n. 2 2014 Incontri Fraterni SUORE MINIME DELL’ADDOLORATA Via C. Tambroni, 13 - 40137 Bologna - Tel. 051 341755-342624 POSTE ITALIANE S.P.A. - SPED. ABB. POST. D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N. 46) ART. 1, COMMA 2, DCB - BO - ANNO XLVII - PUBB. INF. 50% - STAMPA: DIGI GRAF - BOLOGNA Sinodo dei vescovi sulla famiglia LA FAMIGLIA E LA GIOIA DELL’AMORE Di fronte ai problemi e alle aggressioni che si stanno moltiplicando contro la famiglia, la Chiesa intende accogliere le sfide che le vengono dalla società, e dare nuove risposte ai problemi che si pongono. A questo tema saranno dedicati due sinodi dei vescovi. I n un momento come questo in cui la famiglia è oggetto di una continua aggressione che tenta di distruggerla nei suoi stessi fondamenti, appare quanto mai opportuna l’iniziativa della Chiesa di mettere questo argomento al centro della sua azione di evangelizzazione. Nel prossimo mese di ottobre si svolgerà infatti in Vaticano l’Assemblea straordinaria dei vescovi e avrà come tema “Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione”. Ma questa sarà solo la prima tappa perché, nel 2015, ad un anno di di- stanza, sarà celebrata l’Assemblea generale ordinaria dei vescovi sempre sul medesimo argomento. Il sinodo straordinario del prossimo ottobre avrà come scopo di precisare bene lo status quaestionis e di raccogliere testimonianze e proposte dei vescovi su come annunciare e vivere in maniera credibile il Vangelo della famiglia. Invece nell’Assemblea generale ordinaria del prossimo anno si cercherà di definire le linee operative per la pastorale della persona umana e della famiglia. Saranno considerati anche 1 La famiglia e la gioia dell'amore 6 Il cuore di Gesù una scuola di amore 10 Con la sua vita parla al cuore di tutti 14 La santità dei poveri e dei piccoli 15Due papi santi 22 Madre Orsola nella luce di Clelia 26Professione perpetua di 6 suore minime 28 Ritorno in Brasile 30 Solennità di Santa Clelia Barbieri 2 Incontri Fraterni problemi pastorali quali le separazioni, il divorzio, i sacramenti ai divorziati e risposati, le unioni di fatto, l’omosessualità ecc. Problematiche nuove e inedite A nessuno comunque sfugge l’importanza che il tema della famiglia ha assunto e l’urgenza di rispondere ai problemi e alle sfide che oggi si pongono nella Chiesa e nella società. Come scrive il documento preparatorio all’Assemblea sinodale del prossimo ottobre, «si profilano oggi problematiche inedite fino a pochi anni fa, dalla diffusione delle coppie di fatto, che non accedono al matrimonio e a volte ne escludono l’idea, alle unioni fra persone dello stesso sesso, cui non di rado è consentita l’adozione di figli. Fra le numerose nuove situazioni che richiedono l’attenzione e l’impegno pastorale della Chiesa basterà ricordare: matrimoni misti o inter-religiosi; famiglia monoparentale; poligamia; matrimoni combinati con la conseguente problematica della dote, a volte intesa come prezzo di acquisto della donna; sistema delle caste; cultura del non-impegno e della presupposta instabilità del vincolo; forme di femminismo ostile alla Chiesa; fenomeni migratori e riformulazione dell’idea stessa di famiglia; pluralismo relativista nella concezione del matrimonio; influenza dei media sulla cultura popolare nella comprensione delle nozze e della vita familiare; tendenze di pensiero sottese a proposte legislative che svalutano la permanenza e la fedeltà del patto matrimoniale; diffondersi del fenomeno delle madri surrogate (utero in affitto); nuove interpretazioni dei diritti umani. Ma soprattutto in ambito più strettamente ecclesiale, indebolimento o abbandono della fede nella sacramentalità del matrimonio e nel potere terapeutico della penitenza sacramentale». La stravagante ideologia del “genere” A tutto ciò occorre aggiungere anche la propaganda martellante, promossa da ambienti facilmente riconoscibili, per introdurre subdolamente anche qui in Italia, soprattutto attraverso la scuola, la stravagante ideologia del cosiddetto gender (genere). È un’ideologia che vorrebbe sostituire il sesso con l’identità del genere. In altre parole, mentre il sesso si riferisce alla dimensione corporeo-anatomica di un essere umano, il “genere” invece indicherebbe la percezione che uno ha di sé in quanto maschio e femmina e il sistema di aspettative sociali ad essa collegate. Il nucleo centrale di questa ideologia è il “dogma” pseudoscientifico secondo il quale l’essere umano nasce sessualmen- te neutro. In altre parole, il sesso non ha nessuna importanza per quello che una persona vuole essere, uomo o donna. Il sesso, maschile e femminile, inteso come dato biologico non configurerebbe quindi la persona, che invece assumerebbe la sua identità di genere sul versante sociale e culturale. Conseguentemente la sessualità non è un destino, non è un dato biologico legato alla forma del corpo, ma è una scelta, un risultato storico, una opzione in mano ai singoli. In base a questa concezione, l’identità sessuale del singolo può variare nel corso della sua vita sia in un senso come nel suo opposto, a seconda di come uno si percepisce. E senza un’identità stabile non ha alcuno spazio né la dualità sessuale, né l’amore fecondo, con la relativa responsabilità di cura, né il contratto sociale del matrimonio, né la pretesa di fedeltà. Ciò a cui mira questa ideologia non è quasi mai enunciato, ma è comunque rilevabile in molte battaglie ideologico-giuridiche. Tende cioè ad affermare la parità tra tutti i modelli familiari (unioni di fatto, unioni omosessuali...), la legittimità del transessualismo, la trasformazione dei diritti individuali come il passaggio fra aborto depenalizzato e aborto-diritto, ecc.; è la distruzione della concezione cristiana del matrimonio e della famiglia. Incontri Fraterni 3 La famiglia nel progetto di Dio Di fronte a queste deformazioni aberranti è quanto mai urgente che la Chiesa annunci con rinnovata chiarezza e forza la buona novella dell’amore di Dio e presenti la dottrina della fede circa il matrimonio e re, l’ha chiamato nello stesso tempo all’amore. Dio è amore (1Gv 4,8) e vive in se stesso un mistero di comunione personale d’amore. Creandola a sua immagine e continuamente conservandola nell’essere, Dio iscrive nell’umanità dell’uomo e della donna la vocazione, e quindi la capacità e la la famiglia, secondo il progetto che Dio ha iscritto nell’essere umano, e che mai prima era stato messo discussione, in nessuna epoca della storia dell’umanità. La Chiesa non ha mai mancato di riproporlo attraverso i secoli, ma il suo insegnamento si è intensificato soprattutto a partire dal concilio Vaticano II. Un esempio fra i tanti è ciò che ha scritto Giovanni Paolo II nella Esortazione apostolica Familiaris consortio: «Dio ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza (cf. Gen 1,26s): chiamandolo all’esistenza per amo- responsabilità dell’amore e della comunione. L’amore è, pertanto, la fondamentale e nativa vocazione di ogni essere umano». Le parole del papa ribadiscono la prospettiva biblica secondo cui la famiglia ha la sua radice nella creazione dell’uomo e della donna, fatti entrambi a immagine e somiglianza di Dio. Legati da un vincolo sacramentale indissolubile, gli sposi vivono la bellezza dell’amore, della paternità, della maternità e della dignità suprema di partecipare così alla opera creatrice di Dio. 4 Incontri Fraterni Sono quasi le stesse