gli SPICCIOLI del San Luigi Mensile dell’Oratorio San Luigi di Lissone Anno 2, Numero 10 [email protected] Ed eccoci al primo anniversario! Siamo arrivati al “giro di boa” del primo anno di attività ed alla stampa del numero 10 de “gli Spiccioli”. Siamo abbastanza soddisfatti di quello che abbiamo fatto finora e speriamo di poter continuare ad esserlo anche in futuro. Grazie ai mezzi che ci sono stati messi a disposizione dall’Oratorio, alla fantasia ed all’impegno dei nostri piccoli e grandi collaboratori, abbiamo realizzato un prodotto che, a giudicare dalla velocità con cui si esauriscono le copie nei distributori, sembra piacere. Non che sia tutto facile: ancora adesso facciamo corse frenetiche per presentarci puntuali all’appuntamento mensile ma, in fondo, ogni cosa, per essere ben fatta richiede un minimo di sacrificio... La Redazione Curiosando qua e là… I riti delle… buone-notti Adulti o bambini, conosciamo tutti la Befana: quella simpatica vecchietta che, a cavallo di una scopa, nella notte tra il 5 e il 6 gennaio passa di camino in camino per lasciare ai più piccoli dolci e caramelle o, nel peggiore dei casi, carbone. Ma cosa c’entra la Befana con l’Epifania, che è la festa dei Re Magi? Innanzi tutto sembra che il nome derivi da una storpiatura di epiphaneia (manifestazione, in greco); frugando tra i racconti popolari abbiamo poi scoperto che i Magi (maghi = astronomi = studiosi dei corpi celesti), dopo aver interpretato il passaggio di una cometa come un Segno, nel lungo cammino verso la mangiatoia di Gesù Bambino smarrirono l’orientamento (forse nelle ore diurne la Stella non si riusciva a vedere bene e dato che non era ancora stato inventato il navigatore satellitare…), per cui chiesero indicazioni ad una vecchietta (sì, insomma: ad una strega – ma di quelle buone e rassicuranti) incontrata lungo la strada. Avute le informazioni che cercavano la invitarono ad unirsi a loro, ma la vecchia rifiutò gentilmente; rimasta sola, però, si pentì d’essersi lasciata scappare Gennaio 2007 www.oratoriosanluigilissone.it l’occasione per portare anche il suo dono al Bambinello, così preparò un cesto di dolci e si mise in cammino, visitando le case abitate da bambini. Regalando i suoi dolciumi ai piccoli rendeva simbolicamente omaggio a Gesù Bambino. Un’altra rappresentazione del dono al Bambino, sono i tradizionali Papurott, che a Lissone (ma non solo! Girovagando per l’Europa abbiamo scoperto che anche a Strasburgo si usa un dolce simile!!! Non ci credete? Guardate la foto!) godono di grande popolarità: questi pupazzetti, preparati con acqua, farina, lievito, zucchero, latte e chicchi di uvetta al posto degli occhi e dell’ombelico, venivano cotti nella notte dell’Epifania e lasciati davanti al camino. Abbiamo chiesto alle nonne lissonesi di spiegarci l’origine di queste pigotte commestibili, che nella versione moderna sono disponibili con impasto simile a quello delle brioches o del pandoro (ma sempre provviste dell’irrinunciabile “bamburen”), ma nessuna ci ha saputo dare una risposta precisa. Azzardiamo l’ipotesi che la forma sia quella di un simbolico Gesù Bambino e invitiamo coloro che conoscono con certezza il significato dei Papurott a soddisfare la nostra curiosità. Altro rito che si consuma nelle fredde notti di gennaio è il falò di S. Antonio, che si accende la sera del 17, giorno dedicato a S. Antonio Abate o, meglio, S. Antonio del purcel. - continua in seconda pagina Per questo numero: In redazione: Adolescente modello T, Bad Boys, Blue Eyes, Canis Maior, Cip & Ciop, Deca, don CBC, Fungo Velenoso, Herbert Fanucci, Klein Wolf, Loony Moony, Ric, Tata, Tonks. Redattore responsabile: Mrs. Norris Impaginazione e grafica: Zio Apo gli SPICCIOLI del San Luigi Pagina 2 [email protected] Nella cultura contadina questo Santo era considerato il protettore del bestiame e veniva invocato per scongiurarne le epidemie, ma il 17 gennaio era anche l’ultimo giorno “utile” per macellare il maiale ed ottenere salami di buona qualità, quindi il Santo è anche il patrono dei beccai (non a caso quest’Antonio viene raffigurato accanto ad un porcellino). Dato che nelle immagini sacre il Santo era rappresentato con delle fiamme (non solo quelle necessarie alla macellazione del maiale, ma anche quelle simboliche dello Spirito Santo!) se ne chiedeva l’intercessione contro gli incendi (l’indaffaratissimo Abate è il protettore dei pompieri) e quando ci si ammalava del dolorosissimo Herpes Zoster (popolarmente noto come “fuoco di Sant’Antonio”). A tale proposito narra una leggenda che un nobile francese ottenne la guarigione del figlio dopo aver pregato a lungo il Santo e, per dimostrare la sua riconoscenza, fondò un ospedale per curare gli ammalati di Herpes. Dato che il grasso di maiale era utile per alleviare il bruciore di questa infezione, alcuni maialini avevano il permesso di scorazzare in lungo e in largo per l’ospedale, annunciati da un campanellino legato al collo. Tutti questi simboli ispirarono una filastrocca che le ragazze in età da marito recitavano nel mese di gennaio (tradizionalmente dedicato ai matrimoni nei secoli passati), che forse qualcuno ricorda ancora “Sant’Antoni glurius, damm la grazia de fa ‘l murus, damm la grazia de fall bell, Sant’Antoni del campanell”. Ma secondo gli studiosi, il rito del Falò ha origini molto più antiche, riconducibili alle culture precristiane, soprattutto quelle celtiche (ancora loro!), fortemente legate alla terra e al susseguirsi delle stagioni. Noi non abbiamo voluto indagare più a lungo: davanti al fuoco del 17 gennaio abbiamo preferito gustare i deliziosi turtei (frittelle), che si cucinano in memoria dei pani che si offrivano alla statua del Santo (patrono pure dei fornai!), lasciando agli addetti ai lavori il compito di dipanare l’ingarbugliata matassa della storia. Bad Boys Quando gli ormoni fanno oh! Qualche giorno fa ho incontrato la mia maestra delle elementari: naturalmente la prima cosa che mi ha detto è stata “Come sei cresciuta!” perché mi ricordava bimbetta di quinta. Effettivamente sono cresciuta parecchio negli ultimi tre anni, e non solo fisicamente. Anno 2, Numero 10, Gennaio 2007 www.oratoriosanluigilissone.it Ho cominciato a capire concetti che prima erano pura astrazione, ad assimilare l’importanza di alcuni valori, cercando di adeguare ad essi il mio comportamento; sono maturata e in me sono affiorate nuove sensazioni, mai provate prima d’ora. La più forte è l’attrazione verso i ragazzi. Quando ero più piccola bambini e bambine erano un gruppo unico, omogeneo, con il quale giocare : poi man mano le due entità hanno cominciato a definirsi con maggior precisione: i maschietti da una parte, le bambine dall’altra. Misteriosi e incomprensibili gli uni, complici e familiari le altre. Come una mela, spaccata in due metà uguali eppure diverse. Durante la preadolescenza, l’altra metà ha cominciato a suscitarmi sempre maggior interesse e curiosità, voglia di capire e conoscere meglio pensieri ed azioni, desiderio di spenderci più tempo insieme. L’argomento mi affascina e mi ritrovo spesso a riflettere su come mi sento in queste situazioni. Dentro di me avverto un groviglio di emozioni inesprimibili. Adesso guardo i ragazzi in una prospettiva completamente