine nella fotocamera. Ricorderò, per sempre, il tenero sguardo di quella creatura tanto cara quanto sfortunata. Chiapas: 73.887 km², 4.255.790 abitanti, stato del Messico. La capitale e città più grande è Tuxtla Gutiérrez, ma la città più importante turisticamente è San Cristóbal de Las Casas. Con un'estensione pari a circa un quinto dell'Italia, è una delle 32 entità federali (31 stati e 1 distretto federale) che costituiscono la Repubblica Messicana. 23 Come eravamo QUANDO, PER STRADA, SI SENTIVA L’ODORE DEL PANE FRESCO MARIO TISSONE Ogni tanto il mio pensiero corre agli anni della mia gioventù. Ricordo il garzone del fornaio che correva pedalando sulla sua bicicletta alla quale, sul manubrio, era attaccata una grossa cesta con il pane appena sfornato. Anche se non lo si vedeva passare nella stretta viuzza, si capiva che era passato di li perché dietro di se aveva lasciato una scia inconfondibile di profumo di pane tanto che ti rimaneva il gusto in bocca. A volte lo vedevamo fermo con la bicicletta appoggiata al muro mentre scaricava la sua merce in una botteguccia che poi lo avrebbe rivenduto. A quei tempi il pane si preparava impastandolo ancor prima che venisse la notte perché il suo impasto doveva lievitare tante ore. Quando l’impasto era bello gonfio veniva tagliato a forme e cotto nel forno a legna con il giusto calore. Di prima mattina veniva sfornato e il suo odore si spargeva intorno inondando i palazzi vicini. Nel 1940 e per tutta la durata della guerra c’era la tessera annonaria che assegnava solo centocinquanta grammi di pane per persona. Negli anni sessanta lavoravo nei vigili urbani di Savona e ricordo che un collega, distaccato presso l’ufficio di igiene,aveva il compito di prelevare alcuni campioni di pane nei vari forni. Successivamente, in laboratorio, veniva controllata l’umidità contenuta nel pane in quanto, fornai disonesti la aumentavano apposta così il pane pesava di più. Credo che oggi questi controlli non si facciano più anche se il pane, mentre si mastica, si impasta e appare più umido del dovuto. Lo stesso vigile distaccato all’ufficio di igiene controllava, di primo mattino, la centrale del latte. Campionava il latte che confluiva alla centrale per valutarne l’acidità. Il controllo era preciso e si faceva prima di imbottigliare il latte nelle bottiglie di vetro che naturalmente si restituivano e si recuperavano. Allora non esisteva l’usa e getta, ma il concetto di riutilizzo dei materiali; concetto che è tornato di moda con la raccolta differenziata IL PANE di Gianni Rodari dei rifiuti che però non tutti sono disposti a fare. Ci si accorge subito dei cittadini con poco senso civico: la loro spazzatura viene cacciata nell’indifferenziata e le bottiglie fanno rumore quando colpiscono il cassonetto. Spesso si vedono gettare cartoni interi, vetri, e altra spazzatura in modo indifferente. Probabilmente non esiste un regolamento di polizia municipale che ordini questo smaltimento oppure, se c’è, è di difficile applicazione. Il vigile di un tempo, quello distaccato all’ufficio di igiene, tutti i giorni controllava anche l’acqua e la campionava. I prelievi li faceva nelle varie fontanelle che erano poste in ogni quartiere. Erano tante queste fontanelle dalle quali tutti potevano prelevare gratuitamente l’acqua, bene prezioso che era, ed è tuttora necessario, rimanga pubblico. A questo scopo abbiamo indetto, e vinto, un referendum popolare. L’acqua pubblica savonese è sempre stata una delle migliori. Grazie alle sorgenti di Quiliano si è classificata, in passato, in una graduatoria nazionale, al terzo posto. Un tempo erano tanti i rubinetti pubblici che ora non esistono più, così come i bagni che sono quasi scomparsi costringendo le persone alla consumazione in un bar per poter utilizzare i servizi. Quanto è cambiata la mia città! Anche altri miei coetanei potrebbero scrivere e raccontare ai giovani aneddoti e stili di vita che non si dovrebbero dimenticare. 