50 — carta canta libri Tre recensioni F di Giuseppina La Face Bianconi abrizio Festa è un intellettuale versatile. Compo- carta canta / libri sitore, critico musicale, docente nei Conservatori, organizzatore concertistico e promotore di convegni, è anche un esperto divulgatore, che da sempre scruta con occhio penetrante le relazioni fra la musica e gli altri campi disciplinari. È in libreria da pochi mesi un suo saggio intitolato Musica: suoni, segnali, emozioni, che offre «risposte ad alcune domande essenziali per comprendere la complessità affascinante» dell’arte dei suoni. Con finezza di tocco e competenza culturale Festa affronta temi nevralgici, che investono le dimensioni problematiche, se non addirittura contraddittorie, della musica: quest’arte, così potente nel suscitare le emozioni e al tempo stesso nel formalizzarle, è per certi tratti il frutto di un sapere artigianale (la si impara a bottega) e però dialoga con le scienze e la filosofia, si ricollega alla fisica come alla poe- sia, è un poderoso strumento in mano agli educatori e per converso può indurre la perdita della coscienza, non esiste se non la si produce, e rimane sterile se le vien meno l’ascolto. Fabrizio Festa dipana questo complesso intreccio di concetti in quattro densi capitoli e un postludio: affiorano suggestioni culturali di natura diversa, dall’àmbito filosofico-estetico a quello matematico e fisico, dalla psicologia delle emozioni alla scienza medica. Il saggio è una miniera di notizie e di ragionamenti; il filo del discorso conduce il lettore ad irretirsi in un discorso assai ramificato, tessuto però con mano lieve anche nei tratti che invocano una concettualizzazione profonda. Il libro affascina, si legge d’un fiato, fornisce ricco stimolo intellettuale allo studente universitario o di conservatorio, all’amatore come all’intenditore. Nata nell’Ottocento, la musicologia è fiorita dapprima soprattutto come medievistica, applicandosi alle prime testimonianze della musica europea. Da tempo questo primato si è ritirato nella nicchia degli specialismi. Eppure il lascito della musica medievale, se incide poco sulla vita concertistica e sul mercato discografico, stimola tuttora la riflessione dello storico: da un lato c’è la sfida di ricostruire un tessuto di testi e fonti irrimediabilmen- te frammentario; dall’altro, il pensiero musicale dell’età di mezzo presenta affascinanti somiglianze ed enigmatiche divergenze rispetto alla nostra concezione del sapere musicale. Su questo doppio versante si segnalano i lavori recenti di due giovani e valorosi medievisti di casa nostra. Mauro Casadei Turroni Monti, già ricercatore a Udine (ora a Modena-Reggio), ha procurato la prima versione italiana della Musica Enchiriadis, ossia un «manuale di musica» che, stilato in età carolingia, godette di durevole fortuna: anche Guido d’Arezzo lo prese a modello. Tutte le storie della musica lo citano, non foss’altro perché vi compaiono le primissime testimonianze di rudimentali «polifonie» intessute sul canto gregoriano: in esse, le voci supplementari ricalcano con rigoroso parallelismo il canto liturgico, nell’intento di conferirgli un degno alone sonoro. Chi prima d’ora avrebbe davvero potuto leggere e meditare l’insegnamento di quest’anonimo didatta musicale del IX secolo? Ora, guidato dall’erudita introduzione di Casadei, l’impavido lettore può tentare la riscoperta di questo incunabulo della teoria musicale europea. Dal canto suo Stefania Roncroffi, docente di Storia della musica nell’Istituto musicale di Castelnovo ne’ Monti, sotto il motto agostiniano «Psallite sapienter» ha riportato in luce un corpus