diversa, e se uno di loro mi interessa particolarmente, mi basta vederlo e tac! lo stomaco comincia a far capriole, la mente si svuota… e chi si ricorda più la lezione di storia? Spendo ore a rodermi nell’indecisione se mandargli o no un messaggio, e qualsiasi scelta in proposito mi lascia scontenta, perché mi sembra quella sbagliata… Passo da uno stato d’animo all’altro con la velocità di razzo interplanetario, a volte ho voglia di piangere senza alcun motivo, mi sento triste ed euforica contemporaneamente. Gli sbalzi d’umore sono all’ordine del giorno e niente di ciò che fanno o dicono i grandi mi soddisfa; un brufoletto può gettarmi nel più profondo sconforto. Spesso mi sento incompresa e cerco rifugio tra le amiche… che ovviamente si trovano nelle mie identiche condizioni. E l’indecisione che contraddistingue questa età!... Qualsiasi azione diventa una questione di stato: come mi vesto? meglio questo o quello? cosa rispondo se mi chiedono così o cosà? Quesiti banali, per i quali in altri momenti ci sarebbero risposte semplicissime, ma che inserite nel contesto dell’adolescenza fanno sprofondare nelle crisi più cupe. Per non parlare del senso di inadeguatezza che mi sento cucito addosso, soprattutto se penso al futuro: sono consapevole che bisogna fare scelte oculate, ma com’è difficile! La paura di sbagliare e compromettere ogni cosa certe volte diventa quasi da paralisi! gli SPICCIOLI del San Luigi Pagina 3 [email protected] Gli adulti tendono a liquidare questi corti circuiti definendoli l’età della stupidera, ma per noi adolescenti sono autentiche catastrofi e non se ne può proprio fare a meno. Eppure, sotto sotto, mi rendo conto che nonostante tutte queste difficoltà, l’adolescenza è un periodo bellissimo. E’ l’entrare in mondi nuovi, è lo scoprire se stessi in una prospettiva di continuo cambiamento. E’ la fatica di capire e capirsi, ma anche l’emozione e la gioia dell’esplorazione, è lo sforzo di aprirsi, è il nuovo senso che acquista l’amicizia, è il cercare di venirsi incontro, è il tentare di riunire le due metà della mela, condividere ansie e problemi, scoprire che ce la si può fare. Forse, tra qualche anno, guarderò con indulgente superiorità al periodo della mia adolescenza. Forse penserò anch’io che questo è proprio l’età della stupidera. O, forse, chissà, avrò un pizzico di nostalgia… Un’adolescente modello T Un libro, un parere, ovvero: Buona lettura! “Pappagalli Verdi – Cronache di un chirurgo di guerra” di Gino Strada Non c’è bisogno di presentare Gino Strada, perché i nostri lettori lo hanno conosciuto grazie allo “Special Guest” di giugno. Vorrei presentare invece il libro che ha scritto, raccogliendo pensieri e sensazioni provati durante i suoi interventi nell’Afghanistan tormentato dalla guerra. Innanzitutto, che nesso hanno i pappagalli verdi con le cronache di un chirurgo di guerra? I “Pappagalli verdi” del titolo sono le mine antiuomo; mine che hanno il preciso scopo non tanto di uccidere, ma ferire e mutilare chi le tocca, perché in questo modo si mette in ginocchio una famiglia, un villaggio, una nazione: più mutilati si faranno, meno risorse economiche avrà quella popolazione e meglio la si potrà schiacciare e vincere. I vecchi afgani le chiamano così, perché la loro forma sembra quella di uccellini-giocattolo, con fragili ali verdi, che piovono dal cielo lanciati dagli elicotteri, suscitando la curiosità dei bambini. Anno 2, Numero 10, Gennaio 2007 www.oratoriosanluigilissone.it Che, raccogliendoli, se li faranno esplodere in mano o in faccia, perdendo l’uso degli arti o della vista. Oppure, calpestandoli mentre portano le capre al pascolo o vanno ad attingere l’acqua al pozzo, perderanno le gambe o addirittura la vita, se le ferite riportare non potranno essere curate adeguatamente e in tempo. Non ci sono parole per commentare l’atrocità di questa infamia, pensata e realizzata da uomini per altri uomini. Sembra davvero impossibile che qualcuno possa aver ideato una cosa simile, eppure… I fatti raccontati in poco più di 150 pagine non seguono un ordine logico preciso, perché sono un po’ come ricordi che affiorano man mano, mentre Strada ricompone nella memoria volti e vicende delle persone incontrate durante il suo lavoro. Nel libro sono descritte, a volte quasi con crudezza, le condizioni di chi si trova a convivere quotidianamente con morte, violenza e sofferenza. Eppure resta la voglia di leggerlo fino in fondo. Mi ha molto colpito il modo così realistico di Strada nel raccontare le vicende, perché ho potuto immaginare perfettamente le condizioni del suo mestiere e della sua vita nelle zone di guerra. Come quella volta, ad esempio, in cui alcuni guerriglieri sono entrati in casa sua per ripararsi dai proiettili dei soldati che li attaccavano dal lato opposto della strada e preparare la controffensiva, o quando si è trovato per la prima volta davanti ad un bambino ferito da un “pappagallo verde” e, come me, non voleva credere a tanta malvagità. Mi ha profondamente colpito il suo coraggio, la sua scelta di lavorare in luoghi travagliati dalla guerra, rischiando ogni giorno la vita, ma soprattutto il coraggio e la dignità delle persone che ha operato e curato, il loro modo di affrontare la sofferenza, il desiderio di ricominciare a camminare, lavorare, studiare, la gratitudine nel loro sguardo, faticosamente espressa con qualche stentata parola in inglese, o tramite interpreti di fortuna. Anche se sono argomenti molto tristi, vale davvero la pena di leggere questo libro, per la sua ferma e assoluta condanna a qualsiasi tipo di guerra e per la grande umanità che si percepisce dalla prima all’ultima pagina. L’umanità che si coglie dalle riflessioni del chirurgo che, mentre opera un ragazzo ferito da una mina antiuomo, pensa a come si sente quella persona, immagina cosa possa aver provato quando si è resa conto dell’esplosione, di quello che è passato per la mente dei parenti trovandola in quelle condizioni, della loro preoccupazione per il futuro incerto che l’ attende. gli SPICCIOLI del San Luigi Pagina 4 [email protected] Forse qualcuno potrà pensare che il libro sia soltanto un modo come un altro per fare propaganda ad Emergency. Io credo invece che sia una grande lezione di vita e di amore per il prossimo. Tonks DJ Corner - disco del mese: “L’Aldiquà” – Samuele Bersani “Cammino e le mie ombre mi ricordano che le mie gambe sono storte” (scritta di un anonimo su un muro di via Begatto a Bologna, poi magari scoprirò che è di Bob Dylan…) Queste sono le prime parole che incontra chi apre il libretto dell’ultimo album di Samuele Bersani, “L’Aldiquà”, del 2006. Ed è questa consapevolezza, secondo me, la forza di questo suo lavoro: l’autoironia e il coraggio di prendersi poco sul serio, di sapersi guardare con sincerità. Questa sincerità porta anche a guardarsi intorno con un po’ più di attenzione. “L’Aldiquà” è un’analisi precisa del nostro mondo, quello in cui ci ritroviamo ogni giorno. Non una società lontana, ma quella fatta dalle singole persone che siamo noi e che abbiamo intorno. Prima di entrare nell’Aldiquà, permettetemi però due parole sul cantautore Samuele Bersani. Bersani è emiliano, più precisamente di Cattolica, e non può non iniziare la sua carriera se non presentandosi