Anno V - Numero 5 - Giovedì 7 gennaio 2016 Direttore: Francesco Storace Roma, via Giovanni Paisiello n. 40 Referendum Italia-Libia Germania Napolitano lancia lo sprint a Renzi Genova crocevia di traffici oscuri Migranti e molestie, Colonia ha paura A pag. 4 A pag. 5 Di Giorgi a pag. 6 A 38 ANNI DAL TERRIBILE ATTENTATO SU CUI NON È STATA FATTA LUCE. E’ L’ORA DI UNA COMMISSIONE PARLAMENTARE SU QUELL’ECCIDIO di Francesco Storace T rentotto anni non bastano per cancellare un dolore che resta enorme. 7 gennaio, lutto per una comunità dispersa, che piange suoi camerati assassinati dall’odio comunista davanti una sezione di quel Msi di cui eravamo fedeli militanti. Franco, Francesco e Stefano, quante volte quei nomi - Bigonzetti, Ciavatta, Recchioni - sono risuonati nella nostra testa, il “presente “ ha gonfiato i nostri polmoni, ha aumentato la nostra voce, ha levato in cielo le nostre braccia tese. Davvero un miracolo, quella sera maledetta del 1978, evitò che la gragnuola di pallottole che si abbattè sulla sezione di via Acca Larentia - che è storia nostra e che una Nazione ingrata sembra aver rimosso dalla coscienza collettiva, nell’oblio riservato a chi muore dalla parte sbagliata - continuasse il suo triste martirologio con i nomi di Maurizio, Enzo, Pino... Noi continuiamo a ricordare, a commemorare quei Caduti per i quali non è stata fatta giustizia. Lo facciamo con le due pagine interne del Giornale d’Italia vergate per noi proprio da uno dei protagonisti di quella tragedia scampato all’agguato, Maurizio Lupini, e col rito religioso che si celebrerà questa volta all’interno della cripta della chiesa romana dei Sette Santi Fon- famia di un progetto, sangue chiama sangue, destinato a provocare lutti su lutti. Da allora, quella nostra comunità si sentì ancora più isolata, ferita, incattivita. Il 7 gennaio non è un momento qualunque della nostra battaglia politica. E troppe volte ci chiediamo se sia stato vano quel sacrificio. Facevamo politica, eravamo invece in guerra. E fa rabbia enorme, oggi, vedere l’odio che trasuda da un computer, sulla rete, nei social: chi strilla quel che leggiamo protetto da una tastiera non sa che cosa voleva dire, allora, stare in trincea a ripararsi dai colpi di P38, dalle Skorpion. Si sparava, oggi si twitta. Eroi ieri, ridicoli oggi. In Parlamento si alzava in quelle ore Giorgio Almirante, a dare voce al dolore di tutti noi. Trentotto anni dopo vorremmo noi chiedere ai pochi deputati e senatori che hanno avuto in tasca la tessera del Msi o anche di An, di avere la voglia e la forza per chiedere e ottenere luce sulla strage. Fosse anche solamente una commissione d’inchiesta per raccogliere le carte e cercare e svelare chi ha negato e impedito che a Franco, Francesco e Stefano venisse resa giustizia, chi fece scappare gli assassini, chi evitò che pagassero per le loro responsabilità gli esecutori dell’agguato, chi nascose i mandanti. Oggi pregheremo per la verità su quel sangue nostro. (Altro servizio alle pagine 2-3) PREGHIERA NOSTRA Oggi si ricordano come sempre i Caduti della strage di via Acca Larentia. Una messa nella chiesa romana di piazza Salerno datori, alle 18, in piazza Salerno. La preghiera per rendere ancora più forte il legame spirituale con quei nostri fratelli di cui siamo coetanei, loro lassù e noi qui a piangerli ancora. Acca Larentia, nel lungo martirologio del Msi, ha BOMBA NORDCOREANA PROVOCA UN TERREMOTO probabilmente rappresentato la pagina più buia. Fu l’aggressione armata non a tre “obiettivi “ - uno dei quali assassinato da un ufficiale dei carabinieri - individuati secondo lo spietato rituale del terrorista che fa fuori il nemico; fu infame logica stragista e partigiana per cui si doveva ammazzare chiunque uscisse in quel momento da quella sezione a cui non si perdonava di presidiare un quartiere popolare di Roma sud. In quell’eccidio emerse tutta l’in- SOLO UN EX STUDENTE UNIVERSITARIO SU DUE LAVORA ENTRO TRE ANNI. PEGGIO DI NOI IN UE SOLTANTO LA GRECIA Non è un paese per neolaureati di Marco Zappa on è un paese (nemmeno) per neolaureati. Poco più di un ex studente universitario su due (il 52,9% del totale) riesce a trovare un lavoro entro tre anni dal conseguimento del prestigioso diploma. Le statistiche dell’Eurostat rappresentano l’ennesimo bollettino di guerra per l’Italia. Si tratta infatti del dato peggiore dell’Unione Europea dopo la Grecia. La media dell’Ue a 28 Stati nel 2014 è infatti dell’80,5%. Saliamo ancora una volta su uno dei gradini più bassi del podio. Aggiudicandoci la maglia nera per un (quasi) primato davvero deprimente. Colti e disoccupati. Una equazione tutta italiana, sicuramente imperfetta. Come se non bastasse, sarebbero i più preparati a trovare maggiori difficoltà. Destinati a emigrare, pur di evitare la disfatta. Quando una ragazza o un ragazzo iperqualificati, con qualche sogno in testa, cercano un posto, sembrano davvero chiedere la luna. E quella che dovrebbe rappresentare la normalità viene quasi vista come un’assurdità. E sul loro volto sono sempre più evidenti i segni del disagio N LA FORMICA ATOMICA A pag. 7 provato di fronte a quella porta, quasi sempre socchiusa, che solo in teoria porta al lavoro e alla maturità. Cronaca di uno Stato incapace a valorizzare i propri talenti che escono dalle nostre eccellenti facoltà, ormai bistrattate. Un problema preso sotto gamba dall’esecutivo Renzi, per un paese che dice di puntare sui giovani e lo fa invece solo a chiacchiere. Va naturalmente peggio ai diplomati. Solo il 30,5% ha una occupazione dopo tre anni. Contro il 67% della Germania e il 59,8% dell’Ue. La situazione è leggermente migliore per chi vanta invece un diploma professionale: con il dato che sale al 40,3%. L’Italia fa registrare un netto ritardo rispetto ad altri paesi avanzati praticamente su tutta la linea. Pure per l’educazione terziaria (dalla laurea breve al dottorato) ci troviamo al penultimo posto, sempre e solo davanti alla Grecia con il 52,9% (93,1% la Germania). Ma non c’è mai limite al peggio. Il Belpaese è fanalino di coda in graduatoria nella percentuale di giovani laureati. Una catastrofe. 2 Giovedì 7 gennaio 2016 PRIMO PIANO MAURIZIO LUPINI, SOPRAVVISSUTO ALLA STRAGE DI ACCA LARENTIA, RIPERCORRE QUEL 7 GENNAIO DEL 1978… “Aiutami, me brucio tutto dentro” Oggi alle 18 si terrà un rito di suffragio nella cripta dei Sette Martiri, in piazza Salerno a Roma Franco Bigonzetti, Francesco Ciavatta e Stefano Recchioni Stefano Recchioni, al centro della foto, pochi minuti prima di essere ucciso di Maurizio Lupini Entrammo nella vita dalla porta sbagliata”, queste parole di Massimo Morsello, cantautore e militante della destra, sono in una delle sue canzoni che più amo, dedicata a quella generazione militante che aveva vissuto gli anni di piombo. Sulla sua stessa pelle. Una generazione di ragazzi, una generazione che sognava di poter cambiare il mondo, di fare “la rivoluzione” per renderlo più giusto e migliore. Erano tempi in cui fare militanza a destra era difficile e decidere di appartenere a quell’ambiente era come fare un patto con il destino avverso. Era il sette gennaio 1978, un sabato, era una fredda giornata invernale nuvolosa e cupa, quasi a presagire un qualcosa di negativo nell’aria. Già dalla prima mattina, durante l’affissione in via Appia, per la manifestazione – concerto degli Amici del Vento, che si sarebbe dovuta tenere il giorno successivo, vi furono le prime avvisaglie: fummo attaccati da appartenenti della estrema sinistra, in particolare ad Autonomia Operaia. Eppure non era che una delle tante scaramucce quotidiane, che mai e poi mai avrebbe, comunque, fatto paventare quello che, solo poche ore dopo sarebbe avvenuto. Erano circa le 16,00, come al solito si trascorreva il tempo insieme, e si discuteva, “ in sezione, quando ci pervenne la notizia di un volantinaggio in Prati, e gran parte dei militanti presenti nella sede di Acca Larentia, sempre molto affollata, si mosse da lì per andarvi a partecipare, mentre noi rimanemmo, in quattro. Eravamo Franco, Francesco, Enzo ed io. Era una serata come tante. Sembrava una serata come tante. Ma avrebbe cambiato tutto. Verso le 17,00 arrivò Pino e decidemmo tutti insieme di andare in Prati per raggiungere gli altri. Uscendo per ultimo, spensi la luce, e mi avviai verso la porta, al seguito degli altri quattro, che erano ormai fuori… L’ultimo di loro, aveva lasciato sulla porta un messaggio, per un amico che sarebbe dovuto passare, con scritto “ci vediamo domani”, firmato “DONFRA”…Quel ragazzo aveva 19 anni, si chiamava Franco Ciavatta, era buono come il pane, e solido come una roccia, ed era soprannominato “DONFRA”… Nessuno avrebbe potuto mai credere che, di lì a pochi istanti, non avrebbe più avuto un domani... Spensi la luce raggiunsi all’entrata gli altri e, poco prima che alle nostre spalle si richiudesse la porta, fummo investiti da un’intensa raffica di colpi. Agli aggressori la porta era parsa ormai chiusa, e credettero di inchiodarci tutti sul posto, con il fuoco incrociato, poi rivelatosi quello di varie armi, fra le quali la famigerata mitraglietta skor- pion che già tanti delitti aveva compiuto, mossa da mani assassine. Fummo, appunto, investiti da quella raffica di colpi, e venni letteralmente scaraventato all’interno, tanto che mi ritrovai sul pavimento, e dopo un attimo di panico, miracolosamente riuscii a sbattere la porta blindata, mentre all’esterno voci imprecavano per non essere riusciti pienamente nel vile intento di ammazzarci tutti. D’altronde erano giorni difficili, l’ho già accennato, giorni in cui la parte avversa restava solitamente impunita, e urlava tronfia lo slogan che all’epoca imperava: “uccidere un fascista non è reato”. All’interno della sede, ci eravamo, come per istinto, sdraiati in terra, al buio, ma non eravamo tutti illesi…Enzo sanguinava copiosamente… e qualcuno di noi mancava all’appello: avevo negli occhi Franco, sbalzato in aria dalla potenza d’urto dei proiettili che lo avevano colpito. Era caduto e non l’avevo visto rialzarsi. Riaccesi la luce, e percepimmo l’enormità di quello che stava accadendo. La mostruosità di quanto era accaduto. Si vedevano scivolare verso l’interno, rivoli di sangue, che entravano da sotto la porta, eppure, mai e poi mai, con la incoscienza dei miei, dei nostri venti anni, avemmo ad immaginare, in quei pochi attimi che furono necessari perché riaprissimo la porta, quel che ci saremmo trovati davanti. Le foto inedite del biglietto lasciato da Franco Ciavatta e dello striscione affisso dopo la strage Rimanemmo attoniti, quando, usciti in fretta, dovemmo bloccarci all’unisono, vedendo il corpo esanime di Franco Bigonzetti, riverso, inerme, crivellato di colpi, disarmato, come tutti noi, davanti all’agguato