90 — carta canta libri Alcuni preziosi libretti secenteschi N di Giuseppina La Face Bianconi carta canta / libri el teatro d’opera del Seicento l’autore primario non è il musicista bensì il poeta, drammaturgo a pieno titolo. Nel «dramma per musica» la lettura del libretto è un requisito ancor oggi essenziale: ci rimette, almeno un po’, nella condizione dello spettatore coevo, che va a teatro non con aspettative storicistiche o estetizzanti bensì per veder recitare dal vivo conflitti e passioni che, quando meno ce l’aspettiamo, possono colpire ciascuno di noi. Per dipanare l’intreccio, a bella posta labirintico, il libretto gli è d’aiuto. Ben vengano dunque le edizioni di drammi per musica, da leggere in tutta calma. Eccone alcune recenti. Francesca Zardini e Grazia Lana hanno riedito due drammi di Giacomo Badoaro: Il ritorno d’Ulisse in patria (mus. di Monteverdi, 1640) e L’Ulisse errante, (mus. perduta di Francesco Sacrati, 1644). Si rifanno entrambi all’Odissea: ma se il Ritorno inscena il pateticissimo riconoscimento dell’eroe in Itaca, l’Ulisse errante seleziona cinque tappe dal suo viaggio decennale, in barba all’unità di tempo e di luogo: i cinque atti drammatizzano in successione gli episodi di Polifemo, Circe, Tiresia, Calipso, Nausicaa, fornendo il destro a cangianti meraviglie sceniche. Andrea Torre e Stefano Tomassini hanno raccolto due volumi di Variazioni su Adone, testi poetici e teatrali che elaborano il mito di Adone prima e dopo il bestseller di G.B. Marino (1623). Vi compaiono tra l’altro ampi estratti della Catena di Adone, favola boschereccia (mus. di Domenico Mazzocchi, Roma 1626), e per intero L’Adone, tragedia musicale di Paolo Vendramin (mus. perduta di Francesco Manelli, Venezia 1640): tragedia, giacché l’atroce morte del giovane cacciatore è il frutto degli intrighi tessuti per brama di vendetta da Amore e da Marte ai danni di Venere, invaghita del bellissimo mortale. Vendramin è membro dell’Accademia degli Incogniti, il club di intellettuali libertini che in quegli anni, propagando un radicale scetticismo in materia di religione, filosofia ed eros, coltivano i generi d’avanguardia, romanzo e melodramma. Ne fanno parte anche Badoaro e il Busenello, l’autore dell’Incoronazione di Poppea, che quanto a irriverenza scherza poco. Uno dei più sbrigliati è però Giulio Strozzi, amico di Monteverdi. È uscita da poco un’edizione del suo portentoso Natal di Amore (Venezia 1621; Urbino 1629). Non è un libretto – il dramma per musica non è ancora approdato a Venezia – bensì una commedia filosofica: ma lo Strozzi già vi squaderna molti motivi che svilupperà poi nei suoi melodrammi, in primis la famosa Finta pazza (mus. di Sacrati, 1641). Assistiamo all’antagonismo tra Amore (inteso qui come rabbia e furore, smania e sca- Francesca Zardini e Grazia Lana, Gli Ulissi di Giacomo Badoaro. Albori dell’Opera a Venezia, Verona, Fiorini, 2007, 369 pp., ISBN 978-88-87082-59-3, euro 37,00 Variazioni su Adone, I: Favole lettere idilli (1532-1623), a cura di Andrea Torre; II: Libretti musicali e di ballo (1614-1898), a cura di Stefano Tomassini, Lucca, Pacini Fazzi, 2009, 228+263 pp., ISBN 978-88-7246-985-9 e 978-88-7246-986-6, euro 20,00 + 22,00 Giulio Strozzi, Il natal di Amore. Anacronismo, a cura di Marco Arnaudo, Roma-Padova, Antenore, 2009, lv-277 pp., ISBN 978-88-8455-645-5, euro 34,00 «Favole fredde e verità fumanti»: due drammi per musica spagnoli di Carlo Maria Maggi, a cura di Nicola Badolato, Pisa-Roma, Fabrizio Serra, 2010 («Musicalia», 5), 183 pp., ISSN 824-6206 / ISSN elettronico 1826-7858, euro 145,00 tenamento dei sensi), mandato da Giove tra gli uomini per punirli, e la Ragione Umana, che nella sua rigida secchezza è però incapace di domare lo scatenato fanciullino; il lieto fine scaturisce dalla reciproca mitigazione dei due antitetici principii. Lo spirito libertino non si