alle prove di un concerto di un altro grande cantautore, Lucio Dalla, portandogli alcune sue canzoni da ascoltare. Quello fu l’inizio della sua carriera. Il suo primo disco “C’hanno preso tutto” prometteva bene. Lì c’era il primo brano che l’ha fatto conoscere ad un pubblico diventato via via sempre più vasto, “Chicco e Spillo”, la storia di due fratelli adolescenti e del loro disagio. Si vedeva già nei suoi testi qualcosa di profondo, l’attenzione a storie che difficilmente si sentono raccontate in una canzone. Testi impegnati, ma accompagnati da una musica elaborata e al tempo stesso capace di ricordare facilmente una filastrocca. Questo sarà uno dei suoi marchi di fabbrica vincenti. Il successo arriva poi con la storica “Freak”, l’album omonimo e la stralunata idea di “esportare la piadina romagnola”. Il successo e l’attenzione per le grandi capacità del Anno 2, Numero 10, Gennaio 2007 www.oratoriosanluigilissone.it cantautore continuano con il terzo album, che prende il suo nome e che include la divertente “Coccodrilli” e (probabilmente il capolavoro di tutta la sua carriera) “Giudizi universali”, che verrà ripresa più tardi da Aldo, Giovanni e Giacomo nel loro “Chiedimi se sono felice”. Da lì in poi si sono susseguiti una serie di riconoscimenti dedicati alla canzone d’autore, primo fra tutti il Premio Tenco, l’“Oscar italiano” per un cantautore. Il seguente “L’oroscopo speciale”, oltre a contenere la bellissima “Il pescatore di asterischi”, include anche “Replay”, brano che vince il premio della critica a Sanremo. Poi arriva il greatest hits “Che vita!”, che vede tra gli inediti la deliziosa “Le mie parole”, prima collaborazione con un altro cantautore emergente, Pacifico (che lo accompagnerà anche nei suoi lavori successivi). Poi esce “Caramella smog”, disco anch’esso pluripremiato, ed eccoci arrivati all’Aldiquà. Questo ultimo lavoro è una raccolta di dieci splendidi ritratti di personaggi o situazioni che possono capitare a chiunque in questo nostro mondo. Ecco i quadri che più mi hanno colpito: “Occhiali rotti” vorrebbe essere il testamento di Enzo Baldoni, giornalista rapito e ucciso in Iraq; colpisce la capacità di immedesimarsi nei momenti così delicati ed estremi prima della morte: “… chissà se gli errori del passato sono ancora adesso in garanzia e se mi verrà mai perdonato il fatto che non fossi a casa mia… i miei occhiali si son rotti ma qualcuno un giorno se li metterà e a occhi semichiusi attraverserà posti distrutti e silenziosi”;“La soggettiva del pollo arrosto” dipinge le nostre paure e viene presa ad esempio per tutte quella per l’influenza aviaria; in “Sicuro precariato” è descritta la situazione sempre più frequente degli insegnanti precari e con loro di tanti lavoratori che non hanno sicurezze nel loro futuro; “Maciste”, simbolo di tutti quei film stravisti che riempiono le giornate televisive di chi è costretto davanti alla TV per parecchio tempo perché è parecchio il loro tempo libero, ossia gli anziani negli ospizi e i carcerati. Probabilmente il ritratto più incisivo è quello de “Lo scrutatore non votante”, esempio di tutti coloro che nella vita si limitano a giudicare senza pietà tutto e tutti, ma non hanno avuto mai il coraggio di mettersi in gioco e di prendere una decisione “… prepara un viaggio ma non parte, pulisce casa ma non ospita, lo fa svenire un po’ di sangue, ma poi è per la sedia elettrica…”. gli SPICCIOLI del San Luigi Pagina 5 [email protected] Anno 2, Numero 10, Gennaio 2007 www.oratoriosanluigilissone.it Insomma, sono dei piccoli gioielli da ascoltare. Sono molto belle anche “Lascia stare”, “Come due somari” e la poeticissima “Sogni”: “… non lo sai che alcuni sogni da sveglio non li ricordi, quando apri di colpo gli occhi si sono già diradati, apparentemente bruciati, e invece rimangono sospesi in un angolo insieme al respiro notturno di chi si è alzato…”. È un poeta, o no? Un disco tutto da ascoltare e un cantautore da scoprire e soprattutto da leggere. Vi lascio con un augurio particolare. Ne “Il maratoneta” parte dalla moda attuale della corsa e delle maratone per applicare questa metafora alla vita. Il mio augurio è però di non arrivare sul podio: “… Complimenti al quarto in classifica, il maratoneta in ritardo, povero atleta con i piedi in fiamme e la dignità di arrivare senza medaglia all’ultima meta. Complimenti in quanto significa che è possibile credere ancora a una vittoria senza corona”. Herbet Fanucci Cure da… cani Ci credereste? Gli animali da compagnia possono contribuire efficacemente a mantenerci in buona salute o a migliorarne il livello in chi ha problemi psico-fisici. È risaputo che per un bambino la cura di un animale domestico è un importante opportunità di crescita, perché stimola le sue capacità e lo aiuta a responsabilizzarsi ma, a quanto risulta da studi e sperimentazioni in corso sin dal 1981, gli animali da compagnia non fanno solo compagnia: diventano vere e proprie “terapie” adatte a curare problemi di vario genere, anche negli adulti. È quella che gli americani chiamano “pet therapy”; una nuova scienza che entra in comunità psichiatriche, centri per anziani, scuole, case di cura ed addirittura ospedali, portando risultati quasi incredibili: miglioramento della socializzazione, diminuzione della depressione, degli stati di ansia, dell’aggressività. E sembra davvero efficace, tanto che sempre più nazioni adottano questo singolare sistema terapeutico. Possibile? Ebbene sì: la presenza di un animale migliora, dal punto di vista psicologico, la vita dell’individuo. E non parliamo solo dei benefici generati dal legame affettivo in sé, ma anche di quelli scientificamente dimostrati. La diminuzione del senso di solitudine negli anziani, per esempio, con il conseguente recupero della cura di se stessi, della voglia di relazionarsi con gli altri, garantendo un piacevole senso di sicurezza e tranquillità. Portare a passeggio un cagnolino favorisce i rapporti interpersonali perché offre occasioni di conversazione, ma anche lo stimolo per “muoversi” ed uscire dalle proprie quattro mura, confrontandosi col mondo. In generale la presenza di un amico a quattro zampe aumenta il buonumore e rende bendisposti nei confronti delle piccole difficoltà quotidiane. Senza contare che accudire ed accarezzare un animale stabilizza e riduce la pressione arteriosa, regolarizza il battito cardiaco e regala un generale senso di benessere. Nel caso di persone con particolari disabilità un gatto, un coniglietto o un criceto possono essere la chiave d’accesso al rapporto con i terapisti, mentre l’ippoterapia contribuisce al miglioramento delle funzioni fisiche e emotive/cognitive. I risultati più entusiasmanti si sono ottenuti finora con i bambini ospedalizzati. I sentimenti di ansia, paura, noia e dolore, causati dalla forzata separazione dai genitori e dalle cure mediche, generano vere e proprie patologie, come depressione, disturbi del sonno e dell’appetito. La gioia di potersi relazionare con un animale, dandogli da mangiare, accarezzandolo, prendendolo in braccio o semplicemente facendolo giocare riesce a rilassarli a tal punto da rendere più sereno l’approccio con il personale sanitario e le terapie prescritte, diminuendo sensibilmente il disagio