di vigliacchi ancora senza nome. A 38 anni di distanza. In quel momento non potevamo esserne ancora pienamente consapevoli, ma stavamo muovendo i primi passi in un mondo che non sarebbe mai più tornato ad essere quello che era, o sembrava, “prima”. Eravamo come so- spesi in un tempo senza tempo, come assistessimo dall’esterno a scene in cui vedevamo noi stessi muoverci, e qualcuno di noi non muoversi più, restare esanime, al suolo. Sembrava un incubo, una situazione irreale, era come non riuscissimo a ren- 3 Giovedì 7 gennaio 2016 PRIMO PIANO La bara di Bigonzetti portata a spalla derci conto che, quello che era avvenuto, era avvenuto veramente, non era un film, ma una terribile realtà. Sentimmo chiamarci dal primo piano del palazzo soprastante la sede, da una voce concitata ed atterrita: una signora ci disse che un altro ragazzo era a terra, dall’altra parte della rampa di scale, verso via delle cave. Mi mossi più veloce che potei, con un nodo in gola ed un buco nello stomaco, saltai i gradini a grandi balzi, e mi ritrovai sul marciapiede… Franco Ciavatta era lì, steso, sofferente, il mio inseparabile amico e camerata aveva bisogno di me: “aiutami Maurì me brucio tutto dentro”, così mi disse, con una voce flebile, risoltasi in un sussurrìo. Gli avevano sparato, e sparato ancora, non paghi di averlo ferito, vollero ucciderlo. Lo presi fra le braccia, chiamammo un’ambulanza … finchè l’ambulanza non arrivò, continuai a parlargli, tentando di celare il mio smarrimento, tenendolo stretto in un abbraccio fraterno, sul mio cuore. E non si è mai mosso, infatti, dal mio cuore. Né lui, né gli altri Nostri Caduti, di quegli anni, molti dei Quali Amici miei. Morirà in ospedale, Franco, al San Giovanni, poco dopo il ricovero, per una “emorragia causata da arma da fuoco”. E’ quel che scrissero, ma non rende l’idea della sua sofferenza, della sua morte e della nostra Perdita.Né di quel che sarebbe seguito. La reazione fu veemente e militanti accorsero in via Acca Larentia, dove lo sbigottimento seguiva l’angoscia con cui si arrivava, ed a questo, si sostituiva man mano l’indignazione, incanalandosi, fino a quel momento, in una presenza militante che andava a dare il via ad una manifestazione spontanea, ed un corteo cominciava a muoversi, ma il fato avverso non era ancora sazio. Qualcuno degli operatori del mondo dei mass media gettò una cicca di sigaretta nel sangue versato, che neanche si era rappreso, era ancora fresco. E, comprensibilmente, l’indignazione crebbe, cominciò a rumoreggiare … Evidentemente non tutti coloro preposti al controllo della situazione avevano il controllo di se stessi e delle proprie azioni, oppure erano stati impartiti ordini precisi, da ese- guire. Non posso saperlo, ancora adesso mi domando quando potrò, potremo, accedere alla verità, ma sta di fatto che un colpo sparato dalla pistola che, fu detto, aveva in mano il Capitano dei Carabinieri, Sivori, attinse in piena fronte Stefano Recchioni, 19 anni, militante di un’altra storica sezione del M.S.I e chitarrista del gruppo di musica alternativa “Janus”. Sarebbe dovuto partire all’indomani, per vestire la divisa dei “parà”, morirà, invece, dopo due giorni di agonia. Ed all’indignazione seguì la rabbia. Ero completamente ricoperto del sangue di Francesco Bigonzetti, quando rientrai a casa solo per lavarmi e cambiarmi, poi, contro il parere dei miei, tornai ad Acca La- rentia, ancora camminando come in una situazione fuori della realtà, dove, però, cominciai lentamente, inesorabilmente, a calarmi, assumendo piena e compiuta consapevolezza di quel che era accaduto, e del nel dolore immenso che mi si propagava dentro. Una ferita mi si era aperta, una ferita che non si sarebbe potuta richiudersi mai più. Una ferita per una intera comunità militante, un trauma scolpito maledettamente nella mia, anzi nella nostra psiche di ragazzi ventenni. Affiggemmo uno striscione fuori la sede, con una scritta che è rimasta impressa nella mia mente: “LA LIBERTA' PUO' MORIRE A 20 ANNI! GRAZIE DC!”... Sono passati tanti anni, troppi anni …trentotto anni. E non ho mai smesso di lottare, lottare per quei valori per quegli ideali che vorrei trasmettere alle nuove generazioni per mantener vivo il ricordo, e la speranza. Ho dedicato ogni giorno della mia vita, da allora fino a che Dio vorrà, per Loro, che quel giorno passarono sulla riva di un altro mare. Anche quest’anno, la nostra comunità, doverosamente fuori da ogni ipocrisia ed ogni retorica, rinnoverà ed onorerà la Memoria di FRANCO, FRANCESCO e STEFANO con un Rito religioso, in Roma, questa sera, presso la Cripta dei Sette SS. Martiri Fondatori di Piazza Salerno, alle ore 18,00. Sarà anche un’occasione per ritrovarsi e e sentire che, come sappiamo, sono al nostro fianco. 4 Giovedì 7 gennaio 2016 ATTuALITA’ L’EX CAPO DELLO STATO: “GUAI A FAR SALTARE SCHENGEN”. E IL LEADER DELLA LEGA LO ZITTISCE: “ANCORA PARLI?” Salvini a Napolitano: “Taci” Il segretario della Lega, dopo i fatti di Colonia, torna a promuovere la castrazione chimica RIFORME COSTITUZIONALI Storace: “Al referendum un no contro chi ha negato la sovranità” di Marco Zappa Taci”. Salvini entra in tackle su Napolitano e lo zittisce dopo l’intervista rilasciata dall’ex capo dello Stato al Corriere della Sera. In cui il presidente emerito della Repubblica italiana ha indicato la via al premier Renzi sull’annoso tema dell’immigrazione, lanciando un vero e proprio diktat: “Guai a far saltare l’accordo di Schengen, a ristabilire confini nazionali e ad erigere muri. E ancora; a mettere a rischio la conquista storica della libera circolazione delle persone all’interno dell’Unione Europea. Apprezzo che il ministro Alfano smentisca l’ipotesi di una nostra chiusura delle frontiere con la Slovenia. Bisogna soprattutto fermare altri su questa china”. Dichiarazioni che non sono affatto pia- “ ciute al segretario del Carroccio, che su facebook attacca: “Sì, Giorgio. Lasciamo fare, facciamoci invadere, rapinare, cancellare. Ha ancora il coraggio di parlare, dopo tutti i danni che ha fatto? NAPOLITANO – la chiusura tutta in maiuscolo che sui social equivale ad alzare la voce - per cortesia taci”. Un attacco frontale, con le stesse parole usate nei confronti del senatore a vita già il 15 luglio 2013. Il giorno dopo l’esplosione del caso Calderoli-Kyenge, per via delle frasi del senatore leghista che paragonava l’allora ministra per l’Integrazione a “un orango”. Con Napolitano che, tanto per fare una cosa nuova, s’era mostrato “indignato” per l’accaduto. Beccandosi immediatamente la dura critica di Salvini: “Io mi indigno con chi si indigna. Taci, che è meglio”. E siamo a due! Ma il leader della Lega pure durante la festa della Befana è implacabile. E a proposito di immigrati, propone la “castrazione chimica per quella centinaia di schifosi che hanno aggredito e violentato decine di donne in Germania durante la notte di Capodanno”. Che oltre all’arresto – secondo Salvini - dovrebbero subire anche quel trattamento previsto in molti stati europei (e non solo) dedicato a stupratori e pedofili. “Tocchi una donna o un bambino? Zac! E non lo fai più”. Il segretario del Carroccio torna a lanciare l’ipotesi di castrazione per gli autori di violenze sessuali, sollevando la solita indignazione di molti esponenti della sinistra italiana che probabilmente dimenticano come pure Walter Veltroni in passato si sia mostrato favorevole a questo trattamento salvo poi rimangiarsi tutto dietro le rimostranze dei suoi compagni di partito. apolitano torna in campo e porta con sé le parole d’ordine che hanno abbondantemente contrassegnato il suo mandato quirinalizio. Riforme, quindi, in tutte le salse: e ora che ci si prepara al referendum più importante del 2016, quello per avallare le modifiche alla Costituzione volute dal premier Renzi e dalla ministra Boschi, l’attuale senatore a vita ha già detto che si schiererà con forza per il sì. C’è però tutto un popolo con cui fare i conti e se ne vuole già far portavoce Francesco Storace, segretario nazionale de La Destra. Che con un tweet ha già scelto la sua parte di campo, diametralmente opposta N a quella dell’ex presidente e del premier che egli stesso ha nominato senza passare dalle elezioni (come già fece per Mario Monti prima ed Enrico Letta poi). "Napolitano per il Sì al referendum Renzi sulle riforme. INDEGNAMENTE, voteremo No anche contro chi ha negato la sovranità popolare all'Italia". Come mai quell’indegnamente “urlato” secondo la netiquette? Un rimando all’altra grande faccenda del vilipendio: proprio il giudizio politico di indegnità fu alla base delle vicissitudini da reato d’opinione in cui Storace è incappato. Vicissitudini che peraltro, nel silenzio e nella distrazione generali, non sono ancora terminate. R. V. L’INCHIESTA SUL COMUNE DI QUARTO E LE INEQUIVOCABILI INTERCETTAZIONI TELEFONICHE Il M5S scopre il suo “mondo di mezzo” Il sindaco Rosa Capuozzo occare Renzi non porta bene al Movimento 5 Stelle. Che da quando ha aperto un canale di dialogo “nazareno” col Pd sulla Corte Costituzionale, con tanto di deputati democratici e grillini promessi sposi in vista delle unioni civili, continua a ricevere macchie sull’immagine di immacolata formazione costruita dal blog. Ecco allora che l’affare di Quarto, a Napoli, si aggrava e la T pubblicazione delle intercettazioni telefoniche che fanno da base all’inchiesta sui contatti tra affaristi in odor di camorra e l’amministrazione pentastellata getta nuove ombre sul personale politico che il movimento anti-casta arruola in giro per l’Italia. Ed anche se l’inchiesta è appena all’inizio, sono le modalità stesse che emergono delle telefonate a svelare una arroganza assai forte del mondo imprenditoriale che si teme possa essere legato alla malavita organizzata nei confronti del mondo politico. A parlare, in conversazioni pubblicate da La Stampa, è l’uomo sospettato di avere legami con il camorrista dei Polverino, Alfonso Cesarano. In città c’è il ballottaggio e l’indicazione arriva perentoria: occorre votare il candidato a sindaco dei Cinque Stelle, Rosa Capuozzo:“Adesso si deve portare a votare chiunque esso sia, anche le vecchie di ottant'anni. Si devono portare là sopra, e devono mettere la X sul Movimento 5 Stelle”. Perché in ballo ci sono già accordi precisi. “L’as- sessore glielo diamo noi praticamente. E lui ci deve dare quello che noi abbiamo detto che ci deve dare. Ha preso accordi con noi. Dopo, così come lo abbiamo fatto salire così lo facciamo cadere”. Dal Pd in molti hanno colto, dalla Serracchiani alla Bonafé, l’occasione per cercare di recuperare voti nell’elettorato grillino deluso. Tanto che persino uno come Matteo Orfini, presidente del partito e commissario dello stesso a Roma, s’è svegliato: “Quando segnalai che a Ostia i clan inneggiavano al M5S, Di Maio disse che mi dovevano ricoverare. Lo disse da Quarto, dove la camorra vota M5S”. Che a sua volta ha replicato ribadendo che il movimento “ha espulso De Robbio (l’uomo di fiducia di Cesarano nell’amministrazione, ndr) prima ancora che fosse indagato ed oggi è parte lesa. Fa francamente ridere che sia il Pd, che con la mafia ci è andato a braccetto finora, a ergersi a cattedra morale della politica. Abbia la decenza di restare in silenzio”. R.V. Via Giovanni Paisiello n.40 00198 Roma Tel. 06 85357599 - 06 84082003 Fax 06 85357556 email: [email protected] Direttore responsabile Francesco Storace Amministratore Roberto Buonasorte Capo Redattore Igor Traboni Società editrice Amici del Giornale d’Italia Sito web www.ilgiornaleditalia.org Per la pubblicità Responsabile Marketing Daniele Belli tel. 335 6466624 - 06 37517187 mail: [email protected] -----------------Autorizzazione del Tribunale di Roma n° 286 del 19-10-2012 5 Giovedì 7 gennaio 2016 ATTuALITA’ IL PERICOLO JIHADISTA SBARCA IN ITALIA Acque agitate nel porto di Genova Altri sette libici arrestati a bordo di auto sospette. Si profila un traffico per finanziare gruppi islamici di Robert Vignola ltri sette cittadini libici sono stati fermati nel porto di Genova ed espulsi perché i loro documenti sembravano non essere perfettamente in regola. I primi cinque sono stati fermati in mattinata e reimbarcati dalla polizia sul traghetto Tanit dal quale erano appena sbarcati, a bordo di cinque auto, provenienti da Tunisi; altri due, ognuno a bordo di un'auto, erano invece scesi nel pomeriggio dall'Excellent. Proprio le auto, secondo il pm Pier Carlo Di Gennaro, farebbero sospettare che ci sia un traffico di veicoli tra la Libia e l'Italia. Non solo affari illeciti, però: il sospetto è che lo scopo sia quello di finanziare gruppi vicino al fondamentalismo islamico. Gli uomini, che hanno detto di essere businessmen diretti genericamente nel Nord Europa, viaggiavano su due Toyota Landcruiser, due Hyundai 3000 V6 e una Hyundai i35 identica alle tre sequestrate domenica sera. In questo caso i documenti delle auto sembrano regolari, ma mancavano sui passaporti i visti regolari per l'Italia dei tre uomini. I poliziotti hanno sospettato manomissioni e il pm ha firmato quindi il provvedimento di espulsione immediata: la nave è già ripartita, mentre i controlli si spostavano sulla Excellent, da cui sono scesi altri due libici irregolari a loro volta espulsi. Proprio oggi saranno invece interrogati nel carcere di Marassi dal gip Cinzia Perroni i tre libici arrestati domenica sera mentre sbarcavano a Genova da Tunisi con auto identiche rubate e trovati in possesso di foto inneggianti all'Isis. Il pm Pier Carlo Di Gennaro ha inoltrato A al giudice la richiesta di convalida dell'arresto e di applicazione della misura cautelare in carcere. Secondo il pubblico ministero, i tre devono restare in carcere perché ci sarebbero "aspetti di potenziale contiguità con gruppi terroristici internazionali" e i libici "potrebbero essere finanziatori e fiancheggiatori di cellule terroristiche". Altro inquietante particolare, i giudici intendono estendere le indagini all’Italia. Secondo gli inquirenti, infatti, i libici non potevano non avere una sponda a Genova, qualcuno che li aspettasse per fornire loro i documenti per le auto. Le tre Hyundai bianche, identiche, erano prive di assicurazione e senza regolari documenti di immatricolazione, per cui una volta sbarcate non avrebbero potuto mettersi in marcia e andare molto lontano. Il sospetto degli investigatori è che il contatto fosse proprio in porto o comunque non lontano dal Terminal Traghetti. AMMINISTRATIVE ALLE PORTE IN CENTRI IMPORTANTI DELLA REGIONE: C’È IL RISCHIO TRASVERSALISMO Calabria, grandi (e oscure) manovre nel centrodestra a turbolenta Sicilia, con travasi da un partito all’altro di signori delle tessere, consiglieri regionali e via dicendo, non è un caso isolato. Il salto del fosso sembra anzi essere uno sport che vede alcuni valenti praticanti anche nella vicina Calabria. La lente d’ingrandimento nelle ultime settimane si è infatti spostata su Giuseppe Graziano, personaggio particolarmente in vista nel centrodestra, divenuto consi- L gliere nelle scorse elezioni regionali (non un’era fa, ma tredici mesi fa, nel novembre 2014) nella lista denominata “Casa delle Libertà” a sostegno di Wanda Ferro. Elezioni che hanno dato come noto la vittoria a Gerardo Mario Oliverio, portabandiera del centrosinistra. Ora Graziano, nel frattempo divenuto Segretario questore del Consiglio regionale della Calabria, nelle settimane scorse ha lanciato un nuovo progetto politico-culturale, denominato “Il coraggio di cambiare l’Italia”. E proprio Oliverio è stato tra coloro che lo hanno tenuto a battesimo “Perché – ha detto – rappresenta un nuova occasione di partecipazione alla vita politica da parte dei cittadini. A prescindere dai colori e dalle connotazioni partitiche. Del resto, la nascita di un movimento è sempre un lieto evento. Lo è ancora di più quella del Coraggio di Cambiare, poiché ritengo sia un’iniziativa importante”. Lo schema, sempre con consigliere regionale (di opposizione, fino a prova contraria) e presidente si è tenuto a Cosenza, poi a Lamezia. Strano per uno come Graziano che appena ad ottobre scorso ha ingaggiato una furibonda battaglia per il rinnovamento interno a Forza Italia, quindi contro la coordinatrice regionale Jole Santelli, uscendone vincitore, e cioè con una carica da coordinatore provinciale di Cosenza in tasca. In molti si chiedono cosa significhino questi dialoghi così serrati con il massimo esponente politico-amministrativo del centrosinistra calabrese, anche perché il 2016 è arrivato e con esso si avvicinano importanti scadenze elettorali, tra cui proprio il voto a Cosenza, ma anche Cassano e Rossano. Evidentemente i movimenti vanno seguiti da vicino e c’è già chi, nel panorama del combattivo centrodestra regionale, ha messo le manovre di Graziano (e non solo le sue) nel mirino. R. V. DA PATRIZIA MORETTI SOLIDARIETÀ ALLA SORELLA DI STEFANO E A QUELLA DI GIUSEPPE UVA Caso Cucchi, la mamma di Aldrovandi: “Pure io oggi pubblicherei la foto degli agenti” Altre polemiche incandescenti su una vicenda che continua a far discutere, nel silenzio di Alfano ure la mamma di Federico Aldrovandi, il diciottenne morto a Ferrara per le percosse ricevute durante un controllo di polizia all’alba del 25 settembre del 2005, Patrizia Moretti, pubblicherebbe oggi le foto degli agenti indagati (e poi condannati) per la morte del figlio. E’ la stessa donna a scriverlo a chiare lettere sui social network, dopo le infinite polemiche scatenatesi per lo scatto messo online dalla sorella di Stefano Cucchi prima e da quella di Giuseppe Uva poi. “A suo tempo – l’ammissione – non ho pubblicato le immagini dei poliziotti ma con l’esperienza di oggi lo avrei fatto anche io”. Ma i casi vanno ben distinti. Perché per quel P violento pestaggio di quel giovane ragazzo emiliano sono stati condannati – con pene davvero irrisorie pari a 3 anni e 6 mesi di reclusione - quattro agenti con sentenza definitiva. Mentre per l’incredibile e assurdo caso Cucchi, con la verità che dopo anni di vergogne, omissioni e omertà sta finalmente venendo a galla, per il momento sono arrivati “solamente” cinque avvisi di garanzia. E al di là delle convinzioni personali di ognuno di noi, non siamo “approdati” nemmeno alla richiesta di rinvio a giudizio degli indagati. Per questi motivi, per le persone finite sotto inchiesta vale sempre quel famoso principio secondo cui nessuno è colpevole fino a prova contraria. Nemmeno dopo il timbro finale della Cassazione, arrivato il 21 giugno 2012, con i giudici della Suprema Corte che hanno confermato la condanna di primo e secondo grado “per eccesso colposo nell’uso legittimo delle armi” da parte degli imputati, la mamma di Aldrovandi ha esposto al pubblico ludibrio i colpevoli della morte di suo figlio. E questo è un dato di fatto. Anche se adesso la donna spiega che col senno del poi si sarebbe comportata allo stesso modo di Ilaria Cucchi e di Lucia Uva (sorella di Giuseppe, morto nel 2008 in ospedale a Varese dopo essere stato fermato perché ubriaco da poliziotti e carabinieri e portato in caserma, per un caso che ancora grida giustizia), modificando in parte quanto rilasciato poche ore prima sulle colonne della Stampa. In un’intervista in cui non mancava di sottolineare il sostegno alla Cucchi, spiegando però “che forse si sarebbe potuti arrivare allo stesso scopo mettendo una immagine in divisa, perché quella è un po’ troppo privata”. La cosa certa è che la faccenda sta sfuggendo un po’ di mano a tutti. Da una parte il dolore sicuramente giustificato delle famiglie di quei giovani ragazzi che alla vita ancora tanto avevano da dare. Dall’altra le critiche dei maggiori quotidiani italiani che hanno rimproverato aspramente la mossa della Cucchi. Passando per il linciaggio mediatico nei confronti di carabinieri sotto inchiesta fino ad arrivare alle fortissime dichiarazioni di molti esponenti di primo piano della politica italiana che non hanno fatto altro che gettare ulteriore benzina sul fuoco. Il tutto nel silenzio del premier Renzi e del ministro dell’Interno Angelino Alfano, invitato – vanamente – a intervenire. Per provare a sedare gli animi bollenti di tutti, in queste battaglie che vanno condotte soprattutto all’interno di aule di giustizia. 