M
ichael
VIII, N. 1
Marzo 2011
Anno
Bollettino dell’Associazione M ic h a el per la Pedagogia terapeutica
VIA G. A PRATO, 11 - 38100 TRENTO - TEL. 0461.921864
[email protected] - www.associazione-michael.org.
Direttore responsabile: Cinzia De Salvia – Realizzazione e stampa: Edizioni Nerbini - Prohemio Editoriale srl, Firenze
Autorizzazione del Tribunale di Trento n. 1131 del 19 aprile 2002
“
S
ulla spiaggia, all’alba, un vecchio nota lontano davanti a lui
un giovane che raccoglie delle stelle di mare e le ributta in acqua.
Incuriosito lo raggiunge in fretta e gli chiede il perché di questo strano
modo di fare. Il ragazzo spiega che le stelle di mare scaraventate
dalle onde ed arenate sulla spiaggia in mezzo a tanta sabbia, sono destinate
a morire se rimangono esposte al gran sole del mattino. “Ma la spiaggia
si estende per chilometri e di queste bestiole ce ne sono migliaia, non vedo
come puoi cambiare tutto” – esclama l’altro. Il giovane, allora, guarda
la stella di mare che tiene
nel palmo della mano, poi la lancia
nelle onde e gli risponde: “Per questa, ad ogni modo,
cambia tutto”.
”
Caro Pietro,
ci hai inviato questo racconto. Ordinato, curato,
scritto bene! Ti sei impegnato e il risultato si vede.
Il risultato di molti mesi di sforzo. Per te, è cambiato tutto.
Così tutto cambia per chiunque si impegna ogni giorno,
nonostante la fatica.
Grazie.
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Chi siamo:
uno sguardo al presente per parlare di futuro
L’ASSOCIAZIONE MICHAEL opera a Trento dal 1995. Sostiene i genitori nel loro ruolo educativo e dà loro strumenti per gestire al meglio i
propri figli sani, con disagio o con handicap.
In caso di handicap guida la famiglia affinché la quotidianità
divenga occasione e impulso di sviluppo e di crescita per il figlio in
difficoltà e per l’intero nucleo familiare; offre percorsi terapeutici e
coinvolge il genitore in un mirato lavoro pedagogico terapeutico.
Anche per ragazzi che presentano difficoltà di comportamento, di
attenzione, di apprendimento, dislessia, disgrafia, discalculia coinvolge il genitore nel lavoro terapeutico individualizzato di sostegno al
ragazzo.
Con alcune famiglie il lavoro si conclude dopo pochi incontri. Altre
vengono seguite per uno o due anni. Se la richiesta di aiuto è tempestiva, sarà più facile stabilire un sano equilibrio ed evitare ulteriori
complicanze.
Ciò vale anche per i bambini portatori di handicap, con i quali è
preferibile iniziare il lavoro fin dai primi mesi di vita o non appena i
sintomi si evidenziano. Con questi ragazzi il lavoro non termina, ma
si trasforma. Li accompagniamo, infatti, in ogni loro tappa evolutiva
sempre con un unico intento: far sì che l’individualità sviluppi al massimo le sue potenzialità e qualità al fine di conferirle dignità e di permetterle un reale inserimento sociale presente e futuro. Perché ciò
avvenga, anche i genitori necessitano di costante aiuto: devono essere
accompagnati per crescere assieme ai loro figli, per imparare a guidarli ma anche a lasciarli diventare grandi. È necessario trasformare abitudini, linguaggio, modalità di interazione che, se permangono inva-
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w-w-w-w-w-w-w-w-w-w-wriati, da buoni che potevano essere ad una età precedente, diventano
poi ostacolo alla crescita e ad una maggiore autonomia.
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Oltre ai periodici incontri con la famiglia organizziamo, al bisogno, soggiorni con piccoli gruppi di ragazzi. L’intento è di esercitare
adeguate interazioni con coetanei, sviluppare autonomie, concentrazione, manualità... Prima del rientro in famiglia si condividono con i
genitori, attraverso colloqui, motivazioni e strategie per il mantenimento e il consolidamento dei traguardi raggiunti. Ne derivano nuovi
impulsi di crescita e di trasformazione del vivere assieme.
Per i ragazzi più grandi abbiamo organizzato brevi soggiorni con
attività pratiche, oltre che artistiche e ricreative, in preparazione delle
richieste di una futura formazione professionale.
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Siamo ora giunti al punto in cui la nostra offerta non può più
ampliarsi se non con una svolta significativa.
Alcuni ragazzi sono ormai giovani adulti, altri lo stanno per diventare e necessitano di un contesto di vita al di fuori dell’ambito familiare. Hanno bisogno di trovare il proprio posto fra altri adulti e fra
coetanei, di inserirsi nel mondo ed essere apprezzati per quello che
sono in grado di fare per gli altri.
In questa direzione vanno i nostri pensieri e progetti rivolti al futuro: creare una comunità di vita e di lavoro, atta all’inserimento temporaneo di ragazzi in difficoltà e all’inserimento permanente di adulti
portatori di handicap.
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Il calore di ognuno sarà importante nella realizzazione di tale intento.
Le vostre donazioni e la destinazione del 5x1000
saranno aiuti preziosi.
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Quando si presentano difficoltà nello
sviluppo del linguaggio, prendiamo
vagamente coscienza di quale dono è
la parola! Altrimenti, a questa meraviglia, vi abbiamo fatto l’abitudine.
Solo l’essere umano parla. L’essere
umano soltanto è in grado di comunicare, di esprimere ad altri quello che
vive nel suo cuore. “Dall’abbondanza
del cuore, parla la bocca” dicevano gli
antichi.