della lontananza da casa e dalle proprie abitudini. Da qualche tempo anche in Italia si sta sperimentando con successo la “pet therapy”. Ci auguriamo allora che gli amici animali, così generosi nel procurarci gratificazione e benessere, siano trattati sempre con maggior rispetto, fosse solo per riconoscenza a quanto fanno per noi umani, e che il cucciolo avuto in regalo a Natale con l’avvicinarsi delle vacanze estive non diventi un peso ingombrante da cui liberarsi, magari abbandonandolo vigliaccamente ... Mrs. Norris gli SPICCIOLI del San Luigi Pagina 6 [email protected] Anno 2, Numero 10, Gennaio 2007 www.oratoriosanluigilissone.it A casa, dopo una buona merenda, mi rilasso guardando un po’ di TV. Ben presto, però, la voce della mamma mi riporta alla realtà e… ”come padrone comanda” mi barrico in camera mia ed inizio a studiare: epica, storia, inglese, matematica, senza grande entusiasmo però, perché proprio adesso sta andando in onda il mio programma preferito. Sono sicura però che se continuerò a ripassare riuscirò a rimediare un bel voto al posto di un “impreparato” e così non mollo. La malavoglia pian piano se ne va e concludo in bellezza i compiti di casa. A volte la mia giornata può sembrare un po’ noiosa, ma sono sicura che se non andassi a scuola mi annoierei e finirei per ciondolare qua e là senza scopo, trascorrendo il mio tempo tra il divano e la TV. Ma sì, mi piace andare a scuola… e sono certa che quando sarò grande rimpiangerò di non poterci più andare! Tata Detto per le rime L’amicizia L’amicizia è una cosa preziosa; è come una candela, che accende di speranza il cuore cupo di malinconia e lo riempie di felicità, come un fiume sotterraneo riempie il pozzo ormai vuoto da molto tempo. Chi ha un amico ha quindi un tesoro, ma pochi se ne trovano, infatti molti di essi sono ingiusti ed egoisti e non pensano al prossimo. Un amico, quello vero, non ti tradisce mai perché se così facesse tradirebbe il suo cuore, che come il sole al tramonto cadrebbe nel mare infinito della colpa da dove non potrebbe levarsi più. Un amico è qualcosa di più: ha un sorriso che fa parte di te e di promesse quel sorriso profuma e nell’aria primavera sarà. Ric Cosa succede… Cronache scolastiche I have a dream Sono le sette. La mamma è già in cucina. Nel silenzio della casa ancora addormentata arriva fino in cameretta l’acciottolio ovattato delle tazzine e il fischio della caffettiera, che annuncia allegramente il nuovo giorno che sta per iniziare. Esco di malavoglia dal mio lettuccio caldo e con gli occhi ancora chiusi mi trascino in cucina per la colazione. Riesco a superare la prima, dolorosa, fase del risveglio e mi trasferisco in bagno, dove mi lavo e mi vesto per uscire. La campanella della scuola squilla alle otto e, strano ma vero, riesco ad essere puntuale anche questa mattina. Completato il prospetto della mensa, la prof. di matematica attacca con espressioni e problemi: come inizio non c’è male, eh? Dopo l’ora di tecnica e il provvidenziale intervallo affrontiamo le ore più pesanti della giornata: italiano e inglese. Interrogazioni, lezione di grammatica, correzione dei compiti di latino… uffa, ma quando si finisce? Sono appena le quattro, ci guardiamo in faccia e non vediamo l’ora di essere fuori. Ore 16,15: la campanella squilla finalmente per l’ultima volta nella nostra giornata di studenti instancabili… per oggi è andata! Il 14 gennaio, insieme alle parrocchie del Decanato di Lissone, abbiamo compiuto un gesto significativo: abbiamo manifestato per la Pace, contro tutte le guerre e le forme di prevaricazione e violenza. Mentre marciavamo per le vie del centro mi è venuto in mente un personaggio che per la Pace ha letteralmente dato la sua vita: Martin Luter King. Pacifista convinto e grande uomo del Novecento, Martin Luther King Jr. nacque il 15 gennaio 1929 ad Atlanta (Georgia), nel Profondo sud degli Stati Uniti. Suo padre era un predicatore della chiesa battista e sua madre una maestra. gli SPICCIOLI del San Luigi Pagina 7 [email protected] Nel periodo '55-'60 diventò l'ispiratore e l'organizzatore delle iniziative per il diritto di voto ai neri e per la parità nei diritti civili e sociali, oltre che per l'abolizione, su un piano più generale, delle forme legali di discriminazione ancora attive negli Stati Uniti e di ogni forma di pregiudizio etnico. Nel 1957 fondò la "Southern Christian Leadership Conference" (Sclc), un movimento che si batteva per i diritti di tutte le minoranze e che si fondava su precetti legati alla non-violenza di stampo gandhiano, suggerendo la forma di resistenza passiva. Nel 1964 ad Oslo gli fu assegnato il Nobel per la pace. Venne assassinato a Memphis nel 1968, ma ci lasciò una grande eredità: il suo sogno. Celebre è rimasta la frase introduttiva di un suo discorso, “I have a dream”, che riassume il suo pensiero: “… io ho un sogno: che un giorno, persino lo stato del Mississipi, uno stato colmo dell’arroganza dell’ingiustizia e dell’oppressione, si trasformerà in un’oasi di libertà e di giustizia. Ho un sogno: che questa nazione un giorno si leverà in piedi e vivrà fino in fondo il senso delle sue convinzioni e cioè che tutti gli uomini sono creati uguali. Ho un sogno: che i miei bambini, un giorno, non saranno giudicati per il colore della loro pelle ma per le qualità del loro carattere…” Queste parole hanno una forza tale che è impossibile non riflettere sul messaggio che racchiudono. Mi piace far mia la frase “Ho un sogno” perché è importante credere che si possa cambiare il mondo che ci circonda, è doveroso credere che non sia il Male a dominare il mondo, ma la voglia di vivere che è dentro ciascuno di noi. Invito anche voi a riflettere su alcune affermazioni di Martin Luter King e a ripensarle rispetto a quello che ogni volta sentiamo nei telegiornali o magari viviamo nel nostro piccolo gruppo di amici, tra compagni di scuola, in famiglia, nelle società sportive, dove si alimenta il nostro sogno di un mondo “in piena luce”. “Alla fine, non ricorderemo le parole dei nostri nemici, ma i silenzi dei nostri amici.”. “Con la violenza puoi uccidere colui che odia, ma non uccidi l'odio. La violenza aumenta l'odio e nient'altro.” Blue eyes Anno 2, Numero 10, Gennaio 2007 www.oratoriosanluigilissone.it Super… coretto! Ciao, ho nove anni e frequento la quarta elementare con discreto successo. Mi piace abbastanza il mio “lavoro” che, come dicono i miei genitori, è quello dello studente. Oltre al “lavoro” però, che svolgo con non poche fatiche, coltivo da sempre la passione per la musica. Fin da piccolo, i miei genitori e Babbo Natale mi hanno regalato ogni sorta di strumento musicale, che però ho solo strimpellato o percosso. La svolta è avvenuta quando, qualche tempo fa, iniziando a frequentare il catechismo, ho conosciuto la mia catechista Paola, che si è rivelata fatta “su misura” per me. Paola mi ha proposto di provare a cantare nel coretto della chiesa, durante la messa domenicale dei bambini, alle dieci; mi ha detto che ogni venerdì sera ci sono le prove, durante le quali si perfezionano le canzoni della domenica e se ne imparano di nuove. Questa idea mi è subito piaciuta e ho deciso di mettere in pratica quanto mi stava suggerendo Paola. Mi ha anche parlato di un corso di