parole usate dal papa Francesco nella recente enciclica Lumen Fidei: «Il primo ambito in cui la fede illumina la città degli uomini si trova nella famiglia. Penso anzitutto all’unione stabile dell’uomo e della donna nel matrimonio. Essa nasce dal loro amore, segno e presenza dell’amore di Dio, dal riconoscimento e dall’accettazione della bontà della differenza sessuale, per cui i coniugi possono Sarà ora il sinodo dei vescovi a riaffermare queste grandi verità e a infondere rinnovata fiducia in tutti coloro che non intendono lasciarsi trascinare dalle derive di teorie che mirano a distruggere la bellezza del matrimonio tra un uomo e una donna e la gioia dell’amore. Come ha scritto Papa Francesco nella Lettera alle famiglie del 2 febbraio scorso, festa della Presentazione di Gesù al tempio: «Nel vostro cammino familiare, voi con- unirsi in una sola carne (cf. Gn 2,24) e sono capaci di generare una nuova vita, manifestazione della bontà del Creatore, della sua saggezza e del suo disegno di amore. Fondati su quest’amore, uomo e donna possono promettersi l’amore mutuo con un gesto che coinvolge tutta la vita e che ricorda tanti tratti della fede. Promettere un amore che sia per sempre è possibile quando si scopre un disegno più grande dei propri progetti, che ci sostiene e ci permette di donare l’intero futuro alla persona amata (LF 52)». dividete tanti momenti belli: i pasti, il riposo, il lavoro in casa, il divertimento, la preghiera, i viaggi e i pellegrinaggi, le azioni di solidarietà… Tuttavia, se manca l’amore manca la gioia, e l’amore autentico ce lo dona Gesù: ci offre la sua Parola, che illumina la nostra strada; ci dà il Pane di vita, che sostiene la fatica quotidiana del nostro cammino». Per questo ha chiesto di pregare per il sinodo che «sarà un tesoro prezioso che arricchirà la Chiesa». Incontri Fraterni 5 Mese di giugno, mese del Sacro Cuore IL CUORE DI GESÙ UNA SCUOLA DI AMORE Il prossimo 27 giugno la Chiesa celebra la solennità del Cuore di Gesù. È una festa che illumina con la sua luce tutto il mese che è considerato e conosciuto appunto come il “mese del Sacro Cuore”. Ma in che cosa consiste la spiritualità del Cuore di Gesù? U n tempo non molto lontano la devozione al Cuore di Gesù era molto sentita nel popolo cristiano. Oggi forse lo 6 Incontri Fraterni è ancora, anche se sembra un po’ messa in disparte, forse per la errata convinzione che si tratti di una spiritualità devozionale, fatta di pratiche e di pii esercizi. Ma non è così. Come ebbe a dire Benedetto XVI il venerdì 19 giugno 2009, in apertura dell’ “Anno sacerdotale nel 150° della morte di Giovanni Maria Vianney”: «Nel Cuore di Gesù è espresso il nucleo essenziale del cristianesimo; in Cristo ci è stata rivelata e donata tutta la novità rivoluzionaria del Vangelo: l’Amore che ci salva e ci fa vivere già nell’eternità di Dio. Scrive l’evangelista Giovanni: “Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio Unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna” (3, 16). Il suo Cuore divino chiama allora il nostro cuore; ci invita ad uscire da noi stessi, ad abbandonare le nostre sicurezze umane per fidarci di Lui e, seguendo il suo esempio, a fare di noi stessi un dono di amore senza riserve». Da parte sua, la Chiesa e i sommi pontefici non hanno mai trascurato di tenere viva l’attenzione al Cuore di Gesù indicando nel culto a questo Cuore il contenuto di ogni vera spiritualità e devozione cristiana. A partire dalla fine del secolo 18° hanno emanato importanti encicliche su questo argomento. Possiamo ricordare l’Annum sacrum di Leone XIII (1899), la Miserentissimus Redemptor di Pio XI (1928), l’Haurietis aquas di Pio XII (1956). Un Dio ricolmo di amore Non possiamo tuttavia ignorare la Deus caritas est (2005) di Benedetto XVI che, pur non trattando direttamente del Cuore di Gesù, è però tutta dedicata al tema dell’Amore di Dio – come dice appunto il titolo, “Dio è Amore” – un amore che trova la sua massima e tangibile espressione nella persona di Gesù e nel suo cuore squarciato. Scrive Benedetto XVI: «L’agire di Dio acquista la sua forma drammatica nel fatto che, in Gesù Cristo, Dio stesso insegue la “ pecorella smarrita”, l’umanità sofferente e perduta. Quando Gesù nelle sue parabole parla del pastore che va dietro alla pe- corella smarrita, della donna che cerca la dracma, del padre che va incontro al figliol prodigo e lo abbraccia, queste non sono soltanto parole, ma costituiscono la spiegazione del suo stesso essere ed operare. Nella sua morte in croce si compie quel volgersi di Dio contro se stesso nel quale Egli si dona per rialzare l’uomo e salvarlo – amore, questo, nella sua forma più radicale. Lo sguardo rivolto al fianco squarciato di Cristo, di cui parla Giovanni (cfr 19, 37), comprende ciò che è stato il punto di partenza di questa Lettera enciclica: «Dio è amore » (1 Gv 4, 8). È lì che questa verità può essere contemplata. E partendo da lì deve ora definirsi che cosa sia l’amore. A partire da questo sguardo il cristiano trova la strada del suo vivere e del suo amare». Un Cuore trafitto per amore Bisogna partire da questo sguardo se vogliamo comprendere che il culto al Cuore di Gesù è ben più che semplice devozione, fra la tante. Anzi più che paròare di “devozione” è più corretto parlare di “culto”. Benedetto XVI lo ha sottolineato chiaramente anche nella lettera che scrisse il 15 maggio 2006 all’allora superiore generale dei gesuiti, p. Peter-Hans Kolvenbach, nel 50° anniversario dell’enciclica Haurietis Aquas: «Il costato trafitto del Redentore è la sorgente alla quale ci rimanda l’enciclica Haurietis aquas: a questa sorgente dobbiamo attingere per raggiungere la vera Incontri Fraterni 7 conoscenza di Gesù Cristo e sperimentare più a fondo il suo amore. Potremo così meglio comprendere che cosa significhi conoscere in Gesù Cristo l’amore di Dio, sperimentarlo tenendo fisso lo sguardo su di lui, fino a vivere completamente dell’esperienza del suo amore, per poi poterlo testimoniare agli altri. Infatti, per riprendere un’espressione del mio venerato predecessore Giovanni Paolo II, “vicino al del Cuore di Cristo”». «Il culto dell’amore di Dio, – prosegue papa Benedetto – deve aiutarci a ricordare incessantemente che Egli ha preso su di sé la sofferenza volontariamente “per noi”, “per me”. Quando pratichiamo questo culto, non solo riconosciamo con gratitudine l’amore di Dio, ma continuiamo ad aprirci a tale amore in modo che la nostra vita ne sia sempre più modellata. Dio, che Cuore di Cristo, il cuore umano apprende a conoscere il senso vero e unico della vita e del proprio destino, a comprendere il valore d’una vita autenticamente cristiana, a guardarsi da certe perversioni del cuore, a unire l’amore filiale verso Dio all’amore verso il prossimo. Così – ed è la vera riparazione richiesta dal Cuore del Salvatore – sulle rovine accumulate dall’odio e dalla violenza, potrà essere edificata la civiltà ha riversato il suo amore “nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato” (cf. Rm 5,5), ci invita instancabilmente ad accogliere il suo amore. L’invito a donarsi interamente all’amore salvifico di Cristo e a votarsi ad esso ha quindi come primo scopo il rapporto con Dio. Ecco perché questo culto, totalmente rivolto all’amore di Dio che si sacrifica per noi, è di così insostituibile importanza per 8 Incontri Fraterni la nostra fede e per la nostra vita nell’amore». Il