Gli animali emettono suoni, richiami,
grida. Sono segnali, sistemi di informazione chiari ed univoci. Possiamo
osservare che la loro fisicità è perfezionata, condotta ad un grado di elevata compiutezza e massimamente
adattata all’ambiente in cui vivono: la
talpa possiede zampe perfette per scavare gallerie, l’uccello ali per volare, il
castoro incisivi possenti e ricurvi e
coda a spatola indispensabili per
costruire dighe e tane. Gli animali,
nelle loro specificità, sono più specializzati di noi. In loro tutto è compiuto. Ed essi si comportano in modo
determinato e conforme alla specie.
L’uomo non è dotato di artigli, ali o
pinne, non ha la vista acuta del falco
né l’odorato sopraffino del cane. In
lui le forze formatrici non si sono
esaurite nella conformazione e specializzazione fisica, ma sono state in
parte risparmiate, sono a disposizione
per la formazione del linguaggio. Perché questo avvenga l’essere umano
neonato ha bisogno di persone che si
rivolgano a lui col calore del cuore, ha
bisogno di vivere in un ambiente permeato di linguaggio. La ninna nanna
scuola-scuola
o
scuola di vita
1
“Un bimbo su sei non parla a due
anni. Colpa della TV e dello stress”
titola così un quotidiano.
Una ricerca inglese, peraltro
confermata dall’esperienza italiana,
evidenzia un ritardo del linguaggio,
non in presenza di deficit uditivo o
altre patologie, in sempre più bambini.
Potrebbe contribuire a spiegare tale
fenomeno – continua l’articolo – la
mutata relazione genitore-bambino,
l’aumento degli stimoli, le aspettative
di mamma e papà. “Non
dimentichiamo che i bambini agiscono
per imitazione: camminano se vedono
altre persone farlo, parlano per ripetere
i suoni emessi dai genitori. Anche per
imparare a parlare, la TV può avere
un impatto negativo, nonostante
qualcuno pensi il contrario. Si tratta
di un ascolto passivo, molto meglio
l’interazione che si stabilisce tra
bambino e adulto, magari aiutata da
un libretto, da una filastrocca, da una
canzone”.
Tratto da “D -Repubblica”
20.01.2010
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serale cantata dalla mamma o dal tutto… L’intima essenza delle persone
papà, le parole piene d’amore che che gli stanno intorno, i loro pensieri
accompagnano i gesti quotidiani, le e sentimenti lo compenetrano e lo
canzoncine che ritmano i momenti plasmano. Per i primi mesi di vita l’indella giornata e poi le filastrocche contro con le persone che si occupano
delle nonne e i piccoli racconti… di lui, le cure quotidiane, la percezioTutto questo è indispensabile per atti- ne delle varie stanze dove trascorre il
vare nel bambino lo sviluppo del lin- suo tempo e le passeggiate sono più
che sufficienti.
guaggio.
Generazione Touch viene chiamata Quando mamma e papà lo prendono
dagli esperti l’ultima generazione, i in braccio, per il piccolo la vita divenbimbi da 0 a 3 anni. Bimbi Hi-tech ta una delizia: c’è un mondo intero da
che hanno l’Ipad come ciuccio; bibe- esplorare! L’opinione secondo la quale
ron e pc. Bimbi che si destreggiano i lattanti hanno bisogno per il loro
nella tecnologia: toccano, sfiorano sviluppo di giocattoli cosiddetti pedaqua e là a casaccio, trovano il punto gogici è del tutto inutile e, dal mio
punto di vista, persino dangiusto e il congegno si accende: un mini-mondo tecnolo- scuola-scuola nosa. Come è assurdo
appendergli davanti al naso
gico “a misura di bambino”.
o
Ne esce un’immagine poco scuola di vita una sbarra di plastica munita di strani giocattoli, quanrassicurante che ci porta a
riflettere su quanto il nostro stile di do si presume che si annoi! Prima di
vita si stia allontanando da ciò che è ogni altra cosa il bambino deve giocasano ed essenziale per lo sviluppo del- re con le dita delle mani e dei piedi,
l’essere umano, tanto da ostacolare fin provare a girarsi, toccare il lenzuolo e
dai primissimi anni di vita la normale la coperta, tirare la manica del pigiamino…
acquisizione del linguaggio.
Quando il bambino riesce a sedersi e
comincia a gattonare, vuole esplorare,
Karin Neuschutz nel suo libro Bambini e bambole descrive in modo afferrare, mettersi in bocca e assaggiamolto concreto le cose di cui il bam- re tutto. Allora gli possiamo dare cucbino piccolo ha bisogno nei primi due chiai di legno da cucina, barattoli,
scatole… non occorre sempre cercare
anni di vita.
«Al neonato il mondo appare come un delle novità, spesso un oggetto famisogno. Egli riposa fiducioso, dipende liare può apparire in una luce del
completamente da noi e accoglie il tutto nuova in un’altra stanza. Oppucalore e le cure che gli offriamo. Colo- re possiamo cambiare un cucchiaio di
ri, luci, suoni, movimenti e odori, legno con il quale ha giocato a lungo
assieme con il latte, rappresentano il con un altro leggermente diverso. Egli
suo nutrimento. Il neonato accoglie rimarrà affascinato dal fatto che il
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cucchiaio si sia modificato. Ricevere linguaggio ha i suoi confini da esplocontinuamente oggetti nuovi e scono- rare e, quando la bocca si muove in
libertà, qualche volta riesce a pronunsciuti può invece risultare stancante.
