n. 2
2014
Incontri
Fraterni
SUORE MINIME DELL’ADDOLORATA
Via C. Tambroni, 13 - 40137 Bologna - Tel. 051 341755-342624
POSTE ITALIANE S.P.A. - SPED. ABB. POST. D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N. 46)
ART. 1, COMMA 2, DCB - BO - ANNO XLVII - PUBB. INF. 50% - STAMPA: DIGI GRAF - BOLOGNA
Sinodo dei vescovi sulla famiglia
LA FAMIGLIA
E LA GIOIA DELL’AMORE
Di fronte ai problemi e alle aggressioni che si stanno moltiplicando
contro la famiglia, la Chiesa intende accogliere le sfide che le vengono
dalla società, e dare nuove risposte ai problemi che si pongono.
A questo tema saranno dedicati due sinodi dei vescovi.
I
n un momento come questo in cui la
famiglia è oggetto di una continua aggressione che tenta di distruggerla nei
suoi stessi fondamenti, appare quanto mai
opportuna l’iniziativa della Chiesa di mettere questo argomento al centro della sua
azione di evangelizzazione. Nel prossimo
mese di ottobre si svolgerà infatti in Vaticano l’Assemblea straordinaria dei vescovi e avrà come tema “Le sfide pastorali
sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione”. Ma questa sarà solo la prima
tappa perché, nel 2015, ad un anno di di-
stanza, sarà celebrata l’Assemblea generale ordinaria dei vescovi sempre sul medesimo argomento.
Il sinodo straordinario del prossimo ottobre avrà come scopo di precisare bene lo
status quaestionis e di raccogliere testimonianze e proposte dei vescovi su come
annunciare e vivere in maniera credibile il
Vangelo della famiglia. Invece nell’Assemblea generale ordinaria del prossimo anno
si cercherà di definire le linee operative
per la pastorale della persona umana e
della famiglia. Saranno considerati anche
1 La famiglia e la gioia dell'amore
6 Il cuore di Gesù una scuola di amore
10 Con la sua vita parla al cuore di tutti
14 La santità dei poveri e dei piccoli
15Due papi santi
22 Madre Orsola nella luce di Clelia
26Professione perpetua di 6 suore
minime
28 Ritorno in Brasile
30 Solennità di Santa Clelia Barbieri
2 Incontri Fraterni
problemi pastorali quali le separazioni, il
divorzio, i sacramenti ai divorziati e risposati, le unioni di fatto, l’omosessualità ecc.
Problematiche nuove e inedite
A nessuno comunque sfugge l’importanza
che il tema della famiglia ha assunto e l’urgenza di rispondere ai problemi e alle sfide
che oggi si pongono nella Chiesa e nella società. Come scrive il documento preparatorio all’Assemblea sinodale del prossimo
ottobre, «si profilano oggi problematiche
inedite fino a pochi anni fa, dalla diffusione
delle coppie di fatto, che non accedono al
matrimonio e a volte ne escludono l’idea,
alle unioni fra persone dello stesso sesso,
cui non di rado è consentita l’adozione di
figli. Fra le numerose nuove situazioni che
richiedono l’attenzione e l’impegno pastorale della Chiesa basterà ricordare: matrimoni misti o inter-religiosi; famiglia monoparentale; poligamia; matrimoni combinati con la conseguente problematica della
dote, a volte intesa come prezzo di acquisto della donna; sistema delle caste; cultura del non-impegno e della presupposta
instabilità del vincolo; forme di femminismo ostile alla Chiesa; fenomeni migratori
e riformulazione dell’idea stessa di famiglia; pluralismo relativista nella concezione del matrimonio; influenza dei media
sulla cultura popolare nella comprensione
delle nozze e della vita familiare; tendenze
di pensiero sottese a proposte legislative
che svalutano la permanenza e la fedeltà
del patto matrimoniale; diffondersi del
fenomeno delle madri surrogate (utero
in affitto); nuove interpretazioni dei diritti umani. Ma soprattutto in ambito più
strettamente ecclesiale, indebolimento o
abbandono della fede nella sacramentalità
del matrimonio e nel potere terapeutico
della penitenza sacramentale».
La stravagante ideologia
del “genere”
A tutto ciò occorre aggiungere anche la
propaganda martellante, promossa da ambienti facilmente riconoscibili, per introdurre subdolamente anche qui in Italia,
soprattutto attraverso la scuola, la stravagante ideologia del cosiddetto gender
(genere). È un’ideologia che vorrebbe sostituire il sesso con l’identità del genere.
In altre parole, mentre il sesso si riferisce
alla dimensione corporeo-anatomica di
un essere umano, il “genere” invece indicherebbe la percezione che uno ha di sé
in quanto maschio e femmina e il sistema di aspettative sociali ad essa collegate. Il nucleo centrale di questa ideologia
è il “dogma” pseudoscientifico secondo il
quale l’essere umano nasce sessualmen-
te neutro. In altre parole, il sesso non ha
nessuna importanza per quello che una
persona vuole essere, uomo o donna. Il
sesso, maschile e femminile, inteso come
dato biologico non configurerebbe quindi
la persona, che invece assumerebbe la sua
identità di genere sul versante sociale e
culturale. Conseguentemente la sessualità
non è un destino, non è un dato biologico legato alla forma del corpo, ma è una
scelta, un risultato storico, una opzione in
mano ai singoli.
In base a questa concezione, l’identità
sessuale del singolo può variare nel corso
della sua vita sia in un senso come nel suo
opposto, a seconda di come uno si percepisce. E senza un’identità stabile non ha
alcuno spazio né la dualità sessuale, né
l’amore fecondo, con la relativa responsabilità di cura, né il contratto sociale del
matrimonio, né la pretesa di fedeltà.
Ciò a cui mira questa ideologia non è quasi
mai enunciato, ma è comunque rilevabile
in molte battaglie ideologico-giuridiche.
Tende cioè ad affermare la parità tra tutti
i modelli familiari (unioni di fatto, unioni omosessuali...), la legittimità del transessualismo, la trasformazione dei diritti
individuali come il passaggio fra aborto
depenalizzato e aborto-diritto, ecc.; è la
distruzione della concezione cristiana del
matrimonio e della famiglia.
Incontri Fraterni 3
La famiglia nel progetto di Dio
Di fronte a queste deformazioni aberranti è quanto mai urgente che la Chiesa annunci con rinnovata chiarezza e forza la
buona novella dell’amore di Dio e presenti
la dottrina della fede circa il matrimonio e
re, l’ha chiamato nello stesso tempo all’amore. Dio è amore (1Gv 4,8) e vive in se
stesso un mistero di comunione personale
d’amore. Creandola a sua immagine e continuamente conservandola nell’essere, Dio
iscrive nell’umanità dell’uomo e della donna la vocazione, e quindi la capacità e la
la famiglia, secondo il progetto che Dio ha
iscritto nell’essere umano, e che mai prima era stato messo discussione, in nessuna epoca della storia dell’umanità.
La Chiesa non ha mai mancato di riproporlo attraverso i secoli, ma il suo insegnamento si è intensificato soprattutto a
partire dal concilio Vaticano II. Un esempio fra i tanti è ciò che ha scritto Giovanni
Paolo II nella Esortazione apostolica Familiaris consortio: «Dio ha creato l’uomo
a sua immagine e somiglianza (cf. Gen
1,26s): chiamandolo all’esistenza per amo-
responsabilità dell’amore e della comunione. L’amore è, pertanto, la fondamentale
e nativa vocazione di ogni essere umano».
Le parole del papa ribadiscono la prospettiva biblica secondo cui la famiglia ha
la sua radice nella creazione dell’uomo e
della donna, fatti entrambi a immagine e
somiglianza di Dio. Legati da un vincolo
sacramentale indissolubile, gli sposi vivono la bellezza dell’amore, della paternità,
della maternità e della dignità suprema
di partecipare così alla opera creatrice di
Dio.
4 Incontri Fraterni
Sono quasi le stesse parole usate dal papa
Francesco nella recente enciclica Lumen
Fidei:
«Il primo ambito in cui la fede illumina la
città degli uomini si trova nella famiglia.