omogeneo di manoscritti di canto liturgico prodotti da alcuni monasteri domenicani femminili a Bologna nei secoli XIII e XIV, oggi dispersi tra Bologna, Modena, Venezia, Parma e Roma. Oltre a rivelare un patrimonio coerente di splendidi codici miniati – in uno si osservano moduli figurativi ispirati a Giotto – Roncroffi fornisce un eloquente spaccato di storia sociale: spesso infatti la confezione di un codice liturgico rispondeva a una delicata strategia di competizione nobiliare tra le pie donne recluse in monastero. ◼ Fabrizio Festa, Musica. Suoni, segnali, emozioni, Bologna, Editrice Compositori, 2009, 230 pp., isbn 978-88-7794-684-3, 15,00 euro Musica Enchiriadis, introduzione, traduzione e commento di Mauro Casadei Turroni Monti. Testo latino a fronte, Udine, Università di Udine – Forum, 2009, 143 pp., isbn 978-88-8420-557-5, 16,00 euro Stefania Roncroffi, “Psallite sapienter”. Codici musicali delle Domenicane bolognesi, Firenze, Leo S. Olschki, 2009 («Historiae Musicae Cultores», CXVIII), x-214 pp., isbn 978-88-222-5934-9, 26,00 euro libri carta canta — 51 «il Patalogo» fa 32 zionali. Le sue sezioni «istituzionali» – Repertorio, Festival italiani e stranieri, Vetrina – fotografano la stagione fornendo tutti i dati necessari, che vengono poi arricchiti e contestualizzati da una selezionatissima antologia della critica. A queste parti più o meno fisse del volume si aggiunge poi quello che da tempo è stato dal suo ideatore battezzato come «Speciale»: dopo la scorpacciata di teatro spagnolo e sudamericano regalata ai lettori la scorsa edizione (e curata da Manuela Cherua consegna dei P remi Ubu è un apbini e Davide Carnevali), quest’anno la fervipuntamento ormai da molto tempo il Patalogo 32. da mente di Franco Quadri – affiancato dalentrato a far parte delle consuetudini Annuario del Teatro 2009. la costante e fondamentale collaborazione di del mondo teatrale italiano. E anche questa Altre idee di teatro, Renata Molinari – ha costruito un gradito e volta, il 22 febbraio, la serata della premiaUbulibri, Milano 2010, inaspettato omaggio, che lui stesso racconzione è stata celebrata a Milano, in un greill. pp. 352, euro 55 ta nella sua introduzione: «La strage di lutti mito Teatro Grassi e con la conduzione grafestivi che ha colpito grandi personaggi della scena, e non fiante di Piero Chiambretti, ultimo in ordine di tempo solo, mi fece pensare di dedicare il nostro spazio a questi di una serie di presentatori illustri, tra cui negli anni si scomparsi spesso cari, sempre ammirati, che tanto hanno ricordano almeno Nunzio Filogamo, Roberto Benigni, fatto per tutti noi, [...] cambiando molte volte con le loro Alessandro Bergonzoni e Sabina Guzzanti. Ma il Preinvenzioni il senso e l’espressività dell’arte che amiamo e mio non è che il momento conclusivo di un lavoro colosche ci aiuta a vivere. [...] Ci sale che quasi magicamensiamo dunque affidati alte Franco Quadri conduce le parole di questi rifondain porto da trentadue antori della cultura e del teani, anche grazie a una vatro testé scomparsi per rielorosa redazione che lo vocare e rivivere con loro accompagna nell’impreun’epoca importante di arsa (oltre all’estrosa e sicuricchimenti, di invenzioni, ra mano grafica di Andrea di evoluzione dell’arte in Lancellotti): mi riferisco un mondo che va a rotoli, ovviamente al Patalogo, il per sentirci a nostra volta celebre annuario del teapiù vivi e ritrovarci ancora tro che ci è molto invidiacon quegli amici dei quato anche all’estero. Sin dal li ci sarebbe impossibile 1978, quando uscì il primo perdere le tracce e la lezionumero – che raccoglieva ne». Ecco dunque raccolin una