DEL POPOLO
il pentagramma
De Parnassia Militia
et de televisiva avarizia
di Patrizia Venucci Merdžo
Carissimi,
con l’arrivo della primavera, nel Parnaso e alle “fonti d’Elicona” sta succedendo di tutto e di più! Le Muse risvegliatesi stanno folleggiando come prese da ebbrezza di nuova vita, ed è tutto
un turbinar di veli, di canti, di danze, in
quell’eletto monticello mentre Giove si
tira la barba e Mnemosine è diventata di
sale. Per non dire di quel che non hanno
combinato all’ “Ivan de Zajc”, ‘ste birbe, con Talia che primadonneggiava nei
panni sporchi di Napoleone, con Tersicore che ha dapprima danzato scalza
(credeva di essere Tosca), poi ha volteggiato sulle punte e in tutù favolosi (faceva finta di essere la bella addormentata),
ed ora, è in procinto, è questione di giorni, di fare il pagliaccio in un “Circo primitif “ (che naturalmente sarà allo Zajc.
Speriamo non faccia troppe pagliacciate,
o perlomeno le faccia con un certo garbo); Euterpe per omaggiare quel povero disgraziato di Wolfgang ha civettato
sfacciatamente, tanto che i suoi compagni di ventura, assolutamente indignati
hanno concluso che “così fan tutte”, o
per dirla alla domacia “sve su one iste”.
Pentitasi della propria leggerezza, ha voluto fare ammenda - anche perché si era
di Quaresima - e allora in forma molto
compita e raccolta è andata a rendere
onore a Matetić Ronjgov, e a Josip Kaplan, dando voce a cori, a musiche strumentali, nientemeno che in compagnia di
Minerva la quale saggiamente ha presieduto una dotta accolita in convegno as-
semblata, “et” molto impegnata nello disquisire sulle poetiche delli citati musici.
Clio, con il broncio dell’intellettuale sdegnosetta, se ne stava in disparte a prendere nota di tutto, con lavagnetta, gessetto e
spugnetta.
Ora, non che Fiume, se paragonata “a
quella di una volta”, ed alla “metropoli”
(pregasi leggere a pag.8) spicchi per vivacità musicale, (anche se aprile è stato
piuttosto “movimentato”), ma a dar retta
alla TV locale sembrerebbe che sia addirittura un mortorio. Un cimitero. Mai la
trasmissione, neanche in differita di un
concerto sinfonico (uno all’anno sarebbe
pretendere troppo?), di una prima d’opera, balletto, di un concerto della Scuola
di musica, di un recital di un qualche rinomato concertista. Quante volte (non)
abbiamo sentito alla TV L’”Orchestra
da camera di Fiume “ o il “Collegium
musicum fluminense? Neanche come
spot? La TV “ci passa” cronaca, politica,
pubblicità,violenza, Carnevale in abbondanza - ma non il tradizionale concerto
carnascialesco in costume della Scuola
di musica “I.M. Ronjgov”, la prima SM
che ha iniziato in Croazia tale simpatica tradizione; poi, canzonette cretinette,
nonché qualche talk show o rara trasmissione scientifica. La Musica colta (l’arte
in genere) non esiste. Non ha diritto di
cittadinanza, sta nelle catacombe, è stata emarginata nella misura massima, in
questa TV da “panem et circensem”. Io
mi chiedo, ma come si permettono i responsabili della TV di “non offrire” un
certo servizio, di “non considerare” tut-
musica
ce
vo
/la
.hr
dit
w.e
ww
&
An
no
II
• n. 4
ta una notevole fascia di pubblico TV di
sicura sensibilità, gusto artistico e anche cultura, ma che non può permettersi – pensionati in primo luogo – di andare a teatro o ai concerti? La TV è di tutti
o solo della “massa”? Il canone televisivo lo pagano tutti i cittadini, o solo quelli
più… “aggregati”? E’ una TV che vuole
venire incontro anche a gusti più variati
e di qualità o si fa esclusivamente la TV
della mediocrità?
E’ una questione di civiltà. E noi non
siamo a questi livelli. I capoccioni, da noi
spesso, sono “solo” (se lo sono) istruiti, hanno delle informazioni. La cultura, l’essere civile è un’altro paio di maniche. Qualcuno tempo fa, su un certo
supplemento si interrogava su cosa fosse
“la cultura”. Scrivere? Leggere? Creare?
Comporre? (L’attivismo spasmodico del
nostro tempo!) E se la cosiddetta “cultura” - intesa non come un’attività necessariamente produttiva, ma come personale desiderio, esigenza, “fame” interiore di
bello, di elevazione – fosse in primo luogo
“Essere”? Un modo di essere, un modo
di rapportarsi con gli altri? Se non “Sei”,
cos’hai da dire, da dipingere, da scrivere?
Ma per “Essere”, bisogna essere “interiormente costruiti” bene, continuamente, con amore. E oggi chi ti costruisce?
Soprattutto la TV, ti “costruisce”, e il
cinema (e i media in generale). Ti costruiscono così come pare e piace e conviene a
loro. Di modo che pensi, agisci e sei come
piace a loro. E loro ti vogliono obbediente, omologato, intellettualmente agonizzante e spiritualmente cretino. Insomma,
006
• Mercoledì, 26 aprile 2
una perfetta ameba. Un essere unicellulare che insieme a tanti altri unicellulari,
compongone l’organismo sociale telecomandato.
Ritornando al rapporto TV - musica, non è che si pretenda un canale TV
dedicato interamente alla musica colta come ce ne sono in Francia, Germania,
Spagna e altrove - ma codesta evidente
ghettizzazione della musica classica nel
mezzo televisivo (in questo caso locale) è
discriminante per l’uditorio quanto per i
musicisti, e perciò inaccettabile; oltre ad
essere palese segno di limitatezza culturale dei responsabili televisivi. La musica classica non è solo per i “colti”, ma
per tutti quanti la “sentono”. La musica
“succede” quando viene dal cuore ed arriva al cuore di chi l’ascolta. La musica
parla all’animo dell’uomo superando le
barriere di lingua, intelletto, e persino di
tradizioni culturali diverse. Fine del panegirico.
Intanto la telecronaca ci informa che
la tempesta artistica primaverile a Elicona è in pieno svolgimento e che quel
pover’uomo di Giove, tra tante femmine
impazzite, non fa che tuonare “Per Giove! Per Giove! Per tutte le Jupiter Symphonien!”, e non sa più a quale santo
votarsi; quando in un lampo di genio
ha esclamato: “S.Fonzie, aiutami tu!”.
Ed ecco scendere dalle nubi S.Fonzie in
carne e giubbotto nero, atterrare, alzare i
pollici ed esclamare gongolando: “Wow!
Pupe!”. E tutte le “pupe”, dall’emozione,
caddero “come corpo morto cade!
Artisticamente Vostra
2 musica
Mercoledì, 26 aprile 2006
L’ANNIVERSARIO Vent’anni fa nasceva a Verteneglio il Centro Studi Musica Classica
Il «Luigi Dallapiccola» fiore all’occhiello
della nostra realtà musicale
di Fabio Vidali
VERTENEGLIO – Fu nel settembre del 1985 che la Comunità
degli Italiani di Verteneglio, nella
persona del suo Presidente, Ezio
Barnabà, richiese all’Università
Popolare di Trieste un insegnante di chitarra, poiché i soci giovani del sodalizio desideravano
imparare a destreggiarsi su tale
strumento per accompagnarsi nel
canticchiare le canzonette allora
in voga.
Da questa richiesta modestissima doveva nascere un Centro
musicale, che nel corso di pochi
anni, è divenuto un importante ed
originale fiore all’occhiello della comunità italiana residente in
Croazia e Slovenia, noto ed apprezzato anche sul piano internazionale: il Centro Studi di Musica Classica dell’U.I., intitolato al
grande musicista istriano Luigi
Dallapiccola.
L’Università Popolare di Trieste rispose alla richiesta. La prospettò subito al M° Mauro Masoni, suo valido collaboratore musi-
1986 e alla sua direzione venne
chiamato il M° Mauro Masoni.
Il Centro cresce
L’entusiasmo dei docenti e degli studenti del “Dallapiccola”,
sempre in crescita, compie un
primo “miracolo”: in sua funzione viene ristrutturata la sede della
Comunità di Verteneglio, l’U.P.T.
la fornisce d’un nuovo pianoforte
a coda e di altre chitarre “classiche” (1989). Nel 1990 viene aperta la nuova sezione del Centro di
Pola (Chitarra classica, Teoria e
Solfeggio, Storia della Musica e
nel 1993, Pianoforte). In piena
guerra patriottica, alcuni allievi del “Dallapiccola”, la vigilia
di Natale, squarciata dalle sirene degli allarmi aerei, suonano
ai riti della Messa di mezzanotte
nella chiesa parrocchiale di Verteneglio, portando un’aura di serenità e di speranza per il futuro.
