Società Italiana di Musicologia RIVISTA ITALIANA DI MUSICOLOGIA XLIX - 2014 LIBRERIA MUSICALE ITALIANA RIVISTA ITALIANA DI MUSICOLOGIA Periodico della Società Italiana di Musicologia Fondata nel 1966 Direttore Claudio Toscani (Università degli Studi di Milano) Comitato scientifico Livio Aragona (Istituto Superiore di Studi Musicali di Bergamo), segretario coordinatore Enrico Careri (Università degli Studi di Napoli Federico II) Angela Ida De Benedictis (Paul Sacher Stiftung, Basel) Marco Mangani (Università degli Studi di Ferrara) Renato Meucci (Conservatorio di Musica di Novara) Luisa Nardini (University of Texas, Austin) Consulenti / Advisors Virgilio Bernardoni (Università degli Studi di Bergamo) Daniel Brandenburg (Universität Bayreuth) Thomas D. Brothers (Duke University, Durham) Mauro Calcagno (University of Pennsylvania, Philadelphia) Michele Calella (Universität Wien) Stefano Castelvecchi (University of Cambridge) Pascal Decroupet (Université Nice Sophia Antipolis) Norbert Dubowy (Goethe-Universität, Frankfurt am Main) Anselm Gerhard (Universität Bern) Philip Gossett (University of Chicago) Arnold Jacobshagen (Hochschule für Musik und Tanz Köln) Ulrich Mosch (Université de Genève) Fiamma Nicolodi (Università degli Studi di Firenze) Friedemann Sallis (University of Calgary) Herbert Seifert (Universität Wien) Neal Zaslaw (Cornell University, Ithaca) Luca Zoppelli (Université de Fribourg) In copertina: corni alpini LIM – LIBRERIA MUSICALE ITALIANA Via di Arsina, 296/f 55100 Lucca tel. +39 0583 394464 – fax +39 0583 394469 http://www.lim.it email: [email protected] ISSN 0035-6867 ISBN 978-88-7096-754-8 SOMMARIO Saggi Alceste Innocenzi «Bolognese, musico di S.M. Cesarea»: sulle tracce di Costantino Ferrabosco 5 Livio Marcaletti Il cercar della nota: un abbellimento vocale ‘cacciniano’ oltre le soglie del Barocco 27 Federico Gon Tra corni e corna: morfologia di un espediente semantico-musicale 55 Carlo Lo Presti I Concerti Mugellini e la vita musicale all’inizio del Novecento 85 Benedetta Zucconi Tentativi di rinnovamento di un genere: dodecafonia e opera buffa in La donna è mobile di Riccardo Malipiero (1954) 155 Paolo Dal Molin «È giovane pieno d’intelligenza e di finezza». Luigi Nono e L’Allegria di Ungaretti 177 Note d’archivio Francesco Bissoli A proposito di una presunta fonte rossiniana 211 Interventi Licia Sirch «Forme insolite» e «unità delle idee». Aggiornamenti bibliografici ponchielliani 233 Paola Besutti Le Edizioni Nazionali di compositori, bilanci e prospettive: Alessandro Stradella 253 Enrico Careri Sull’interpretazione della canzone napoletana classica. Il caso di Tammurriata nera di E. A. Mario 267 Recensioni Antichi organi della città di Cortona. XV-XIX secolo, a cura di Gian Carlo Ristori, Cortona, Typhis, 2011; Sauro Rodolfi, La famiglia Dell’Alpa. Una stirpe di organari padani del Quattrocento, Firenze, Olschki, 2011 (Sara Dieci) 285 Giuliano Bellorini, Il magnifico signor cavallier Luigi Cassola piacentino, Firenze, Olschki, 2012 (Nicola Panizza) 288 Constance Frei, L’arco sonoro. Articulation et ornementation: les différentes pratiques d’exécution pour violon en Italie au XVIIe siècle, Lucca, LIM, 2010 (Angela Romagnoli) 291 Maria Grazia Sità – Corrado Vitale, I Quartetti di Béla Bartók. Contesto, testo, interpretazione, Lucca, LIM, 2012 (Candida Felici) 296 Alessandro Arbo, Entendre comme. Wittgenstein et l’esthétique musicale, Paris, Hermann, 2013 (Enrico Fubini) 300 Serena Facci – Paolo Soddu, Il Festival di Sanremo. Parole e suoni raccontano la nazione, Roma, Carocci, 2011 (Carlo Bianchi) 304 I suoni dell’albero: il «Maggio» di S. Giuliano ad Accettura, a cura di Nicola Scaldaferri e Steven Feld, Udine, Nota, 2012 (Ignazio Macchiarella) 309 Schede Hieronymi de Moravia Tractatus de musica, a cura di Christian Meyer e Guy Lobri- 315 chon (Francesco Rocco Rossi); Willem Elders, Josquin des Prez and His Musical Legacy (Francesco Saggio); Luigi Sisto, I liutai tedeschi a Napoli tra Cinque e Seicento (Alessandra Palidda); Marco Bizzarini, Federico Borromeo e la musica (Giovanni Salis); Jean-François Lattarico, Busenello. Un théâtre de la rhétorique (Antonio Caroccia); Francesco Antonio Urio, Mottetti di concerto, a cura di Ivano