Quando il bambino piccolo si alza da ciare vere parole, altrimenti è solo un
terra e cammina, le spalle e le braccia, cicaleccio. Così esercita il suono e la
prima impegnate nella posizione a melodia del linguaggio. Ora il bambicarponi, si liberano. Ora tiene la testa no prova i suoni e le parole ed è venueretta e percepisce di essere simile alle to il momento di nutrirlo con le parole divertenti di cui ognuno di noi dialtre persone che vanno e vengono.
Non appena si sente un po’ più saldo spone e che sono il giocattolo più a
sulle gambe, vive la sua nuova realtà buon mercato.
come un gioco; accenna a piccoli passi Ad un bambino di tre anni luccicano
di danza e a saltelli. La sua gioia di gli occhi quando cavalca sulle nostre
poter seguire i genitori da una stanza ginocchia al ritmo di “Cavallino, trotta trotta!”. Il contenuto delle
all’altra è grande e imita le
filastrocche, che a noi appaloro azioni. Sono tante le
scuola-scuola
re talvolta strambo o anticose interessanti che succeo
dono in casa! Interesse signi- scuola di vita quato, non conta molto per
lui che sente soprattutto il
fica appunto “essere fra”. Ed
è per questo che il bambino piccolo ritmo e la rima. I versetti buffi lo affavuole mettere il naso fra quello che scinano e li impara a memoria con
l’adulto sta facendo; la sua attività facilità. Il tragitto dall’asilo a casa, a
preferita consiste nell’aiutare in tutto. volte così faticoso, diviene più leggero
Il bambino ama i propri genitori e se, mentre camminiamo, mettiamo in
vuole assomigliare alla mamma e al rima tutto ciò che ci capita sott’occhio, se marciamo al ritmo di “Un,
papà, per questo li imita…
Il bambino impara gradualmente a due, tre, la Peppina fa il caffè”…».
dominare movimenti sempre più
complessi, tenta persino di volare e si Un bel libro che ci permette di trovameraviglia se cade. Fa capriole, vuole re tanti piccoli tesori, preziosi!
stare in piedi sulla testa, rotola giù per Non è dalla tecnica che il bambino
il pendio erboso, si dondola sull’alta- può ricevere le basi per lo sviluppo e
l’educazione. In un mondo a misura
lena.
La capacità di parlare si sviluppa in di bambino, la tecnica può aspettare.
parallelo col progresso delle facoltà
PIA FERRARI
fisiche. Le prime parole, articolate a
fatica, coincidono con i primi passi
incerti. Appena sa correre e saltellare il
bambino inizia a mettere in rima, a
cantare e a recitare buffi versetti. Il
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Nello sforzo di rendere concreto il
nostro parlare, di fare frasi brevi, di
usare poche frasi secondarie, di descrivere immagini, situazioni, stati d’animo possiamo creare un ponte reale fra
noi e la persona portatrice di handicap ed avere uno scambio alla pari
senza abbassarci entrambi ai soliti luoghi comuni e vuoti infantilismi.
Tale sforzo, indispensabile per dar
loro accesso ad argomenti di cultura e
di crescita, non ha valore solo per
loro, ma per noi stessi perché ci induce a fare i primi passi per sviluppare
ed esercitare un pensare per immagini.
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Si può parlare di un lento inaridimento e di una crescente astrazione del
nostro linguaggio.
In altri tempi non era così. Ogni
parola era in diretto collegamento col
suo significato, ne evocava chiaramente l’immagine, oppure l’impressione
che se ne riceveva.
Oggi, in particolar modo, i nostri
sostantivi sono sempre più simboli
vuoti, privi di vita immaginativa, privi
di sentire. Sono diventati gusci vuoti,
pure convenzioni, avulse dal significato che attribuiamo loro.
Un po’ meno gli aggettivi che ci permettono ancora di sperimentarne la
qualità.
Meglio ancora i verbi!
Un esempio pratico: se dico “il germoglio” nessuno è in grado di raffigurarselo. Ogni pianta ha il suo… Ma se
invece dico “germogliare”, ognuno
può raffigurarsi qualcosa che germoglia e che cresce.
Ritrovare l’immagine dietro al nostro
parlare, ritornare alla raffigurazione
immaginativa di quanto esprimiamo è
ora compito dell’umanità. I ragazzi con
problemi intellettivi ce ne indicano la
via. Per loro infatti nessun argomento è
precluso o troppo difficile. È la forma
con cui noi lo esprimiamo che può
creare loro una
scuola-scuola insormontabile
barriera alla como
prensione
e partescuola di vita
cipazione.
ELENA NARDINI
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Sottovoce
“
Che fatica farlo parlare!
Poesie ci accompagnano durante tutto il ciclo dell’anno: le impariamo, le recitiamo con gesti, una riga oppure una strofa per ciascuno, fino a che ognuno di noi
è in grado di dire il tutto.
Il canto allieta il lavoro e ci mette in sintonia con le stagioni.
Poi c’è il racconto di esperienze vissute…: un fil di voce che quasi non si
sente… riuscire ad esprimersi in modo comprensibile richiede un grande lavoro,
tante ripetizioni, pazienza.
I risultati ottenuti sono uno stimolo per continuare. Il lavoro al linguaggio e
all’espressione verbale rimane fondamentale per Carlo che ha già 14 anni. Parlare
in modo chiaro, farsi comprendere è alla base di ogni interazione sociale e anche
di ogni apprendimento. Per scrivere correttamente devo infatti essere in grado di
pronunciare bene.
Come motivarlo ulteriormente ed ottenere la sua massima collaborazione?
Ma sì! Facciamo una recita!