preclude alcuna licenza: basti dire che Strozzi accoppia allegramente una casta sacerdotessa di Diana col vecchio nocchiero Tifi e decanta l’amore omosessuale sbocciato tra i due centauri Toante e Chirone. Di rara ricchezza e sagacia l’introduzione e il commento di Marco Arnaudo. Fuori di Venezia ci conduce infine il lavoro di Nicola Badolato, «Favole fredde e verità fumanti». Il titolo, autoironico, è tratto da uno dei libretti di Carlo Maria Maggi qui presentati e studiati. Maggi, segretario del Senato di Milano, sarà poi celebre per le commedie in lingua milanese: i suoi drammi per musica degli anni settanta, dati nel Teatro Ducale di Milano e nel teatrino dei conti Borromeo all’Isola Bella, sono arguti e spigliati ricalchi di comedias barocche spagnole; spesso vi compare il personaggio del segretario di corte, dunque l’alter ego del commediografo, che in un affasciante gioco di specchi commenta dal di dentro gli inganni e i disinganni, le simulazioni e le dissimulazioni che alimentano il piacere dell’intreccio e quello, oggi rinnovabile, della lettura. ◼ A sinistra, in basso: Antonio Canova, Venere e Adone. A destra, in alto: monumento a Carlo Maria Maggi, Milano, 1890 (foto di Giovanni Dall’Orto). carta canta — 91 Le recensioni P di Giuseppina La Face Bianconi anni di Mercedes Viale Ferrero amici, estimatori e «allievi» hanno promosso nel 2009 un doppio convegno, a Torino, la sua città, e a Venezia, nella Fondazione Cini; escono ora gli Atti, curati da Maria Ida Biggi e Paolo Gallarati. Ho messo le virgolette ad «allievi», perché Viale Ferrero, di formazione storica dell’arte, non ha mai tenuto una cattedra né un incarico in un’accademia o in un ateneo, dunque non ha formalmente diplomato alcun discepolo; ha però dispensato a piene mani, con prodigalità, per iscritto e a voce, in pubblico e in privato, un ineguagliato sapere in materia di messinscena, dal Sei al Novecento. Molti storici del melodramma, della musica e del teatro possono dunque considerarsi un po’ allievi di Viale Ferrero, che a modo suo ha impresso una svolta sugli studi di storia dell’opera, fin da quando con le due monografie sui Galliari (1963) e su Juvarra (1970) avviò la riconsiderazione della scenografia italiana del Settecento. Si deve principalmente a lei se lo studio della scenografia in Italia è uscito dalla sfera del collezionismo di grafica e er festeggiare gli ottantacinque disegni ed è entrato in un fitto dialogo con i musicologi e con i librettologi: un dialogo favorito dai convegni che Gianfranco Folena e Maria Teresa Muraro promossero nella Fondazione Cini dal 1972 in poi, di cui Viale Ferrero era ospite fissa. Da lei musicologi e librettologi hanno imparato che nello sfogliare libretti e partiture occorre sempre tenere conto della componente visiva, anche nei suoi condizionamenti tecnici: il progetto di un melodramma parte infatti dalla considerazione delle risorse scenotecniche di un dato teatro, e la studiata sequenza dei cambi di scena rappresenta, nel sistema estetico del teatro d’opera, il più potente fattore di articolazione formale. In questa Festschrift troviamo dunque fianco a fianco storici del teatro come Elena Tamburini, dell’arte e dell’architettura come Marinella Pigozzi e Deanna Lenzi, della musica come Annarita Colturato, Emilio Sala, David Rosen, Virgilio Bernardoni e Michele Girardi, nonché della letteratura come Elena Sala Di Felice e Daniela Goldin Folena. Quest’ultima in particolare traccia un simpatico ritratto linguistico-letterario della festeggiata, mettendo in risalto quelle sue «attenuazioni colloquiali» in L’immaginario scenografico e la realizzazione musicale. Atti del Convegno in onore di Mercedes Viale Ferrero, Torino, Teatro Regio, 5-6 febbraio 2009 Venezia, Fondazione Giorgio Cini, 5-6 marzo 2009, a cura di Maria Ida Biggi e Paolo Gallarati, Alessandria, Edizioni dell’Orso, 