Bettin – Bonaventura Aliotti, La morte di S. Antonio di Padova, a cura di Nicoletta Billio D’Arpa (Livio Marcaletti); Ausilia Magaudda – Danilo Costantini, Musica e spettacolo nel Regno di Napoli attraverso lo spoglio della «Gazzetta» (Marina Vaccarini); Passatempi musicali. Guillaume Cottrau e la canzone napoletana di primo ’800, a cura di Pasquale Scialò e Francesca Seller (Marina Marino); Ciro Raimo, Il pianoforte in Europa e a Napoli (Paola Carlomagno); Gabriele Scaramuzza, Il brutto all’opera. L’emancipazione del negativo nel teatro di Giuseppe Verdi (Raffaella Colombo); Consuelo Giglio, Franco Oppo. Nuova Musica dalla Sardegna (Antonio Trudu) Autori e collaboratori 331 Libri ricevuti 334 SCHEDE al contesto veneziano, con utili considerazioni sui tentativi che fecero da preludio all’attività pubblica del San Cassiano nel 1637; in questo contesto, Lattarico individua come punto di partenza l’Ermiona padovana del 1636, in cui sono già evidenti i prodromi dei successivi fasti veneziani. Evento che prelude alla felicissima stagione pubblica veneziana del carnevale 1637, in cui l’apporto delle compagnie itineranti sarà determinante. A questo proposito appaiono più che mai utili le considerazioni dell’autore sul ruolo delle accademie, laboratorio di generi che porterà ai trionfi delle opere del primo Barocco. È in questo variegato contesto veneziano ed europeo che si inserisce a pieno titolo Busenello, amico dei poeti Giacomo Badoaro e Nicolò Crasso, che apprende a Padova i fondamenti giuridici da Paolo Sarpi e quelli filosofici da Cesare Cremonini negli anni 1617-18 (due figure che diventeranno ben presto il riferimento intellettuale dell’Accademia degli Incogniti). Come esistono una prima e una seconda prattica monteverdiane, così è possibile individuare una prima e una seconda maniera poetica in Busenello: alla sobrietà del primo modello si oppongono la stravaganza e la sensualità espressiva del secondo. Il nome di Busenello è poi associato anche all’attività intensa di avvocato che egli svolse nella Serenissima. La seconda parte del volume (Le dédale des œuvres) è dedicata all’analisi e alla contestualizzazione delle opere del poeta, a partire dai primi tempi della formazione letteraria, filosofica e giuridica. Sin dal principio Busenello è affascinato dal potere della retorica, che condiziona il suo primo linguaggio poetico e le sue prime opere; lo dimostra ampiamente il trattato della Rettorica, una sorta di vademecum per i futuri avvocati. Parte del volume di Lattarico è poi dedicata all’analisi dei drammi per musica: Gli amori di Apollo e Dafne (1640), Didone (1641), L’incoronazione di Poppea (1643), La prosperità infelice di Giulio Cesare dittatore (1646) e infine La Statira (1655). Un fortunatissima sta- 321 gione, durata circa quindici anni, che fa di questi libretti modelli paradigmatici. Nella terza parte del volume (Poétique et dramaturgie) vengono poi analizzati gli importanti scritti teorici di Busenello, come le lettere sull’Adone e sulla Statira, e il suo linguaggio poetico; qui vengono sviscerate tutte le eccezionali qualità del poeta dal punto di vista letterario, stilistico e tematico. Non v’è dubbio che questo poderoso volume, che fin dalle prime pagine appare discorsivo e scorrevole, metta in piena luce la figura di Busenello, un poeta che, figlio del suo tempo e dei conflitti storici del periodo, instaura con la parola la fortunatissima stagione che toccò al dramma per musica grazie, soprattutto, al suo linguaggio globale. Antonio Caroccia Francesco Antonio Urio, Mottetti di concerto a due, tre e quattro voci con violini e senza, Opera prima, Roma 1690, a cura di Ivano Bettin, Padova, Centro Studi Antoniani, 2013 (Corpus musicum franciscanum, 27/1), XVI-121 pp.; Bonaventura Aliotti, La morte di S. Antonio di Padova, oratorio a cinque voci, archi e basso continuo, a cura di Nicoletta Billio D’Arpa, Padova, Centro Studi Antoniani, 2013 (Corpus musicum franciscanum, 28/1), XXXVIII-133 pp. La collana del Corpus musicum franciscanum, a cura del Centro Studi Antoniani di Padova, ha recentemente licenziato due nuove edizioni di musica vocale del secondo Seicento. Entrambe pongono all’attenzione del pubblico lavori sacri di compositori