Oltre all’espressione verbale e alla pronuncia, gli obiettivi sono: offrire esempi
veritieri e profondi di vita, fare crescere interiormente Carlo e dar nutrimento alla
sua anima. Nutrirlo e rafforzarlo interiormente è essenziale per permettergli di
padroneggiare e superare le proprie difficoltà.
La scelta cade su “Martino, il calzolaio” di Tolstoj.
Ognuno ne racconta un pezzetto, più e più volte fino a che Carlo è in grado
di raccontare un episodio in autonomia. Lo scriviamo alla lavagna, una frase per
ciascuno, poi si riscrive nel quaderno, per poterlo rileggere anche a casa. Infine
chiamiamo Giovanni e Andreina, che si sono resi disponibili ad aiutarci al
momento della recita.
Naturalmente Carlo deve prima raccontare loro il nuovo episodio. Poi ci distribuiamo le parti. Per ora le parti non sono fisse, ognuno di noi deve esercitarle
tutte.
Carlo è proprio un attore nato! Con grande capacità di immedesimazione è
Martino, oppure Stefano, o il ragazzo... e fa con disinvoltura anche la parte del
narratore.
La sua creatività è molto viva e feconda. Nella recita egli ha lo spazio per esercitarla in modo appropriato e per sentirsi valorizzato. Questo fa sì che, quando
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aggiunte e varianti lo portano ad isolarsi, a perdere di vista il contesto o ad attirare su di sé l’attenzione, egli possa accettare con più facilità di essere arginato.
Dopotutto il “teatro” è proprio come la “vita”! Offre enormi occasioni di crescita non solo per quanto concerne il linguaggio e i contenuti, ma anche per superare comportamenti infantili ed egocentrici oramai inadeguati. Perché contenere
e guidare in comportamenti consoni, creare situazioni nelle quali i ragazzi possano sperimentare la loro adeguatezza e per questo trarre gratificazione, diventa
lavoro “pedagogico terapeutico” e cioè lavoro globale alle difficoltà di comportamento e di concentrazione.
Ma torniamo al linguaggio.
Un giorno ho detto a Carlo: “Ora fai finta che venga qui il tuo amico. Eccolo, entra e ti chiede: cosa stai facendo?”.
Tu gli rispondi: “Imparo una recita”.
“Che bello! Me la racconti?”.
Mi sono seduta in fondo alla stanza e ho impersonato l’amico.... Carlo mi ha
raccontato la storia di Martino, dall’inizio alla fine. Voce chiara, forte, frasi brevi,
corrette e ben articolate. È stata una vera sorpresa! Carlo ha raccontato con naturalezza e chiarezza perfino i pensieri più profondi e complessi, dimostrando quanto essenziali siano stati per lui e la profondità con cui li ha accolti.
Siamo ora giunti alle ultime prove. Il giorno della recita avremo anche una
spettatrice: nonna Ruth! Carlo aspetta con gioia quel momento.
In bocca al lupo, Carlo! Sono certa che te la caverai egregiamente. Sarà una
recita semplice, ma senz’altro molto viva, sentita e presentata con voce forte e ben
comprensibile.
”
ELENA
9
Il lavoro
1
DELL’
estate2009
ASSOCIAZIONE
Daniela, Arturo, Renzo e Claudio, guide
della S.A.T. - S.O.S.A.T, ci hanno
accompagnato nelle tre escursioni del
periodo estivo trascorso a Baselga. Zaini
in spalla, ognuno il suo, su, su fino a S.
Anna e oltre…: un bell’impegno! Quest’anno non ci si poteva accontentare
delle solite passeggiate. I ragazzi crescono, ce lo diciamo ogni anno, ed è importante che trovino attività adeguate. Così
alla sezione giovanile S.A.T. abbiamo
chiesto rinforzi: qualcuno che ama camminare, conosce i sentieri, l’habitat, sa
scrutare il cielo e dirti a colpo sicuro se
pioverà, insomma un’autorità della
montagna, disposto a condividere con
noi tre giornate sul monte Bondone.
Renzo è stato sempre in testa al gruppo,
con i ragazzi più grandi, di gamba
buona, pronti a seminare gli altri. Arturo, nel mezzo, era attorniato da quelli
che amano chiacchierare e, così, tra una
domanda ed una risposta, la strada non
è sembrata lunga. Daniela e Claudio si
occupavano delle retroguardie.
Assieme hanno preparato prove di equilibrio, di orientamento, di destrezza, di
forza, di coraggio, di attenzione, percezione e … giochi in allegria. Con entusiasmo, calore e cordialità!
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estate 2009
Il lavoro
DELL’
ASSOCIAZIONE
2
Le gite raccontate
dai ragazzi
Abbiamo fatto tre gite con le
guide della S.A.T. e S.O.S.A.T.
e ci siamo divertiti.
La prima gita era a Sant’Anna. Lì abbiamo fatto tanti bei
giochi, prove di coraggio e di
equilibrio. Un gioco era passare sul ponte tibetano, un
ponte fatto di corde. Dovevamo camminare in equilibrio sulla corda,
tenendoci alle corde laterali.
Poi si doveva camminare in equilibrio su
di un nastro, con aiuto, se necessario.
Infine camminare su di un nastro al di
sopra del quale era tesa una corda.
Dovevamo camminare sul nastro tenendoci in alto alla corda. Era difficile, ma
molto divertente.
Dopo abbiamo fatto un percorso con gli
occhi bendati. Eravamo suddivisi in
squadre. Uno della squadra descriveva il
percorso a chi aveva gli occhi bendati.
Sembrava facile, ma non lo era affatto.