È di questo periodo la richiesta di
Fiume di aprire anche in quella
Comunità una sezione del Centro, apertura che si concreta nel
1991, dopo l’attuazione, in pre-
no il Primo Ministro e il Ministro
della Pubblica Istruzione croati e
il Ministro degli Esteri italiano
on. Andreatta, il Presidente della
Regione Friuli-Venezia Giulia, i
maggiori rappresentanti dell’U.I.
e dell’U.P.T.
In tale data, i Maestri Masoni
e Colombin vengono insigniti della Cittadinanza Onoraria di Verte-
Il prof. Mauro Masoni preveggente ideatore del CSMC “Luigi Dallapiccola”
Il direttore del Centro Studi Musica
Classica prof. Fulvio Colombin
neglio, da parte del neocostituito
Comune. Va ricordato che il Centro si giovò (1992-1993) anche di
un corso di Flauto Barocco, tenuto dal prof. Colombin. Alla prof.
Masiero (cattedra di Pianoforte)
tro passò al prof. Fulvio Colombin che coinvolge nell’”avventura
Dallapiccola” i professori Giorgio
Blasco (illustre fautista) ed Ennio
Guerrato (celebre chitarrista), ed
insieme a loro mise in cantiere un
prestigioso progetto: i Corsi Estivi
di Perfezionamento di Verteneglio,
noti come “Hortus Niger”, che per
cinque anni videro operare nella
cittadina docenti di prestigio internazionale come il grande tenore
Carlo Cossutta, il M° Delbianco, il
M° Lovato, il M° Pegoraro, con allievi provenienti da Messico, Corea, Giappone, Slovenia, Italia e,
naturalmente, dalla Croazia.
Il duo pianistico Šverko Fioranti - Čuić, frutto del CSMC di Verteneglio
cale, che ne parlò all’amico prof.
Fulvio Colombin, ed alla pianista
prof. Maria Masiero. Seguì un
immediato sopralluogo dei sunnominati a Verteneglio. L’Istria
affascinò subito i nostri che si misero tosto al lavoro di buzzo buono. Conobbero il Presidente Barnabà, i primi cinque aspiranti allievi (fra i quali la maestra della
locale scuola italiana) e visitarono i locali della Comunità: un bar,
una piccola segreteria, una saletta
con stufa a legna. Nemmeno il telefono. Strumenti a disposizione,
donati dall’U.P.T.: due chitarre,
una fisarmonica, un pianino verticale.
Mauro Masoni ebbe l’idea di
puntare sulla chitarra “classica”,
idea che ebbe un inaspettato grandissimo successo. Si poteva anche
contare su un corso di pianoforte,
tenuto dal M° Dario Bassanese,
maestro del Coro della Comunità
ma, che gravato d’impegno, passò
il testimone alla prof. Marina Masiero. Il prof. Fulvio Colombin fu
chiamato alla docenza di Teoria e
Solfeggio. Fu aperto un corso di
Fisarmonica, affidato al M° Franco Vallisneri.
La “fondazione” ufficiale del
Centro Dallapiccola avvenne nel
cedenza, degli esami d’ammissione di ben cento aspiranti. Quindi,
aprono, per primi, i corsi di Pianoforte e di Chitarra classica, con
insegnanti del luogo (professori
Piškulić, Malner, Haller e Orietta Šverko).
A Verteneglio, intanto (1994),
sempre in funzione dello sviluppo del Centro “Dallapiccola”, la
sede della C.I. viene ulteriormente ingrandita e ristrutturata (uffici,
aule, sale di ritrovo e nuovo teatrino). All’inaugurazione presenzia-
Lezione di chitarra al Centro Studi di Musica Classica
subentrò (1994) la prof. Tatiana
Šverko Fioranti, sia nella sede di
Verteneglio che a Pola.
Nel 1997, un tragico incidente causò la prematura scomparsa
dell’indimenticabile M° Mauro
Masoni e la direzione del Cen-
Inoltre, nel 1999, con il contributo del Consolato Generale
d’Italia, dell’U.I. e dell’U.P.T.,
il Centro organizzò a Pirano una
Master Class di canto, con il M°
Daniel Ferro, docente alla Jullard
School di New York.
Memorie e futuro
Gita a Salisburgo di allievi e docenti del CSMC
In soli venti anni, il “Centro
Dallapiccola” esibisce una crescita vertiginosa. Ma tale proiezione
nel futuro è sostanziata anche dalla memoria del suo preveggente
ideatore, M° Mauro Masoni, cui,
dal 2001 è dedicato un “Premio”
annuale in suo ricordo che conta
nella giuria illustri docenti provenienti dall’Italia, dalla Russia e
dalla Croazia, e che si progetta di
allargare ad altre Istituzioni musicali, sempre grazie ad una borsa di studio messa a disposizione
dall’U.I. e dall’U.P.T. Significativa, al proposito, la donazione al
Centro da parte dei famigliari del
compianto pianista Stefano Marizza, della monumentale Enci-
clopedia della Musica UTET dello scomparso.
Circa la proiezione nel presente e nel futuro, il Centro continua a donare una sua linfa musicale in tantissime occasioni: i
“Saggi Riuniti” dei suoi allievi
in prestigiose sedi come il Castello di Grisignana, la loro brillante partecipazione ad importanti concorsi internazionali come
“Ovest Musica Giovani”, “Istria
Nobilissima”, a Zagabria ed in
Italia. Ad una docente del Centro
(Fioranti Šverko) si deve la creazione, a Pola, dei corsi internazionali “Arena International” ed
altre iniziative stanno delineandosi. Per esempio la ripresa dei
seminari estivi “Hortus Niger”,
già insigniti del patrocinio della
Presidenza del Consiglio dei Ministri della Repubblica Italiana,
un’iniziativa preziosa anche per
la “borsa turistica” di Verteneglio
e della sua ridente zona collinare
e balneare.
Caratteristica identificativa del
Centro “Dallapiccola” è d’aver
adottato programmi di studio dei
Conservatori di Stato italiani,
presso i quali i suoi studenti possono sostenere gli esami di Stato
che danno attestati di validità europea. Ciò è già avvenuto per numerosi studenti che, pur seguendo
gli studi in loco, possono anche
proseguirli nei Conservatori italiani stessi.
È recente l’inclusione del Centro e delle sue attività nel corpo giuridico dell’Unione Italiana che gli permetterà di giovarsi
dei mezzi finanziari previsti nel
“Fondo di promozione per le attività istituzionali delle C.I.”. In
conclusione che risolve il vecchio nodo strutturale del suo status giuridico.
Il ventennale del Centro è stato
nei giorni scorsi festeggiato con
una trasferta di studio di allievi e
docenti a Salisburgo, in occasione
del 250° anniversario della nascita di Mozart.
Dalla sua fondazione ad oggi,
ben 550 allievi hanno seguito i
corsi del Centro, il corpo docente del quale è attualmente formato
dai professori Renato Schiavon,
Šverko Fioranti, Sabrina Stemberga Vidak, Fulvio Colombin,
Ivan Štekar, Orietta Šverko, Lucia
Malner, Piškulić Ingrid, Robert
Haller, operanti nelle tre sedi di
Verteneglio, Pola e Fiume.
Ad multos annos!
musica 3
Mercoledì, 26 aprile 2006
L’OSPITE DI TURNO Baljak o l’antica e affascinante arte della liuteria
Quando dalle mani di un artista
nasce la magia dello strumento
di Patrizia Venucci Merdžo
C
ostruire una chitarra, un
violino in maniera artigianale (e prima ancora i liuti
dalle panciute forme, le bionde e
aristocratiche viole...), o comunque uno strumento a corde o a
pizzico, significa creare un’entità
strumentale unica ed irripetibile
con una propria personalità, caratteristiche sonore e timbriche:
le proporzioni dello strumento e
il rapporto tra di esse, la bombatura, la qualità e stagionatura del legno, la vernice, l’aspetto estetico...tutto influisce sulla
di diventare liutaio ed in particolare, costruttore di chitarre. Questo accadeva vent’anni fa e non
mi sono mai pentito.
