Mercoledì, 26 ottobre 2011 LA VOCE DEL POPOLO il pentagramma De cantibus fluminensis et de identitate di Patrizia Venucci Merdžo Gentilissimi, in occasione della serata in onore del poeta dialettale triestino Claudio Grisancich, il coro misto della CI ha eseguito due “vecie” canzoni fiumane, “Sora el Quarnero” e “Dime Rita”. Per me è stata una rivelazione. Era la prima volta che le udivo. E chi mai me le avrebbe insegnato? La scuola ai tempi dei “druzi”? Certamente no. Dato il carattere patriottico quando non “irredentista”; erano i tempi in cui si cantava “Noi siam piccoli pionieri, della patria l’avvenir” o, al massimo, “Quel mazzolin de fiori”. I miei genitori no. Ai tempi dell’Italia, le piccole italiane e la gioventù erano troppo impegnati a imparare “Giovinezza” e “Faccetta nera, bell’abissina”. Oggi, a scuola, non le insegnano di sicuro, occupati come sono ad apprendere il canzonettario di Sanremo, le canzoni inglesi, peruviane, spagnole, “Jingle bells” e quant’altro, perfettamente in linea con l’ideologia globalizzatrice, pluralista, multilingue, multiculturale, esterofila, ossequiosa di tutto e di tutti fuorché di noi stessi. E così, le vecchie e simpaticissime canzoni popolari fiumane, principalmente di epoca austroungarica, sono finite nel dimenticatoio, sono sparite dalla circolazione, non esistono più. Alla faccia dell’identità, della riscoperta delle nostre radici, di un piccolo mondo antico dal quale traiamo origine, ecc, ecc. Fresche, vivaci, piene di “morbin”, di marcette ritmate e di melodie orecchiabili e suadenti, queste antiche canzoncine del popolo (sebbene messe su carta da precisi autori di musiche e testi che si facevano interpreti dell’animo popolare) sembrano uscite dalla penna di uno Strauss, di un Lehar o comunque di un operettista della Felix Austria, con evidenti contaminazioni melodiche belcantistiche e venete. Da un’indagine lampo su internet, apprendo che di canzoni popolari fiumane ce ne sono ben trentacinque (!), e, letti i contenuti, concludo che tutte rappresentano un formidabile veicolo d’identità, in quanto narrano, con la loro caratteristica schiettezza, vivacità e arguzia ma anche con toni poetici a volte velati di nostalgia - la storia, i costumi, le bellezze naturali del Quarnero, i per- ce vo /la .hr dit w.e ww musica An no VII sonaggi tipici, l’orgoglio di appartenere alla bella città • n. di San Vito e di favellare in fiuman. Emergono così, da questi canti, le “tabachine”, figlie del popolo, e le bele sartorele, graziose, furbette a cui piace amoreggiare; e il “tram fiuman” (“...dal ponte ai Pioppi, col suo: dan, dan), la storia dello stemma, (“Indeficienter”, “Da tanto tempo - là sula tore/Ghe stava el stemma - de la cità,/Ma un bruto giorno - non se sa come,/via dela tore - el xe svolà!), l’Aquila della Torre civica (“O grande Aquila un patrio afeto, palpita in peto d’ogni Fiuman !...); melodie inneggianti ai santi patroni, alla torre, all’arco roman, e manco a dirlo “Dime Rita” (“Cantime Rita, cantime bela, nela soave, dolce favella che xe l’orgoglio de ogni Fiuman, cantime Rita in Italian!”). E ancora, “El mio giardin” (1911), “La mia perla” (1899), “Son tabachina” (1907), “Ninna nanna nostalgica” (1956), “Viva san Vito - Inno civico popolare” (1901), “El mio fior” (1901), “Sangue fiuman” (1904), “Cor de plebe” (1905), “Bacoli (1910), “Andemo al Comunal” (1897)... Meravigliose! Sono queste le canzoni che andrebbero riscoperte e studiate nelle scuole di Fiume! Non basta cantare in italiano per coltivare la nostra identità, che, come sappiamo, è dura conquista quotidiana. Bisogna cantare proprio “in fiuman”, così come i napoletani cantano le loro tarantelle, i “venesiani” “Nineta in gondola”, i rovignesi le bitinade (e bravi i rouvignesi che sono riusciti ad ottenere per la bitinada lo “status” di patrimonio spirituale dell’umanità!). A furia di cantare in inglese, in croato, in italianese sanremese la nostra identità va a farsi friggere, in primis quella fievole, fievole, dei giovani. Non è una questione di nostalgia, ma necessità di conoscere, e quindi comprendere una storia e un’anima cittadine che non esistono più, e che tuttavia fanno parte del nostro Dna. È una questione di testimonianza; e ancora prima di autocoscienza. Non credo sia importante fare tante (forse troppe) cose, quanto fare le cose giuste; e in questo caso mi pare sarebbe “giusto” ed opportuno realizzare un cd con queste spassosissime canzoni fiumane, piene di 1 201 e r b 52 • Mercoledì, 26 otto colore e di sentimento; e diffonderle, almeno nel nostro piccolo. Infine desidero concludere con i versi de “La Perla” (1899), con l’auspicio che essi diventino realtà: “Cantemo quei bei canti Che i veci n’à insegnà, che avemo in cor costanti che i fioi ne cantarà.” Fiumandialettalmente Vostra 2 musica Mercoledì, 26 ottobre 2011 PEDAGOGIA MUSICALE Apprendere la musica nel senso più ampio del termine fin Il mondo magico dei suoni e la cr di Patrizia Chiepolo Mihočić L Orchestrina di strumenti Orff a musica rappresenta l’espressione più ricca di benefici educativi ed, essendo un linguaggio non verbale, tocca la sfera “emotiva”. Il bambino si avvicina ben volentieri a quelle attività dalle quali trae una gratificazione. Da tali esperienze egli trae inoltre dei benefici per la sua crescita. le tradizionale, ma l’esplorazione, la produzione e l’ascolto di tutti i molteplici fenomeni sonori e non, che stanno alla base di una futura educazione musicale. Insegnare ai bambini piccoli la musica è un compito che deve venir fatto in modo creativo e deve comprendere la ritmica, il canto, l’ascolto e l’animazione. I principi base Con la ritmica avremo finalidell’educazione musicale tà educative come: senso dell’ordine, autocontrollo, precisione, e suoi benefici senso dell’equilibrio, memoria e Gli Orientamenti per la scuo- quant’altro. Si partirà con la ritmila materna, concretamente, sugge- ca gestuale dove i bambini dovranriscono però non attività musica- no ad esempio eseguire una marTutti a lezione di cetra gioco, integrando il fare e ascoltare musica con l’espressione corporea. Accompagnati da strumenti musicali i bambini potranno fare un salto, una capriola, una corsa, ma anche l’esecuzione di innumerevoli posizioni. Infatti, i movimenti e posture permettono di enfatizzare le sensazioni che provengono dalla stimolazione sonora o dai silenzi. Musica, gioco, In questo modo anche i più piccoli vengono stimolati ad ascolcomunicazione tare e ascoltarsi, ricercando tra Una particolarità di questa le esperienze sonore più varie pratica