Cuore di Gesù, sorgente di carità Se uno accetta questo amore di Dio nell’intimo del proprio essere, ne viene completamente plasmato e l’esperienza di questo amore si trasforma in “una chiamata” a cui si sente il bisogno di rispondere. Infatti, «lo sguardo rivolto al Signore, che “ha preso le nostre infermità e si è addossato le nostre malattie” (Mt 8, 17), ci aiuta a divenire più attenti alla sofferenza e al bisogno degli altri. La contemplazione adorante del costato trafitto dalla lancia ci rende sensibili alla volontà salvifica di Dio. Ci rende capaci di affidarci al suo amore salvifico e misericordioso e al tempo stesso ci rafforza nel desiderio di partecipare alla sua opera di salvezza diventando suoi strumenti. I doni ricevuti dal costato aperto, dal quale sono sgorgati “sangue e acqua” (cf. Gv 19,34), fanno sì che la nostra vita diventi anche per gli altri sorgente da cui promanano “fiumi di acqua viva” (Gv 7,38)». Inoltre, «l’esperienza dell’amore attinta dal culto del costato trafitto del Redentore ci tutela dal rischio del ripiegamento su noi stessi e ci rende più disponibili a una vita per gli altri. “Da questo abbiamo conosciuto l’amore: Egli ha dato la sua vita per noi, quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli” (1Gv 3,16)». È un pensiero che Benedetto XVI ha espresso anche nell’enciclica Deus caritas est: lo Spirito, che il Signore dona ai suoi fedeli, diventa «quella potenza interiore che armonizza il loro cuore col cuore di Cristo e li muove ad amare i fratelli come li ha amati Lui, quando si è curvato a lavare i piedi dei discepoli e soprattutto quando ha donato la sua vita per tutti» (Deus caritas est) Tenendo presenti questi concetti, possiamo comprendere come la devozione, o meglio il culto al Cuore di Gesù e la spiritualità che ne deriva, ci portino al nucleo centrale di tutta la nostra vita cristiana in ciò che ha di più profondo e significativo che è appunto l’amore. Un amore nella sua duplice dimensione: a Dio amato sopra ogni cosa e al prossimo con il quale Dio si identifica. In questo sta la vera vita cristiana. Incontri Fraterni 9 Da 25 anni Clelia Barbieri proclamata santa CON LA SUA VITA PARLA AL CUORE DI TUTTI Con la solenne canonizzazione di Santa Clelia, Dio pone davanti a noi una creatura umile, fragile, priva di ricchezze materiali e di cultura, ma ricca di quella sapienza che i semplici attingono nella preghiera alle sorgenti stesse della Parola rivelata. A noi insegna che quello che conta è solo l’amore. 10 Incontri Fraterni S ono trascorsi 25 anni da quel 9 aprile 1989 quando Giovanni Paolo II, con una solenne cerimonia nella Basilica di San Pietro, a Roma, proclamò Santa Clelia Barbieri, piccolo profumato fiore sbocciato sulle sponde del torrente Samoggia, nella campagna delle Budrie, in provincia di Bologna. Risuonano ancora negli orecchi di tanti pellegrini che quel giorno affollavano le navate della basilica vaticana le parole di canonizzazione pronunciate dal papa: «Ad onore della SS.ma Trinità, per l’esaltazione della fede cattolica e l’incremento delle vita cristiana, con l’autorità di nostro Signore Gesù Cristo, dei Santi Apostoli Pietro e Paolo e Nostra, dopo aver lungamente riflettuto e invocato più volte l’aiuto divino e ascoltato il parere di molti nostri Fratelli nell’Episcopato, dichiariamo e definiamo Santa la Beata Clelia Barbieri, la iscriviamo nell’Albo dei Santi e stabiliamo che in tutta la Chiesa Ella sia devotamente onorata tra i Santi. Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo». “Mi ami tu più di costoro?” Subito dopo la proclamazione, fu intonato il Gloria in Excelsis Deo, eseguito a cori alterni dalla schola e dai presenti, quasi a fondere in una sola possente armonia i cori celesti e quelli della terra: “Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini che Dio ama”. Tra coloro che Dio ama rifulgeva quel giorno di particolare luce la piccola, umile figura di Santa Clelia, innalzata agli onori degli altari. Durante la celebrazione dell’Eucaristia fu proclamato in tre lingue, latino, italiano e greco, il Vangelo di Giovanni (21,1-9), dove l’Apostolo narra l’episodio della pesca miracolosa nel mare di Tiberiade e dove, per ben tre volte, Gesù aveva chiesto a Pietro: “mi ami tu più di costoro?”. E Pietro aveva risposto. “tu sai che io ti amo”. Nell’ascoltare quelle parole è tornato alla mente ciò che Santa Clelia aveva scritto nella sua lettera al “Caro Sposo Gesù”: “Signore, aprite il vostro cuore e buttate fuori una quantità di fiamme d’amore e con queste fiamme accendete il mio, fate che io bruci d’amore”. Il Signore aveva ascoltato questa sua preghiera e le aveva deposto nel cuore il germe di un amore più grande, il desiderio di farsi santa. Ancora fanciulla, infatti, come ebbe a dire il card. Giacomo Biffi nell’omelia nella festa dell’allora Beata Clelia Barbieri, il 13 luglio 1985, nella chiesa parrocchiale delle Budrie, aveva chiesto alla mamma: “parlami di Dio” e “come posso farmi santa?”. Così, ha affermato il cardinale, supplicava la mamma «in un’età in cui le altre bambine chiedevano avidamente di riascoltare le eterne favole che la gente, priva di ogni altro divertimento, si tramandava di generazione in generazione». E quel germe era diventato una grande pianta che aveva portato copiosi frutti. Modello per tutta la Chiesa Giovanni Paolo II nell’omelia di canonizzazione ha tracciato le tappe di questa prodigiosa crescita, e indicato gli ambienti e i mezzi attraverso cui si è realizzata. Riascoltiamo quelle sue parole: «Sono lieto di richiamare l’attenzione di tutta la Chiesa sugli esempi della sua breve ma intensa vita, giacché sono convinto che i cristiani di oggi, specialmente i giovani, possono trarre dalla sua testimonianza indicazioni stimolanti per una presenza apostolica veramente incisiva nel mondo contemporaneo. La prima indicazione che la giovane Clelia offre ai cristiani di oggi è quella della fiducia piena e totale in Cristo e nella Chiesa. Come Pietro sulle rive del mare di Tiberia- Incontri Fraterni 11 de, ella ha creduto alle parole del Maestro divino e ha gettato le reti della sua vita nel mare dell’amore di Dio e del prossimo, superando insidie e tentazioni, evitando attrattive e pericoli mondani. Come Pietro, anche Clelia, a Gesù che la invitava interiormente ad amarlo “di più”, ha potuto rispondere: “Certo, Signore, tu lo sai che ti amo” (Gv 21,15). In una vita esteriormente semplice e ordinaria, Clelia ha alimentato in sé una fiamma d’amore così intensa e bruciante per lo Sposo divino, che il suo fisico stesso ne ha risentito: ancora giovanissima ella è crollata come consumata dall’interno ardore. Impressiona il vertice di santità raggiunto in un tratto di tempo così breve: Clelia è la più giovane Fondatrice della storia della Chiesa. La sua vicenda dimostra che la santità delle anime è opera della grazia divina, non della strategia e della cultura umana. Non v’è anche in questo un messaggio dell’Altissimo, particolarmente adatto al nostro tempo? Con la solenne canonizzazione della giovane Religiosa bolognese Dio pone davanti a noi una creatura umile, fragile, priva di ricchezze materiali e di cultura, ma ricca della sapienza che i semplici attingono nella preghiera alle sorgenti stesse della Parola rivelata. La famiglia e la parrocchia La famiglia e la parrocchia sono state l’ambiente in cui Clelia ha costruito l’edificio della sua santità. In