la Repubblica
MARTEDÌ 28 GIUGNO 2011
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L’INTERVISTA
PER SAPERNE DI PIÙ
www.asaps.it
www.nhtsa.com
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Parla Giordano Biserni, presidente dell’Asaps, l’agguerrita associazione amici polizia
stradale che da 20 anni si occupa di sicurezza. Tante le sfide vinte ma anche quelle da vincere
VINCENZO BORGOMEO
utto nacque su un vialetto. «Ero ispettore
della polizia stradale di
Forlì — racconta Giordano Biserni, presidente dell’Asaps, associazione amici polizia stradale, una delle più
combattive sul fronte della sicurezza — e la Stradale di Bologna ci mandò ad avvertire una
famiglia che la loro figlia era
morta in un incidente. Arrivammo in quel villino all’alba, i
tipici villini forlivesi, con il giardinetto, il cancello carino. Le
luci erano già accese, sapevano. Suonammo al campanello,
più volte, però non ci aprirono,
T
Gli
angeli
custodi
I risultati
In dieci anni le vittime
per incidenti sulle strade
sono state dimezzate
Un segno che si può
fare ancora molto
in questo settore
volevano evidentemente ritardare l’ufficialità di quella tragica notizia. E noi aspettammo
pazienti. Fu tremendo: di quel
villino mi ricordo tutto, gli odori, le piante, la ringhiera, il rumore della ghiaia sotto le ruote
della Pantera. Fu allora che dissi basta. Dobbiamo fare qualcosa».
Nacque l’Asaps.
«Si, non se ne poteva
più: io sentivo parlare
della sicurezza
stradale continuamente, ma
era un argomento
considerato noioso, che non faceva neanche notizia. Però noi
come Polizia eravamo al fronte,
lì a stendere lenzuoli bianchi
sull’asfalto, in mezzo alle stragi
del sabato sera, alla discoteche
che sfornavano ubriachi e ragazzi distrutti, pronti per ammazzarsi sulle strade. E’ stato
un brutto periodo».
Un periodo in cui sulle strade italiane si contavano più di
8000 morti all’anno. Ora siamo a quota 3900. In questo 50
per cento in meno c’è di sicuro
l’impronta di questa associazione. Ci aiuti a decifrare l’orma.
«Il progresso, di 4000 vite risparmiate lo vedo così: con
800 pullman turistici di gen-
te che vaga per l’Italia e non sa
di essere viva per le battaglia
che tanti di noi hanno fatto per
la sicurezza stradale. Mi immagino questi 800 pullman di gente ignara che ogni anno sopravvive agli incidenti e va in giro
scherzando e ridendo. Ecco,
me l’immagino così il progresso».
Bello, ma non ha risposto alla domanda...
«Va bene, ma non mi piace,
preferisco sempre parlare delle
sfide da vincere. Solo perché
abbiamo appena festeggiato i
20 anni dell’associazione farò
un’eccezio-
ne. Un minimo di bilancio dopo tanti anni bisogna pur farlo».
Appunto.
«La numerazione dei cavalcavia, per rispondere al tragico
fenomeno, della fine degli anni
Novanta, del lancio dei sassi
contro le auto in transito, o l’apposizione della nuova segnaletica autostradale per prevenire
episodi di contromano. Poi abbiamo messo in piedi diverse
inchieste permanenti (ribattezzate “osservatori”) sulla pirateria stradale, sugli incidenti
dei bambini, sulla violenza
contro la polizia, sugli incidenti del fine settimana e altri che
Giordano Biserni
La campagna
Meglio un figlio senza
patente che una patente
senza figlio: nacque per
sensibilizzare
gli automobilisti
al rispetto delle regole
l’Asaps monitora permanentemente. Non solo: dalle nostre
battaglie è arrivata la confisca
dei veicoli per i conducenti ebbri oltre la soglia dell’1,5 per
cento e la fine del folle progetto
di innalzare il limite di velocità
autostradale a 150 km/h. Tra i
primi poi abbiamo posto il problema dei guardrail per i motociclisti e del loro comportamento».
E fra tutte queste cose qual è
stato il maggior successo secondo lei?
«Quello di aver potato nell’agenda politica del paese la sicurezza stradale».
Onore al merito, ma avete
anche suscitato sentimenti
contrastanti, anche di odio.
«Per forza, ma è il segnale che
abbiamo fatto un bel lavoro».
Torniamo al 1991 e alla fondazione dell’Asaps.
«All’epoca ero in servizio,
ispettore per la precisione. E
fondammo l’associazione con
16 ‘giacce blu’. Ma non volevamo fare un sindacato (allora ce
n’erano già 9, oggi sono 20), volevamo mettere l’accento sui
problemi della sicurezza stradale, con una fondazione senza
scopo di lucro».
La prima difficoltà?
«Conquistare la fiducia dei
nostri colleghi. Un alto dirigente del ministero dell’interno mi
disse “Biserni, questi numeri di
morti per incidenti stradali li
conosciamo, ma si convinca,
conta più un morto su una piazza che 100 sulle strade”. Non
ebbi la forza di replicare, gli dissi solo “questo bisognerebbe
spigarlo alle 100 famiglie delle
vittime”».
Voi oggi avete 25 mila soci. E
600 responsabili presso la municipale o la stradale. Associarsi costa 20 euro. Cosa offrite ai
soci?
«L’impegno. Molti si associano o ci sostengono economicamente solo per quello che
facciamo. Ma poi ovviamente
ci sono anche cose concrete: ai
soci spediamo il codice della
strada commentato con illustrazioni e regolamento di attuazione, il manuale dell’autotrasporto, poi libri, tessere e
un’assicurazione infortuni. E il
prossimo anno ci sarà una sorpresa, il prontuario sulle violazioni, con una bella guida a chi
vanno pagate le multe, quando
e come si può ricorrere, cosa dice la cassazione, insomma un
libretto davvero utile. Senza dimenticare l’agenda della sicurezza stradale e alcune fasce catarifrangenti».
E poi comprate anche pagine di pubblicità...
«Comprare non è la parola
esatta: molti editori, quando
possono, ce le regalano. Una
bella testimonianza di affetto
per quello che facciamo, non
crede?».
Altro che. Qual è lo slogan
più efficace fra tutte le campagne che avete lanciato?
«Questo: “E’ meglio che torni
a casa un figlio senza patente
che una patente senza figlio”.
Un messaggio forte che è nato
da un episodio vero. Una volta
in commissariato avevamo in
una stanza un genitore che urlava perché al figlio avevamo
sequestrato la patente e in
un’altra un genitore che piangeva perché gli stavamo restituendo la patente del proprio
ragazzo morto. Fu una cosa
straziante, che ci fece riflettere.
E che poi si tradusse in un messaggio che — credo — abbia
contribuito a salvare diverse vite».
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