è l’introduzione all’edu- come l’utilizzo di oggetti di uso cazione musicale attraverso il comune - i suoni che provengocia, variando lento/veloce, eseguire due battute di mani e due battute con un piede o viceversa, girarsi a destra o a sinistra seguendo il ritmo ecc ecc... Nella ritmica strumentale invece il compito del bambino sarà quello di ripetere il ritmo con gli strumenti Orff (legnetti, tamburelli, triangoli...). Carl Orff e il problema pedagogico Ai problemi dell`educazione musicale il compositore Carl Orff (1895 - 1982) incominciò ad avvicinarsi nel 1924 quando, in collaborazione con la moglie Dorothée Günther, fondò a Monaco la “Günther-schule” ispirata, in un certo senso, alle teorie precedentemente elaborate da Jacques-Daolcroze il cui metodo, basato sulla musica quale agente coordinatrice dei movimenti del corpo, era culminato qualche anno prima nella fondazione dell`omonimo istituto di Ginevra. Alcuni principi sui quali si regge il metodo Jaques Dalcroze, e precisamente la ritmica, i movimenti corporali, l`improvvisazione, si trovano anche nel sistema di educazione elaborato dal compositore tedesco Carl Orff il quale, entro certi limiti, può essere considerato uno dei continuatori delle idee e delle iniziative dalcroziane secondo nuove esigenze che incominciarono ad affermarsi intorno agli anni 40. Nell`iniziare la sua attività di didatta, Orff non tentava di applicare delle possibilità già precedentemente teorizzate ma egli tentava di dar vita ad una nuova esperienza molto più personale di ciò che allora veniva definita educazione ritmica e cioè “… una reciproca compenetrazione e completamento dell`educazione al movimento e alla musica”. Orff, in pratica, mirava ad approfondire le relazioni tra musica e movimento non tanto in funzione di una educazione ritmico - espressiva di tipo sostanziale corporale e mimico, quanto complessivamente musicale... Il sistema orffiano affonda le sue radici in una concezione educativa che si preoccupa di inserire il fanciullo in una realtà che è costante e fuori del tempo, che riconosce i legami con il linguaggio popolare, con i ritmi essenziali della vita, con la vita della natura. Così come scaturisce dalle proposte di Orff, il ruolo dell`insegnante è quello di proporre, attivare, stimolare l`esperienza, senza una particolare attenzione alla valorizzazione delle capacità possedute quanto piuttosto a una gradualità di apprendimento supposta in modo intuitivo. A differenza di Kodàly che ha lasciato numerosi scritti riguardanti il suo pensiero pedagogico e la pratica didattica del suo “metodo corale”, Carl Orff non ha mai scritto nulla intorno alla propria concezione educativa e al Schulwerk. Ne ha lasciato il compito a Fritz Reusch, autore di Grundlagen und Ziele des Orffs-Schulwerks (fondamenti e fini dello Schulwerk di Orff) e a Wilhelm Keller, autore di Einfuhrung in “Musik fur Kinder” (Introduzione a “Musica per bambini”). Nell`intendimento e secondo le affermazioni di Orff e dei suoi discepoli, lo Schulwerk non è un “metodo” nel suo senso tradizionale del termine, ma piuttosto una raccolta di suggerimenti, di esempi e di esercizi. Attraverso essi i bambini sviluppano il senso ritmico, imparano ad esprimersi musicalmente, improvvisano ritmi e suoni propri, personali pervenendo infine all`esecuzione di brani ritmicomelodici... Il metodo Orff parte dalla semplice constatazione che gli elementi essenziali di ogni “prodotto” musicale, antico o moderno, vocale o strumentale, sono stati sempre gli stessi. Questi elementi, il materiale indispensabile a ogni creazione musicale, sono sempre il ritmo e il melos. Essi, prima disgiunti e poi uniti, prima in semplici strutture e in ambiti limitati, poi in più ampie costruzioni, diventano per Orff i fattori unici e costanti dell`azione educatrice. bisogna aggiungere, inoltre, che l`impiego dell`elemento melodico e di quello ritmico non è limitato al canto vocale o agli strumenti: anzi la voce (nei limiti imposti da ragioni fisiologiche dell`età) e degli strumenti (non tutti, ma quelli che sono sta- no dal corpo che si muove, dalla voce, dal respiro, ecc. Durante il gioco riescono facilmente a parlare attraverso la musica e a servirsene come mezzo di espressione e di comunicazione. Il metodo pedagogico Montessori La pedagogia musicale vuole anzitutto evidenziare l’importanza che assume l’educazione musicale nella scuola, a cominciare dalla scuola dell’infanzia. Forse, anche ricordando l’importanza che assumeva nell’educazio- Carl Orff ti prescelti da Orff per le loro qualità timbriche e facilità di impiego) sono, singolarmente, alternatamente o insieme il tramite grazie al quale si attuano in concreto l`educazione ritmica, la formazione dell`orecchio e, in definitiva, la sensibilità e il gusto musicale... Il punto di partenza della didattica orffiana non risiede, però, in un fatto o in elemento musicale, ma nel linguaggio. Come rivela uno studioso tedesco Ludwig Wismeyer, il linguaggio umano occupa in tutta la scuola un posto importante: esso infatti è usato in tutte le materie ma, nello sforzo di farsene uno strumento preciso sotto l`aspetto semantico, nello sforzo di appropriarsi più profondamente delle sue possibilità concettuali, si trascura di potenziarlo quale elemento di espressione umana, nel senso di forma e suono. Se, quindi, gli elementi del linguaggio sono nello stesso tempo gli elementi della musica, sembra esatta l`affermazione di Orff, secondo cui “all`inizio di ogni esercizio musicale, sia melodico che ritmico, c`è un esercizio linguistico”. Egli si rifà perciò alla lingua madre. Dal tradizionale patrimonio delle filastrocche infantili, dalle sentenze popolari, dai proverbi dei contadini egli trae le più semplici forme e le prime formule di motivi ritmici, e vi scopre il modello delle prime creazioni melodiche: Dal parallelismo di frasi parlate e di melodie nascono prima fasi puramente ritmiche e in seguito ritmiche melodiche. (da “Le metodologie didattiche di Orff e Dalcroze” di Antonio Spadaccino) musica 3 Mercoledì, 26 ottobre 2011 dall’infanzia produce benefici di stimolo e coordinazione psicofisici rescita armoniosa dei bambini Strumenti Orff Alle prese con gli strumenti Orff ne classica, l’educazione musicale andrebbe posta al secondo posto, dopo l’educazione motoria, in ogni ordine di scuola, per una molteplicità di motivi, che non sono solo quelli della grande diffusione che oggi la musica ha nella società e nella vita dei giovani. L’educazione musicale è componente essenziale, fondamentale, strutturale della formazione