chitarra, che ho iniziato a frequentare con entusiasmo e notevoli progressi, come affermano i miei insegnanti Massimo & Massimo. Così, da febbraio, ho cominciato a cantare nel coretto e, siccome mi sono trovato bene, ho continuato; da settembre inoltre, alle prove del venerdì, suono insieme ai “maestri”… ogni tanto mi perdo nel ritmo, ma penso di potercela fare: del resto anche loro continuano ad incoraggiarmi, dicendomi sempre che non importa, siamo lì per imparare! E da dicembre mi hanno detto che potevo iniziare a suonare la chitarra durante la messa delle dieci… non me lo sarei mai aspettato! Per me è stata proprio una bella soddisfazione e sono sicuro che continuerò ad imparare e fare altri progressi. Deca Dal nostro inviato sportivo Gigi e il windsurf Come hai iniziato a praticare questo sport? Sono venuto a conoscenza del windsurf abbastanza tardi, salendo su una tavola per la prima volta verso i diciott’anni, nell’85, quando non era da molto che questo sport cominciava a diffondersi anche in Italia. E’ uno sport relativamente giovane e la sua nascita si deve ad un certo Jim Drake, californiano, che scherzando con un amico surfista ebbe l’idea di montare una vela sulla tavola da surf da onda, per gli SPICCIOLI del San Luigi Pagina 8 [email protected] poter meglio spaziare in mare sfruttando anche le onde più piccole. Dall’idea alla realizzazione il passo fu lungo, ma grazie all’ingegno (ed ad una laurea in ingegneria aerospaziale), Jim riuscì a brevettare il primo sistema di vela snodato (free sail system), manovrabile da un boma a forma ovoidale. Dopo due anni nacque il primo windsurf… letteralmente “surf da vento”. Nessuno però ci sapeva andare e la gente sorrise all’idea, ma dovette subito ricredersi: la cosa piacque talmente che la piccola fabbrica creata per produrre pochi esemplari in poco tempo non riuscì più a soddisfare le crescenti richieste. In Europa la diffusione di questo sport si deve a due olandesi, che fecero ottenere alla ditta Ten Cate la licenza per produrre windsurfer anche nel vecchio continente… ed è proprio in Europa che questo sport attecchisce e si diffonde! Che cosa ti ha spinto a proseguire? Il windsurf è uno sport davvero bello e, una volta superate le prime difficoltà, sa regalare ad ogni uscita fortissime emozioni! E’ uno sport sano, a contatto diretto con la natura, dove è il vento a fare da propulsore: niente motori rumorosi, niente inquinamento, solo il fruscio del vento che increspa l’acqua e quello della tavola che scivola su di essa. E’ una sfida continua con gli elementi, che riesce a rinnovarsi di volta in volta: ogni uscita non è mai uguale all’altra. Cambia l’intensità del vento, la forza del mare…sensazioni uniche! Di bello poi ci sono i bellissimi posti in cui praticarlo e le nuove amicizie con cui condividere le uscite. Quali sono e quali caratteristiche devono avere i luoghi migliori per praticare windsurf? Qui in Europa ha avuto un grande successo grazie al fatto che ci sono molti laghi perfetti per l’apprendimento; in Italia abbiamo la fortuna di avere due dei laghi più famosi per la pratica di questo sport: il lago di Como e (più conosciuto a livello internazionale) il lago di Garda, sedi da sempre di competizioni di livello mondiale. Motivo di tutto ciò è la presenza costante dei venti termici che da primavera ad autunno inoltrato soffiano costanti. I luoghi più famosi a livello mondiale sono Hawwaii, South Africa, Canarie, Brasile, Mar Rosso, Mauritius, Sardegna e Sicilia, ma in generale è perfetto ogni posto dove ci sia vento. Anno 2, Numero 10, Gennaio 2007 www.oratoriosanluigilissone.it Oman o Baja California sono riservati solo ai più radicali ed incalliti! Ci sono scuole per imparare e quali sono quelle più vicine a noi? Ci sono moltissime scuole sparse su tutto il territorio nazionale e in generale in ogni spiaggia attrezzata si può trovare il necessario da noleggiare. In molti villaggi turistici spesso è proposto il corso di windsurf incluso nel prezzo. C’è da dire però che in molte di queste strutture utilizzano materiale obsoleto e non c’è molta professionalità nell’insegnamento: il windsurf si è evoluto tantissimo nell’ultimo decennio. Nuovi materiali hanno ridotto drasticamente il peso delle attrezzature e, con esso, la fatica. Inoltre le tavole dedicate alle scuole sono appositamente studiate per permettere una notevole velocità d’apprendimento e dopo due o tre lezioni si è già in grado di uscire autonomamente. Quindi consiglio di rivolgersi a scuole specializzate, perché il fai da te non sempre funziona! E’ uno sport faticoso? Ci vuole un fisico particolare per praticarlo? Non è assolutamente uno sport faticoso, forse lo era vent’anni fa, quando la tecnologia ancora non aveva risolto alcuni problemi. Oggi è solo una questione di tecnica. Certo, inizialmente, come per qualsiasi altro sport, ci può stare un minimo di sofferenza, ma solo perché si mettono al lavoro fasce muscolari che normalmente non vengono utilizzate. Non occorre un fisico particolare e a dimostrazione di ciò sono in continuo aumento le appassionate del gentil sesso! Ciò che conta veramente è essere ben seguiti ed un’attrezzatura adatta. Ci sono varie specialità? Sì. Nell’immaginario collettivo si pensa al windsurf associandolo ad Alessandra Sensini ed alla sua tavola olimpica, ma la realtà è ben diversa. La classe olimpica non rispecchia il windsurf moderno, che è fatto di salti ed evoluzioni con tavole corte. Del resto per fare questo occorre un minimo di vento e non sempre i giochi olimpici si svolgono in luoghi ventosi! Grazie ai materiali innovativi, il windsurf moderno è rappresentato da due spettacolari discipline: il wave e il freestyle. gli SPICCIOLI del San Luigi Pagina 9 [email protected] Il primo consiste nel surfare e saltare le onde. È altamente spettacolare e si possono eseguire salti incredibili come doppi looping ad altezze impensabili. A tale proposito mi sembra doveroso ricordare che il primo windsurfista che ha eseguito un “salto della morte” è stato l’italianissimo Cesare Cantagalli… (l’Italia si fa rispettare fortunatamente non solo nel calcio). Il secondo si può praticare ovunque ed è una sorta di windsurf acrobatico, simile a quello che si fa con lo snowboard o lo skate. Altre discipline sono il race (con un percorso tra boe, tipo regata) e lo speed (gara di velocità). Quali sono i costi per l’attrezzatura necessaria? I costi sono molto variabili, dipende da quello che si vuole. Diciamo che una volta usciti da un corso, per iniziare ad essere indipendenti si possono spendere dai 500 ai 900 €. Se si ripiega sull’usato (cosa che consiglio almeno per i primi tempi), si può risparmiare qualcosa. I negozi specializzati sono ben forniti e permutano l’usato, per cui è meglio approfittarne finchè non si raggiunge un buon livello. Purtroppo i costi lievitano a causa dei materiali supertecnologici: una tavola in carbonio nuova costa circa 1250 €, una vela 250/400, un albero 200… Però, fatto l’investimento, siete a posto… no giornaliero, no ticket, e il vento è gratis! So che hai raggiunto notevoli traguardi. Mi puoi dire quali sono e quali sacrifici e soddisfazioni hanno comportato? È vero, questo sport mi ha dato grandi soddisfazioni e per alcuni anni