Abbiamo fatto un percorso avanzando
un legno dopo l’altro per potervi appoggiare i piedi. Bisognava stare in equilibrio su due blocchetti di legno, uno per
ogni piede, e spostare in avanti il terzo
blocchetto per mettervi il piede.
L’ultimo gioco è stato quello del tiro alla
fune.
La seconda gita è stata bella. Abbiamo
camminato tantissimo!
Siamo andati a Sant’Anna come la
prima volta. Poi ci siamo divisi in squadre e ci siamo messi a cercare. Dovevamo scoprire cose che non appartenevano
alla natura.
Siamo andati fino alla Malga Brigolina.
Lì c’erano tanti animali: mucche, un
asino, oche, maiali, caprette, conigli…
Poi è cominciato a piovere e siamo tornati veloci, passando per sentieri e scorciatoie.
La terza volta abbiamo fatto la caccia al
tesoro a Sant’Anna.
La sera ci siamo trovati tutti assieme e
ognuno di noi ha ricevuto il distintivo
C.A.I. dell’alpinismo giovanile.
I RAGAZZI DEL GRUPPO ESTIVO
MICHAEL DI TRENTO
11
estate 2009
Il lavoro
DELL’
ASSOCIAZIONE
3
La vacanza a Sant’anna raccontata da me
Quando arriviamo a S. anna il ponte tibetano è già stato costruito.
tre grosse funi, poste a triangolo, sono ben fissate attorno al tronco
di due alberi, distanti fra loro dieci-quindici metri. Una fune sta a
mezzo metro da terra; le altre due più in alto, fungono da
corrimano. a brevi intervalli, lateralmente, altre funi collegano le
prime tre.
arturo, renzo, daniela e claudio l’hanno preparato a nostra
portata.
attira subito l’attenzione dei ragazzi e tutti vogliono provarlo. Una
mano per salire, una per scendere, un aiuto se il piede scivola dalla
fune che oscilla o se si perde l’equilibrio. Un applauso all’arrivo e
poi si ricomincia.
e’ il mio turno. mi rendo conto che non è la stessa cosa mettere il
piede in un modo e nell’altro. Il ponte dondola, le corde laterali si
allargano e si stringono e allora l’equilibrio dipende dalle braccia.
Guai incantarsi, né farsi prendere dalla fretta. Per fortuna che sotto
non c’è il vuoto, ma un morbido prato a pochi centimetri. e’ solo
questione di non fare una figuraccia! Quanto ridono quelli che
stanno a guardare!
anch’io arrivo fino in fondo; mi merito gli applausi e ci divertiamo
assieme.
PIa
estate 2009
Il lavoro
DELL’
ASSOCIAZIONE
4
piccola passeggiata per scaricare l’elettricità.
Quest’anno l’ultimo giorno si recita.
Una poesia di Diego Valeri, che ben si
presta ad una breve rappresentazione,
frutto di un piccolo esercizio quotidiano.
Gli spettatori sono gia arrivati, l’emozione è palpabile. “Ci fu nel tempo
antico un pastorello che aveva dieci
Il campanellino
L’ultimo giorno è particolare. Le valigie
sono state fatte, le stanze riordinate;
scarpe, scarponi, stivali bene in vista per
non essere dimenticati. Qualcosa di frizzante viaggia nell’aria e a volte diventa
quasi incontenibile: arrivano i genitori!
La vacanza è finita e si torna a casa! Una
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pecore ed un agnello…”. Il pastorello
entra con passo lento, un bastone in
mano, un agnellino di morbida lana a
tracolla. Accarezza e guida le sue pecore mentre gli altri raccontano di
boschi, vallate, ruscelli ed incanti e
tesori e perle, a cento, a mille… la
bella al telaio sorride, vuole trattenerlo
in quell’incanto. Ed il pastorello sta
per accettare, ma… si risveglia, può
tornare al suo gregge e riprendere il
cammino.
L’applauso è meritato. Ognuno è intervenuto al momento giusto, ognuno si è
sforzato di superare se stesso; tutti uniti
i ragazzi si inchinano a ringraziare.
Il lavoro
1
DELL’
estate2010
ASSOCIAZIONE
Proviamo a lanciare un’idea: una settimana di “impegno pratico e autogestione”. Alcuni ragazzi, i più grandi. Sì! Va
bene, i genitori sono d’accordo. Si aspetta che tre ragazzi facciano l’esame di
terza media. Siamo fortunati che Giulia
possa venire. Lei ha fatto il primo anno
di scuola cuochi ed è subito prenotata a
tempo “ragionevole” per il servizio cucina. Si avvicenderanno anche Guglielmo
e Lorenzo.
Anche in vacanza si può esercitare il
quotidiano. Anzi, non c’è migliore occasione!
Tutti insieme in allegria, dunque, ma
chi cucina, chi apparecchia, chi riordina
e pulisce?
Poi c’è un altro progetto: risistemare le
imposte (“gli scuri” per i trentini) della
grande casa che ci ospita. Hanno senza
dubbio bisogno di manutenzione.
1a squadra:
in cucina e sala da pranzo.
Ai panificatori (Roberta e Guglielmo)
una lode particolare per la loro capacità
creativa. Ogni giorno fanno il pane e
ogni giorno, anche nel gruppo successivo, abbiamo avuto pane fresco in molteplici varianti: pizzette, grissini, pane con
i semi, pagnotte e poi ancora. Una
bontà. Squisito quello preparato per fare
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un pic-nic sul monte Bondone, da mangiare con i wurstel cotti alla brace.
Bravi i cuochi e i pasticcieri: particolarmente apprezzate l’insalata di riso, quella di pollo e la torta di mele. Dessert
garantito tutti i giorni.