della persona umana e, come tale, va avviata sin dai primi anni, prima dell’ingresso nella scuola dell’infanzia. Anche il metodo pedagogico di Maria Montessori, molto attenta all’osservazione del bambino come una persona competente ed in grado di fare tutte le cose come un adulto, dava grande spazio anche all’educazione musicale che veniva divisa come segue: ritmo e ginnastica ritmica: la musica si introduce negli esercizi di equilibrio detti ‘camminare sul filo’, ripetendo più e più volte una sola frase musicale; riproduzioni musicali: con brevi lezioni si mette il bambino in grado di fare le sue esecuzioni liberamente, fornendogli strumenti adatti a lui per dimensioni e per semplicità. Lo sviluppo è dato dall’opportunità di prendere uno strumento, quando l’ispirazione li spinge a cercare qualche armonia che è rimasta radicata nel loro cuore; lettura e scrittura musicale: si impernia sugli esercizi sensoriali, consistenti nel riconoscere i suoni musicali del materiale delle campane ad esempio, che in un primo esercizio si appaiano, e poi si mettono in gradazione; l’ esplorazione dell’io sonoro, l’ educazione sensoriale all’ascol- to, la socialità del suono e creatività interpretativa e produttiva. Educazione al suono in quanto tale Ma l’educazione musicale non è solo educare alla musica, ma anche al suono in generale. Oggi per fortuna esistono numerosi sussidi didattici, sottoforma di CD, che producono vari suoni (legati alla natura, alla città, suoni di macchine, apparecchi domestici...) i quali devono poi venir riconosciuti dai bambini. Ci sono storie raccontate dagli animali, e sarà compito dei piccolini indovinare di quale bestiola si tratta, oppure favole sonore dove ogni strumento viene abbinato ad un singolo animale; così l’uccellino verrà rappresentato dal flauto, l’elefante dalla tromba, il lupo dal corno, il gatto dalla chitarra ecc. Per i bambini sarà molto divertente indovinare, durante questa piccola operetta, qual è l’animale in scena in quel momento. Creare strumenti musicali Il bambino però non avrà solo il compito di ascoltare e ripetere suoni e ritmi, ma sarà coinvolto direttamente nella costruzione di semplici strumentini musicali. Basterà prendere alcuni bicchieri di plastica, riempirli con faggioli, riso, sabbia o sassolini, chiuderli con un coperchio (o con della pellicola) ed ecco dei simpatici maracas che potranno venir usati per accompagnare una breve musichetta. Lo stesso lo si potrà fare con bottiglie di plastica, cilindri di carto- ne o altri recipienti che potranno venir usati per il gioco delle coppie, dove sarà compito del bambino, ascoltando il suono che producono, trovare due recipienti uguali (in questo caso non trasparenti) – esempio due bottigliette che contengono riso o due con sabbia. E poi via libera a tamburelli, batterie fatti di scatole di cartone o recipienti di plastica. Insomma la moltiplicità di suoni che noi produciamo ogni giorno (battendo le mani, scalpitando con i piedi o schioccando con le dita) diventerà per il bambino un mondo magico fatto di ritmi, suoni e armonia, tutto da esplorare. Violinista in erba La varietà degli strumenti didattici Lo “strumentario Orff” come è comunemente chiamato il gruppo di strumenti proposti per l`esecuzione degli esercizi e dei brani dello Schulwerk, è articolato nel modo seguente: strumenti a percussione a suono indeterminato: legnetti sonori, piattini (cimbali), piatti, triangoli, nacchere, cassettina di legno, sona- gli, tamburo basco, timpanetto (a una pelle), tamburi (a due pelli) di varie dimensioni. - strumenti a percussioni a suono determinato: strumenti a lamine: in metallo (metallofoni) e in legno (xilofoni), nonché Glockenspiel (campanelli) e armonica a bicchieri. I metallofoni e gli xilofoni sono di formato ed estensione varia, in base al concetto strumentale di “famiglie” (metallofoni - o xilofono - soprano, contralto, tenore e basso) - strumenti melodici: Flauti dritti (soprattutto soprano e contralto) e fidule. - Strumenti gravi di sostegno: violoncelli, viole da gamba, contrabbassi, liuti, chitarre. 4 mus Mercoledì, 26 ottobre 2011 ARTE ORGANARIA Pietro Nacchini, Gaetano Callido, Giovanni Battista Piaggia, i Storia, caratteristiche e restauri di Patrizia Venucci Merdžo C ircumnavigando la frastagliata penisola Histria o addentrandovi nel dedalo di strade e stradine, che come rughe antiche - o arterie vitali - segnano l’entroterra di questo suolo, si scorgono appollaiati sulle amene collinette, (preannunciati dagli alti campanili) i tanti pittoreschi borghi medievali. Bellezze antiche Mezzo diroccati, siti fantasma o parzialmente riconsegnati alla vita L’organo di S. Pietro in Selve questi misteriosi agglomerati, (non di rado percorsi da sotterranee vene energetiche, dicono) quasi di regola conservano piccoli tesori nascosti, pallide vestigia del passato, segni remoti di un ormai andato bene di vivere: rilievi leonini marciani, antiche e fregiate cisterne, simboli gentilizi, ornamenti in ferro battuto e, fulcro L’organo di Piemonte d’Istria ed epicentro dell’esistenza paesana, rante il Terrore, assieme alla profal’immancabile luogo di culto. nazione e saccheggio di tantissme si fece quasi scempio totale Tesori strumentali chiese, di questi nobili strumenti). Dentro, nel silenzio pesante, le Presa di coscienza volte amiche, le icone dei santi; si eleva lo sguardo e... su in cantoria, e restauri racchiuso in un tripudio di angeli, in Tuttavia, soffiano tempi nuovi casse lapidarie e vetuste o nelle misurate forme classiche, brilla il luc- per questi illustri dimenticati, tant’è cichio delle canne. In alto, sovrano vero che negli ultimi due decenni in e dignitoso, l’organo! Strumento di Istria le acque si son mosse. Diversi Dio e del popolo, il suo suono soave, restauri di organi storici e il festival spirituale e regale ha scandito (come organistico “Organum Histriae” hanquello delle campane) ed accompa- no convogliato nell’ultimo decennio gnato per secoli la vita dei nostri avi organisti d’altissima qualità, espernei momenti più importanti come ti organari, organologhi, musicolonella quotidianità: dal battesimo, al ghi smuovendo pure i mezzi d’inmatrimonio, dalla prima Comunio- formazione e le istituzioni culturali ne, al vespro serale, dalle feste na- ai massimi livelli. Ciò ha determinatalizie, al rito funebre. Un suono che to una presa di coscienza dell’ultimo ha lungamente e nobilmente intriso minuto che fa ben sperare. la cultura europea e che, a nostra insaputa o nostro malgrado, si è intru- Le origini dell’organo La genesi