6 Giovedì 7 gennaio 2016 ESTERI SU UNA CITTÀ FERITA DAGLI ABUSI DI CAPODANNO INCOMBE IL CARNEVALE. E IL SINDACO DI SINISTRA DERAGLIA Donne europee in“libertà vigilata” Henriette Riker alle sue concittadine: “Tenete un comportamento più consono” Barbara Saltamartini: “Ma femministe e governo italiano hanno qualcosa da dire?” di Cristina Di Giorgi on si fermano le discussioni per il Capodanno da incubo di Colonia. Dopo quanto accaduto nella cittadina tedesca infatti, con decine di donne che durante i festeggiamenti nella notte di San Silvestro hanno subito aggressioni sessuali, scippi e molestie di vario genere mentre si trovavano in particolare nella piazza tra la Stazione e il duomo, si alternano in queste ore dichiarazioni e commenti che fanno discutere. E non poco. A proposito della ricostruzione dei fatti, le forze dell’ordine hanno reso noto che i responsabili erano circa un migliaio “imbottiti di alcool e senza più freni e controlli”che prima hanno scatenato il panico sparando, anche ad altezza d’uomo, enormi quantità di fuochi d’artificio e poi si sono dispersi in piccoli gruppi, che si sono dedicati alla “caccia” alle donne. Ed in tale contesto hanno compiuto “pesanti delitti sessuali di una dimensione completamente nuova”, ha dichiarato il capo della polizia di Colonia in conferenza stampa. Aggiungendo poi che il numero delle denunce presentate, tutte relative a reati a sfondo sessuale, aumenta di ora in ora. Criminalità comune? A quanto pare sembra di no, dato che N – dice ancora la polizia – i presunti colpevoli sono stati descritti dalle vittime come “uomini dall’aspetto arabo o nordafricano”. Oltretutto sembra che situazioni analoghe, pur se di dimensioni minori, si siano verificate anche in altre città tedesche. Dal canto suo il cancelliere Angela Merkel ha chiesto una dura risposta da parte delle istituzioni ed ha telefonato al sindaco di Colonia Henriette Reker, esprimendole il suo sdegno per “le disgustose violenze e chiedendo che venga fatto ogni sforzo per indagare e condannare al più presto i colpevoli, senza riferimento alla loro origine”. Il primo cittadino, nota per il suo impegno pro-rifugiati (che durante la campagna elettorale le era costato l’aggressione da parte di un estremista anti immigrazione), ha riunito un’unità di crisi con i responsabili delle forze dell’ordine, anche per discutere delle misure da prendere in occasione del Carnevale, per il quale in città sono attesi un milione di visitatori. Nel corso di una conferenza stampa, la Reker ha voluto sottolineare che “non c’è la minima indicazione che tra i colpevoli vi siano profughi attualmente ospitati nei centri della città, ogni supposizione in tal senso è assolutamente inattendibile”. Oltre a tale dichiarazione, che sembra voler negare ad ogni costo l’evidenza delle testimonianze delle vittime delle violenze, il sindaco di Colonia ha aggiunto, in particolare per quanto riguarda il Carnevale (celebre per essere particolarmente “sopra le righe”), una raccomandazione alle donne a tenere, nell’occasione, “un comportamento più adatto”. Ovvero “tenersi a distanza dagli sconosciuti e restare in gruppo”. Suggerimenti questi che, stando ai numerosissimi commenti negativi ricevuti, sono apparsi ai più quasi come un modo per scaricare sulle donne la responsabilità delle aggressioni. Alle quali avrebbe potuto e dovuto invece rispondere semplicemente rafforzando la sicurezza e portando di fronte alla giustizia i responsabili. Come richiesto, tra l’altro, dai cittadini (circa 300 persone) che ieri sera si sono riuniti per una manifestazione spontanea di fronte al duomo di Colonia con uno striscione con su scritto “Nessuna violenza contro le donne”. Quanto alle indagini sembra comunque che la polizia si stia dando da fare: sarebbero infatti stati identificati in queste ore (ma non ancora arrestati) alcuni sospetti, dei quali non è stata però resa nota l’identità. Forse – ed il sospetto appare più che legittimo – per evitare di confermare che si tratta di immigrati e non gettare benzina sul fuoco della già accesa polemica sull’immigrazione. Su quanto accaduto a Colonia a livello internazionale sembra che la tendenza sia quella di parlarne il meno possibile. “Decine di donne sono state vittime di abusi e violenze da parte di un migliaio di immigrati nordafricani. La condanna – ha dichiarato in proposito Barbara Saltamartini, vice presidente dei deputati della Lega Nord Noi con Salvini – dovrebbe essere corale. E invece il silenzio delle nostre femministe, della Presidente Boldrini, del Governo Renzi e di tutto il Pd è assordante e vergognoso”. CAOS MIGRANTI: ENNESIMO VERTICE A BRUXELLES Schengen a rischio: la Scandinavia non molla Stoccolma e Copenaghen tengono il punto e la Germania chiede maggiori controlli alle frontiere esterne UCRAINA – RUSSIA di Robert Vignola i è svolto ieri, a Bruxelles, un vertice straordinario sulla questione migranti. L’ennesimo incontro in cui le istituzioni europee hanno cercato di dire la loro, lanciando però segnali contrapposti, da leggere in controluce. La riunione, annunciata dal commissario europeo per i migranti Dimitris Avramopoulos, era stata convocata con i rappresentati di Svezia, Danimarca e Germania, dopo che i due Paesi scandinavi avevano annunciato la reintroduzione dei controlli di identità alle frontiere, in deroga con quanto previsto dal trattato di Shengen sulla libera circolazione delle persone. Abbiamo tutti “concordato che Schengen deve essere salvaguardata” e che “le misure messe in atto saranno mantenute per lo stretto necessario”, e cioè “fino a quando ci sarà una riduzione dei flussi” ha detto Avramopoulos dopo la riunione in una conferenza stampa congiunta. Andando poi nel dettaglio della posizione dei singoli Paesi, la Danimarca ha “ripristinato i controlli ai confini” ma senza introdurre “l'obbligo di controllo dell'identità dei passeggeri per le compagnie di trasporti”, come ha precisato il ministro all'Immigrazione Inger Stojberg. Che ha poi aggiunto: “Lo faremo se necessario”. Da canto suo Ole Schroeder, segretario di Stato agli Affari interni della Germania (coinvolta in quanto condivide una frontiera con la Danimarca), ha richiamato la necessità di applicare le misure Ue, La doppia gaffe della Coca Cola D S sottolineando che “il controllo delle frontiere esterne non funziona”. Il riferimento è tutto al confine tra Turchia e Grecia, con tanto di lamentele perché “le registrazioni non vengono fatte”, non vengono raccolte le impronte digitali e “i ricollocamenti (rimpatri, ndr) non vanno avanti”. Quanto alla Svezia, Stoccolma chiede invece l'applicazione del “principio di Dublino” e “delle misure per rallentare il flusso su quella che è diventata un'autostrada” (la rotta balcanica), oltre al rafforzamento delle frontiere esterne. Il ministro Johansson sottolinea poi: “Siamo il Paese che per anni ha preso il numero più alto di profughi pro capite. Ne sono arrivati 115mila solo negli ultimi 4 mesi, e 26mila minori non accompagnati. Non possiamo tornare a questo. Occorre lavorare assieme per salvaguardare le regole”. Una voce fuori dal coro? Quella del presidente della Cei Angelo Bagnasco: "Non c'è muro che possa fermare questa marcia dei popoli dal sud verso il nord del mondo o della moltitudine di poveri, di coloro che vivono drammi di guerra e di violenza, di persecuzione per la fede, verso Paesi che si spera possano offrire un domani migliore e una libertà più vera". Anche se per ora c’è un oggi peggiore e un’esportazione della violenza e di persecuzione verso gli europei. Colonia docet. oppia gaffe per la Coca Cola, che in una cartolina augurale per le festività di inizio anno, diffusa in rete, ha pubblicato una cartina della Federazione Russa senza la Crimea, sollevando un vespaio di polemiche e proteste soprattutto tra i cittadini russi. Per riparare all’errore, l’azienda ha quindi cambiato l’immagine, aggiungendo questa volta la regione precedentemente dimenticata. Ad arrabbiarsi però, e neanche poco, questa volta sono stati gli ucraini, che considerano quel territorio illegalmente occupato dai russi. “Non appoggiamo alcun movimento politico – ha dichiarato la multinazionale in un comunicato – e ci scusiamo per la situazione che si è verificata”, precisando poi che la mappa era stata modificata da un’agenzia pubblicitaria senza che la Coca Cola avesse dato la sua approvazione. Il post incriminato è comunque stato rimosso dall’azienda americana. Sulla questione, oltre alle proteste e minacce di boicottaggio dei singoli utenti, era intervenuta anche l’ambasciata ucraina negli Usa, sottolineando che “le azioni di Coca-Cola violano la posizione ufficiale degli Stati Uniti di condanna all'occupazione illegale da parte della Russia della Crimea, che è sempre stata parte dell'Ucraina”. CdG 7 Giovedì 7 gennaio 2016 ESTERI COREA DEL NORD Pyongyang:“Abbiamo la bomba all’idrogeno” L’annuncio del test termonucleare ha suscitato una serie di reazioni a livello internazionale di Cristina Di Giorgi yongyang ha reso noto di aver effettuato con successo, mercoledì 6 gennaio, esperimenti termonucleari con bombe all’idrogeno. Poco prima era stato rilevato un terremoto di magnitudo 5.1 (con epicentro a 49 chilometri da Kilju, area dei test nucleari nordcoreani), avvertito anche negli Stati vicini, che gli esperti sismologhi di Seoul hanno identificato come di origine artificiale e potrebbe dunque essere stato provocato proprio dall’esplosione. La notizia dell’esperimento è stata diffusa ieri dalla televisione nordcoreana di regime (mancano conferme di fonti indi- P pendenti), alla quale una conduttrice del telegiornale ha letto un breve comunicato ufficiale: “Il primo test con la bomba all'idrogeno della repubblica è stato condotto con successo alle 10 del mattino” recita la nota. In cui si specifica poi che si è trattato di un ordigno “miniaturizzato”, che eleva la potenza nucleare del Paese “al livello successivo” e fornisce a Pyongyang un’arma per difendersi dai propri nemici. “Se non ci saranno violazioni della nostra sovranità non useremo l’arma nucleare” hanno fatto sapere in proposito le autorità nordcoreane. E anche se, come sostenuto dall’intelligence di Seul, la bomba potrebbe essere “semplicemente” atomica e non all’idrogeno (molto più potente e difficile da realizzare), resta il fatto che nel caso in cui gli esperti internazionali confermeranno che il test è stato effettivamente portato a termine (i tempi in proposito si annunciano piuttosto lunghi), si aprirebbero nella regione nuovi scenari di tensione. Che oltre al peggioramento dei già non proprio distesi rapporti della Corea del Nord con gli Stati confinanti, potrebbe portare anche ad un inasprimento nei confronti di Pyongyang delle sanzioni internazionali. Quanto ai Paesi vicini, il Giappone e la Corea del Sud hanno immediatamente denunciato l’accaduto. Il ministero degli Esteri di Pechino a sua volta ha dichiarato di opporsi con fermezza al test ed ha predisposto l’evacuazione di alcuni residenti cinesi dai territori di confine. La Casa Bianca ha dal canto suo fatto sapere che risponderà “in modo adeguato ed incisivo” alle provocazioni. Reazioni decise sono poi arrivate anche dai governi europei: “Se le notizie sono vere – ha dichiarato il ministro degli Esteri britannico Hammond - allora si tratta di una grave violazione delle risoluzioni dell’Onu e una provocazione che condanniamo senza riserve”. Su questa stessa linea anche il presidente francese Hollande, che chiede “una reazione forte della comunità internazionale”. In attesa di ulteriori verifiche è intanto comunque stata convocata, a New York, una riunione a porte chiuse del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. GERMANIA Berlino: pacco sospetto nell’ufficio di Angela Merkel e forze dell’ordine hanno isolato e chiuso al traffico l’area di accesso principale della Cancelleria tedesca a Berlino, in cui hanno sede gli uffici di Angela Merkel. Il provvedimento è stato preso in seguito al ritrovamento di un pacco sospetto