Io costruisco in maniera rigorosamente artigianale con legni
stagionati, adopero colle animali e tutte le rifiniture, compresi le
chiavi, anche di tipo ornamentale, sono realizzate a mano. In media costruisco due-tre chitarre in
tre mesi. Non ricordo esattamente
quante ne abbia prodotte però so
che di solito vengono apprezzate
e che Hubert Keppel , uno dei migliori chitarristi del mondo usa un
mio strumento.
Come posso riassumere le caratteristiche delle mie chitarre?
Sono strumenti che ‘rispondono
bene’ e che hanno una gamma
sonora uniforme in tutti i registri.
Per le fasce laterali amo adoperare il palissandro indiano, che conferisce allo strumento un suono
brunito. Per il resto adopero legno vari.
Ogni strumento ha una propria personalità.. ad ogni nuovo
processo costruttivo apporto delle
Il liutaio Marinko Baljak con una chitarra di sua costruzione
Marinko Baljak:
l’albero diventa liuto
Baljak con la “vihuela”
qualità del suono e pregio. Opera ad Abbazia, nel suo laboratorio
sopra la Slatina Marinko Baljak,
uno dei rarissimi liutai professionisti in Croazia, tra l’altro costruttore degli strumenti “seicenteschi” del “Collegium musicum
Fluminense”.
Dal suo laboratorio - che un
po’ richiama alla memoria con i
suoi ‘stampi’, barattoli, utensili
vari, l’atmosfera di certe immagini antiche dei leggendari e ‘misteriosi’ laboratori cremonesi, si
gode di una vista mozzafiato su
tutto il Quarnero. L’atmosfera per
creare è quella giusta.
Marinko Baljak ha alle spalle
un passato di esecutore e pedagogo “senonché un bel giorno decisi che era venuto il momento di
intraprendere un’attività quanto
mai personale e creativa. Decisi
Decorazioni artigianali sulla vihuela
piccole modifiche, faccio dei piccoli esperimenti. Non si finisce
mai di sperimentare”.
Nel bel mezzo di un’antica
credenza troneggia un’autentica
“bellezza”.Si tratta nientemeno
che dell’elaborata copia di un’antica vihuela “de mano”; strumento cordofono spagnolo che ebbe
larga diffusione presso l’elegante società spagnola del ‘400 e che
si affermò come strumento dotto
L’”artistico disordine” del laboratorio
attraverso varie raccolte di “intavolature”.
La tavola superiore è riccamente e finemente decorata a
mano con tre preziosi ricami
evocanti la cultura maura.
David Stefanutti con la viola da
gamba costruita da Baljak
“I rudimenti della liuteria li ho appresi da mio padre, che in Dalmazia costruiva, da dilettante, mandolini. Negli ultimi dieci anni
mi occupo di liuteria da professionista. Allo scopo di affinarmi in
questa antica arte ho frequentato dei corsi presso la ‘Scuola internazionale di liuteria’ a Cremona, l’unica nel suo genere al mondo,
come pure ho partecipato a dei convegni e laboratori a Vicenza e
nel Brescian”.
-Quanti sono i liutai in Croazia ? Sono organizzati?
“In tutta la Croazia ci saranno una ventina di costruttori di strumenti ad arco ed a pizzico dei quali cinque, circa, sono professionisti. Esiste l’Associazione dei costruttori di chitarra classica”.
- Fa anche lei come Antonio Stradivari che in primavera, per
scegliersi la materia di migliore qualità, se ne andava a passeggio nei boschi del Tirolo, dando colpi e ‘saggiando’ gli alberi,
per controllare il grado di umidità, la vecchiezza dell’albero, la
sua struttura interna ecc.?
“Nel frattempo ci siamo un po’ organizzati. Esistono in Croazia
delle rivendite di legno stagionato destinato anche alla costruzione
degli strumenti a corda. Il legno migliore del mondo per la costruzione dei violini e archi in genere – alberi al di sopra dei 1700 metri che crescono su un certo tipo di terreno sassoso il quale permette
una particolare irrorazione e quindi nutrimento dell’albero, di modo
che le nervature all’interno del tronco sono disposte a spazi uguali
una dall’altra – viene ricavato dagli abeti della Bjelolasica e dagli
aceri del Gorski Kotar i quali abbisognano di una stagionatura che
va dai due ai cinque anni. Costruire gli strumenti oggi non è eccessivamente difficile se si usano dei modelli di strumenti di autore.
Così è stato pure per gli strumenti – due violini, una viola, una viola da gamba ed un violoncello- che ho costruito nel 1999-2000 per
il ‘Collegium musicum Fluminense’ su modelli del 1654 del liutaio
veneziano Carlo Mondi. Il modello, (‘lo stampo’) mi è stato fornito
da un istituto scozzese specializzato, il migliore al mondo per questo tipo di servizio ossia, l’Old College South Bridge dell’Università di Edimburgo. Comunque la cosa che mi appassiona di più è
la costruzione degli archi antichi, che ricavo da un unico pezzo di
legno”.
-Si è parlato tanto dei segreti della famosa vernice dalla quale dipenderebbe la preziosità del suono.
“La tanto discussa vernnice, in realtà, questo almeno è quello
che si ritiene al giorno d’oggi, è un mito tutto da sfatare. Ha essenzialmente funzione protettiva dello strumento dagli agenti esterni
come pure estetica. I maestri antichi spesso usavano una lacca scura, oppure maculata, a volte gialla; oggi invece per attirare l’occhio
del compratore si punta sui pigmenti rossicci.
Infatti le statistiche hanno dimostrato che sono appunto le tonalità fulve quelle che richiamano maggiormente l’attenzione del
compratore. Quanto ci metterei a costruire un violino, magari su
modello di qualche antico cremonese? Un mese circa di lavoro continuo, più un mese per stendere e far essicare la vernice”.
4
musica
Mercoledì, 26 aprile 2006
Mercoledì, 26 aprile 2006
5
A LA RECHERCHE DE LA MEMOIRE PERDUE - «...formare un’orchestra ed un corpo di coristi, e ciò tanto per riguardi educativi, di divertimento e di lustro cittadino»
L’eccezionale vitalità e ricchezza musicale dell’Istria antica
di Mirella Malusà
A
Pisino la prima Società Filarmonica venne fondata
nel 1859. Fino al 1880 venne diretta dal professore di musica
Giuseppe Giannetti. Nel giornale
“L’Istria” del 1º aprile 1882 si fa il
nome del maestro Ugolini dal quale
dipesero le sorti della banda. Il nuovo maestro radunò 30 elementi, li
istruì e li fece suonare in teatro. Nel
1885 il maestro Ugolini venne sostituito dal maestro Giorgeri.
Il cambio della guardia ai vertici del Comune, però, mandò all’aria la banda e l’orchestra. Perciò
i Pisinesi ne fondarono una privata affidandola al maestro Augusto
Niederkorn, mentre dell’orchestra
si prese cura il pianista Massimiliano Gherbetz. I due complessi
iniziarono la loro attività con concerti vocali e strumentali in teatro e
in piazza.
Nel 1893 l’avvocato Francesco
Costantini propose la formazione
della Società Filarmonica. Assieme
ad Adamo Mrach, Fedele e Ruggero Camus, Luigi Comisso, Giovanni Marghetti ed altri emanò lo statuto e l’8 agosto 1894 iniziò la sua
attività.
Nel 1906 la direzione venne
affidata a Fedele Camus e la banda al maestro Ancarani, che diede
grande impulso alla Società. Dal
1909 al 1914 subentrò il maestro
Pischiutta.
Dopo la Prima guerra mondiale
la presidenza venne affidata al prof.
Craglietto che ricoprì tale carica
fino al 1920. Poco tempo dopo fece
ritorno il maestro Pietro Pischiutta. Presidente della Filarmonica nel
1925 fu Gioberto Covaz. A mano a
mano che i tempi cambiavano la Filarmonica venne assorbita dal Dopolavoro. Nel novembre 1933 la
Società festeggiò con u mese di ritardo il quarantesimo di vita.
A Pisino l’operetta
“Il ragno azzurro”
“Il 2 febbraio 1934 fu una giornata di eccezionale impegno per la
Filarmonica. Venne rappresentata l’operetta “Il ragno azzurro” del
maestro Roudegger. Gli attori erano così numerosi che a stento si aggiravano sul palcoscenico. Il corpo
orchestrale contava 30 elementi ed
era diretto dal maestro Pischiutta, il
coro da Ignazio Gherbetz e il recitativo da Peppino Nicosia. Complessivamente i Filarmonici raggiunsero quell’anno il numero di 34, i
concerti eseguiti erano stati 13, le
uscite per feste nazionali e cerimonie 20, i funerali 1, le rappresentazioni di operette 3, le scampagnate
1, le gite fuori sede 1, ad Abbazia”.