dell’organo è antichisfolato nel nostro sangue, si è annidato nei sedimenti del nostro codice sima. Risale ai cinesi un tipo di orgenetico. Forse è anche con questo gano idraulico a bocca con canne che si spiega la strana commozio- di bambù per trovare presso i greci, ne mista a riverenza che ci prende già nel III secolo a.c. un tipo di orquando ci disponiamo ad ascoltare gano (alimentato da aria comprestale favoloso strumento. Quasi un sa) idraulico evoluto provvisto di ta“richiamo della foresta!” Gli anti- stiera ed alcuni registri. Già in uso chi organi istriani! Quale tesoro per presso i bizantini l’organo fa il suo troppo tempo bistrattato, messo da ingresso in Europa nel 757 quale parte, sottovalutato, lasciato quasi dono dell’imperatore d’oriente a Pimarcire nella polvere e nel degrado! pino, re dei franchi. Nel Medio Evo (Quanto devono invidiarceli i fran- è strumento liturgico per eccellenza. cesi. Bisogna sapere che reperire in Nel ‘300 viene dotato di piccola taFrancia un organo anteriore all’Ot- stiera, pedaliera ed una fila di cantocento è cosa molto rara. Infatti du- ne, elementi che vengono ampliati La chiesa polese dispone attualmente di un magnifico «Eisenbarth» Gli organi della Cattedrale di Pola Splendido strumento l’ Eisenbarth donato alla Cattedrale di Pola dalla ditta di Passau(Germania), per interessamento del Kappelmeister Eugen Sagmeister della circoscrizione diFreyung-Grafenau,un «signor» organo, adattato con somma maestria per l’antico tempio polese nello spirito della tradizioneorganaria italiana. Il decennale dello strumento è stato festeggiato con uno straordinario concerto di uno dei più grandi organisti tedeschi contemporanei, il prof. Norbert Duchtel in duo con Stefan Binder alla tromba, e uno stage di giovani musicisti dei Laboratori musicali di Arena International e del CSMC dell’ UI; giovani che porteranno avanti un’ attività unica e straordinaria sul «re»degli strumenti, come abbiamo già riportato lo scorso 10 ottobre. Il Duomo di S. Maria Assunta di Pola, già elevato a Cattedrale nel XV sec., ha alle spalle una storia travagliata di continui rifacimenti ed aggiustamenti, e nel suo secolare andare ha avuto ben quattro organi per la pratica del canto liturgico. Il più antico è’ stato certamente l’organo costruito nella bottega di Gaetano Callido, l’organaro veneto del Settecento che si formò alla Scuola del famoso PietroNacchini (Petar Nakić), e che operò per lo più nel Veneto, ma anche in Istria e nella natia Dalmazia. Posto nella cantoria sorretta da sei colonne, sopra la porta principale, l’ organo Callido andò distrutto nell’ incendio che scoppiò tra la notte del 6 e 7 ottobre 1923 e che incise sull’aspetto architettonico del Duomo in quanto la cantoria non venne ricostruita. Solo nel 1933 la Cattedrale fu dotata di un nuovo grande organo elettrico a tre manuali e pedaliera, firmato Vincenzo Mascioni di Cuvio(Varese), considerato come uno dei più famosi organari italiani del tempo.La ditta Mascioni ha costruito oltre 1000 organi in tutta Italia, tra i quali vanno annoverati quelli del Duomo di Pisa, della Basilica di S. Antonio di Padova e del Duomo di Cremona. Nel giugno 1944, durante i bombardamenti di Pola da parte degli alleati, la Cattedrale fu colpita da una bomba che distrusse l’ Arco trionfale ed il lato sinistro della parte presbiteriale della Chiesa, come pure il grande organo Mascioni. Appena negli anni ‘80 il Duomo potè disporre di un nuovo organo, non certo adeguato all’importanL’organo “Eisenbarth” donato alla Cattedrale di Pola dalla ditta di Passau za e alla mole del Tempio polese. (Germania), dietro interessamento del Kappelmeister Eugen Sagmeister Si trattava di un piccolo e modesto Nella Cattedrale di S. Stefano di Passau la Fabbrica d'organi «Eisenbarth» ha installato l'organo più grande al mondo, con 17.974 canne e 233 registri azionati da ben cinque tastiere Il maestro Eugen Sagmeister con un’ allieva di Arena International strumento della Casa organaria Gustavo Zanin di Codroipo, con due manuali e pedaliera, che rimase in funzione fino al 2001. In quell’anno infatti, arrivò, in maniera inaspettata e graditissima, l’attuale maestoso strumento, prodotto nel 1974 dalla ditta Manufacture d’orguesLuxembourgoise-Lintgen e riadattato nel 2001 dalla Casa Wolfgang Eisenbarth, con particolare cura per la situazione acustica e sonora della Cattedrale. L’organo è dotato di due manuali, della pedaliera e di 23 registri. Sebbene, a detta del M.o Sagmeister e potrebbe esservi aggiunta ancora una tastiera, ma anche così l’organo si presenta superbo. Di esperienza la Casa Eisenbarth ne ha moltissima; basti rilevare che nella Cattedrale di S. Stefano a Pas- sau (Passavia) ha installato l’organo più grande al mondo, un Eisenbarth con 17.974 canne e 233 registri azionati da ben cinque tastiere. Queste in breve sono le vicissitudini degli organi della Cattedrale di Pola. Una storia nella grande Storia della basilica paleocristiana la quale ha un suo percorso continuo sin dall’ Editto di Costantino e che, ad ogni, anche minimo scavo, riporta alla superficie elementi nuovi. Ai giovani musicisti di oggi si affida l’alto e prestigioso compito di far “ vivere” questo magnifico strumento suonandolo degnamente in tutte le occasioni possibili. Ai grandi concertisti dell’organo spetta invece la missione di presentare e divulgare il prezioso patrimonio del repertorio organistico mondiale. Orietta Šverko sica 5 Mercoledì, 26 ottobre 2011 grandi organari di scuola veneta che impreziosirono il patrimonio liturgico dei tesori organistici dell’Istria dagli organari toscani nel ‘400. Parallelamente ai grandi organi delle cattedrali i cui enormi mantici venivano azionati da decine di uomini c’erano l’organo portativo (cioè trasportabile; con una mano si suonava alla tastiera e con l’altra si azionava il mantice) e l’organo positivo, più grande del portativo il cui mantice veniva messo in azione da una persona mentre l’altra suonava a due mani sull’unico manuale. L’organo positivo di Piemonte Ed ecco che arriviamo ai piccoli grandi gioielli istriani. Infatti è nel paesino istriano di Piemonte (Završje) che si trova l’unico esempio di organo positivo antico in Istria e forse in Croazia. Il delizioso strumento il cui prospetto a cuspide è incastonato in una cornice riccioluta porta su un listello sottostante al manuale, su fondo chiaro, la dicitura in caratteri dorati “OPUS IOANNIS BAPTISTAE PIAGGIA VENETIARUM MDCCXL”. (L’illustre organo veneto fu allievo di di Pietro Nacchini da Sebenico, il massimo