24 S'io facessi il fornaio vorrei cuocere un pane così grande da sfamare tutta, tutta la gente che non ha da mangiare. Un pane più grande del sole, dorato, profumato come le viole. Un pane così verrebbero a mangiarlo dall’India e dal Chilì i poveri, i bambini, i vecchietti e gli uccellini. Sarà una data da studiare a memoria: un giorno senza fame! Il più bel giorno di tutta la storia. U VEGIU MÛÌN di Gio Batta Sirombra L’ea triste u vegiu mûìn: “Proppiu nu ghe capiˆsˆciu: u bêu u l’è bèllu pin e mi me rüzinìˆsˆciu; nu vegnan ciü i vilén a maxinä u gran; mi, ch’ei serviva ben, sun chì cu’e man in man. Anche u rianettu föa nu canta ciü a cansùn: le, ch’u gîäva a röa, pä ch’u l’agge u magùn. U mü, sulu ’nt’a stalla, spessu u fa ˙ un suspìu: sensa u bastu in spalla, nisciün ch’ou porte in gìu”. Quèxi a ilüdde, a-u prezente, d’u tenpu ch’u l’ea bun, primma ancùn ch’â curente a-u metisse in pensciùn. Traduzione Era triste il vecchio mulino / “Proprio non ci capisco più / Il canale è pieno /E io mi arrugginisco / non vengono più i contadini / a macinare il grano / io, che li servivo bene, / sono qui in ozio / Anche il ruscello fuori / non canta più la canzone: / lui che girava la ruota / sembra che sia triste / Il mulo solo nella stalla / spesso fa un sospiro / senza il basto / nessuno che lo porti in giù / Quasi ad illudere il presente / di un tempo bello /prima che la corrente elettrica / lo mettesse in pensione Il Giro a Savona 18 maggio 2012 UN VIAGGIO TRA STORIA E CURIOSITÀ DEL CICLISMO E DEL GIRO D’ITALIA “Savona nella storia del ciclismo” è il titolo della pubblicazione edita in occasione della tredicesima tappa del Giro d’Italia partita da Savona il 18 maggio. Gli autori (Luciano Angelini, Franco Astengo, Carlo Delfino, Natalino Bruzzone, Giuseppe Castelnovi e Roberto Giannotti) hanno dato vita ad un fascicolo ricco di aneddoti, storia, umorismo, ricordi e cronache che hanno caratterizzato, anche con vicende a volte drammatiche, la Corsa Rosa. Di particolare rilievo la parte riservata alla storia del ciclismo e della bicicletta nella nostra città, dagli operai che andavano a lavorare in bici nelle grandi fabbriche, ai passaggi colorati della Milano-Sanremo, dall’epopea del cellese Gepin Olmo alle squadre in allenamento sull’Aurelia. Non mancano foto quasi introvabili come la pace fatta tra i due storici rivali Coppi e Bartali suggellata con una stretta di mano all’hotel Riviera e la foto di Gino Bartali che gioca a boccette al bar Commercio di via Astengo. Il libro contiene, inoltre, numerosi riferimenti culturali come l’articolo di Giuseppe Cava (Bepin da Cà) del 1939 dedicato a Giuseppe Genta, vincitore di tante corse ma mai nella sua città. Oltre al contributo del critico cinematografico Natalino Bruzzone con il ricordo del film “Totò al Giro d' Italia” con Coppi, Bartali e Magni. Notevoli i riferimenti ai contributi di scrittori e giornalisti come Pasolini, Buzzati, Giuseppe Berto, Montanelli e Brera che dedicarono pagine indimenticabili alle epiche imprese di grandi campioni delle due ruote e al Giro d'Italia. Il fascicolo vuole essere un tributo ad uno sport che dai primi del Novecento ha entusiasmato e ancora entusiasma le folle e le masse popolari. Ma anche una originale testimonianza di