famiglia la piccola bambina ha imparato i primi rudimenti della fede; in parrocchia ha sviluppato e perfezionato il proprio cammino spirituale. La sua esperienza documenta la perenne validità di queste due cellule fondamentali della vita sociale ed ecclesiale, offrendo un’ulteriore, preziosa indicazione: non si può sperare in una nuova fioritura di vita cristiana, se non ci si impegna nel 12 Incontri Fraterni risanamenio della famiglia e nel rilancio della pastorale parrocchiale. Ma tanto la famiglia cristiana quanto la famiglia parrocchiale e in essa ogni altra comunità suscitata dalla fede hanno un unico e medesimo centro, da cui trarre vigore di coesione, slancio di impegno, capacità di costante rinnovamento. Tale centro è l’Eucaristia. Eucaristia La devozione all’Eucaristia ha svolto un ruolo fondamentale nella vita di santa Clelia Barbieri. Ella sentì profondamente l’invito di Gesù, echeggiato anche dalla pagina evangelica di oggi: “Gesù disse loro: ‘Venite a mangiare’. E nessuno dei discepoli osava domandargli ‘Chi sei?’, poiché sapevano bene che era il Signore” (Gv 21, 12). Nella comunione eucaristica Clelia andò ogni giorno scoprendo con rinnovato trasporto la presenza amorosa del suo Signore. È precisamente dopo aver partecipato alla celebrazione eucaristica che Clelia vergò l’unica testimonianza scritta delle meraviglie di grazia che il Signore operava in lei: «Signore, in essa scrive, aprite il vostro cuore e buttate fuori una quantità di fiamme d’amore e con queste fiamme accendete il mio. Fate che io bruci d’amore». Clelia parla a tutti Ecco, santa Clelia Barbieri sta davanti a noi per ripetere alla Chiesa di oggi quello che è stato il messaggio di tutte la sua vita. Essa parla ai giovani, per dir loro che si può essere santi nonostante l’età nella quale le passioni sono più vivaci. Basta volerlo tenacemente e pregare senza stancarsi. Santa Clelia, esemplare figura di donna consacrata, parla alle Religiose per invitarle ad essere coscienti delle ricchezze spirituali della loro femminilità mediante le quali esse possono e devono dare un contributo insostituibile all’edificazione della Chiesa e della società. La nuova Santa parla a tutti i cristiani, per richiamarli alla stima della famiglia e della parrocchia, le due istituzioni sulle quali si regge – nell’ambiti naturale e in quello soprannaturale – la vita del popolo di Dio. Il cardinale Giorgio Gusmini, primo biografo della santa, ha scritto di lei. «Chi l’ha veduta, ammirata in quegli anni, dice che se Iddio avesse mandato sulla terra uno degli Angeli della sua corte, quell’Angelo non avrebbe potuto avere vita più bella, più santa, più feconda di bene per sé e per gli altri, di quella vissuta da Clelia Barbieri»... Un fascino in continua espansione Il fascino della sua santità, in questi 25 anni dalla sua canonizzazione, ha continuato a diffondersi, per emanazione spontanea, in tante parti del mondo, come testimoniano le lettere, che giungono da ogni parte, di persone che desiderano conoscerla e possibilmente avere una sua reliquia da esporre alla pubblica venerazione, e anche per proporre la sua figura come modello di santità semplice, soprattutto ai giovani. Ma il luogo in cui è maggiormente venerata è senza dubbio la parrocchia delle Budrie dove è custodita l’urna con le sue spoglie mortali. A lei è stata dedicata anche la chiesa parrocchiale, che ora si intitola Basilica Santa Clelia. È qui che convergono in continuazione a volte pellegrinaggi organizzati, a volte piccoli gruppi o singole persone che vengono per venerarla e anche per affidare a lei le intenzioni che portano nel cuore, come testimonia l’Album, posto nell’Oratorio dove è custodita l’urna. In questo luogo è sorto anche un centro di spiritualità che è considerato un fiore all’occhiello della diocesi di Bologna. Ormai non passa settimana senza che giungano richieste per ritiri spirituali, giornate di preghiera o di preparazione ai sacramenti per i bambini e i ragazzi, oppure anche per incontri formativi. A tutti coloro che vengono, Clelia insegna che quello che conta è solo l’amore. E a tutti ripete ciò che ha scritto al termine della sua lettera, quasi come suo testamento spirituale, “Amate, amate Iddio”. Incontri Fraterni 13 Un incontro alle Budrie nel 25° di canonizzazione LA SANTITÀ DEI POVERI E DEI PICCOLI Nella sua piccolezza e umiltà Clelia si riteneva una “povera peccatora”. Aveva chiesto a Gesù di essere infiammata del suo amore. Col suo esempio parla al cuore di tutti, con la semplicità dei piccoli ai quali è riservata la visione di Dio. Molti ora in ogni parte del mondo desiderano conoscerla e chiedono sue reliquie. A lle Budrie, dove santa Clelia ha vissuto i suoi brevi anni, raggiungendo le vette della santità, lo scorso 1 maggio è stato organizzato un incontro per ricordare il venticinquesimo della sua canonizzazione. Vi hanno partecipato un folto numero di suore Minime e il gruppo degli Amici e Associati alla sua Famiglia religiosa. La giornata è stata animata da mons. Juan Andrés Caniato, incaricato della diocesi di Bologna per la pastorale delle comunicazioni sociali, da sr Maria Clara Bonora, delle Minime dell’Addolorata, e dal diacono Gianni Vincenti. Molti di coloro che hanno preso parte (Continua a pagina 19) 14 Incontri Fraterni DUE PAPI SANTI 27 Aprile 2014 San Giovanni XXIII San Giovanni Paolo II Pensieri di Giovanni XXIII La verità fondamentale: Dio. Tutto abbiamo ricevuto da lui; tutto a lui deve ritornare. Tutto da lui: dunque fede profonda; dipendenza assoluta. Tutto a lui, dunque riconoscenza e lode perenne, rispetto come a Padre, dappertutto, sempre, specialmente nella preghiera, amore generoso e coraggioso. Il resto non conta nulla nella vita. Qui sta tutta la gioia e la gloria: “Ci hai fatti, Signore per te”. Io rinnovo il mio proponimento di volermi fare santo davvero, e protesto un’altra volta innanzi a te, o Cuore dolcissimo del mio maestro Gesù, di volerti amare come tu lo desideri. Il pensiero che io sono obbligato e ho preso per mio compito principale e unico il farmi santo ad ogni costo, deve essere la mia preoccupazione continua: preoccupazione serena, però, e tranquilla, non pesante e tiranna. Di ciò mi debbo ricordare ogni momento, dal primo aprire degli occhi alla luce del mattino, all’ultimo chiuderli al sonno nella sera. Ormai nessuna tentazione di onori nel mondo o nella Chiesa, mi può toccare. Porto la confusione di quanto il Santo Padre ha voluto fare per me, mandandomi a Parigi. Avere altro grado nella gerarchia o non averlo mi è del tutto indifferente. L’amicizia di Gesù non fa rumore al di fuori, ma trasparisce presto in una diffusione di soavità e pace, che traspira da tutta la persona, nel dominio tranquillo e senza scosse delle nostre passioni, in una gentilezza squisita e ad un tempo venusta di tratto che noi veniamo mano mano acquistando. Incontri Fraterni 15 Il mondo non ha più fascini per me. Voglio essere tutto e solo di Dio, penetrato dalla sua luce, splendente della carità verso la Chiesa e le anime. Procurerò di tenere sempre occupata la mente ed il mio cuore del pensiero e di sentimenti affettuosi verso Maria, con frequentissime giaculatorie. Sarà una gioia presentarle ossequi, fioretti, atti di virtù santificati dall’invocazione del suo nome e dei suoi auspici. Il rosario, che dall’inizio del 1958 (anno in cui fu eletto papa) mi sono impegnato di recitare devotamente tutto