organaro dalmata del ‘700 che costruì e perfezionò tanti pregevoli organi lungo la costa dalmata, detti appunto di scuola veneto-dalmata). La tastiera ha l’estensione di E/Cc (63,70 cm), la pedaliera ha otto piedi, i sette registri con manette in acero sono disposti verticalmente a destra del manuale. I mantici funzionano ad azionamento alternato. L’organo è considerato bene culturale di categoria A. Nel 1973 la Gioventù Musicale del Belgio coadiuvata dal restauratore Patrick Collon avviò il restauro (come pure quello dell’organo del Girardi a Grisignana) del prezioso strumento che fu ultimato nel 1986, grazie alle elargizioni della Federazione delle case discografiche di Londra, della Fondazione europea per la cultura di Amsterdam e de ministero alla cultura del Belgio. Prevalgono gli organi di scuola italiana Appartengono alla scuola italiana (ed in particolare veneta) del ‘700, sono di dimensioni relativamente contenute (rispetto agli or- gani tedeschi del Settecento, portati all’apice da Gottfried Silbermann, dotati di più tastiere e con i vari corpi indipendenti) ed hanno generalemente un suono pieno, tondo, dolce gli organi di Umago, Buie, Capodistria e San Giuseppe della Chiusa. L’organo della chiesa della Beata Vergine Assunta e San Pellegrino di Umago è stato costruito nel 1776 da Francesco Dacci (allievo del Nacchini), e appartiene ai grandi organi della scuola veneto-dalmata (23 registri, una tastiera, pedaliera a sospensione); purtroppo anche questo strumento come gli altri organi storici istriani, in seguito a restauri discutibili ha perduto in parte le caratteristiche sonore originali che comunque si cercheranno di ripristinare con il prossimo restauro. A proposito di restauri, Albert Schweitzer, il quale oltre ad essere medico e teologo fu apprezzatissimo concertista d’organo (studiò anche il Widor a Parigi e redasse l’opera completa di Bach per organo) difese a spada tratta la personalità dei vecchi organi e fece i salti mortali per convincere gli organari a non snaturare i vetusti nobili strumenti trasformandoli in ibride enormità spettacolari però di livello industriale. Gli strumenti di Gaetano Callido Gli organi di Buie e di Capodistria sono stati costruiti da Gaetano Callido (!) massimo rappresentante della scuola veneta (organaro stabile di S. Marco in Venezia) rispettivamente nel 1791 e 1773. La cassa dell’organo di Buie è opera lussuosa dell’alto barocco. Ambedue strumenti in seguito a restauri (Giorgio Bencz e figli di Gorizia) hanno perduto parte delle caratteristiche tecniche originali che si intendono recuperare in futuro con ulteriori interventi. L’organo a trasmissione meccanica ad una tastiera della chiesa di San Giorgio di Pirano è stato costruito da Pietro Nacchini da Sebenico nel 1746 ed è l’unico strumento del geniale fondatore della scuola veneto-dalmata che si conserva in Istria. Collocato in cantoria sopra l’ingresso principale è chiuso nella bellissima cassa di stile barocco; i registri disposti a destra del manuale, in una fila sono azionati da manubri a tirante. Gravemente danneggia- Duomo di Ulm, un organo “Walcker” del 1969 L’organo di Buie to durante la Prima Guerra Mondiale in seguito ad interventi di restauro ha parzialmente perduto le caratteristiche originali. L’organo di Umago La grazia barocca dell’organo di S. Pietro in Selve Tra tutti questi organi veneti e veneto-dalmata spicca per la sua spumeggiante festosità barocca l’organo storico di S. Pietro in Selve nella chiesa dei S.S. Pietro e Paolo. Risalente al 1780 ad opera di Janez Juraj Eisl, allievo dell’Egedacher è strumento tipico dell’area alpina e mitteleuropea. Anche in questo caso i cambiamenti a livello di registri hanno determinato un allontanamento dall’originale suono settecentesco. I monumentali strumenti del romanticismo L’itinerario ottocentesco dell’organo romantico è stato segnato da un ingigantimento a tutti i livelli (più tastiere, tantissimi registri e perciò canne, introduzione della cassa espressiva e della trasmissione elettrica); un organo atto (ad esprimere tutti i timbri orchestrali in potenze inaudite) allo stile organistico romantico di gusto “orchestrale sinfonico” (Mendelsohn, Brahms, Liszt) che ha il suo apice in Franck, Reger e Widor. Esempi di Weingarten, Abbazia benedettina di S. Martino, la consolle dell’ organo “Joseph Gabler” 1750 a quattro tastiere (Kuhn 1983) mastodontici organi italiani del ‘900 sono quelli dell’Auditorio di palazzo Pio XII di Roma (5 tastiere, 165 registri, 12278 canne), dell’Auditorio Nuovo di Napoli (4 tastiere, 140 registri, 9200 canne) opera Pontificia Fabbrica d’Organi “Giovanni Tamburini”. Ed ora nuovamente la riscoperta dell’organo antico... L’organo “Eisenbarth” del Duomo di Passau 6 musica Mercoledì, 26 ottobre 2011 L’INTERVISTA Astrid Kuljanić nome emergente della scena musicale Dalle formule chimiche alla passione per il jazz di Helena Labus Bačić FIUME – “Mildreds” è un complesso di provenienza jazz, composto da affermati musicisti croatosloveni, che qualche anno fa è apparso sulla scena musicale croata arricchendo il panorama della musica di qualità e mettendo in primo piano la voce giovane e fresca di Astrid Kuljanić, cantante di Fiume attiva in numerose formazioni musicali fin dalla più giovane età, che si sta facendo strada nel genere jazz con tenacia e impegno. Dando inizio alla sua collaborazione con i “Mildreds”, gruppo formato da Uroš Rakovec, Krunoslav Levačić, Žiga Golob (tutti e tre membri “Transhistria Ensemble di Tamara Obrovac) e Blaž Celarec, la giovane cantante ha avuto l’opportunità di dimostrare le sue notevoli doti canore e s”Mildreds” dagli altri complessi è un repertorio composto da evergreen croati, da note canzoni pop internazionali e da brani d’autore che parlano di dettagli quotidiani che compongono il mosaico della vita, il tutto reso con sincerità e semplicità e avvolto in una cornice musicale melodiosa e minimalista. Melodico ed essenziale è pure lo stile canoro di Astrid, che lavora al suo ulteriore perfezionamento frequentando il corso di canto jazz al Conservatorio “Giuseppe Tartini” di Trieste. Nell’intervista che ci ha concesso tra un impegno e l’altro, la giovane cantante ci ha parlato della sua passione per il canto, dei suoi inizi musicali, del jazz festival che ha fondato a Cherso e dei suoi piani per il futuro. - Quando è iniziato il tuo amore per il jazz e come sei giunta all’idea di studiarlo? ”Provengo da una famiglia musicale, nella quale sia mio padre che mia madre suonano diversi strumenti mentre mia sorella Karin si occupa