PRESENTAZIONE
Mentre ci immedesimiamo con i drammi del Decalogo, lo sguardo di
Kieslowski è altrove: su tutta una serie di dettagli inspiegabili, appena
percettibili, che creano però, tanto nello spettatore quanto nel personaggio
del film un vago malessere. Questi particolari stravaganti, disturbanti, a volte
inquietanti, finiscono per rendere opaca la narrazione, per caricarla di una
dimensione bizzarra e vagamente minacciosa. Nonostante Kieslowski affermi
che essi facciano parte di “una realtà che non si può capire e non si può
sistemare in un ordine logico”, noi li consideriamo come sintomi di un
discorso nascosto che mira a sovvertire quello manifesto della narrazione.
Grazie a questa “altra scena”, vera cifra stilistica di Kieslowski, il Decalogo
sfugge a quella falsa testimonianza che ne occulta lo scandalo radicale.
Questo scandalo (come ogni vero scandalo) non è immediatamente visibile:
bisogna dedurlo dietro la captatio benevolentiae di una petizione “etica” a
cui pubblico e critica hanno aderito fin troppo zelantemente.
Sandra Puiatti lavora presso il servizio di neuropsichiatria infantile a
Pordenone
Moreno Manghi è psicanalista a Sacile (PN)
A MANI VUOTE
IL DECALOGO DI KIESLOWSKI
TRA SCANDALO E FALSA TESTIMONIANZA
Prima edizione digitale 2015
© 2015 Polimnia Digital Editions s.r.l., Sacile (PN)
www.polimniadigitaleditions.com
ISBN: 9788899193096
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INDICE
PRESENTAZIONE ........................................................................................ 2
AVVERTENZA............................................................................................. 7
INTRODUZIONE ........................................................................................ 9
DECALOGO 8
(Trauma mon amour) ............................................................................. 11
DECALOGO 2
(Ritratto di Signora) ............................................................................... 18
DECALOGO 2-BIS
(Si salvi chi può) ..................................................................................... 21
DECALOGO 5
(Il grottesco e l’umorismo nero) ............................................................. 27
DECALOGO 1
(Hybris) ................................................................................................. 33
DECALOGO 1-BIS
(Chi scandalizza anche uno solo di questi piccoli) ................................... 39
DECALOGO 3
(La ripresa) ............................................................................................ 44
DECALOGO 4
(Il romanzo familiare del figlio) ............................................................... 48
DECALOGO 7
(L’impero della Madre) .......................................................................... 53
DECALOGO 9
(Soggetto a una donna particolare) ........................................................ 58
DECALOGO 6
(L’amore filadelfico) ............................................................................... 64
DECALOGO 10
(Tirarsi fuori) ......................................................................................... 68
BIBLIOGRAFIA .......................................................................................... 71
AVVERTENZA
I commenti non seguono l’ordine numerale canonico del Decalogo ma un
ordine logico che si giustifica nel corso della loro lettura, autorizzato anche dalle
relazioni di interdipendenza tra i dieci film suggerite dagli stessi autori (per
esempio, un personaggio, un oggetto, un gesto di un episodio della serie compare
brevemente in un altro episodio a segnalare qualcosa in comune, ma senza
esplicitarla).
Benché siano stati scritti indipendentemente dai rispettivi autori, i testi, come
per certi concerti per pianoforte, devono intendersi realizzati a quattro mani, il che
rende inutile specificare uno per uno la loro attribuzione. Se ci si attiene alla
metafora musicale, gli autori considerano questo laconico libello una sorta di
composizione per duetto da camera. In tale contesto, la replica di Decalogo 1 e
Decalogo 2 deve considerarsi un bis che si sono concessi con qualche notevole
variazione e contrasto.
La scelta per uno stile di scrittura laconico (si sono tralasciate perfino le sinossi
dei film), che vuole opporsi tanto alla prolissità del commento quanto alla
schematicità della recensione, dice chiaramente che il libretto è destinato
principalmente ai conoscitori del Decalogo, e nel migliore dei casi a chi lo leggerà
immediatamente dopo la visione di ciascun film (è questo, invero, il lettore ideale
che avevamo in mente): non sappiamo, infatti, che impressione potrà ricavarne chi è
rimasto completamente digiuno di questa dura dieta polacca.
L’origine dei presenti testi, rifatti ex-novo o interamente rivisti, si trova in un
commento alla proiezione dei dieci film tenutasi a Pordenone nel 2007, “A vent’anni
di ritardo dal Decalogo di Kieslowski”, in collaborazione con Claudia Furlanetto, che
ha curato la parte teologica, filologica e filosofica.
Per agevolare la lettura sono stati eliminati i segni diacritici dei nomi polacchi.
Ad esempio: Kieślowski è diventato Kieslowski.
Diffido delle dichiarazioni di poetica degli autori – e di
quelle di Kieslowski in particolare. Le intenzioni di un
autore, quel che ha voluto dire e ha detto, non sono cose
che l’autore dice con l’opera; ma realmente, sono cose che
dice l’opera, anche all’insaputa dell’autore stesso.