visione interdisciti, sotto il titolo di «Altre plinare tutti i diversi settoidee di teatro», i pensieri, le ri delle arti dello spettacovisioni e le riflessioni – tra lo – questo straordinario gli altri – di Pina Bausch, strumento riunisce in sé il Leo de Berardinis, Klaus racconto della stagione apM. Grüber, Nina Vinpena trascorsa e l’analisi, chi e Peter Zadek. (l.m.) ◼ spesso profetica, delle tendenze che attraversano le scene nostrane e interna- Presentata a Milano la nuova edizione del celebre Annuario I Premi Ubu 2009 Ecco i vincitori dello scorso anno, decretati da una giuria composta da 61 critici teatrali. Spettacolo dell’anno: I demoni, regia di Peter Stein; Miglior regia: Valter Malosti per Quattro atti profani di Antonio Tarantino; Miglior scenografia: ex aequo tra Daniela Dal Cin per ...Ma bisogna che il discorso si faccia! da Samuel Beckett e Margherita Palli per Sogno di una notte di mezza estate di William Shakespeare; Miglior attore: Giuseppe Battiston per Orson Welles’ Roast; Miglior attrice: Ermanna Montanari per Rosvita; Miglior attore non protagonista: Fausto Russo Alesi per I demoni e Sogno di una notte di mezza estate; Miglior attrice non protagonista: Francesca Ciocchetti per I pretendenti, Giusto la fine del mondo, La cimice, Sogno di una notte di mezza estate e Un altro Gabbiano; Nuovo attore o attrice (under 30): Silvia Calderoni; Nuovo testo italiano o ricerca drammaturgica: Pali di Spiro Scimone; Nuovo testo straniero: Giusto la fine del mondo di Jean-Luc Lagarce (Piccolo Teatro di Milano-Teatro d’Europa); Miglior spettacolo straniero presentato in Italia: Die Dreigroschenoper (L’opera da tre soldi) di Bertolt Brecht e Kurt Weill, regia di Robert Wilson (Berliner Ensemble); Premi Speciali a Primavera dei Teatri, «festival ormai storico dedito alla scoperta e alla valorizzazione di giovani gruppi teatrali con speciale attenzione a quanto accade nel Meridione, diretto e guidato con amore da Scena Verticale a Castrovillari»; a Santasangre, Teatro Sotterraneo, Muta Imago, «gruppi guida con Babilonia Teatri dell’attuale cambio generazionale che resuscita in qualche modo gli storici fasti della scuola romana, dimostrando una capacità di rinnovare la scena [...] facendo emergere gli aspetti più inquieti e imbarazzati del nostro stare nel mondo attraverso l’uso intelligente di nuovi codici visuali e linguistici»; a Inequilibrio Festival, «già Armunia, festival residenziale creato e diretto da Massimo Paganelli a Castiglioncello, per la coerenza tenace e assolutamente originale nella sua ricerca pratica con cui riunisce annualmente compagnie e gruppi non solo toscani». carta canta / libri L 52 — carta canta libri Trent’anni di Carnevale a Venezia Tra immagini e aneddoti Alessandro Bressanello mette ordine ai ricordi Q uesto libro, si può dire, è la mia tesi». Alessandro Bressanello esprime così lo sforzo e la soddisfazione per la creazione del suo ultimo libro Il carnevale in età moderna. 30 anni di Carnevale a Venezia 1980-2010. Lo sforzo, per l’enorme difficoltà di reperire agevolmente materiale documentale, la soddisfazione, perché questo libro mette finalmente ordine alle svariate immagini delle edizioni del carnevale che si sono susseguite lungo gli anni a oggi. Alla presentazione del libro, avvenuta il 30 gennaio scorso presso lo Spazio Eventi della Libreria Mondadori a Venezia, erano presenti l’assessore alla Produzione Culturale Luana Zanella e il presidente di Venezia Marketing & Eventi Piero Rosa Salva, il quale, esprimendo soddisfazione per l’investimento compiuto, ricorda che «Bressanello ha caratterizza- « carta canta / libri di