IL CAFFÈ 4 marzo 2012 44 C4SOCIETÀ E CULTURA COME RICOR DARE @ www.fondationbeyeler.ch COME GUARD ARE L’ARTISTA Pierre Bonnard fu tra i fondatori dei “Nabis” (1888), un gruppo di artisti che condividevano l’ammirazione per Paul Gauguin e la xilografia giapponese. Rifiutando l’impressionismo, puntavano alla forza espressiva del colore unita ad una semplificazione delle forme. La mostra IL PERCORSO Anche una volta discioltosi il gruppo dei Nabis, verso il ‘900, Pierre Bonnard continuerà a concentrarsi su pochi temi di vita quotidiana, anteponendo decisamente i valori cromatici e luministici a quelli descrittivi del soggetto. COME RIFLET TERE GIUSEPPE ZOIS MARKUS KRIENKE LO SPECCHIO DI UNA STORIA A NOI VICINA NEGLI OCCHI DI CHI SOFFRE LA CRISI È DIVENTATA SINTOMO D’IMPLOSIONE MORALE C L apita che ci troviamo a fare i conti con una malattia. Nella civiltà rurale c’era più familiarità con questa scomoda presenza, contro la quale facciamo tutti i debiti scongiuri. C’erano solidarietà e partecipazione più esercitate, i vecchi restavano in casa, si vedeva il percorso della vita. Quasi tutto era diverso rispetto ad un presente che corre in una modernità fatta di conquiste e di miglioramenti continui, spesso troppi numeri e poco cuore. Molti addetti ai lavori assicurano che il dolore è stato sconfitto. Forse. Ma quando ci arriva nei paraggi siamo chiamati a qualche sosta e a interrogativi non superficiali. Com’è difficile entrare nel labirinto della sofferenza. LE SCALE che ci accompagnano appena al di sopra dei nostri quotidiani pensieri, di efficienza e di corse, sono ripide, le vorremmo sempre scansare. La scienza ci apre orizzonti di certezze mai viste prima, preferiamo, è ovvio, cullare illusioni corazzate di conoscenze evolute, di mani padrone, di tecnologia e di chimica quasi divine. L’idea del non guaribile, con i mezzi di cui disponiamo, appare inaccettabile. Un sopruso. Ci imponiamo di credere a verità propizie, all’incantesimo di un futuro amico, allo stupore dei sentimenti. Eppure basta poco a far affiorare la fragilità, quando i battiti del cuore si fanno incerti. Se scrutiamo gli occhi malinconici di chi è in un ospedale non è difficile vederci allo specchio, entrare nello spirito di una storia a noi vicina. UN MOMENTO DI VITA Il quadro reinventa la possibilità di far pittura e di sorprendere pur attenendosi a un soggetto assai consumato nella tradizione sia pittorica che fotografica. Grazie alle forzature e semplificazione delle forme, all’audacia del taglio compositivo, alla pluralità dei punti prospettici. IL VIBRATO DEL COLORE Alla forza innovativa del disegno Bonnard unisce la freschezza e l’impatto emotivo dovuti al vibrato continuo del segno-colore, per cui nel dipinto nulla è fermo, statico, ma tutto vibra, si muove, trapassa: come la luce, come lo scorrere irreparabile del tempo. Un artista molto amato dai pittori L’evoluzione stilistica di Pierre Bonnard sfiora l’intimità CLAUDIO GUARDA P LA GIOIA e la felicità fanno alla svelta ad assumere altri colori. Dice saggiamente Mauro Corona, filosofo concreto della vita, che non sono i giorni a essere imprevedibili, perché quelli vengono e passano uno dopo l’altro e “cadono dall’alto come gocce stanche da grondaie arrugginite“. A non essere prevedibili sono i fatti che i giorni portano nella loro scia, con gli inciampi ma - per fortuna - anche con le liete sorprese, le speranze ogni volta pronte a ulteriori decolli. NELLA MALATTIA si tocca con mano, sulla propria pelle o su quella di parenti e amici, che l’esistenza è la persona che dipende dagli altri, anche da uno sguardo, da una carezza. La fiducia e la positività restano efficacissimi farmaci. Forse un augurio generale che ci possiamo fare è che in questa Giornata del malato impariamo a riscoprire la bellezza della vita e delle cose che contano, un tempo che non sia solo anni di corsa ma un sogno possibile di incontri, di prossimità non formale, di abbracci, di dolcezze e serenità e, nel nostro piccolo, di volontà nell’aiutare chi soffre, tenendogli una mano e sussurrandogli lievemente: io ci sono. Pierre Bonnard Fondazione Beyeler, Riehen-Basilea Fino al 13 maggio La tovaglia bianca, 1925, olio su