Liborio Termine, Le trappole di Kieslowski
INTRODUZIONE
È opinione comune che il Decalogo sia un’opera che prende spunto dai
Dieci Comandamenti per costringerci a riflettere sui motivi e sulle
circostanze che inducono gli uomini a infrangerli praticamente ogni giorno. Il
fine di questo capolavoro è di mettere in crisi tutte le nostre certezze, le
prese di posizione indiscutibili, i giudizi netti e trancianti, per spingerci a
dubitare: nessuno può permettersi di emettere un verdetto di assoluzione o
di condanna sulle storie narrate nel Decalogo senza fare i conti con l’arbitrio
del caso, l’aleatorietà che caratterizza le vicende umane. Ogni morale che
pretenda di valere come Legge universale, a prescindere dalla contingenza
di ciascun caso particolare, può solo fallire. Kieslowski lo ribadisce con forza
in articoli e interviste.
Eppure abbiamo l’impressione che mentre ci immedesimiamo con i
drammi del Decalogo – le cui sceneggiature sembrano fatte apposta per
rilanciare l’interrogativo etico: Come avresti agito tu in simili circostanze?
Cosa avresti fatto se fosse capitato a te? –, lo sguardo di Kieslowski sia
altrove: su tutta una serie di “dettagli inspiegabili, appena percettibili, che
creano però, tanto nello spettatore quanto nel personaggio [del film] un
vago malessere, un lieve scollamento temporale” 1.
Viene da qui quel curioso sentimento di irritazione che gli spiriti più
sensibili hanno dichiarato di avvertire al termine dei film, in cui individuiamo
una reazione sintomatica a questa peculiare cifra stilistica di Kieslowski.
Così, proprio come in Decalogo 8 un quadro appeso alla parete non ne
vuole sapere di stare dritto, irridendo a loro insaputa l’inflessibile contegno
morale delle due protagoniste, parimenti nel grandioso “progetto etico” del
Decalogo qualcosa non quadra, inquieta e disorienta, senza peraltro
interferire direttamente con le vicende del dramma che occupa la ribalta.
Come scrive Thierry Jousse:
Le storie di Kieslowski […] hanno come contraltare un’altra scena in cui si
svolgono numerosi piccoli fatti curiosi eppure quasi insignificanti, che finiscono
Thierry Jousse, “Elogio di un vivisezionista”, in Kieslowski, a cura di Malgorzata Furdal e Roberto
Turigliatto, Museo Nazionale del Cinema, Torino 1989, p. 56.
1
I n t r o d u z i o n e | 10
per renderne opaca la narrazione, per caricarla di un’insolita dimensione
bizzarra [...] tutto un mondo parallelo che destabilizza il quotidiano 2.
Tutto il Decalogo è disseminato di questi particolari destabilizzanti,
disturbanti, inquietanti, vagamente ostili, che a poco a poco spodestano l’Io
dal centro della rappresentazione; secondo la celebre espressione di Freud,
l’Io scopre di “non essere più padrone in casa propria”.
Uno straccio sudicio che cade da un balcone tra i piedi di un uomo che
lo raccoglie, il ritrovamento di una lepre congelata nel parco di un
condominio, l’irruzione di un tizio strampalato nel bel mezzo di un seminario
universitario, una sciocca e scurrile giaculatoria recitata in un momento
drammatico: questi eventi, che possono durare anche alcuni minuti in un film
che non raggiunge l’ora, non hanno alcun rapporto con la logica dei fatti
narrati, non portano da nessuna parte e non hanno nemmeno un significato
simbolico (a meno che non glielo si voglia attribuire per forza). Eppure si
avverte chiaramente che non sono dovuti all’arbitrio, a qualche vezzo
dell’autore (o d’autore), all’abile inserimento di quegli indizi che in un thriller
hanno la funzione di depistarci o di metterci sulla pista giusta.
Allora che cosa c’entrano col film? Ma forse dovremmo piuttosto dire:
che cosa scentrano? In effetti, fuorviano – o anche: traviano – la sua
prospettiva centrale, quella che determina le nostre identificazioni ai
personaggi delle storie e alle loro vicissitudini, che ci fa prendere posizione
sulle loro scelte, che fomenta il dibattito e l’interpretazione. Nonostante
Kieslowski affermi che essi facciano parte di “una realtà che non si può capire
e non si può sistemare in un ordine logico”3, noi li consideriamo come
sintomi di un discorso nascosto che mira a sovvertire quello manifesto della
narrazione. Grazie a questa “altra scena”, vera cifra stilistica di Kieslowski, il
Decalogo sfugge a quella falsa testimonianza che ne occulta lo scandalo
radicale. Questo scandalo non è direttamente visibile: bisogna esumarlo
dietro la captatio benevolentiae di una petizione “etica” a cui pubblico e
critica hanno aderito fin troppo zelantemente.
2
Ibid..
“Perché siamo qui?”, intervista raccolta a Varsavia, luglio e agosto 1989, in M. Furdal, R.
Turigliatto, Kieslowski, cit., pp. 13-35; disponibile anche in formato pdf.
3
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