SOMMARIO GU 7-8/2002 Pagina Comunicazione n. 3/02 del presidente dell’Ufficio del 5 marzo 2002 in merito alle osservazioni dei terzi .............................................................................................................................. 1373 Decisione della Seconda Commissione di ricorso 21 marzo 2001 nel procedimento R 309/1999-2 (MARCHIO FIG. (MASCHERINA)) ............................................................... 1375 Decisione della Seconda Commissione di ricorso 23 maggio 2001 nel procedimento R 288/2000-2 (MARCHIO FIG. (>EN.)) .................................................................................. 1393 Decisione della Terza Commissione di ricorso 11 luglio 2001 nel procedimento R 759/2000-3 (GRAFENWÄLDER / GRAFENWALDER) ............................................................................ 1405 Decisione della Prima Commissione di ricorso 2 ottobre 2001 nel procedimento R 906/2000-1 (MARCHIO FIG. (DA VINCI) / MARCHIO FIG. (DA VINCI)) ........... 1427 Decisione della Prima Commissione di ricorso 3 ottobre 2001 nel procedimento R 661/1999-1 (MARCHIO FIGURATIVO (COLEX) / COLEX DATA) ......................... 1461 Corrigendum ................................................................................................................................... 1487 Elenco dei mandatari abilitati ....................................................................................................... 1488 Giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee • Sentenza della Corte di giustizia del 23 aprile 2002 nel procedimento C-143/00 (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma dell’art. 234 CE, dalla High Court of Justice (England & Wales), Chancery Division (Regno Unito) .......................... 1493 • Sentenza della Corte di giustizia del 23 aprile 2002 nel procedimento C-443/99 (domanda di pronunzia pregiudiziale sotoposta dall’Oberlandesgericht Wien (Austria)): Merck, Sharp & Dohme GmbH e Paranova Pharmazeutika Handels GmbH ............................... 1535 Giurisprudenza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee • Sentenza del Tribunale di Primo Grado (Seconda Sezione ampliata) del 20 marzo 2002 nella causa T-356/00 (avente ad oggetto il ricorso proposto contro la decisione 12 settembre 2000 (procedimento R 477/1999-3) della Terza Commissione di ricorso dell’Ufficio per l’Armonizzazione nel Mercato Interno (marchi, disegni e modelli)): DaimlerChrysler AG contro Ufficio per l’Armonizzazione nel Mercato Interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI) (Carcard) ................................................................................................... 1553 Informazioni OMPI • Notifica OMPI n. 206, Notifica Parigi n. 204, Notifica Berna n. 222, Notifica Madrid (marchi) n. 133, Notifica Nizza n. 110, Notifica Locarno n. 52 ......................................... 1591 • Notifica OMPI n. 207 ............................................................................................................... 1597 • Notifica OMPI n. 208 ............................................................................................................... 1599 • Notifica Paris n. 205 .................................................................................................................. 1599 • Notifica Madrid (marchi) n. 134 .............................................................................................. 1601 • Notifica Madrid (marchi) n. 135 .............................................................................................. 1603 • Notifica Madrid (marchi) n. 136 .............................................................................................. 1605 SOMMARIO • Notifica Madrid (marchi) n. 137 .............................................................................................. 1605 • Notifica Madrid (marchi) n. 138 .............................................................................................. 1607 • Notifica Madrid (marchi) n. 139 .............................................................................................. 1609 • Notifica Nizza n. 111 ................................................................................................................ 1611 • Notifica Nizza n. 112 ................................................................................................................ 1611 • Notifica Nizza n. 113 ................................................................................................................ 1613 Servizi centrali della proprietà industriale degli Stati membri ................................................. 1614 Organismi internazionali non governativi con i quali l’UAMI intrattiene rapporti di cooperazione .......................................................................................................................................... 1616 SOMMARIO Comunicazione n. 3/02 del presidente dell’Ufficio DECISIONE DELLA SECONDA COMMISSIONE DI RICORSO (1) del 5 marzo 2002 del 21 marzo 2001 in merito alle osservazioni dei terzi nel procedimento R 309/1999-2 La comunicazione n. 1/00, del 25 febbraio 2000 (GU UAMI 2000, pag. 478), stabilisce la prassi dell’Ufficio in merito alle osservazioni dei terzi ai sensi dell’articolo 41 del regolamento sul marchio comunitario. D’ora in avanti l’Ufficio informerà la persona che ha formulato osservazioni ai sensi dell’articolo 41 in merito all’azione intrapresa, ossia se l’Ufficio ha comunicato o no al richiedente di avere seri dubbi sull’idoneità alla registrazione del marchio. Qualora l’Ufficio comunichi al richiedente di avere seri dubbi, informerà la persona che ha formulato osservazioni in merito all’esito del procedimento, ossia se l’Ufficio ha rifiutato o no la domanda di marchio comunitario. Wubbo de Boer Presidente (Lingua del procedimento: inglese) Articolo 7, n. 1, lettera b), RMC - Articolo 7, n. 1, lettera c), RMC - Articolo 7, n. 3, RMC Carattere distintivo – Carattere distintivo acquisito – Prove – Data di deposito – Consumatore – Registrazione in uno Stato membro – Registrazione del marchio comunitario Per dimostrare che il segno è intrinsecamente distintivo e idoneo alla registrazione, la ricorrente ha presentato come prove un numero ragguardevole di opuscoli, cataloghi e materiali pubblicitari nonché una dichiarazione resa da un disegnatore automobilistico nell’ambito di un’azione giudiziaria negli Stati Uniti, secondo cui la mascherina del frontale della JEEP non ha carattere funzionale. La maggior parte degli opuscoli, dei cataloghi e dei materiali pubblicitari depositati riguarda automobili fabbricate dalla ricorrente. A giudizio della Commissione di ricorso, gli opuscoli, i cataloghi e i materiali pubblicitari non corroborano a sufficienza la tesi dell’unicità della mascherina del frontale rispetto a quelle di altri veicoli «fuoristrada» esistenti sul mercato, e quindi del suo carattere distintivo. Il fatto che la mascherina del frontale non abbia necessariamente un carattere funzionale non basta a renderla automaticamente distintiva. Nonostante la forma della mascherina del frontale non sia propriamente comune, essa non si distingue in modo particolare rispetto alla gamma di mascherine prevedibili o in uso per i veicoli «fuoristrada», in particolare quelli a quattro ruote motrici. Il consumatore di riferimento percepirebbe la mascherina del frontale anzitutto come una parte dell’autoveicolo, e non come un contrassegno di origine. Senza l’aggiunta di ulteriori informazioni riguardanti le vendite totali di veicoli «fuoristrada» in Europa o nei singoli Stati membri, queste cifre, a giudizio della Commissione, non avvalorano la tesi della ricorrente, in quanto esse non possono essere valutate in relazione alle vendite comples- sive nel mercato o nei mercati di riferimento. È pertanto impossibile valutare la rilevanza di tali cifre. Inoltre, le cifre relative alle vendite non dimostrano di per sé che i consumatori percepiscano la mascherina del frontale di un veicolo come indicatore dell’origine dei prodotti. Va sottolineato che le cifre relative alle vendite presentate sembrano, in parte, riferirsi ad un periodo successivo al deposito della domanda. L’indagine di mercato prodotta non può essere presa in considerazione, poiché si riferisce a consumatori statunitensi e non ai consumatori di riferimento della Comunità europea. Le prove presentate unitamente alla domanda di marchio comunitario n. 188185 JEEP non corroborano gli argomenti della ricorrente secondo cui la mascherina del frontale avrebbe acquisito un carattere distintivo. Esse, piuttosto, si riferiscono al marchio denominativo JEEP. Il fatto che marchi simili a quello oggetto della domanda siano stati registrati in uno Stato membro è solo indirettamente rilevante e non può in alcun caso obbligare l’esaminatore o la Commissione di ricorso ad accettare un marchio che essi ritengano descrittivo o privo di carattere distintivo, poiché le decisioni delle autorità nazionali non sono vincolanti per l’Ufficio. Chrysler Corporation 1000 Chrysler Drive City of Auburn Hills, Michigan 48326-2766 Stati Uniti d’America ricorrente rappresentata da Nederlandsch Octrooibureau, Scheveningseweg 82, NL2517 KZ L’Aia, Paesi Bassi avente ad oggetto il ricorso relativo alla domanda di marchio comunitario n. 525048 La Seconda Commissione di ricorso composta da K. Sundström (presidente e relatore), H.R. Furstner (membro) e J.F. Gormley (membro) cancelliere: E. Gastinel ha adottato la seguente Decisione Sintesi dei fatti (1) Questa decisione ha formato l’oggetto di un ricorso al Tribunale di primo grado delle Comunità europee il 6 giugno 2001 (T-128/01). 1 Con domanda depositata il 29 aprile 1997, la ricorrente chiedeva la registrazione come marchio comunitario del segno di seguito raffigurato SOMMARIO in riferimento al seguente elenco di prodotti compresi nella classe 12: Classe 12 – «Veicoli; apparecchi di locomozione terrestri, aerei o nautici; relativi componenti» 2 Con lettera datata 7 luglio 1998, l’esaminatore informava la ricorrente che il marchio non era idoneo alla registrazione ai sensi dell’articolo 7, n. 1, lettera b), del regolamento (CE) del Consiglio 20 dicembre 1993, n. 40/94, sul marchio comunitario (in prosieguo: «RMC») (GU CE 1994 L 11, pag. 1; GU UAMI n. 1/95, pag. 52), in relazione ai seguenti prodotti compresi nella classe 12: «veicoli; apparecchi di locomozione terrestri; relativi componenti». L’esaminatore osservava che il marchio era sprovvisto di carattere distintivo, poiché costituiva una mera riproduzione grafica di un componente essenziale di tali prodotti. 3 Con lettera datata 5 gennaio 1999, la ricorrente confutava il parere dell’esaminatore riguardo alla mancanza di carattere distintivo del marchio, argomentando come segue: — la mascherina del frontale raffigurata costituirebbe una caratteristica esclusiva degli autoveicoli della ricorrente e conserverebbe all’incirca lo stesso aspetto da cinquant’anni. — Solo gli autoveicoli a quattro ruote motrici fabbricati dalla ricorrente sarebbero dotati di una mascherina di questo genere. — La mascherina non avrebbe carattere funzionale. — La mascherina godrebbe di notorietà sul mercato e i consumatori la ricollegherebbero ad un veicolo di tipo sportivo utilitario della ricorrente. Pertanto la mascherina del frontale, con l’uso, sarebbe divenuta un elemento distintivo dei prodotti «veicoli; apparecchi di locomozione terrestri; relativi componenti». 4 Con lettera del 7 aprile 1999, l’esaminatore notificava alla ricorrente la propria decisione (in prosieguo: la «decisione impugnata») secondo la quale il marchio non era idoneo alla registrazione in riferimento ai prodotti com- presi nella classe 12, «veicoli; apparecchi di locomozione terrestri; relativi componenti», ai sensi dell’articolo 7, n. 1, lettera b), RMC. L’esaminatore faceva riferimento alla motivazione già esposta nella sua lettera del 7 luglio 1998 e replicava agli argomenti della ricorrente rilevando quanto segue: — il marchio figurativo era sprovvisto di carattere distintivo, poiché costituiva una semplice riproduzione grafica di una parte anteriore essenziale di ogni veicolo, in particolare dei veicoli a quattro ruote motrici, dei camion e degli autotreni. — Il marchio figurativo non constava di elementi di fantasia tali da conferire al marchio figurativo nel suo complesso un carattere distintivo. — La ricorrente non aveva dimostrato che il marchio figurativo fosse divenuto distintivo in tutta la Comunità, come prescritto dall’articolo 7, n. 3, RMC. 5 La domanda di registrazione veniva tuttavia accolta per i rimanenti prodotti compresi nella classe 12, segnatamente «apparecchi di locomozione aerei o nautici; relativi componenti». 6 Il 4 giugno 1999 la ricorrente proponeva un ricorso avverso la decisione impugnata, nei limiti in cui questa si riferiva a «veicoli; apparecchi di locomozione terrestri; relativi componenti», depositando il 5 agosto 1999 la memoria contenente i relativi motivi e il 6 agosto 1999 ulteriori osservazioni. 7 Il ricorso veniva sottoposto all’esaminatore per la revisione pregiudiziale di cui all’articolo 60 RMC, per poi essere rinviato dinanzi alle Commissioni di ricorso il 18 agosto 1999. Motivi del ricorso 8 Nella propria memoria contenente i motivi del ricorso, la ricorrente ha ampiamente ribadito la posizione espressa nella sua lettera del 5 gennaio 1999. Gli argomenti della ricorrente si possono riassumere nel modo seguente: — con gli opuscoli e i documenti depositati, «...la ricorrente intendeva dimostrare che il pezzo della mascherina del frontale non costituisce una mera riproduzione grafica della parte anteriore di un qualunque veicolo, ma costituisce un elemento esclu- sivo utilizzato unicamente su un certo tipo di veicoli della ricorrente, con il quale esso viene identificato». — La mascherina del frontale di un autoveicolo non avrebbe un carattere essenzialmente funzionale. Sul mercato esisterebbero numerose disegni di mascherine. La mascherina oggetto della domanda di registrazione sarebbe completamente diversa dalle altre presenti sul mercato. — Le prove presentate sarebbero sufficienti a dimostrare che il marchio figurativo della ricorrente ha acquisito con l’uso un carattere distintivo. 9 Oltre ai motivi del ricorso depositati il 5 agosto 1999 e alle osservazioni depositate il 6 agosto 1999, la ricorrente ha presentato ulteriori prove per dimostrare che il segno in questione possiede un carattere intrinsecamente distintivo o ha acquisito tale carattere in seguito all’uso in riferimento ai prodotti considerati. La ricorrente ha altresì rinviato alle prove di tale uso presentate nell’ambito della domanda di marchio comunitario n. 188185, JEEP. Motivazione 10 Il ricorso è conforme agli articoli 57, 58 e 59 RMC nonché alla regola 48 del regolamento di esecuzione, ed è pertanto ammissibile. 11 L’articolo 7 RMC, nella parte qui rilevante, così dispone: «1. 1. Sono esclusi dalla registrazione: … (b) i marchi privi di carattere distintivo; (c) i marchi composti esclusivamente da segni o indicazioni che in commercio possono servire per designare la specie, la qualità, la quantità, la destinazione, il valore, la provenienza geografica, ovvero l’epoca di fabbricazione del prodotto o di prestazione del servizio, o altre caratteristiche del prodotto o servizio; 1. … 2. Il paragrafo 1 si applica anche se le cause d’impedimento esistono sol- SOMMARIO tanto per una parte della Comunità. 3. Il paragrafo 1, lettere b), c) e d) non si applica se il marchio ha acquistato, per tutti i prodotti o servizi per i quali si chiede la registrazione, un carattere distintivo in seguito all’uso che ne è stato fatto». 12 Il primo punto da accertare nell’ambito del presente ricorso è se il marchio della ricorrente abbia o no carattere intrinsecamente distintivo in riferimento ai prodotti «veicoli; apparecchi di locomozione terrestri; relativi componenti», compresi nella classe 12. 13 In caso di risposta negativa, si prospetterebbe una seconda questione, ossia se il marchio figurativo abbia acquisito un carattere distintivo in seguito all’uso in riferimento ai prodotti «veicoli; apparecchi di locomozione terrestri; relativi componenti», compresi nella classe 12. 14 Per dimostrare che il segno è intrinsecamente distintivo e idoneo alla registrazione, la ricorrente ha presentato come prove un numero ragguardevole di opuscoli, cataloghi e materiali pubblicitari nonché una dichiarazione resa da un disegnatore automobilistico nell’ambito di un’azione giudiziaria negli Stati Uniti, secondo cui la mascherina del frontale della JEEP non ha carattere funzionale. La maggior parte degli opuscoli, dei cataloghi e dei materiali pubblicitari depositati riguarda automobili fabbricate dalla ricorrente. A giudizio della Commissione di ricorso, gli opuscoli, i cataloghi e i materiali pubblicitari non corroborano a sufficienza la tesi dell’unicità della mascherina del frontale rispetto a quelle di altri veicoli «fuoristrada» esistenti sul mercato, e quindi del suo carattere distintivo. Il fatto che la mascherina del frontale non abbia necessariamente un carattere funzionale non basta a renderla automaticamente distintiva. 15 La Commissione considera corretto il giudizio dell’esaminatore secondo il quale il segno della ricorrente raffigurante la mascherina anteriore di un veicolo non è, già ad un primo esame, distintivo per i prodotti in questione. I prodotti rivendicati nella domanda sono veicoli «fuoristrada» in generale, destinati all’acquirente medio di questo tipo di veicoli. Questi consumatori sono abituati alla visione di mascherine di veicoli «fuoristrada» caratterizzate da elementi simili o identici a quelli del marchio della ricorrente. Nonostante la forma della mascherina del frontale non sia propriamente comune, essa non si distingue in modo particolare rispetto alla gamma di mascherine prevedibili o in uso per i veicoli «fuoristrada», in particolare quelli a quattro ruote motrici. La Commissione ritiene pertanto che il consumatore di riferimento percepirebbe la mascherina anzitutto come una parte dell’autoveicolo, e non come un contrassegno di origine. 16 Se il pubblico non è stato preventivamente abituato ad associare mentalmente la mascherina del frontale a un’impresa, questa Commissione non ritiene che il marchio sia intrinsecamente in grado di contraddistinguere i prodotti della ricorrente dagli analoghi prodotti dei concorrenti. Gli opuscoli, i cataloghi, i materiali pubblicitari e la dichiarazione presentati non dimostrano che il consumatore di riferimento sia stato abituato a intendere la mascherina del frontale come un riferimento all’origine dei prodotti. 17 Le prove addotte dalla ricorrente a sostegno dell’asserito carattere distintivo acquisito sono le seguenti: a. cifre relative alle «VENDITE DEL MARCHIO JEEP» durante il periodo 1990 e 1997 in Spagna e nel mondo; b. cifre corrispondenti al numero di JEEP WRANGLER vendute in Europa durante il periodo 1994 luglio 1999; c. un’indagine di mercato volta a dimostrare che il marchio ha acquisito con l’uso carattere distintivo. 18 Senza l’aggiunta di ulteriori informazioni riguardanti le vendite totali di veicoli «fuoristrada» in Europa o nei singoli Stati membri, queste cifre, a giudizio della Commissione, non avvalorano la tesi della ricorrente, in quanto non possono essere valutate in relazione alle vendite complessive nel mercato o nei mercati di riferimento. È pertanto impossibile valutare la rilevanza di tali cifre. Inoltre, le cifre relative alle vendite non dimostrano di per sé che i consumatori percepiscano la mascherina del frontale di un veicolo come indicatore dell’origine dei prodotti. Va sottolineato che le cifre relative alle vendite presentate sembrano, in parte, riferirsi ad un periodo successivo al deposito della domanda. Come costantemente ribadito dalle Commissioni di ricorso, le prove relative a periodi successivi alla data della domanda non possono essere prese in considerazione in sede di valutazione dell’asserito carattere distintivivo acquisito ai sensi del regolamento sul marchio comunitario (v. decisioni 31 maggio 2000, procedimento R 672/1999-2-TEEN (MARCHIO FIGURATIVO); 31 gennaio 2000, procedimento R 205/1999-1- marchio 3D (Caja); e 14 dicembre 1999, procedimento R 289/1999-3-PC EXPERT). 19 L’indagine di mercato prodotta non può essere presa in considerazione, poiché si riferisce a consumatori statunitensi e non ai consumatori di riferimento della Comunità europea. 20 La Commissione ha altresì esaminato le prove presentate unitamente alla domanda di marchio comunitario n. 188185 JEEP, alle quali la ricorrente aveva fatto riferimento nell’ambito delle osservazioni presentate in data 6 agosto 1999. Tuttavia, tali prove non corroborano gli argomenti della ricorrente secondo cui la mascherina del frontale avrebbe acquisito un carattere distintivo. Esse, piuttosto, si riferiscono al marchio denominativo JEEP. 21 Il fatto che marchi simili a quello oggetto della domanda siano stati registrati in uno Stato membro è solo indirettamente rilevante, e non può in alcun caso obbligare l’esaminatore o la Commissione di ricorso ad accettare un marchio che essi ritengano descrittivo o privo di carattere distintivo, poiché le decisioni delle autorità nazionali non sono vincolanti per l’Ufficio [v. sentenze del Tribunale di primo grado delle Comunità europee 16 febbraio 2000, causa T122/99, Procter & Gamble / UAMI («forma di un pane di sapone»), Racc. pag. II-265, punti 60 e 61, e 5 dicembre 2000, causa T-32/00, Messe München GmbH / UAMI («electronica»), punto 47]. 