pure di canto. Fin da piccola, quindi, ero circondata dalla musica. Mi sono sentita attratta dal jazz per via della sua complessità formale e armonica. Amo ascoltare, cantare e anche studiare tal genere. D’altra parte, conoscendo l’ambientemusicale ho notato che molte persone si assumono il ruolo di ‘jazz-polizia’ e decidono in base ai loro criteri quale musica rientra nella categoria di ‘jazz’ e quale, non essendo ‘all’altezza’, bisogna scartare. Io non sono d’accordo con questo tipo di purismo e ritengo che non bisogna limitarsi a un determinato genere, ma fare semplicemente ciò che ci piace e ci rende felici. Ho terminato la Scuola elementare di musica ‘Ivan Matetić Ronjgov” di Fiume, dove suonavo il violino. Anche se desideravo continuare gli studi alla Scuola media di musica ho rinunciato dato che i miei genitori avevano altre idee riguardo il mio futuro. Nonostante ciò, ho continuato a occuparmi di musica cantando nel coro giovanile ‘Putokazi’ e in complessi musicali che erano attivi presso alcune chiese di Fiume. Durante gli studi universitari mi divertivo come back-vocal nella band di Šajeta (Dražen Turina Šajeta, noto cantautore abbaziano, nda). Conseguita la laurea (in scienze chimiche, nda) a Zagabria, avevo deciso di provare a occupar- mi e a vivere soltanto di musica. È stato questo il periodo nel quale ho iniziato a collaborare con rinomati musicisti, abbiamo fondato i ‘Mildreds’ e sembrava che la mia idea di vivere di musica potesse avverarsi. Entrando, però, nel mondo del jazz mi sono resa conto dei miei limiti. Infatti, non conoscendo a fondo le regole del jazz mi trovavo ad avere problemi con l’armonia e mi mancava la conoscenza di uno strumento armonico, come il pianoforte. Per questo motivo ho deciso di iscrivermi al corso di canto jazz al Conservatorio di Trieste, dove spero di arricchire il mio sapere e sviluppare le mie capacità”. - Come è iniziata la tua collaborazione con i rinomati jazzisti che compongono i Mildreds? ”Mi ritengo fortunata di poter cantare con loro. Assieme a Kruno Levačić, che conoscevo da diversi anni, avevo iniziato a fare musica collaborando con una serie di musicisti. Da qui siamo giunti a Žiga e a Uroš, che suonano pure con Tamara Obrovac, e poi a Blaž. Anche se si tratta di musicisti che compongono il ‘Transhistria Ensemble’ di Tamara, questa band è completamente diversa, sia per il repertorio che coltiva sia per il suono acustico che cura. Il primo album ‘Brisači prašine’ del 2007 era composto in prevalenza da vecchi evergreen croati, mentre il secondo, ‘Život u ušima’ del 2009, si basava su brani d’autore. Purtroppo, quello che rende difficile la nostra collaborazione è il fatto che ciascuno di noi vive in una città diversa e tra due Paesi, per cui è arduo trovarsi insieme per provare. Per fortuna, si tratta di musicisti eccezionali che, in effetti, non hanno bisogno di molte prove. In ogni caso, mi sento molto fortunata e onorata di collaborare con jazzisti di tale calibro”. - Sei direttrice artistica del jazz festival estivo CREScendo a Cherso. Come hai deciso a occuparti di organizzazione di eventi musicali? ”Avevo notato che durante l’estate a Cherso mancano eventi di carattere musicale che potrebbero permettere anche ai “Mildreds” di esibirsi, per cui sono giunta all’idea di organizzare qualcosa. La musica jazz, infatti, è un genere ‘delicato’ che esige uno spazio adeguato dal punto di vista acustico, ma anche estetico. Posso dire, quindi, che ho deciso di organizzare un festival per motivi egoistici, cioè per poter avere finalmente uno spazio adeguato per fare musica con la mia band. Il festival, che è stato fondato nel 2008, si svolge in un vecchio cinema all’aperto nel centro stretto della città di Cherso e dura solitamente due giorni alla fine di giugno”. - Segui i concerti dei tuoi colleghi? ”Cerco sempre di seguire ciò che fanno gli altri musicisti, anche se ultimamente non ho avuto molto tempo per frequentare i concerti”. - C’è qualche musicista con il quale vorresti collaborare? Mi piacerebbe collaborare con tanti musicisti, ma soprattutto vorrei cantare e suonare molto di più. Vorrei partecipare nuovamente al Festival del film muto che si svolge a Zagabria ogni novembre e nel cui ambito ho fatto una bellissima esperienza assieme a Žiga Golob e a Kruno Levačić. Infatti, nel contesto di un’edizione passata del festival avevamo curato lo colonna sonora di una pellicola, improvvisando e divertendoci un mondo. È stato molto impegnativo, ma così bello che spero proprio di riprovarci”. - Qual’ è il tuo prossimo progetto? ”Continuare gli studi al secondo anno di Conservatorio. Spero, inoltre, di iniziare a lavorare al terzo album con i ‘Mildreds’. E vorrei continuare a cantare il più possibile. musica 7 Mercoledì, 26 ottobre 2011 IL CAPOLAVORO Le architetture stravinskiane si erigono con ieratica geometria La sacrale atemporalità della «Sinfonia dei Salmi» «L a forma della sinfonia, quale ci è stata tramandata dall’Ottocento e che ha visto la sua fioritura in un’epoca le cui idee e il cui linguaggio ci sono tanto più estranei dato che ne siamo usciti, mi seduceva assai poco. Come per la mia Sonata, volli creare un tutto organico senza conformarmi ai differenti schemi codificati dall’uso, ma conservando al pezzo l’ordine periodico, grazie al quale laSinfoniasi distingue dallaSuite, la quale non è altro che una successione di brani di diverso carattere...”: così Stravinskij, nelle sue “Chroniques”, descrive il progetto per una nuova composizione sinfonica - la “Sinfonia del Salmi”, appunto - la cui natura, come si desume dalle parole del compositore, rinneghi il modello della sinfonia romantica. Ma torniamo un attimo ancora alle “Chroniques”: “Nella mia idea - ci confida Stravinskij - la sinfonia doveva essere un’opera dal grande sviluppo contrappuntistico, e per ottenerlo avevo bisogno di ampliare i mezzi a mia disposizione. Finalmente mi fermai su di un organico corale e strumentale nel quale i due elementi fossero posti allo stesso livello, senza alcuna predominanza l’uno sull’altro. In questo modo il mio punto di vista sui reciproci rapporti delle parti vocali e strumentali coincideva con quello degli antichi maestri della musica contrappuntistica, che appunto li trattavano da pari e non riducevano la funzione dei cori a un canto omofono, né la funzione dell’insieme strumentale a quella di un accompagnamento”. Queste le intenzioni: lo strumento sarà il recupero di uno stile pre-romantico, ovvero neo-classico, soluzione linguistica non certo limitata al solo Stravinskij