nei pressi dell’ingresso del palazzo. Stando a quanto riferito da alcuni testimoni, si tratta di quattro casse postali gialle di plastica, lasciate davanti all’edificio: “erano le otto di mattina quando, durante un controllo di routine, abbiamo trovato qualcosa di sospetto” aveva detto un por- L tavoce della polizia. L’allarme sembra essere rientrato dopo alcune ore. Fonti interne alle forze dell’ordine hanno infatti dichiarato in proposito - riferisce la Reuters che “nel plico non c’era nulla” e che le indagini sono comunque in corso. Secondo quanto riportato dalla Bild, mentre venivano effettuati i controlli e le verifiche necessarie, i dipendenti della Cancelleria ed anche la Merkel sono rimasti all’interno dell’edificio, nel quale poco dopo si è svolto, come da programma, la prevista riunione del Consiglio dei ministri. CdG STATI UNITI Obama e la nuova legge sulle armi Il presidente presenta il decreto. Ma la reazione contraria dei repubblicani è immediata ed unanime ATENE Razzismo anti-arabo su un volo verso Israele I passeggeri ebrei: “Fateli scendere o non si parte” a suscitato non poche polemiche il caso di razzismo anti arabo verificatosi lunedì sera all’aeroporto della capitale ellenica. Ne ha dato notizia il giornale israeliano Haaretz, che ha raccontato nell’edizione on line i dettagli dell’episodio che ha visto i passeggeri ebrei del volo Atene – Tel Aviv della Aegean Airlines costringere due uomini di etnia araba a lasciare l’aereo. La rivolta, che ha impedito il decollo del volo ritardando la partenza di alcune ore, è scoppiata quando “alcuni passeggeri israeliani – riferisce la stampa - hanno notato che a bordo c’erano due persone dall’aspetto arabo e hanno deciso che questo metteva a rischio la sicurezza del volo”. Si sono dunque alzati in piedi chiedendo che i due fossero fatti scendere. Il comandante ha a quel punto chiamato la polizia, che ha effettuato ulteriori verifiche sui H documenti dei due. Nonostante i controlli non abbiano dato alcun riscontro, le proteste non sono cessate. I due passeggeri arabi hanno quindi accettato volontariamente di lasciare l’aereo. La compagnia li ha ringraziati pubblicamente per la loro disponibilità e ha offerto loro una notte in hotel. A bordo però la situazione non si è calmata: i passeggeri rimasti “hanno proseguito le proteste chiedendo un’ispezione ulteriore del velivolo. Il comandante è intervenuto dicendo che se avevano timori per la sicurezza potevano anche scendere, ma avrebbero perso il diritto al rimborso. A questo punto si sono calmati, seduti ai loro posti e l’aereo è potuto partire”. St.Sp. di Stella Spada n bambino di 6 anni è finito sulla Deemed high profile (Dhp), la lista nera stilata dai responsabili della sicurezza canadese in cui sono indicate persone potenzialmente pericolose, a cui non è consentito salire su un aereo. L'errore è subito divenuto un caso nazionale quando il padre ha denunciato su Twitter questa situazione, a cui ha risposto direttamente il ministro della Sicurezza Ralph Goodale. La famiglia del piccolo Syed Adam Ahmed, residente nella città di Markham, nell'Ontario, è venuta a conoscenza del problema quando Syed era ancora piccolo: sebbene gli agenti ai controlli si siano dimostrati ogni volta molto gentili e disponibili, i genitori spiegano all''emittente Cbc News che ad oggi nessuna risposta chiara è giunta dal Ministero dei Trasporti e della pubblica sicurezza: quindi non conoscono né la ragione per cui il figlio è finito in questa lista, né come fare per rimuovere il suo nome da lì. "Ora cerchiamo di proteggerlo da tutta questa storia, perché non vogliamo che si senta diverso e stigmatizzato" ha spiegato alla Cbc la madre del piccolo, Khadija Cajee. Tuttavia i genitori sono preoccupati per i problemi incontro ai quali il figlio andrà quando crescerà. Le autorità finora hanno proposto loro solo delle soluzioni-palliativo, tra cui quella di cambiare il nome del bambino. Secondo il padre del piccolo Syed, la questione dovrebbe essere risolta tra la compagnia Air Canada - la prima ad U aver incluso il bambino nella sua lista di persone a rischio - e il dipartimento dei Trasporti. E infatti il ministro Goodale, messo al corrente dai media, ha risposto inviando una nota alla Cbc: "La questione è sicuramente motivo di preoccupazione per questi genitori, pertanto rivedrò il loro caso insieme al mio staff nei pros- simi giorni". Ma resta aperta una domanda, se sia il caso di inserire bambini così piccoli in una simile lista: "La data di nascita di Syed dovrebbe essere una prova sufficiente del fatto che non dovrebbe trovarsi su quell'elenco", ha commentato Cajee, la mamma. 8 Giovedì 7 gennaio 2016 STORIA 1928, ANNO VI E.F.: LE SOMME AVANZATE DALLA COSTRUZIONE VENGONO IMPEGNATE NEL SOSTEGNO ALL'ASILO INFANTILE INTITOLATO A ROSA MALTONI MUSSOLINI Predappio e le“Case Becker”/2 “S. E. il Capo del Governo, aderendo alla richiesta del Podestà, ha autorizzata la devoluzione anche della somma di L. 20.000 residuata dalla costruzione” di Emma Moriconi roseguiamo il nostro viaggio nella storia, ieri abbiamo cominciato a parlare delle Case Becker, oggi siamo ancora a Predappio ed è il 29 ottobre 1928 - anno VI. Su carta intestata della Regia Prefettura di Forlì il Prefetto scrive a Chiavolini: "Consta dagli atti di questo Ufficio che nel giugno u.s. il predecessore Gr. Uff. Dott. Grispino consegnò personalmente a S.E. il Capo del Governo una relazione sulla gestione delle Case Becker, del Comune di Predappio Nuova, unitamente al rendiconto patrimoniale e finanziario relativo. Dal rendiconto stesso risultano attualmente residuati i seguenti valori. A) polizza di deposto no 230 concernente titoli di consolidato del valore nominale di lire 100.000; b) libretto di conto corrente no 207, chiuso al 30 giugno u.s. con un credito di lire 26.041.02; valori che il mio predecessore aveva proposto di devolvere rispettivamente a favore dell'Asilo Infantile e dell'Ente Autonomo per le Case Becker, del Comune di Predappio Nuova. Occorrendo sistemare definitivamente tali pendenze, anche nell'interesse dei due Enti suddetti, prego la S.V. Ill.ma di compiacersi farmi avere, ove nulla osti, il necessario benestare in ordine alle proposte fatte". Abbiamo visto ieri il documento contenente la relazione del Prefetto a Mussolini, portava la data del 25 aprile 1928. Quando arriva questa comunicazione, dunque, sono passati sei mesi. Quei soldi avanzati sono rimasti lì, e hanno anche fruttato qualcosina. Bisogna farci qualcosa di utile, pensano le autorità preposte. Ed ecco che il Prefetto scrive a Chiavolini, affinché interceda presso il Duce per sapere in quale modo si intenda procedere all'utilizzo di questi fondi. Il 9 novembre 1928 - VII°, Alessandro Chiavolini, Segretario Particolare del Duce, scrive al Prefetto di Forlì: "Eccellenza, ho sottoposto a S.E. il Capo del Governo la sua lettera del 29 ottobre u.s. (n. 18.288), e le P comunico che nulla osta alla proposta destinazione dei fondi residuati dalla gestione delle Case Becker di Predappio Nuova". Andiamo avanti: "Provincia di Forlì, Comune di Predappio Nuova, 9 agosto 1930 - VIII°". Il Podestà scrive al Segretario Particolare del Duce Alessandro Chiavolini: "Egregio Commendatore, com'Ella ben conosce, S.E. il Capo del Governo stabiliva che la somma residuata dalla costruzione della Casa Becker fosse devoluta a favore dell'Asilo Infantile 'Rosa Mussolini Maltoni' ed infatti S.E. il Prefetto di Forlì con verbale 14 aprile u.s., consegnava a questo Comune, in attesa dell'erezione in Ente morale dell'Asilo, le residuate cartelle di rendita pubblica per un valore di L. 10.000 nominali. Rimaneva ancora un residuo liquido di oltre 20000 lire depositate in un libretto della Banca d'Italia intestato al R. Prefetto destinato con successiva determinazione ad un istituendo Ente autonomo Case Becker di cui ho ragione di ritenere che non se ne debba più parlare. Avevo fatte presenti a S.E. il Prefetto di Forlì, con mia lettera 10 Maggio u.s. n. 2206, le necessità di avere anche quella somma devoluta a favore dell'Asilo onde affrontare le spese d'impianto e di primo funzionamento, rimaste in gran parte scoperte per mancanza di fondi; ma a tutt'oggi nulla è pervenuto, mentre d'altra parte sempre più pressanti si sono fatte le necessità di provvedere al saldo delle forniture ed al mantenimento normale dell'istituzione. Mi pregio quindi chiederLe, egregio Commendatore, il Suo valido interessamento onde ottenere dal Capo del Governo l'autorizzazione a devolvere a favore dell'Asilo Infantile anche quest'ultimo residuo dandone poi comunicazione a S.E. il Prefetto di Forlì per l'effettiva consegna della somma. Coll'espressione della più viva gratitudine ben distintamente ossequio". Il 19 agosto 1930 il Segretario Particolare del Duce Chiavolini scrive al Prefetto di Forlì: "Eccellenza, il Podestà di Predappio Nuova ha fatto chiedere a S.E. il Capo del Governo di autorizzare la devoluzione a favore dell'Asilo Infantile 'Rosa Mussolini Maltoni' di detta città anche della somma di L. 20.000 residuata dalla costruzione della Casa Becker, depositata in un libretto della Banca d'Italia all'E.V. detto Podestà ha fatto presente d'aver già scritto in proposito all'E.V. il 10 maggio u.s., aggiungendo che la concessione di tale somma all'Asilo renderebbe possibile affrontare alcune spese, sempre più pressanti, pel mantenimento normale di tale istituzione. Comunico all'E.V. che S.E. si è pronunciato in senso affermativo. In attesa d'un cortese riscontro le porgo distinti saluti". Il 5 settembre 1930 il Prefetto di Forlì scrive al Segretario Particolare del Duce Chiavolini: "Ho comunicato al podestà di Predappio Nuova il contenuto della nota 19 pp. Agosto n. 48 relativa all'Asilo Infantile 'Rosa Mussolini Maltoni'. Resto in attesa di conoscere nuove e definitive disposizioni di codesta On. Segreteria circa la devoluzione della somma di L. 20.000 a favore di detto Asilo". Il 12 settembre 1930, Alessandro Chiavolini scrive al Prefetto di Forlì: "Eccellenza, in relazione alla Sua del 5 corr. N. 1617 Le confermo quanto comunicatole con la precedente mia del 19 agosto e cioè che S. E. il Capo del Governo, aderendo alla richiesta del Podestà di Predappio Nuova ha autorizzata la devoluzione a favore di quell'Asilo Infantile 'Rosa Mussolini Maltoni' anche della somma di L. 20.000 residuata dalla costruzione della casa Becker. In attesa di un cortese cenno di assicurazione Le porgo distinti saluti". Insomma, gestire il denaro dello Stato è una cosa che si può fare anche bene. I fondi avanzati dalla costruzione delle Case Becker - case destinate al popolo, peraltro - hanno fruttato due volte, e in entrambi i casi i fondi sono stati conferiti ad un Asilo