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LA PROVINCIA
LUNEDÌ 18 MARZO 2013
A CURA DI ANDREA CAVALCANTI
La pagina della Musica
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B
JAZZ / "GET UP!"
ANDREA DI GENNARO
A
Adesso Harper
ritrova l’amico
Musselwhite
en Harper è da un ventennio sulla scena,
un grosso seguito di pubblico e critica in
tutto il mondo che in Italia sfocia in una
ricambiata simpatia. Una buona dozzina di album all’attivo e un mélange musicale che è una
personalissima sintesi di tutto lo scibile a sette
note di matrice afroamericana (e non solo).
Da sempre disponibile alle buone collaborazioni (illustri e non), Harper è tornato da poco
nei negozi con un album, in realtà tutto suo ma
nominalmente diviso con il celebre armonicista
blues Charlie Musselwhite. "Get Up!" segna la
separazione dalla Virgin, l’etichetta che ha da
sempre licenziato i suoi dischi, sebbene l’uscita
per Stax di questo disco sembri più un accordo
episodico che l’inizio di una collaborazione a lungo termine. Nel frattempo negli Usa è ancora in
corso il Solo Acoustic Tour. Set per voce e chitarra che in mano a Ben Harper diventa sinonimo d’orchestra. Al passaggio dagli Innocent Criminals ai Relentless7 erano corrisposti un paio
di dischi buoni ma di certo non paragonabili alle migliori cose prodotte con i vecchi compari di
brigata ("Fight For Your Mind" su tutti). In "Get
Up!" i R7, trio caucasico di stretta origine e osservanza texana, si sono scrollati di dosso la sog-
gezione di chi viene dopo un inimitabile, hanno
meglio assorbito tutte le influenze che compongono il côté del proprio leader e dato vita a un
suono complesso e sfaccettato. Gl’interventi di
Musselwhite sono pregevoli, in particolar modo sulle due ballad "You Found Another Lover (I
Lost Another Friend)" e "All That Matters Now".
Notevole è l’intesa tra i due sul canovaccio del
blues. Harper e Musselwhite si conobbero nel
lontano 1998, galeotta una session di registrazione di John Lee Hooker che li volle entrambi
in studio per il suo "The Best Of Friends". Analoga la bontà di certe intuizioni strumentali che
non di rado diventano vere e proprie idee strutturali. Su tutte, le linee di basso ostinato di Jesse Ingalls che in "I Ride At Dawn" fanno da ossatura allo sviluppo di testo e musica.
a
Dopo dieci lunghi anni
il duca bianco Bowie
spezza quel silenzio
È uscito il nuovo album "The Next Day"
La copertina di "Heroes" con il titolo sbarrato
Brani energici con precisi echi del passato
ALESSIO BRUNIALTI
a Da onnipresente del
rock a star invisibile: dopo
"Ziggy Stardust", "Aladdin Sane", "The Thin White Duke" e
gli infiniti altri, l’ultimo personaggio di David Bowie è un personale ibrido tra Greta Garbo e
Howard Hughes che comunica
attraverso emissari, rifugge le
interviste per tacere
dei concerti.
"The Next Day" arriva dopo dieci anni
di un silenzio incredibile per questo ex infaticabile stakanovista che non lasciava
passare che pochi
mesi tra un disco e
l’altro, disimpegnandosi tra film, mostre e
tutto quanto potesse soddisfare quella che appariva come
un’inesauribile sete di fama.
"Space Oddity", anno 1969) per
poco il successo non gli sfuggiva di mano subito.
Dal ’70 mai fermato
Dal 1970 al 2003 non si è mai
fermato, realizzando alcuni dei
più influenti dischi di tutta la
storia del rock negli anni Settanta, cercando nuove strade
negli anni Ottanta,
anche fallendo, azqualche
La sua zeccando
spunto all’inizio dei
carriera Novanta per poi daqualche cenno di
cominciata re
stanchezza.
due anni Chissà se a conBowie che
dopo quella vincere
fosse arrivato il modei Beatles mento di ritirarsi è
stata solo la sofferenza cardiaca, che ha ricordato all’"uomo che cadde sulla
terra" che, dopotutto, è un semplice mortale, o se non siano
Una lunga carriera
state anche le critiche, sempre
La sua carriera è, in fondo, ini- più tiepide, che avevano accolziata solo un paio d’anni dopo to "Hours...", "Heaten" e "Reaquella dei Beatles, uno dopo lity".
quella dei Rolling Stones ma, al
Dischi che guadavano al pascontrario di costoro, ha impie- sato: una grave pecca per l’artigato non poco a raggiungere la sta che più di tutti aveva indicavetta e quando ce l’ha fatta (con to il futuro.
E allora è difficile non giudicare questa nuova opera anche
dalla copertina, che è, poi, quella di "Heroes" con il titolo sbarrato e il volto dell’allora trentenne David nascosto da un
quadrato bianco: sembra una
cover provvisoria ed è una delle (non) immagini più radicali
per un artista che sull’immagine ha costruito buona parte del
suo fascino.