22 Per quanto concerne l’argomento relativo al fatto che l’Ufficio avrebbe accettato un certo numero di marchi simili, la Commissione rileva che tali decisioni sono irrilevanti ai fini del pre- SOMMARIO sente procedimento. La Commissione deve prendere in esame in ciascun caso concreto la decisione oggetto di ricorso. DECISIONE DELLA SECONDA COMMISSIONE DI RICORSO del 23 maggio 2001 comunitario, per determinati servizi compresi nelle classi 41 e 42 della classificazione di Nizza, del contrassegno di seguito riprodotto: nel procedimento R 288/2000-2 Dispositivo (Lingua del procedimento: inglese) Per questi motivi, la Commissione così decide: Articolo 29, n. 1, RMC Il ricorso è respinto. Priorità La Commissione di ricorso ritiene che il contrassegno riprodotto nella domanda di marchio comunitario sia uguale a quello raffigurato nella domanda statunitense, nonostante la differenza derivante dall’uso di un carattere tipografico diverso. A giudizio della Commissione, la differenza esistente tra i caratteri tipografici utilizzati nei contrassegni riprodotti nell’ambito del presente procedimento è irrilevante ed ha un impatto scarso, se non nullo, a tutti i fini e a tutti gli effetti. Di conseguenza, non è necessario prendere in esame la questione relativa alla rettifica della domanda. La Commissione è inoltre del parere che, coerentemente con l’articolo 5, parte C, punto 2), della convenzione di Parigi per la protezione della proprietà industriale, anche qualora un marchio, successivamente alla registrazione, venga utilizzato con un carattere tipografico diverso, ma tale da non alterare il carattere distintivo del marchio quale è stato registrato, tale uso non determini una riduzione della protezione attribuita al marchio né l’invalidazione di quest’ultimo. Digital Entertainment Network, Inc. 2230 Broadway Santa Monica, California 90404 Stati Uniti d’America ricorrente rappresentata da Bureau Gevers, Brussels Airport Business Park, Holidaystraat 5, B-1831 Diegem, Belgio avente ad oggetto il ricorso relativo alla domanda di marchio comunitario n. 1078344 La Seconda Commissione di ricorso composta da K. Sundström (presidente), J.F. Gormley (relatore) e D.T. Keeling (membro) cancelliere: E. Gastinel 2 Nella propria domanda, la ricorrente rivendicava la priorità di una registrazione effettuata negli Stati Uniti, depositata il 29 ottobre 1998, per taluni servizi compresi nella classe 42 della classificazione di Nizza. 3 Il 28 aprile 1999 l’Ufficio riceveva dalla ricorrente una copia certificata, rilasciata dall’United States Patent and Trademark Office (Ufficio statunitense dei marchi e brevetti), degli atti relativi alla domanda oggetto della rivendicazione di priorità. 4 Il marchio raffigurato nella domanda statunitense è quello di seguito riportato: 5 Il 19 agosto 1999 l’esaminatrice comunicava alla ricorrente che il diritto di priorità da essa rivendicato nella sua domanda non sarebbe stato riconosciuto, in quanto i marchi figuranti nella domanda statunitense e nella domanda di marchio comunitario non erano identici. 6 Il 17 dicembre 1999 la ricorrente rispondeva nelle forme prescritte alla lettera dell’esaminatrice, chiedendo di rettificare la propria domanda a norma dell’articolo 44, n. 2, del regolamento (CE) del Consiglio 20 dicembre 1993, n. 40/94, sul marchio comunitario (in prosieguo: «RMC») (GU CE 1994 L 11, pag. 1; GU UAMI n. 1/95, pag. 52). 7 La ricorrente spiegava di non aver notato le differenze, poiché queste apparivano lievi, ed affermava che una rettifica della domanda di marchio comunitario, volta ad uniformarla alla domanda statunitense, non avrebbe comportato una modificazione sostanziale del marchio stesso. ha adottato la seguente Decisione Sintesi dei fatti 1 Il 17 febbraio 1999 la ricorrente chiedeva la registrazione come marchio 8 Il 23 dicembre 1999 l’esaminatrice adottava una decisione di diniego della rettifica richiesta, rigettando la rivendicazione di priorità avanzata dalla ricorrente. L’esaminatrice motivava la propria decisione nei seguenti termini: SOMMARIO «L’Ufficio non ritiene che la presentazione del logo >en. (marchio per il quale – come è evidente – non occorre necessariamente depositare una riproduzione grafica, dal momento che può essere scritto con i caratteri standard di una tastiera, contrariamente al marchio riportato nella domanda statunitense), in luogo di quello che avreste dovuto ricevere dalla richiedente al momento del deposito, costituisca un errore manifesto. La Sua richiesta di rettificazione della domanda non può pertanto essere accolta». 9 Il 30 dicembre 1999 la ricorrente scriveva all’Ufficio sostenendo che, all’apparenza, si era verificato un fraintendimento da parte dell’esaminatrice. La ricorrente argomentava che il marchio raffigurato nella domanda statunitense era, di fatto, identico a quello contenuto nella domanda di marchio comunitario e che ogni differenza tra i due marchi si limitava al rispettivo carattere tipografico, ed era pertanto irrilevante. La ricorrente richiamava l’attenzione dell’esaminatrice sulle direttive d’esame dell’Ufficio concernenti la preesistenza, nel punto in cui queste dispongono che i marchi denominativi, in generale, vadano considerati senza fare alcun riferimento al carattere tipografico con il quale vengono registrati. La ricorrente proseguiva ribadendo quanto aveva già affermato nella sua lettera del 17 dicembre 1999. 10 Il 17 gennaio 2000 l’esaminatrice replicava alla ricorrente notificandole la propria decisione definitiva (in prosieguo: la «decisione impugnata»). Dopo aver precisato di aver tenuto conto delle ultime osservazioni della ricorrente, l’esaminatrice ribadiva quanto aveva affermato nella sua lettera del 23 dicembre 1999. 11 Il 10 febbraio 2000 la ricorrente presentava all’esaminatrice ulteriori osservazioni, nonostante quest’ultima avesse espressamente chiarito, nella propria lettera del 17 gennaio 2000, che la sua decisione era definitiva e che poteva essere impugnata con ricorso ai sensi dell’articolo 58 RMC. 12 Il 16 marzo 2000 la ricorrente presentava un ricorso avverso la decisione impugnata, a cui faceva seguire, il 16 maggio 2000, il deposito della memoria contenente i relativi motivi. Motivi del ricorso 13 I motivi dedotti dalla ricorrente sono, in sintesi, i seguenti: — l’esaminatrice avrebbe omesso di indicare le ragioni per le quali ha escluso che nella domanda vi fosse un errore manifesto ai sensi dell’articolo 44, n. 2, RMC. — Il fatto che il segno >en. fosse rappresentato nel carattere tipografico sbagliato costituirebbe un errore manifesto, poiché sarebbe chiaro che il carattere che doveva essere utilizzato avrebbe dovuto essere diverso e, nella fattispecie, uguale a quello figurante nella domanda statunitense, come si sarebbe sempre inteso fare. — La rettifica proposta non avrebbe comportato alcuna modificazione sostanziale del marchio. Al riguardo, essa richiama le decisioni 15 luglio 1998, procedimento R 10/1998-2 – THINKPAD/THINK PAD, e 14 febbraio 2000, procedimento R 196/1998-2 – RANIER/RAINIER. — Sul piano visivo, i due contrassegni sarebbero quasi identici: l’unica differenza, lievissima, risiederebbe nel carattere tipografico utilizzato. — Sul piano fonetico e sul piano concettuale, i segni sarebbero identici. — Né l’Ufficio né i terzi subirebbero conseguenze per effetto della modifica. Qualunque tipo di ricerca si intendesse effettuare, se il segno >en. in «font Helvetica» fosse considerato come voce di ricerca, il medesimo segno, in qualsiasi altro «font», risponderebbe ugualmente allo stesso criterio, dando luogo ad un risultato analogo. Motivazione 14 Il ricorso è conforme agli articoli 57, 58 e 59 RMC nonché alla regola 48 del regolamento (CE) della Commissione 13 dicembre 1995, n. 2868/95, recante modalità di esecuzione del regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio sul marchio comunitario (GUCE 1995 L 303, pag. 1; GU UAMI n. 2-3/95, pag. 258), ed è pertanto ammissibile. 15 Le circostanze in cui è possibile rivendicare un diritto di priorità sono definite all’articolo 29, n. 1, RMC, il quale recita: «Chiunque abbia regolarmente depositato un marchio, in o per uno degli Stati facenti parte della convenzione di Parigi o dell’Accordo che istituisce l’Organizzazione mondiale del commercio, o il suo avente causa, fruisce, durante sei mesi a decorrere dalla data del deposito della prima domanda, di un diritto di priorità per effettuare il deposito di una domanda di marchio comunitario per il medesimo marchio e per prodotti o servizi identici a, o contenuti in, quelli per i quali il marchio è depositato» (sottolineatura aggiunta). 16 La Commissione di ricorso ritiene che il contrassegno riprodotto nella domanda di marchio comunitario sia uguale a quello raffigurato nella domanda statunitense, nonostante la differenza derivante dall’uso di un carattere tipografico diverso. 17 I contrassegni suscitano la medesima impressione e contengono i medesimi elementi, segnatamente: >, simbolo matematico che sta per «maggiore di», seguito (senza spaziatura tipografica) dalle lettere en e da un punto. 18 A giudizio della Commissione, la differenza esistente tra i caratteri tipografici utilizzati nei contrassegni riprodotti nell’ambito del presente procedimento è irrilevante ed ha un impatto scarso, se non nullo, a tutti i fini e a tutti gli effetti. 19 Di conseguenza, non è necessario prendere in esame la questione relativa alla rettifica della domanda. La Commissione è inoltre del parere che, coerentemente con l’articolo 5, parte C, punto 2), della convenzione di Parigi per la protezione della proprietà industriale, anche qualora un marchio, successivamente alla registrazione, venga utilizzato con un carattere tipografico diverso, ma tale da non alterare il carattere distintivo del marchio quale è stato registrato, tale uso non determini una riduzione della protezione attribuita al marchio né l’invalidazione di quest’ultimo. 20 La Commissione ritiene pertanto che il ricorso debba essere accolto e il procedimento rinviato all’esaminatrice per l’ulteriore prosecuzione. Dispositivo Per questi motivi, la Commissione così decide: SOMMARIO 1. La decisione impugnata è annullata. DECISIONE DELLA TERZA COMMISSIONE DI RICORSO 2. Il procedimento è rinviato all’esaminatrice per l’ulteriore prosecuzione. del 11 luglio 2001 nel procedimento R 759/2000-3 (Lingua del procedimento: tedesco) Nono ‘considerando’ RMC - Articolo 8, n. 1, lettera b), RMC - Articolo 43, n. 2, RMC - Articolo 43, n. 3, RMC Articolo 73 RMC - Articolo 74, n. 1, RMC - Articolo 76, n. 1, lettera f), RMC - Articolo 76, n. 1, lettera c), RMC - Regola 51 RE - Regola 22, n. 2, RE Uso effettivo - Prove dell’uso - Dichiarazione giurata – Normativa nazionale (Germania) - Natura delle prove - Rimborso della tassa di ricorso - Rischio di confusione - Principio dispositivo delle parti - Diritto di essere sentiti - Procedimento contraddittorio - Vizio procedurale sostanziale 1. Per «seria» utilizzazione ai sensi dell’articolo 43, n. 2, RMC deve intendersi l’uso effettivo del marchio anteriore sul mercato, inteso a richiamare l’attenzione dei potenziali clienti sui prodotti e servizi contraddistinti da tale segno. La tutela del marchio è giustificata soltanto nella misura in cui il marchio stesso sia effettivamente utilizzato (nono ‘considerando’ RMC). L’articolo 43, n. 3, RMC non esige una prova molto ampia dell’utilizzazione del marchio, come quella prescritta invece dall’articolo 7, n. 3, RMC, ma si limita semplicemente a richiedere la dimostrazione che sul mercato si faccia un uso effettivo e non meramente fittizio del marchio. Un elevato valore probatorio di tutte le prove possibili non è affatto richiesto. 2. I documenti presentati dall’opponente, consistenti in una copia del marchio usato per due prodotti, materiale pubblicitario, dati relativi al fatturato relativo a ciascun prodotto smerciato con il marchio, nonché in una dichiarazione giurata resa da un dirigente della società opponente nella quale sono forniti dettagli in ordine al luogo, al tempo, all’estensione e alla natura dell’utilizzazione, costituiscono prove sufficienti dell’uso effettivo del marchio anteriore. La dichiarazione giurata prodotta dall’opponente nel caso di specie costituisce una prova ammissibile in forza dell’articolo 76 RMC. È pacifico che tale dichiarazione soddisfa i requisiti posti dalla normativa nazionale tedesca. Il contenuto della dichiarazione giurata, unitamente al resto dei documenti probatori prodotti, risulta essere una prova sufficiente dell’uso effettivo del marchio per il prodotto «birra» in Germania. Essendo la divisione Opposizione tenuta a limitare il proprio esame ai fatti presentati dalle parti, essa non disponeva di alcun fondamento giuridico per dubitare dell’attendibilità delle informazioni contenute nella dichiarazione giurata e, infine, per disattenderle, oltretutto senza aver prima concesso all’opponente la possibilità di presentare le proprie deduzioni. Lidl Stiftung & Co. KG Heiner-Fleischmann-Straße 2 D-74172 Neckarsulm Germania opponente e ricorrente rappresentata da Hansmann & Vogeser, Albert-Roßhaupter- Straße 65, D-81369 Monaco di Baviera, Germania contro REWE-Zentral AG Domstraße 20 D-50668 Colonia Germania richiedente e resistente rappresentata da Rüdiger Winkler, Matthias Humborg, Norbert Schüler, c/o REWE-Zentral AG, Domstraße, D-50668 Colonia, Germania avente ad oggetto il ricorso relativo alla domanda di marchio comunitario n. 640 086 (procedimento di opposizione B 100 083) La Terza Commissione di ricorso composta da S. Sandri (presidente), A. Bender (relatore) e Th. Margellos (membro) cancelliere: E. Gastinel ha adottato la seguente Decisione Sintesi dei fatti e conclusioni delle parti 1 Con domanda depositata presso l’Ufficio in data 25 settembre 1997, la richiedente chiedeva la registrazione come marchio comunitario del segno denominativo Grafenwälder tra l’altro, per prodotti appartenenti alla classe 32. SOMMARIO 2 La domanda veniva pubblicata nel Bollettino dei marchi comunitari n. 60/1998 del 10 agosto 1998, pagg. 492497. 3 Con atto datato 28 ottobre 1998 e pervenuto lo stesso giorno all’Ufficio, l’opponente, facendo valere l’anteriorità del proprio marchio denominativo nazionale n. 912 232, depositato in data 20 ottobre 1972, Grafenwalder e facendo riferimento a tutti i prodotti appartenenti alla classe 32 da questo tutelati, ossia la «birra», proponeva opposizione nei confronti della registrazione del marchio, rivolgendola contro alcuni prodotti rivendicati nella domanda appartenenti alla classe 32, più precisamente, tra l’altro, «bevande alla frutta e succhi di frutta; sciroppi e altri preparati per fare bevande», tuttora oggetto del procedimento, e adducendo al riguardo l’esistenza di un rischio di confusione. 4 La richiedente chiedeva che la titolare del marchio anteriore dimostrasse l’uso del medesimo per i prodotti da esso tutelati. Su invito all’uopo rivoltole dall’Ufficio, l’opponente produceva, entro il termine impartito del 9 aprile 1999, una dichiarazione giurata, un riepilogo del fatturato mensile registrato nel periodo dal marzo 1994 al febbraio 1999, due esempi di prodotti contrassegnati con il marchio «Grafenwalder« (una lattina di «GRAFENWALDER Pils» e una di «Grafenwalder Malz») nonché un prospetto, affermando tra l’altro che da tali documenti si desumeva chiaramente che il marchio anteriore era stato utilizzato molto ampiamente per i prodotti in questione durante il periodo rilevante ai fini del presente procedimento. 5 Nella dichiarazione giurata del 22 marzo 1999, il dirigente della titolare del marchio anteriore, «consapevole delle conseguenze penali derivanti dal falso giuramento reso con dolo o colpa, agli effetti del procedimento di opposizione intentato contro la domanda di marchio comunitario ‘Grafenwälder’», affermava tra l’altro quanto segue: «Il sottoscritto è il dirigente responsabile della divisione acquisti internazionali della società opponente», quindi proseguiva: «La mia sfera di competenza è relativa agli acquisti su scala internazionale. Il marchio anteriore rivendicato … è stato utilizzato in Germania nel periodo compreso tra il 01/1994 e il 02/1999 per i prodotti ‘Pils (lattina e fusto), Malztrunk’ nei modi illustrati dall’allegato. I fatturati realizzati nella Repubblica federale di Germania erano corrispondenti ad almeno 122.878.960 unità vendute nel 1994, 160.734.456 nel 1995, 123.531.818 nel 1996, 105.398.926 nel 1997, 104.711.590 nel 1998 e 15.674.256 nel 1999». 6 In conseguenza di quanto sopra, la richiedente limitava l’elenco dei prodotti compresi nella classe 32, affermando che tra i prodotti rimanenti e quelli tutelati dal marchio anteriore non vi era alcuna somiglianza e che non sussisteva pertanto alcun rischio di confusione. Anche dopo la comunicazione di tale limitazione, l’opponente manteneva ferma l’opposizione alla registrazione del marchio per i rimanenti prodotti, in quanto riteneva che sussistesse un rischio di confusione anche per questi ultimi. La richiedente presentava osservazioni al riguardo concludendo per il rigetto dell’opposizione e argomentando che i prodotti non erano simili. 7 In data 31 maggio 2000 la divisione Opposizione adottava la decisione n. 1147/2000, con la quale respingeva l‘opposizione B 100083 e poneva le spese a carico dell’opponente. La divisione Opposizione motivava la propria decisione rilevando sostanzialmente che l’opponente non aveva prodotto la prova dell’uso del marchio sollecitata dalla richiedente e che la documentazione fornita non era sufficiente a tal fine. 8 Secondo la divisione Opposizione, la dichiarazione giurata prodotta dall’opponente costituisce certamente un mezzo di prova ammissibile e, inoltre, contiene sostanzialmente informazioni relative al luogo, al tempo, all’estensione e alla natura della controversa utilizzazione del marchio anteriore. Tuttavia, per quanto attiene al suo valore probatorio, si deve tener conto del fatto che nel caso di specie si tratta di una mera dichiarazione proveniente da un dirigente della stessa società opponente. Non sono state fornite dichiarazioni di terzi manifestamente non interessati all’esito del procedimento, quali ad esempio fornitori, clienti o altre controparti commerciali dell’opponente. La dichiarazione presentata dall’opponente ha pertanto soltanto un valore probatorio «relativo», che dev’essere valutato complessivamente insieme alle altre prove prodotte. 9 La tabella riepilogativa dei fatturati mensili dell’opponente è priva di qualsiasi valore probatorio, in quanto mera allegazione di fatto, e non può quindi, in mancanza di copie di fatture esemplificative, confermare in misura giuridicamente sufficiente le asserzioni del suo dirigente circa i fatturati di vendita conseguiti con il marchio anteriore. I campioni allegati di due lattine di birra recanti il marchio anteriore consentono per il vero di formulare considerazioni sulla natura, ma non anche sul periodo dell’utilizzazione di cui trattasi. Sulle lattine in questione non è infatti indicata alcuna data che consenta di riferirne inconfutabilmente l’uso al quinquennio di riferimento. 10 Nemmeno il prospetto presentato consente una datazione incontrovertibile. È pur vero che nel prospetto è riprodotto, tra l’altro, un fusto di birra da 5 litri contrassegnato con il marchio anteriore, ma in esso non è riportata alcuna data (di pubblicazione) che consenta di risalire alla data a cui riferire l’utilizzazione in questione. L’opponente non ha prodotto nessun’altra prova significativa, giuridicamente rilevante, a sostegno delle asserzioni del suo dirigente, con particolare riguardo al periodo e all’estensione dell’utilizzazione del marchio per il prodotto «birra», ad esempio accludendo fatture, bolle di consegna, listini di prezzi, prospetti o altro materiale pubblicitario. 11 Il 20 luglio 2000 l’opponente proponeva un ricorso, pervenuto in pari data all’Ufficio via fax, concludendo in esso per l’accoglimento del ricorso. 12 Accludendo numerose fatture di suoi fornitori, dettagliate nei singoli elementi e rese anonime, l’opponente motivava il ricorso sostenendo tra l’altro che, nel corso del periodo anteriore alla presentazione dell’opposizione rilevante ai fini del procedimento, il marchio anteriore era stato utilizzato ampiamente e che erano evidenti l’importanza e la consistenza dei dati sul fatturato citati nella dichiarazione giurata e confermati dalle fatture. Inoltre, la ricorrente adduceva ulteriori argomenti a sostegno della tesi del rischio di confusione. SOMMARIO 13 Al riguardo, la richiedente concludeva per il rigetto del ricorso. 14 La richiedente motivava tale conclusione sostenendo che, in seguito alla riduzione dell’elenco dei prodotti in relazione ai quali essa aveva richiesto la tutela del marchio, era venuto meno qualsiasi rischio di confusione. 