Infantile. Predappio ebbe così, attraverso una donazione di lire cinquecentomila complessive, non solo l'edificio da destinare ad abitazioni per il popolo, ma anche il sostegno - per due volte - a un luogo deputato alla tutela dei bambini della cittadina. E questa è storia. “CARO MUSSOLINI” /1 “A Voi, Fondatore dell’Impero” A proposito di documenti, ecco la prima parte di una carrellata di missive dirette al Duce roponiamo, a partire da oggi, una raccolta di lettere inviate dagli Italiani a Benito Mussolini. Erano migliaia ogni giorno, e sono inerenti ai temi più vari. Spesso si tratta solo di brevi missive di omaggio e saluti, o di auguri. Spesso ci sono componimenti poetici, canzoni, richieste, punti di vista eccetera. Ne proponiamo una miscellanea a cominciare da oggi, e proseguiremo nei prossimi giorni: seppure brevemente per ciascuna puntata, intendiamo così raccontare ai nostri lettori i sentimenti popolari verso Benito Mussolini e verso il Fascismo, direttamente dalla voce degli Italiani dell'epoca, testualmente: servirà ad entrare nell'atmosfera del tempo e a comprendere come Mussolini venisse visto e amato dalla stragrande maggioranza della popolazione. "Napoli, 4-1-1938 - XIX - A S.E. il Duce del Fascismo - Conto appena nove anni, e già sono un Balilla, ma non un Balilla di forma, bensì vesto con orgoglio la divisa, che è la espressione della Rivoluzione Fascista. Sento perciò di amare Voi, il Re Imperatore e la Patria. Voglio, senza l'ausilio di alcuno, nella ricorrenza della Befana, esprimere a Voi, P fondatore dell'Impero, i miei sentimenti di fede e di amore alla Patria. Della E.V. A. Mario Luciani, un Balilla Moschettiere". "A S. E. Benito Mussolini - Roma - Sono le espressioni di devozione di stima che un povero cieco di 24 anni, analfabeta, orfano di un ex combattente, indirizza all'E.V. quale segno della più alta e sincera comprensione dell'ideale fascista e delle opere che da esso derivano. Si fa presente che, sebbene poverissimo, ha voluto ritirare la tessera del Partito, per dimostrare, quale prova tangibile, la sua attaccatezza e devozione al Regime". Una cartolina recante l'immagine di un bambino e indirizzata alla "Signora Rachele" e alla "famiglia del nostro Duce" dice: "Eccellenza! Ci presento il 10° genito cioè il piccolo Di Stefano Benito. Auguri e prosperità". Un'altra cartolina proveniente da Verona e indirizzata a S.E. Benito Mussolini Capo del Governo - Roma reca questo breve testo: "L'alunno Bovo Angelo di anni 8 augura tanta salute e tutto il mio amore". Una composizione in versi indirizzata a Benito Mussolini e dal titolo "Compagno di trincea" recita: "Del dire mio, sgrammaticato tanto/ perché di scuola mai saper non volli/ a Voi, O DUCE, perché sappiate/ di casa nostra Voi il Gran DIO siete/ Come mostrar potete? Mio Dio!/ Sudore, Sangue, Opere buone tante/ Ne foste VOI che ci insegnaste?/ Mentir potete?/ Tesor facemmo dei sermoni vostri/ La stampa parla... La radio canta/ Strano parlar voi fate! Che dite?/ Non lo sapete? Incriminati siamo!/ Per cosa? Usammo gridare a gente... festante!.../ Viva!! IL DUCE!"/ Chi usò a tanto? NEMICI VOSTRI/ Chi col pugnal la Vostra vita attenta!/ Dimostrate. Protesta pro Matteotti/ Infamie tante/ Sciocchezze. Difender potete! Come?/ Le vostre medaglie... le vostre ferite .../ Gloriose tanto!/ Loro opporranno... cosa? Dite? Testimoni falsi... miseria... morte... painto". È firmata "Un carabiniere. Un bersagliere. Decorato di Medaglia di Argento, Pugnalato in [inc.]". Questi sono solo pochi esempi di quale fosse il sentore popolare che si esprimeva attraverso lettere che giungevano, a migliaia, ogni giorno sulla scrivania del Duce. Nei prossimi giorni ne racconteremo ancora ai nostri lettori. [email protected] 9 Giovedì 7 gennaio 2016 DA ROMA E DAL LAzIO ORMAI AGONIZZANTE IL TRADIZIONALE EVENTO DELL’EPIFANIA Piazza Navona, la Befana piange Poca gente e tanti rimpianti per la fiera “sfrattata” da irregolarità e intoppi burocratici: l’edizione solidale non convince e si registra pure la protesta dei “presepari”. Che assicurano: “La gente è con noi” di Robert Vignola ice che l’Epifania tutte le feste si porta via. Ma la tristezza con cui l’ha fatto a Roma quest’anno ha raggiunto livelli inesplorati. In una città assediata dai topi, sporcata dal guano e sottoposta ai commissari, la Festa della Befana ha vissuto infatti un ulteriore peggioramento ai già infimi gradi conosciuti sotto la guida di Ignazio Marino. Mai come quest’anno piazza Navona è stata triste e spenta, ma soprattutto vuota. Frutto avvelenato delle vicissitudini in cui è incappato il bando per avere un posto nella piazza, con chi l’ha occupata per decenni che non ha mancato di punire il nuovo corso del Campidoglio. Ma anche di una approssimazione colpevole nell’organizzare l’evento che, negli anni passati, consentiva alla capitale d’Italia di rivaleggiare con i mercatini di Natale delle grandi città dell’Europa nell’attirare i visitatori di tutto il mondo desiderosi di respirare il clima di festa. Niente di tutto ciò. Certamente, ci ha messo del suo un allineamento planetario di eventi assolutamente sfavorevoli. Il traffico bloccato a singhiozzo, la crisi che attanaglia l’ormai ex ceto medio. Ed anche la pioggia, che ha fatto brillare il selciato semivuoto di piazza Navona, in cui si è riflessa la rassegnazione delle associazioni chiamate a mettere insieme una Befana solidale. Ma sono proprio costoro, mandati in trincea per l’immagine di Roma e che ieri hanno dovuto ripiegare mestamente i banchi, ad ammettere che poteva, doveva andare meglio. “Soltanto la solidarietà, quando le persone si aspettano festa, allegria e divertimento D Fidel Mbanga Bauna solidarizza con i presepari non funziona”, ha confessato al Corriere della Sera Flavia Melillo, volontaria di Intersos. “La prima cosa che ci chiedono, se riusciamo a incuriosirli è: “Ci sono dei dolci”? Non abbiamo avuto il tempo di organizzarci, l’idea è buona, ci hanno offerto spazi importanti, ma non si può improvvisare. E poi la festa di piazza Navona figura su tutte le guide turistiche, la gente arriva qui e rimane delusa perché non trova quello che aveva immaginato”. Per gli operatori che,al di là della bontà di fondo dell’idea della Befana solidale, da questo appuntamento si attendono un fatturato, è ancora peggio: “Non pensavamo che si arrivasse a una situazione simile dove non c’è quasi nessuno. Siamo riusciti a coprire appena le spese,e siamo nei guai perché questo periodo dell’anno per il nostro lavoro è sempre stato importante. La piazza è vuota, la Befana di piazza Navona non c’è più”, ha raccontato, ancora al Corriere, la sconsolata Alga Castagnoli,titolare di una di bancarella di tiro a segno. Ad alzare bandiera bianca, non senza scaricarsi delle residue responsabilità, è la presidente del Municipio I, Sabrina Alfonsi: “Abbiamo visto che alcune Onlus hanno difficoltà a restare in piazza per molti giorni così pensiamo di riservare loro otto spazi in cui possano alternarsi. Lo scorso anno siamo passati da 117 a 72 postazioni, oggi siamo arrivati a 48 che è il numero definitivo tra attività commerciali e artigianali da inserire in un contesto di decoro e legalità. E per questo facciamo un appello al commissario Tronca affinché cambi la delibera che disciplina il bando per Piazza Navona: lì si parla di “fiera” e in questa parola, purtroppo s’insinuano scorrettezze e prevaricazioni”. Scorrettezze e prevaricazioni che però sono arrivate anche e soprattutto dagli abusivi: la loro presenza si notava, così come quella dei sedicenti “artisti di strada”. Un altro, preoccupante passo indietro che però il commissario Tronca, che ieri ha effettuato un sopralluogo, non ha rilevato dicendosi invece soddisfatto per aver constatato un “clima sereno”. Se lo è stato lo si deve anche alla sobrietà della protesta degli antichi “presepari” della Capitale, sfrattati per la ormai nota vicenda delle irregolarità del bando da piazza Navona: si sono presentati sul posto che hanno occupato per oltre cento anni e per chiedere di ripristinare la tradizionale Fiera della Befana hanno distribuito mele stregate, caramelle e befane. Ai presepari è arrivata anche la solidarietà di qualche volto noto, come il giornalista Fidel Mbanga Bauna e il leader di Sovranità Simone Di Stefano. “È stata una manifestazione carina – ha raccontato all’Adnkronos Paolo Padovani, presidente dell'Associazione Fiera di Piazza Navona e storico 'preseparo' di Roma - Tanta gente ha partecipato e firmato la nostra petizione, che abbiamo lanciato anche online. Non ci fermeremo qui avverte - continueremo la raccolta firme e continueremo a sensibilizzare la cittadinanza: è impossibile che una Fiera che esiste dal 1860 venga cancellata con tale prepotenza in soli due anni. Faremo di tutto per ripristinare la fiera della Befana”. APPUNTAMENTO IL 17 GENNAIO A TORREVECCHIA La famiglia in festa: senza unioni civili… omenica 17 gennaio avrà luogo a Roma la "Festa della Famiglia" organizzata dall'associazione "Non si tocca la famiglia", e promossa anche da ProVita onlus. In occasione della prima Assemblea dei Soci di "Non si tocca la famiglia", la festa vuole dire un "sì alla famiglia naturale come culla d'amore dei nostri tempi". Sarà un’occasione per conoscere la realtà associativa, attraverso un confronto dedicato a riflessioni, idee e proposte che D potranno essere arricchite grazie al prezioso contributo di tutti i partecipanti, anche non soci. L’appuntamento è fissato dalle ore 11 nella tenda del Circo Rony Roller in Via di Torrevecchia 1110. Alle 13.30 al termine della Assemblea sarà possibile partecipare al rinfresco offerto dall'Associazione. Alle 15 l'evento clou della Festa: dopo un breve saluto inizierà lo spettacolo offerto dalla Direzione del Circo al prezzo eccezionale di 8 euro a persona anzichè 20. Per i bambini sarà attivo durante l'Assemblea un servizio di animazione con attività e visita agli animali ed incontro con i professionisti del circo. L’Associazione è stata tra le promotrici del fantastico evento svoltosi lo scorso 20 giugno a Roma in piazza San Giovanni, quando un milione di persone tra mamme, papà, nonni e figli hanno gridato il loro no all’ideologia gender nelle scuole italiane. E’ stata tra i promotori e gli organizzatori del seminario di studi denominato “Sapere per Educare – Affettività, Sessualità e Bellezza”, che si è svolto dal 7 all’8 marzo scorso presso l’Ateneo Pontificio “Regina Apostolorum” di Roma, che verrà riproposto anche nel 2016, con la partecipazione di circa 550 persone provenienti da tutta Italia tra specialisti dell’educazione, studenti, genitori e famiglie, intervenute anche con i propri figli al seguito. Ha realizzato il progetto “Cineforum” de- LUTTO NEL MONDO DEL