Penso anzitutto all’unione stabile dell’uomo e della donna nel matrimonio. Essa
nasce dal loro amore, segno e presenza
dell’amore di Dio, dal riconoscimento e
dall’accettazione della bontà della differenza sessuale, per cui i coniugi possono
Sarà ora il sinodo dei vescovi a riaffermare
queste grandi verità e a infondere rinnovata fiducia in tutti coloro che non intendono lasciarsi trascinare dalle derive di
teorie che mirano a distruggere la bellezza
del matrimonio tra un uomo e una donna
e la gioia dell’amore. Come ha scritto Papa
Francesco nella Lettera alle famiglie del
2 febbraio scorso, festa della Presentazione di Gesù al tempio:
«Nel vostro cammino familiare, voi con-
unirsi in una sola carne (cf. Gn 2,24) e
sono capaci di generare una nuova vita,
manifestazione della bontà del Creatore,
della sua saggezza e del suo disegno di
amore. Fondati su quest’amore, uomo e
donna possono promettersi l’amore mutuo con un gesto che coinvolge tutta la
vita e che ricorda tanti tratti della fede.
Promettere un amore che sia per sempre è
possibile quando si scopre un disegno più
grande dei propri progetti, che ci sostiene
e ci permette di donare l’intero futuro alla
persona amata (LF 52)».
dividete tanti momenti belli: i pasti, il riposo, il lavoro in casa, il divertimento,
la preghiera, i viaggi e i pellegrinaggi, le
azioni di solidarietà… Tuttavia, se manca
l’amore manca la gioia, e l’amore autentico
ce lo dona Gesù: ci offre la sua Parola, che
illumina la nostra strada; ci dà il Pane di
vita, che sostiene la fatica quotidiana del
nostro cammino».
Per questo ha chiesto di pregare per il sinodo che «sarà un tesoro prezioso che arricchirà la Chiesa».
Incontri Fraterni 5
Mese di giugno, mese del Sacro Cuore
IL CUORE DI GESÙ
UNA SCUOLA DI AMORE
Il prossimo 27 giugno la Chiesa celebra la solennità del
Cuore di Gesù. È una festa che
illumina con la sua luce tutto
il mese che è considerato e
conosciuto appunto come il
“mese del Sacro Cuore”. Ma
in che cosa consiste la spiritualità del Cuore di Gesù?
U
n tempo non molto lontano la devozione al Cuore di Gesù era molto
sentita nel popolo cristiano. Oggi forse lo
6 Incontri Fraterni
è ancora, anche se sembra un po’ messa
in disparte, forse per la errata convinzione
che si tratti di una spiritualità devozionale,
fatta di pratiche e di pii esercizi. Ma non è
così. Come ebbe a dire Benedetto XVI il
venerdì 19 giugno 2009, in apertura dell’
“Anno sacerdotale nel 150° della morte di
Giovanni Maria Vianney”: «Nel Cuore di
Gesù è espresso il nucleo essenziale del
cristianesimo; in Cristo ci è stata rivelata
e donata tutta la novità rivoluzionaria del
Vangelo: l’Amore che ci salva e ci fa vivere
già nell’eternità di Dio. Scrive l’evangelista Giovanni: “Dio infatti ha tanto amato
il mondo da dare il suo Figlio Unigenito,
perché chiunque crede in lui non vada
perduto, ma abbia la vita eterna” (3, 16).
Il suo Cuore divino chiama allora il nostro
cuore; ci invita ad uscire da noi stessi, ad
abbandonare le nostre sicurezze umane
per fidarci di Lui e, seguendo il suo esempio, a fare di noi stessi un dono di amore
senza riserve».
Da parte sua, la Chiesa e i sommi pontefici
non hanno mai trascurato di tenere viva
l’attenzione al Cuore di Gesù indicando nel
culto a questo Cuore il contenuto di ogni
vera spiritualità e devozione cristiana. A
partire dalla fine del secolo 18° hanno
emanato importanti encicliche su questo
argomento. Possiamo ricordare l’Annum
sacrum di Leone XIII (1899), la Miserentissimus Redemptor di Pio XI (1928),
l’Haurietis aquas di Pio XII (1956).
Un Dio ricolmo di amore
Non possiamo tuttavia ignorare la Deus
caritas est (2005) di Benedetto XVI che,
pur non trattando direttamente del Cuore di Gesù, è però tutta dedicata al tema
dell’Amore di Dio – come dice appunto il
titolo, “Dio è Amore” – un amore che trova la sua massima e tangibile espressione nella persona di Gesù e nel suo cuore
squarciato.
Scrive Benedetto XVI: «L’agire di Dio acquista la sua forma drammatica nel fatto
che, in Gesù Cristo, Dio stesso insegue la
“ pecorella smarrita”, l’umanità sofferente
e perduta. Quando Gesù nelle sue parabole parla del pastore che va dietro alla pe-
corella smarrita, della donna che cerca la
dracma, del padre che va incontro al figliol
prodigo e lo abbraccia, queste non sono
soltanto parole, ma costituiscono la spiegazione del suo stesso essere ed operare.
Nella sua morte in croce si compie quel
volgersi di Dio contro se stesso nel quale
Egli si dona per rialzare l’uomo e salvarlo
– amore, questo, nella sua forma più radicale. Lo sguardo rivolto al fianco squarciato di Cristo, di cui parla Giovanni (cfr 19,
37), comprende ciò che è stato il punto di
partenza di questa Lettera enciclica: «Dio
è amore » (1 Gv 4, 8). È lì che questa verità può essere contemplata. E partendo da
lì deve ora definirsi che cosa sia l’amore. A
partire da questo sguardo il cristiano trova
la strada del suo vivere e del suo amare».
Un Cuore trafitto per amore
Bisogna partire da questo sguardo se vogliamo comprendere che il culto al Cuore
di Gesù è ben più che semplice devozione,
fra la tante. Anzi più che paròare di “devozione” è più corretto parlare di “culto”.
Benedetto XVI lo ha sottolineato chiaramente anche nella lettera che scrisse il 15
maggio 2006 all’allora superiore generale
dei gesuiti, p. Peter-Hans Kolvenbach, nel
50° anniversario dell’enciclica Haurietis
Aquas: «Il costato trafitto del Redentore è
la sorgente alla quale ci rimanda l’enciclica
Haurietis aquas: a questa sorgente dobbiamo attingere per raggiungere la vera
Incontri Fraterni 7
conoscenza di Gesù Cristo e sperimentare più a fondo il suo amore. Potremo così
meglio comprendere che cosa significhi
conoscere in Gesù Cristo l’amore di Dio,
sperimentarlo tenendo fisso lo sguardo su
di lui, fino a vivere completamente dell’esperienza del suo amore, per poi poterlo
testimoniare agli altri. Infatti, per riprendere un’espressione del mio venerato
predecessore Giovanni Paolo II, “vicino al
del Cuore di Cristo”».
«Il culto dell’amore di Dio, – prosegue
papa Benedetto – deve aiutarci a ricordare incessantemente che Egli ha preso su
di sé la sofferenza volontariamente “per
noi”, “per me”. Quando pratichiamo questo culto, non solo riconosciamo con gratitudine l’amore di Dio, ma continuiamo ad
aprirci a tale amore in modo che la nostra
vita ne sia sempre più modellata. Dio, che
Cuore di Cristo, il cuore umano apprende
a conoscere il senso vero e unico della vita
e del proprio destino, a comprendere il valore d’una vita autenticamente cristiana, a
guardarsi da certe perversioni del cuore,
a unire l’amore filiale verso Dio all’amore
verso il prossimo. Così – ed è la vera riparazione richiesta dal Cuore del Salvatore
– sulle rovine accumulate dall’odio e dalla
violenza, potrà essere edificata la civiltà
ha riversato il suo amore “nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è
stato dato” (cf. Rm 5,5), ci invita instancabilmente ad accogliere il suo amore.
L’invito a donarsi interamente all’amore
salvifico di Cristo e a votarsi ad esso ha
quindi come primo scopo il rapporto con
Dio. Ecco perché questo culto, totalmente
rivolto all’amore di Dio che si sacrifica per
noi, è di così insostituibile importanza per
8 Incontri Fraterni
la nostra fede e per la nostra vita nell’amore».
Il Cuore di Gesù,
sorgente di carità
Se uno accetta questo amore di Dio
nell’intimo del proprio essere, ne viene
completamente plasmato e l’esperienza di
questo amore si trasforma in “una chiamata” a cui si sente il bisogno di rispondere.