15 La Commissione di ricorso rinvia per il resto al fascicolo e in particolare agli argomenti svolti dalle parti, di cui ha preso pienamente atto e su cui ha basato la propria decisione. Motivazione 16 Il ricorso è conforme agli articoli 57, 58 e 59 del regolamento (CE) del Consiglio 20 dicembre 1993, n. 40/94, sul marchio comunitario (GU UAMI n. 1/1995, pag. 52) (in prosieguo: «RMC»), nonché alla regola 48 del regolamento (CE) della Commissione 13 dicembre 1995, n. 2868/95, recante modalità di esecuzione del regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio sul marchio comunitario (GU UAMI n. 2-3/1995, pag. 258) (in prosieguo: «RE»), ed è pertanto ammissibile. 17 Il ricorso è altresì fondato nel merito, posto che, secondo quanto ha accertato la Commissione di ricorso, il materiale presentato è sufficiente a dimostrare una seria utilizzazione del marchio anteriore ai sensi dell’articolo 43, n. 2, RMC. La decisione impugnata della divisione Opposizione va pertanto annullata e il procedimento va rinviato dinanzi a quest’ultima per l’ulteriore prosecuzione. 18 L’articolo 43, nn. 2 e 3, RMC, riguardante l’esame dell’opposizione, dispone che, su istanza del richiedente, il titolare di un marchio nazionale anteriore che abbia presentato opposizione deve addurre la prova che, nel corso dei cinque anni che precedono la pubblicazione della domanda di marchio comunitario, il marchio nazionale anteriore sia stato seriamente utilizzato nello Stato membro in cui il marchio nazionale anteriore è tutelato per i prodotti o servizi per i quali è stato registrato, e sui quali fonda la propria opposizione, o che vi siano legittime ragioni per la non utilizzazione, purché a tale data il marchio anteriore fosse registrato da almeno cinque anni. In mancanza di tale prova, l’opposizione è respinta. 19 In questo contesto, per «seria» utilizzazione deve intendersi l’uso effettivo del marchio anteriore sul mercato, inteso a richiamare l’attenzione dei potenziali clienti sui prodotti e servizi contraddistinti da tale segno. Tale principio trova espressione, sia pure con una differente formulazione, anche nel nono ‘considerando’ RMC, il quale precisa che la tutela di ogni marchio anteriore registrato si giustifica soltanto nella misura in cui esso sia effettivamente utilizzato (v., tra l’altro, decisione della Prima Commissione di ricorso 27 luglio 2000, procedimento R 474/1999-1 - CARRERAS/CYC Carrera y Carrera (marchio figurativo), punto 14, e decisioni della Terza Commissione di ricorso 7 febbraio 2001, procedimento R 50/2000-3 - FT MASTERING/MASTERING, punti 3336, e 25 aprile 2001, procedimento R 641/2000-3 - Silk Cocoon/COCOON, punto 15). mulativamente tutti i mezzi di prova in essa citati. La formulazione «consistono in linea di principio» (in spagnolo: «se deberá limitar preferentemente», in inglese: «shall, in principle, be confined», in francese: «se limitent, de préférence», in tedesco: «beschränken sich nach Möglichkeit») implica che un elevato valore probatorio di tutte le prove possibili non è affatto richiesto. Al contrario, è sufficiente che i documenti e i materiali presentati nelle circostanze specifiche del caso in esame debbano considerarsi sufficienti a dimostrare l’uso effettivo del marchio anteriore nello Stato membro considerato (v. decisione della Seconda Commissione di ricorso 8 novembre 2000, procedimento R 756/1999-2 - DOCTORS/DOC & TORS, punto 21). 20 Ne deriva che l’articolo 43, n. 3, RMC non esige una prova molto ampia dell’utilizzazione del marchio, come quella prevista invece dall’articolo 7, n. 3, RMC, ma si limita a richiedere semplicemente la dimostrazione che sul mercato si faccia un uso effettivo e non meramente fittizio del marchio (v., tra l’altro, decisione della Terza Commissione di ricorso 22 luglio 1999, procedimento R 59/1998-3 - EASYPHOTO, punto 35). 23 Nel ponderare il valore probatorio dei documenti e dei materiali prodotti, la Commissione di ricorso deve tener conto, in particolare, della situazione concretamente esistente nello specifico segmento di mercato in cui vengono offerti i prodotti e i servizi oggetto del procedimento. In linea generale, tale valutazione deve basarsi sull’aspettativa presunta del consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto (v., tra l’altro, sentenza della Corte di giustizia 16 luglio 1998, causa C-210/96, causa 6-KornEier - Gut Springenheide, punto 31; GU UAMI n. 3/1999, pag 561). 21 Conformemente alla regola 22, n. 2, RE, le informazioni, le prove e i documenti necessari per dimostrare l’utilizzazione sono costituiti da informazioni relative al luogo, al tempo, all’estensione e alla natura dell’utilizzazione del marchio anteriore per i prodotti e i servizi per i quali esso è registrato e sui quali si fonda l’opposizione, e dalle dimostrazioni relative a tali informazioni. La regola 22, n. 3, RE stabilisce che le prove consistono, in linea di principio, nella presentazione di documenti e campioni, come ad esempio imballaggi, etichette, listini di prezzi, cataloghi, fatture, fotografie, inserzioni su giornali e dichiarazioni scritte di cui all’articolo 76, n. 1, lettera f), RMC. 22 La Commissione di ricorso perviene alla conclusione che il materiale presentato dall’opponente nel caso di specie è sufficiente a soddisfare tali requisiti, tanto più che la regola suddetta non prescrive che debbano essere forniti cu- 24 Nel compiere tale valutazione delle prove, occorre tener conto di tutte le circostanze rilevanti per la diffusione e l’offerta dei prodotti oggetto del procedimento e, in particolare, le aspettative del consumatore riguardo alla natura, alle modalità e al luogo della commercializzazione. Alimenti come la birra e i succhi di frutta, i succhi di verdura e gli sciroppi sono smerciati attraverso ampi canali di distribuzione. Oltre che nei punti vendita del commercio al minuto, nei grandi magazzini e nei locali pubblici, questi prodotti sono esposti anche nei discount e nei supermercati, talché il consumatore finale di riferimento è abituato a trovarli in tali luoghi. 25 Diversamente dalla divisione Opposizione, la Commissione di ricorso perviene alla conclusione che i documenti presentati dall’opponente sono prove sufficienti dell’uso effettivo del marchio anteriore. Alla luce dell’artico- SOMMARIO lo 76, n. 1, RMC, nonché della regola 22, nn. 2 e 3, RE, tutti i documenti prodotti sono mezzi di prova ammissibili. Spetta all’Ufficio verificare in modo esaustivo, in base ad una valutazione libera e completa delle prove, la misura in cui esse siano conclusive (decisione della Terza Commissione di ricorso 14 novembre 2000, procedimento R 823/1999-3 – SIDOL/SIDOLIN, punto 20). 26 Le dichiarazioni scritte rese sotto il vincolo del giuramento o in una forma sostitutiva di quest’ultimo vengono espressamente annoverate, al pari dei documenti e dei campioni, tra i mezzi istruttori ammessi in forza dell’articolo 76, n. 1, lettere f) e c), RMC. La «dichiarazione giurata» prodotta dall’opponente nel caso di specie costituisce una prova ammissibile in forza dell’articolo 76 RMC. È pacifico che tale dichiarazione soddisfa i requisiti posti dalla normativa nazionale tedesca, pertinente nel caso di specie, poiché proviene da un privato, costituisce una dichiarazione formale resa in forma di garanzia formulata sotto il vincolo del giuramento e contiene un riferimento alla specifica responsabilità penale a cui è assoggettata. 27 L’attendibilità di una dichiarazione giurata dev’essere valutata contestualmente a tutti gli altri documenti prodotti, prendendone in esame il contenuto e le circostanze specifiche e tenendo soprattutto conto se la richiedente abbia o no contestato la natura e il contenuto dei mezzi di prova addotti (v. decisione della Prima Commissione di ricorso 6 aprile 2001, procedimento R 129/2000-1, VISION/VISIO, punto 19). 28 Nel caso di specie, occorre anzitutto rilevare come le prove presentate dall’opponente non siano state contestate dalla richiedente, la quale ne ha anzi implicitamente riconosciuto la natura e il contenuto, avendo in conseguenza della loro presentazione limitato l’elenco dei prodotti rivendicati nella domanda e susseguentemente circoscritto i propri argomenti, anche nel procedimento del ricorso, soltanto alla questione del rischio di confusione. Ciò premesso, alla luce dei principi del procedimento contraddittorio di cui all’articolo 74, n. 1, seconda frase, RMC, non sono stati sollevati in alcun modo dubbi sulla correttezza e sulla veridicità dei documenti prodotti. La divisione Opposizione non disponeva pertanto di alcun fondamento giuridico per considerare d’ufficio tali prove come oggetto di contestazione tra le parti, per du- bitare dell’attendibilità delle informazioni contenute nella dichiarazione giurata e, infine, per disattenderle (a causa dell’assenza della data sulle fotografie e sul prospetto), oltretutto senza aver prima concesso all’opponente la possibilità di presentare le proprie deduzioni ai sensi dell’articolo 73 RMC. 29 Né dal contenuto degli stessi documenti prodotti risultano contraddizioni o punti poco chiari che sminuiscano o annullino il loro valore probatorio. Il responsabile per gli acquisti dell’opponente ha infatti fornito informazioni univoche sul luogo, sul tempo, sull’estensione e sulla natura dell’uso del marchio anteriore. In particolare, avvalendosi delle conoscenze specifiche che aveva maturato in seno all’impresa, ha illustrato in maniera attendibile come in Germania il marchio anteriore fosse stato utilizzato per la birra delle categorie «Pils» (in lattina e fusto) e «Malztrunk» nel periodo di riferimento, dal gennaio 1994 fino, tra l’altro, all’agosto 1998 (la pubblicazione della domanda di registrazione di marchio comunitario risale al 10 agosto 1998), precisando inoltre che i fatturati registrati nei diversi anni corrispondevano, rispettivamente, a 122.878.960 unità vendute nel 1994, 160.734.456 nel 1995, 123.531.818 nel 1996, 105.398.926 nel 1997 e 104.711.590 (complessivamente) nel 1998. 30 Queste informazioni risultano avvalorate e confermate anche da un elenco di tre pagine, in cui sono riportati i diversi prodotti tutelati dal marchio anteriore («Pils Grafenwalder DS 0,5 l», «Grafenwalder Pils 5 l», «Grafenwalder Malztrunk 0,33 l» e «Grafenwalder Malz 0,5 l») corredati dall’indicazione dei rispettivi fatturati, per lo più mensili. Inoltre sono state allegate due fotografie che riproducono rispettivamente le lattine di «GRAFENWALDER Pils»- e di «Grafenwalder Malz». Un prospetto pubblicitario dell’opponente illustra infine la commercializzazione in fusti da 5 litri di «GRAFENWALDER Pils». 31 A giudizio di questa Commissione, le suddette informazioni nel loro complesso dimostrano senza dubbio che il marchio anteriore è stato utilizzato seriamente e ampiamente per il prodotto «birra» da esso tutelato, durante il periodo di riferimento e in Germania, vale a dire nello Stato membro in cui esso è registrato (v. decisioni della Prima Commissione di ricorso 28 marzo 2001, procedimento R 743/1999-1 - MERTINA/MERITENE, punto 18, e decisione della Terza Commissione di ricorso 25 aprile 20001, procedimento R 641/2000-3 - Silk Cocoon/COCOON, punto 23). 32 Di conseguenza, si rende ormai superflua la valutazione degli ulteriori documenti, forniti a sostegno della prova nell’ambito del procedimento di ricorso, consistenti in un insieme di fatture emesse dai fornitori dell’opponente, alla cui acquisizione nel procedimento la richiedente non si era opposta (v. decisione della Prima Commissione di ricorso 6 aprile 2001, procedimento R 129/2000-1, VISION/VISIO, punto 19). 33 Poiché la decisione impugnata è, al riguardo, inficiata da vizio procedurale sostanziale (per inosservanza del principio dispositivo delle parti, v. articolo 74, n. 1, seconda frase, RMC), essa dev’essere annullata e il procedimento dev’essere rinviato davanti alla divisione Opposizione, per la sua ulteriore prosecuzione ai sensi dell’articolo 62, n. 2, RMC. Non essendo ancora stato effettuato un esame nel merito della questione della somiglianza dei prodotti e dei marchi in conflitto, la Commissione ritiene opportuno che si proceda a un tale esame in modo che sia evitata alle parti la perdita di un grado di giudizio. 34 Data la violazione di forme sostanziali, ai sensi della regola 51 RE, per ragioni di equità si deve disporre il rimborso della tassa di ricorso. Non essendosi potuta prendere una decisione sul merito del ricorso, e non essendovi quindi una parte soccombente, la Commissione ritiene opportuno che entrambe le parti sopportino ciascuna le proprie spese relative al procedimento di ricorso, conformemente all’articolo 81, n. 2, RMC. Dispositivo Per questi motivi, la Commissione così decide: 1. La decisione della divisione Opposizione 31 maggio 2000, n. 1147/2000, adottata nel procedimento di opposizione B 100083, è annullata. 2. Il procedimento è rinviato dinanzi alla divisione Opposizione per l’ulteriore prosecuzione. 3. La tassa di ricorso è rimborsata. 4. Ciascuna parte sopporterà le spese sostenute nel procedimento di ricorso. SOMMARIO DECISIONE DELLA PRIMA COMMISSIONE DI RICORSO 2 ottobre 2001 nel procedimento R 906/2000-1 (Lingua del procedimento: inglese) Articolo 8, n. 4, RMC – Articolo 8, n. 1, lettere a) e b), RMC – Articolo 62 RMC Normativa nazionale – Diritto anteriore non registrato – Concorrenza sleale per confusione (Passing off) – Presupposti – Valore di avviamento (Goodwill) – Falsa dichiarazione – Danno arrecato alla parte attrice – Utilizzo nella normale prassi commerciale 1. L’opposizione è stata respinta in base alla considerazione che l’utilizzo del marchio anteriore nella normale prassi commerciale non era stato sufficientemente dimostrato. Nonostante il contrassegno anteriore venga spesso (ma non sempre) accompagnato dalle parole «Real-time consultants», ossia la denominazione della società opponente, la Commissione di ricorso non condivide l’accertamento della divisione Opposizione secondo cui la presenza di questi elementi verbali escluderebbe l’utilizzo autonomo del contrassegno «da Vinci» per i servizi dell’opponente per molti anni. In primo luogo, le parole «real-time consultants» non sono altamente distintive. In secondo luogo, non v’è alcun motivo per il quale un opponente dovrebbe essere penalizzato a causa della citazione della sua denominazione sociale (o di varianti di quest’ultima) in stretta prossimità del rispettivo marchio. La Commissione di ricorso ritiene che il marchio sia stato oggetto di un uso effettivo nel Regno Unito, territorio di riferimento. Le prove documentali presentate dimostrano che il marchio anteriore era stato effettivamente utilizzato nella normale prassi commerciale. 2. Con riguardo all’articolo 8, n. 4, RMC, è anzitutto necessario esaminare la normativa nazionale vigente in materia di marchi nello Stato membro di circolazione del contrassegno, al fine di stabilire a quali diritti, ove esistenti, tale marchio possa avere titolo. L’unico Stato membro rilevante nel contesto del presente ricorso è il Regno Unito. Pertanto, lo status del marchio va considerato unicamente all’interno del Regno Unito. Dalle prove presentate relativamente a tale territorio risulta evidente che il marchio ha «portata non puramente locale» ai sensi dell’articolo 8, n. 4, RMC. 3. Per quanto riguarda la normativa nazionale in questione, nel Regno Unito la Section 5(4) del Trade Marks Act del 1994 dispone che un marchio non può essere registrato se la sua utilizzazione è suscettibile di essere impedita, tra l’altro, in forza delle norme relative alla concorrenza sleale per confusione («passing off»). Quest’ultima è una disciplina complessa; tuttavia, riassumendola per sommi capi, occorre che il titolare di un marchio non registrato (in prosieguo: l’«attore»), per prevalere in un’azione di concorrenza sleale per confusione, dimostri che: all’attività, ai prodotti o ai servizi dell’attore è collegato un valore di avviamento sufficiente; l’utilizzo effettivo di un marchio da parte del convenuto comporta una falsa dichiarazione nei confronti dei clienti del convenuto; la falsa dichiarazione arreca o potrebbe verosimilmente arrecare danno alle attività o all’avviamento dell’attore. 4. Ai fini del «passing off», la «falsa dichiarazione» non deve essere necessariamente resa con dolo. L’unica condizione necessaria è dimostrare che il pubblico di riferimento potrebbe essere indotto in confusione, nel senso che potrebbe confondere i prodotti e i servizi di un operatore con quelli di un altro, a causa della somiglianza dei marchi utilizzati per i prodotti e servizi. In altri termini, la Commissione di ricorso deve valutare il rischio di confusione tra i due marchi. Ai fini dell’esame delle cause relative, e in riferimento all’articolo 8, n. 1, lettera a) o lettera b), RMC, si deve presumere che i criteri adottati nel Regno Unito per valutare se due marchi siano talmente simili da ingenerare confusione non siano sostanzialmente diversi da quelli applicati nell’ambito del diritto comunitario. 5. Tenuto conto del particolare campo di attività dell’opponente, quale è stato evidenziato nelle prove documentali da essa presentate, il marchio oggetto della domanda è inidoneo alla registrazione per tutti i prodotti e servizi rivendicati nella domanda, ad eccezione dei seguenti: — Classe 9: Audiocassette; compact disc audio; compact disc video; registratori a nastro magnetico; videonastri; videoregistratori; parti e accessori per tutti i suddetti articoli. — Classe 16: Libri; stampati; libri di testo; manuali; riviste; pubblicazioni; diapositive; parti e accessori per tutti i suddetti articoli. — Classe 41: Organizzazione e direzione di conferenze e seminari; proiettori cinematografici ed accessori; noleggio di film cinematografici, registrazioni video, registrazioni audio e CD-ROM; organizzazione di esposizioni; produzione di videonastri e nastri audio. — Classe 42: Alloggi temporanei; servizi di catering. 6. Poiché non tutti i prodotti e servizi rivendicati nella domanda di marchio comunitario vanno esclusi dalla tutela, le parti dovranno sopportare ciascuna l’onere delle proprie spese. La decisione impugnata è annullata e il procedimento è rinviato alla divisione Opposizione per l’ulteriore prosecuzione in riferimento ai prodotti e servizi per i quali il marchio richiesto è idoneo alla registrazione. Per il resto, il ricorso è respinto. Real-Time Consultants Group Limited 118-120 Warwick Street Royal Leamington Spa Warks CV32 4QY Regno Unito ricorrente e opponente rappresentata da WITHERS & ROGERS, Goldings House, 2 Hays Lane, Londra SE1 2HW, Regno Unito contro Manpower Inc. 5301 North Ironwood Road Milwaukee Wisconsin 53217 Stati Uniti d’America resistente e richiedente rappresentata da CLIFFORD CHANCE, 200 Aldersgate Street, Londra EC1A 4JJ, Regno Unito avente ad oggetto il ricorso proposto in esito al procedimento di opposizione B 88817 (domanda di marchio comunitario n. 352443) SOMMARIO La Prima Commissione di ricorso composta da S. Mandel (presidente e relatore), W. Peeters (membro) e J. L. Soares Curado (membro) cancelliere: N. Semjevski ha adottato la seguente Decisione same psicologico e all’orientamento professionale in genere; analisi della personalità e psicologica; orientamento professionale (consulenze); verifica delle capacità professionali degli individui; servizi di esperti in psicologia del lavoro; elaborazione e messa a punto di software, consulenze riguardanti la valutazione, lo sviluppo e l’impiego di risorse umane; alloggi temporanei; informazioni, consulenze e compilazione di relazioni, tutte riguardanti quanto suddetto; servizi di catering. Sintesi dei fatti 1 Con domanda presentata il 5 settembre 1996, la Manpower Inc. (in prosieguo: la «richiedente») chiedeva la registrazione del marchio figurativo La domanda veniva pubblicata nel Bollettino dei marchi comunitari n. 50/98 del 13 luglio 1998. 2 Il 9 ottobre 1998 la Real-Time Consultants Group Limited (in prosieguo: l’«opponente») proponeva opposizione avverso la suddetta domanda. L’opposizione era basata sul marchio anteriore non registrato raffigurato di seguito 1552/2000, relativa all’opposizione B 88817 (in prosieguo: la «decisione impugnata»). La divisione Opposizione respingeva l’opposizione e poneva le spese a carico dell’opponente. La decisione impugnata era motivata come segue: — nella maggior parte delle prove documentali presentate dall’opponente, l’emblema con l’«uomo vitruviano» di Leonardo da Vinci è accompagnato da elementi verbali stilizzati quali «real time consultants», «real time», ecc.. L’elemento figurativo compare da solo in un numero ristretto di casi. — Tra il segno raffigurato nell’atto di opposizione e quello utilizzato sul mercato vi è una differenza sostanziale. Pertanto, la conclusione da trarre è che l’uso del segno anteriore non è stato dimostrato e che l’opposizione deve essere respinta. Alla luce di tale conclusione, non è necessario procedere all’esame delle restanti pretese dell’opponente. per i seguenti prodotti e servizi: Classe 9 – Audiocassette; apparecchi audiovisivi per l’insegnamento; compact disc audio; compact disc video; software; programmi per computer; registratori a nastro magnetico; videonastri; videoregistratori; parti e accessori per tutti i suddetti articoli. Classe 16 – Libri; stampati; libri di testo; manuali; riviste; pubblicazioni; diapositive; materiali di istruzione; materiale per l’insegnamento; parti e accessori per tutti i suddetti articoli. Classe 35 – Servizi di ufficio di collocamento; servizi di personale interinale. Classe 41 – Organizzazione e direzione di conferenze e seminari; proiettori cinematografici ed accessori; noleggio di film cinematografici, registrazioni video, registrazioni audio e CD-ROM; organizzazione di esposizioni; produzione di videonastri e nastri audio; educazione, istruzione, insegnamento e formazione riguardanti l’insegnamento e la valutazione di personale addetto a lavori di ufficio, impiegato nell’industria, addetto alla guida di automezzi e tecnico; informazioni e consulenze relative ai suddetti servizi. Classe 42 – Servizi di consulenti professionali e di esperti, relativi all’analisi e all’orientamento professionali del personale, all’analisi della personalità, all’e- 5 Il 7 settembre 2000 l’opponente proponeva un ricorso avverso la decisione impugnata, depositando la memoria contenente i relativi motivi in data 25 ottobre 2000. utilizzato per i seguenti prodotti e servizi: «software per computer; reclutamento di personale; elaborazione e gestione di dati informatici; trasmissione assistita dal computer di messaggi ed immagini; formazione informatica; consulenza in materia di computer; programmazione di computer e progettazione di software; analisi di sistemi informatici». 