CINEMA Silvana Pampanini, domani i funerali S e ne va un pezzo di Roma e d’Italia con Silvana Pampanini. L’attrice è morta ieri a Roma all’età di 90 anni, dopo un lungo ricovero al Policlinico Gemelli, dove due mesi fa era stata sottoposta a un complesso intervento chirurgico addominale. Attrice, cantante, diva, iniziò la sua scalata al successo come “Miss Italia a furor di popolo”, per il concorso del 1946: non vinse il titolo che andò allora a Rossana Martini, ma al verdetto volarono le sedie, ci fu addirittura una rissa tra i sostenitori delle due fazioni e intervennero i carabinieri. Silvana, simbolo della bellezza procace, ha avuto comunque nella for- tunatissima carriera cinematografica il suo riscatto, davvero stellare. Tanto da diventare un astro fisso nell’immaginario degli italiani del dopoguerra. Lo dimostra uno dei classici aneddoti di Giulio Andreotti, secondo il quale nel 1953, durante una infuocata campagna elettorale, egli portò l’attrice in Ciociaria al suo seguito per conquistare consensi: la sua presenza rubò la scena ai comunisti che avevano organizzato a Sora un festival musicale presto dimenticato. I funerali si svolgeranno domani, venerdì 8 gennaio ore 11, presso la Parrocchia Santa Croce in Via Guido Reni 2. stinato alle scuole medie e superiori, che si è potuto attuare grazie alla preziosa collaborazione del noto regista Pupi Avati che ha presentato il suo film “Un matrimonio”, quale parte fondamentale del medesimo progetto in relazione alla propria duratura e felice esperienza matrimoniale basata sull’amore e sul rispetto del vincolo matrimoniale. L’Associazione ha anche promosso la petizione nazionale contro la Strategia Nazionale adottata dall’Unar circa le linee educative sul contrasto delle discriminazioni, attuata in questi anni e stilata dal suddetto Ufficio con il solo contributo e apporto di 29 Associazioni Lgbt. 10 Giovedì 7 gennaio 2016 DALL’ITALIA EPIFANIA TRAGICA A LIVORNO Pensionato travolto e ucciso: giovane confessa Era stato lui a chiamare i soccorsi, ma non aveva fornito le generalità. Rintracciato è crollato Sottoposto all’alcoltest è risultato positivo con un valore sei volte superiore al limite consentito E pifania tragica per un 24enne, cha a Livorno ha travolto ed ucciso un pensionato 77enne. Il giovane, uno studente della città, dopo ore d’interrogatorio, ha confessato ed è stato arrestato: sottoposto all’alcoltest è risultato positivo con un valore sei volte superiore al limite consentito e adesso si trova ai domiciliari. Era stato proprio lui a dare l’allarme dopo l’incidente mortale, senza però fornire i suoi dati, e spacciandosi per un passante che ha visto un corpo steso sull’asfalto. Vittima un 77enne di Livorno, Alessio Pianezzoli, che non aveva documenti con sé ed è stato identificato dai carabinieri grazie al riconoscimento da parte del figlio. L’anziano è stato travolto lungo viale Nievo intorno alle 5 del mattino di ieri. Sul posto, oltre ai sanitari, i carabinieri, avvisati, per l’appunto, da una chiamata fatta col cellulare da una persona che non ha dato le generalità. Ogni soccorso è stato inutile: il medico non ha potuto fare altro che constatare il decesso dell’uomo, la cui salma è stata trasferita all’obitorio cittadino. I militari intanto hanno raccolto qualche campione perso dall’auto durante il forte scontro e interrogato alcuni residenti della zona che erano scesi in strada: qualcuno, come riporta ‘Il Tirreno’, avrebbe detto ai militari di aver visto una vettura fermarsi a pochi metri di distanza dal punto delle scontro, da cui sono scese due persone, ripartita subito dopo. Risalire all’identità del giovane, rintracciato proprio grazie alla chiamata, non è stato difficile. Portato in caserma nella mattinata di ieri per essere ascoltato, insieme al fratello, ha inizialmente negato di essere il pirata della strada, dichiarando di essere solo un testimone. Ma poi è crollato ammettendo di essere stato lui alla guida dell’autovettura, una Fiat 500 di proprietà di una sua amica che era con lui a bordo al momento dell’incidente. Il ragazzo, poi risultato positivo alcoltest con tasso pari a sei volte oltre quello consentito, ha provato a giustificarsi dicendo di non aver visto il pensionato a causa della pioggia. Ma gli investigatori sono comunque convinti che il giovane stesse viaggiando a velocità sostenuta viste le condizioni del corpo dopo il violento impatto, tanto che inizialmente i soccorritori avevano creduto si trattasse di un uomo di mezza. Non è stato facile infatti identificare la vittima che è stata riconosciuta solamente in tarda mattinata dal familiare. L’anziano sarebbe stato travolto mentre attraversa la strada, morendo sul colpo. Il 23enne, su disposizione del magistrato, è stato accompagnato nella sua abitazione agli arresti domiciliari. Ora è accusato di omicidio colposo. I militari hanno inoltre recuperato e sequestrato l’auto in un parcheggio nel quartiere Corea. Barbara Fruch DRAMMA SFIORATO A SAN PIETRO IN LAMA (LECCE) Befana di sangue: rapinati commercianti I due, titolare e dipendente di una ditta di dolciumi, stavano rientrando dai tipici mercatini di Maglie, quando sono stati aggrediti da un bandito, fuggito poi con un incasso di 25 euro È iniziata tra alcuni colpi di pistola e due feriti l’Epifania nel Salento. Alcuni banditi hanno aggredito e rapinato due commercianti, recuperando però soltanto 25 euro. L’episodio è ac- caduto nella notte tra il 5 e il 6 gennaio a San Pietro in Lama (Lecce). Vittime Patrizio Cappa 51enne titolare di una ditta di dolciumi e Massimo Nestola 42enne suo dipendente nonché nipote che a quell’ora erano di ritorno dai mercatini della Befana che si tengono come ogni anno a Maglie (Lecce). Con loro un terzo dipendente, rimasto illeso. Secondo quanto trapelato un bandito con il volto coperto e armato di pistola ha sorpreso i due mentre stavano parcheggiando il furgone nei pressi del garage dell’abitazione del titolare, poco dopo la mezzanotte. Scesi dal mezzo per scaricare la merce, il malvivente ha intimato loro di consegnargli l’incasso, ma a quel punto il titolare avrebbe risposto di non avere soldi. Ne sarebbe nato un diverbio che poi è degenerato drammaticamente. Il rapinatore ha fatto fuoco contro i due ambulanti: il titolare è stato ferito alla gamba, mentre il dipendente della ditta, che ha tentato di reagire difendendo il parente, è stato raggiunto al torace da due proiettili, che gli hanno procurato lesioni agli organi interni. Questione di pochi millimetri e non sarebbe sopravvissuto. Sarebbero stati almeno quattro i colpi esplosi, di cui uno, il primo, a scopo intimidatorio, indirizzato al veicolo. L’aggressore è poi scappato con il portafoglio di uno dei due. Bottino? 25 euro. Le vittime sono attualmente ricoverati al “Vito Fazzi” di Lecce, fortunatamente non in pericolo di vita. Cappa si trova nel reparto di Ortopedia ed è tenuto sotto osservazione per una frattura al perone. Sotto monitoraggio presso il reparto di Chirurgia toracica del- COSENZA MILANO Furto di rame: ferrovie in tilt per ore Precipita da un balcone, muore un ragazzo entava di passare da un balcone all’altro al secondo piano di una palazzina, ma sarebbe precipitato. Pare sia questa la drammatica ricostruzione della morte di un sedicenne, precipitato mentre stava cercando di arrampicarsi ad una palazzina a San Giorgio Albanese, nel Cosentino. Sul caso indagano i carabinieri che vogliono capire come mai il giovane, definito da tutti un bravo ragazzo, si trovasse in piena notte in quell’edificio, che sorge in una zona lontana T da dove abitava, e nella quale non vivono neppure i suoi amici.Al momento comunque i militari ritengono che la caduta sia accidentale poiché a terra è stato trovato anche un pezzo di ringhiera che evidentemente si è staccato mentre il ragazzo tentava la manovra. Il giovane frequentava il terzo anno del liceo scientifico di Acri, un altro centro in provincia di Cosenza. L’ultima volta che è stato visto, stava uscendo da un bar dove aveva trascorso la serata con alcuni amici in l’ospedale del capoluogo salentino invece il 42enne. Sul posto, oltre agli operatori del 118, anche i carabinieri di San Pietro in Lama e della compagnia di Lecce, nonché i colleghi della scientifica, al lavoro per trovare elementi utili ad incastrare il rapinatore. Le vittime e il testimone hanno cercato di descrivere l’individuo agli investigatori: come riporta il sito locale ‘Il Paese Nuovo’, si tratterebbe di una persona alta un metro e ottanta centimetri circa che indossava jeans e gilet di colore chiaro. Sarebbe fuggito a piedi e nelle vicinanze non sarebbero stati notati complici e veicoli. Al vaglio degli inquirenti, al momento, comunque c’è anche l’ipotesi che alla rapina abbia preso parte anche una seconda persona. Nel luogo non vi sono telecamere, motivo per cui il lavoro delle forze dell’ordine si dovrà concentrare su ‘semplici’ testimonianze ed indizi. L’ennesimo episodio violento che poteva finire in maniera deciB.F. samente più tragica. occasione della festa in paese per l’Epifania , verso le due di notte. Non vedendolo tornare a casa, i genitori verso le 3 di notte si sono rivolti ai carabinieri di San Giorgio Albanese e, assieme ad alcuni amici del figlio, hanno iniziato le ricerche. Investigazioni che si sono concluse nella mattinata di ieri con la scoperta del cadavere ai piedi di uno stabile in via Matteotti. Il pm della Procura di Castrovillari ha disposto l’autopsia, che sarà effettuata nei prossimi giorni. iornata nera quella dell’Epifania per i viaggiatori in Lombardia. A causa di un furto di cavi di rame fra le stazioni di Milano Lambrate e Milano San Cristoforo (linea passante Ferroviario S9), la circolazione ferroviaria nel nodo di Milano è stata sospesa dalle 5 alle 8 della mattina. “I tecnici di Rete Ferroviaria Italiana – informa una nota – sono intervenuti per ripristinare la regolare circolazione ferroviaria. Coinvolti 7 treni regio- G nali di cui 2 hanno registrato un ritardo entro 10 minuti, 1 è stato cancellato e 4 sono stati limitati nel loro percorso”. La circolazione è quindi poi tornata alla normalità nel corso della mattinata. Nessun problema per la sicurezza dei viaggiatori, fanno sapere poi dall’azienda che gestisce il tarsporto sui binari. “L’asportazione di rame – si legge ancora nella nota di Trenitalia – non comporta, nel modo più assoluto, problemi di sicurezza alla circolazione dei treni, ma solo rallentamenti e ritardi. La sottrazione del materiale, infatti, provoca l'attivazione istantanea dei sistemi di sicurezza che governano le tecnologie in uso nella gestione del traffico ferroviario, con arresto immediato dei treni”. Proprio il furto del cosiddetto oro rosso infatti è aumentato in maniera incresciosa negli ultimi messi. E spesso ad essere colpiti sono proprio i tratti ferroviari. Il tutto con non pochi disagi per pendolari e viaggiatori. 