mi sono impegnato a livello agonistico, ottenendo discreti risultati. Ho vinto per due volte consecutive il Campionato Freestyle Interlaghi (Garda-Como-Iseo), che è una sorta di circuito nazionale dove tutti i migliori rider si confrontano. Sono stato campione italiano nel 2000, campione italiano a squadre nel 2002 e ho partecipato per alcuni anni al circuito di coppa del mondo, ottenendo discreti piazzamenti (due tredicesime posizioni ai campionati mondiali). Sacrifici direi pochi, allenarsi immersi nella natura, praticando lo sport che si ama in posti bellissimi che sacrificio è? Penso sia peggio per chi si allena duramente in palestra o chi si fa migliaia e migliaia di vasche guardando il fondo di una piscina. Anno 2, Numero 10, Gennaio 2007 www.oratoriosanluigilissone.it Quello che forse ho trascurato un po’ sono gli affetti, la vita sentimentale, il lavoro… ma al richiamo del vento non si resiste! Purtroppo, essendo condizionato dal vento, è uno sport poco programmabile… ma il bello del windsurf è anche la ricerca delle condizioni ideali, l’attesa, la natura che ti sa sempre sorprendere. Bene, credo di aver detto tutto e spero di vedere presto molti di voi in acqua a divertirsi! Links utili: Scuole: Lago di Como: www.tabosurf.com; Lago di Garda: www.surfsegnana.it; www.vascorenna.com Per saperne di più: www.surftribe.it; www.windcam.com; www.windsurfitalia.it Video: www.continentseven.com; www.pwaworldtour.com Cip & Ciop Racconta la tua vacanza Vive la France! Le vacanze io le ho trascorse in Francia, visitando dei luoghi bellissimi. Ho visto villaggi e cattedrali, musei zeppi di opere d’arte e antichità, ho fatto magnifiche passeggiate tra fitti boschi e pacifiche campagne, ma il posto che mi è piaciuto di più è stato Disneyland Paris. Abbiamo fatto il biglietto con l’ingresso per tre giorni, perché il parco è talmente grande e ci sono un sacco di cose da fare e da vedere. Per darvi un’idea del posto, vi dirò che è una specie di Gardaland, più bello e più vasto, e tutte le attrazioni sono sul tema dei personaggi e delle storie di Disney: per il parco si vedono passare Minnie, Pluto, Pinocchio, Peter Pan, Tarzan, ecc., ci sono parate musicali e, quando viene buio, la Parata Elettrica e i fuochi artificiali… I personaggi si lasciano fotografare insieme ai visitatori e se vuoi ti fanno anche l’autografo, su un libretto apposta che si compra in uno dei tantissimi negozi. Ci sono anche parecchi ristoranti e bar a tema dove si può mangiare, circondati dai personaggi preferiti: il villaggio del Far West, la base spaziale, l’isola dei pirati… gli SPICCIOLI del San Luigi Pagina 10 [email protected] Anno 2, Numero 10, Gennaio 2007 www.oratoriosanluigilissone.it E un’infinità di giostre bellissime che ti portano “dentro” alle favole più famose, con vagoncini, barchette, navicelle… A me sono piaciute soprattutto quella dei pirati e quella del “Mondo Piccolo”. Nella giostra dei pirati si attraversa un sotterraneo e si sale su un vagoncino che segue un avventuroso percorso, con tanto di battaglie, assalti e sosta all’isola del tesoro, mentre nel “Mondo Piccolo” una barchetta ti accompagna a conoscere usi e costumi di tutto il mondo. Ci sono dei pupazzetti che ballano e la musica è “adattata” a seconda delle nazioni che si incontrano. Nel “Mondo Piccolo” ho fatto un sacco di giri e ogni volta scoprivo particolari che nel precedente non avevo notato. Mi è proprio spiaciuto quando siamo dovuti ripartire per tornare a casa; non volevo più venire via, perché mi sono proprio divertito tanto e sarei rimasto lì ancora per un mese intero. Fungo Velenoso Attenti al lupo! Anche noi siamo stati in Francia, per visitare un parco dove vivono in libertà alcuni branchi di lupi. Dicono che il periodo migliore per visitare questo posto sia l’inverno, perché con la neve la pelliccia dei lupi diventa più folta e poi è possibile vederli meglio perché c’è meno vegetazione. Però, dato che ci sono delle torrette di osservazione, abbiamo potuto comunque ammirare questi magnifici animali e i loro cuccioli. Il Parco si trova nel centro della Francia, sul Massiccio Centrale, che è un altopiano coperto di foreste. In questo Centro i lupi vivono indisturbati e la presenza dell’uomo è ridotta al minimo, proprio per non interferire con l’equilibrio naturale: possono riprodursi e procurarsi il cibo in santa pace (quando gli animali di piccola taglia scarseggiano, però, i guardiani lasciano delle carcasse di mucche o capre nelle loro zone di caccia) e sono seguiti da veterinari specializzati che controllano con discrezione la loro salute (sono tutti esemplari protetti). Anche da lontano si sentono i loro ululati, soprattutto al tramonto e di notte. Il Parco è delimitato da una recinzione metallica, che protegge sia i lupi che i visitatori; qua e là ci sono punti di osservazione e se si ha tempo e pazienza si possono imparare un sacco di cose interessanti su questi superbi animali. Per esempio che sono genitori molto affettuosi e pazienti, che amano giocare tra di loro e che hanno un’organizzazione sociale molto articolata; che sono monogami, cioè quando si scelgono un compagno se lo tengono per tutta la vita, e che sono animali molto intelligenti. Come tutti gli animali selvatici cacciano solo per procurare il cibo per sé e i loro piccoli e non è affatto vero che sono belve malvagie e sanguinarie. I lupi sono piuttosto timidi e difficilmente aggrediscono l’uomo: per difendersi preferiscono fuggire e le storie fantasiose di branchi che attaccano chi si avventura nei loro territori sono solo… storie! Forse, in passato, quando questi animali erano molto più numerosi, è possibile che si verificassero attacchi da parte di branchi affamati, ma secondo noi tutte le dicerie che si sono create attorno ai lupi hanno origine dalla paura che l’uomo nutre nei confronti di quello che non conosce bene… rinfocolata magari dall’odio dei contadini che vedevano nel lupo una minaccia per le loro greggi. Il lupo è un animale misterioso e affascinante, che da sempre ha alimentato la fantasia popolare, ispirando centinaia di leggende. Ancora oggi si dice “feroci come lupi”, nelle favole il lupo è sempre cattivo, nel Medioevo addirittura è nata la fola dei lupi mannari, che nelle notti di luna piena andrebbero in giro alla ricerca di vittime da mordere. Ma osservando il bellissimo muso di questi animali, il loro sguardo intelligente e il loro comportamento nel branco, abbiamo potuto renderci conto di quanto siano false queste affermazioni. I lupi sono creature splendide, in grado di insegnarci molte cose. Canis Maior & Loony Moony gli SPICCIOLI del San Luigi Pagina 11 [email protected] Anno 2, Numero 10, Gennaio 2007 www.oratoriosanluigilissone.it Ogni mia parola… 21 gennaio, s. Agnese Una dodicenne uccisa per la sua fede, patrona delle ragazze Negli oratori della diocesi, a fine gennaio si celebra la settimana dell’educazione, nella quale tutti quelli che sono impegnati in oratorio con un compito di servizio si fermano dal loro “fare” per ritrovarsi insieme a “stare”, per conoscersi e per riscoprire il sapore buono di quello che stanno facendo per gli altri. Ma anche per le famiglie, i giovani e i ragazzi è un momento bello: si festeggiano due persone sante, che la