PIA
2a squadra: “I restauratori”
Ci siamo attrezzati di carta vetrata fine e
grossa, di cubetti di legno su cui fissarla
con le puntine da disegno, di guanti
professionali, di grembiuli adatti, di
cavalletti, di set completo di colori: per
la base impregnante, il colore vero e proprio e la tinta neutra per proteggere il
legno.
E così inizia la prima settimana con Giovanni, Guglielmo, Giulia, Maria e con
l’aiuto prezioso di Pietro e Giorgio, figli
della maestra Roberta.
La prima postazione è nel parco adiacente la canonica. Siamo ben disposti ad
iniziare sotto l’esperta guida di Frau
Woehl.
Le imposte sono sui cavalletti, ognuna
ben numerata per farla tornare alla finestra giusta. Si comincia a scartavetrare
per togliere il colore.
È una bella giornata di sole e una brezza
leggera rende l’aria piacevole.
L’impegno è tanto e tutti danno il
meglio di sé.
Il tempo corre veloce e, giorno dopo
giorno, le imposte del primo piano della
casa sono completamente ripulite.
A stendere le varie mani di colore, ci
mettiamo davanti a Casa Leonesi; per
una buona riuscita, infatti, non possiamo lavorare sotto il sole, che asciugherebbe troppo in fretta il colore. E così
nell’arco della giornata ci spostiamo,
con i cavalletti e tutto il necessario, alla
ricerca dell’ombra.
Le persone del paese passano per andare
nel parco, oppure in chiesa o al cimitero.
Tutti fanno i complimenti e lodano i
ragazzi che si impegnano in modo serio.
All’inizio della seconda settimana coinvolgiamo anche Luca, Riccardo e Filippo. Paolo, figlio dei nostri valenti cuochi, dà man forte per i ritocchi ed il
completamento della tinteggiatura.
A completa essiccazione del colore,
prima della fine del campo estivo,
Armando provvede a rimontare gli infissi. La casa ha acquistato un altro aspetto. La comunità di Baselga si congratula
e ringrazia per l’opera. Siamo tutti
molto orgogliosi e soddisfatti.
ANDREINA
14
sala, dei menù e delle diete e di portarci
notizie… dal mondo. Promossi sul
campo, si usa dire. Di più.
La seconda squadra si ingrossa.
Tutti assieme si viaggia per il mondo
con le danze popolari e ci si cimenta
con il folclore di Russia, di Israele e
della Francia.
A turno tutti modellano la creta e
costruiscono…
Seconda parte della vacanza
Domenica alcuni se ne vanno, altri
restano, altri ancora arrivano. Si forma
un nuovo gruppo. Tanto ci si conosce
tutti. Adesso siamo veramente in tanti,
24 tra adulti e ragazzi.
La prima squadra cede le armi a Sandra,
Luciana ed Antonio che si occupano a
tempo pienissimo della cucina e della
estate 2010
Il lavoro
Una grossa fetta di creta per ognuno e il
lavoro ha inizio. Il primo giorno si
modella una ciotola, poi un drago che
sputa fiamme di fuoco, un pulcino porta
uovo, un asinello, per finire un soggetto
di propria scelta che si presti alla realizzazione di un’opera comune: la costruzione di un villaggio.
DELL’
ASSOCIAZIONE
2
Suddivisi in due gruppi i ragazzi lavorano con curiosità ed entusiasmo crescente.
Quella fredda massa grigia prende
forma: iniziando dalla sfera, bella, tonda
e senza crepe, la pressione dei pollici al
centro dà origine ad una cavità più o
meno grande a seconda dell’artefice. C’è
chi impasta e manipola con soddisfazione e con destrezza, e porta velocemente a
termine la propria opera – a condizione
che l’adulto intervenga a salvarla da ulteriori rimaneggiamenti – e chi, riluttante
a sporcarsi le dita, tende più a lisciarne la
superficie! A chi la creta si secca troppo
rapidamente, a chi rimane molle e fatica
a prendere forma. Alla fine il risultato c’è
per tutti e più che soddisfacente!
I lavori vengono sistemati sul mobile a
seccare, poi riordino e pulizia. Appena la
porta si apre non mancano gli sguardi
curiosi:
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“Cosa avete fatto oggi? Posso venire a
vedere? Che bello! Chi lo ha fatto? E
questo?…”
Gli ultimi giorni sono dedicati a dipingere le ceramiche ormai ben asciutte.
L’attività, nuova per tutti, ha incontrato
entusiasmo in particolar modo alla fine,
dove ognuno ha potuto creare la propria
fattoria, casa, ponte, pozzo, chiesa ed
altro. Molteplice e colorata è stata l’esposizione finale dei lavori. Gli artisti:
contenti ed orgogliosi! Un grazie da
parte di tutti a Cordula Kühn che ci ha
guidato in questa esperienza creativa.
ELENA
estate 2010
Il lavoro
DELL’
ASSOCIAZIONE
2
giungere il prato di Sant’Anna (l’anno
scorso ci andavamo a piedi, ma avevamo
l’intera giornata a disposizione…).
Per l’occasione sono venuti tutti. Per
fortuna c’era anche Rainer Kühn, marito di Cordula, più esperto di noi nel far
salire gli aquiloni.
Canti, danze, lavoro alle imposte, due
laboratori di ceramica e anche… un laboratorio “misterioso” in cui si lavora con
grandi carte colorate e con sottili bacchette di legno…
Il penultimo giorno, il grande evento!