Infatti, «lo sguardo rivolto al Signore, che
“ha preso le nostre infermità e si è addossato le nostre malattie” (Mt 8, 17), ci aiuta a divenire più attenti alla sofferenza e
al bisogno degli altri. La contemplazione
adorante del costato trafitto dalla lancia ci
rende sensibili alla volontà salvifica di Dio.
Ci rende capaci di affidarci al suo amore
salvifico e misericordioso e al tempo stesso ci rafforza nel desiderio di partecipare
alla sua opera di salvezza diventando suoi
strumenti. I doni ricevuti dal costato aperto, dal quale sono sgorgati “sangue e acqua” (cf. Gv 19,34), fanno sì che la nostra
vita diventi anche per gli altri sorgente da
cui promanano “fiumi di acqua viva” (Gv
7,38)».
Inoltre, «l’esperienza dell’amore attinta
dal culto del costato trafitto del Redentore ci tutela dal rischio del ripiegamento su
noi stessi e ci rende più disponibili a una
vita per gli altri. “Da questo abbiamo conosciuto l’amore: Egli ha dato la sua vita
per noi, quindi anche noi dobbiamo dare
la vita per i fratelli” (1Gv 3,16)». È un
pensiero che Benedetto XVI ha espresso
anche nell’enciclica Deus caritas est: lo
Spirito, che il Signore dona ai suoi fedeli,
diventa «quella potenza interiore che armonizza il loro cuore col cuore di Cristo
e li muove ad amare i fratelli come li ha
amati Lui, quando si è curvato a lavare i
piedi dei discepoli e soprattutto quando
ha donato la sua vita per tutti» (Deus caritas est)
Tenendo presenti questi concetti, possiamo comprendere come la devozione, o
meglio il culto al Cuore di Gesù e la spiritualità che ne deriva, ci portino al nucleo
centrale di tutta la nostra vita cristiana in
ciò che ha di più profondo e significativo
che è appunto l’amore. Un amore nella
sua duplice dimensione: a Dio amato sopra ogni cosa e al prossimo con il quale
Dio si identifica. In questo sta la vera vita
cristiana.
Incontri Fraterni 9
Da 25 anni Clelia Barbieri proclamata santa
CON LA SUA VITA
PARLA AL CUORE DI TUTTI
Con la solenne canonizzazione di Santa Clelia, Dio pone
davanti a noi una creatura
umile, fragile, priva di ricchezze materiali e di cultura,
ma ricca di quella sapienza
che i semplici attingono nella
preghiera alle sorgenti stesse
della Parola rivelata. A noi insegna che quello che conta è
solo l’amore.
10 Incontri Fraterni
S
ono trascorsi 25 anni da quel 9 aprile
1989 quando Giovanni Paolo II, con
una solenne cerimonia nella Basilica di
San Pietro, a Roma, proclamò Santa Clelia
Barbieri, piccolo profumato fiore sbocciato
sulle sponde del torrente Samoggia, nella
campagna delle Budrie, in provincia di Bologna. Risuonano ancora negli orecchi di
tanti pellegrini che quel giorno affollavano
le navate della basilica vaticana le parole
di canonizzazione pronunciate dal papa:
«Ad onore della SS.ma Trinità, per l’esaltazione della fede cattolica e l’incremento
delle vita cristiana, con l’autorità di nostro
Signore Gesù Cristo, dei Santi Apostoli
Pietro e Paolo e Nostra, dopo aver lungamente riflettuto e invocato più volte l’aiuto divino e ascoltato il parere di molti nostri Fratelli nell’Episcopato, dichiariamo e
definiamo Santa la Beata Clelia Barbieri, la
iscriviamo nell’Albo dei Santi e stabiliamo
che in tutta la Chiesa Ella sia devotamente
onorata tra i Santi. Nel nome del Padre e
del Figlio e dello Spirito Santo».
“Mi ami tu più di costoro?”
Subito dopo la proclamazione, fu intonato
il Gloria in Excelsis Deo, eseguito a cori
alterni dalla schola e dai presenti, quasi
a fondere in una sola possente armonia i
cori celesti e quelli della terra: “Gloria a
Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli
uomini che Dio ama”.
Tra coloro che Dio ama rifulgeva quel
giorno di particolare luce la piccola, umile
figura di Santa Clelia, innalzata agli onori degli altari. Durante la celebrazione
dell’Eucaristia fu proclamato in tre lingue,
latino, italiano e greco, il Vangelo di Giovanni (21,1-9), dove l’Apostolo narra l’episodio della pesca miracolosa nel mare di
Tiberiade e dove, per ben tre volte, Gesù
aveva chiesto a Pietro: “mi ami tu più di
costoro?”. E Pietro aveva risposto. “tu sai
che io ti amo”. Nell’ascoltare quelle parole è tornato alla mente ciò che Santa Clelia aveva scritto nella sua lettera al “Caro
Sposo Gesù”: “Signore, aprite il vostro
cuore e buttate fuori una quantità di fiamme d’amore e con queste fiamme accendete il mio, fate che io bruci d’amore”.
Il Signore aveva ascoltato questa sua preghiera e le aveva deposto nel cuore il germe di un amore più grande, il desiderio di
farsi santa. Ancora fanciulla, infatti, come
ebbe a dire il card. Giacomo Biffi nell’omelia nella festa dell’allora Beata Clelia
Barbieri, il 13 luglio 1985, nella chiesa parrocchiale delle Budrie, aveva chiesto alla
mamma: “parlami di Dio” e “come posso
farmi santa?”. Così, ha affermato il cardinale, supplicava la mamma «in un’età
in cui le altre bambine chiedevano avidamente di riascoltare le eterne favole che la
gente, priva di ogni altro divertimento, si
tramandava di generazione in generazione». E quel germe era diventato una grande pianta che aveva portato copiosi frutti.
Modello per tutta la Chiesa
Giovanni Paolo II nell’omelia di canonizzazione ha tracciato le tappe di questa prodigiosa crescita, e indicato gli ambienti e
i mezzi attraverso cui si è realizzata. Riascoltiamo quelle sue parole: «Sono lieto di
richiamare l’attenzione di tutta la Chiesa
sugli esempi della sua breve ma intensa
vita, giacché sono convinto che i cristiani di oggi, specialmente i giovani, possono
trarre dalla sua testimonianza indicazioni
stimolanti per una presenza apostolica veramente incisiva nel mondo contemporaneo.
La prima indicazione che la giovane Clelia
offre ai cristiani di oggi è quella della fiducia piena e totale in Cristo e nella Chiesa.
Come Pietro sulle rive del mare di Tiberia-
Incontri Fraterni 11
de, ella ha creduto alle parole del Maestro
divino e ha gettato le reti della sua vita nel
mare dell’amore di Dio e del prossimo, superando insidie e tentazioni, evitando attrattive e pericoli mondani.
Come Pietro, anche Clelia, a Gesù che la
invitava interiormente ad amarlo “di più”,
ha potuto rispondere: “Certo, Signore, tu
lo sai che ti amo” (Gv 21,15). In una vita
esteriormente semplice e ordinaria, Clelia
ha alimentato in sé una fiamma d’amore
così intensa e bruciante per lo Sposo divino, che il suo fisico stesso ne ha risentito:
ancora giovanissima ella è crollata come
consumata dall’interno ardore.
Impressiona il vertice di santità raggiunto in un tratto di tempo così breve: Clelia è la più giovane Fondatrice della storia
della Chiesa. La sua vicenda dimostra che
la santità delle anime è opera della grazia divina, non della strategia e della cultura umana. Non v’è anche in questo un
messaggio dell’Altissimo, particolarmente
adatto al nostro tempo? Con la solenne canonizzazione della giovane Religiosa bolognese Dio pone davanti a noi una creatura
umile, fragile, priva di ricchezze materiali
e di cultura, ma ricca della sapienza che i
semplici attingono nella preghiera alle sorgenti stesse della Parola rivelata.
La famiglia e la parrocchia
La famiglia e la parrocchia sono state l’ambiente in cui Clelia ha costruito l’edificio
della sua santità. In famiglia la piccola
bambina ha imparato i primi rudimenti
della fede; in parrocchia ha sviluppato e
perfezionato il proprio cammino spirituale. La sua esperienza documenta la perenne validità di queste due cellule fondamentali della vita sociale ed ecclesiale, offrendo un’ulteriore, preziosa indicazione:
non si può sperare in una nuova fioritura
di vita cristiana, se non ci si impegna nel
12 Incontri Fraterni
risanamenio della famiglia e nel rilancio
della pastorale parrocchiale.