La Filarmonica continuò la sua attività fino allo scoppio della Seconda
Guerra mondiale.
Una banda
ed un’orchestra
per Castelvenere
Del 1º luglio 1913 è, invece,
lo statuto della Società Filarmonica di Castelvenere che prevedeva
pure una Sezione Banda, un’orchestra e un coro. Lo scopo di questa
istituzione era “d’istruire e di tenere raccolti gli elementi necessari a
qualunque spettacolo musicale pubblico e privato, procurando ai suoi
membri ogni possibile vantaggio
dall’esercizio dell’arte musicale”.
La banda di Pisino nel Carnevale del 1923
«Il 2 febbraio 1934 fu una
giornata di eccezionale impegno
per la Filarmonica di Pisino. Venne
rappresentata l’operetta ‘Il ragno
azzurro’ del maestro Roudegger. Gli
attori erano così numerosi che a stento
si aggiravano sul palcoscenico. Il
corpo orchestrale contava 30 elementi
ed era diretto dal maestro Pischiutta,
il coro da Ignazio Gherbetz»
I fondi necessari per far fronte alle spese venivano attinti dal
contributo dei soci, dai redditi delle produzioni musicali e da elargizioni spontanee ed altri introiti
straordinari. I soci erano effettivi e
onorari. Socio effettivo poteva essere chiunque ne facesse domanda
a voce o per iscritto alla Direzione.
Le persone che avevano dei meriti
speciali verso la Società potevano
diventare soci onorari e venivano
nominati dal Congresso generale
su proposta della Direzione. Tut-
Portale d’ingresso del Duomo di Capodistria
ti i soci erano tenuti ad attenersi
strettamente allo Statuto e al Regolamento interno redatto dalla
Direzione della Società. Avevano
diritto di “usufruire dell’istruzione musicale, di far parte dei corpi
corali musicali della società, di far
proposte, muovere interpellanze,
prendere parte a qualsiasi votazione e venir anche eletti alle cariche
sociali se maggiorenni di età, soltanto i soci maschi”.
I soci onorari non potevano
eleggere o essere eletti alle cariche
sociali. Inoltre, i soci avevano l’obbligo di appartenere alla Società per
la durata di tre anni. Per uscite dalla Società bisognava fare domanda
scritta alla Direzione almeno due
mesi prima dello spirare del triennio sociale, altrimenti vi si rimaneva obbligati per tutto il triennio successivo. Potevano venir esclusi quei
soci che violavano in modo grave le
disposizioni dello Statuto e degli
eventuali Regolamenti interni e
che compromettevano il decoro o
l’interesse materiale o morale della Società. Quando il socio entrava a far parte della Banda doveva
avere un proprio strumento.
La Direzione della Società forniva lo strumento a chi ne
era sprovvisto, cosicché oltre il
canone mensile doveva versare
un contributo a saldo valore dello strumento del debito contratto
per l’acquisto dello stesso. La direzione era composta da un presidente, un segretario, un cassiere
e tre direttori, tutti scelti dal ruolo dei soci. Nello statuto vennero
stabilite le mansioni e i doveri dei
singoli componenti della Direzione specificando che “la Direzione
resta in carica per un anno. I membri della stessa sono rieleggibili. In
caso di dimissione essa è obbligata
a restare in carica fino alla nomina
della nuova Direzione.”
Per quel che riguarda i congressi generali c’è da rilevare che
la Società veniva convocata in adunanza generale ordinaria una volta
all’anno, entro il mese di marzo. Lo
Statuto si conclude con i capitoli
riguardanti i proventi delle produzioni della banda e delle sezioni; la
lingua d’uso della società; lo scioglimento della società; la decisione
nelle controversie e le disposizioni
Veduta di Castelvenere
transitorie che specificano che il
regolamento, firmato da Giuseppe
Spizzamiglio (preside) e Michelich
Carlo, sarebbe entrato in vigore appena raggiunto il numero di 50 soci
e dopo l’approvazione da parte dell’Autorità.
La variegata
vita musicale
di Capodistria
A Capodistria l’arte musicale
veniva coltivata in diverse espressioni artistiche: coro, banda e orchestra. Da ricordare senz’altro la
Società Filarmonica, che ebbe l’approvazione governativa e che si costituì nel 1865. Giovanni De Manzini, Cristoforo Belli e Giovanni
Genzo erano i promotori della Società che si prefiggeva “... di formare un’orchestra ed un corpo di coristi, e ciò tanto per riguardi educativi
e di divertimento, quanto per offrire di tratto in tratto delle accademie
al pubblico a scopo di beneficenza e
di lustro cittadino, nonche’ per concorrere nelle maggiori solennità religiose ad accrescerne il decoro”.
Dopo aver versato 12 fiorini per
l’iscrizione annua, i soci avevano il
diritto “di entrare tra gli alunni della scuola di musica” ed il dovere “di
obbedire al regolamento della scuola di musica, qualora vi siano iscritti come alunni o suonatori ed in tal
modo provedersi di proprio strumento”. Al regolamento della scuola doveva provvedere la direzione,
come pure “stabilire i trattenimenti
ed in genere tutte le prestazioni dell’orchestra e del corpo dei coristi”.
Per la nomina del maestro, tre voti
spettavano alla direzione della Società e due alla deputazione comunale. Quasi tutti i maestri della Società Filarmonica furono contemporaneamente organisti ed istruttori del coro del Duomo, stipendiati
a parte dall’amministrazione parrocchiale. L’orchestra interveniva
in Duomo soltanto nelle maggiori
solennità.
Oltre a questa, Capodistria ebbe
pure il Corpo Musicale Capodi-
striano (1894), la Società Corpo
corale cittadino e la Società di Canto (1874). Il primo stilò un proprio
statuto il 6 agosto 1894, per modificarlo al congresso generale straordinario del 18 ottobre dello stesso
anno, approvato poi dall’I.R. Luogotenente Rinaldini il 16 dicembre
1894. Nei 28 articoli, suddivisi in
si in 46 articoli, lo statuto rileva che
lo scopo della Società era “l’istruzione nel canto musicato corale di
un numero indeterminato di soci
e l’organizzazione progressiva di
trattenimenti sociali, concerti ed
eventuali gite fuori città”. I soci erano suddivisi in cantori, contribuenti
e onorari. A questo proposito nello
Scorcio del Duomo di Capodistria
VI capitoli si fa cenno al nome,
sede e scopo della Società, i soci,
la direzione ed amministrazione
della stessa, i revisori, i congressi
generali e lo scioglimento della Società.(19) Il corpo musicale capodistriano venne affidato al maestro
Buresch e poi al maestro Bucavez.
Si sciolse nel 1906.
Il “Corpo corale cittadino” vide
la luce nel 1899.(21) Lo statuto
venne stilato l’8 aprile dello stesso anno dal Comitato promotore.
Composto da otto capitoli suddivi-
statuto vennero annoverati e specificati in 16 articoli i diritti e i doveri
dei soci. La direzione era composta
da un presidente, un vicepresidente, dodici consiglieri e un segretario
cassiere, tutti eletti in seduta generale della Società.
A Capodistria sorsero anche altri corpi bandistici quali: la
Banda Sociale di Capodistria, la
Banda “Beato Elio”, la Fanfara “Libertas”, la Banda dei “socialisti”,
ecc.
(2 - continua)
MOZARTANDO - «Prenderemo quel brunettino... Secondate aurette amiche... La mano a me date... Donne mie le fate a tanti... È amore un ladroncello...»
Le due ultime sinfonie di Mozart
Sinfonia n. 40 (Mozart)
La sinfonia in Sol minore n. 40
K 550 di Wolfgang Amadeus Mozart vide la luce insieme alle sinfonie n. 39 in Mi bemolle (K 543) e
n. 41 in Do maggiore (K 551 nota
come Jupiter) nell’estate del 1788.
Mozart visse in quel periodo tre
mesi di grazia che gli consentirono di creare tre fra i suoi capolavori
anche se questa singonia chiude di
fatto l’esperienza del salisburghese
in ambito sinfonico.
Si tratta della sinfonia più nota
di Mozart e nell’immaginario collettivo è insieme alla quinta di Ludwig van Beethoven la sinfonia per
antonomasia. Robert Schumann arriverà ad accostarla ai criteri ideali
della bellezza greca.
Questa sinfonia, che originariamente veniva considerata esempio
di grazia e leggerezza, forse confondendo la semplicità con cui si
sviluppano e si susseguono le varie
melodie, ci appare oggi come fortemente introspettiva e di contenuto
drammatico.