Ci siamo distribuiti in varie auto per rag16
Sì, erano proprio grandi aquiloni quelli
che i ragazzi, guidati da Dorothea Wöhl,
avevano costruito.
La giornata era bella, assolata, ma con
tantissimo vento. Ce la faranno i nostri
aquiloni a prendere il volo?
Penso che pochi avessero visto volare e
avessero già tenuto la corda di un
aquilone.
Ricordo i salti di gioia di Luca nel vedere l’aquilone volare alto nel cielo! La
costanza di Guglielmo nel provare e
riprovare a far salire il suo! Le espressio-
ni soddisfatte di Filippo, Riccardo, Alvise, Maria quando, a turno, hanno tenuto l’aquilone. La corda tirava e dava forti
strattoni, era un’arte tirarla o allentarla
per farlo volare!
I cuochi avevano preparato una sorpresa:
una merenda speciale! C’era chi però
non riusciva ad abbandonare l’aquilone… fino a che uno si è impigliato ai
rami di un albero. Chissà se l’estate
prossima lo troveremo ancora lassù?
ELENA
estate 2010
Il lavoro
a r m an do, IL Pr e zI o
DELL’
ASSOCIAZIONE
So tUt
to-fare
“
Arrivi ogni mattina, 8 e mezzo, nove, carico di pacchetti. Sei il nostro
uomo di fiducia. Pare incredibile, ma per quanto ci si organizzi, manca
sempre qualcosa, dalle provviste per la quotidianità a ciò che serve proprio, che
eri convinta di aver messo in valigia e che guarda caso non c’è. Arrivi carico e
riparti con una lunga lista per il giorno dopo, da aggiornarsi con molteplici sms
che contengono sempre un nuovo bisogno. Arrivi che noi stiamo facendo
colazione, un ciao a tutti e tanti ciao di risposta. Dai un’occhiata veloce a come
procede la risistemazione delle imposte. Scarichi cassette di verdura, di frutta.
Speriamo ci sia tutto, penso tra me e me, altrimenti sono guai. Tocca ogni tanto
fare un altro viaggio, nel pomeriggio, e se il carico non è troppo ingombrante
questa volta arrivi in moto e questo ti consola. Da bravo papà, dopo averci
riforniti, vai ad accudire il resto della famiglia rimasto a Trento, che non è poco
lavoro. Complimenti! Hai retto tre settimane, la tua connaturata pazienza messa
a dura prova.
Mi hai già detto che per il prossimo anno hai prenotato un viaggio in Sud
America proprio nel periodo in cui ci sarà il campo a Baselga. Io non ci credo,
almeno lo spero.
”
PIa
17
4
Pensieri dal cuore
A guardarlo adesso mentre rifà il suo letto con cura, carica la
lavatrice o aiuta a riempire le borse quando andiamo a fare la
spesa, sembra impossibile che si tratti dello stesso ragazzino che da
perfetto tiranno si divertiva a buttare per terra qualsiasi cosa gli
capitasse a tiro, che faceva esattamente il contrario di quello che
gli veniva chiesto, che non riuscendo ad ascoltare per più di cinque minuti metteva in atto un ripetitivo repertorio di azioni di
disturbo, e che in pratica pretendeva di essere sempre al centro
dell’attenzione. In ambito scolastico, ovviamente, questo atteggiamento gli rendeva difficile relazionarsi sia con le insegnanti che
con i suoi compagni e gli precludeva la possibilità di fare anche il
minimo progresso nel conseguimento di quelle che vengono definite le abilità di base (lettura, scrittura ecc.).
Era proprio una situazione tragica, una matassa talmente
ingarbugliata da non sapere da che parte iniziare a districarla! Era
meglio lavorare sull’apprendimento o sul comportamento? Le
nostre idee divergevano assai. Fortunatamente il provvidenziale
incontro con Elena, Pia, Andreina, Ruth ci ha aiutato a comprendere il giusto punto di partenza per aiutare veramente nostro
figlio: acquisire coscienza del nostro comportamento nei suoi confronti e delle dinamiche famigliari in atto, per poter trasformare
tutte quelle abitudini che erano ormai parte integrante della
nostra quotidianità e che per lui rappresentavano un vero veleno.
Abbiamo iniziato così il nostro cammino pieno di buoni propositi da concretizzare in azioni: stabilire regole chiare e soprattutto farle rispettare senza cedimenti, renderlo sempre più autonomo
nella cura della propria persona ed abituarlo a collaborare nelle
attività domestiche assegnandogli compiti ben precisi non spiegati
a parole (perché non si può pensare di spiegare normalmente le
cose con le parole ad un bambino con difficoltà di apprendimento), ma insegnati soprattutto facendo (ad esempio apparecchiare e
sparecchiare la tavola, asciugare le posate, stendere la biancheria
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ecc.). È stata dura soprattutto perché ci confrontavamo costantemente con noi stessi, con le nostre a volte cattive consuetudini, con
la fatica di mantenerci coscienti in ogni nostra azione anche quando ci sentivamo sopraffatti dalla stanchezza o avviliti per la frustrazione derivante dal senso di impotenza di fronte agli apparenti
insuccessi. Nonostante questo, però, aiutandoci l’un l’altro siamo
riusciti a tenere duro e un po’ alla volta abbiamo cominciato a
vedere i primi timidi risultati dei nostri sforzi.
Sono migliorati la sua motricità che è diventata più tranquilla
e un po’ più sciolta, il suo comportamento, che ha cominciato a
diventare più adeguato ai vari contesti sia in ambito famigliare che
sociale, la sua autonomia, l’attenzione nei confronti dell’ambiente e la perseveranza nell’eseguire un compito dall’inizio alla fine
unita alla gioia per esserci riuscito. Solo grazie a questi progressi
che hanno fatto nascere in lui maggior sicurezza e fiducia nelle
proprie possibilità è stato possibile costruire una solida base su cui
poggiare per lavorare sull’apprendimento.