Giovanna Bottaro to il lavoro culturale a Venezia»: il libro infatti è un album dei ricordi del carnevale veneziano raccontato da chi il carnevale l’ha pensato e costruito, partecipando a vario titolo (attore, regista, organizzatore, amministratore) alle sue edizioni, ciascuna caratterizzata da peculiarità specifiche per i differenti periodi politico-culturali che si sono succeduti così come per le differenze di budget, sponsor, progetti ideati. L’intento dell’autore è allora quello di ripercorrere i trent’anni di storia del carnevale a Venezia con una narrazione che mette in luce l’evolversi della città: ogni immagine è infatti accompagnata da appunti, titoli di stampa, curiosità e cifre che danno un ampio quadro dell’atmosfera che si respirava in laguna a ogni organizzazione. Il carnevale fu abolito nel 1797 quando cadde la Repubblica e fu riproposto a partire dal 1980, quando iniziarono a manifestarsi con evidenza forti spinte per far rivivere le antiche tradizioni della Serenissima. La storia raccontata da Bressanello esalta quindi la rinascita del carnevale che lo stesso autore, con entusiasmo, descrive: «Nel ‘79 la Scuola grande San Marco organizza il Volo della colombina riproposto per la prima volta davanti a migliaia di veneziani, alcune feste e spettacoli e il martedì grasso, il Gran ballo in piazza San Marco e il falò del Pantalone che chiude i festeggiamenti. È un grande successo, l’Italia usciva dagli anni di piombo del terrorismo, la voglia di divertirsi era grande. Si comincia a fare sul serio...». ◼ ristorante e caffetteria Situato al pianterreno di Palazzo Querini Stampalia, il nuovo Qcoffee si apre in un incantevole giardino interno: armonico equilibrio d’acqua, pietra e verde progettato alla fine degli anni ‘50 da Carlo Scarpa. Gestito da Mariagrazia Cassan e Guglielmo Pilla, il caffè ristorante, disegnato da Mario Botta, offre i suoi servizi non solo a chi frequenta le mostre, il Museo e le attività della Fondazione Querini Stampalia, ma a chiunque desideri rilassarsi in uno spazio speciale. Lo chef prepara specialità della cucina tosco/veneta e piatti di pesce, anche crudo. Ampia selezione di vini dall’Italia e dal mondo. Qcoffee Fondazione Querini Stampalia - Santa Maria Formosa Castello 5252 VENEZIA 041 0991307 [email protected] chiuso domenica sera e lunedì by la colmbina Enoteca Ristorante La Colombina Via Contessa Beretta, 31 Villanova di Farra, Gorizia 0481 889061 [email protected] chiuso martedì sera e mercoledì carta canta — 53 dischi – libri U di Giovanni Greto cuore, ma senza mai indulgere al sentimentalismo e che attraverso l’analisi della figura di un musicista carismatico ci fa conoscere la situazione italiana riguardo la musica pop e non solo negli anni sessanta e settanta. La sorpresa maggiore riguarda l’autore, giovanissimo, esperto di musica progressiva, non ancora nato quando Stratos morì, eppure capace, attraverso l’ascolto dei dischi e le interviste con quanti gli furono, soprattutto professionalmente, vicini, di farci amare una persona genuina, tanto più umile e dolce, quanto più decisa e tesa verso una ricerca musicale, bruscamente interrotta dalla morte, che forse sarebbe potuta durare tutta la vita, raggiungendo risultati inimmaginabili. Il libro, alla maniera di un film, parte con un flashback degli ultimi istanti di Efstratios Demetriou, italianizzato in Demetrio Stratos, con il cognome, dunque, che diventa nome, nato da genitori greci ad Alessandria d’Egitto il 22 aprile 1945, trasferitosi nel 1962 a Milano per iscriversi alla facoltà di Architettura del Policlinico, spentosi al Memoria Hospital di New York il 13 giugno 