tela, 100 x 109 cm, Museo di Wuppertal ierre Bonnard (1867-1947): un artista molto amato anche dai pittori, cioè da coloro che sono chiamati dal colore. A lui la Fondazione Beyeler dedica un’importante mostra con oltre 60 opere quasi tutte di medio e grande formato: come dire quelle giuste e rappresentative sia per qualità che per dimensioni museali. E in grado, cosa assolutamente non trascurabile, di offrire una panoramica sulle varie fasi del percorso artistico: che l’esposizione basilese, tuttavia, non si cura di scandire cronologicamente. Il curatore dell’esposizione, Ulf Küster, ha preferito infatti organizzare la mostra per gruppi tematicamente omogenei di dipinti, opportunamente distribuiti in otto spazi dentro cui evidenziare i soggetti preferiti dall’artista (dalla strada al giardino, dalla sala da pranzo a quella del bagno ecc.); temi con e sui quali egli si è confrontato regolarmente nel corso degli anni. L’intento non è solo di ridare un’idea visiva della casa dell’artista, è noto infatti che la gran parte delle opere di Bonnard rispecchiano interni ed esterni delle due case in cui ha vissuto, ma anche di riportare il confronto MARCO BAZZI I costo del lavoro, i salari, i monopoli, il costo dei beni di consumo, la concorrenza, il denaro... Sono temi di fortissima attualità in questi anni di crisi, di fronte a fenomeni sempre più spinti di globalizzazione e di scambio di merci e manodopera tra le nazioni. In un libretto di poche decine di pagine intitolato “Abbozzo” (Edizione SE), l’economista inglese Adam Smith tracciò nel 1763 le linee e i principi della sua opera più importante: “La ricchezza delle nazioni”. Si tratta di riflessioni semplici, ma al tempo stesso profonde e illuminanti, che sono state riprese anche da Marx. Se oggi ci chiediamo quanto debba valere il lavoro, se sia giusto accettare salari al di critico, stilistico ed evolutivo, all’interno di ogni sala. Ed è un gran bel viaggiare: sia per l’artista che per il visitatore. Si parte dalle strade di una Parigi Belle …poque (città che l’artista lascia definitivamente verso la fine del secolo, preferendole la periferia o il Sud) per arrivare alla luminosità dei giardini inondati dalla luce-colore; ma è anche uno spostarsi nello stile: dai manifesti pubblicitari di stampo liberty/ art-nou- Una panoramica in sessanta opere dedicata al fondatore del gruppo Nabis, gli “ispirati” veau con cui cominciano la sua storia ed i suoi successi, agli esordi della sua pittura allora chiaramente orientata verso la poetica Nabis; un’influenza che egli poi filtra mitiga con gli anni passando ad opere di ispirazione simbolista-impressionista, fino al momento in cui mette a fuoco quel suo stile, personalissimo in cui, mentre per un verso restringe sempre più temi e soggetti della pittura, dall’altro accentua sempre più la libertà luminosa del colore con cui inonda le sue tele. COME RILE GGERLI Pittore della tranquilla vita domestico-borghese, di scene di vita familiare nonchè di intimità: è così che lo si riassume. E Bonnard lo è. Si dice anche che avesse come musa ispiratrice, sempre disposta a posare per lui, la fedele compagna e poi moglie Marthe. Così come si dice che (ma è lui stesso a confermarlo) che per dipingere avesse bisogno del suo salotto per gli interni, o del giardino, dei fiori e delle aiuole, della luce che filtra tra gli alberi per gli esterni. È vero, ma può anche esser fuorviante o riduttivo. Perché Bonnard è al di là, infinitamente al di là, della referenzialità dell’immagine, di una concezione dell’arte come mimesi. Gli serve il giardino, ma per andare oltre. Gli serve che la moglie posi, gli serve addirittura fissarla in fotografia, ma non per farne un ritratto. Come gran parte degli artisti, egli ha bisogno del reale come spunto di partenza, ma per proiettarsi poi in una dimensione che lo trascende e inseguire altri mondi. Tessendo lentamente le sue tele nel chiuso dello studio, non en plain air come gli impressionisti. Aveva un’unica persistente, ossessiva aspirazione: quella di dissolvere la materia, la refrattarietà dei corpi e delle cose, nell’esplosione della luce-colore. L’equilibrio che serve a far ricche le nazioni era già dettato