2010, vi-295 pp. con 25 illustrazioni a colori, ISBN 978-88-6274-191-0, 35,00 euro. Moreno Bucci, I disegni del Teatro del Maggio Musicale Fiorentino. Inventario – I (1933-1943), Firenze, Leo S. Olschki, 2010, xvi-465 pp. con ca. 1800 illustrazioni a colori, ISBN 978-88-222-6009-3, 110,00 euro. Giuseppe Verdi. Lettere 1843-1900, a cura di Antonio Baldassarre e Matthias von Orelli, Bern, Peter Lang, 2009, 325 pp., ISBN 978-3-0343-0072-8, 52,90 euro. cui tutto sembra semplice e ovvio ma mai banale: semplicemente giusto. Un contributo lussuoso allo studio della scenografia operistica giunge ora dai ricchi archivi del Maggio Musicale Fiorentino. Per i tipi di Leo S. Olschki, Moreno Bucci ha avviato l’impresa, colossale, dell’inventario dei disegni teatrali, cioè bozzetti di scene e di costumi. Il primo volume copre i primi undici anni della manifestazione fiorentina (in appendice censisce i disegni dal 1850 al 1931) e conta più di 1500 immagini, ciascuna descritta in una scheda sintetica col rinvio alla bibliografia. Il Maggio favorì programmaticamente il coniugio dei «pittori da cavalletto» col melodramma: si può dunque immaginare quale tesoro venga qui rimesso ordinatamente in luce, in un’impeccabile qualità di stampa a colori. Bastano i nomi di Mario Sironi, Felice Casorati, Giorgio De Chirico, Cipriano Efisio Oppo, Primo Conti, Giovanni Michelucci, Enrico Prampolini a documentare il livello di questo patrimonio. L’epistolografia verdiana è oceanica. Alle collezioni finora note, schedate nell’Istituto nazionale di Studi verdiani di Parma, un pregevole volume plurilingue dell’editore Peter Lang aggiunge ora le centodue lettere di un’innominata collezione (probabilmente elvetica), coscienziosamente indicizzate, trascritte e annotate da Antonio Baldassarre e Matthias von Orelli; molte di esse sono anche riprodotte fotograficamente. Sono lettere della più varia natura, biglietti d’auguri, trattative d’affari, ordinativi per la villa di S. Agata; ma anche commenti su pregi e difetti di questo o quel soggetto drammatico, questo o quel cantante; e un inventario testamentario di mobili e dipinti (1898-1899). Altrettanti squarci aperti su una biografia esemplare. ◼ carta canta / libri libri 92 — carta canta libri La cultura tra economia e management G produzione culturale (patrimonio, processi, prodotti) sono stati oggetto di interesse e di analisi anche da parte di economisti, da un lato, e di studiosi di management, dall’altro. Ciò è avvenuto tuttavia in misura inferiore rispetto a quanto ci si poteva attendere, tenuto conto dell’importanza che la cultura e l’arte hanno dimostrato nell’evoluzione delle civiltà e dei popoli. Ancora limitata appare l’attenzione nei riguardi delle teorie e delle prassi manageriali in funzione della loro supposta capacità strumentale di analisi e di sostegno al processo decisionale delle diverse realtà aziendali produttrici di cultura. […] Fino agli anni settanta del secolo scorso il management delle aziende di produzione culturale è stato visto e considerato come separato e distinto da quanto si sviluppava, dal punto di vista manageriale e organizzativo, nelle aziende operanti in altri settori». È a Maurizio Rispoli partire da queste pree Giorgio Brunetti (a cura di), messe che un numeEconomia e management delle aziende di produzione culturale, roso gruppo di lavoro – guidato da MauIl Mulino, Bologna 2009, rizio Rispoli e Gior472 pagine, euro 35 gio Brunetti e composto per lo più da ricercatori e docenti del Dipartimento di Economia e Direzione aziendale di Ca’ Foscari – ha dato vita a Economia e management delle aziende di produzione culturale, un’imponente raccolta di saggi che vanno, per citare solo due titoli, da Lo sviluppo strategico delle organizzazioni di produzione culturale: commitment, risorse, prodotti, firmato da Michele Tamma e Angelo Curtolo – che segue il