intero è divenuto esercizio di continua meditazione e di contemplazione tranquilla e quotidiana che tiene aperto il mio spirito sul campo vastissimo del mio magistero e ministero di pastore massimo della Chiesa, e di padre universale delle anime. Chi sono io? Qual è il mio nome? I miei titoli di nobiltà quali sono? Niente, niente. Io sono un servo e nulla più. Nulla mi appartiene, nemmeno la vita. Dio è il mio padrone, padrone assoluto per la vita e la morte Che genitori, che parenti, che signori del mondo! Il mio unico e vero padrone è Dio. Peccati e malinconia, fuori di casa mia. Anche le cose che urtano la mia suscettibilità, i compagni che non mi vanno a genio, li debbo sopportare con grande tranquillità: diversamente, dov’è il merito, il piacere di Dio? Amerò i giovani come una mamma, ma sempre nel Signore e nella intenzione di preparare in loro degni figli alla Chiesa e, se mi fosse possibile, generosi apostoli della verità e del bene per l’avvenire, nell’atto stesso che vengo educando in loro le speranze più belle della famiglie e della patria. O Signore, fa pure di me quello che vuoi, anche la morte accetto con soddisfazione e contento, perché così piace a te. Tu sei del resto il centro, la sintesi, il termine ultimo di tutti gli ideali miei. Ma che almeno io muoia nel tuo santo amore. A volte il pensiero del poco tempo che mi resta a vivere vorrebbe rallentare il mio ardore. Non riuscirà, con l’aiuto del Signore. La volontà del Signore rimane sempre la mia pace. No, io non piango, e neppure desidero tornare indietro per fare meglio. Affido alla misericordia del Signore quello che ho fatto, male o meno bene, e guardo all’avvenire, breve o lungo che possa essere quaggiù, perché lo voglio santificato e santificatore. Dal Giornale dell’Anima 16 Incontri Fraterni La vita santa di Giovanni Paolo II Il Cardinale Stanislaw Dziwisz, attuale arcivescovo di Cracovia, è stato segretario personale di Giovanni Paolo II, incarico che ha ricoperto per quarant’anni, da quando cioè Karol Wojtyla era stato nominato alla guida della sua stessa diocesi. In questa intervista, pubblicata sull’agenzia Zenith il 1 maggio 2011, abbiamo raccolto alcune sue risposte che ci svelano la profondità spirituale di Giovanni Paolo II, proclamato santo la domenica 27 aprile 2014 da papa Francesco. Come descriverebbe la personalità di Giovanni Paolo II? Il Papa era molto gentile, ma fermo: era lui a guidare le situazioni, fino all’ultimo giorno della sua vita. Con delicatezza ma con fermezza. Non reagiva in modo emotivo: questa era la sua grande forza. Durante il viaggio nel Cile di Pinochet, per esempio, quando la Messa fu sul punto di essere interrotta a causa di alcuni disordini e la polizia del dittatore intervenne con i gas lacrimogeni, il Papa fu l’unico a rimanere sul palco, non si mosse. Mantenne la fermezza anche a proposito della guerra del Golfo, da solo contro tutti: “non si risolvono i problemi con la guerra”, affermava. Non si univa a nessun potere civile. Il regime sovietico aveva paura di lui – non sapeva come annunciare la sua elezione a Pontefice – perché lui liberava la gente dalla paura: “Non abbiate paura” è la cifra del suo pontificato. Era un uomo di grande responsabilità: non lasciava mai le cose non risolte... Non condannava le persone senza giudizio, ma era molto fermo. Tutti coloro che hanno conosciuto da vicino Giovanni Paolo II attestano la sua straordinaria capacità di immergersi nella preghiera: è vero? Mi domandano: quante ore pregava il Papa? Quanti rosari diceva al giorno? Io rispondo che pregava con tutta la sua vita. Portava sempre il rosario con sé, ma soprattutto era unito a Dio, uomo di Dio, immerso in Dio. Anche se la gente non lo sapeva, lui pregava sempre per le persone che venivano per un colloquio. Tutta la giornata era scandita dalla preghiera e dalla meditazione e finiva sempre con la benedizione della sua città, Roma. Sempre, quando ancora poteva camminare, andava alla finestra; alla fine, quando era molto debole, chiedeva “alzatemi” per vedere ancora Roma e benedirla. Questo era sempre l’ultimo gesto di ogni Incontri Fraterni 17 giorno: benedire il popolo di Roma, la sua diocesi. Era consapevole di essere Papa in quanto vescovo di Roma e per questo ha voluto visitare tutte le parrocchie della città. È vero che il Papa conservava nel suo inginocchiatoio intenzioni di preghiera che provenivano da tutto il mondo? Sì, perché le prendeva ad una ad una, durante la sua preghiera, e le presentava al Signore. Ci aveva insegnato a trascriverle dalle lettere che arrivavano per poterle raccogliere insieme: abbiamo imparato da lui a rispettare ogni richiesta e a non trascurarne nessuna. Giovanni Paolo II durante il suo pontificato ha creato più santi di tutti gli altri Papi messi insieme: perché sentiva una così grande necessità di indicare testimoni alla vita della gente? Voleva compiere la volontà del Concilio. È stato il Concilio a dire che bisogna facilitare tutti i processi, soprattutto per i candidati agli onori degli altari dei paesi lontani da Roma, perché prima questi erano normalmente fondatori di congregazioni o vescovi e comunque, in prevalenza, di ambito europeo. Il Papa ha visto la necessità di dare anche agli altri paesi la possibilità di avere santi e beati compiendo così la volontà del Concilio. I santi sono importanti per la vita della chiesa locale ma anche per le nazioni, sono delle guide sicure. Il Santo Padre intuiva la necessità di dare esempi per il mondo di oggi. Quando la vita è meno santa, vengono i santi: così è stato nella storia della Chiesa e dell’umanità. Egli leggeva i segni dei tempi: quando la vita è più secolarizzata, diventa più necessario offrire esempi di santità. Quale insegnamento ha voluto dare Giovanni Paolo II con la sua sofferenza portata agli occhi del mondo? Lui diceva sempre che Gesù Cristo ha redento il mondo con la sua sofferenza, attraverso la croce, e ha dimostrato che anche la sofferenza nella vita dell’uomo ha un senso profondo. Per questo accoglieva la sofferenza e non si lamentava mai e non nascondeva neanche le sue debolezze, le sue malattie. Così dava forza alla gente che soffre. Vedere il Papa così malato, debole, che offriva tutto a Gesù, per il mondo, diventava un mezzo di apostolato profondo, convincente. Tramite la sofferenza e anche la morte. Ho letto che la sua morte è stata la più importante enciclica che lui abbia scritto. Alcune voci raccolte tra i fedeli parlano di miracoli attribuiti a Giovanni Paolo II quando era ancora in vita: cosa ne pensa? In Polonia molti chiamano Giovanni Paolo II cudotwórca, che si può tradurre con “uno che compie miracoli”, perché gli attribuiscono una particolare forza di intercessione. Anche il Papa sapeva di questa cosa ma non ne volle mai parlare. A chi lo ringraziava per averlo guarito, rispondeva: “È il Signore che fa i miracoli, non l’uomo”. Abbiamo raccolto e continuiamo a raccogliere testimonianze in questo senso di cui abbiamo un’ampia documentazione. Tuttavia anch’io, come già aveva fatto Giovanni Paolo II, a tutti rispondo che i miracoli avvengono per opera di Dio e grazie alla fede delle singole persone con la quale si domanda la grazia. Abbiamo, per esempio, la testimonianza di una donna malata di tumore al cervello che ha chiesto al Santo Padre di pregare per lei. Egli le ha imposto le mani chiedendole di pregare insieme la Divina Misericordia, di cui anche lui era molto devoto. Qualche tempo dopo la donna è tornata per dire che era guarita. 