Il minuetto è un esempio di questa drammaticità ed anticipa quelle
atmosfere romantiche che ritroveremo in Beethoven e che qui appaiono trattenute quasi nascoste.
Le parole del musicologo tedesco Albert Einstein parlando degli
svolgimenti armonici della sinfonia
usa queste parole “sono come dei
tuffi negli abissi dell’anima, simbolizzati in modulazioni tanto audaci che i contemporanei di Mozart
non devono essere stati in grado di
seguirli e tanto sublimi che soltanto
Mozart stesso poté riportarli su di
un livello terreno”
terizza quest’ultima composizione
strumentale di Mozart.
Con la n. 39 e la n. 40, essa fa
parte di un ciclo noto come canto
del cigno. Fu composta nell’estate del 1788, una delle stagioni più
prolifiche per il compositore salisburghese.
Come nella sinfonia n. 40, anche qui non è presente un’introduzione. Un attacco iniziale deciso
definisce l’atmosfera dell’allegro
Sinfonia n. 41
La sinfonia n. 41 K 551 di Wolfgang Amadeus Mozart è universalmente nota con il nome di Jupiter.
Il titolo, col suo rimando mitologico a Giove, non fu assegnato
dal compositore ma probabilmente
dall’impresario inglese Salomon,
allo scopo di evidenziare il carattere grandioso e divino che caratManoscritto di Mozart
vivace irruente, ma con più interposizioni di temi lasciati quasi interamente ai violini.
L’andante inizia sommessamente e solo successivamente si sviluppa temi drammatici che nel finale
si trasformano in toni di rassegnazione.
Il minuetto è costituito da una
serie di temi semplici che ci riportano ad una certa tranquillità.
Il finale attacca con un tema di
fuga che sarà ripreso più volte con
modifiche contrappuntistiche e si
arricchisce di espressione nel suo
ripetersi.
Ave Verum Corpus (Mozart)
L’opera Ave Verum Corpus K
618 di Wolfgang Amadeus Mozart è basata sul testo eucaristico
omonimo del XIV secolo. Quella
di Mozart è di gran lunga la composizione più celebre basata su
questo testo. Si tratta di un mottetto per coro misto, orchestra e
organo, composto dall’autore salisburghese a Baden, nei pressi di
Vienna, fra il 17 e il 18 luglio del
1791.
L’opera è dedicata all’amico
Anton Stoll, Kapellmeister della
chiesa parrocchiale di Baden. Nata
per l’occasione della solennità del
Corpus Domini, viene considerata
uno dei momenti più alti del genio
mozartiano.
Piotr Ilič Čaikovskij rielaborò
questo celebre mottetto nella preghiera che costituisce il terzo movimento della Suite n. 4, op. 61, nota
- non a caso - come Mozartiana.
Il cantante rock Jon Anderson
interpreta l’Ave verum Corpus nel
proprio album solista Toltec del
1996 (il brano ha titolo Ave Verum).
Le opere di Mozart sono elencate nel famoso Catalogo Köchel
creato a metà Ottocento da Ludwig von Köchel. Ogni opera del
compositore salisburghese è stata
catalogata con numeri progressivi
preceduti dalla sigla K (o KV) indicante Köchelverzeichnis, cioè Catalogo Köchel in tedesco.
Gli effetti musicoterapeutici di Mozart
Monumento funebre in onore
di Mozart a Vienna
Il Prof. Tomatis, otorinolaringoiatra francese ed esperto di psicoacustica, fu uno dei primi ad
affermare che le opere di Mozart
possiedono virtù terapeutiche.
Nel 1974 al I° Congresso di Musicoterapia tenutosi presso l’ospedale Pitié-Salpetricre, egli dimostrò quali erano stati i benefici che
l’ascolto sistematico dei concerti
per violino di Mozart aveva prodotto sui suoi pazienti che soffrivano d’insonnia, di ansia e di depressione.
Tomatis spiega che Mozart più
di tutti gli altri compositori, ha utilizzato tra le sue note e i suoi timbri, delle frequenze particolarmente acute che hanno effetti positivi
sul cervello umano.
Lo studioso francese ha fatto
inoltre osservare che i ritmi del musicista si rapportano in maniera sbalorditiva a quelli del battito cardiaco
di un feto nel ventre della madre.
Dopo gli anni 90, alcuni neurologi americani sono ricorsi alla
Mozart
musica di Mozart per il trattamento
di pazienti in coma e diversi ospedali in Francia ne hanno consigliato l’ascolto a donne in gravidanza.
Ma è soprattutto con il best-seller
“L’effetto Mozart” dello scrittore
e musicista americano Don Campbell, vecchio allievo di Nadia Boulanger, che si è diffusa una vera
e propria moda soprannominata
“Mozart su prescrizione”.
In effetti Campbell ebbe anche
l’idea di far produrre una serie di
CD, con una compilation di opere
del compositore, fatto aspramente criticato da Frances Rauscher
professore di psicologia all’Univerità di Irvine, California, che
riteneva ciò un trasformare la ricerca in una campagna di marketing. La Rauscher afferma che il
metodo Tomatis è riconosciuto in
tutto il mondo e che la musica di
Mozart ha senza dubbi effetti terapeutici e stimolanti ma aggiunge che è una menzogna raccontare alla gente che una compilation
di Mozart possa trasformarsi in
una cura che rende più intelligenti o che guarisca miracolosamente
una malattia.
6 musica
Mercoledì, 26 aprile 2006
MUSICA SACRA «Il Messia» di Händel, la massima epopea musicale della cristianità
Giorgio I d’Inghilterra in piedi
per l’Alleluja più famoso della storia
di Patrizia Venucci Merdžo
S
aranno senz’altro poche le persone che
non abbiano sentito almeno una volta
nella vita quel tripudio, quel grido allelujatico che sembra uscire dal viscere del
cosmo, per inondare e aprire i Cieli in tutta la
loro gloria e maestà, e che risponde al nome
di “Alleluja” di Händel.
Brevissimo e perentorio come una sparata, l’annuncio iniziale dell’Alleluja, cui fanno seguito quel garrire, quegli echi di giubilo in un inesorabile crescendo che, al tempo
della prima esecuzione, fecero alzare in piedi re Giorgio I d’Inghilterra e tutto l’uditorio, presi dall’irresistibile slancio del geniale
brano. Da quel giorno data l’uso, conservato
ancora in Inghilterra, di alzarsi per ascoltare questo canto ispirato che celebra la gloria
del Risorto ed è parte culminante dell’oratorio “Il Messia”.
Ritenuta la più grande epopea che sia
stata musicalmente composta in onore del
cristianesimo, “Il Messia” fu scritto in ventiquattro giorni nel periodo più tormentato
della vita dell’autore. Händel riempì le oltre
250 pagine dell’autografo originale in sole
tre settimane, dal 22 agosto 1741 al 14 settembre, in uno di quei prodigi dell’ispirazione passati alla storia della musica. All’epoca il “grande Sassone” aveva 56 anni ed era
all’apice della carriera. Diresse il Messia 36
volte, rinunciandovi solo negli ultimi tempi a
causa della cecità.
Rochlitz, critico musicale dell’epoca
beethoveniana, lo chiamava la cantata di tutto il genere umano riscattato e riunito per celebrare la sua riconoscenza. “Il Messia” narra
della vita di Gesù Cristo dalla nascita alla Ri-
tutti in Adamo, siamo sottomessi alla morte,
tutti in Cristo saremo risuscitati”). Assieme a
quella del buon pastore che ama teneramente
il suo gregge.
Il libretto fu composto dallo stesso
Haendel e in maniera tanto accorta da meritare le lodi di Goethe, Herder e Klopstock.
“Io conosco la mia Bibbia e saprei meglio di
un altro scegliervi le parole adatte”.
Il Combarieu nella sua Storia della mu-
Westminster Abbey
Manoscritto del “The Messiah”
surrezione. Compiuto il sacrificio sul Calvario, Händel medita sulla morte, sul Giudizio
finale e sulla Risurrezione. L’aria “Ho fede,
Signore Quelli che dormono si sveglieranno!”, è una delle più belle ed il testo è tratto
dall’epistola di S.Paolo ai Corinzi. (“E come
d’incontro dell’arte e della fede della Germania nordica, dell’arte italiana e della potenza
formidabile e misteriosa del genio di un musicista sassone, una specie di colosso che sorregge le asperità dell’arte, come un antico Sileno, coronato di pampini, e sorridente porta
tra le braccia un dio bambino».