contributo propedeutico all’intero volume elaborato dallo stesso Rispoli, Strumenti e concetti per l’analisi economico-gestionale dell’industria culturale – a Organizzazioni temporanee e gestione delle risorse. «Lezioni» dal settore della produzione culturale di Anna Comacchio e Andrea Pontiggia. Suddiviso in quattro sezioni («Industria culturale, prodotti e problema strategico», «Marketing e consumo culturale», «Organizzazione e governance», «Misurazione e controllo»), il libro dedica in particolare al teatro e alle arti dal vivo tre illuminanti contributi fruibili anche per un pubblico di non specialisti: Board e sovrintendente «croce e delizia» dei teatri lirici di Giorgio Brunetti e Paolo Pinamonti, Il reporting direzionale delle aziende di spettacolo ancora di Brunetti insieme a Pieremilio Ferrarese (autori qualche anno fa di Lineamenti di governance e management delle aziende di spettacolo, Cafoscarina, Venezia 2007) e Modelli di report nel settore delle performing arts del solo Ferrarese. ◼ « carta canta / libri di Leonardo Mello li aspetti economici della Le lettere della Duse alla figlia Enrichetta Alla Cini conservati gli autografi dell’attrice E leonora Duse è l’attrice-simbolo del teatro ita- liano tra Otto e Novecento. Su di lei moltissimo è stato scritto, sia sul versante artistico che su quello biografico. Ma alcuni aspetti ancora inediti della sua personalità si possono scoprire ora attraverso Ma Pupa, Henriette, il bel libro edito da Marsilio e curato da Maria Ida Biggi dove sono riunite le lettere scritte dalla Duse alla figlia Enrichetta – nata nel 1882 dal poco fortunato matrimonio con Tebaldo Checchi – nel lungo periodo di anni che va dal 1892 al 1924, anno della morte dell’attrice. Attraverso questo nutrito corpus epistolare è possibile farsi un’idea più precisa dei gusti e delle opinioni, ma anche delle insicurezze e delle debolezze di questa mitica interprete figlia di teatranti e nata per caso in un albergo di Vigevano durante una tournée della madre. La stessa curatrice, nella sua preziosa introduzione, spiega quali materiali raccoglie il volume, che conta più di trecentocinquanta pagine: «Il carteggio [..], scritto solo parzialmente in italiano e per la maggior parte Maria Ida Biggi (a cura di), Ma Pupa, Henriette. in francese, è formato da Le lettere di Eleonora Duse due nuclei fondamentali: alla figlia, da un lato le vere missiMarsilio, Venezia 2010, ve, autentiche, autografe 364 pagine di Eleonora, e dall’altro i cosiddetti “Quaderni di Enrichetta”, che contengono copie manoscritte delle lettere che la madre ha inviato alla figlia durante gli anni dal 1914 al 1918. Le carte autografe autentiche, conservate nell’Archivio Duse della Fondazione Giorgio Cini di Venezia, sono circa ottanta pezzi, alcuni dei quali formati da più fogli, altri costituiti semplicemente da biglietti, cartoline illustrate e telegrammi. La trascrizione delle lettere fatta da Enrichetta nei quaderni dà luogo a una testimonianza viva della vita e delle difficoltà finanziarie e psicologiche incontrate durante i lunghi anni della prima guerra mondiale e nel periodo immediatamente successivo. Queste copie devono essere filtrate attraverso gli occhi, o meglio le mani, della figlia che è sopravvissuta alla madre per quasi quarant’anni con la costante preoccupazione di mutare e occultare l’immagine pubblica dell’attrice, distruggendone o manomettendone molte testimonianze». Tra i documenti più interessanti – oltre ai riferimenti all’unica esperienza cinematografica, Cenere, lungometraggio ricavato nel 1916 dall’omonimo romanzo di Grazia Deledda – ci sono quelli che mettono in luce la vocazione e l’abilità letteraria dell’attrice, già evidenziate peraltro molti anni fa da Vittore Branca. Un epistolario appassionante che racconta l’Italia di ieri attraverso gli occhi di una protagonista assoluta. (l.m.) ◼