3 L’opponente sosteneva che il contrassegno era stato utilizzato nel Regno Unito e in altri paesi dell’Unione europea. L’opposizione era basata su tutti i prodotti per i quali il marchio è in uso ed era rivolta contro tutti i prodotti rivendicati nella domanda. L’opposizione si fondava sul fatto che, ai sensi dell’articolo 8, n. 4, del regolamento (CE) del Consiglio 20 dicembre 1993, n. 40/94, sul marchio comunitario (in prosieguo: «RMC») (GUCE L 11 del 1994, pag. 1; GU UAMI n. 1/95, pag. 52), l’utilizzazione del marchio successivo era preclusa in forza del diritto nazionale. 4 Il 12 luglio 2000, dopo che entrambe le parti avevano presentato le rispettive osservazioni, la divisione Opposizione adottava la decisione n. 6 L’8 gennaio 2001 la resistente presentava le proprie osservazioni riguardo ai motivi del ricorso. Conclusioni e argomenti delle parti 7 L’opponente conclude che la Commissione di ricorso voglia annullare la decisione impugnata e respingere la domanda di registrazione nella sua integralità. A sostegno delle proprie conclusioni, essa ha fornito ulteriori prove documentali. Gli argomenti dell’opponente si possono riassumere come segue: — la decisione impugnata non avrebbe tenuto conto della necessità di accertare l’esistenza di un rischio di confusione. Essa non avrebbe tenuto pienamente conto delle somiglianze concettuali tra i marchi. Non sarebbe stato effettuato un adeguato raffronto tra i marchi sotto il profilo del loro carattere distintivo e dei loro componenti dominanti. — All’opponente non sarebbe stata concessa alcuna opportunità di produrre ulteriori prove, tenuto conto del fatto che essa aveva espressamen- SOMMARIO te dichiarato che i documenti forniti costituivano solo un’esemplificazione intesa a riassumere i punti essenziali. Conseguentemente, la decisione avrebbe concluso a torto che nella maggior parte dei documenti presentati l’emblema riportato era accompagnato da elementi verbali stilizzati. — Sarebbe sorprendente che la presenza o l’assenza della denominazione sociale, o di un’abbreviazione di tale denominazione, o di altri materiali accanto al marchio, sia ritenuta particolarmente rilevante ai fini dell’utilizzo del marchio stesso. — La richiedente non chiederebbe di registrare il proprio marchio figurativo in associazione con la parola «Manpower», ossia la denominazione sociale, bensì di registrare un marchio che sarebbe sostanzialmente identico a quello utilizzato dall’opponente. Gli elementi verbali che accompagnano ciascun segno, segnatamente «Manpower» o «Real-time», al raffronto dei marchi, non risulterebbero sufficientemente significativi. — Delle trentacinque prove documentali sottoposte alla divisione Opposizione, sette dimostrerebbero l’utilizzazione dell’emblema separatamente dalle parole «Real-time» o «Realtime consultants». Tale fatto non corrisponderebbe alla lettera della decisione impugnata, laddove questa affermerebbe che la maggior parte delle prove documentali dimostra l’utilizzo del marchio in associazione ad elementi verbali. La quota di prove presentate che dimostra l’utilizzo del marchio da solo sarebbe pari al 20% circa. — La divisione Opposizione avrebbe dovuto chiedere all’opponente in quale misura il materiale non presentato dimostrava l’utilizzo del marchio da solo senza elementi verbali. Il segno verrebbe impiegato in misura largamente indipendentemente dagli elementi verbali e dovrebbe pertanto essere riconosciuto, di per se stesso, come marchio associato all’opponente. — Nel Regno Unito i diritti che discendono dall’uso estensivo di un marchio sarebbero noti come diritti consuetudinari («common law rights»). A nessuno sarebbe lecito fare concorrenza sleale con i propri prodotti confondendoli con quelli altrui. — Le parole «Real-time consultants» che figurano nelle prove presentate dall’opponente corrisponderebbero alla denominazione commerciale della società. Tale dicitura, come sarebbe evidente, sarebbe del tutto descrittiva di una società che opera in veste di «consulente». Spesso i logo societari potrebbero comparire insieme alla denominazione sociale, la quale potrebbe essere, di per se stessa, distintiva o non distintiva. Quanto meno distintiva è la denominazione sociale, tanto più importante sarebbe l’elemento figurativo ad essa associato. Nella fattispecie, non sarebbe la denominazione sociale ad essere distintiva, bensì l’elemento figurativo. — Sarebbe ovvio che l’ampiezza e il periodo di utilizzazione del marchio anteriore avrebbero fatto sì che quest’ultimo sia ormai associato ai prodotti e servizi dell’opponente. — Anche se l’elemento figurativo identico è accompagnato da vari elementi verbali quali «Manpower» e «Realtime», i clienti verrebbero indotti a credere che una società sia collegata all’altra. Ciò ingenererebbe confusione tra i clienti. 8 La richiedente conclude che la Commissione voglia respingere l’opposizione. Essa argomenta come segue: — il materiale aggiuntivo depositato dall’opponente in fase di ricorso sarebbe irricevibile. I termini per la produzione di tale materiale nell’ambito del procedimento di opposizione sarebbero scaduti. — Nel corso del procedimento di opposizione, l’opponente avrebbe omesso di dimostrare che il proprio marchio non registrato fosse stato utilizzato nell’ambito di una prassi commerciale avente una portata non puramente locale. Le prove sarebbero state considerate insufficienti. — Resterebbe il fatto che l’uso del marchio dell’opponente, a partire dalle sue tre sedi nel Regno Unito, non sarebbe avvenuto su scala sufficientemente ampia. Di conseguenza, essa non sarebbe stata in grado di dimostrare di aver conseguito un valore di avviamento rispetto al marchio, da far valere a sostegno di un’azione di concorrenza sleale per confusione («passing-off»). — L’opponente non avrebbe fornito alcuna prova atta a dimostrare che si verificherebbe una confusione tra i due marchi. Motivazione 9 Il ricorso è conforme agli articoli 57, 58 e 59 RMC, nonché alla regola 48 del regolamento (CE) della Commissione 13 dicembre 1995, n. 2868/95, recante modalità di esecuzione del regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio sul marchio comunitario (in prosieguo: «RE») (GUCE L 303 del 1995, pag. 1; GU UAMI n. 2-3/95, pag. 258), ed è pertanto ammissibile. 10 L’articolo 8 RMC recita: «1. In seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore il marchio richiesto è escluso dalla registrazione: a) se esso è identico al marchio anteriore e se i prodotti o servizi per i quali il marchio è stato richiesto sono identici ai prodotti o ai servizi per i quali il marchio anteriore è tutelato; b) se a causa dell’identità o della somiglianza di detto marchio col marchio anteriore e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi per i quali i due marchi sono stati richiesti, sussiste un rischio di confusione per il pubblico del territorio nel quale il marchio anteriore è tutelato; il rischio di confusione comprende il rischio di associazione con il marchio anteriore. … 4. In seguito all’opposizione del titolare di un marchio non registrato o di un altro contrassegno utilizzato nella normale prassi commerciale e di portata non puramente locale, il marchio richiesto è escluso dalla registrazione se e nella misura in cui, conformemente alla legislazione dello Stato membro che disciplina detto contrassegno: a) sono stati acquisiti diritti a detto contrassegno prima della data di presentazione della domanda di marchio comunitario, o della data di decorrenza del diritto di priorità invocato per la presentazione della domanda di marchio comunitario, SOMMARIO b) questo contrassegno dà al suo titolare il diritto di vietare l’uso di un marchio successivo». 11 L’opposizione è stata respinta in base alla considerazione che l’utilizzo del marchio anteriore nella normale prassi commerciale non era stato sufficientemente dimostrato. Di conseguenza, l’opposizione non è stata esaminata nel merito sotto il profilo dell’articolo 8, n. 4, RMC. La Commissione di ricorso deve riesaminare le prove presentate dall’opponente nel corso del procedimento di opposizione e stabilire se la valutazione negativa datane nell’ambito della decisione impugnata sia stata effettivamente corretta. Nel caso in cui si riscontrasse che le prove erano in realtà sufficienti a dimostrare l’uso del marchio anteriore, il ricorso dell’opponente basato sull’articolo 8, n. 4, RMC dovrebbe essere interamente esaminato nel merito. 12 Nel corso del procedimento di opposizione, l’opponente ha presentato un’ampia documentazione attinente all’utilizzazione del suo marchio nel Regno Unito. Dall’esame di tale documentazione emerge che l’emblema «da Vinci» compare su pubblicità relative all’intermediazione nelle assunzioni di personale nel campo dell’informatica, risalenti al 1983. Assieme all’emblema è generalmente presente la dicitura «Realtime consultants», anche se questa compare talvolta al di sotto, talaltra al di sopra, talaltra ancora al lato dell’emblema. In alcuni casi, l’emblema appare associato ad una dicitura completamente diversa, in altri casi compare da solo. 13 Gli annunci di assunzione, datati 1993 e 1995, sono comparsi su diversi importanti giornali nazionali, tra cui il Guardian, il Telegraph e il Sunday Times. Gli annunci di assunzione, inoltre, dal 1983 all’anno di presentazione della domanda di marchio comunitario, compaiono regolarmente su importanti riviste di informatica come Computer Weekly e Computer Magazine. Il segno figurativo «da Vinci» è presente su questi e su altri materiali prodotti, tra cui gli opuscoli e le fatture della società. Il fatturato relativo alle attività dell’opponente è cresciuto dal milione di sterline del 1985 agli oltre sei milioni di sterline del 1995, l’anno precedente la data di deposito della domanda oggetto dell’opposizione. 14 Nonostante il contrassegno anteriore venga spesso (ma non sempre) accompagnato dalle parole «Real-time consultants», ossia la denominazione della società opponente, la Commissione di ricorso non condivide l’accertamento della divisione Opposizione secondo cui la presenza di questi elementi verbali escluderebbe l’utilizzo autonomo del contrassegno «da Vinci» per i servizi dell’opponente per molti anni. In primo luogo, le parole «realtime consultants» non sono altamente distintive. Esse appaiono più come un modo per descrivere il tipo di attività di cui si occupa l’opponente che come elemento di fantasia di un indicatore di origine. Le parole, quali sono riportate nei documenti prodotti, svolgono sempre un ruolo secondario rispetto all’emblema principale e non sono percepite come parte integrante del medesimo. In secondo luogo, non v’è alcun motivo per il quale un opponente dovrebbe essere penalizzato a causa della presenza della sua denominazione sociale (o di varianti di quest’ultima) in stretta prossimità del rispettivo marchio. Molti marchi, tanto nazionali quanto comunitari, sono costituiti esclusivamente da un emblema. Sarebbe una situazione abnorme, se i titolari di tali marchi dovessero guardarsi da una prassi così logica e comune quale quella di riportare la propria denominazione sociale (o altro materiale puramente esplicativo) in prossimità del proprio logo, poiché così facendo potrebbero provocare future azioni di opposizione – o di annullamento – intese ad inibire qualsiasi utilizzazione del proprio marchio. Pertanto, alla luce di tale ragionamento, la decisione impugnata deve essere annullata con riferimento a tale punto, posto che la Commissione di ricorso ritiene che il marchio sia stato oggetto di un uso effettivo nel Regno Unito, territorio di riferimento. La Commissione è del parere che le prove documentali presentate davanti alla divisione Opposizione nell’ambito del procedimento di opposizione dimostrino che il marchio anteriore era stato effettivamente utilizzato nella normale prassi commerciale. È quindi superfluo prendere in esame il materiale aggiuntivo depositato con la memoria contenente i motivi del ricorso, anche laddove tale materiale fosse ritenuto ammissibile. 15 In forza dell’articolo 62 RMC, la Commissione può sia esercitare le competenze dell’organo che ha emesso la decisione impugnata, sia rinviare l’istanza a detto organo per la prosecuzione del procedimento. Poiché nel caso di specie la Commissione dispone di tutti i fatti, le prove e gli argomenti pertinenti di entrambe le parti, per motivi di economia procedurale essa effettuerà in questa sede una valutazione completa dei motivi di ricorso dedotti alla luce dell’articolo 8, n. 4, RMC. 16 Con riguardo all’articolo 8, n. 4, RMC, è anzitutto necessario esaminare la normativa nazionale vigente in materia di marchi nello Stato membro di circolazione del contrassegno, al fine di stabilire a quali diritti, ove esistenti, tale marchio possa avere titolo. L’unico Stato membro rilevante nel contesto del presente ricorso è il Regno Unito. Il procedimento di opposizione è stato basato sulle prove relative all’uso del marchio in quel paese e sulla normativa che disciplina i marchi non registrati in esso vigente. È pur vero che l’opponente ha fatto riferimento all’uso del proprio marchio in altri paesi dell’Unione europea, ma non ha fatto alcun serio tentativo per dimostrare di aver effettivamente acquisito diritti in tali paesi in forza delle rispettive normative. Pertanto, lo status del marchio va considerato unicamente all’interno del Regno Unito. 17 La Commissione ha già accertato che le prove sono idonee a dimostrare l’uso del marchio anteriore nel Regno Unito. Gli annunci pubblicitari dimostrano inoltre che nel Regno Unito l’opponente ha tre sedi principali: una a Windsor, nel sud dell’Inghilterra, una a Leamington Spa, nei Midlands, e una a Leeds, nel nord dell’Inghilterra. Questi tre uffici hanno un’ubicazione strategica per coprire una parte consistente del Regno Unito. Inoltre, l’opponente ha prodotto un volantino pubblicitario che riporta l’elenco dei suoi principali clienti. Oltre una ventina di tali clienti è costituita da grandi società, case per lo più ben note ai consumatori, come Cadbury-Schweppes, British Nuclear Fuels, GEC. Gli annunci riportanti il marchio pubblicati nei quotidiani nazionali e nelle principali riviste specializzate dimostrano inconfutabilmente che i servizi dell’opponente sono noti ai consumatori di riferimento in ogni parte del paese. È indubbio che l’opponente è collegata a società di alto profilo, molte delle quali multinazionali, il che lascia supporre che la rinomanza dell’opponente sia molto ampia in tutto il settore dell’intermediazione nelle assunzioni di personale, che costituisce il suo principale campo di attività. Per- SOMMARIO tanto, risulta evidente che il marchio ha «portata non puramente locale» ai sensi dell’articolo 8, n. 4, RMC. 18 Per quanto riguarda la normativa nazionale in questione, nel Regno Unito la Section 5(4) del Trade Marks Act (legge relativa ai marchi) del 1994 dispone che un marchio non può essere registrato se la sua utilizzazione può essere impedita, tra l’altro, in forza delle norme relative alla concorrenza sleale per confusione («passing off»). Quest’ultima è una disciplina complessa; tuttavia, riassumendola per sommi capi, occorre che il titolare di un marchio non registrato (in prosieguo: l’«attore»), per prevalere in un’azione di concorrenza sleale per confusione, dimostri che: • all’attività, ai prodotti o ai servizi dell’attore è collegato un valore di avviamento sufficiente; • l’utilizzo effettivo di un marchio da parte del convenuto comporta una falsa dichiarazione nei confronti dei clienti del convenuto; • la falsa dichiarazione arreca o potrebbe verosimilmente arrecare danno alle attività o all’avviamento dell’attore. 19 Se l’opponente è in grado di dimostrare che i tre suddetti presupposti ricorrono, la domanda di registrazione del marchio comunitario deve essere respinta ai sensi dell’articolo 8, n. 4, RMC. 20 Per quanto riguarda la nozione di «passing off» [farsi passare per, spacciarsi come], il primo punto da prendere in considerazione è l’«avviamento» («goodwill»). L’«avviamento» può essere definito come: «… the benefit and advantage of the good name, reputation and connection of a business. It is the driving force which brings in custom.» [… il beneficio e il vantaggio dati dal buon nome, dalla rinomanza e dai collegamenti di un’impresa. È la forza motrice che crea la consuetudine] (citazione attribuita a Lord MacNaughten, v. IRC v Muller & Co’s Margarine Ltd [1901] AC 217 al n. 223). Ciò premesso, e tenuto conto dell’elevato profilo dei clienti dell’opponente [«collegamenti di un’impresa»], della portata delle pubblicità nazionali su importanti quotidiani e settimanali, della genesi e dell’evoluzione commerciale dell’opponente e del suo fatturato [«rinomanza»], la Commissione perviene alla conclusione che l’opponente ha realizzato un valore d’avviamento sostanziale collegato al suo contrassegno presso il pubblico di riferimento nel Regno Unito. 21 Quanto al secondo presupposto del «passing off», ossia la «falsa dichiarazione», questa non deve essere resa necessariamente con dolo. L’unica condizione necessaria è dimostrare che il pubblico di riferimento potrebbe essere indotto in confusione, nel senso che potrebbe confondere i prodotti e i servizi di un operatore con quelli di un altro, a causa della somiglianza dei marchi utilizzati per i prodotti e servizi. In altri termini, la Commissione di ricorso deve valutare il rischio di confusione tra i due marchi. Ai fini dell’esame delle cause relative, e in riferimento all’articolo 8, n. 1, lettera a) o lettera b), RMC, si deve presumere che i criteri adottati nel Regno Unito per valutare se due marchi siano talmente simili da ingenerare confusione non siano sostanzialmente diversi da quelli applicati nell’ambito del diritto comunitario. 22 Sotto tale profilo, la Commissione esclude che sussista effettivamente un rischio di confusione. L’elemento figurativo, l’«uomo vitruviano» di Leonardo da Vinci, è essenzialmente identico nei due contrassegni, a parte qualche lieve differenza relativa alle zone di luce ed ombra e l’inferiore qualità della riproduzione proposta nel marchio anteriore. Ad ogni modo, nel marchio anteriore esso costituisce chiaramente l’elemento dominante, e sebbene la raffigurazione in alcuni documenti presentati subisca lievi alterazioni, essa resta sempre inequivocabilmente riconoscibile come la celebre figura disegnata da Leonardo da Vinci. Come si è in precedenza rilevato, la presenza dell’elemento verbale «real-time consultants» e di menzioni simili, che spesso accompagnano il contrassegno dell’opponente, non sminuisce la somiglianza percepibile tra i marchi. Le parole sono essenzialmente prive di ogni carattere distintivo e si limitano ad enunciare il tipo di attività di cui si occupa l’operatore. Il titolare del contrassegno è un «consultant» [consulente] e la consulenza in questione è condotta in «realtime» [tempo reale], laddove «real time» è definito dal Collins Concise English Dictionary (terza edizione) come «… relating to a data-processing system in which a computer is on-line to a source of data.» [… relativo ad un sistema di elaborazione dati in cui un computer è collegato ad una fonte di dati]. Questo e altri termini simili che accompagnano il marchio nella prassi non sono visti come parti integranti del contrassegno figurativo. Il consumatore di riferimento giungerà alla conclusione che l’elemento figurativo identico nei due marchi rimandi ad una comune origine commerciale. 23 Il terzo ed ultimo presupposto del «passing off» è che tale falsa dichiarazione deve arrecare danno all’opponente. A giudizio della Commissione, è ovvio che se sul mercato vi è una possibilità di confusione tra i marchi, l’opponente rischia di essere danneggiato nei propri interessi commerciali. Tanto per fare un esempio, i consumatori che in precedenza fossero rimasti soddisfatti dei servizi forniti con il contrassegno dell’opponente potrebbero, a causa della confusione tra i due segni, acquistare erroneamente i servizi del richiedente. Ciò, come minimo, comporterebbe una perdita finanziaria per l’opponente. 