18 Incontri Fraterni (Continua da pagina 14) all’incontro erano presenti a Roma, nella Basilica di S. Pietro, il 9 aprile 1989, quando Giovanni Paolo II° proclamò Santa Clelia Barbieri. Il Papa in quella circostanza disse: «Ecco, Santa Clelia Barbieri sta davanti a noi per ripetere alla Chiesa di oggi il messaggio di tutta la sua vita». Quel giorno sembrò che tutto il popolo di Dio della Chiesa in Bologna si fosse riversato a Roma, guidato dal suo pastore, il card. Giacomo Biffi, a cantare le meraviglie operate da Dio in quella sua figlia. In virtù della fede nella quale era stata battezzata, con la forza dello Spirito Santo che l’aveva guidata, e dell’Eucaristia che l’aveva nutrita, ora era “collocata sul candelabro per illuminare tutta la Chiesa“. L’ambiente che l’ha plasmata Nel suo intervento sul tema Madre Clelia e la santità dei poveri e dei piccoli, sr. Maria Clara ha descritto come la santità di Clelia abbia trovato il suo terreno fecondo nella famiglia, prima, poi nella parrocchia e nelle compagne che per prime hanno abbracciato il suo ideale. Ripercorrendone la vita, ha affermato: «Prima di lei c’è la santità di papà Giuseppe. Come dicono di lui i compaesani, «era un buon cristiano e, finché è vissuto, si è dedicato all’educazione dei suo figli». Poi la santità di mamma Giacinta che ha cresciuto bene le sue figlie nella fede, nel sacrificio, nel dono di sé, nel servizio agli altri, ha seguito e sostenuto il difficile cammino di questa sua figlia straordinaria, ne ha accompagnato tutti i passi fino a quello decisivo del ritorno al Padre e poi, tra le suore e in paese, ne ha custodito e tramandato la memoria. Inoltre don Gaetano Guidi, il suo parroco, vissuto e morto nella santità e che ora è sepolto in chiesa accanto a lei». Attorno a Clelia, ha aggiunto sr. M. Clara, troviamo poi altre persone ricche di santità, come Teodora, la sua prima compagna, morta il 16 dicembre 1869. Orsola, divenuta poi Madre Orsola, e ora proclamata Serva di Dio, ripeteva di non saper dire se era più santa Clelia o Teodora, e altre figure. Ciò dimostra come la santità non matura mai da sola, ma cresce di solito in Incontri Fraterni 19 un ambiente di vita cristiana vissuta e di santità. Cosa dice Clelia a noi oggi? Il diacono Gianni ha sviluppato il tema Santità di Clelia oggi nell’ambito famigliare e lavorativo. Riandando a quel 9 aprile 1989, ha messo in risalto la grande portata ecclesiale di quell’evento che bisogna assolutamente richiamare e trasmettere alle nuove generazioni che non l’hanno vissuto, e presentarlo loro con entusiasmo. Clelia, ha detto, è capace di parlare al cuore di tutti, con la semplicità dei piccoli e dei puri di cuore ai quali è riservata la visione di Dio. Quando si visita la misera casa dove lei vide la luce e visse, viene alla mente la strofa di un inno liturgico alla Santa Famiglia di Nazareth definita “esperta del soffrire”: “La mano del Signore li guida e li protegge nei giorni della prova”. Clelia è cresciuta in una famiglia dove si sapeva il segreto del vivere, si sapeva andare incontro ai bisogni degli altri, anche se si condivideva una uguale povertà. Da quella mamma Giacinta, la quale, da ricca che era, seppe farsi povera per “amore”, dal papà Giuseppe buon cristiano, dai nonni umili lavoratori ma campioni di fede, Clelia fu nutrita ad una vita spirituale che suscita in noi genitori, in noi educatori, in noi catechisti e maestri l’interrogativo sulla nostra adeguatezza all’odierna capacità educativa ma soprattutto alla trasmissione della fede. Clelia deve essere presentata come il modello di una giovane che ha annunciato il Signore con la vita, perché l’ha messo al primo posto del suo progetto esistenziale. La sua santità, ha proseguito il diacono Gianni, si può definire polivalente ed è ben vero se si considerano i molteplici aspetti della sua esistenza. La sua vita può 20 Incontri Fraterni parlare con coerente credibilità ai figli, ai giovani, agli sposi, ai genitori, a coloro che hanno un ministero nella Chiesa, ai lavoratori, ai maestri, ai poveri, agli ammalati, ai sofferenti; ha esercitato la diaconia nella sua parrocchia, ha lavorato, ha insegnato, è stata povera e ammalata. A queste parole fa eco la definizione del card. Biffi, nel suo libro: “Santa Clelia è un capolavoro del Padre celeste” e “unisce la sua voce e la sua gratitudine a quella della Madre di Gesù la quale non cessa mai di elevare al cospetto degli angeli il canto del Magnificat al Dio suo salvatore e glorificatore” (“L’eredità di S. Clelia”, p. 75). Una santità trinitaria Sull’unione di Clelia alla Trinità SS., alla Beata Vergine Maria, agli angeli, ai martiri e a tutti i santi, ha parlato mons. Caniato, riflettendo sul tema La santità di Clelia: quale messaggio oggi per le chiese locali? Si è riferito alle parole di san Paolo nella Lettera ai Colossesi per ringraziare Dio “che ci ha messi in grado di partecipare alla sorte dei santi nella luce”, perché la Chiesa è una: corpo vivo in cui sono tutti presenti. Riflettere su tale affermazione è consolante e fortificante, ha affermato, perché porta alla certezza che Dio cammina con noi, come accanto ai discepoli di Emmaus, e su di noi riversa la sua misericordia, Santa Clelia aveva questo ben chiaro, altrimenti, con la consapevolezza di essere, come lei si definiva “povera peccatora”, si sarebbe scoraggiata e arresa. Sapeva di essere nelle mani del suo Salvatore che, ha fatto di lei, piccola e umile creatura, sale della terra e luce del mondo. Un’esortazione per noi, ha affermato mons. Caniato, perché noi pure siamo sale, siamo luce, ma «non brillare, è questione di infelicità». Clelia si è lasciata inabitare dallo Spirito Santo, soffio di Dio, suo respiro, che rende la Chiesa immortale proprio perché generata dalla sua mano creatrice, ma soprattutto dalla vita ricevuta attraverso l’ultimo anelito di Gesù sulla croce. Suor M. Clara, (fatto curioso o ispirazione?) ha espresso il medesimo concetto già scritto nei suoi appunti: “Non esiste vera umanità se togliamo il suo respiro trascendente”. Oggi, il fatto di aver parlato di santità, ha effuso in tutti i cuori una grande dolcezza, un balsamo di consolazione, come è fonte di grande gioia credere che Clelia è vicina, contemporanea a noi nella Comunione dei Santi, come professiamo nel Credo. È vicina perché ha promesso che mai avrebbe lasciato sole le sue sorelle e lo dice anche a noi, suoi Amici e Associati alla sua Famiglia religiosa, che camminiamo su questa terra, talvolta affaticati, oppressi da problemi e stanchezze. Come una madre consola un figlio, ci insegna: “State tranquille, perché il Signore, quando è ora, provvederà”. (dal Protc. Ap. 125). Come Gesù si è fatto compagno di strada ai due discepoli di Emmaus e li ha illuminati del suo Spirito, fino ad infiammare il loro cuore di certezze e di amore, così Clelia ci è accanto, con la sua mano di madre dolcissima che ci conduce al Signore e sicuramente, come ha affermato sr. M. Clara, «si fa garante dell’amore di Dio per noi e della sua speranza della nostra santità». Ci ripete: “Forza, coraggio che tutto andrà bene! Vi aspetto nel regno, tutti santi con me e come me, con una sola eccezione possibile: santi più di me!”