“Il Messia” e la bachiana “Passione secondo Matteo” sono probabilmente le due massime pietre miliari dell’arte musicale religiosa.
sica scrive a proposito de «Il Messia»: «Da
un punto di vista puramente artistico, una
tale composizione ha un ampiezza grandiosa. Esso è la risultanza di sette secoli di contrappunto e armonia, come pure del pensiero e sentimento cristiano…essa è il punto
Handel era profondamente religioso ma
niente affatto bigotto; la religione era per lui
poesia, dramma, elevazione ed è per questo
che nel taglio delle composizioni sacre egli
è personalissimo. Gli oratori costituiscono
la parte più cospicua della sua produzione e
sono quelli che lo consegnano alla posterità.
I suoi sedici gli oratori biblici (e altrettanti profani) sono Joseph, Isreael, Josué,
Debora, Jefhte, Sansone, Saul, Salomone Athalia, Susanna, Bosayar, Esther, Judas, Alexandro Balo, Il Messia, Theodora.
L’ossatura caratteristica dell’oratorio sotto
il soffio di Händel si trasfigurò in un immenso poema descrittivo epico-drammatico “ove le grandi verità religiose e umane
sono cantate, rappresentate e commentate
con tutto quello che può dare di emozione e
di espressione il linguaggio musicale…animati da un gran soffio religioso, liberi dalle
esigenze della liturgia e dalle convenzioni
del teatro, ma tuttavia drammatici e profondamente umani, i sedici oratori biblici “si
innalzano in un dominio dell’arte assoluta-
mente indipendente come templi grandiosi
la cui iconografia comprende tutta la Sacra
Scrittura, dai libri di Mosè fino agli Atti”.
A distanza di non pochi anni, la sottoscritta
ricorda ancora con emozione e gioia la sua
partecipazione alle parecchie esecuzioni
della Messiade handeliana con l’orchestra,
il coro ed i solisti del Teatro di Fiume diretti dallo scomparso maestro Kajdi: quelle
ondate di dolcezza melodica (aria del buon
pastore), di esaltanti apotesi contrappuntistiche (Nascita e Risurrezione del Cristo)
alle quali il pubblico corrispondeva sempre
con applausi interminabili. Come ricorda
pure le brillanti esecuzioni del “Magnificat”
di Bach, o del “Requiem” di Verdi. Tempi
andati. Attualmente le grandi forme vocali
strumentali di carattere sacro non rientrano
nelle sfere d’interessi della dirigenza teatrale di Fiume.
Georg Fridriech Haendel nacque nello stesso anno e regione di Bach e vi morì,
come il Kantor di San Tommaso, cieco e nello stesso anno. Strane coincidenze. La cecità
lo colse mentre scriveva il secondo atto dello
“Jefte”. Visse gli ultimi sette anni della sua
vita nel ritiro, nella meditazione e nelle pratiche di carità.
Nei giorni di Passione voleva morire per
raggiungere il Salvatore nel giorno della Risurrezione, e fu esaudito perché morì il Sabato Santo del 14 aprile 1759. Fu tumulato con
solenni funerali il 20 aprile nella cattedrale
di Westminster, dove l’Inghilterra accoglie i
suoi figli gloriosi, e dove tante volte aveva risuonato l’”Alleluja” più celebre della storia.
Le giornate di Matetić, omaggio tradizionale
FIUME - Sono iniziate l’8
c.m. e si sono protratte dino al 10
aprile “Le giornate di Matetić”, la
tradizionale manifestazione giunta alla sua XIV esima edizione.
L’evento finalizzato alla valorizzazione e diffusione dell’operato di Ivan Matetić ed alla musica nostrana che attinge al patrimonio musicale popolare istroquarnerino, ha avuto il suo incipit
, nella casa natale di Matetić a
Ronjgi, con il Seminario per gli
alunni delle Scuole di Musica di
Fiume e Pola. I temi trattati riguardano l’Espressione musicale
autoctona dell’Alto Adriatico, la
vita e la produzione del compositore e pedagogo Josip Kaplan e
di Ronjgov, completati da un fil-
mato intitolato “Mantinjada po
Ronjgovemu”.
Il 9 aprile, nella mattinata,
sono state deposte delle corone
di fiori sui sepolcri di Ronjgov e
Kaplan, rispettivamente ad Abbazia e Laurana. La sera (ore 18) nel
Duomo di Fiume ha avuto luogo
una S.Messa di suffragio dedicata a Ivan Matetić Ronjgov durante la quale
è stata eseguita la “Dobrinjska
misa” di Ronjgov.
In serata al Palazzo del Governo (ore 20) si è tenuto un concerto intitolato ai compositori del
litorale con brani di Kaplan (le liriche da camera “Lan”, “More”,
Rondeau per orchestra d’archi,
brani per coro, la “Canzone del
galeotto” per baritono e coro),
di Roberto Haller (tre liriche da
camera per soprano e pianoforte), di David Stefanutti (Adagio e
fuga per archi), di Ljubo Kuntarić
(brani per coro) e di Dušan
Prašelj (“Credo” dalla Messa ritmica latina). Esecutori, il soprano
Ingrid Haller, il mezzosoprano
Anđelka Rušin, Roberto Haller e
Nina Kovačić al pianoforte, l’Orchestra da camera di Fiume diretta da Stefanutti, il Coro Oratoriale di Fiume sotto la direzione del
maestro Prašelj, le Klape femminili e maschili “Kastav” dirette da
Saša Matovina.
Ha fatto seguito la presentazione del libro dedicato a Ivan
Matetić Ronjgov “Zapisi pučkog
nabožnog pjevanja/Note sul canto popolare religioso” redatto dalla dott. Marija Riman.
Lunedì 10 c,m, al Palazzo del
Governo (ore 20) si è tenuto il
concerto degli alunni delle Scuole di Musica “Ivan Matetić Ronjgov” di Fiume e Pola con ospiti gli allievi delle SC “Blagoje
Bersa” e “Vatroslav Lisinski” di
Zagabria e “Franjo Kuhač” di
Osijek. In programma composizioni di Josip Kaplan, Ronjgov,
Nello Milotti e B.Okmaca.
In chiusura di serata è stat
presentazione la seconda edizione del libro di Lovorka Ruck
“Cori dell’Istria e del litorale per
voci bianche e voci femminili”.
(pvm)
Ivan Matetić Ronjgov
musica 7
Mercoledì, 26 aprile 2006
MUSICA ROCK Bryan Ferry alle prese con un nuovo album
Il «dandy» dalla voce sensuale
intensa, dolcissima
a cura di Ivana Precetti
ZAGABRIA – Una voce sensuale, intensa e dolcissima, capace di scivolare sulla pelle dell’ascoltatore come un velo di velluto o un foulard di seta. Bryan
Ferry è proprio così, un eroe romantico e futuristico, elegante e
seducente. Oggi, dopo un lungo
silenzio, interrotto soltanto dall’uscita di un “The Best of...”,
il carismatico cantautore inglese torna sui palchi mondiali con
un nuovo album assieme ai suoi
“Roxy Music”, una delle band più
innovative degli anni Settanta, di
cui è stato leader indiscusso, che
ha lasciato un’eredità indiscutibile
ad almeno due generazioni di musicisti, diventando l’emblema del
cosiddetto “glam rock” (o “rock
decadente”, come veniva chiamato in Italia). Bryan Ferry e i suoi
“Roxy Music” sono stati recentemente anche a Zagabria – è stata
la loro prima visita in assoluto in
Croazia – dove, il 5 aprile scorso,
hanno tenuto un concerto al Teatro Nazionale Croato, nell’ambito
della settima edizione del “Diners
Exclusive Party”. Un vero successone, a detta dei fortunati che hanno avuto modo di assistere allo
show, durato circa un’ora in cui la
band ha rispolverato i vecchi successi. Ed è stato come tornare ai
“vecchi tempi”, come se la parentesi in cui il gruppo aveva cessato
di suonare, non fosse mai esistita.
Per sessanta minuti tutto è tornato
come prima.
I “Roxy” assieme all’ineguagliabile Ferry, si sono dimostrati
ancora una volta per quello che
nei loro anni d’oro sono sempre
Una carriera intensa e fortunata
Bryan Ferry nasce il 26 settembre
1945 a Washington, cittadina nel nord
dell’Inghilterra. Figlio di contadini,
Bryan inizia la sua carriera musicale
in gruppi locali come i Banshees, come
cantante e pianista, fino a che alla
Newcastleupon-Tyne University non fonda
la band di R&B Gas Board con gli amici
Graham Simpson e John Porter. Il suo
stile è quello della popstar elegante, del
“dandy”, lontano dalle atmosfere hippy
e dalla scena hard-rock che caratterizza
l’Inghilterra nei primi anni Settanta. Nel
1970 fonda i Roxy Music e crea un suono
tra il glam-rock e la sperimentazione pop.