ma appannaggio di un vero e proprio capitolo nella storia musicale del Novecento. In questa “rinascita” molti compositori ritennero di trovare quel legame tra il presente ed il passato arcaico in grado di arricchirli: basti ricordare l’uso MUSICA ANTICA del “modo dorico” in Debussy (Pelléas et Mélisande), Ravel (Quartetto in fa), del “modo misolidio” in Sibelius (Quarta Sinfonia), Bartòk (Terzo Concerto per pianoforte) e quanti altri (Respighi, Satie, Walton, Hindemith) hanno abbracciato tale manifesto musicale. La Sinfonia dei Salmi viene composta a Nizza tra l’inverno e l’estate del 1930 con la seguente dedica: “Questa sinfonia composta a gloria di Dio è dedicata alla Boston Symphony Orchestra in occasione del cinquantesimo della sua esistenza”. Di fatto, questa partitura è per Stravinskij - compositore così in bilico tra misticismo orientale e pragmatismo occidentale - l’occasione di una particolare ispirazione religiosa: la scelta dei testi cade sui Salmi di Davide, il 150, il 78 ed il 39, laddove il primo - la visione del carro di Elia che ascende al cielo - rimanda ad una precisa intenzione dell’Autore. La musica non si fa più interprete del “significato” del testo, ne evita il coinvolgimento personale bensì diviene il messaggio, il “tempio” purificato di un’intera comunità: essa non dice né “io” né “tu”, ma “noi”. Proprio per tale motivo la partitura dei Salmi appare estremamente “figurativa”: “Mai prima di allora - scriverà infatti Stravinskij - avevo scritto qualcosa di così poco immaginoso come le terzine per corno e pianoforte che dovevano suggerire i cavalli ed il carro”. In detto clima neo-classico, che per sacrale monumentalità non può non ricondurre alle note dell’Œdipus rex, le tre parti della”Sinfonia dei Salmi” si dipanano senza interruzione di continuità: le architetture di questa straordinaria partitura si erigono con ieratica geometria e potenza costruttiva (attenzione al doppio fugato della seconda parte) per spegnersi, col gioco reiterativo di una cellula melodica, nella staticità atemporale dell’ultima sezione. Giovanni Fontechiari «Alleluia. Lodate Dio nel suo santuario, lodatelo nel suo maestoso firmamento.» (Salmo 150) Come Tasso firmò la «regia» del suo poema musicato Ecco quanto scrisse Monteverdi per la Prefazione alla prima edizione (1638) del Combattimento: «Combatimento in Musica di Tancredi et Clorinda, descritto dal Tasso; il quale volendosi esser fatto in genere rappresentativo, si farà entrare alla sprovista (dopo cantatesi alcuni Madrigali senza gesto) dalla parte de la Camera in cui si farà la Musica. Clorinda a piedi armata, seguita da Tancredi armato sopra ad un Cavallo Marrano, et il Testo all’hora comincerà il Canto. Faranno gli passi et gesti nel modo che l’oratione esprime, et nulla di più né meno, osservando questi diligentemente gli tempi, colpi et passi, et gli ustrumentisti gli suoni incitati e molli; et il Testo le parole a tempo pronunciate, in maniera, che le creationi venghino ad incontrarsi in una immitatione unita; Clorinda parlerà quando gli toccherà, tacendo il Testo; così Tancredi. Gli ustrimenti, cioè quattro viole da brazzo, Soprano, Alto, Tenore et Basso et contrabasso da Gamba, che continuerà con il Clavicembalo, doveranno essere tocchi ad immitatione delle passioni dell’oratione; la voce del Testo dovrà essere chiara, ferma et di bona pronuntia alquanto discosta da gli ustrimenti, atiò meglio sii intesa nel ordine. Non doverà fare gorghe né trilli in altro loco, che solamente nel canto de la stanza, che incomincia Notte; il rimanente porterà le pronuntie et similitudine delle passioni del’oratio- ne. In tal maniera (già dodici Anni) fu rapresentato nel Pallazzo del’Illustrissimo et Eccelentissimo Signor Girolamo Mozzenigo, mio particolar Signore. Con ogni compitezza, per essere Cavaliere di benissimo et delicato gusto; In tempo però di Carnevale per passatempo di veglia; Alla presenza di tutta la nobiltà, la quale restò mossa dall’affetto di essere statto canto di genere non più visto né udito”. Monteverdi e «Il combattimento di Tancredi e Clorinda» L’ indagine psicologica portata ai livelli massimi I l Combattimento di Tan- di Madrigali Guerrieri et credi e Clorinda, che fa Amorosi (Venezia, Vinparte dell’Ottavo Libro centi, 1638), fu commissionato da Girolamo Mocenigo, e venne eseguito per la prima volta in casa Mocenigo nel carnevale del 1624. Monteverdi si trovava a Venezia dal 1613, e nello stesso anno fu nominato maestro di musica della Serenissima nella cappella di San Marco, al posto di Giulio Cesare Martinengo. Era ormai uno dei più celebri musicisti italiani, ma col Combattimento ottenne un successo senza preParitura del “Combatti- cedenti. La ricerca psicologicomento di Tancredi e Clomusicale monteverdiana è rinda” spinta all’estremo: siamo ai primi accenni della vera musica imitativa, presagio di impressionismo. Monteverdi adattò il madrigale alle esigenze contemporanee e ne stabilì lo stretto collegamento con il palcoscenico “in genere rappresentativo”. Come autore di teatro, nell’opera, nel balletto, nel divertimento all’aperto, si dimostrò un musicista preminentemente vocale; per quanto eccellenti e originali siano le sue sinfonie e ritornelli, tuttavia è la musica vocale che lo configura come un vero genio e come il padre dell’opera italiana. Monteverdi rappresenta il momento di passaggio dalla polifonia pura alla melodia e il lento ma inesorabile insorgere della voce superiore, che si affermava come parte principale. Con la sua formula teatrale che esige una precisa interpretazione attraverso il canto e la mimica, il Combattimento segna una data monumentale sia nella produzione monteverdiana che nella storia della musica. Il testo di Torquato Tasso (La Gerusalemme Liberata, Canto XII), colmo di violenza romantica, avrebbe dovuto presentare difficoltà all’artista che fu essenzialmente preoccupa- Claudio Monteverdi to dell’anima umana. Ma qui lo stile rappresentativo trova la sua più perfetta illustrazione, e la diversità dei sentimenti e delle passioni trovano l’equilibrio nella semplicità musicale impiegata da Monteverdi. 