Ma tanto la famiglia cristiana quanto la famiglia parrocchiale e in essa ogni altra comunità suscitata dalla fede hanno un unico e medesimo centro, da cui trarre vigore
di coesione, slancio di impegno, capacità
di costante rinnovamento. Tale centro è
l’Eucaristia.
Eucaristia
La devozione all’Eucaristia ha svolto un
ruolo fondamentale nella vita di santa
Clelia Barbieri. Ella sentì profondamente
l’invito di Gesù, echeggiato anche dalla pagina evangelica di oggi: “Gesù disse loro:
‘Venite a mangiare’. E nessuno dei discepoli osava domandargli ‘Chi sei?’, poiché
sapevano bene che era il Signore” (Gv 21,
12).
Nella comunione eucaristica Clelia andò
ogni giorno scoprendo con rinnovato trasporto la presenza amorosa del suo Signore. È precisamente dopo aver partecipato
alla celebrazione eucaristica che Clelia
vergò l’unica testimonianza scritta delle
meraviglie di grazia che il Signore operava
in lei: «Signore, in essa scrive, aprite il vostro cuore e buttate fuori una quantità di
fiamme d’amore e con queste fiamme accendete il mio. Fate che io bruci d’amore».
Clelia parla a tutti
Ecco, santa Clelia Barbieri sta davanti a
noi per ripetere alla Chiesa di oggi quello
che è stato il messaggio di tutte la sua vita.
Essa parla ai giovani, per dir loro che si può
essere santi nonostante l’età nella quale le
passioni sono più vivaci. Basta volerlo tenacemente e pregare senza stancarsi.
Santa Clelia, esemplare figura di donna
consacrata, parla alle Religiose per invitarle ad essere coscienti delle ricchezze
spirituali della loro femminilità mediante
le quali esse possono e devono dare un
contributo insostituibile all’edificazione
della Chiesa e della società.
La nuova Santa parla a tutti i cristiani, per
richiamarli alla stima della famiglia e della parrocchia, le due istituzioni sulle quali
si regge – nell’ambiti naturale e in quello
soprannaturale – la vita del popolo di Dio.
Il cardinale Giorgio Gusmini, primo biografo della santa, ha scritto di lei. «Chi l’ha
veduta, ammirata in quegli anni, dice che
se Iddio avesse mandato sulla terra uno
degli Angeli della sua corte, quell’Angelo
non avrebbe potuto avere vita più bella,
più santa, più feconda di bene per sé e per
gli altri, di quella vissuta da Clelia Barbieri»...
Un fascino in continua espansione
Il fascino della sua santità, in questi 25 anni
dalla sua canonizzazione, ha continuato a
diffondersi, per emanazione spontanea, in
tante parti del mondo, come testimoniano le lettere, che giungono da ogni parte,
di persone che desiderano conoscerla e
possibilmente avere una sua reliquia da
esporre alla pubblica venerazione, e anche
per proporre la sua figura come modello
di santità semplice, soprattutto ai giovani.
Ma il luogo in cui è maggiormente venerata è senza dubbio la parrocchia delle Budrie dove è custodita l’urna con le sue spoglie mortali. A lei è stata dedicata anche
la chiesa parrocchiale, che ora si intitola
Basilica Santa Clelia. È qui che convergono in continuazione a volte pellegrinaggi
organizzati, a volte piccoli gruppi o singole
persone che vengono per venerarla e anche per affidare a lei le intenzioni che portano nel cuore, come testimonia l’Album,
posto nell’Oratorio dove è custodita l’urna.
In questo luogo è sorto anche un centro
di spiritualità che è considerato un fiore
all’occhiello della diocesi di Bologna. Ormai non passa settimana senza che giungano richieste per ritiri spirituali, giornate
di preghiera o di preparazione ai sacramenti per i bambini e i ragazzi, oppure anche per incontri formativi.
A tutti coloro che vengono, Clelia insegna
che quello che conta è solo l’amore. E a
tutti ripete ciò che ha scritto al termine
della sua lettera, quasi come suo testamento spirituale, “Amate, amate Iddio”.
Incontri Fraterni 13
Un incontro alle Budrie nel 25° di canonizzazione
LA SANTITÀ
DEI POVERI E DEI PICCOLI
Nella sua piccolezza e umiltà
Clelia si riteneva una “povera peccatora”. Aveva chiesto a
Gesù di essere infiammata del
suo amore. Col suo esempio
parla al cuore di tutti, con la
semplicità dei piccoli ai quali
è riservata la visione di Dio.
Molti ora in ogni parte del
mondo desiderano conoscerla e chiedono sue reliquie.
A
lle Budrie, dove santa Clelia ha vissuto i suoi brevi anni, raggiungendo
le vette della santità, lo scorso 1 maggio
è stato organizzato un incontro per ricordare il venticinquesimo della sua canonizzazione. Vi hanno partecipato un folto
numero di suore Minime e il gruppo degli
Amici e Associati alla sua Famiglia religiosa. La giornata è stata animata da mons.
Juan Andrés Caniato, incaricato della diocesi di Bologna per la pastorale delle comunicazioni sociali, da sr Maria Clara Bonora, delle Minime dell’Addolorata, e dal
diacono Gianni Vincenti.
Molti di coloro che hanno preso parte
(Continua a pagina 19)
14 Incontri Fraterni
DUE PAPI SANTI
27 Aprile 2014
San Giovanni XXIII
San Giovanni Paolo II
Pensieri di Giovanni XXIII
La verità fondamentale: Dio. Tutto abbiamo ricevuto da lui; tutto a lui deve ritornare. Tutto
da lui: dunque fede profonda; dipendenza assoluta. Tutto a lui, dunque riconoscenza e lode
perenne, rispetto come a Padre, dappertutto, sempre, specialmente nella preghiera, amore
generoso e coraggioso. Il resto non conta nulla nella vita. Qui sta tutta la gioia e la gloria:
“Ci hai fatti, Signore per te”.
Io rinnovo il mio proponimento di volermi fare santo davvero, e protesto un’altra volta
innanzi a te, o Cuore dolcissimo del mio maestro Gesù, di volerti amare come tu lo desideri.
Il pensiero che io sono obbligato e ho preso per mio compito principale e unico il farmi
santo ad ogni costo, deve essere la mia preoccupazione continua: preoccupazione serena,
però, e tranquilla, non pesante e tiranna. Di ciò mi debbo ricordare ogni momento, dal primo aprire degli occhi alla luce del mattino, all’ultimo chiuderli al sonno nella sera.
Ormai nessuna tentazione di onori nel mondo o nella Chiesa, mi può toccare. Porto la
confusione di quanto il Santo Padre ha voluto fare per me, mandandomi a Parigi. Avere altro
grado nella gerarchia o non averlo mi è del tutto indifferente.
L’amicizia di Gesù non fa rumore al di fuori, ma trasparisce presto in una diffusione di
soavità e pace, che traspira da tutta la persona, nel dominio tranquillo e senza scosse delle
nostre passioni, in una gentilezza squisita e ad un tempo venusta di tratto che noi veniamo
mano mano acquistando.
Incontri Fraterni 15
Il mondo non ha più fascini per me. Voglio essere tutto e solo di Dio, penetrato dalla sua
luce, splendente della carità verso la Chiesa e le anime.
Procurerò di tenere sempre occupata la mente ed il mio cuore del pensiero e di sentimenti affettuosi verso Maria, con frequentissime giaculatorie. Sarà una gioia presentarle ossequi,
fioretti, atti di virtù santificati dall’invocazione del suo nome e dei suoi auspici.
Il rosario, che dall’inizio del 1958 (anno in cui fu eletto papa) mi sono impegnato di
recitare devotamente tutto intero è divenuto esercizio di continua meditazione e di contemplazione tranquilla e quotidiana che tiene aperto il mio spirito sul campo vastissimo
del mio magistero e ministero di pastore massimo della Chiesa, e di padre universale delle
anime.