tradizione ha voluto come protettori dei più giovani delle comunità cristiane. Sono santa Agnese, e san Giovanni Bosco. Oggi vorrei raccontarvi la storia di santa Agnese. Agnese nacque a Roma da genitori cristiani, appartenenti ad illustre famiglia patrizia, nel III sec. Decise di donarsi tutta intera al Signore (come una specie di suora, ma le suore non esistevano ancora). Per questo amava custodire la sua persona e il suo corpo, senza troppo mostrarlo scoperto. Non le piaceva girare con l’ombelico di fuori o con le gonne troppo corte, insomma… Quando era ancora dodicenne, scoppiò una persecuzione e molti furono i cristiani che, per aver salva la vita, abbandonavano la fede. Agnese rimase fedele a Gesù, e questo le costò la sua giovane vita. Il figlio del prefetto di Roma si era invaghito di lei, ma era stato respinto dalla ragazza, che voleva mantenere fede al suo voto di verginità. Furioso per il suo rifiuto questo giovane denunciò Agnese come cristiana, perché voleva fargliela pagare. Per questo, lei che non amava mostrare troppo il suo corpo, fu esposta tutta nuda al Circo Agonale, un luogo di piazza Navona riservato alle pubbliche prostitute – povera Agnese – proprio tra quelle donne che trattano il loro corpo come una cosa e lo mostrano a tutti. Si dice anche che un uomo cercò di avvicinarla e cadde morto prima di poterla sfiorare. Miracolosamente però, per intercessione della santa, riprese vita, scappando intimorito. Gettata nel fuoco, questo si spense per le sue preghiere. Allora fu trafitta con un colpo di spada alla gola, nel modo con cui si uccidevano gli agnelli. Per questo nelle rappresentazioni o nelle immagini, questa santa è raffigurata spesso con una pecorella o un agnello tra le braccia, simboli della purezza e del sacrificio. La principessa Costantina, figlia di Costantino il Grande, fece erigere in suo nome una chiesa sulla via Nomentana, a Roma, dove ogni anno, il 21 gennaio, due agnelli allevati da religiose vengono benedetti e offerti al papa perchè dalla loro lana siano tessute le bianche stole dei patriarchi e dei metropoliti del mondo cattolico (è quella specie di sciarpa bianca, chiamata “pallio”, che porta il anche il Papa sopra gli abiti della messa). È patrona delle giovani, dei Trinitari, dei giardinieri, degli ortolani e protettrice della purezza. La data della morte non è certa, qualcuno la colloca tra il 249 e il 251 durante la persecuzione voluta dall'imperatore Decio e ordinata dal prefetto di Roma Sinfronio, altri nel 304 durante la persecuzione ordinata da Diocleziano. Con simpatia e ammirazione grande per il coraggio di questa ragazza, affidiamo a Lei le ragazze e le giovani dei nostri oratori, e impariamo a scoprire la bellezza della virtù della purezza, che rende le nostre persone e i nostri corpi belli e preziosi. don CBC Special Guest I Vigili del Fuoco Quando si pensa al corpo dei Vigili del Fuoco la prima immagine che viene in mente è quella di un camion rosso fiammante che attraversa le vie della gli SPICCIOLI del San Luigi Pagina 12 [email protected] città, coi lampeggianti blu e le sirene spiegate, per portare soccorso dove si è verificata un’emergenza, un incendio, un incidente grave. Oppure quella delle scale estensibili che raggiungono altezze da brivido, mentre gli idranti creano uno scudo d’acqua tra il fuoco e il resto del mondo. Ma il mondo dei Vigili del Fuoco non è popolato solo da autopompe e maschere antigas: è animato e gestito da uomini che, quotidianamente, prestano il loro prezioso servizio con competenza, professionalità e coraggio. Uomini che, per dedicarsi a questa delicata attività, seguono un’accurata preparazione, motivati da ideali ad alto valore umano e sociale: primo fra tutti quello della solidarietà. Nel Distaccamento di Lissone (attivo da più di novant’anni) questi valori sono particolarmente radicati, in quanto tutti i suoi componenti sono esclusivamente volontari. I pompieri hanno da sempre nel nostri cuori una posizione di assoluto privilegio, accompagnata da un’ammirazione e un affetto particolari: sono gli uomini che arrivano là dove non osa nessun altro, che non esitano ad affrontare situazioni di grave pericolo, arrivando a sacrificare addirittura la loro incolumità, per portare aiuto a chi è in difficoltà. E tutto questo con discrezione, umiltà, grande senso del dovere. Ci è sembrato quindi doveroso dedicare la nostra rubrica a queste persone e alla loro scelta di fare un volontariato tanto speciale. Abbiamo chiesto al Responsabile di Distaccamento Matteo Tedeschi il permesso di visitare la loro caserma e la risposta è stata immediata ed generosa: ci hanno accolto con grande entusiasmo, accettando di buon grado di soddisfare la nostra curiosità. Ci ritroviamo perciò davanti al portone del Distaccamento di Lissone: Deca, Mr. Ghitar, Elpi, Blue-eyes, Aivlis, Tito, più altri amici de “gli Spiccioli”, impazienti ed eccitati all’idea di vedere la “casa” dei pompieri e scoprire cosa succede quando arriva una chiamata di soccorso. Anno 2, Numero 10, Gennaio 2007 www.oratoriosanluigilissone.it I Vigili del Fuoco ci danno il benvenuto con una breve presentazione della squadra (che comprende anche un elemento giovanissimo: appena vent’anni!) e dei mezzi in dotazione: due autopompe e un carrofiamma (attrezzato per intervenire negli incidenti stradali, crolli, terremoti, infortuni sul lavoro); al distaccamento ultimamente si è aggregata un’unità cinofila, cioè un vigile con un cane che sta addestrando per la ricerca delle persone disperse (utilissimo, per esempio, in caso di crolli). Passano poi a mostrarci il centralino o, meglio, la Centrale Operativa, spiegando dettagliatamente come funziona e cosa si fa quando arriva la chiamata. Abbiamo capito che il coordinamento generale viene effettuato dalla caserma di Monza e che il Distaccamento di Lissone interviene su zone specifiche, attribuite secondo un ordine di priorità d’intervento. Il vigile Marco ci spiega come vengono indirizzate le chiamate e anche il sistema, molto semplice ma estremamente efficace, per raggiungere le vie di tutti i Comuni di competenza nel minor tempo possibile. Ci spiega anche che quando si chiamano i VVF è essenziale dare tutte le informazioni possibili al centralinista (dove ci si trova, a che piano, se ci sono persone coinvolte, se ci sono le uscite bloccate, ecc.), perché questo permette di organizzare adeguatamente i soccorsi e non perdere tempo prezioso. Passiamo poi a scoprire le meraviglie del carrofiamma e della autopompa: tredici paia d’occhi brillano come e più di un incendio… così, mentre il Responsabile di Distaccamento risponde alle nostre domande, gli uomini della squadra mostrano ai nostri redattori più giovani le attrezzature di dotazione (autoprotettori, gruppo elettrogeno, lampade, cesoie, idranti, lance, ecc.), permettendo addirittura ai nostri amici di azionare la sirena. Alcuni vigili ci mostrano poi come si utilizza il palo, cioè la pertica per la discesa rapida dalle camerate al pianterreno: scendono veloci come razzi, strappandoci un applauso. Poi, dopo averci fatto provare i DPI (sigla tecnica che sta per gli indumenti di protezione come giacca, pantaloni, guanti, ecc. e l’ambitissimo elmetto) i pompieri ci offrono una bibita e