. Gabriella Pizzi Vincenti Incontri Fraterni 21 A 80 anni dalla morte MADRE ORSOLA NELLA LUCE DI CLELIA Abbiamo avuto un dono prezioso da Papa Francesco: la sua Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium. È un testo che può illuminarci anche nella contemplazione della santità di Madre Orsola Donati. F ra le tante riflessioni, vorrei in questo semplice articolo proporre alcuni spunti utili per una rinnovata riscoperta del carisma di Fondazione delle care Mi- 22 Incontri Fraterni nime dell’Addolorata. Le parole del Papa sono, a questo proposito, di una rilevanza notevole: «Gesù ci viene incontro nella Chiesa attraverso il carisma di fondazione di un Istituto: è bello pensare così alla nostra vocazione. Il nostro incontro con Cristo ha preso forma nella Chiesa mediante il carisma di un suo testimone, di una sua testimone. Questo ci stupisce e ci fa rendere grazie». (Omelia del 2 febbraio 2013). Da Clelia a Orsola Clelia aveva scelto a succederle, in un primo tempo, Teodora Baraldi, ma essa morì il 16 dicembre 1869, perciò posò il suo sguardo su Orsola. È giovane, ha appena 21 anni quando Clelia muore il 13 luglio 1870. Non ha mai voluto il nome di Madre (solo Clelia era sempre l’unica Madre) e anche nella lapide al cimitero delle Budrie è indicata come Suor Orsola, figlia di Clelia, e quindi sorella tra le sorelle(1). È vero che Orsola si comporta come una vera madre durante il suo lungo servizio, ma per lei la vera e unica madre era Clelia e firmava sempre la sua corrispondenza con “Suor Orsola Donati Superiora Generale”. Il “carisma di fondazione” ricevuto da Clelia ottiene l’approvazione della Chiesa il mercoledì 7 agosto 1878 da parte dell’Arcivescovo Lucido Maria Parocchi. Nel libro di Suor Maria Clara “Madre Orsola Donati” leggiamo: «Nel pomeriggio prima della solenne benedizione a tutto il popolo, benedice la prima pietra che dovrà servire da fondamento alla nuova casa delle Figlie dell’Addolorata e che sarà edificata a spese del benefattore Vincenzo Pedrazzi. Orsola ha una proposta da fare: desidera che vengano collocate nelle fondamenta altre due piccole pietre tolte dalla camera dove è morta Clelia e dona il titolo Minime dell’Addolorata». Sarà lo stesso Arcivescovo a inaugurare la “casa della profezia”, e dichiarerà costituita come esperimento la famiglia religiosa delle Minime dell’Addolorata, convalidando la nomina di Orsola come Superiora Generale e donandole il Crocifisso. Minime dell’Addolorata Minime: segno di questo essere “minime” sarà sempre la povertà come sequela di Cristo povero, casto e obbediente. Clelia diventa l’esempio: povera, ammalata, ma è una calamita che attira a Gesù, il suo amato Sposo, ogni uomo e donna. Il papa afferma: «Dalla nostra fede in Cri- sto fattosi povero e sempre vicino ai poveri e agli esclusi, deriva la preoccupazione per lo sviluppo integrale dei più abbandonati della società. Ogni cristiano e ogni comunità sono chiamati ad essere strumenti di Dio per la liberazione e la promozione dei poveri. Questo suppone che siamo docili e attenti ad ascoltare il grido del povero e soccorrerlo». (Evangelii Gaudium, 186. 187). Addolorata: come Maria viene accolta come Madre ai piedi della Croce, così Clelia ridona la sua maternità a Orsola sul letto di morte… e Orsola si considererà sempre Figlia di Maria e di Clelia. È interessante notare i due quadri appesi nella stanza di Clelia nella Casa del Maestro: San Francesco di Paola e l’Addolorata. La gioia dell’annuncio di Cristo Il Papa scrive: «Sebbene questa missione ci richieda un impegno generoso, sarebbe Incontri Fraterni 23 un errore intenderla come un eroico compito personale, giacché l’opera è prima di tutta sua, al di là di quanto possiamo scoprire e intendere: Gesù è il primo e il più grande evangelizzatore. In qualunque forma di evangelizzazione il primato è sempre di Dio che ha voluto chiamarci a collaborare con Lui e stimolarci con la forza del suo Spirito. Questa convinzione ci permette di conservare la gioia in mezzo a un compito tanto esigente e sfidante che prende la nostra vita per intero. Ci chiede tutto, ma nello stesso tempo offre tutto». (Evangelii Gaudium, 12). Amore ai fratelli Il Papa afferma ancora: «Per la Chiesa l’opzione per i poveri è una categoria teologica. Dio concede loro la sua prima misericordia: questa preferenza divina ha delle conseguenze nella vita di fede di tutti i cristiani, chiamati ad avere gli “stessi sentimenti di Gesù” (Fil 2,5). Siamo chiamati a scoprire Cristo in loro, a prestare ad essi la nostra voce nelle loro cause, ma anche a essere loro amici, ad ascoltarli, a 24 Incontri Fraterni comprenderli e ad accogliere la misteriosa sapienza che Dio vuole comunicare attraverso di loro». (Evangelii Gaudium) Una particolarità importante per la conoscenza di Orsola è analizzare il suo sguardo: è uno sguardo affascinante e limpido perché è rivolto a Cristo. Come sono vere le parole del Papa: «Posti dinanzi a Lui con il cuore aperto, lasciando che Lui ci contempli, riconosciamo questo sguardo d’amore… dolce è stare davanti a un crocifisso o in ginocchio davanti al Santissimo e semplicemente essere davanti ai suoi occhi». (Evangelii Gaudium, 294). È uno sguardo rivolto ad ogni persona, in primo luogo alle sorelle. È uno sguardo che penetra nell’intimo: sembra la traduzione del salmo 138: “Signore, tu mi scruti e mi conosci”. Da questo duplice sguardo derivavano le sue scelte quando si tratta di inviare e di aprire nuove fondazioni. Ma sempre in stretta comunione con il suo Sposo povero e obbediente e sotto la guida di Madre Clelia. Orsola vive sempre una contemplazione mistica. Afferma il Papa: «Fraternità mistica che sa guardare alla grandezza sacra del pros- simo, che sa scoprire Dio in ogni persona umana, cha sa sopportare le molestie del vivere insieme, aggrappandosi all’amore di Dio, che sa aprire il cuore all’amore divino per cercare la felicità degli altri come la cerca il loro padre buono». «Perciò è urgente ricuperare uno spirito contemplativo che ci permette di riscoprire ogni giorno che siamo depositari di un bene che umanizza, che aiuta a condurre una vita nuova. Non c’è niente di meglio di trasmettere agli altri». (Evangelii Gaudium, 92. 264). Una proposta: l’8 aprile 2015 ricorrono gli 80 anni della morte. Orsola “ attorniata e rimpianta dalle numerose consorelle lascia la vita terrena nella Casa Madre a Le Budrie di S.Giovanni in Persiceto. Sarebbe bello meditare insieme i suoi scritti per scoprire il carisma di fondazione e inventare iniziative per farla conoscere sempre di più, nell’attesa di poterla venerare come Beata. È utopia pensare di portare le sue spoglie nella casa Madre dove è morta? Mons. Arturo Testi Santuario della Beata Vergine di San Luca (1)È utile leggere la sua cronologia nel libro di Alessandro Albertazzi “CI VUOLE ANIMO: la serva di Dio Orsola Donati” e il libretto di Suor Maria Clara Bonora: “Madre Orsola Donati”. Incontri Fraterni 25 PROFESSIONE PERPETUA DI 6 SUORE MINIME 10 maggio 2014 Io Suor............. rispondenedo alla chiamata divina mi consacro totalmente a Dio per seguire Cristo più da vicino nella pratica dei consigli evangelici, sull'esempio di Maria, madre del Signore, nel servizio umile e gioiso della Chiesa e ai fratelli. 