Chi sono io? Qual è il mio nome? I miei titoli di nobiltà quali sono? Niente, niente. Io sono
un servo e nulla più. Nulla mi appartiene, nemmeno la vita. Dio è il mio padrone, padrone
assoluto per la vita e la morte Che genitori, che parenti, che signori del mondo! Il mio unico
e vero padrone è Dio.
Peccati e malinconia, fuori di casa mia. Anche le cose che urtano la mia suscettibilità, i
compagni che non mi vanno a genio, li debbo sopportare con grande tranquillità: diversamente, dov’è il merito, il piacere di Dio?
Amerò i giovani come una mamma, ma sempre nel Signore e nella intenzione di preparare in loro degni figli alla Chiesa e, se mi fosse possibile, generosi apostoli della verità e del
bene per l’avvenire, nell’atto stesso che vengo educando in loro le speranze più belle della
famiglie e della patria.
O Signore, fa pure di me quello che vuoi, anche la morte accetto con soddisfazione e
contento, perché così piace a te. Tu sei del resto il centro, la sintesi, il termine ultimo di tutti
gli ideali miei. Ma che almeno io muoia nel tuo santo amore.
A volte il pensiero del poco tempo che mi resta a vivere vorrebbe rallentare il mio ardore.
Non riuscirà, con l’aiuto del Signore. La volontà del Signore rimane sempre la mia pace.
No, io non piango, e neppure desidero tornare indietro per fare meglio. Affido alla misericordia del Signore quello che ho fatto, male o meno bene, e guardo all’avvenire, breve o
lungo che possa essere quaggiù, perché lo voglio santificato e santificatore.
Dal Giornale dell’Anima
16 Incontri Fraterni
La vita santa
di Giovanni Paolo II
Il Cardinale Stanislaw Dziwisz, attuale arcivescovo di Cracovia, è stato segretario personale
di Giovanni Paolo II, incarico che ha ricoperto per quarant’anni, da quando cioè Karol Wojtyla era stato nominato alla guida della sua stessa diocesi. In questa intervista, pubblicata
sull’agenzia Zenith il 1 maggio 2011, abbiamo raccolto alcune sue risposte che ci svelano la
profondità spirituale di Giovanni Paolo II, proclamato santo la domenica 27 aprile 2014 da
papa Francesco.
Come descriverebbe la personalità di Giovanni Paolo II?
Il Papa era molto gentile, ma fermo: era lui a guidare le situazioni, fino all’ultimo giorno
della sua vita. Con delicatezza ma con fermezza. Non reagiva in modo emotivo: questa era
la sua grande forza. Durante il viaggio nel Cile di Pinochet, per esempio, quando la Messa fu
sul punto di essere interrotta a causa di alcuni disordini e la polizia del dittatore intervenne
con i gas lacrimogeni, il Papa fu l’unico a rimanere sul palco, non si mosse. Mantenne la
fermezza anche a proposito della guerra del Golfo, da solo contro tutti: “non si risolvono i
problemi con la guerra”, affermava.
Non si univa a nessun potere civile. Il regime sovietico aveva paura di lui – non sapeva
come annunciare la sua elezione a Pontefice – perché lui liberava la gente dalla paura:
“Non abbiate paura” è la cifra del suo pontificato. Era un uomo di grande responsabilità:
non lasciava mai le cose non risolte... Non condannava le persone senza giudizio, ma era
molto fermo.
Tutti coloro che hanno conosciuto da vicino Giovanni Paolo II attestano la sua straordinaria capacità di immergersi nella preghiera: è vero?
Mi domandano: quante ore pregava il Papa? Quanti rosari diceva al giorno? Io rispondo
che pregava con tutta la sua vita. Portava sempre il rosario con sé, ma soprattutto era unito
a Dio, uomo di Dio, immerso in Dio. Anche se la gente non lo sapeva, lui pregava sempre per
le persone che venivano per un colloquio. Tutta la giornata era scandita dalla preghiera e
dalla meditazione e finiva sempre con la benedizione della sua città, Roma. Sempre, quando
ancora poteva camminare, andava alla finestra; alla fine, quando era molto debole, chiedeva
“alzatemi” per vedere ancora Roma e benedirla. Questo era sempre l’ultimo gesto di ogni
Incontri Fraterni 17
giorno: benedire il popolo di Roma, la sua diocesi. Era consapevole di essere Papa in quanto
vescovo di Roma e per questo ha voluto visitare tutte le parrocchie della città.
È vero che il Papa conservava nel suo inginocchiatoio intenzioni di preghiera che
provenivano da tutto il mondo?
Sì, perché le prendeva ad una ad una, durante la sua preghiera, e le presentava al Signore.
Ci aveva insegnato a trascriverle dalle lettere che arrivavano per poterle raccogliere insieme:
abbiamo imparato da lui a rispettare ogni richiesta e a non trascurarne nessuna.
Giovanni Paolo II durante il suo pontificato ha creato più santi di tutti gli altri Papi
messi insieme: perché sentiva una così grande necessità di indicare testimoni alla vita
della gente?
Voleva compiere la volontà del Concilio. È stato il Concilio a dire che bisogna facilitare
tutti i processi, soprattutto per i candidati agli onori degli altari dei paesi lontani da Roma,
perché prima questi erano normalmente fondatori di congregazioni o vescovi e comunque,
in prevalenza, di ambito europeo. Il Papa ha visto la necessità di dare anche agli altri paesi la
possibilità di avere santi e beati compiendo così la volontà del Concilio. I santi sono importanti per la vita della chiesa locale ma anche per le nazioni, sono delle guide sicure. Il Santo
Padre intuiva la necessità di dare esempi per il mondo di oggi. Quando la vita è meno santa,
vengono i santi: così è stato nella storia della Chiesa e dell’umanità. Egli leggeva i segni dei
tempi: quando la vita è più secolarizzata, diventa più necessario offrire esempi di santità.
Quale insegnamento ha voluto dare Giovanni Paolo II con la sua sofferenza portata
agli occhi del mondo?
Lui diceva sempre che Gesù Cristo ha redento il mondo con la sua sofferenza, attraverso
la croce, e ha dimostrato che anche la sofferenza nella vita dell’uomo ha un senso profondo.
Per questo accoglieva la sofferenza e non si lamentava mai e non nascondeva neanche
le sue debolezze, le sue malattie. Così dava forza alla gente che soffre. Vedere il Papa così
malato, debole, che offriva tutto a Gesù, per il mondo, diventava un mezzo di apostolato
profondo, convincente. Tramite la sofferenza e anche la morte. Ho letto che la sua morte è
stata la più importante enciclica che lui abbia scritto.
Alcune voci raccolte tra i fedeli parlano di miracoli attribuiti a Giovanni Paolo II quando era ancora in vita: cosa ne pensa?
In Polonia molti chiamano Giovanni Paolo II cudotwórca, che si può tradurre con “uno
che compie miracoli”, perché gli attribuiscono una particolare forza di intercessione. Anche il Papa sapeva di questa cosa ma non ne volle mai parlare. A chi lo ringraziava per
averlo guarito, rispondeva: “È il Signore che fa i miracoli, non l’uomo”. Abbiamo raccolto e
continuiamo a raccogliere testimonianze in questo senso di cui abbiamo un’ampia documentazione. Tuttavia anch’io, come già aveva fatto Giovanni Paolo II, a tutti rispondo che i
miracoli avvengono per opera di Dio e grazie alla fede delle singole persone con la quale si
domanda la grazia.
Abbiamo, per esempio, la testimonianza di una donna malata di tumore al cervello che ha
chiesto al Santo Padre di pregare per lei. Egli le ha imposto le mani chiedendole di pregare
insieme la Divina Misericordia, di cui anche lui era molto devoto. Qualche tempo dopo la
donna è tornata per dire che era guarita.
18 Incontri Fraterni
(Continua da pagina 14)
all’incontro erano presenti a Roma, nella
Basilica di S. Pietro, il 9 aprile 1989, quando Giovanni Paolo II° proclamò Santa
Clelia Barbieri. Il Papa in quella circostanza disse: «Ecco, Santa Clelia Barbieri sta
davanti a noi per ripetere alla Chiesa di
oggi il messaggio di tutta la sua vita». Quel
giorno sembrò che tutto il popolo di Dio
della Chiesa in Bologna si fosse riversato
a Roma, guidato dal suo pastore, il card.