Nel 1973 incide il suo primo album solista,
“These foolish things”, rivisitando in parte
l’opera di Bob Dylan e dei Rolling Stones.
Nel 1976 esce “Let’s stick together”: i
Roxy Music sono un’estensione della
personalità del cantante e l’album mescola
indifferentemente nuove “cover” con
materiale già inciso dal gruppo. La crisi
sentimentale che attraversa alla fine degli
anni Settanta ispira una produzione più
melodica e una svolta verso il pop: sono
gli anni di “The Bride Stripped Bare”
(1978), “Flash and blood” e “Avalon”
(1982). Dopo questo album il gruppo si
scioglie. Nel 1985 esce “Boys and girls”;
due anni più tardi esce “Bete Noire”, meno
riuscito del precedente ma che conferma
lo stile di Ferry. Dopo una lunga pausa
di sei anni esce “Taxi” (1993), album di
“cover” accolto tiepidamente, e nel 1995
“Mamouna”. Seguono 4 anni di pausa e di
lontananza dalle scene e il “dandy” torna
con “As time goes by” (1999). Nel 2002
esce “Frantic”, l’ultimo lavoro di Ferry,
che segna il ritorno al suono rock e che
arriva dopo un tour che ha visto di nuovo
insieme i Roxy Music, vent’anni dopo. Il
disco è per la maggior parte registrato
“live” e contiene nuove canzoni assieme
ad alcune cover. Con Ferry collaborano
grandi artisti: Dave Stewart, Jonny
Greenwood (Radiohead) e Brian Eno.
Il cantante prosegue l’attività live e di
compositore in tutto il mondo. Il 2006 è
l’anno di un nuovo ritorno.
Il carismatico
leader dei
«Roxy Music»
torna sui palchi
mondiali e si
esibisce per la
prima volta in
Croazia
stati: una band un po’ diversa dalle
altre, nell’inesausta ricerca di una
musica che riuscisse a rompere col
passato pur affondandovi al contempo con le proprie radici: rock
elettrico, jazz, musica contemporanea, rock‘n’roll, romanticismo,
elettronica, in un’inedita fusione
che non ha avuto eguali nella storia del rock. Una volta spenti i riflettori, Bryan Ferry si è concesso
ai media per un’intervista durante
la quale ha voluto parlare del nuovo progetto con i “Roxy Music”
in cui è incluso anche l’amico di
sempre Brian Eno.
“Attualmente siamo alle prese
con la registrazione in uno studio
a Londra. Finora abbiamo fatto
molto. La prima formazione dei
‘Roxy’ è al completo. C’è Phil
Manzanera, Andy McCay, Paul
Thompson, e per un certo periodo c’è stato anche Brian Eno. E,
ovviamente, alcuni collaboratori
nuovi, che ci stanno offrendo un
contributo splendido, molto innovativo, proprio come piace a noi.
Io, personalmente, sono ancora alle prese con la scrittura degli
ultimi brani, che è il compito più
difficile”. E sul concerto in Croazia, Bryan ha avuto soltanto parole di lode: “È stata la prima volta
che visitiamo la Croazia. Un vero
piacere, perché è sempre una grande emozione suonare in posti nuovi, mai visti. Soprattutto quando si
è in là con l’età. Succede che vedi
un luogo sulla cartina geografica e pensi che sarebbe magnifico
suonare là. Poi, passano gli anni
e non ne hai più l’occasione perché gli obblighi sono sempre tanti.
Mi piacerebbe tornare in Croazia
e tenervi, coi “Roxy Music”, un
grande concerto. Quello al Teatro nazionale croato è stato il mio
show personale, ma voglio tornare
a Zagabria e offrire ai fan un vero
e proprio spettacolo. Come ai vecchi tempi!”.
«In the jungle, the mighty jungle The lion sleeps tonight...»
Il “Leone addormentato” una storia finalmente a lieto fine
Ve la ricordate la canzone “The Lion sleeps tonight”,
che nel 1961 ottenne un successo mondiale grazie alla versione in lingua inglese del gruppo
dei “The Tokens”, una formazione per teenager? Nel 1994 la
canzone fu inclusa nella colonna
sonora del colossal della Disney
“Il Re Leone”. Sono tutte dei plagi! La versione originale è del
1939, eseguita dal sud africano
di colore Solomon Linda e della
sua band, gli “Evening Birds”. Il
gruppo registrò il brano nello studio di Eric Gallo, che ricompensò Solomon Linda con poco più
di un equivalente di un euro e con
un impiego nel suo magazzino.
Linda non sapeva né leggere né
scrivere, ma per lui parlava la sua
musica. Tre accordi, qualche voce
baritonale in sottofondo e due parole da alternare. Così nacque il
brano “Uyimbube”, divertente e
orecchiabile, diventò il più grande hit sudafricano, prima di prendere il volo verso l’estero.
La canzone, infatti, approdò
negli USA nel 1951 grazie al cantante folk Pete Seeger che però,
non capendo lo zulu, travisò il ritornello da Uyimbube, uyimbube
(che significa “tu sei il leone”) ad
Awimoweh, awimoweh (che non
significa nulla).
Poi “The Lion sleeps tonight”
passò nelle mani dei “The Tokens”, che ne sancirono l’attuale testo in inglese. Grazie al loro
impegno la canzone si conquistò il
favore del pubblico.
Il pezzo, in seguito, entrò nella classifica delle 500 canzoni più
belle della storia della musica.
Nel frattempo Solomon Linda,
morì in povertà a Johannesburg,
lasciando in miseria la famiglia.
Nel 1989 una disputa legale
sui diritti del brano tra la Richmond Organization di Pete Seeger e George Weiss (il paroliere
dei Tokens) finì con la sentenza di
plagio a danno di entrambe le parti
e con il risarcimento agli eredi di
Linda. Il risarcimento però venne
fissato in poche migliaia di dollari,
mentre i profitti attribuibili a “The
Lion Sleeps Tonight” sono calcolati in più di 50 milioni di dollari. Pochi anni fa la Gallo Records,
nella persona dell’ormai novantenne Eric Gallo, forse desidero-
so di riparare al danno commesso,
assoldò un legale per verificare la
possibilità di risarcire gli eredi di
Solomon Linda. Il legale scoprì
che in base alla legge sul copyright dell’impero britannico del
1911 i diritti, trascorsi venticinque anni dalla morte dell’autore,
spettano agli eredi. Ad oltre quarant’anni dalla morte in disgrazia
dell’autore del brano, la Disney
è intervenuta per assicurare una
conclusione felice alla vicenda
Dopo aver liquidato gli attacchi dei Linda, sostenendo di aver
pagato i diritti della canzone, ha
corretto poi il tiro, forse per il timore del danno d’immagine che,
uno scontro con una famiglia indigente di Johannesburg avrebbe
provocato alla grande fabbrica dei
Solomon Linda
sogni per bambini. La mediazione
della major ha convinto Abilene
Music, la detentrice dei diritti, a
trovare una forma di risarcimento. Un accordo economico, arrivato solo il mese scorso, che ha soddisfatto i pochi eredi di Solomon
Linda rimasti in vita. (gm)
8 musica
Mercoledì, 26 aprile 2006
QUIZ - “chissà chi lo sa?”
Birgit Nilsson,
una voce fenomenale
1. Quale cantautore americano conosciuto per il grande successo “Born in USA, porta il soprannome “The Boss”?
a) Bruce Springsteen
b) Bob Dylan
c) Willie Nelson
2. Il flauto traverso appartiene alla famiglia…
a) Degli ottoni
b) Degli strumenti a tastiera
c) Dei legni
3. La città di New Orleans in
Louisiana è conosciuta come la
Mecca della musica…
a) Blues
b) Jazz
c) Rock
4. Come si chiama la band
svedese composta da due coppie
sposate, che vinse a un’edizione
dell’Eurosong con la canzone
“Waterloo?”
a) Mama’s and papa’s
b) The Platters
c) Abba
5. La famosa colonna sonora
del film “Il Padrino” con Marlon
Brando nel ruolo principale, fu
composta da…
a) Nino Rota
b) Ennio Morricone
c) Lucio Dalla
6. F. J. Haydn (1732-1809) e
W. A. Mozart (1756-1791) contribuirono al perfezionamento di
quale forma strumentale?
a) La suite
b) La sinfonia
c) Il lied
MUSICA LIRICA “Brunilde” non c’è più
Joseph Haydn
7. L’opera “La serva padrona” fu modello per l’intera opera
buffa del ‘700. Fu composta da:
a) F. J. Haydn
b) Domenico Cimarosa
c) C. B. Pergolesi
E’ morta in Svezia all’età di 87
anni Birgit Nilsson, considerata la
più grande interprete del compositore tedesco Richard Wagner del
secondo dopoguerra. La notizia è
stata resa nota solo dopo i funerali
del soprano, avvenuti a Vastra Karup, la sua cittadina natale.