Abbiamo potuto sperimentare, infatti, che ad ogni conquista
nel campo dei concreti compiti che fanno parte della vita dell’uomo è sempre corrisposto un suo progresso in ambito didattico
(scrittura, calcolo, lettura ecc.) e mai viceversa, a conferma che in
questo modo si può agire terapeuticamente sull’essere nella sua
interezza e si possono creare i presupposti affinché anche a chi ha
delle difficoltà sia reso possibile sviluppare le proprie potenzialità
e trovare realmente il proprio posto nel mondo portando a compimento ciò per cui è venuto. Certo, di strada dobbiamo farne
ancora molta e sicuramente ci saranno altri momenti difficili da
affrontare e superare, ma siamo sostenuti dalla consapevolezza che
stiamo andando nella giusta direzione.
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ADRIANA
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Allegata alla dichiarazione dei redditi
(mod. 730, UNICO o CUD) vi è l’apposita
scheda, da compilarsi secondo il seguente facsimile.
Per esercitare l’opzione è necessario indicare il codice
fiscale dell’Associazione – 96048050221 - ed apporre la propria firma.
prezioso
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ASSOCIARSI
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Grazie a tutti coloro che, attraverso
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e si uniscono a genitori e bambini…
in un grande girotondo di solidarietà.
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Michael Bauer
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fiorellin
Molti fiori guardano al cielo. sapete il perché? quando hanno
sete guardano verso l’alto per vedere se le nuvole di pioggia sono
in arrivo. se il terreno è bello umido, guardano in su in cerca del
sole.
c’è un fiorellino, però, che guarda sempre al cielo, non solo
quando è in cerca della pioggia o del sole. Esso guarda oltre le
nuvole, oltre il sole; guarda molto, molto più lontano, nelle profondità del cielo, guarda là dove può scorgere dio. non distoglie
mai lo sguardo da dio, per non dimenticare se stesso.
Ecco quello che avvenne quando dio creò tutte le cose.
dio proferì un nome e subito la creatura chiamata comparve:
una pietra, una stella, un albero, un animale. ogni creatura ripeteva per alcune volte, piano, fra sé, il nome pronunciato da dio,
per ricordarlo ben bene. quasi tutti lo ricordarono subito. non
tutte le creature sono come il cuculo, che ancora oggi se lo ripete sempre a voce alta per non dimenticarselo!
è indispensabile che ognuno lo conosca! quando viene la primavera dio infatti chiama. Prima dice: bucaneve! E subito il
bucaneve spunta fuori dalla terra e tintinna. Poi dice: violetta! E
allora sotto le siepi inizia a profumare delicatamente. Poi dice:
primula! E i prati diventano gialli aprendo la porta a tutti gli altri
fiori. E così via… sarebbe grave se uno di loro avesse dimenticato il proprio nome e non sbocciasse alla chiamata!
* * *
un fiorellino, però, aveva dimenticato il suo nome. Era appena sbocciato e aveva schiuso il suo fiorellino di un celeste delica1
come avvenne che un
fiorellino ebbe il suo nome
to. il nome datogli da dio risuonava nel suo cuore. Ma quando
fece per iniziare a ripeterlo alcune volte, per ricordarselo bene,
ecco arrivare una farfallina curiosa e posarsi proprio su di esso.
al fiore sembrò molto strano che la farfalla fosse del colore del
cielo, come era egli stesso; ma la cosa più meravigliosa erano le
sue ali viste da sotto. vi era una moltitudine di minuscoli occhietti delicati, uno vicino all’altro. il fiorellino non finiva più di
meravigliarsi. quando poi la farfalla volò via, si era scordato il
suo nome! che spavento! E ancor di più si spaventò quando dio
si avvicinò chiedendo a tutti gli esseri, a tutte le creature il loro
nome, per vedere se ognuno lo ricordava. tutti lo sapevano; se
per lo meno ci fosse stato qualcun altro che l’aveva scordato! il
povero fiorellino avrebbe desiderato sprofondare nella terra. E
ora penserete che il buon dio lo abbia sgridato! oh no, non lo
fece affatto. si era subito accorto di quanto era successo e gli
disse: “tu hai scordato il tuo nome vero? non è molto grave,
però”, e lo guardava in modo insistente “non ti scordar di me!”.
il buon dio era già lontano e nel cuore del fiore risuonava
ancora: “non ti scordar di me!”. se ne ricordò per sempre. questo divenne il suo nuovo nome. ubbidendo al suo nome, esso
guarda verso dio, per non scordarsene mai.
Michael bauer,
da Pflanzenmärchen,
traduzione di ruth nardini
2
Diego Valeri
sgelo
Case nel sole: una striscia di giallo
di scialbo giallo sui prati nevati.
Alberi dietro: alti pioppi sfumati
dentro un sottile pulviscolo d’oro.
Lucide chiazze di cupo viola
sui tetti bianchi: la neve si sfa.
Finestre aperte, bucato a festoni,
donne affacciate: è l’inverno che va.
R
Diego Valeri
3
Umberto Saba
o
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i
il biancosp
Di marzo per la via della fontana
la siepe s’è svegliata tutta bianca,
ma non è neve, quella:
è il biancospino
tremulo ai primi soffi del mattino.
Umberto Saba
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Anno 8, n°1 - Marzo 2011 - Associazione Michael per la pedagogia