Giacomo Biffi, a cantare le meraviglie
operate da Dio in quella sua figlia. In virtù
della fede nella quale era stata battezzata,
con la forza dello Spirito Santo che l’aveva guidata, e dell’Eucaristia che l’aveva
nutrita, ora era “collocata sul candelabro
per illuminare tutta la Chiesa“.
L’ambiente che l’ha plasmata
Nel suo intervento sul tema Madre Clelia
e la santità dei poveri e dei piccoli, sr.
Maria Clara ha descritto come la santità di
Clelia abbia trovato il suo terreno fecondo
nella famiglia, prima, poi nella parrocchia
e nelle compagne che per prime hanno
abbracciato il suo ideale. Ripercorrendone
la vita, ha affermato: «Prima di lei c’è la
santità di papà Giuseppe. Come dicono di
lui i compaesani, «era un buon cristiano
e, finché è vissuto, si è dedicato all’educazione dei suo figli». Poi la santità
di mamma Giacinta che ha cresciuto bene
le sue figlie nella fede, nel sacrificio, nel
dono di sé, nel servizio agli altri, ha seguito e sostenuto il difficile cammino di questa sua figlia straordinaria, ne ha accompagnato tutti i passi fino a quello decisivo
del ritorno al Padre e poi, tra le suore e
in paese, ne ha custodito e tramandato
la memoria. Inoltre don Gaetano Guidi, il
suo parroco, vissuto e morto nella santità
e che ora è sepolto in chiesa accanto a
lei».
Attorno a Clelia, ha aggiunto sr. M. Clara,
troviamo poi altre persone ricche di santità, come Teodora, la sua prima compagna,
morta il 16 dicembre 1869. Orsola, divenuta poi Madre Orsola, e ora proclamata
Serva di Dio, ripeteva di non saper dire
se era più santa Clelia o Teodora, e altre
figure. Ciò dimostra come la santità non
matura mai da sola, ma cresce di solito in
Incontri Fraterni 19
un ambiente di vita cristiana vissuta e di
santità.
Cosa dice Clelia a noi oggi?
Il diacono Gianni ha sviluppato il tema
Santità di Clelia oggi nell’ambito famigliare e lavorativo. Riandando a quel 9
aprile 1989, ha messo in risalto la grande portata ecclesiale di quell’evento che
bisogna assolutamente richiamare e trasmettere alle nuove generazioni che non
l’hanno vissuto, e presentarlo loro con
entusiasmo. Clelia, ha detto, è capace di
parlare al cuore di tutti, con la semplicità dei piccoli e dei puri di cuore ai quali
è riservata la visione di Dio. Quando si
visita la misera casa dove lei vide la luce e
visse, viene alla mente la strofa di un inno
liturgico alla Santa Famiglia di Nazareth
definita “esperta del soffrire”: “La mano
del Signore li guida e li protegge nei giorni
della prova”.
Clelia è cresciuta in una famiglia dove
si sapeva il segreto del vivere, si sapeva
andare incontro ai bisogni degli altri,
anche se si condivideva una uguale povertà. Da quella mamma Giacinta, la quale,
da ricca che era, seppe farsi povera per
“amore”, dal papà Giuseppe buon cristiano, dai nonni umili lavoratori ma campioni
di fede, Clelia fu nutrita ad una vita spirituale che suscita in noi genitori, in noi
educatori, in noi catechisti e maestri l’interrogativo sulla nostra adeguatezza all’odierna capacità educativa ma soprattutto
alla trasmissione della fede. Clelia deve
essere presentata come il modello di una
giovane che ha annunciato il Signore con
la vita, perché l’ha messo al primo posto
del suo progetto esistenziale.
La sua santità, ha proseguito il diacono
Gianni, si può definire polivalente ed è
ben vero se si considerano i molteplici
aspetti della sua esistenza. La sua vita può
20 Incontri Fraterni
parlare con coerente credibilità ai figli, ai
giovani, agli sposi, ai genitori, a coloro che
hanno un ministero nella Chiesa, ai lavoratori, ai maestri, ai poveri, agli ammalati, ai
sofferenti; ha esercitato la diaconia nella
sua parrocchia, ha lavorato, ha insegnato,
è stata povera e ammalata.
A queste parole fa eco la definizione del
card. Biffi, nel suo libro: “Santa Clelia è un
capolavoro del Padre celeste” e “unisce la
sua voce e la sua gratitudine a quella della
Madre di Gesù la quale non cessa mai di
elevare al cospetto degli angeli il canto del
Magnificat al Dio suo salvatore e glorificatore” (“L’eredità di S. Clelia”, p. 75).
Una santità trinitaria
Sull’unione di Clelia alla Trinità SS., alla
Beata Vergine Maria, agli angeli, ai martiri
e a tutti i santi, ha parlato mons. Caniato,
riflettendo sul tema La santità di Clelia:
quale messaggio oggi per le chiese locali? Si è riferito alle parole di san Paolo
nella Lettera ai Colossesi per ringraziare
Dio “che ci ha messi in grado di partecipare alla sorte dei santi nella luce”, perché la
Chiesa è una: corpo vivo in cui sono tutti
presenti.
Riflettere su tale affermazione è consolante e fortificante, ha affermato, perché
porta alla certezza che Dio cammina con
noi, come accanto ai discepoli di Emmaus,
e su di noi riversa la sua misericordia,
Santa Clelia aveva questo ben chiaro, altrimenti, con la consapevolezza di essere,
come lei si definiva “povera peccatora”,
si sarebbe scoraggiata e arresa. Sapeva di
essere nelle mani del suo Salvatore che,
ha fatto di lei, piccola e umile creatura,
sale della terra e luce del mondo.
Un’esortazione per noi, ha affermato
mons. Caniato, perché noi pure siamo
sale, siamo luce, ma «non brillare, è questione di infelicità». Clelia si è lasciata
inabitare dallo Spirito Santo, soffio di Dio,
suo respiro, che rende la Chiesa immortale proprio perché generata dalla sua mano
creatrice, ma soprattutto dalla vita ricevuta attraverso l’ultimo anelito di Gesù
sulla croce. Suor M. Clara, (fatto curioso
o ispirazione?) ha espresso il medesimo
concetto già scritto nei suoi appunti: “Non
esiste vera umanità se togliamo il suo
respiro trascendente”.
Oggi, il fatto di aver parlato di santità, ha
effuso in tutti i cuori una grande dolcezza,
un balsamo di consolazione, come è fonte
di grande gioia credere che Clelia è vicina,
contemporanea a noi nella Comunione dei
Santi, come professiamo nel Credo.
È vicina perché ha promesso che mai
avrebbe lasciato sole le sue sorelle e lo
dice anche a noi, suoi Amici e Associati alla
sua Famiglia religiosa, che camminiamo
su questa terra, talvolta affaticati, oppressi da problemi e stanchezze. Come una
madre consola un figlio, ci insegna: “State
tranquille, perché il Signore, quando
è ora, provvederà”. (dal Protc. Ap. 125).
Come Gesù si è fatto compagno di strada
ai due discepoli di Emmaus e li ha illuminati del suo Spirito, fino ad infiammare il loro cuore di certezze e di amore,
così Clelia ci è accanto, con la sua mano
di madre dolcissima che ci conduce al
Signore e sicuramente, come ha affermato sr. M. Clara, «si fa garante dell’amore
di Dio per noi e della sua speranza della
nostra santità». Ci ripete: “Forza, coraggio che tutto andrà bene! Vi aspetto nel
regno, tutti santi con me e come me, con
una sola eccezione possibile: santi più di
me!”.
Gabriella Pizzi Vincenti
Incontri Fraterni 21
A 80 anni dalla morte
MADRE ORSOLA
NELLA LUCE DI CLELIA
Abbiamo avuto un dono
prezioso da Papa Francesco:
la sua Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium.
È un testo che può illuminarci anche nella contemplazione della santità di Madre
Orsola Donati.
F
ra le tante riflessioni, vorrei in questo semplice articolo proporre alcuni
spunti utili per una rinnovata riscoperta
del carisma di Fondazione delle care Mi-
22 Incontri Fraterni
nime dell’Addolorata. Le parole del Papa
sono, a questo proposito, di una rilevanza notevole: «Gesù ci viene incontro nella
Chiesa attraverso il carisma di fondazione
di un Istituto: è bello pensare così alla nostra vocazione. Il nostro incontro con Cristo ha preso forma nella Chiesa mediante il carisma di un suo testimone, di una
sua testimone. Questo ci stupisce e ci fa
rendere grazie». (Omelia del 2 febbraio
2013).