24 La Commissione è convinta che nel Regno Unito il titolare del marchio anteriore prevarrebbe in un’azione di concorrenza sleale per confusione intentata contro il marchio successivo. Tenendo conto del particolare campo di attività dell’opponente, quale è stato evidenziato nelle prove documentali da essa presentate ed illustrato nell’atto di opposizione, il marchio oggetto della domanda è inidoneo alla registrazione per tutti i prodotti e servizi rivendicati nella domanda, ad eccezione dei seguenti: Classe 9 – Audiocassette; compact disc audio; compact disc video; registratori a nastro magnetico; videonastri; videoregistratori; parti e accessori per tutti i suddetti articoli. SOMMARIO Classe 16 – Libri; stampati; libri di testo; manuali; riviste; pubblicazioni; diapositive; parti e accessori per tutti i suddetti articoli. Classe 41 – Organizzazione e direzione di conferenze e seminari; proiettori cinematografici ed accessori; noleggio di film cinematografici, registrazioni video, registrazioni audio e CD-ROM; organizzazione di esposizioni; produzione di videonastri e nastri audio. Classe 42 – Alloggi temporanei; servizi di catering. Sulle spese 25 Il ricorso dell’opponente va accolto solo in parte. La Commissione ritiene che non tutti i prodotti e servizi rivendicati nella domanda di marchio comunitario vadano esclusi dalla tutela. Pertanto, ai sensi dell’articolo 81, n. 2, RMC riguardante la ripartizione delle spese nei procedimenti di opposizione e di ricorso, le parti dovranno sopportare ciascuna l’onere delle proprie spese. Dispositivo Per questi motivi, la Commissione così decide: 1. La decisione n. 1552/2000 della divisione Opposizione è annullata. 2. L’opposizione è accolta, salvo che per i seguenti prodotti e servizi: 2. Classe 9 – Audiocassette; compact disc audio; compact disc video; registratori a nastro magnetico; videonastri; videoregistratori; parti e accessori per tutti i suddetti articoli. 2. Classe 16 – Libri; stampati; libri di testo; manuali; riviste; pubblicazioni; diapositive; parti e accessori per tutti i suddetti articoli. 2. Classe 41 – Organizzazione e direzione di conferenze e seminari; proiettori cinematografici ed accessori; noleggio di film cinematografici, registrazioni video, registrazioni audio e CD-ROM; organizzazione di esposizioni; produzione di videonastri e nastri audio. 2. Classe 42 – Alloggi temporanei; servizi di catering. 3. Il procedimento è rinviato alla divisione Opposizione per l’ulteriore prosecuzione in riferimento ai prodotti e servizi summenzionati. DECISIONE DELLA PRIMA COMMISSIONE DI RICORSO 3 ottobre 2001 nel procedimento R 661/1999-1 (Lingua del procedimento: spagnolo) Articolo 8, n. 1, lettera b), RMC 4. Il ricorso è respinto per il resto. 5. Le parti sopporteranno ciascuna le proprie spese sostenute nei procedimenti di opposizione e di ricorso. Rischio di confusione – Somiglianza fonetica – Somiglianza concettuale – Somiglianza visiva – Carattere distintivo – Elemento dominante – Elemento comune – Coesistenza di marchi Accordo – Diritti anteriori – Registrazione presso l’Ufficio 1. Il rischio di confusione deve essere oggetto di una valutazione globale della somiglianza visiva, fonetica e concettuale dei marchi. La somiglianza dei marchi e la somiglianza dei prodotti e servizi sono criteri interdipendenti, nel senso che un tenue grado di somiglianza tra i servizi designati può essere compensato da un elevato grado di somiglianza tra i marchi e viceversa. 2. «Colex Data» e «Colex» sono simili dal punto di vista fonetico, concettuale e visivo, in quanto la parola «colex» è presente in entrambi i marchi. Inoltre, la presenza della parola «data» nel marchio dell’opponente non è in contraddizione con tale somiglianza, trattandosi di un termine ricorrente nel settore dell’informatica e dotato di scarso carattere distintivo. Pur essendovi un’allusione al termine «legge» mediante la parola latina «lex», l’elemento distintivo e dominante è il vocabolo «colex». 3. La richiedente asserisce che i marchi in conflitto sono coesistiti in Spagna, circostanza che ridurrebbe al minimo il rischio di confusione. Tuttavia l’opponente ribatte che la coesistenza dei marchi è frutto di un accordo intervenuto tra le parti per evitare il rischio di confusione. La Commissione di ricorso è del parere che, quando esiste un ragionevole dubbio circa l’identità o la somiglianza tra i segni o i prodotti e servizi in questione, occorra attenersi al risultato dell’esame compiuto dall’ufficio nazionale, sempreché quest’ultimo abbia potuto prendere in considerazione tutti gli elementi necessari ai fini della verifica della sussistenza di un rischio di confusione nel territorio nazionale. Poiché l’ufficio spagnolo ha accertato che i due marchi in conflitto erano compatibili tra loro, in quanto la loro SOMMARIO coesistenza non dovrebbe dar luogo ad alcun rischio di confusione nel territorio spagnolo, la Commissione perviene alla conclusione che la decisione della divisione Opposizione va annullata nei limiti in cui essa respinge la domanda di marchio relativamente ai servizi compresi nella classe 41. 4. La richiedente sostiene che, in Spagna, il proprio marchio è anteriore rispetto al marchio opponente. La Commissione ritiene che tale registrazione nazionale anteriore o diritto di preferenza rispetto a marchi successivi non precluda la possibilità di esperire un’opposizione a livello comunitario per il titolare che abbia registrato, sia pure successivamente, il proprio marchio in Spagna. Constitución y Leyes, S.A. Sor Angela de la Cruz nº 6, 6ª planta E-28020 Madrid Spagna richiedente e ricorrente sprudenza e legislazione e di utilizzo di questi dati. — marchio spagnolo COLEX DATA n. 1.970.577, depositato in data 12 giugno 1995 per i seguenti servizi: in riferimento a taluni prodotti e servizi compresi nelle seguenti classi della classificazione di Nizza: Classe 9 – Supporti di registrazione magnetica, in particolare compact disc di sola lettura (CD-ROM), che includono compendi legislativi e giuridici; strumenti informatici e programmi registrati per l’utilizzo di compact disc di sola lettura (CD-ROM). rappresentata da Elzaburu, Calle Miguel Ángel 21, E-28010 Madrid, Spagna Classe 35 – Servizi di registrazione, composizione, compilazione di giurisprudenza e legislazione e di utilizzo di questi dati. contro Classe 41 – Servizi di una casa editrice. Colex Data, S.A. Collado Mediano 9 E-28230 Las Rozas (Madrid) Spagna opponente e resistente 2 La domanda n. 110676 veniva pubblicata in data 20 ottobre 1997 nel Bollettino dei marchi comunitari n. 24/97, pag. 158. rappresentata da Javier Ungría López, Avda. Ramón y Cajal 78, E-28043 Madrid, Spagna avente ad oggetto il ricorso proposto in esito al procedimento di opposizione B 9763 (domanda di marchio comunitario n. 110676) La Prima Commissione di ricorso composta da S. Mandel (presidente), W. Peeters (relatore) e J. L. Soares Curado (membro) cancelliere: E. Gastinel ha adottato la seguente Decisione 3 Il 15 gennaio 1998 l’opponente e resistente (in prosieguo: l’«opponente») presentava opposizione contro la registrazione della domanda di marchio pubblicata. L’opposizione era basata sulle registrazioni relative al seguente marchio denominativo: — marchio spagnolo COLEX DATA n. 1.970.575, depositato in data 12 giugno 1995 per i seguenti prodotti: Classe 9 – Supporti di registrazione magnetica, in particolare compact disc di sola lettura (CD-ROM), che includono compendi legislativi e giuridici; strumenti informatici e programmi registrati per l’utilizzo di compact disc di sola lettura (CD-ROM). Sintesi dei fatti 1 Con domanda presentata in data 1º aprile 1996, la richiedente e ricorrente (in prosieguo: la «richiedente») chiedeva la registrazione del marchio figurativo di seguito riprodotto: — marchio spagnolo COLEX DATA n. 1.970.576, depositato in data 12 giugno 1995 per i seguenti servizi: Classe 35 – Servizi di registrazione, composizione, compilazione di giuri- Classe 42 – Servizi di affitto di tempo di accesso a un database giuridico e legislativo; informazioni giuridiche; servizi di noleggio di programmi per computer e compact disc/memoria di sola lettura (CD-ROM) contenenti raccolte legislative e giuridiche. 4 L’opposizione era basata su tutti i prodotti e servizi tutelati dal marchio dell’opponente ed era rivolta contro tutti i prodotti e servizi rivendicati nella domanda. 5 L’opposizione veniva motivata con la sussistenza di un rischio di confusione ai sensi dell’articolo 8, n. 1, lettera b), del regolamento (CE) del Consiglio 20 dicembre 1993, n. 40/94, sul marchio comunitario (in prosieguo: «RMC») (GUCE L 11 del 1994, pag. 1; GU UAMI n. 1/95, pag. 52). 6 In data 4 agosto 1999, in seguito a uno scambio di comunicazioni scritte, la divisione Opposizione adottava la decisione n. 588/1999 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), con la quale l’opposizione B 9763 veniva accolta integralmente, la registrazione del marchio oggetto della domanda veniva respinta e alla richiedente venivano poste a carico le spese sostenute dall’opponente. 7 Nella decisione impugnata, la divisione Opposizione esponeva i seguenti motivi: — i prodotti rientranti nella classe 9 e i servizi rientranti nella classe 35 tutelati dai marchi in conflitto possono essere considerati identici. I servizi compresi nella classe 42 tutelati dal marchio dell’opponente sono da considerare identici ai «servizi di una casa editrice» di cui alla classe 41 rivendicati nella domanda impugnata, posto che i servizi tutelati dal marchio dell’opponente sono solitamente offerti dalle case editrici. — I marchi in conflitto hanno in comune l’elemento COLEX, il quale costituisce l’elemento dominante e distintivo. Inoltre tale elemento ha ancor maggiore rilevanza in quanto è collocato nella parte iniziale e richiama l’attenzione del pubblico con SOMMARIO maggiore intensità. L’analogia dell’impressione generale suscitata dai marchi a confronto, dovuta all’identità dell’elemento dominante, non viene controbilanciata dalle differenze riscontrabili negli altri elementi, dato lo scarso carattere distintivo posseduto sia dall’elemento DATA nei marchi dell’opponente sia dal disegno poco originale delle frecce contenuto nel marchio richiesto. 8 Il 4 ottobre 1999 la richiedente presentava un ricorso avverso la decisione impugnata, depositando la memoria contenente i relativi motivi il 7 dicembre 1999. 9 L’opponente presentava le proprie osservazioni il 10 febbraio 2000. L’Ufficio spagnolo dei brevetti e dei marchi avrebbe ritenuto compatibili i marchi in conflitto, ragion per cui non dovrebbe sussistere alcun problema affinché l’Ufficio adotti la medesima decisione. — Attualmente i marchi in conflitto coesisterebbero in Spagna, per cui bisognerebbe tenere conto del fatto che, qualora il presente ricorso non fosse accolto, la richiedente potrebbe trasformare la propria domanda di marchio in domanda di marchio nazionale nei restanti paesi dell’Unione europea, eccetto in Spagna dove il marchio è già registrato. — L’Ufficio avrebbe registrato il marchio n. 110700, DATALEX, per le classi 9, 35 e 42 a nome di Constitución y Leyes, S.A. — da un confronto tra i marchi in conflitto emergerebbe che le differenze sarebbero in numero superiore alle analogie. Il marchio dell’opponente sarebbe costituito da due vocaboli, mentre il marchio richiesto sarebbe composto da un elemento verbale e un elemento grafico. L’elemento COLEX, comune ad entrambi i marchi, non avrebbe un valore predominante, poiché nel marchio oggetto della domanda sarebbe situato in basso rispetto al disegno, il quale avrebbe dimensioni doppie rispetto alla parola «colex», mentre nel marchio dell’opponente la parola «colex» non risalterebbe rispetto a «data», essendo entrambe scritte a caratteri della medesima dimensione. — Il termine COLEX sarebbe dotato di scarso carattere distintivo per i prodotti e i servizi a cui è riferito, poiché sarebbe composto dalla sillaba «co», che starebbe per «compilación» [raccolta], e dal termine latino «lex», equivalente a «legge». — Le registrazioni spagnole del marchio misto COLEX sarebbero anteriori alle registrazioni del marchio dell’opponente COLEX DATA. 12 L’opponente ha allegato un documento comprendente una dichiarazione di assenso presentata all’Ufficio spagnolo dei brevetti e dei marchi. Motivazione Conclusioni e argomenti delle parti 10 La richiedente chiede che la decisione impugnata sia annullata e che il marchio oggetto della domanda sia ammesso alla registrazione. I suoi argomenti possono essere riassunti come segue: — La coesistenza dei due marchi sarebbe dovuta a un accordo intervenuto tra le parti, in forza del quale entrambe le imprese si sarebbero impegnate a limitare il proprio campo di attività coperto dai marchi: una avrebbe operato nel settore dell’editoria, l’altra nel settore dell’informatica e dell’elettronica. Tale accordo, e la limitazione del campo di applicazione di ciascun marchio, frutto dell’evoluzione imprenditoriale dei rispettivi titolari dei marchi, avrebbe permesso tale convivenza sul mercato spagnolo. 11 L’opponente conclude per il rigetto del ricorso e la conferma della decisione della divisione Opposizione. I suoi argomenti possono essere riassunti come segue: — i marchi in conflitto sarebbero molto simili sul piano visivo, fonetico e concettuale. La componente fondamentale sulla quale si incentrerebbe la capacità distintiva dei marchi sarebbe il termine COLEX, il quale costituirebbe l’elemento dominante che richiama l’attenzione del consumatore. Il vocabolo DATA nel marchio dell’opponente, rispetto ai prodotti ai quali è applicato il marchio, sarebbe generico e privo di qualsiasi carattere distintivo. — Sarebbe inesatta l’affermazione della richiedente secondo la quale COLEX mancherebbe di carattere distintivo. Il fatto che tale vocabolo sia formato dalle sillabe «co» e «lex» non lo priverebbe di originalità e, inoltre, la loro combinazione darebbe luogo a un termine insolito. — L’argomento relativo al fatto che l’Ufficio avrebbe registrato il marchio DATALEX non potrebbe essere invocato, poiché si tratterebbe di marchi diversi e l’esercizio del diritto di opposizione dipenderebbe dall’acquiescenza dei terzi interessati. Comunque sia, tale argomento avrebbe dovuto essere formulato nell’ambito del procedimento di opposizione. 13 Il ricorso è conforme agli articoli 57, 58 e 59 RMC, nonché alla regola 48 del regolamento (CE) della Commissione 13 dicembre 1995, n. 2868/95, recante modalità di esecuzione del regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio sul marchio comunitario (in prosieguo: «RE») (GUCE L 303 del 1995, pag. 1; GU UAMI n. 2-3/95, pag. 258), ed è pertanto ammissibile. 14 L’articolo 8 RMC, recante la rubrica «Impedimenti relativi alla registrazione», dispone quanto segue: «1. In seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore il marchio richiesto è escluso dalla registrazione: «1. ... «1. b) se a causa dell’identità o della somiglianza di detto marchio col marchio anteriore e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi per i quali i due marchi sono stati richiesti, sussiste un rischio di confusione per il pubblico del territorio nel quale il marchio anteriore è tutelato; il rischio di confusione comprende il rischio di associazione con il marchio anteriore». 15 La questione, nell’ambito del presente ricorso, si profila negli stessi termini in cui si era già prospettata davanti alla divisione Opposizione e consiste nell’accertamento del punto se per il consumatore spagnolo si configuri un SOMMARIO rischio di confusione tra i marchi in conflitto. Cionondimeno, la divisione Opposizione ha eluso l’esame nel merito di due questioni intimamente collegate, che questa Commissione ritiene invece necessario prendere in considerazione, oltre all’esame relativo all’identità o alla somiglianza dei segni e dei prodotti e servizi. 16 Il rischio di confusione deve essere oggetto di una valutazione globale della somiglianza visiva, fonetica e concettuale dei marchi, sulla base dell’impressione complessiva prodotta dai marchi, in considerazione, in particolare, degli elementi distintivi e dominanti dei marchi medesimi (v. sentenza della Corte di giustizia 11 novembre 1997, causa C-251/95, Sabèl BV / Puma AG, GU UAMI n. 1/98, pag.79, punto 23). 17 La somiglianza dei marchi e quella dei prodotti e servizi sono criteri interdipendenti, nel senso che un tenue grado di somiglianza tra i servizi designati può essere compensato da un elevato grado di somiglianza tra i marchi e viceversa (v. sentenza della Corte di giustizia 29 settembre 1998, causa C-39/97, Canon / Metro Goldwyn-Mayer, Racc. pag. I-5507, punto 17). 18 Nel caso di specie, è pacifico tra le parti che i prodotti rientranti nella classe 9 e i servizi rientranti nella classe 35, coperti dai marchi in conflitto, sono identici. 19 Confrontando i marchi in conflitto, Colex Data e Colex, si osserva una spiccata somiglianza sia fonetica sia concettuale, in quanto la parola «colex» è presente in entrambi i marchi e la parola «data» nel marchio dell’opponente non è in contraddizione con tale somiglianza, trattandosi di un termine ricorrente nel settore dell’informatica che stando al Diccionario de Informática (Ediciones Díaz de Santos, S.A. 1993) significa: «datos, información. Información que se ha preparado, frecuentemente, en un formato particular, para un formato particular, para una finalidad específica» [dati, informazione. Informazione che è stata elaborata, con frequenza, in un formato particolare, per un formato particolare, per un fine specifico]. Il vocabolo «data» è dotato quindi di scarso carattere distintivo in relazione ai prodotti e servizi a cui è riferito, il che agli effetti comparativi relega la sua importanza in secondo piano. Pertanto, pur essendovi un’allusio- ne al termine «legge» mediante la parola latina «lex», l’elemento distintivo e dominante è il vocabolo «colex», foneticamente e concettualmente identico al marchio oggetto della domanda. Sul piano visivo, nonostante il marchio della richiedente differisca dal marchio anteriore per un disegno costituito da un rettangolo che al suo interno contiene tre frecce spesse, le due laterali rivolte verso il basso e quella centrale rivolta verso l’alto, ciò non è sufficiente a rendere dissimili i due marchi, considerato che entrambi contengono la parola «colex», che nel marchio della richiedente si presenta come elemento centrale, scritto in caratteri maiuscoli e cubitali. Per questi motivi, la Commissione di ricorso ritiene corretto l’accertamento della divisione Opposizione secondo cui i marchi in conflitto sono simili. 20 A propria difesa la richiedente fa valere, in primo luogo, che i marchi sono coesistiti nel mercato spagnolo e, in secondo luogo, che in Spagna il marchio figurativo oggetto della domanda – Colex – è anteriore al marchio opponente Colex Data, per cui esso dovrebbe essere registrato come marchio comunitario. Da parte sua, l’opponente non contesta i suddetti argomenti, eccetto quelli relativi alla coesistenza, precisando tuttavia che quest’ultima è frutto di un accordo intervenuto tra le parti in forza del quale le imprese si impegnavano a delimitare il proprio settore di attività e ad operare l’una nel campo dell’editoria e l’altra in quello informatico. 21 Per quanto riguarda la prima questione prospettata, è opportuno ricordare che questa stessa Commissione ha avuto modo di pronunciarsi circa l’importanza del fatto che due marchi registrati siano coesistiti in uno stesso territorio (v. decisione 12 settembre 2000, procedimento 415/1999-1 – SHIELD / GOLDSHIELD, punto 22). In tale decisione la Commissione è pervenuta alla conclusione che la coesistenza, pur non rappresentando un elemento decisivo, può costituire un argomento molto convincente, poiché in presenza di determinate circostanze è probabile che sia escluso un rischio di confusione tra i marchi contrapposti registrati in uno stesso territorio. Inoltre, nella decisione 7 marzo 2001, procedimento R 115/1999-2– LOCKETS / ROCKLETS, punti 18 e 19, la Seconda Commissione di ricorso ha dichiarato che, per valutare la fondatezza di un’opposizione presentata presso l’Ufficio comunitario, la coesistenza nel territorio spagnolo dei marchi in conflitto è un fatto di cui bisogna tenere conto, poiché l’ufficio spagnolo esamina d’ufficio – e muovendo dagli stessi criteri che devono essere applicati dall’Ufficio comunitario – le cause relative di rigetto che possono essere fatte valere contro una domanda di marchio. 