La Nilsson, fra i numerosi ruoli interpretati, fu una sensazionale principessa irlandese Isotta nel
Tristano e la valchiria Brunilde
per eccellenza (nel celeberrimo ci-
8. Il famoso poema sinfonico “La mia Patria”, che contiene
uno dei movimenti più popolari
della musica dell’800, la “Vltava”, fu composto da:
a) Bedøich Smetana
b) Antonin Dvoøak
c) Jan Sibelius
9. La deliziosa musica della
fiaba “Pierino e il lupo” fu composta da…
a) Igor Stravinski
b) Sergej Prokofjev
c) Maurice Ravel
10. Il clavicembalo fu uno
degli strumenti più popolari dell’epoca del:
a) Romanticismo
b) Rinascimento
c) Barocco
Soluzioni: 1. a), 2. c), 3. b), 4. c), 5. a), 6. b), 7. c), 8. a), 9. b),
10. c).
Come Turandot
clo wagneriano del Ring). In particolare si ricorda la sua interpretazione di Isotta alla Scala nel 1956,
esibizione che le era valso l’onore di essere definita tra le migliori
cantanti wagneriane del ventesimo secolo.
Nata nel 1918 e figlia di una
soprano, Birgit Nilsson cominciò
a innamorarsi della musica a tre
anni, grazie a un pianoforte giocattolo regalatole dalla madre.
Il debutto in teatro avvenne nel
1946, al Royal Opera di Stoccolma. Cantò il primo personaggio
tratto dalle opere di Wagner nel
1948: fu Senta, la figlia del capitano norvegese Dalan, nel Vascello
fantasma (L’Olandese Volante). Il
grande successo la portò a esibirsi nei più grandi palcoscenici del
mondo: il Metropolitan di New
York, la Scala di Milano, la Fenice di Venezia, il Teatro dell’Opera
di Vienna, Roma, Parigi, Barcellona. Era un monumento e aveva
un monumento di voce Birgit Nilsson. Il soprano svedese era interprete per eccellenza delle opere di Richard Wagner e Richard
Strauss, un’eccellenza che fra gli
Anni ‘50 e i tardi ‘60 s’impose. Al
festival wagneriano di Bayreuth
sbaragliò le rivali, al Metropolitan
di New York ebbe successi memorabili, ovunque non si poteva dare
Wagner al massimo livello senza
che lei mancasse. I motivi stavano
nelle doti naturali, nella tecnica e
nella scuola svedese.
Aveva una voce d’acciaio che
l’aveva resa erede di un’altra wagneriana divenuta mito canoro, la
norvegese Kirsten Flagstad. La famosa tecnica di appoggio del fiato
sul diaframma, che pochi cantanti possiedono, era il segreto delle saette lanciate dalla Nilsson in
mezzo all’orchestra dell’olocausto
di Brunilde, il finale del “Crepuscolo degli dèi” e dell’intera “Tetralogia” di Wagner: nessuno sforzo, e l’ascoltatore inchiodato alla
poltrona. Anche nel “Tristano e
Isotta” non aveva rivali. Altri tempi davvero, quando i cantanti sapevano risparmiarsi e non saltavano
da un aereo all’altro.
Terminata la sua carriera nel
1984, nel ‘98 il Metropolitan di
New York omaggiò i suoi ottant’anni e lei riuscì a salutare il
pubblico con il grido di guerra delle Valchirie.
giro girotondo quando canta e suona il mondo
Zagabria
Sala "Vatroslav Lisinski"
24 marzo 2006
Orchestra Nazionale di Tolosa
Direttore Tugan Sokhiev
Musiche di P. Dukas: "L'apprendista stregone", ouverture
I. Stravinski: "L'uccello di Fuoco"
musica da balletto N. Rimski-Korsakov: "Sheherezade" poema sinfonico
Christian Armin
Musiche di A. Webern: Passacaglia op. 1
S. Rahmanjinov: 2. Concerto per
pianofortze e orchestra in do min.
op. 18
I. Stravinski: Petruschka
Orchestre National
du Capitole du Toulouse
9 maggio 2006.
Bruno Leonardo Gelber
Musiche di D. Scarlatti, L.van
Beethoven, J. Brahms
Ciclo dedicato alla musica da camera
Casa del Popolo - Sala del Risorgimento
30 marzo 2006
Quartetto d'archi HAGEN (Salisburgo)
Trio di Gerusalemme
Bella Kresin, glasovir
Roman
Kekhman,
klarinet/
saksofon
Yakov Entin, violina/kontrabas
Musiche di J. de Boismortier,A. Vivaldi
G. B. Vitali, Sacchini, B. Marcello
11 aprile 2006
Filarmonica Janaček di Ostrava
Direttore Gaetano Delogu
Musiche di S. Bradić: Homo erectus (Salutes to Europe)
B. Smetana: "La mia patria" poemi
sinfonici
C. Franck: Simfonia in re min
29 aprile 2006
Orchestra sinfonica nazionale della
radio di Katowice
Direttore Christian Arming
Solista al pianoforte Dimitris Sgouros
Clemens Hagen, violoncello
Musiche di L. van Beethoven:
Quartetto n.11 in fa min. op. 95
"Serioso"
D. Šostakovič: Quartetto u c-molu,
n.8 op. 110
F. Schubert: Quartetto"La morte e
la fanciulla" in re min.
Ritenuto uno dei migliori quartetti d'archi d'Europa il Quartetto Hagen ha firmato un contratto
esclusivo con la Deutsche Grammophon.
21 aprile 2006
In programma brani di
G. Verdi: Sperate o figli, aria i cabaLucija Madziar (violino)
letta dal Nabucco
Caspar Frantz (glasovir)
G. Verdi: Infelice, e tuo credeli, aria
Musiche di W. A. Mozart,
dall' Ernani
J. Štolcer Slavenski: Sonata slava
G. Verdi: Mentre gonfiarsi l'anima,
C. Debussy: Sonata in sol min.
arij dall' Attila. Verdi: Vieni, o LeviD. Pejačević: Cinque miniature per ta! aria dal Nabucco
violinu e pianoforte
W. A. Mozart: Non più andrai, aria
K. Szymanowski: Miti, op. 30
di Figaro da "Le nozze di Figaro"
G. Fauré: Sonata n.1 per violino e W. A. Mozart: Aprite un po' quegl'
pianoforte in la magg. op. 13
occhi, aria da Le nozze di Figaro"
W. A. Mozart: Donne mie, la fate
23 maggio 2006
a tanti, aria
Ensemble di fiati Serenade di
da "Così fan
Stoccolma
tutte"
F. Söderberg: Pierrotova
I.Zajc: Rosmrt
manza
di
A. Dvoøák: Serenada u dZrinski
molu, op. 44
G.
Bizet:
W. A. Mozart: 10. serenaCarmen,
da "Gran Partita" u B-duru,
aria di EscaKV 361
millo
G. Rossini:
Ciclo "Cantabile"
La CalunIstituto musicale di Zagania, da "Il
bria
barbiere di
Siviglia"
5 aprile 2006
A. Kabiljo:
Giorgio Surian
Giorgio Surian in concerto
3 canzoni
Anno II / n. 4 26 aprile 2006
“LA VOCE DEL POPOLO” - Caporedattore responsabile: Errol Superina
IN PIÙ Supplementi a cura di Errol Superina
Il quartetto Hagen
Lukas Hagen, violino
Rainer Schmidt, violino
Veronika Hagen, viola
Progetto editoriale di Silvio Forza / Art director: Daria Vlahov Horvat
edizione: MUSICA
Redattore esecutivo: Patrizia Venucci Merdžo / Impaginazione: Denis Host-Silvani
Collaboratori: Helena Labus, Mirella Malusà, Gianfranco Miksa, Ivana Precetti e
Fabio Vidali
Scarica

il pentagramma - EDIT Edizioni italiane