11 Giovedì 7 gennaio 2016 DALL’ITALIA PROTESTA A LAMPEDUSA: NON VOGLIONO FARSI PRENDERE LE IMPRONTE DIGITALI Gli immigrati vogliono essere fantasmi Da due giorni duecento eritrei manifestano fuori dalla parrocchia vantando i loro diritti N on vogliono avere un’identità. Preferiscono continuare a vagare come fantasmi. Ciò, evidentemente, fa loro comodo. Ed è per questo che gli immigrati si rifiutano di farsi prendere le impronte digitali, come invece impongono le norme comunitarie. L’ennesima protesta arriva da Lampedusa e vede protagonisti un gruppo di circa duecento eritrei arrivati alla vigilia di Natale e ospitati nei centro d’accoglienza di contrada Imbriacola (che attualmente ospita circa 700 persone), che da due giorni manifestano sul sagrato della Chiesa Madre dell'isola. Il motivo è semplice: si rifiutano di farsi prendere le impronte digitali. Per questo l’altra notte alcuni hanno dormito fuori, davanti alla chiesa mentre altri nei locali della parrocchia messi a disposizione dal parroco. Tra loro ci sono anche donne e bambini. “Vinceremo, non perché siamo forti, ma perché non c’è altra possibilità” ha detto uno degli stranieri in protesta, come riportato dal sito ‘Online-news’, spiegando che loro non vogliono essere identificati perché hanno paura poi di non poter uscire dall’Italia. Loro infatti non vogliono di certo sostare nella nostra nazione. Il Bel Paese è considerato solo un ponte per raggiungere “Svezia, Inghilterra, Germania”, mete che invocano mentre parlano con gli isolani che portano loro cibo e coperte e mentre il parroco Mimmo Zambito li invita a ripararsi in chiesa. Di certo il cibo non gli mancherebbe se fossero rimasti al centro di accoglienza. Ma lì sarebbero stati costretti, prima o poi, all’identificazione. Procedura a cui, lo hanno detto a chiare lettere, non hanno intenzione di sottostare. Così dopo una notte IN BREVE Padova, profugo beccato con droga Freddo killer, morti due senzatetto Stava trasportando oltre mezzo chilo di marijuana. Sono stati i militari della guardia di finanza di Padova ad arrestare nei pressi della stazione ferroviaria Eboigbe Kelvin, 22enne nigeriano titolare di permesso di soggiorno per motivi umanitari. Lo straniero alla vista dei cani dalle unità cinofile che stavano pattugliando la zona, si è dato alla fuga. I finanzieri dopo un breve inseguimento a piedi sono però riusciti a bloccarlo: lo straniero, che non aveva fatto ritorno al centro di accoglienza di Marliana (Pistoia), è stato condotto alla casa circondariale Due Palazzi di Padova. Dovrà ora rispondere dell’accusa è di spaccio di sostanze stupefacenti. Due tragedie rispettivamente a Cinisello Balsamo (Milano) e Pesaro. A Cinisello vittima un clochard 72enne, rinvenuto cadavere ieri mattina. È deceduto presumibilmente per cause naturali, era conosciuto in zona perché da anni viveva in auto proprio nel posteggio. Per definire con certezza le cause della sua morte, la Procura di Monza ha disposto l'autopsia sul corpo dell'anziano. A Pesaro è invece è deceduto Rocco Bonaposta 43enne del luogo, rinvenuto cadavere su una panchina martedì mattina da un passate al parco Miralfiore. L'uomo, laureato in filosofia da qualche tempo, viveva e ai margini della società. Pare che ad ucciderlo sia stato un malore, ma a far chiarezza sulle cause potrebbe essere l’autopsia. Fugge all’alt nomade arrestato È stato bloccato e arrestato dalla polizia dopo un inseguimento a cento chilometri all’ora. Protagonista un nomade, alla guida ubriaco. L’episodio è avvenuto lunedì sera, 4 gennaio, alle 22 in zona Stanga, a Padova. Gli agenti hanno notato una Fiat Punto sospetta con a bordo tre nomadi vicentini ed hanno deciso di controllarla, ma il conducente ha premuto sull’acceleratore ed è iniziato l’inseguimento, tra le vie della città, dove la Punto è sfrecciata anche con il semaforo rosso. Bloccata l’auto, gli agenti hanno arrestato il conducente, Daniele Cari, 28 anni, di Arzignano, mentre gli altri due che erano con lui, un ragazzo 28enne e una ragazza di 35 anni, sono stati denunciati. Treviso, incendio: vittima un'anziana Tragedia l’altra notte a Vittorio Veneto, dove un imponente incendio si è sviluppato in una abitazione. Vittima la proprietaria, una donna di 84 anni. Sul posto, poco dopo la mezzanotte, sono intervenuti i vigili del fuoco di Vittorio Veneto e Conegliano, i carabinieri e il 118. A causa delle fiamme i solai e il tetto in legno della palazzina erano crollati. Dopo aver spento il rogo, i vigili hanno trovato il corpo carbonizzato dell’anziana. A scatenare il rogo sarebbe stata una stufa di legna. all’aperto ieri hanno ripreso la protesta: sfilando in corteo, sotto la pioggia, per le vie di Lampedusa. E quando ieri mattina uno di loro ha avuto un malore, i loro compagni non volevano che salisse sull’ambulanza per andare al pronto soccorso. Motivo? Temevano che qualcuno gli avrebbero preso le impronte digitali. “Lo sappiamo che sarà dura, piove e c’è vento; ma dopo quello che abbiamo passato in Libia non abbiamo più paura di nulla. Non crediamo nelle procedure di ricollocamento: alcuni nostri connazionali sono da tre mesi in attesa di trovare un posto dove andare. Certamente non vogliamo finire in Polonia, in Lituania o in Portogallo”. Insomma sembrano avere le idee ben chiare per essere dei rifugiati politici. Ma scappando dalle guerre non ci si dovrebbe accontentare di vitto e alloggio, ovunque sia? Evidentemente non è così. Loro protestando mostrano cartelli. “Rispettate i nostri diritti” sbandierano. E i diritti degli italiani? Quello alla sicurezza, ad esempio, difficile da garantire se i sedicenti profughi non sono identificati. Se, loro, risultano fantasmi che possono, ovviamente, commettere qualsiasi tipo di reato. Un discorso però che in pochi fanno. È più semplice nascondersi dietro principi buonisti, dietro i falsi ideali della sinistra che, chiedendo agli italiani di accogliere chiunque, sta infangando il suo popolo. Italiani che non hanno più diritti perché a guadagnarne sempre di più sono proprio gli stranieri. Immigrati a cui la politica pensa, giornalmente. Stranieri che oltre vitto e alloggio, avranno anche un cimitero, dedicato a loro. A fine gennaio inizieranno infatti i lavori per la realizzazione del cimitero internazionale dei migranti che sarà realizzato a Tarsia, nel cosentino. Come spiegato dal leader di Diritti Civili, Franco Corbelli, l’opera, realizzata dal Comune di Tarsia, Regione Calabria e Diritti Civili, prevede un investimento complessivo di 4 milioni di euro. La prima fase riguarderà l'acquisizione dei terreni, le opere di sbancamento e la realizzazione della recinzione. L’Italia paga. È l’unica che sente un dovere: quello, pietoso, di dare sepoltura ai poveracci che la narrativa dell’accoglienza ha spinto verso le nostre coste, come se fosse l’Eldorado. Barbara Fruch Eurosky Tower . Entrare in casa e uscire dal solito. Il relax ha una nuova casa. Eurosky Tower è il grattacielo residenziale di 28 piani che sta sorgendo a Roma, nel prestigioso quartiere dell’EUR. Un progetto modernissimo e rivoluzionario che coniuga esclusività e tecnologia, ecosostenibilità ed eleganza. Eurosky Tower è destinato a diventare un simbolo di Roma e soprattutto un grande investimento che si rivaluterà nel tempo. 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La polizia di Stato avverte sui social network: “l’Iban è italiano, non pagate e avvisate le forze dell’ordine” on aprite quella busta, o comunque non pagatela. Si tratta di una raccomandata in busta verde, proveniente dalla Croazia, con la richiesta di pagamento di una multa per eccesso di velocità. Ma dietro a quella missiva non vi è in realtà nessun tipo di infrazione bensì una semplice truffa: l’ultima trovata di alcuni malintenzionati che vogliono semplicemente arricchirsi alle spalle di ignari cittadini che, spaventati, pagano cascando così nel tranello. L’atto, infatti, risulta non avere nessun valore legale né per forme né per modalità di pagamento Ad annunciare il raggiro, ormai diffuso, è la pagina Facebook “Una Vita da Social” e poi confermata sullo stesso social network da “Agente Lisa”, pagina creata dalla polizia di stato. “Viene recapitata a casa una raccomandata in busta verde, di quelle che contengono atti giudiziari (se avete preso mai una contravvenzione al codice della strada, tipo autovelox la N riconoscerete) - avverte la Polizia in un post - All'interno una comunicazione, tradotta in italiano in cui viene intimato il pagamento di una sanzione per una cifra compresa tra 184 e 250 euro, indicando un Iban italiano. Questa comunicazione non ha alcun valore legale essendo un atto falso”, sottolineano ancora gli agenti chiedendo “di segnalare alle forze dell’ordine l’eventuale ricezione di una simile raccomandata e di non effettuare il pagamento”. L’appello e arrivato dopo le segnalazioni sul web di numerosi cittadini che si sono visti arrivare a casa, via posta ordinaria, la busta con all’interno documenti scritti in ita- liano e in croato con tanto di timbri fasulli che sembrano esser stati inviati da qualche autorità d’oltreconfine. Sono molti infatti gli italiani che, d’estate o nel periodo natalizio, raggiungono la Croazia per le vacanze: motivo per cui non è poi così difficile cadere nel raggiro. Come sottolinea la pagina “Una Vita da Social” la missiva arriva in particolare dalla città di Pola, centro portuale dell’Istria, un tempo ‘perla italica’. Richiesto, come si diceva, “il pagamento di una multa per eccesso di velocità, compreso tra € 184,73 ed € 250,65, pena l’avvio di una procedura di pignoramento”. Ed è proprio la ‘minaccia di pignoramento’ probabilmente a impaurire molti cittadini che, onde evitare si perdere i loro beni, si sono catapultati a pagare la multa senza accertare se, effettivamente, abbiano commesso o meno l’infrazione. A rischiare maggiormente sono proprio coloro che negli ultimi tempi si sono recati in Croazia. “E se qualcuno è stato multato veramente in Croazia? Come facciamo a distinguere una multa vera da una falsa?”, si chiedono alcuni utenti sul web. Un indizio lo fornisce proprio l’Iban italiano ma, in caso di dubbi, è bene prima di precipitarsi a versare la sanzione chiedere consiglio alle forze dell’ordine italiane. Sono in corso ovviamente opportuni accertamenti, atti a smascherare gli autori della truffa. L’ennesimo raggiro che, a dispetto delle truffe telematiche, le quali ormai sono decisamente quelle più diffuse e quelle più utilizzate, conferma come ci sia ancora qualcuno che per “fregare” i cittadini usa la posta tradizionale. Barbara Fruch