David Bowie sforna il nuovo album "The Next Day" (nella foto sotto, la copertina) dopo dieci anni di silenzio
"The Idiot" il riferimento
Il punto di riferimento non è
"Heroes", ma semmai "The
Idiot", l’album che produsse in
parallelo per Iggy Pop con qualche rock di razza come "The
Next Day" in apertura, cantata
tutta di naso, "The Stars (Are
Out Tonight)", "Dancing Out In
Space", "Set The World On Fire" e "I’ll Take You There".
Brani energici, con tutta la
tensione di chi, a 66 primavere,
vuol dimostrare essere ancora
quello di "Rebel rebel", "Jean
Jenie" e "John, I’m only dancing", tutti pezzi che si fanno ricordare molto più volentieri di
questi.
Se i "Dirty Boys" sono sensuali come i "Dum Dum Boys"
Il cd dopo dieci anni di silenzio
"The Next Day" arriva dopo dieci
anni di un silenzio incredibile per
questo ex infaticabile stakanovista
che non lasciava passare che pochi
mesi tra un disco e l’altro, disimpegnandosi tra film, mostre e mille altri "impossibili" impegni mondani
di Iggy, se la robotica "Love Is
Lost" e l’agitata "If You Can See
Me" gravitano attorno "Earthling", sono "Where Are We
Now", "I’d Rather Be High",
"How Does The Grass Grow?"
e soprattutto e "Heat" che riprendono il discorso aperto da
"Low" e interrottosi con "Lodger" mentre "Boss Of Me" potrebbe arrivare da "Outside"
(che già richiamava la trilogia
berlinese).
Meglio le ballad
Meglio le ballad "Valentine’s
Day", con un riff che non dispiacerebbe a Bryan Ferry e
"You Feel So Lonely You Could
Die" che suona come un lento
che potrebbe scrivere Lennon
se, lui sì, non si fosse definitivamente ritirato per forza maggiore.
Il pop nascosto nelle bonus
Divertente e gradevole il pop di
"So She", ingiustamente relegata nelle bonus.
Niente di nuovo sotto le nuvole (perché il "mood" generale è grigio e invernale), compresa la produzione, affidata a
Tony Visconti che collabora
con David giusto dai tempi di
"Space Oddity".
Niente di nuovo, tutto di
Bowie: che sia effettivamente
arrivato al post-post modernismo? ■
a
Voci e passioni agli antipodi
Comicanti.it l’idea di Monti
a Canzoni surreali, graffianti, isteriche, politiche, satiriche o
semplicemente nonsense messi in
musica, specchio fedele del costume e della quotidianità italiana per
oltre un secolo, mezzo per arrivare
al cervello di chi ascolta passando
dal cuore.
La splendida raccolta che un raffinato chansonnier di gusto parigino come Giangilberto Monti
ha racchiuso nel doppio cd "Comicanti.it" (Egea Music, 22,90
euro), mette assieme gusti e pas-
sioni agli antipodi - si parte dalla nascita della canzone comica
con la Napoli di Berardo Cantalamessa e Nicola Maldacea e si
arriva a Paolo Rossi e Elio & le
Storie Tese - ma di sicuro fa ridere, con gli hit passati alla storia
riarrangiati e reinterpretati da
cantanti e cabarettisti di oggi.
Monti, applaudito il suo "Comicanti Story" al Filodrammatici di Milano, autore con Flavio
Oreglio de "La vera storia del cabaret", ha curato insieme a Enzo
La cover del doppio "Comicanti.it"
Gentile anche il documentatissimo libretto che ripercorre un
secolo di canzoni e di generi. Per
ognuno dei capitoli non mancano le biografie degli artisti più
rappresentativi e i titoli dei loro
successi "evergreen", come la petroliniana "Tanto pe’ cantà" riproposta da Lella Costa, "È arrivata la bufera" del piccoletto Rascel con la voce di Giorgio Centamore, "Tu vuo’ fa’ l’americano"
di Carosone con quella di Giobbe Covatta, fino a recuperi archeologici, come quello de "El
principe indian" del comico triestino Angelo Cecchelin, antifascista, autore di dissacranti filastrocche e tra i maestri di Paolo
Rossi, interpretata da Renato
Sarti.
Ampia la sezione dedicata al
leggendario cabaret milanese
dell’Intra’s Derby Club, dei Gufi
e di Walter Valdi, Jannacci e Gaber, con veri e propri pilastri della canzone comica quali "Il palo
della banda dell’Ortica" (con Enrico Bertolino e Flavio Pirini),
"Oh Madonnina dei dolori" (Flavio Oreglio) e "L’Armando" del
giovane Jannacci, ben "sceneggiata" da Raul Cremona, mentre
il producer Monti si ritaglia un
assolo con la sua "Cancion Putana".
Così il brano finale "Ma che
aspettate a batterci le mani", interpretato da Moni Ovadia e da
Dario Fo, è un invito ad applaudire un prodotto di qualità, autentico vademecum di un’epoca
lontana ma ricca di palpitante
umanità. ■ Mario Chiodetti
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La Provincia (Como) - Giangilberto Monti