come eravamo. E lo fa da una particolare angolazione, quella dello sport della bicicletta, con i suoi valori di lealtà e di sacrificio ancora in grado di entusiasmarci e di farci rivivere le grandi sfide del passato. Eddy Maerckx nella stanza dell’hotel Excelsior di Albisola capo 25 Aspettando il Giro d’Italia SAVONA IN ROSA ‘Savona in bici’ la prima ciclo pedalata in rosa Domenica 13 maggio grande partecipazione alla pedalata, l’iniziativa è stata seguita il 16 da “Un campione per amico”, con Adriano Panatta, Andrea Lucchetta, Ciccio Graziani e Juri Chechi in Piazza Sisto IV, quattro campioni del mondo che si sono allenati con i giovani delle scuole elementari e medie savonesi. Graffiti: writers e Giro d'Italia Il writer Mr Pollo ha realizzato una lunga scritta rosa sotto il cavalcavia ferroviario di Corso Ricci ed ha come tema il Giro d'Italia La “Notte rosa”, il concorso “Vetrine in rosa” e il ”Premio del Panathlon Club” che sarà consegnato a Roberto Ballini, invitato per l’occasione, vincitore del primo arrivo di tappa a Savona il 1 giugno 1969,”. Pasticceria Pasquale: secondo classificato al concorso vetrine in rosa Notizie Auser TROFEO GAMBETTA PIEDIBUS: SOLIDARIETÀ TRA GENERAZIONI LUCIANA BURATTINI LUCIANO GIRARDI Come ogni anno soci e volontari Auser hanno partecipato alla “Camminata panoramica” non competitiva intitolata a Nicola Gambetta organizzata dalla Polisportiva San Francesco di Savona. Domenica 20 maggio oltre 540 persone hanno aderito alla ventiquattresima edizione del “Trofeo Gambetta” camminando sul percorso urbano di otto chilometri: Villetta, Ranco, San Nazario, Lavagnola Villetta. Naturalmente i tempi sono stati diversi: i corridori delle polisportive hanno concluso la marcia in 28 minuti mentre altri hanno usufruito per intero delle due ore di gara. La camminata si è svolta sotto una pioggerella che ha reso, a tratti, la strada particolarmente viscida e insidiosa tanto che, il partecipante spagnolo, premiato come il concorrente che veniva da più lontano, è anche caduto. I concorrenti più anziani sono stati una dinamica signora sordomuta di 84 anni e un signore con 88 primavere. Ma non sono mancati riconoscimenti ai concorrenti più giovani due bambini piccoli: uno di dieci e l’altro di diciassette mesi. Tra i partecipanti gruppi tra cui quello Auser con i suoi 215 iscritti è risultato il più numeroso è ha vinto, con questa motivazione, una bella coppa. Tutti i partecipanti hanno gradito le bevande nei punti ristoro e l’abbondante buffet di fine gara ricco di cioccolato, focaccia, gelati, panini ed ogni bendiddio. L’appuntamento, che la folla festosa si è data all’arrivo, è stato per il prossimo anno. Anche noi lo rivolgiamo ai nostri soci nella speranza di ritrovarci in buona salute e in grado di camminare ancora tutti insieme in allegria. Il 29 maggio, nel contro viale di corso Tardy&Benech, si è svolta l’iniziativa ”Insieme per la sicurezza”; i bambini della Scuola primaria Astengo con le maestre, i volontari del Piedibus, Croce Rossa, Salvamento, Vigili urbani, Carabinieri, Finanzieri e con il fattivo contributo dei commercianti della zona Oltreletimbro, hanno dato vita alla giornata per far si che gli alunni della scuola più amata del quartiere avessero visibilità e un momento di allegra condivisione. Questa festa, che si ripete da qualche anno, ha lo scopo di insegnare ai ragazzini l’importanza di essere pedoni o ciclisti attenti e rispettosi delle regole della strada. I bimbi hanno potuto sperimentare, grazie alle biciclette messe a disposizione da Olmo e all’aiuto di un ciclista provetto, l’ex vigile Beppe