Da Clelia a Orsola
Clelia aveva scelto a succederle, in un primo tempo, Teodora Baraldi, ma essa morì
il 16 dicembre 1869, perciò posò il suo
sguardo su Orsola. È giovane, ha appena
21 anni quando Clelia muore il 13 luglio
1870. Non ha mai voluto il nome di Madre
(solo Clelia era sempre l’unica Madre) e
anche nella lapide al cimitero delle Budrie
è indicata come Suor Orsola, figlia di Clelia, e quindi sorella tra le sorelle(1).
È vero che Orsola si comporta come una
vera madre durante il suo lungo servizio,
ma per lei la vera e unica madre era Clelia
e firmava sempre la sua corrispondenza
con “Suor Orsola Donati Superiora Generale”.
Il “carisma di fondazione” ricevuto da Clelia ottiene l’approvazione della Chiesa il
mercoledì 7 agosto 1878 da parte dell’Arcivescovo Lucido Maria Parocchi. Nel libro
di Suor Maria Clara “Madre Orsola Donati” leggiamo: «Nel pomeriggio prima della solenne benedizione a tutto il popolo,
benedice la prima pietra che dovrà servire
da fondamento alla nuova casa delle Figlie dell’Addolorata e che sarà edificata a
spese del benefattore Vincenzo Pedrazzi.
Orsola ha una proposta da fare: desidera
che vengano collocate nelle fondamenta
altre due piccole pietre tolte dalla camera
dove è morta Clelia e dona il titolo Minime
dell’Addolorata».
Sarà lo stesso Arcivescovo a inaugurare la
“casa della profezia”, e dichiarerà costituita come esperimento la famiglia religiosa
delle Minime dell’Addolorata, convalidando la nomina di Orsola come Superiora
Generale e donandole il Crocifisso.
Minime dell’Addolorata
Minime: segno di questo essere “minime”
sarà sempre la povertà come sequela di
Cristo povero, casto e obbediente. Clelia
diventa l’esempio: povera, ammalata, ma è
una calamita che attira a Gesù, il suo amato Sposo, ogni uomo e donna.
Il papa afferma: «Dalla nostra fede in Cri-
sto fattosi povero e sempre vicino ai poveri e agli esclusi, deriva la preoccupazione
per lo sviluppo integrale dei più abbandonati della società. Ogni cristiano e ogni comunità sono chiamati ad essere strumenti
di Dio per la liberazione e la promozione
dei poveri. Questo suppone che siamo docili e attenti ad ascoltare il grido del povero e soccorrerlo». (Evangelii Gaudium,
186. 187).
Addolorata: come Maria viene accolta
come Madre ai piedi della Croce, così Clelia ridona la sua maternità a Orsola sul letto di morte… e Orsola si considererà sempre Figlia di Maria e di Clelia.
È interessante notare i due quadri appesi
nella stanza di Clelia nella Casa del Maestro: San Francesco di Paola e l’Addolorata.
La gioia dell’annuncio
di Cristo
Il Papa scrive: «Sebbene questa missione
ci richieda un impegno generoso, sarebbe
Incontri Fraterni 23
un errore intenderla come un eroico compito personale, giacché l’opera è prima di
tutta sua, al di là di quanto possiamo scoprire e intendere: Gesù è il primo e il più
grande evangelizzatore. In qualunque forma di evangelizzazione il primato è sempre di Dio che ha voluto chiamarci a collaborare con Lui e stimolarci con la forza del
suo Spirito.
Questa convinzione ci permette di conservare la gioia in mezzo a un compito tanto
esigente e sfidante che prende la nostra
vita per intero. Ci chiede tutto, ma nello stesso tempo offre tutto». (Evangelii
Gaudium, 12).
Amore ai fratelli
Il Papa afferma ancora: «Per la Chiesa l’opzione per i poveri è una categoria
teologica. Dio concede loro la sua prima
misericordia: questa preferenza divina ha
delle conseguenze nella vita di fede di tutti i cristiani, chiamati ad avere gli “stessi
sentimenti di Gesù” (Fil 2,5). Siamo chiamati a scoprire Cristo in loro, a prestare
ad essi la nostra voce nelle loro cause, ma
anche a essere loro amici, ad ascoltarli, a
24 Incontri Fraterni
comprenderli e ad accogliere la misteriosa
sapienza che Dio vuole comunicare attraverso di loro». (Evangelii Gaudium)
Una particolarità importante per la conoscenza di Orsola è analizzare il suo sguardo: è uno sguardo affascinante e limpido
perché è rivolto a Cristo. Come sono vere
le parole del Papa: «Posti dinanzi a Lui
con il cuore aperto, lasciando che Lui ci
contempli, riconosciamo questo sguardo
d’amore… dolce è stare davanti a un crocifisso o in ginocchio davanti al Santissimo
e semplicemente essere davanti ai suoi occhi». (Evangelii Gaudium, 294).
È uno sguardo rivolto ad ogni persona, in
primo luogo alle sorelle. È uno sguardo
che penetra nell’intimo: sembra la traduzione del salmo 138: “Signore, tu mi scruti
e mi conosci”.
Da questo duplice sguardo derivavano le
sue scelte quando si tratta di inviare e di
aprire nuove fondazioni. Ma sempre in
stretta comunione con il suo Sposo povero e obbediente e sotto la guida di Madre
Clelia. Orsola vive sempre una contemplazione mistica.
Afferma il Papa: «Fraternità mistica che
sa guardare alla grandezza sacra del pros-
simo, che sa scoprire Dio in ogni persona
umana, cha sa sopportare le molestie del
vivere insieme, aggrappandosi all’amore di
Dio, che sa aprire il cuore all’amore divino
per cercare la felicità degli altri come la
cerca il loro padre buono».
«Perciò è urgente ricuperare uno spirito
contemplativo che ci permette di riscoprire ogni giorno che siamo depositari di un
bene che umanizza, che aiuta a condurre
una vita nuova. Non c’è niente di meglio di
trasmettere agli altri». (Evangelii Gaudium, 92. 264).
Una proposta: l’8 aprile 2015 ricorrono gli
80 anni della morte. Orsola “ attorniata e
rimpianta dalle numerose consorelle lascia la vita terrena nella Casa Madre a Le
Budrie di S.Giovanni in Persiceto.
Sarebbe bello meditare insieme i suoi
scritti per scoprire il carisma di fondazione e inventare iniziative per farla conoscere sempre di più, nell’attesa di poterla
venerare come Beata.
È utopia pensare di portare le sue spoglie
nella casa Madre dove è morta?
Mons. Arturo Testi
Santuario della Beata Vergine di San Luca
(1)È utile leggere la sua cronologia nel libro di Alessandro Albertazzi “CI VUOLE ANIMO: la serva di Dio
Orsola Donati” e il libretto di Suor Maria Clara Bonora: “Madre Orsola Donati”.
Incontri Fraterni 25
PROFESSIONE PERPETUA DI
6 SUORE MINIME
10 maggio 2014
Io Suor.............
rispondenedo alla chiamata divina
mi consacro totalmente a Dio
per seguire Cristo più da vicino
nella pratica dei consigli evangelici,
sull'esempio di Maria, madre del Signore,
nel servizio umile e gioiso della Chiesa e
ai fratelli.
26 Incontri Fraterni
Le neoprofesse leggono singolarmente la formula della professione.
Dopo si recano all’altare, depongono il foglio della formula e la sottoscrivono.
urgia delle
Consegna del libro della Lit
o il tempo
nn
Ore con il quale scandira
della loro vita.
Le neoprofesse cantano:
“Accoglimi o Signore,
ò la vita,
secondo la tua parola e avr
ranza”.
non deludermi nella mia spe
Le neoprofesse si prostran
o
davanti all’altare.
Consegna dell’anello,segn
o delle
mistiche nozze con Crist
o.