8 musica Mercoledì, 26 ottobre 2011 LE GRANDI VOCI Tamagno, il re dei tenori verdiani La potenza e lo squillo vocale di un interprete storico F rancesco Tamagno (Torino, 28 dicembre1850–Varese,31 agosto1905) è stato un massimo tenore drammatico italiano della seconda metà dell’Ottocento. Di umili origini, nacque nel quartiere di Borgo Doraa Torino in una famiglia numerosissima composta da 15 fratelli e sorelle, 10 dei quali morti in giovanissima età a causa dicoleraetubercolosi. Il padre Carlo era l’oste di una modesta trattoria a Porta Palazzo (laTrattoria dei Pesci Vivi), la madre Margherita Protto morì poco dopo quando lui era ancora fanciullo. Lavorò fin da piccolo nella trattoria di famiglia come cameriere. Suo padre aveva la passione per il canto, che però non coltivò ma trasmise ai suoi figli. Francesco, che il padre giudicò dotato, prese alcune lezioni da un maestro di Torino e faceva settimanalmente i suoi esercizi corali coi suoi compagni sotto le arcate delPonte MoscadellaDora, luogo sufficientemente lontano dalle abitazioni. Un giorno gli capitò l’occasione della vita: il Teatro Regio aveva urgente bisogno di un tenore per l’opera Poliuto poiché uno dei comprimari si era improvvisamente ammalato. Il maestro che gli insegnava canto, informatone, pensò a lui e segnalò il suo nome. Dopo aver quindi esordito nel1871a Torino come comprimario nel Poliu- to (Nearco), conquistò il primo rimarchevole successo a Palermo nel 1875 in Un ballo in maschera. Venne quindi scritturato alla Fenice di Venezia e al San Carlo di Napoli, debuttando nel1878 alla Scala di Milano ne L’Africana di Giacomo Meyerbeer. Fu il protagonista alla prima assoluta dell’Otello di Giuseppe Verdi il 5 febbraio1887, ruolo che divenne in seguito il suo cavallo di battaglia. Fu inoltre il primo Gabriele Adorno nella seconda versione del Simon Boccanegra di Verdi (Scala,24 marzo1881), il primo Azaele nel Figliuol prodigo e il primo Didier in Marion Delorme, entrambe di Amilcare Ponchielli. Ebbe in repertorio anche titoli della prima metà dell’Ottocento come Gli Ugonotti e Il profeta di Meyerbeer e Guglielmo Tell di Rossini. La sera del30 agosto1905, mentre era in visita aVareseda un amico, Tamagno venne colto da un’emorragia cerebrale, dalla quale non si riprese. Nella notte venne colto da un secondo attacco, che dopo poche ore di agonia provocò la morte del tenore. Erano le 7,30 del mattino del31 agosto. Per sua espressa volontà la salma venne imbalsamata e i funerali si tennero il 5 settembre a Torino, sua città natale. È sepolto in un poderosomausoleo- bianco alto 37 metri, eretto per volontà della figlia Margherita, molto affezionata al padre. Il mausoleo si trova all’interno del Cimitero monumentale di Torino, nella parte antica (quinta ampliazione). Secondo la critica, la sua voce prodigiosa per potenza, squillo ed estensione, e il suo vocalizzo vigoroso e definito fecero di lui il più grande tenore verdiano ed uno dei massimi artisti lirici della fine del XIX secolo. La sua tecnica era legata a quella del ‘puro’ canto di tradizione italiana, che attribuiva ancora grande importanza all’intelligibilità testuale. Le vocali erano ben differenziate, permettendo una chiara comprensione dei significati del libretto, potenziandone così l’interpretazione drammatica. Ascoltando le registrazioni storiche della limpida voce di Tamagno, appare evidente che l’affidamento del ruolo di Otello ad una cosiddetta “voce scura” di tenore drammatico, confinante con quella del baritono, risulta più un vezzo novecentesco, che una reale scelta artistica voluta da Verdi. I suoi costumi e i complementi che si conservano al Teatro Regio di Torino sono la testimonianza del privilegio di un artista di livello internazionale, che poteva dispor- re di un guardaroba personale per ogni personaggio interpretato. Le date dei debutti dei vari personaggi e dei teatri che l’accolsero dimostrano l’incredibile carriera di questo artista, che partendo dal Regio toccò i più illustri teatri del mondo. La Rocca e il Borgo medievale, costruiti per la Grande Esposizione Generale Italiana a Torino del 1884, vengono inaugurati quando Francesco Tamagno è in Sud America. Ma il tenore non mancò di tornare nella sua città in occasione della grande manifestazione, visitando i Padiglioni dell’Elettricità, delle Scienze e del Lavoro, nonché il Borgo e la Rocca. Il tenore dà il nome alla Società Culturale Artisti Lirici Torinese “Francesco Tamagno” di Torino e all’associazione Amici della lirica “Francesco Tamagno” di Varese. In “Aida” Aforismi Wystan Hugh Auden ”La musica è il miglior mezzo per sopportare il tempo” Aldous Leonard Huxley ”Dopo il silenzio ciò che si avvicina di più nell’esprimere ciò che non si può esprimere è la musica”. Artur Schnabel ”Non tratto le note meglio di altri pianisti. Ma le pause tra le note... oh, è lì che sta l’arte!” Sant’Agostino ”Chi canta prega due volte.” Jacob Levy Moreno ”Uso il mio strumento come se suonassi con una voce umana. Suono come se parlassi. Mi piacciono i cantanti.” Franz Liszt ”La pena e la grandezza sono il destino dell’artista.” Franz Schubert ”O fantasia, inestinguibile fonte dalla quale bevono l’artista e lo scienziato! Vivi presso di noi, anche se sei riconosciuta ed onorata da pochi, per preservarci dalla cosiddetta ragione, da quel fantasma senza carne e senza sangue. “ Richard Wagner ”La gioia non è nelle cose, è in noi. “ Fryderyk Chopin ”Buffone è chi non ride mai.” Fryderyk Chopin ”(Musica) Tu sei per me la porta del Paradiso. Per te rinuncerei alla fama, al genio, ad ogni cosa. “ Come Otello Con Giuseppe Verdi Mozart aiuta la crescita dei bimbi nati prematuri Un nuovo studio pubblicato sulla rivista “Pediatrics” dal dottor Ronit Lubetzky del Tel Aviv Sourasky Medical Center di Israele, conferma gli effetti positivi dell’ascolto di musica di Mozart sulla salute dell’uomo ed in particolare sullo sviluppo dei bambini nati prematuri. L’affermazione segue una ricerca sperimentale effettuata su 20 bambini nati prematuri e con un peso inferiore alla media, che sottoposti all’ascolto di un cd di Mozart per 30 minuti al giorno hanno visto rallentare il metabolismo del 10-13% e quindi aumentare anche il loro peso in misura maggiore del normale. Mozart è stato spesso oggetto di studi in ambito medico scientifico, tanto che relativamente agli effetti della sua musica sull’uomo si parla apertamente di un vero e proprio ‘effetto Mozart’, che poi sviluppa i suoi effetti positivi sull’intelligenza, o nella cura di varie patologie, tra cui quelle legate all’udito. Anno VI / n. 52 del 26 ottobre 2011 “LA VOCE DEL POPOLO” - Caporedattore responsabile: Errol Superina IN PIÙ Supplementi a cura di Errol Superina Progetto editoriale di Silvio Forza / Art director: Daria Vlahov Horvat edizione: MUSICA [email protected] Redattore esecutivo: Patrizia Venucci Merdžo / Impaginazione: Denis Host-Silvani Collaboratori: Patrizia Chiepolo Mihočić, Helena Labus Bačić e Orietta Šverko Foto: Zlatko Majnarić