22 Da quanto si evince dai documenti agli atti, risulta che a livello nazionale l’Ufficio dei brevetti e dei marchi spagnolo ha accertato una somiglianza tra il marchio anteriore Colex e il marchio Colex Data della richiedente ed ha conseguentemente sospeso la richiesta di registrazione. Il marchio oggetto della domanda è stato tuttavia ammesso alla registrazione in considerazione dell’esistenza di un’autorizzazione concessa dalla titolare del marchio anteriore, ai sensi dell’articolo 12, n. 2, della legge spagnola sui marchi, che dispone che: «Sin embargo, podrá registrarse una marca semejante a otra marca o nombre comercial anteriormente solicitado o registrado para productos, servicios o actividades idénticas o similares, cuando el solicitante presente por escrito autorización fehaciente del titular registral anterior y se adopten, si fuere preciso, las medidas necesarias para evitar el riesgo de confusión» [Tuttavia, un marchio simile a un altro marchio o denominazione commerciale oggetto di una domanda o di una registrazione anteriore per prodotti, servizi o attività identici o simili potrà essere registrato qualora il richiedente presenti un’autorizzazione scritta del titolare della registrazione anteriore e vengano adottate, all’occorrenza, le misure necessarie per evitare il rischio di confusione]. 23 La richiedente fa valere che i marchi in conflitto sono coesistiti in Spagna, circostanza che ridurrebbe al minimo il rischio di confusione. L’opponente ribatte tuttavia che la coesistenza dei marchi è frutto di un accordo intervenuto tra le parti per evitare il rischio di confusione, argomento confermato da un’autorizzazione prodotta come prova, contro la quale la richiedente non ha sollevato obiezioni. 24 Dalle informazioni fornite dalle parti risulta che l’ufficio spagnolo ha ritirato la propria obiezione alla registrazione del marchio dell’opponente alla luce di un accordo scritto, concluso tra le parti, in forza del quale una delle due imprese avrebbe limitato la propria at- SOMMARIO tività commerciale al settore dell’editoria e l’altra a quello dell’informatica o dell’elettronica. Tuttavia la Commissione di ricorso rileva come tale diversificazione di attività non sia rispecchiata dall’elenco dei prodotti compresi nella classe 9, né dall’elenco dei servizi compresi nella classe 35. Infatti, l’elenco di tali prodotti e servizi, che non costituisce una mera riproduzione dell’elenco uniforme della classificazione internazionale, è quasi identico. Nonostante i titolari dei marchi in questione siano i primi e i più indicati per poter verificare se la presenza simultanea dei propri marchi sul mercato comporti un rischio concreto di confusione, ciò non toglie che il criterio accolto dall’articolo 8, n. 1, lettera b), RMC sia un criterio oggettivo, che impone all’Ufficio di verificare se sussista un rischio di confusione «per il pubblico» nel territorio di riferimento. Inoltre, per quanto riguarda il marchio oggetto della domanda, l’esame dell’Ufficio può tener conto unicamente degli elementi che sono stati dedotti nella richiesta. Tenuto conto della somiglianza dei segni e dell’identità dei prodotti e servizi compresi, rispettivamente, nelle classi 9 e 35, la Commissione di ricorso non può negare che esiste un rischio di confusione per il consumatore spagnolo in ordine ai suddetti prodotti e servizi. 25 Per contro, la Commissione ritiene che i «servizi di una casa editrice», compresi nella classe 41, da un lato, e i «servizi di affitto di tempo di accesso a un database giuridico e legislativo; informazioni giuridiche; servizi di noleggio di programmi per computer e di compact disc/memoria di sola lettura (CDROM) contenenti raccolte legislative e giuridiche», compresi nella classe 42, dall’altro, non siano identici e che presentino solo una somiglianza parziale o limitata. La Commissione di ricorso è del parere che, quando esiste un ragionevole dubbio circa l’identità o la somiglianza tra i segni o i prodotti e servizi in questione, occorra attenersi al risultato dell’esame compiuto dall’ufficio nazionale, sempreché quest’ultimo abbia potuto prendere in considerazione tutti gli elementi necessari ai fini della verifica della sussistenza di un rischio di confusione nel territorio nazionale. Poiché l’ufficio spagnolo ha accertato che la coesistenza dei due marchi non dovrebbe determinare un rischio di confusione nel territorio spagnolo, la Commissione perviene alla conclusione che la decisione della divisione Opposizione va annullata nei limiti in cui essa respinge la domanda di marchio relativamente ai servizi compresi nella classe 41. tino ciascuna l’onere delle proprie tasse e spese sostenute nell’ambito dei procedimenti di opposizione e di ricorso. 26 Nella seconda questione prospettata in ordine alla registrazione nazionale del proprio marchio, la richiedente sostiene che, in Spagna, tale marchio è anteriore al marchio opponente. Nel caso di specie, tale argomento va disatteso. La Commissione ritiene che tale registrazione nazionale anteriore o diritto di preferenza rispetto a marchi successivi non precluda la possibilità di esperire un’opposizione a livello comunitario per il titolare che abbia registrato, sia pure successivamente, il proprio marchio in Spagna. In tal senso, e nell’ambito di un procedimento di opposizione esperito dinanzi all’Ufficio, occorre attenersi a quanto disposto dall’articolo 8, n. 2, RMC, ai cui termini «si intendono per «marchi anteriori»: i […] marchi la cui data di deposito sia anteriore a quella della domanda di marchio comunitario, tenuto conto, ove occorra, del diritto di priorità invocato per i medesimi». Da tale disposizione discende che, per poter esperire un’opposizione per ottenere il rigetto della domanda di un altro marchio comunitario, occorre che l’opponente abbia ottenuto la registrazione di un marchio nazionale, con tutti i diritti da essa derivanti, e che questa sia anteriore alla domanda di marchio comunitario. Pertanto, la Commissione ritiene che la complessa questione della «anteriorità» prospettata dalla richiedente travalichi l’ambito proprio del procedimento di opposizione ai sensi del regolamento sul marchio comunitario, costituito da un complesso di norme specifiche, per la cui risoluzione, qualora lo reputasse opportuno, occorrerà fare appello alle autorità nazionali competenti. Per questi motivi, la Commissione così decide: 27 Infine, per quanto riguarda l’argomento della richiedente relativo al fatto che l’Ufficio ha registrato il marchio DATALEX, è sufficiente constatare che la Commissione di ricorso non può trarre alcuna conclusione da tale registrazione, salvo il fatto che l’Ufficio non ha respinto il marchio DATALEX per impedimenti assoluti e che non è stata proposta alcuna opposizione da parte di terzi contro la registrazione di quel marchio. Sulle spese 28 Alla luce di quanto disposto dall’articolo 81, n. 2, RMC, la Commissione ritiene equo che le parti soppor- Dispositivo 1. La decisione n. 588/1999 della divisione Opposizione è annullata nella parte in cui respinge la domanda di marchio per i servizi compresi nella classe 41. 2. La decisione n. 588/1999 della divisione Opposizione è confermata per il resto. 3. Ciascuna parte sopporterà l’onere delle spese rispettivamente sostenute nei procedimenti di opposizione e di ricorso. SOMMARIO Corrigendum: Un errore è stato riscontrato nella traduzione francese della decisione della Terza Commissione di ricorso 12 febbraio 2001, procedimento R-251/2000-3 (MYSTERY (marchio figurativo)/Mixery), publicata nella GU UAMI n. 1/2002, pag. 11. Infatti, sia nel primo paragrafo del sunto della decisione (pag. 11) sia nei punti 33-35 (pagg. 31-33) della medesima, il termine «coca» è stato utilizzato in maniera inappropriata. È evidente che occorre sostituire questo termine con l’espressione «boisson à base de cola». SOMMARIO LISTA DE LOS REPRESENTANTES AUTORIZADOS ANTE LA OFICINA DE ARMONIZACIÓN DEL MERCADO INTERIOR (MARCAS, DIBUJOS Y MODELOS) LISTE DER ZUGELASSENEN VERTRETER BEIM HARMONISIERUNGSAMT FÜR DEN BINNENMARKT (MARKEN, MUSTER UND MODELLE) LIST OF PROFESSIONAL REPRESENTATIVES BEFORE THE OFFICE FOR HARMONIZATION IN THE INTERNAL MARKET (TRADE MARKS AND DESIGNS) LISTE DES MANDATAIRES AGRÉÉS AUPRÈS DE L’OFFICE DE L’HARMONISATION DANS LE MARCHÉ INTÉRIEUR (MARQUES, DESSINS ET MODÈLES) ELENCO DEI MANDATARI ABILITATI PRESSO L’UFFICIO PER L’ARMONIZZAZIONE NEL MERCATO INTERNO (MARCHI, DISEGNI E MODELLI) (Véase también las comunicaciones del presidente de la Oficina / Siehe auch die Mitteilungen des Präsidenten des Amtes / See also the communications of the President of the Office / Voir aussi les communications du président de l’Office / Vedi anche le comunicazioni del presidente dell’Ufficio) nº 1/95, DO/ABI./OJ/JO/GU OAMI n° 1/95, p. 16 nº 2/95, DO/ABI./OJ/JO/GU OAMI n° 2-3/95, p. 464 nº 2/96, DO/ABl./OJ/JO/GU OAMI n° 5/96, p. 590 nº 4/96, DO/ABI./OJ/JO/GU OAMI n° 9/96, p.1272 nº 4/97, DO/ABI./OJ/JO/GU OAMI n° 10/97, p.1182 nº 2/99, DO/ABI./OJ/JO/GU OAMI n° 7-8/99, p.1003 Inscripciones / Eintragungen / Entries / Inscriptions / Iscrizioni Deutschland BRINKMANN, Stefan (DE) Kaiser-Friedrich-Ring 70 D-40547 Düsseldorf CREUTZ, Dieter (DE) Markt 5 D-01662 Meißen ECKNER, Klaus Jürgen (DE) Dr. K.-J. Eckner E. Katzner & Kollegen Brückenstr. 14 D-10179 Berlin EIFERT, Werner (DE) Triebelstr. 10 D-06217 Merseburg FISCHBECK, Jörn (DE) Winter, Brandl, Fürniss, Hübner, Röss, Kaiser, Polte Partnerschaft Patent-und Rechtsanwaltskanzlei Bavariaring 10 D-80336 München HANSEN, Norbert (DE) Maiwald Patentanwalts GmbH Elisenstr. 3 D-80335 München HENNINGS, Martin (DE) Fritz-Kühn-Str. 37 b D-12526 Berlin HUWER, Andreas (DE) Grünwälderstr. 10-14 D-79098 Freiburg i. Br. JOST, Ottokarl (DE) Vogelsangstr. 21 D-71093 Weil im Schönbuch LEMKE, Jörg-Michael (DE) Jung-Schirdewahn-Lemke Schmiedstr. 1 Hausen D-86447 Aindling SCHWAN, Ivo (DE) Elfenstr. 32 D-81739 München STEILING, Lothar (DE) Carl-Rumpff-Str. 2 D-51373 Leverkusen THEWS, Gustav (DE) Helmholtzstr. 35 D-68723 Schwetzingen THEWS, Karl (DE) Helmholtzstr. 35 D-68723 Schwetzingen SOMMARIO España GÜELL SERRA, Jordi (ES) Dr. Ing. M. Curell Suñol I.I. S.L. Pº de Gracia, 65 bis E-08008 Barcelona Sverige FALCK, Charlotte (SE) Pharmacia AB S-112 87 Stockholm United Kingdom SYMONS, Rupert Jonathan (GB) Hepworth Lawrence Bryer & Bizley Bloxam Court Corporation Street Rugby CV21 2DU United Kingdom WELLS, Andrew (GB) Wilson Gunn Skerrett Charles House 148/9 Great Charles Street Birmingham B3 3HT United Kingdom WHITE, Duncan Rohan (GB) Edward Evans Barker Clifford’s Inn Fetter Lane London EC4A 1BZ United Kingdom CHAPMAN, Paul Gilmour (GB) 19 Royal Exchange Square Glasgow G1 3AE United Kingdom EVANS, Claire (GB) Edward Evans Barker Clifford’s Inn Fetter Lane London EC4A 1BZ United Kingdom FRANCIS, Tanya Judith (GB) Haseltine Lake Trademarks Redcliff Quay 120 Redcliff Street Bristol BS1 6HU United Kingdom SMYTH, Gyles Darren (GB) Marks & Clerk 57-60 Lincoln’s Inn Fields London WC2A 3LS United Kingdom Benelux EINERHAND, Marcus Peter Wilhelmus (NL) Unipat B.V. Snouchaertlaan 42 Amersfoort Nederland VAN DER LINDEN VAN SPRANKHUIZEN-VAN DE MAST, Judith C.M. (NL) Knijff & Partners P.O. Box 5054 1380 GB Weesp Nederland Modificaciones / Änderungen / Changes / Changements / Modifiche Deutschland BORKOWSKI, Jens (DE) Cohausz Dawidowicz Hannig & Partner Schumannstr. 97-99 D-40237 Düsseldorf BRAUN-DULLAEUS, Karl-Ulrich (DE) Cohausz Dawidowicz Hannig & Partner Schumannstr. 97-98 D-40237 Düsseldorf COHAUSZ, Helge B. (DE) Cohausz Dawidowicz Hannig & Partner Schumannstr. 97-99 D-40237 Düsseldorf GÖBEL, Claus (DE) Cohausz Dawidowicz Hannig & Partner Friedlander Str. 37 D-12489 Berlin HANNIG, Wolf-Dieter (DE) Cohausz Dawidowicz Hannig & Partner Friedlander Str. 37 D-12489 Berlin JORDAN, Volker (DE) Weickmann & Weickmann Kopernikusstr. 9 D-81679 München MÜLLER, Volkmar (DE) Manfred Köhler und Kollegen Könneritzstr. 114 D-04229 Leipzig NAEFE, Jan Robert (DE) Naefe-Oberdorfer-Schmidt Rablstr. 27 D-81669 München SOMMARIO OBERDORFER, Jürgen (DE) Naefe-Oberdorfer-Schmidt Rablstr. 27 D-81669 München PRIEBISCH, Rüdiger (DE) Am Brunnen 30 D-42855 Remscheid REINHOLD, Silke (DE) Friedrich-Ebert-Str. 114 D-59425 Unna SCHMIDT, Axel (DE) Naefe-Oberdorfer-Schmidt Rablstr. 27 D-81669 München SCHROOTEN, Rolf (DE) Cohausz Dawidowicz Hannig & Partner Schumannstr. 97-99 D-40237 Düsseldorf SIECKMANN, Ralf (DE) Cohausz Dawidowicz Hannig & Partner Schumannstr. 97-99 D-40237 Düsseldorf ZINSINGER, Norbert (DE) Merianstr. 26 D-90409 Nürnberg Italia CAZZETTA, Cristina (IT) Porta, Checcacci & Associati Viale Sabotino 19/2 I-20135 Milano United Kingdom BUTLER, David Charles (GB) GlaxoSmithKline. Corporate Intellectual Property. Location CN925.2 980 Great West Road Brentford TW8 9GS United Kingdom COX, Alan Sinclair (GB) GlaxoSmithKline. Corporate Intellectual Property. Location CN925.2 980 Great West Road Brentford TW8 9GS United Kingdom EVANS, Georgina (GB) GlaxoSmithKline. Corporate Intellectual Property. Location CN925.2 980 Great West Road Brentford TW8 9GS United Kingdom McCALLUM, Graeme David (GB) McNeight & Lawrence Regent House Heaton Lane Stockport SK4 1BS United Kingdom (Véase / siehe / see / voir / vedi Benelux) SARRETI, Carol (GB) GlaxoSmithKline. Corporate Intellectual Property. Location CN925.2 980 Great West Road Brentford TW8 9GS United Kingdom Österreich Benelux Nederland GRABHERR, Claudia (AT) Patentanwälte Puchberger, Berger & Partner Reichsratsstr. 13 A-1010 Wien PUCHBERGER, Rolf (AT) Patentanwälte Puchberger, Berger & Partner Reichsratsstr. 13 A-1010 Wien PUCHBERGER, Peter (AT) Patentanwälte Puchberger, Berger & Partner Reichsratsstr. 13 A-1010 Wien KWANT, Louise Inge (NL) Novagraaf Nederland B.V. Hogehilweg 3 1101 CA Amsterdam Nederland LAARMAN, Anne Gertruida Theodora Maria (NL) Bergumlaan 5 6835 JP Arnhem Nederland SOMMARIO Cancelaciones / Löschungen / Deletions / Radiations / Radiazioni Deutschland United Kingdom EICHLER, Peter (DE) Sturies, Eichler, Füssel Lönsstr. 55 D-42289 Wuppertal PERRY, Julie Elizabeth (GB) Elmhurst Brown Hurst Halifax HX2 0TR United Kingdom LIEBAU, Gerhard (DE) Charrier Rapp & Liebau Postfach 31 02 47 D-86063 Augsburg SOMMARIO GIURISPRUDENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE (*) SENTENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA del 23 aprile 2002 nel procedimento C-143/00 (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma dell’art. 234 CE, dalla High Court of Justice (England & Wales), Chancery Division (Regno Unito), nelle cause dinanzi ad esso pendenti tra Boehringer Ingelheim KG, Boehringer Ingelheim Pharma KG e Swingward Ltd, tra Boehringer Ingelheim KG, Boehringer Ingelheim Pharma KG e Dowelhurst Ltd, tra Glaxo Group Ltd e Swingward Ltd, tra Boehringer Ingelheim KG, Boehringer Ingelheim Pharma KG e Dowelhurst Ltd, tra Glaxo Group Ltd , The Wellcome Foundation Ltd e Dowelhurst Ltd, tra SmithKline Beecham plc, Beecham Group plc, SmithKline & French Laboratories Ltd e Dowelhurst Ltd e tra Eli Lilly and Co. e Dowelhurst Ltd, domanda vertente sull’interpretazione dell’art. 7, n. 2, della prima direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU 1989, L 40, pag. 1), come modificata dall’Accordo sullo Spazio economico europeo 2 maggio 1992 (GU 1994, L 1, pag. 3), e degli artt. 28 CE e 30 CE la High Court of Justice (England and Wales), Chancery Division, ha presentato, ai sensi dell’art. 234 CE, otto questioni pregiudiziali vertenti sull’interpretazione dell’ art. 7, n. 2, della prima direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU 1989, L 40, pag. 1), come modificata dall’Accordo sullo Spazio economico europeo 2 maggio 1992 (GU 1994, L 1, pag. 3; in prosieguo: la direttiva), e degli artt. 28 CE e 30 CE. 2 Tali questioni sono state sollevate nell’ambito di controversie tra la Boehringer Ingelheim KG e la Boehringer Ingelheim Pharma KG (in prosieguo, indicate congiuntamente come la «Boehringer»), la Glaxo Group Ltd (in prosieguo: la «Glaxo»), la SmithKline Beecham plc, la Beecham Group plc e la SmithKline & French Laboratories Ltd (in prosieguo, indicate congiuntamente come la «SmithKline»), la The Wellcome Foundation Ltd (in prosieguo: la «Wellcome»), nonché la Eli Lilly and Co. (in prosieguo: la «Ely Lilly»), da una parte, e la Swingward Ltd (in prosieguo: la «Swingward») e la Dowelhurst Ltd (in prosieguo: la «Dowelhurst»), dall’altra, in materia di commercializzazione di medicinali prodotti dalla Boehringer, dalla Glaxo, dalla SmithKline, dalla Wellcome e dalla Eli Lilly e importati parallelamente nel Regno Unito dalla Swingward e dalla Dowelhurst. Diritto comunitario (Marchi - Direttiva 89/104/CEE - Art. 7, n. 2 - Esaurimento del diritto conferito dal marchio - Medicinali - Importazione parallela - Riconfezionamento del prodotto munito del marchio) (Lingua processuale: inglese) 1 Con ordinanza 7 marzo 2000, pervenuta alla Corte il 17 aprile seguente, (*) L’Ufficio pubblica queste sentenze, tratte dai testi che generalmente vengono resi disponibili il giorno stesso della pronunzia, con lo scopo di informarne i lettori. Non si tratta, dunque, di una pubblicazione di carattere ufficiale della Corte di Giustizia. L’unico testo delle sentenze che fa fede è quello pubblicato nella «Raccolta della Giurisprudenza della Corte e del Tribunale di primo grado». 3 Ai sensi dell’art. 28 CE sono vietate fra gli Stati membri le restrizioni quantitative all’importazione nonché qualsiasi misura di effetto equivalente. Tuttavia ai sensi dell’art. 30 CE, i divieti e le restrizioni all’importazione tra gli Stati membri giustificati da motivi di tutela della proprietà industriale e commerciale sono autorizzati purché non costituiscano un mezzo di discriminazione arbitraria, né una restrizione dissimulata al commercio intracomunitario. 4 L’art. 7 della direttiva 89/104, intitolato «Esaurimento del diritto conferito dal marchio di impresa», prevede: «1. Il diritto conferito dal marchio di impresa non permette al titolare dello stesso di vietare l’uso del marchio di impresa per prodotti immessi in com- mercio nella Comunità con detto marchio dal titolare stesso o con il suo consenso. 2. Il paragrafo 1 non si applica quando sussistono motivi legittimi perché il titolare si opponga all’ulteriore commercializzazione dei prodotti, in particolare quando lo stato dei prodotti è modificato o alterato dopo la loro immissione in commercio». 5 In conformità all’art. 65, n. 2, in combinato disposto con l’allegato XVII, punto 4, dell’Accordo sullo Spazio economico europeo, l’art. 7, n. 1, della direttiva 89/104 è stato modificato ai fini di detto Accordo, nel senso che l’espressione «nella Comunità» è stata sostituita dai termini «in una Parte contraente». Controversie nelle cause principali e questioni pregiudiziali 6 Ciascuno dei medicinali oggetto delle cause principali è stato commercializzato con un marchio da una delle attrici nelle cause principali nella Comunità, dove è stato acquistato da una delle convenute nelle cause principali e importato nel Regno Unito. Ai fini di tali importazioni le convenute nelle cause principali hanno modificato in qualche misura la confezione di questi medicinali e i foglietti illustrativi ivi acclusi. 7 Il modo in cui il confezionamento dei vari medicinali interessati è stato modificato varia da un caso all’altro. In alcuni casi un’etichetta contenente talune informazioni importanti, quali il nome dell’importatore parallelo e il suo numero di licenza di importazione parallela è stata apposta sulla confezione d’origine. Su tale confezione rimangono allora visibili diciture in lingua diversa dall’inglese ed il marchio non è coperto. In altri casi, il prodotto è stato riconfezionato in scatole ideate dall’importatore parallelo sulle quali è riprodotto il marchio. In altri casi ancora il prodotto è stato riconfezionato in scatole ideate dall’importatore parallelo che non recano il marchio. In sua vece, sulla scatola è stato indicato il nome generico del prodotto. Il contenitore che si trova all’interno della scatola reca il marchio originale, ma su di esso è stata apposta un’etichetta autoadesiva per indicare la denominazione generica del prodotto nonché il nome del produttore e quello del titolare della licenza di importazione parallela. In tutti questi SOMMARIO casi di riconfezionamento, le scatole contengono un foglietto illustrativo destinato ai pazienti, redatto in lingua inglese e recante il marchio. 8 La Boehringer, la Glaxo, la SmithKline, la Wellcome e la Eli Lilly si oppongono a tali modifiche di confezionamento e fanno valere che queste ultime non sono necessarie perché i medicinali interessati possano essere commercializzati nel Regno Unito. Di conseguenza, secondo la giurisprudenza della Corte, gli importatori paralleli non avrebbero il diritto di apportare tali modifiche. Pertanto, esse hanno proposto alcuni ricorsi innanzi al giudice del rinvio per contraffazione del marchio. 9 Ritenendo che la soluzione delle controversie nelle cause principali dipendesse da una interpretazione del diritto comunitario, la High Court of Justice (England and Wales), Chancery Division, ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali: «1) Se il titolare di un marchio possa far valere i propri diritti derivanti dal marchio per bloccare o ostacolare l’importazione dei propri prodotti da uno Stato membro in un altro, ovvero per opporsi al loro smercio o alla loro promozione successivi quando l’importazione, lo smercio o la promozione non nuocciono, o almeno non nuocciono in modo sostanziale, all’oggetto specifico dei suoi diritti. 2) Se la soluzione della questione sub 1. sia diversa qualora il titolare adduca come motivazione il fatto che l’importatore o il successivo distributore commerciale utilizza il marchio del titolare in maniera tale che, pur non pregiudicandone l’oggetto specifico, non sia necessaria. 