francescani conventuali, rispettivamente una raccolta di mottetti concertati e un oratorio. Il primo dei due volumi consiste più precisamente nell’edizione critica, a cura di Ivano Bettin, dei Motetti [sic] di concerto a due, tre e quattro voci con violini e senza (Roma, 1690) di Francesco Antonio Urio. Nato intorno agli anni Trenta del Seicento e morto con tutta probabilità dopo il 1719, il frate 322 di origini milanesi fu attivo come maestro di cappella in varie chiese di località del Centro Italia (Albano Laziale, Spello, Urbino) a partire dagli ultimi anni Sessanta del Seicento. Intorno all’anno di pubblicazione dei Motetti, sua opera prima, egli riuscì a ottenere un posto alla Basilica dei Santi Apostoli di Roma. Sue successive composizioni comprendono altri pezzi liturgici (il più noto è un Te Deum a cui Händel attinse largamente per propri lavori inglesi), sonate da chiesa, cantate e oratori. La dedica dei Motetti al cardinale Pietro Ottoboni, generoso mecenate di musicisti del rango di Corelli e Händel, è segno di una certa acclimatazione del compositore all’interno dell’ambiente musicale romano. La raccolta contiene brani per diverse combinazioni di due, tre o quattro voci e basso continuo; tre dei mottetti per due voci prevedono addizionalmente due parti di violino. I testi musicati (forniti nell’edizione critica secondo la stampa del 1690, e con traduzione italiana a fronte) derivano solo in parte da testi biblici, perlopiù sapienziali (salmi, Cantico dei Cantici). Da parte di Urio non mancano poi riferimenti al proprio ordine religioso: in Domus ab Antonio, succinto testo in onore del francescano Sant’Antonio da Padova, e in Audite coeli, esaltazione di San Francesco e della povertà. Nel metterli in musica, il frate milanese propone una scrittura à la page, florida negli ampi e numerosi passaggi ornamentali e al contempo lontana dal contrappunto più severo e conservatore. L’imitazione è certo la pietra angolare di tanta parte della struttura compositiva, ma mai si cristallizza in forme rigidamente canoniche; si dissolve invece spesso in passaggi di terze e seste, o in effetti di ‘botta e risposta’ tra le singole parti vocali e/o strumentali. Degno di nota è pure uno spiccato gusto per la pittura musicale, rispecchiantesi nell’impiego di non scontati madrigalismi. La morte di S. Antonio di Padova, la seconda edizione qui in esame, è opera del palermitano Bonaventura Aliotti, della cui attività SCHEDE musicale abbiamo notizia solo limitatamente agli ultimi vent’anni. Egli fu organista e maestro di cappella in vari centri italiani, tra cui Padova, Ferrara, Spoleto e la nativa Palermo, dove si spense nel 1683; ignota è invece la sua data di nascita. La sua vena compositiva si concretò precipuamente nella creazione di oratori, tra cui La morte di S. Antonio. Secondo l’autrice dell’edizione critica, Nicoletta Billio D’Arpa, fonti d’archivio lasciano presupporre un’esecuzione della Morte al Santo di Padova nel 1674, benché la datazione del manoscritto musicale lo collochi nel decennio successivo. Il libretto è desunto, pur con alcune prese di distanza, dall’omonimo oratorio musicato da Giovanni Paolo Colonna nel 1676 su poesia di Girolamo Desideri; dunque, secondo le ipotesi soprammenzionate, la composizione di Aliotti precederebbe temporalmente quella di Colonna. La differenza principale tra i due libretti sta nell’assenza del personaggio del Testo, di norma presente nell’oratorio di provenienza emiliana. Il lavoro sacro di Aliotti inscena così in presa diretta, senza mediazione di un narratore, il glorioso passaggio del santo di Padova (tenore) alla vita eterna, a cui il Cielo (impersonato da Cristo, contralto, e da Maria e un Angelo, soprani) lo chiama, mentre Lucifero (basso) tenta una debole quanto vana opposizione. Alla tutto sommata esigua consistenza drammatica dell’azione fanno da contraltare le ardite similitudini naturalistiche dei versi, sorta di prodromi dei testi d’una settecentesca ‘aria di paragone’. Il messaggero celeste è più volte paragonato al rapido vento, mentre il demonio evoca saette e tempeste marine, e il languente Sant’Antonio si sfa «qual cera, qual ghiaccio, ai lampi del sol». Aliotti musica i pezzi chiusi ora col solo