26 Incontri Fraterni Le neoprofesse leggono singolarmente la formula della professione. Dopo si recano all’altare, depongono il foglio della formula e la sottoscrivono. urgia delle Consegna del libro della Lit o il tempo nn Ore con il quale scandira della loro vita. Le neoprofesse cantano: “Accoglimi o Signore, ò la vita, secondo la tua parola e avr ranza”. non deludermi nella mia spe Le neoprofesse si prostran o davanti all’altare. Consegna dell’anello,segn o delle mistiche nozze con Crist o. Incontri Fraterni 27 Ritorno in Brasile UN MESE CON LE SUORE DI SANTA CLELIA Il diacono Maurizio ci racconta l’esperienza vissuta in Brasile visitando le due comunità delle Minime dell’Addolorata e descrive il suo entusiasmo per gli incontri avuti e per i fatti di vita quotidiana, tra cui i momenti di preghiera e di condivisione della Parola di Dio, a cui ha potuto partecipare. A MICIZIA …AMIZADE. Eccomi come ogni anno di ritorno da Salvador Bahia. È dal 1997, quando partecipai al Primo Incontro Mondiale delle Famiglie a Rio de Janeiro al seguito di Giovanni Paolo II°, che faccio visita per circa un mese alla missione della Suore di Santa Clelia pre- 28 Incontri Fraterni senti dal 2000 nel Bairro da Paz. È diventato per me ormai un consueto appuntamento annuale, non interrotto neppure dalla mia malattia, che fa parte di me e che spero di continuare ripetendo con le parole dei brasiliani “Por graças do Senhor o de Deus”. In questo tempo molte cose sono cambiate, certamente in meglio, anche se la vita in favela comporta sempre la messa in atto di molte attenzioni e precauzioni: ma la presenza delle Suore Minime di Santa Clelia è come un balsamo di pace, di solidarietà e di educazione soprattutto nella catechesi e nella promozione umana, concretizzata in una operosa carità. Attualmente vi sono due comunità: la prima ad essere aperta è stata quella del Bairro da Paz, mentre la più recente si trova nella città di Jequié, a circa 400 km nell’interno del territorio dello stato di Bahia. Ho due appuntamenti: visito le due località, e devo dire che l’accoglienza è sempre molto calorosa, gioiosamente ral- legrata con musiche, danze e tamburi; e non mancano mai abbracci molto affettuosi da parte di tutti. A Jequié Desidero cominciare proprio da Jequié dove, in modo particolare, ho potuto vedere le opere di consolidamento e di rifinitura della Cappella di Santa Clelia situata in cima a una delle colline che circondano la città. Qui, assieme al parroco appena nominato, Padre Raimundo, abbiamo celebrato la sua prima messa di possesso della parrocchia. Al termine ci è stata donata una rosa: è il gesto semplice di questa gente che vive in un luogo così disagiato sia per collocazione sia per condizioni ambientali. Ci ha veramente commosso. Il clima di cordiale accoglienza a Jequié è continuato con le visite al vescovo emerito dom Cristiano con il quale già avevo avuto modo di incontrarmi l’anno scorso, e all’attuale vescovo Dom Ruy che con molta semplicità si ferma spesso a cenare con la comunità delle sorelle Elisabetta, Scolastica e Maryshine, dopo aver celebrato la Santa Messa nella loro piccola, ma luminosa cappella. A Jequié ho potuto incontrare anche il nascente gruppo delle amiche di Santa Clelia e conversare con loro principalmente sulla lettera apostolica Evangelii gaudium di Papa Francesco e riflettere sulla vita di Santa Clelia. Al Bairro da Paz Nella comunità del Bairro da Paz, tutta pervasa del clima di preghiera delle sorelle Joyce, Damiana, Cleliangela e Gisella, e rallegrata dalle ragazze che stanno facendo un percorso di approfondimento vocazionale, ho vissuto un clima di famiglia fatto di pranzi o cene, celebrazioni co- munitarie della liturgia delle Ore, incontri sulla Parola di Dio e momenti di riflessione condivisa in preparazione al mercoledì delle Ceneri, inizio della Quaresima. Abbiamo insieme meditato sulla lettera dedicata alla “fraternità” che Madre Bruna, superiora generale, ha donato a tutte le comunità delle Minime sparse nel mondo, rileggendola e condividendo una Lectio sul Salmo 100 (101). L’incontro con le Amiche di Santa Clelia, qui molto numerose, è iniziato con un gioco che ha coinvolto tutti in canti e balli, espressione esteriore della gioia che deriva dalla consapevolezza di essere amati dal Signore. Si è poi continuato con la riflessione comune sull’ impegno civile e comunitario sul tema dettato dalla Conferenza Episcopale Brasiliana “Trafego Umano” (Traffico umano) orientato a sensibilizzare tutta la comunità civile al problema della schiavitù ancora esistente soprattutto nell’ambito del reclutamento per il lavoro nei campi di canna da zucchero, del traffico di organi umani, specialmente di bambini e adolescenti, e del crescente fenomeno della prostituzione, purtroppo in vista anche del prossimo campionato mondiale di calcio in Brasile, che convoglierà una grande quantità di turisti e tifosi stranieri. Termino questa breve memoria di viaggio con una nota lieta e colma di speranza: il Signore opera mirabilmente nelle “periferie” del mondo, e dove sono presenti le care sorelle di Santa Clelia è visibile la condivisione e la fraternità tra la gente. In più la gioia si arricchisce nel vedere Desy, Valdilene, Gismara e Ana Cristina, quattro ragazze in cammino, orientate con sapienza nel loro percorso vocazionale. Arrivederci …ate logo…tchau. Maurizio Diacono addetto al Santuario Beata Vergine di San Luca Incontri Fraterni 29 Domenica CHIESA DI BOLOGNA Solennità di 13 Luglio 2014 Santa Clelia Barbieri Appuntamento a S. Maria delle Budrie Santuario di Santa Clelia DOMENICA 6 LUGLIO ore 16,00:Ritiro diocesano per i catechisti in preparazione alla festa di Santa Clelia, loro patrona. SABATO 12 LUGLIO ore 20,30:S. Messa presieduta da Mons. Ernesto Vecchi DOMENICA 13 LUGLIO ore 7,30:Celebrazione delle Lodi ore 8,00:S. Messa presieduta da Don. Angelo Lai, Parroco delle Budrie Partecipano le “Case della Carità" ore 10,00:S. Messa presieduta da Mons. Giovanni Silvagni, Vicario generale di Bologna ore 16,00:Adorazione Eucaristica ore 18,00:Celebrazione dei Vespri presieduta da Mons. Amilcare ZUFFI, Parroco a Madonna del Poggio ore 20,00:S. Rosario ore 20,30:Solenne Concelebrazione Eucaristica presieduta da Sua Em.za Card. CARLO CAFFARRA, Arcivescovo di Bologna 30 Incontri Fraterni NELLA CASA DEL PADRE Il Signore ha chiamato a sé due nostre consorelle: Suor Maria Fernanda Trevisi e Suor Lusia Nziko Preghiamo per loro e i nostri familiari che hanno varcato la soglia della Santa Gerusalemme: Rosy mamma di Suor Annalisa Karippai, Rustiko, papà di Suor Bakita Nyenzi, Sanofu, papà di Suor Emma Mgova e Tomasi, papà di Suor Maddalena Mhugilwa. S. Clelia, “Un modello di autentica santità…, una santa suscitatrice di santi…, una santa nuova…, una santa sempre giovane…, una santa mirabile…”. Prega per noi! PREGHIERA PER I PELLEGRINI Ogni giorno nel Santuario di S. Clelia si prega per tutti coloro che costantemente chiedono preghiere. Il giorno 13 di ogni mese, nella casa generalizia di Bologna, viene celebrata una S. Messa per tutti i devoti di S. Clelia. Incontri Fraterni 31 Santuario Santa Clelia Barbieri Le Budrie ATTIVITÀ DEL SANTUARIO Suore Minime dell’Addolorata Via Tambroni, 13 - 40137 Bologna - Tel. 051 341755-342624 - c.c.p. 14253405 Redazione: Suor Maria Angelina Bentivogli - Dir. Resp. P. Giuseppe Albiero Aut. Trib. Bo 3038 in data 18/1/1963 - Trimestrale n. 2/2014 Poste Italiane S.p.a. - Sped. Abb. Post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 N. 46) art. 1, comma 2, Anno XLVII - Pubb. inf. 50% In caso di mancato recapito, si prega di restituire al mittente, che si impegna a pagare la tassa dovuta. Stampa: DIGI GRAF - Bologna