da Smith sotto di una determinata soglia, la lettura di questi appunti di Smith può aiutarci a capire. Ecco come definisce il salario, o il reddito di un’attività lavorativa: “Il prezzo che é necessario per indurre il lavoratore a dedicarsi a qualche particolare forma di attività e che deve essere sufficiente 1) a mantenerlo; 2) a indennizzarlo dalle spese sostenute per apprendere questa particolare atti- vità; 3) a compensarlo dal rischio che può correre sia di non vivere tanto a lungo da ricevere questo indennizzo, sia - ammesso che viva abbastanza a lungo - di non avere successo nella sua attività”. Definito il prezzo del lavoro, ecco il prezzo delle merci: “Il prezzo che é fissato dal mercato e che é regolato 1) dal bisogno o dalla domanda di ogni particolare merce; 2) dall’abbondanza o scarsità della merce in rapporto al bisogno o alla domanda; 3) dalla ricchezza o dalla povertà dei richiedenti”. Poi, Smith parla del “rapporto tra questi due prezzi” e afferma “che il prezzo di mercato non può mai, per un periodo di tempo considerevole, essere inferiore o superiore al prezzo che é sufficiente a invogliare il lavoratore, a meno che non vi sia un rilevante errore nella politica economica, che a crisi economica e finanziaria in Europa - che da parecchio tempo è riconosciuta come sintomo di un “decadimento interiore” ossia di una sorta di «implosione» morale della nostra società (così l’economista italiano Zamagni) - fa emergere nei giornali e nelle università, nelle discussioni politiche e nell’opinione comune la retorica della necessità di un ritorno più drastico dello Stato. Si dovrebbe riguadagnare il “primato della politica” sulle logiche corrosive dell’egoismo liberale. Purtroppo, in questa retorica che stigmatizza il rischio imprenditoriale e la libertà individuale come i nemici di ogni “bene comune”, viene spesso sottovalutata l’importanza fondamentale della libertà per poter responsabilizzare nuovamente le persone. Infatti, occorre ricordarci che i padri dell’economia sociale di mercato e della democrazia cristiana hanno sottolineato sempre e con convinzione che libertà e rischio non necessariamente sono da identificare con un egoismo corrosivo e anti-sociale, ma che costituiscono innanzitutto quello spazio necessario entro il quale gli individui sviluppano i loro potenziali di responsabilità: la libertà come l’espressione spirituale della persona è la base della responsabilità individuale e sociale, e l’apertura al rischio è valorizzata come condizione per l’investimento e per la creatività. Intorno al valore della libertà si è costituita, quindi, la nostra visione occidentale e cristiana della persona che proprio nella condivisione della sua libertà con altri scopre il valore educativo della libertà al bene comune. Questo valore etico non si lascia “organizzare” o “produrre” mediante l’attività statale. Consapevole di questa dimensione etica della libertà della persona, fondamento di una maggiore responsabilizzazione, Luigi Sturzo valorizzava positivamente le dimensioni del rischio e del libero mercato: “sarebbe grave colpa continuare a seguire la spinta di coloro che, sopprimendo il rischio, vogliono trasformare la responsabilità economica (che è efficiente) in responsabilità politica (che non funziona mai). Non si può sopprimere il rischio da nessun settore della vita umana”. Come dire: il recupero necessario della moralità nella nostra società potrà riuscire soltanto attraverso la riscoperta della dimensione etica della libertà ossia attraverso la responsabilizzazione delle persone. Abbozzo Adam Smith ostacola la concorrenza del lavoro quando il prezzo é troppo alto, e provoca una concorrenza superiore al normale quando il prezzo é troppo basso”. La sua conclusione è “che, poiché la ricchezza nazionale consiste nel fatto che le merci siano a buon mercato rispetto alle paghe, qualunque cosa tenda a far rialzare i prezzi dele merci al disopra di quel limite che é precisamente necessario per invogliare il lavoratore, tende a far diminuire il benessere della nazione. Delle imposte e di altre tasse sulla produzione. Dei monopoli”. Insomma, gli spunti per riflettere, in questi pochi passi non mancano.