1979, dov’era stato ricoverato d’urgenza per cercare di guarire dall’aplasia midollare, una malattia a causa della quale il sangue non riproduce più le cellule. Stratos non aveva più globuli rossi, ogni sua ferita, anche interna, non si rimarginava. L’ipotesi più probabile sull’insorgere della malattia fu quella di un lungo indebolimento dovuto all’assunzione massiccia di sulfamidici per combattere febbre, infiammazioni alla gola, raffreddori. Perché Stratos, temendo un cambiamento del timbro vocale, non si era mai voluto operare di tonsille. Passando alla parabola artistica, il libro racconta di un periodo iniziale, durante il quale il musicista lavorava nelle balere e nei locali da ballo pur di sbarcare il lunario; del primo successo anche discografico con i Ribelli dal 1966 al 1970 – una canzone per tutte «Pugni chiusi» – della creazione degli Area, «International POPular Group», con il quale rimase per quasi sei anni dal 1973 al 1979, proponendo una musica decisamente rivoluzionaria, che annichiliva le banalità del pop; e infine di una particolare ricerca sonora, influenzata tra l’altro dall’incontro e la collaborazione con John Cage e che Antonio Oleari, Demetrio Stratos. portò a risultati originalmente strabiGioia e rivoluzione di una voce, lianti e strepitosi. ◼ Aerostella, Milano, 2009. n libro scritto col Il duo Chet Baker Bill Evans in disco I l 1959, un anno in cui sono stati prodotti nel jazz dei dischi capolavoro – Kind of Blue di Miles Davis, The Shape of Jazz to Come di Ornette Coleman, Ah Um di Charles Mingus, solo per citarne alcuni – è altresì da ricordare per le due uniche collaborazioni discografiche tra Chet Baker e Bill Evans. Roland Damon, nelle breve introduzione all’ascolto che apre il libretto, si domanda, senza riuscire a ipotizzare una risposta soddisfacente, come mai i loro incontri siano stati così sporadici, nonostante una delicatezza, una fragilità caratteriale e una concezione musicale sottesa a un sentire comune. Il disco si apre con l’intera scaletta di Chet – the Lyrical Trumpet of Chet Baker, registrato in due sedute il 30 dicembre 1958 e il 19 gennaio 1959 e prosegue con cinque brani tratti da Chet Baker Plays the Best of Lerner & Loewe, un lp dedicato alle composizioni della coppia Frederick Loewe e Jay Lerner, inciso il 22 luglio per i pezzi con Bill Evans e il 21 per quelli con Bob Corwin. Le canzoni di Chet meritano un ascolto ripetuto. Lentamente fanno breccia nell’animo, provocando una sensazione di quiete, di bellezza, arricchita da una sonorità che ricorda le fresche acque di una limpida sorgente. Ovviamente Baker, essendo il leader, risulta in primo piano rispetto ad Evans, che di lì a pochi mesi decollerà grazie a quattro memorabili e indimenticabili lp, testimonianza di uno tra i più entusiasmanti trii della sua carriera e della storia del jazz, quello con Scott La Faro al contrabbasso e Paul Motian alla batteria. Chet rappresenta l’amore per le ballad di Baker, che si sviluppano in tempi lentissimi, con il caratteristico suono della tromba libera che mai ricorre all’impiego di sordine. (g.g.) ◼ Chet Baker & Bill Evans, The Complete Legendary Sessions (American Jazz Classics) Chet Baker, tromba; Bill Evans, piano Brani 1-10: Pepper Adams, sax baritono; Herbie Mann, flauto; Kenny Burrell, chitarra; Paul Chambers, contrabbasso; Connie Kay o Philly Joe Jones, batteria. Brani 11-14: Pepper Adams, sax baritono; Herbie Mann, flauto; Zoot Sims, sax tenore e contralto; Earl May, contrabbasso; Clifford Jarvis, batteria. Brano 15: Bob Corwin sostituisce Bill Evans carta canta / dischi – libri «Gioia e rivoluzione» di Demetrio Stratos