Mozzachiodi, un percorso nel quale si doveva rispettare il codice della strada, dare precedenza ai pedoni negli attraversamenti e, solo dopo, ci si poteva divertire con uno slalom tra i birilli. Alcuni bambini, indossata la pettorina dei vigili urbani, si sono trasformati in custodi del traffico. Tutti sono stati affascinati dalle moto e dalle auto della polizia e dei carabinieri che, con pazienza, hanno spiegato il funzionamento di lampeggianti e sirene. I nostri volontari Auser hanno simulato i percorsi del Piedibus con tanto di pettorine e paletta per facilitare gli attraversamenti. I percorsi, nella realtà, si sono snodati ogni mattina nei vari quartieri della nostra città per accompagnare i bambini a scuola. Le linee gestite dall’Auser sono 3 e coinvolgono circa 35 bambini. 26 Da quest’autunno si aggiungerà un ulteriore percorso: dalla Chiesa del Sacro Cuore alle scuole XXV Aprile. La fase sperimentale, da maggio sino alla prima settimana di giugno, ha coinvolto 12 bambini. La collaborazione tra Auser e scuole ha radici profonde e si è sviluppata negli anni attraverso momenti di incontro in aula per riscoprire giochi, tradizioni, cucina, valori e mestieri di un tempo. Quest’anno, è stato proclamato anno europeo dell’invecchiamento attivo e della solidarietà tra le generazioni e ci sembra che il Piedibus sia un bel esempio da valorizzare proprio in questa occasione. Esso è un elemento di solidarietà perchè facilita i genitori che lavorano, aumenta la coscienza civica, l’integrazione tra bambini di varie etnie e la conoscenza del territorio urbano ma promuove anche l’invecchiamento attivo. Infatti i volontari, per effettuare questo servizio, sono impegnati molte mattine la settimana: si alzano presto, si assumono la responsabilità dei più piccoli, si sentono utili e percorrono, a piedi, lunghi tratti ri-scoprendo vie e quartieri. *Coordinatore Volontari Piedibus Il servizio “Piedibus” è possibile grazie al Comune di Savona, alle Direzioni Didattiche e all’impegno di 13 Volontari Auser ai quali va il nostro plauso e il rinnovato l’appuntamento per il prossimo settembre . Chi fosse interessato a prestare attività di volontariato per questo servizio può contattare il numero verde Auser 800.995.988 Ginnastica per la mente HANNO DETTO REBUS (FRASE: 8,6) "L'inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n'è uno, è quello che è già qui, l'inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, farlo durare e dargli spazio. Italo Calvino Soluzione: COME SI GIOCA A SUDOKU * Alcune caselle sono già fissate, le altre vanno riempite con numeri dall'1 al 9 * la tavola è suddivisa in 9 quadranti di 3x3 caselle * su ogni quadrante devono essere messi tutti e 9 i numeri, senza ripetizioni * inoltre, ogni riga orizzontale e ogni riga verticale dell'intera tavola non deve contenere ripetizioni di numeri Direttore Responsabile:Tomaso Minuto Coordinamento redazionale: Dominica Piccardo Hanno collaborato a questo numero Franco Astengo, Franco Becchino, Luciana Burattini, Angelo Calabria, Giorgio Castelli, Fausto Dabove, Anna Giacobbe, Luciano Girardi, Giuliano Moggio, Carmen Parodi, Aldo Pastore, Emilia Olivieri, Ileana Scarrone, Maria Grazia Sortino, Dora Sorgente, Claudio Tagliavini, Mario Tissone, Sergio Tortarolo, Marcello Zinola. EDITORE AUSER PROVINCIALE SAVONA – ONLUS (Associazione per l’AUtogestione dei SERvizi e la solidarietà) Via Boito 9r - Savona tel. 019-83889226 e mail: [email protected] Autorizzazione Tribunale di Savona n. 552/54 Distribuzione gratuita Notizie utili e copia del giornale sul sito Regionale Auser www.auserliguria.it 27