3) Qualora un importatore di prodotti del titolare o un operatore commerciale che distribuisca tali prodotti importati debba dimostrare che il suo uso del marchio del titolare è necessario, se tale condizione sia soddisfatta se egli dimostra che l’uso del marchio è ragionevolmente richiesto per consentirgli di accedere a) solo a parte del mercato di tali prodotti, o b) all’intero mercato dei medesimi, ovvero se si richieda che l’uso del marchio fosse indispensabile per consentire la messa in commercio dei prodotti e, se nessuna delle precedenti soluzioni è valida, quale sia il significato del termine necessario. 4) Qualora il titolare del marchio sia legittimato, prima facie, a far valere i propri diritti derivanti dal marchio nazionale contro qualsiasi uso del proprio marchio su prodotti o in relazione a prodotti per i quali tale uso non è necessario, se l’esercizio di tale diritto allo scopo di ostacolare o escludere importazioni parallele dei propri prodotti che non minacciano l’oggetto specifico o la funzione essenziale del marchio costituisca un comportamento abusivo e una restrizione dissimulata al commercio ai sensi dell’art. 30, seconda frase, CE. 5) Se un importatore o un operatore che distribuisca prodotti importati, qualora intenda utilizzare il marchio del titolare sui prodotti o in relazione ai prodotti in questione, e tale uso non sia effettivamente né potenzialmente pregiudizievole per l’oggetto specifico del marchio, debba comunque previamente informare il titolare del marchio della sua intenzione di fare uso di questo. 6) In caso di soluzione affermativa della precedente questione, se ciò significhi che l’omissione di detto preavviso da parte dell’importatore o del distributore commerciale ha l’effetto di legittimare il titolare a limitare od impedire l’importazione o l’ulteriore commercializzazione dei prodotti di cui trattasi, anche qualora tale importazione o ulteriore commercializzazione non pregiudichi l’oggetto specifico del marchio. 7) Nel caso in cui un importatore o un operatore che distribuisca prodotti importati debba informare preventivamente il titolare del marchio in relazione ad usi del medesimo che non ne pregiudicano l’oggetto specifico, a) se tale presupposto valga per tutti i casi del genere di uso del marchio, ivi compresi la pubblicità, la rietichettatura e il riconfezionamento, ovvero, se valga solo per alcuni usi, per quali, b) se l’importatore o il distributore commerciale sia tenuto ad avvertire il titolare o se sia sufficiente che quest’ultimo riceva tale preavviso, c) quale debba essere la portata del preavviso. 8) Se un organo giurisdizionale nazionale di uno Stato membro sia legittimato, su istanza del titolare dei diritti di marchio, ad emettere provvedimenti ingiuntivi, a condannare ad un risarcimento danni o alla consegna di prodotti e ad emanare altri provvedimenti in relazione a prodotti importati, al loro confezionamento o alla loro pubblicità, qualora l’emissione di siffatti provvedimenti a) blocchi o ostacoli la libera circolazione di merci messe in commercio all’interno della Comunità dal titolare o con il suo consenso, b) non abbia però lo scopo di evitare un pregiudizio allo specifico oggetto dei diritti e non contribuisca ad evitare siffatto pregiudizio». Osservazioni preliminari 10 Con le sue questioni, il giudice del rinvio mira ad ottenere precisazioni per quanto riguarda taluni aspetti della giurisprudenza della Corte relativa al riconfezionamento di medicinali muniti di marchio, effettuato da importatori paralleli senza l’autorizzazione del titolare del marchio. 11 Di conseguenza si debbono ricordare gli elementi essenziali di tale giurisprudenza. 12 Innanzi tutto occorre ricordare che dalla giurisprudenza della Corte, in particolare dalla sentenza 23 maggio 1978, causa 102/77, Hoffmann - La Roche (Racc. pag. 1139, punti 6 e 7), risulta quanto segue: — l’art. 30 CE ammette deroghe al principio fondamentale della libera circolazione delle merci tra gli Stati membri solo nella misura in cui esse appaiano indispensabili per la tutela dei diritti che costituiscono oggetto specifico della proprietà industriale interessata; — in tale contesto, occorre tener conto della funzione essenziale del marchio, che consiste nel garantire al consumatore o all’utilizzatore finale la provenienza del prodotto contrassegnato, consentendogli di distinguere senza alcuna possibilità di confusione tale prodotto da quelli di diversa provenienza; — tale garanzia implica per il consumatore o per l’utilizzatore finale la certezza che il prodotto contrassegnato non ha subito in una precedente fase della distribuzione alcun intervento da parte di un terzo, senza autorizzazione del titolare del marchio, che ne abbia alterato lo stato originario. 13 Pertanto, la facoltà, attribuita al titolare di un marchio, di opporsi a qualsiasi uso di questo tale da falsare la garanzia di provenienza, intesa nel senso SOMMARIO sopra descritto, rientra nell’oggetto specifico del diritto al marchio e, di conseguenza, è giustificato, in base all’art. 30, prima frase, CE, riconoscere al titolare del marchio il diritto di opporsi a che l’importatore di un prodotto di marca, dopo aver riconfezionato la merce, apponga il marchio, senza autorizzazione del titolare, sul nuovo imballaggio (sentenza Hoffmann - La Roche, citata, punti 7 e 8). 14 Dal punto 14 della sentenza Hoffmann - La Roche, citata, risulta che è giustificata, ai sensi dell’art. 30, prima frase, CE, l’opposizione, da parte del titolare di un diritto al marchio tutelato contemporaneamente in due Stati membri, a che un prodotto, legittimamente contrassegnato con il suo marchio in uno di tali Stati, sia messo in commercio nell’altro Stato membro dopo essere stato riconfezionato in un nuovo imballaggio sul quale un terzo ha apposto lo stesso marchio. Ne risulta altresì che una tale opposizione costituisce tuttavia restrizione dissimulata del commercio fra gli Stati membri ai sensi dell’art. 30, seconda frase, CE, qualora: — sia provato che l’esercizio del diritto al marchio da parte del titolare, tenuto conto del sistema di distribuzione da questo adottato, contribuirebbe ad isolare artificiosamente i mercati nazionali nell’ambito della Comunità; — sia dimostrato che il riconfezionamento non può alterare lo stato originario del prodotto; — il titolare del marchio venga previamente informato della messa in vendita del prodotto riconfezionato; — sul nuovo imballaggio sia precisato da chi è stato effettuato il riconfezionamento. 15 Inoltre, in sentenze successive alla sentenza Hoffmann - La Roche citata, in particolare nelle sentenze 11 luglio 1996, cause riunite C-427/93, C-429/93 e C-436/93, Bristol-Myers Squibb e a. (Racc. pag. I-3457), e 12 ottobre 1999, causa C-379/97, Upjohn (Racc. pag. I6927), la Corte ha precisato gli elementi che possono configurare un caso di isolamento artificioso dei mercati tra Stati membri. Dev’essere considerata tale, a determinate condizioni, l’opposizione del titolare di un marchio al riconfezionamento dei medicinali quan- do quest’ultimo sia necessario perché il prodotto importato parallelamente possa essere commercializzato nello Stato importatore. 16 In tale giurisprudenza, la Corte ha anche esposto e precisato le altre condizioni che l’importatore parallelo deve rispettare per poter effettuare un riconfezionamento dei medicinali muniti di marchio. Essa ha in particolare affermato che la presentazione del prodotto riconfezionato non doveva essere tale da nuocere alla reputazione del marchio. 17 Infine, occorre ricordare che, prima dell’adozione della direttiva, la giurisprudenza della Corte relativa a questa problematica era stata formulata nell’ambito delle disposizioni del Trattato CEE relative al commercio intracomunitario. A seguito dell’adozione di tale direttiva, che disciplina in modo completo, all’art. 7, la questione dell’esaurimento del diritto di marchio per quanto riguarda i prodotti messi in commercio nella Comunità, la Corte ha affermato che le norme nazionali in materia dovevano essere valutate con riguardo alla detta disposizione (v. sentenza Bristol - Myers Squibb e a., citata, punto 26). 18 Tuttavia, l’art. 7 della direttiva, al pari dell’art. 30 CE, mira, in particolare, a conciliare gli interessi fondamentali attinenti alla tutela dei diritti di marchio e quelli relativi alla libera circolazione delle merci tra gli Stati membri, cosicché tali due norme, che perseguono lo stesso risultato, devono essere interpretate in modo identico. Pertanto, per stabilire se, in forza dell’art. 7, n. 2, della direttiva, il titolare di un marchio possa opporsi allo smercio di prodotti riconfezionati sui quali è stato riapposto il marchio, occorre basarsi sulla giurisprudenza della Corte riguardante l’art. 36 del trattato CEE (divenuto art. 36 del trattato CE, a sua volta divenuto, in seguito a modifica, art. 30 CE) (v. sentenza Bristol-Myers Squibb e a., citata, punti 40 e 41). Sull’oggetto specifico del marchio 19 Con le sue questioni prima, seconda, quarta e ottava, il giudice del rinvio mira ad ottenere precisazioni sulla nozione di oggetto specifico del marchio quale utilizzata dalla giurisprudenza della Corte per determinare a quali condizioni il titolare di un marchio possa far valere i suoi diritti di marchio per impedire ad un importatore parallelo di procedere a riconfezionamenti di medicinali. 20 Il giudice del rinvio si chiede in particolare se è possibile, così come è stato fatto da taluni giudici in altri Stati membri, ritenere che il riconfezionamento pregiudichi l’oggetto specifico del marchio ai sensi della giurisprudenza della Corte, di modo che il titolare del marchio possa opporsi, in linea di principio, ad un riconfezionamento, anche se concretamente tale riconfezionamento non costituisca una minaccia per gli interessi del titolare. Secondo tale giudice, i riconfezionamenti contestati innanzi ad esso riguardano merci autentiche commercializzate con il consenso del titolare e non arrecano pregiudizio allo stato originario dei medicinali, alla loro reputazione o alle funzioni essenziali del marchio. Esso solleva la questione se in casi in cui il marchio non sia utilizzato in maniera tale da fuorviare i consumatori per quanto riguarda la provenienza e la qualità delle merci, tali riconfezionamenti debbano essere autorizzati anche se non venga dimostrato che un riconfezionamento sia necessario per permettere all’importatore parallelo un accesso effettivo al mercato. Osservazioni presentate alla Corte 21 La Boehringer sostiene che il titolare di un marchio può sempre opporsi legittimamente alla ulteriore commercializzazione di un medicinale quando l’importatore parallelo abbia riconfezionato il prodotto e utilizzato il marchio sul prodotto o in relazione ad esso o quando abbia pregiudicato i diritti di marchio del titolare in qualsiasi altro modo, a meno che tale pregiudizio non sia essenziale, nelle circostanze sussistenti al momento della commercializzazione nello Stato membro d’importazione, perché il prodotto sia commercializzato in tale Stato dall’importatore e il detto pregiudizio non leda il meno possibile i diritti del titolare del marchio. 22 La Glaxo fa valere che il riconfezionamento dei prodotti del titolare del marchio senza il suo consenso arreca pregiudizio all’oggetto specifico del marchio. Un siffatto comportamento sarebbe di per sé, passibile di sanzione in forza di un’azione di contraffazione SOMMARIO del marchio, salvo solo il caso in cui siano soddisfatte le quattro condizioni stabilite dalla giurisprudenza della Corte e ricordate al punto 14 della presente sentenza. Non sarebbe necessario fornire in aggiunta la prova del carattere pregiudizievole del riconfezionamento o di un pregiudizio all’oggetto specifico del marchio. 23 La SmithKline sostiene che, secondo l’ordinanza di rinvio, spetta al titolare di un marchio dimostrare un «danno» supplementare al fine di impedire l’importazione parallela di merci recanti tale marchio. Essa fa valere che tale approccio è erroneo alla luce della giurisprudenza della Corte in materia. 24 La Swingward e la Dowelhurst sostengono che dalla giurisprudenza della Corte emerge che un diritto di marchio può essere fatto valere solo nel caso di un danno determinato e concreto arrecato all’oggetto specifico del marchio. 25 Il governo tedesco fa valere che dalla giurisprudenza della Corte risulta che il riconfezionamento o la rietichettatura di prodotti può ledere i diritti del titolare di un marchio, compresi quelli che costituiscono l’oggetto specifico del marchio, e che non occorre discostarsi da tale giurisprudenza consolidata. 26 Il governo norvegese sostiene che il disposto dell’art. 30 CE si basa sulla premessa secondo cui le restrizioni all’importazione sono giustificate solo qualora sia minacciatala proprietà industriale e commerciale. Dalla giurisprudenza della Corte non si può dedurre che il titolare di un marchio possa opporsi all’importazione di prodotti riconfezionati che non alterano lo stato originale del prodotto e non nuocciono alla reputazione del marchio o del suo titolare. 27 La Commissione fa valere che la questione essenziale è se l’esigenza della necessità debba unirsi alle condizioni relative alla tutela dell’oggetto specifico di un marchio. La sentenza BristolMyers Squibb e a. non sarebbe del tutto univoca a tale proposito. Tuttavia se la Corte avesse voluto modificare la natura dell’elenco delle condizioni stabilite nella sentenza Hoffmann-La Roche, citata, collocandone alcune in subordine, avrebbe potuto benissimo farlo. La Commissione ritiene pertanto che l’esigenza della «necessità» si aggiunga ai criteri relativi alla tutela dell’oggetto specifico del marchio. Giudizio della Corte 28 Occorre ricordare che, se si può derogare al principio fondamentale della libera circolazione delle merci nel caso in cui il titolare di un marchio si opponga sulla base di quest’ultimo al riconfezionamento dei medicinali importati parallelamente, ciò accade nei limiti in cui tale facoltà permetta al titolare di salvaguardare diritti che rientrano nell’oggetto specifico del marchio, inteso alla luce della funzione essenziale di quest’ultimo. 29 Non viene contestato che l’oggetto specifico del marchio sia quello di assicurare la garanzia di provenienza del prodotto munito di tale marchio e che un riconfezionamento di tale prodotto operato da un terzo senza l’autorizzazione del titolare possa creare rischi reali per questa garanzia di provenienza. 30 Così, ai punti 7 e 8 della sentenza Hoffmann - La Roche, citata, la Corte ha considerato che il diritto del titolare di opporsi al riconfezionamento dei medicinali muniti del suo marchio rientra, alla luce di tale rischio per la garanzia di provenienza, nell’oggetto specifico del marchio. Secondo tale giurisprudenza, è il riconfezionamento dei medicinali muniti del marchio in quanto tale che pregiudica l’oggetto specifico del marchio, senza che occorra valutare in questo contesto quali siano gli effetti concreti del riconfezionamento operato dall’importatore parallelo. modo tale che i legittimi interessi del titolare vengano rispettati, il che implica in particolare che il riconfezionamento non alteri lo stato originario del medicinale o non sia tale da nuocere alla reputazione del marchio. 33 Orbene, come è stato ricordato al punto 15 della presente sentenza, la Corte ha dichiarato che deve ritenersi che contribuisca ad un isolamento artificioso dei mercati tra gli Stati membri l’opposizione del titolare di un marchio al riconfezionamento dei medicinali qualora quest’ultimo sia necessario perché il prodotto importato parallelamente possa essere commercializzato nello Stato importatore. 34 Emerge così da una giurisprudenza consolidata che la modifica - che qualsiasi riconfezionamento di un medicinale munito di marchio implica - creando per la sua stessa natura il rischio di un’alterazione dello stato originario del medicinale può essere vietata dal titolare del marchio, a meno che il riconfezionamento non sia necessario per permettere la commercializzazione dei prodotti importati parallelamente e i legittimi interessi del titolare non siano per il resto salvaguardati (v. in tal senso, sentenza Bristol - Myers Squibb e a., citata, punto 57). 35 Occorre quindi risolvere la prima, la seconda, la quarta e l’ottava questione dichiarando che l’art. 7, n. 2, della direttiva dev’essere interpretato nel senso che il titolare di un marchio può far valere il suo diritto di marchio al fine di impedire ad un importatore parallelo di procedere a riconfezionamenti di medicinali, a meno che l’esercizio di questo diritto non contribuisca ad isolare artificiosamente i mercati tra gli Stati membri. Sulla necessità del riconfezionamento 31 Tuttavia, dal punto 9 della sentenza Hoffmann - La Roche, citata, si desume che la deroga alla libera circolazione delle merci che è la conseguenza dell’opposizione del titolare del marchio al riconfezionamento non può essere ammessa ove l’esercizio di tale diritto da parte del titolare costituisca una restrizione dissimulata al commercio tra gli Stati membri ai sensi dell’art. 30, seconda frase, CE. 32 Costituisce una siffatta restrizione dissimulata ai sensi di tale disposizione l’esercizio, da parte del titolare di un marchio, del suo diritto di opporsi al riconfezionamento se tale esercizio contribuisce a isolare artificiosamente i mercati tra gli Stati membri e se, d’altro canto, il riconfezionamento avviene in 36 Con la sua terza questione, il giudice del rinvio chiede alla Corte a quali condizioni il riconfezionamento operato da un importatore parallelo al fine di commercializzare medicinali nel mercato dello Stato di importazione possa essere considerato necessario, ai sensi della giurisprudenza della Corte. Più in particolare, esso intende stabilire se il riconfezionamento possa essere considerato necessario per il solo motivo che, senza quest’ultimo, il successo commerciale del medicinale sarebbe pregiudicato nel mercato dello Stato importatore per l’atteggiamento di diffidenza di una parte non trascurabile dei consumatori di tale Stato nei confronti di medicinali manifestamente destinati al mercato di un altro Stato. SOMMARIO 37 Il giudice del rinvio ritiene che il riconfezionamento dovrebbe essere considerato necessario quando permette di superare un ostacolo reale o potenziale alla commercializzazione dei medicinali. Tale questione sarebbe importante in quanto le attrici nelle cause principali fanno valere che i riconfezionamenti operati da importatori paralleli e consistenti nel sostituire le confezioni di medicinali non sono necessari tenuto conto del fatto che la commercializzazione sarebbe possibile sul mercato con una semplice rietichettatura dei prodotti. Orbene, secondo il giudice del rinvio, vi è una resistenza significativa da parte del mercato nei confronti delle rietichettature e la sostituzione delle confezioni è necessaria per vincere tale resistenza. Osservazioni presentate alla Corte 38 La Boehringer fa valere che un pregiudizio al diritto di marchio del titolare è necessario solo se, in mancanza di esso, la normativa e le prassi in vigore nello Stato d’importazione impediscono all’importatore di vendere il prodotto in tale Stato. Il titolare di un marchio potrebbe dunque legittimamente opporsi ad un riconfezionamento dettato dalla preferenza del consumatore di tale Stato per una determinata presentazione del prodotto, qualora la normativa e le prassi dello Stato d’importazione permettano la sua commercializzazione senza un pregiudizio del genere. 39 La Glaxo sostiene che la Corte ha inteso distinguere tra i riconfezionamenti necessari perché i prodotti possano essere messi in commercio e quelli che servono a massimizzare l’accettazione del prodotto da parte del mercato. Essa colloca nella seconda categoria le modifiche dirette a permettere agli importatori paralleli di aumentare i loro prezzi, a rendere più attraenti i prodotti agli occhi dei consumatori o ad aumentare le vendite. Qualora non sia dimostrato che il riconfezionamento è necessario per vendere il prodotto nello Stato membro importatore, l’opposizione del titolare al riconfezionamento non costituirebbe un isolamento artificioso del mercato. Il principio della libera circolazione sarebbe rispettato dato che l’importatore può riconfezionare il prodotto se ciò è necessario per commercializzarlo. 40 La SmithKline fa valere che per riconfezionamento «necessario» va inteso quello senza il quale il prodotto non potrebbe essere immesso sul mercato. Superare la reticenza dei consumatori nei confronti dei prodotti recanti un’etichetta non costituirebbe un legittimo motivo di riconfezionamento. 41 La Swingard e la Dowelhurst distinguono un solo caso in cui il riconfezionamento non può essere considerato necessario, cioè il caso in cui quest’ultimo si spieghi solamente con la preoccupazione dell’importatore parallelo di procurarsi un vantaggio commerciale ai sensi della citata sentenza Upjohn, vale a dire un vantaggio commerciale ingiusto o abusivo. 