basso continuo, ora con l’accompagnamento degli archi, limitato ai ritornelli strumentali conclusivi oppure esteso all’intero brano (si tratta perlopiù di due violini, in un solo caso di due viole). Alle arie si alternano, in linea con la tradizione del genere oratoria- 323 SCHEDE no, cori, duetti e un terzetto. Di particolare pregnanza nella qualità dell’intonazione musicale è soprattutto la parte del Santo, le cui sofferenze terrene sono dipinte con frequenti cromatismi, nelle forme ‘operistiche’ dell’aria-lamento e del basso ostinato. Dal punto di vista strettamente editoriale, entrambi i volumi sono caratterizzati da scelte analoghe, conformemente alla linea direttiva della collana. Il grande formato garantisce un’ottima leggibilità del testo musicale, e giovano al lettore le esaustive introduzioni storico-biografiche, comprensive di un utile apparato bibliografico e di alcuni facsimili. Non è invece del tutto soddisfacente la scelta editoriale di un davvero esiguo apparato critico: ciò comporta, soprattutto nell’oratorio, un sovraccarico di segni diacritici all’interno del testo musicale. In particolare, l’eccesso di parentesi quadre e di alterazioni sovrapposte alla nota (che al basso continuo assumono l’ingannevole apparenza di indicazioni di numerica) rischia di essere fonte di dubbi più che di chiarimenti. Cionondimeno, resta senz’altro benvenuta l’operazione di riscoperta di musiche oggi a torto neglette, operazione che da un lato approfondisce le conoscenze storico-musicali sul Seicento italiano, dall’altro può fungere da sprone a nuove esecuzioni. Livio Marcaletti Ausilia Magaudda – Danilo Costantini, Musica e spettacolo nel Regno di Napoli attraverso lo spoglio della «Gazzetta» (1675-1768), Roma, Ismez, s.d., XXX-605 pp., cd-rom allegato. La «Gazzetta», sotto la cui denominazione si indicano genericamente anche i fogli di ‘avvisi’ che circolavano – manoscritti o a stampa – a Napoli nel Seicento, rappresenta da sempre una fonte primaria per tutti gli studiosi di musica del meridione d’Italia tra XVII e XVIII secolo; nessuno, però, aveva finora condotto un lavoro così organico e completo su tutte le notizie musicali riportate in questo periodico a iniziare dalla copia del 24 aprile 1675, data del più antico ‘avviso’ rintracciato, fino al 1768, anno in cui la «Gazzetta di Napoli» muta l’intestazione in «Foglio ordinario». Un antecedente in tal senso è il volume di Thomas Edward Griffin, Musical References in the «Gazzetta di Napoli», 1681-1725 (Berkeley, Fallen Leaf Press, 1993); ma il lavoro compiuto da Magaudda e Costantini su una maggiore quantità di fonti, oltre ad abbracciare un ambito cronologico più ampio, ha permesso di arricchire la ricerca con nuovi dati, di vagliarne l’autenticità con criteri di controllo più severi e di disporli su moderni supporti digitali per facilitarne la consultazione. Le 4643 notizie di interesse musicale suddivise tra la città di Napoli e, in minor misura, tra le province del Regno, raccolte dai due autori nell’arco di una trentina d’anni, si trovano riprodotte nel cd-rom allegato al volume e sono consultabili sia in pdf sia sotto forma di data-base. Nel file pdf le notizie sono collocate in ordine cronologico; attraverso un accurato confronto tra fonti diverse, i curatori forniscono per ciascun evento note a piè di pagina integrative sui titoli e i generi delle opere citate (opere in musica, commedie per musica, serenate, oratori, drammi sacri), sui nomi delle persone non indicati o solo parzialmente citati (musicisti, librettisti, committenti, dedicatari) e note correttive di notizie che sul periodico appaiono falsate. Il data-base permette invece di interrogare il documento attraverso sette campi (data, città, luogo, occasione, evento, varia, nomi), offrendo così al lettore la possibilità di effettuare anche ricerche incrociate; con questa modalità di accesso le citazioni trovate compaiono prive di note a piè di pagina. Dalla schermata iniziale del cd-rom è possibile anche accedere all’indice dei nomi. L’ampia bibliografia è invece collocata alla fine del volume, dove tutto il materiale raccolto si trova sintetizzato in capitoli tematici: La «Gazzetta di Napoli» (con le biblioteche, in appendice, in cui si