lasciano a disposizione dei più piccoli il calcetto della loro sala ritrovo. gli SPICCIOLI del San Luigi Pagina 13 Anno 2, Numero 10, Gennaio 2007 [email protected] www.oratoriosanluigilissone.it A questo punto entrano in campo Matteo e Marco… Quali e come sono suddivise le varie mansioni? Quali sono i compiti dei VVF? Anche se tutti sanno fare tutto, quando si esce per un intervento ognuno ha un compito preciso, codificato da procedure che vengono continuamente “ripassate”, perché non ci devono essere incertezze o imprecisioni, che potrebbero essere d’intralcio alle operazioni di soccorso. I compiti vengono poi suddivisi nelle squadre a seconda delle necessità. E’ un’organizzazione che permette di essere sempre al massimo dell’efficienza. Una mansione specifica è quella dell’autista, che ha la responsabilità di portare l’equipaggio sul posto d’intervento e quella della gestione del mezzo sul posto, tenendo i contatti con la centrale. Il compito trincipale dei VVF è di prestare soccorso tecnico urgente; questa definizione comprende incendio, salvataggio animali, soccorso a persona (in caso di crolli, terremoti), incidenti stradali, infortuni sul lavoro, verifiche stabilità e assistenza generale a livello di bisogni (recupero oggetti caduti in posti difficili da raggiungere, apertura appartamenti, ecc.). Quali sono i requisiti indispensabili per diventare un buon VVF? La passione. Innanzitutto a questo mestiere devi volere bene. Tantissimo. Ci devi credere fino in fondo. Ed è importante che la passione continui nel tempo, non si spenga mai. E’ un mestiere che affascina: la cosa più importante è avere sempre la consapevolezza che ti stai dando da fare per gli altri. Poi la formazione, che è quella che ti permette di affrontare le situazioni in condizioni di massima efficienza e sicurezza, per te e per gli altri. In cosa consiste e come si svolge l’addestramento? L’addestramento è la base per acquisire e mantenere la professionalità e l’allenamento. Nell’attività di vigile del fuoco è fondamentale e poggia su teoria, esperienza e pratica. La teoria si apprende durante il corso; la esperienza si acquista man mano, con gli interventi; con l’allenamento (montare e smontare le scale, simulare manovre) si punta invece a far diventare automatici certi gesti, in modo da poter concentrare tutta l’attenzione sull’ambiente in cui si interviene che, essendo sconosciuto, presenta maggiore criticità. Un buon addestramento permette di concentrarsi totalmente sul pericolo. Come è organizzata la caserma? Ci sono momenti dedicati alle esercitazioni, al controllo dei mezzi e delle dotazioni di bordo, altri alle pulizie, altri ancora a lavori di segreteria, statistiche, ecc. Nei momenti di attesa, ci si rilassa guardando la TV, chiacchierando, leggendo… Come si svolge la giornata “tipo”di un VVF? Dato che in questo distaccamento siamo tutti volontari, direi che più che di giornata tipo si può parlare di serata tipo: durante il giorno ciascuno ha la sua attività e va normalmente a lavorare. Se però arriva la chiamata dobbiamo lasciare quello che stiamo facendo per raggiungere il distaccamento. Abbiamo cioè la reperibilità e cinque minuti per arrivare in caserma. Tutte le squadre montano alla sera; ad ogni cambio di turno si fa la verifica del mezzo. Poi, se non ci sono altre attività pianificate… si aspetta! Bisogna essere molto coraggiosi per affrontare rischi d’ogni genere… non vi capita mai d’avere paura, o di pensare di non farcela in situazioni particolarmente difficili? E’ normale avere paura: tutti ne hanno, soprattutto all’inizio. Con il tempo e l’esperienza però, si impara a gestirla, soprattutto quella porzione che ti fa avere reazioni sbagliate, istintive. Con un buon addestramento riesci a tenerla sotto controllo. E’ importante però che rimanga la capacità di provare un minimo di paura, perché questo impedisce di diventare incoscienti e di sentirsi invulnerabili. gli SPICCIOLI del San Luigi Pagina 14 Anno 2, Numero 10, Gennaio 2007 [email protected] Quando ci si sente troppo sicuri di sé si corre il rischio di fare le cose con superficialità, e questo noi pompieri non possiamo permettercelo. Qual è il tipo di intervento che vi crea maggiori preoccupazioni? www.oratoriosanluigilissone.it nostri figli che, sostenendo il peso delle nostre assenze, ci consentono di dedicarci a questo servizio. Ma l’impegno è grandemente ripagato da enormi soddisfazioni: non c’è niente di più gratificante dell’aiutare chi si trova in pericolo. Preoccupazioni ne abbiamo sempre, prima fra tutte quella di portare a casa la vita, nostra e di chi soccorriamo. Sicuramente gli interventi che ci creano maggiori preoccupazioni sono quelli col gas. Abbiamo strumenti che misurano il volume di esplosione, ma il gas è un elemento che ha moltissime variabili e questo crea non pochi problemi. Cosa significa “cultura della sicurezza” e come si può diffondere? La sicurezza negli ambienti pubblici e nei luoghi di lavoro è regolamentata da precise disposizioni legislative, che prevedono sanzioni anche penali in caso di inadempimento. Nelle scuole, già da tempo, si fanno esercitazioni per fronteggiare particolari eventi (prova di evacuazione per incendio, simulazione emergenza per terremoto, comprensione della cartellonistica). Questo, già da sé, è un buon approccio alla cultura della sicurezza: si comincia a capire ed imparare che certi comportamenti sono corretti ed altri no. E’ impossibile diffondere un decalogo delle “cose da fare in caso di…”, perché la valutazione degli eventi è una cosa troppo complessa per essere riassunta con qualche regoletta. E’ importante però sapere le cose da non fare, come giocare coi fiammiferi, buttare acqua su impianti elettrici, avvicinare al fuoco oggetti infiammabili, lasciare candele accese incustodite, ecc. Un suggerimento sempre valido è: in caso di necessità chiamare i pompieri! C’è qualche consiglio particolare che vorreste rivolgere ai nostri lettori? Ai genitori diciamo: mandate i vostri figli a fare i pompieri! La nostra storia deve continuare. Quando si faceva il servizio militare, il ricambio era garantito dagli ausiliari, che poi decidevano di restare anche a servizio assolto. Oggi non è più così e la continuità è affidata solo a chi sceglie questa forma di volontariato. E’ un tipo di volontariato molto impegnativo, soprattutto per chi ha famiglia: fra noi diciamo sempre che i primi volontari sono le nostre mogli e i Condividiamo pienamente questa considerazione. E ringraziamo gli amici Alessandro, Domenico, Gabriele, Giuseppe, Marco, Marco (Ruffy), Matteo, Michele, Paolo, Sergio, Tino e Zaverio del Distaccamento di Lissone per l’ospitalità e la disponibilità dimostrata e per l’insostituibile servizio che ogni giorno svolgono per noi. Tonks Relax ! Sapete qual è l’indumento più impertinente? Il fazzoletto, perché prende tutti per il naso! Dove si producono i maglioni? Nei campi da golf! Identi-where Sapreste dire dove si trova il particolare architettonico raffigurato nella fotografia? Per aiutarvi vi daremo un paio d’indizi: fa parte di un edificio di Lissone che si trova nei pressi della stazione. E se proprio non riuscite ad indovinare, troverete la soluzione il mese prossimo! Klein Wolf Al mese prossimo!