Incontri Fraterni 27
Ritorno in Brasile
UN MESE CON LE SUORE
DI SANTA CLELIA
Il diacono Maurizio ci racconta l’esperienza vissuta in
Brasile visitando le due comunità delle Minime dell’Addolorata e descrive il suo entusiasmo per gli incontri avuti e
per i fatti di vita quotidiana,
tra cui i momenti di preghiera
e di condivisione della Parola
di Dio, a cui ha potuto partecipare.
A
MICIZIA …AMIZADE. Eccomi come
ogni anno di ritorno da Salvador Bahia. È dal 1997, quando partecipai al Primo Incontro Mondiale delle Famiglie a Rio
de Janeiro al seguito di Giovanni Paolo
II°, che faccio visita per circa un mese alla
missione della Suore di Santa Clelia pre-
28 Incontri Fraterni
senti dal 2000 nel Bairro da Paz.
È diventato per me ormai un consueto
appuntamento annuale, non interrotto
neppure dalla mia malattia, che fa parte
di me e che spero di continuare ripetendo
con le parole dei brasiliani “Por graças do
Senhor o de Deus”.
In questo tempo molte cose sono cambiate, certamente in meglio, anche se la vita
in favela comporta sempre la messa in
atto di molte attenzioni e precauzioni: ma
la presenza delle Suore Minime di Santa
Clelia è come un balsamo di pace, di solidarietà e di educazione soprattutto nella
catechesi e nella promozione umana, concretizzata in una operosa carità.
Attualmente vi sono due comunità: la
prima ad essere aperta è stata quella del
Bairro da Paz, mentre la più recente si
trova nella città di Jequié, a circa 400 km
nell’interno del territorio dello stato di Bahia. Ho due appuntamenti: visito le due
località, e devo dire che l’accoglienza è
sempre molto calorosa, gioiosamente ral-
legrata con musiche, danze e tamburi; e
non mancano mai abbracci molto affettuosi da parte di tutti.
A Jequié
Desidero cominciare proprio da Jequié
dove, in modo particolare, ho potuto vedere le opere di consolidamento e di rifinitura della Cappella di Santa Clelia situata
in cima a una delle colline che circondano
la città. Qui, assieme al parroco appena
nominato, Padre Raimundo, abbiamo celebrato la sua prima messa di possesso
della parrocchia. Al termine ci è stata donata una rosa: è il gesto semplice di questa
gente che vive in un luogo così disagiato
sia per collocazione sia per condizioni ambientali. Ci ha veramente commosso.
Il clima di cordiale accoglienza a Jequié è
continuato con le visite al vescovo emerito dom Cristiano con il quale già avevo
avuto modo di incontrarmi l’anno scorso, e
all’attuale vescovo Dom Ruy che con molta semplicità si ferma spesso a cenare con
la comunità delle sorelle Elisabetta, Scolastica e Maryshine, dopo aver celebrato la
Santa Messa nella loro piccola, ma luminosa cappella.
A Jequié ho potuto incontrare anche il nascente gruppo delle amiche di Santa Clelia
e conversare con loro principalmente sulla lettera apostolica Evangelii gaudium
di Papa Francesco e riflettere sulla vita di
Santa Clelia.
Al Bairro da Paz
Nella comunità del Bairro da Paz, tutta
pervasa del clima di preghiera delle sorelle Joyce, Damiana, Cleliangela e Gisella, e rallegrata dalle ragazze che stanno
facendo un percorso di approfondimento
vocazionale, ho vissuto un clima di famiglia fatto di pranzi o cene, celebrazioni co-
munitarie della liturgia delle Ore, incontri
sulla Parola di Dio e momenti di riflessione condivisa in preparazione al mercoledì
delle Ceneri, inizio della Quaresima. Abbiamo insieme meditato sulla lettera dedicata alla “fraternità” che Madre Bruna,
superiora generale, ha donato a tutte le
comunità delle Minime sparse nel mondo,
rileggendola e condividendo una Lectio
sul Salmo 100 (101).
L’incontro con le Amiche di Santa Clelia,
qui molto numerose, è iniziato con un gioco che ha coinvolto tutti in canti e balli,
espressione esteriore della gioia che deriva dalla consapevolezza di essere amati dal
Signore. Si è poi continuato con la riflessione comune sull’ impegno civile e comunitario sul tema dettato dalla Conferenza
Episcopale Brasiliana “Trafego Umano”
(Traffico umano) orientato a sensibilizzare tutta la comunità civile al problema
della schiavitù ancora esistente soprattutto nell’ambito del reclutamento per il
lavoro nei campi di canna da zucchero,
del traffico di organi umani, specialmente
di bambini e adolescenti, e del crescente
fenomeno della prostituzione, purtroppo
in vista anche del prossimo campionato
mondiale di calcio in Brasile, che convoglierà una grande quantità di turisti e tifosi
stranieri.
Termino questa breve memoria di viaggio
con una nota lieta e colma di speranza:
il Signore opera mirabilmente nelle “periferie” del mondo, e dove sono presenti
le care sorelle di Santa Clelia è visibile la
condivisione e la fraternità tra la gente. In
più la gioia si arricchisce nel vedere Desy,
Valdilene, Gismara e Ana Cristina, quattro
ragazze in cammino, orientate con sapienza nel loro percorso vocazionale.
Arrivederci …ate logo…tchau.
Maurizio Diacono
addetto al Santuario Beata Vergine di San Luca
Incontri Fraterni 29
Domenica
CHIESA DI BOLOGNA
Solennità di
13 Luglio 2014
Santa
Clelia Barbieri
Appuntamento a S. Maria delle Budrie
Santuario di Santa Clelia
DOMENICA 6 LUGLIO
ore 16,00:Ritiro diocesano per i catechisti in
preparazione alla festa di Santa Clelia,
loro patrona.
SABATO 12 LUGLIO
ore 20,30:S. Messa presieduta da
Mons. Ernesto Vecchi
DOMENICA 13 LUGLIO
ore 7,30:Celebrazione delle Lodi
ore 8,00:S. Messa presieduta da
Don. Angelo Lai,
Parroco delle Budrie
Partecipano le “Case della Carità"
ore 10,00:S. Messa presieduta da
Mons. Giovanni Silvagni,
Vicario generale di Bologna
ore 16,00:Adorazione Eucaristica
ore 18,00:Celebrazione dei Vespri presieduta da
Mons. Amilcare ZUFFI,
Parroco a Madonna del Poggio
ore 20,00:S. Rosario
ore 20,30:Solenne Concelebrazione Eucaristica
presieduta da
Sua Em.za Card. CARLO CAFFARRA,
Arcivescovo di Bologna
30 Incontri Fraterni
NELLA CASA
DEL PADRE
Il Signore ha chiamato a sé due nostre
consorelle:
Suor Maria Fernanda Trevisi
e Suor Lusia Nziko
Preghiamo per loro e i nostri familiari
che hanno varcato la soglia della
Santa Gerusalemme:
Rosy mamma di
Suor Annalisa Karippai,
Rustiko, papà di Suor Bakita Nyenzi,
Sanofu, papà di Suor Emma Mgova
e Tomasi, papà di Suor Maddalena
Mhugilwa.
S. Clelia,
“Un modello di autentica santità…,
una santa suscitatrice di santi…,
una santa nuova…,
una santa sempre giovane…,
una santa mirabile…”.
Prega per noi!
PREGHIERA
PER I
PELLEGRINI
Ogni giorno nel Santuario
di S. Clelia si prega per tutti
coloro che costantemente
chiedono preghiere.
Il giorno 13 di ogni mese,
nella casa generalizia di
Bologna, viene celebrata
una S. Messa per tutti i
devoti di S. Clelia.
Incontri Fraterni 31
Santuario
Santa Clelia Barbieri
Le Budrie
ATTIVITÀ DEL SANTUARIO
Suore Minime dell’Addolorata
Via Tambroni, 13 - 40137 Bologna - Tel. 051 341755-342624 - c.c.p. 14253405
Redazione: Suor Maria Angelina Bentivogli - Dir. Resp. P. Giuseppe Albiero
Aut. Trib. Bo 3038 in data 18/1/1963 - Trimestrale n. 2/2014
Poste Italiane S.p.a. - Sped. Abb. Post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 N. 46) art. 1, comma 2, Anno XLVII - Pubb. inf. 50%
In caso di mancato recapito, si prega di restituire al mittente, che si impegna a pagare la tassa dovuta.
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la famiglia e la gioia dell`amore