42 Il governo tedesco fa valere che la Corte ha chiaramente indicato le circostanze in cui il riconfezionamento di medicinali di marca è lecito, facendo riferimento alla nozione di necessità. Meri vantaggi economici, come l’aumento delle vendite, non sarebbero sufficienti perché il riconfezionamento sia giudicato necessario. Non vi sarebbe dunque, ad esempio, alcuna necessità oggettiva di riconfezionare il prodotto qualora l’apposizione di etichette o l’impiego di imballaggi esteri siano poco apprezzati. Tuttavia, ove le caratteristiche del mercato rendano nettamente più difficile la vendita del prodotto che non ha subito alcun riconfezionamento, quest’ultimo dovrebbe essere considerato necessario. 43 Il governo norvegese sostiene che nessuna condizione di necessità è desumibile dalla giurisprudenza della Corte. Se tuttavia una tale condizione dovesse esistere, essa dovrebbe essere considerata soddisfatta qualora l’importatore parallelo ritenga che il riconfezionamento sia necessario per vendere il prodotto. 44 La Commissione ritiene che la reticenza dei consumatori non crei una «necessità» ai sensi della giurisprudenza della Corte, a meno che non sia tale da poter essere superata attraverso prezzi più bassi e una maggiore informazione. Giudizio della Corte 45 Secondo la giurisprudenza della Corte, il titolare di un marchio che faccia valere i suoi diritti di marchio al fine di impedire ad un importatore parallelo di procedere ad un riconfezionamento necessario alla commercializzazione dei medicinali interessati nello Stato d’importazione contribuisce ad un isolamento artificioso dei mercati tra Stati membri, contrario al diritto comunitario. 46 La Corte ha dichiarato a tale proposito che occorre tener conto delle circostanze sussistenti al momento della commercializzazione nello Stato membro importatore che rendono oggettivamente necessario il riconfezionamento perché il medicinale possa essere commercializzato in tale Stato dall’importatore parallelo. L’opposizione del titolare di un marchio al riconfezionamento non è giustificata qualora ostacoli l’accesso effettivo del prodotto importato al mercato di tale Stato (v., in tal senso, sentenza Upjohn, citata, punto 43). 47 Un ostacolo del genere sussiste, ad esempio, quando medicinali acquistati dall’importatore parallelo non possono essere commercializzati nello Stato membro importatore nella loro confezione originaria a causa di normative o di prassi nazionali relative al confezionamento, di norme in materia di assicurazione contro le malattie che subordinano ad un determinato confezionamento il rimborso delle spese mediche o di consolidate prassi in materia di prescrizioni mediche che si basano, fra l’altro, su norme dimensionali raccomandate da associazioni di categoria e dagli enti di assicurazione contro le malattie. A tale riguardo, è sufficiente che l’ostacolo sussista per uno dei confezionamenti utilizzati dal titolare di un marchio nello Stato membro importatore (v. sentenza Bristol-Myers Squibb e a., citata, punti 53 e 54). 48 Per contro, il titolare di un marchio può opporsi al riconfezionamento se esso è esclusivamente motivato dalla ricerca di un vantaggio commerciale per l’importatore parallelo (v., in tal senso, sentenza Upjohn, citata, punto 44). 49 In tale contesto, è stato altresì constatato che il titolare di un marchio può opporsi al riconfezionamento mediante sostituzione della confezione quando l’importatore parallelo è in grado di riutilizzare la confezione d’origine per una commercializzazione nello Stato membro d’importazione apponendo etichette su tale confezione (v. sentenza Bristol - Myers Squibb e a., citata, punto 55). 50 Così, il titolare di un marchio può opporsi a che l’importatore parallelo proceda al riconfezionamento mediante la sostituzione della confezione solo a condizione che il medicinale rietichettato possa effettivamente accedere al mercato interessato. 51 Le reticenze nei confronti dei medicinali rietichettati non costituiscono SOMMARIO sempre ostacoli all’effettivo accesso al mercato tali da rendere necessario, ai sensi della giurisprudenza della Corte, un riconfezionamento mediante sostituzione delle confezioni. 52 Tuttavia, su un mercato o su una parte rilevante dello stesso può esservi, da parte di una percentuale significativa di consumatori, una resistenza così forte nei confronti dei medicinali rietichettati che l’accesso effettivo al mercato debba considerarsi ostacolato. Di conseguenza, il riconfezionamento dei medicinali non si spiegherebbe esclusivamente con la ricerca di un vantaggio commerciale, ma mirerebbe a conseguire un accesso effettivo al mercato. 53 Spetta al giudice nazionale valutare se ciò avvenga nel caso di specie. 54 Occorre dunque risolvere la terza questione pregiudiziale nel senso che un riconfezionamento di medicinali mediante sostituzione delle confezioni è oggettivamente necessario ai sensi della giurisprudenza della Corte se, senza quest’ultimo, l’accesso effettivo al mercato interessato o ad una parte rilevante del detto mercato debba considerarsi ostacolato a seguito di una forte resistenza da parte di una percentuale significativa di consumatori nei confronti dei medicinali rietichettati. Sul preavviso nei confronti del titolare del marchio 55 Con le sue questioni dalla quinta alla settima, il giudice del rinvio mira ad ottenere precisazioni per quanto riguarda la condizione secondo cui l’importatore parallelo deve previamente informare il titolare del marchio della messa in vendita del prodotto riconfezionato. Esso cerca in particolare di accertare se, qualora un riconfezionamento previsto non pregiudichi nella fattispecie l’oggetto specifico del marchio, un preavviso sia nondimeno necessario, se l’importatore debba darlo direttamente o se sia sufficiente che il titolare del marchio lo riceva da un’altra fonte, entro quali termini esso debba essere dato e quale sia la conseguenza di un mancato preavviso. Osservazioni presentate alla Corte 56 La Boehringer sostiene che non vi è alcuna ragione valida per ritornare sull’obbligo di preavviso sancito dalla Corte. Tale obbligo non imporrebbe un onere irragionevole all’importatore parallelo, non ostacolerebbe la libera circolazione delle merci, non ritarderebbe la commercializzazione dei prodotti importati e non renderebbe sensibilmente più difficile tale commercializzazione. Poiché tale obbligo non dipenderebbe da un’utilizzazione del marchio arrecante pregiudizio all’oggetto specifico di quest’ultimo, il titolare potrebbe opporsi a qualsiasi utilizzazione del suo marchio da parte di un importatore parallelo, a meno che quest’ultimo non l’abbia informato. 57 Secondo la Glaxo, l’obbligo di preavviso non è oneroso ed è ragionevole. Esso dovrebbe essere applicato conformemente ai principi sanciti nella sentenza Hoffmann - La Roche, citata, e applicati costantemente dalla Corte. L’importatore parallelo dovrebbe informare egli stesso il titolare prima della commercializzazione, entro un termine ragionevole che permetta la presa in considerazione di obiezioni. L’importatore parallelo dovrebbe essere sanzionato in caso di mancato preavviso poiché altrimenti egli non sarebbe incentivato a rispettare tale obbligo. Un termine di 28 giorni sarebbe ragionevole. 58 La Swingward e la Dowelhurst sostengono che dalla giurisprudenza della Corte discende che l’obbligo, imposto all’importatore, di informare il titolare è un obbligo procedurale destinato a mettere quest’ultimo in condizione di salvaguardare i suoi diritti. Quando non vi sia pregiudizio nei confronti dell’oggetto specifico del marchio, il mancato preavviso non causerebbe alcun danno al titolare. Di conseguenza, non sarebbe conforme al principio di proporzionalità che un mancato preavviso trasformi il legittimo uso del marchio in un pregiudizio al diritto di marchio. La Swingward e la Dowelhurst ritengono ragionevole un termine di due giorni prima dell’immissione sul mercato del prodotto riconfezionato. Esse sostengono inoltre che l’obbligo di preavviso è rispettato quando il titolare riceve il preavviso, a prescindere dal fatto che quest’ultimo sia stato spedito dall’importatore o da un terzo. Infatti, poiché le autorità del Regno Unito incaricate del controllo dei medicinali avvisano il titolare quando accordano una licenza di importazione parallela, il titolare sarebbe sufficientemente informato delle importazioni parallele progettate. 59 Il governo tedesco fa valere che, se il titolare di un marchio non ha ricevu- to informazioni sufficienti sul tipo di riconfezionamento progettato prima dell’immissione sul mercato dei prodotti riconfezionati, entro un termine che gli permetta di verificare il rispetto delle condizioni di riconfezionamento sancite dalla Corte, è giustificato impedire all’importatore di far valere l’esaurimento del diritto di marchio. Il preavviso dovrebbe provenire dall’importatore parallelo. 60 La Commissione sostiene che dalla giurisprudenza della Corte emerge che il titolare di un marchio può opporsi ad una commercializzazione da parte di un importatore parallelo se non è stato previamente informato dell’utilizzazione del suo marchio. Il termine di preavviso dovrebbe permettere al titolare di avere ragionevolmente modo di procedere al necessario esame e di determinare se egli debba o no sollevare obiezioni. Esso sarebbe più lungo se l’importatore parallelo scegliesse di inviare un preavviso senza spedire contemporaneamente un campione. In questo caso, un periodo supplementare dovrebbe permettere al titolare di esigere e di ricevere un campione. Giudizio della Corte 61 Occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza della Corte, l’importatore parallelo che riconfeziona un medicinale munito di marchio deve previamente informare il titolare del marchio della messa in vendita del medicinale riconfezionato (v. sentenza Hoffmann - La Roche, citata, punto 12). Egli è tenuto, inoltre, su richiesta del titolaredel marchio, a fornire un campione di tale prodotto riconfezionato prima di metterlo in commercio. Quest’ultima condizione permette al titolare di accertare che il riconfezionamento non è stato effettuato in modo da alterare direttamente o indirettamente lo stato originario del prodotto e che la presentazione del prodotto a seguito del riconfezionamento non è atta a nuocere alla reputazione del marchio. Essa consente altresì al titolare del marchio di tutelarsi meglio contro le attività dei contraffattori (v. sentenza Bristol Myers Squibb e a., citata, punto 78). 62 Le condizioni ricordate al punto precedente mirano a salvaguardare i legittimi interessi dei titolari del marchio. Come rilevato dalle attrici nelle cause principali, il rispetto di tali condizioni non pone alcun problema pratico reale agli importatori paralleli purché i tito- SOMMARIO lari reagiscano entro termini ragionevoli al preavviso. Infatti un funzionamento adeguato del sistema di preavviso presuppone che ciascuna delle parti interessate si sforzi lealmente di rispettare i legittimi interessi dell’altra. 63 In risposta alle richieste di precisazioni formulate dal giudice del rinvio per quanto riguarda tali condizioni, occorre, in primo luogo, constatare che dalla soluzione delle questioni prima, seconda, quarta e ottava discende che l’importatore parallelo, in ogni caso, per avere il diritto di riconfezionare medicinali muniti di marchio, deve rispettare la condizione di preavviso. Se l’importatore parallelo non rispetta questa condizione, il titolare del marchio può opporsi alla commercializzazione del medicinale riconfezionato. 64 Occorre, in secondo luogo, constatare che spetta all’importatore parallelo informare egli stesso il titolare del marchio del riconfezionamento progettato. Non è sufficiente che il titolare sia informato da altre fonti, come l’autorità che accorda una licenza di importazione parallela all’importatore. 65 In terzo luogo, occorre ricordare che, nella sua giurisprudenza, la Corte non si è pronunciata sul termine da accordare al titolare per reagire al progetto di riconfezionamento del medicinale munito del suo marchio. mine ragionevole qualora l’importatore parallelo abbia scelto di avvisare il titolare del marchio fornendogli simultaneamente un campione del medicinale riconfezionato. Poiché tale termine ha carattere indicativo, l’importatore parallelo rimane libero di accordare un termine più breve e il titolare rimane libero di chiedere di beneficiare, per reagire, di un termine più lungo di quello accordato dall’importatore parallelo. 68 Tenuto conto di quanto precede, occorre risolvere le questioni dalla quinta alla settima nel senso che l’importatore parallelo, in ogni caso, per avere il diritto di riconfezionare medicinali muniti di marchio, deve rispettare la condizione di preavviso. Se l’importatore parallelo non rispetta questa condizione, il titolare del marchio può opporsi alla commercializzazione del medicinale riconfezionato. Spetta all’importatore parallelo informare egli stesso il titolare del marchio del riconfezionamento progettato. In caso di contestazione, spetta al giudice nazionale valutare, prendendo in considerazione tutte le circostanze pertinenti, se il titolare abbia avuto a disposizione un termine ragionevole per reagire al progettato riconfezionamento. 69 Dispositivo 1. L’art. 7, n. 2, della prima direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa, come modificata dall’Accordo sullo Spazio economico europeo 2 maggio 1992, dev’essere interpretato nel senso che il titolare di un marchio può far valere il suo diritto di marchio al fine di impedire ad un importatore parallelo di procedere a riconfezionamenti di medicinali, a meno che l’esercizio di questo diritto non contribuisca ad isolare artificiosamente i mercati tra gli Stati membri. 2. Un riconfezionamento di medicinali mediante sostituzione delle confezioni è oggettivamente necessario ai sensi della giurisprudenza della Corte se, senza quest’ultimo, l’accesso effettivo al mercato interessato o ad una parte rilevante del detto mercato debba considerarsi ostacolato a seguito di una forte resistenza da par- 66 A tale riguardo è ovvio che se, tenuto conto dell’obbiettivo di preavviso del titolare del marchio, occorre accordare a quest’ultimo un termine ragionevole per reagire al progetto di riconfezionamento, occorre anche prendere in considerazione l’interesse dell’importatore parallelo a poter procedere il più rapidamente possibile alla commercializzazione del medicinale dopo aver ottenuto dall’autorità competente l’autorizzazione necessaria a tal fine. 67 In caso di contestazione, spetta al giudice nazionale valutare, prendendo in considerazione tutte le circostanze pertinenti, se il titolare del marchio abbia avuto a disposizione un termine ragionevole per reagire al progettato riconfezionamento. Alla luce degli elementi contenuti nel fascicolo, un periodo di quindici giorni lavorativi si rivela idoneo a costituire un siffatto ter- (...) Sulle spese te di una percentuale significativa di consumatori nei confronti dei medicinali rietichettati. 3. L’importatore parallelo, in ogni caso, per avere il diritto di riconfezionare medicinali muniti di marchio, deve rispettare la condizione di preavviso. Se l’importatore parallelo non rispetta questa condizione, il titolare del marchio può opporsi alla commercializzazione del medicinale riconfezionato. Spetta all’importatore parallelo informare egli stesso il titolare del marchio del riconfezionamento progettato. In caso di contestazione, spetta al giudice nazionale valutare, prendendo in considerazione tutte le circostanze pertinenti, se il titolare abbia avuto a disposizione un termine ragionevole per reagire al progettato riconfezionamento. SOMMARIO GIURISPRUDENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE (*) SENTENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA del 23 aprile 2002 nel procedimento C-443/99 (domanda di pronunzia pregiudiziale sottoposta dall’Oberlandesgericht Wien (Austria)): Merck, Sharp & Dohme GmbH e Paranova Pharmazeutika Handels GmbH (Marchi di impresa - Direttiva 89/104/CEE - Art. 7, n. 2 - Esaurimento del diritto conferito dal marchio di impresa - Medicinali - Importazione parallela - Riconfezionamento del prodotto recante il marchio) (Lingua processuale: il tedesco) 1 Con ordinanza 5 novembre 1999, pervenuta alla Corte il 22 novembre seguente, l’Oberlandesgericht di Vienna ha sottoposto, ai sensi dell’art. 234 CE, una questione pregiudiziale sull’interpretazione dell’art. 7, n. 2 della prima direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU 1989, L 40, pag. 1), come modificata dall’Accordo sullo spazio economico europeo 2 maggio 1992 (GU 1994, L 1, pag. 3, in prosieguo: la «direttiva»). 2 Tale questione è stata sollevata nell’ambito di una controversia tra la Merck Sharp & Dohme GmbH (in prosieguo: la «Merck»), società austriaca appartenente al gruppo farmaceutico Merck & Co Inc. (in prosieguo: il «gruppo Merck»), con sede negli Stati Uniti, e la Paranova Pharmazeutika Handels GmbH (in prosieguo: «Paranova») circa la commercializzazione in Austria di medicinali prodotti dal gruppo Merck e importati parallelamente dalla Paranova. (*) L’Ufficio pubblica queste sentenze, tratte dai testi che generalmente vengono resi disponibili il giorno stesso della pronunzia, con lo scopo di informarne i lettori. Non si tratta, dunque, di una pubblicazione di carattere ufficiale della Corte di Giustizia. L’unico testo delle sentenze che fa fede è quello pubblicato nella «Raccolta della Giurisprudenza della Corte e del Tribunale di primo grado». La normativa comunitaria 3 Ai sensi dell’art. 28 CE, sono vietate fra gli Stati membri le restrizioni quantitative all’importazione nonché qualsiasi misura di effetto equivalente. Tuttavia, ai sensi dell’art. 30 CE, sono autorizzati i divieti e le restrizioni all’importazione tra Stati membri che sono giustificati da motivi di tutela della proprietà industriale e commerciale allorché non costituiscono né un mezzo di discriminazione arbitraria né una restrizione dissimulata al commercio tra gli Stati membri. 4 L’art. 7 della direttiva 89/104, intitolato «Esaurimento del diritto conferito dal marchio di impresa» stabilisce: «1. Il diritto conferito dal marchio di impresa non permette al titolare dello stesso di vietare l’uso del marchio di impresa per prodotti immessi in commercio nella Comunità con detto marchio dal titolare stesso o con il suo consenso. 2. Il paragrafo 1 non si applica quando sussistono motivi legittimi perché il titolare si opponga all’ulteriore commercializzazione dei prodotti, in particolare quando lo stato dei prodotti è modificato o alterato dopo la loro immissione in commercio». 5 In conformità dell’art. 65, n. 2, in combinato disposto con l’allegato XVII, punto 4, dell’Accordo sullo spazio economico europeo, l’art. 7, n. 1, della direttiva 89/104 è stato modificato ai fini di tale accordo, cosicché l’espressione «nella Comunità» è stata sostituita dai termini «sul territorio di una parte contraente». La causa principale e la questione pregiudiziale 6 La Merck commercializza in Austria, in particolare, medicinali destinati alla cura della iperplasia prostatica benigna e venduti con il marchio Proscar, che è un marchio registrato dal gruppo Merck. 7 La Paranova, il cui unico azionista è il gruppo danese Paranova A/S (in prosieguo: il «gruppo Paranova»), commercializza come la sua società madre medicinali originali e si è specializzata nel settore delle importazioni parallele. Essa acquista medicinali negli Stati membri dove i prezzi sono relativamente bassi per venderli in altri Stati membri dove i prezzi sono più elevati, traendo così profitto dalle differenze di prezzo nell’ambito delle Comunità. 8 Il 23 novembre 1997, la Paranova ha ottenuto dalle autorità austriache un’autorizzazione all’immissione sul mercato austriaco del medicinale Proscar importato parallelamente dalla Spagna. In seguito alla concessione di quest’autorizzazione, essa ha acquistato il medicinale in Spagna e l’ha fatto riconfezionare in Danimarca dalla ParanovaPack A/S, società facente parte anch’essa del gruppo Paranova. Il riconfezionamento consisteva nell’attribuire al prodotto un nuovo imballaggio esterno, ossia una nuova scatola, e nell’aggiungervi nuovi allegati tradotti in tedesco, tra cui le indicazioni ed avvertenze d’uso. Venivano anche apposte le menzioni previste al fine dell’immissione sul mercato austriaco. L’imballaggio utilizzato in Austria conteneva, come in Spagna, due placche alveolate di quattordici compresse ciascuna. 9 Il 15 luglio 1998, la Paranova ha dato notizia alla Merck dell’immissione sul mercato del medicinale Proscar mediante importazioni parallele. Su sua richiesta, la Merck ha ricevuto un campione del prodotto riconfezionato, unito ad una lettera del 22 luglio 1998 con la quale essa era invitata a far conoscere le sue eventuali riserve. 10 Con lettera 9 ottobre 1997 inviata alla Paranova, le autorità austriache, facendo riferimento alla giurisprudenza comunitaria, hanno sottolineato l’importanza cruciale dell’aspetto esterno dei medicinali al fine del rispetto delle prescrizioni per la cura da parte dei pazienti, cosa che potrebbe essere compromessa se gli imballaggi fossero ricoperti di etichette. 11 La Merck si è opposta all’uso del marchio Proscar mediante apposizione di quest’ultimo sull’imballaggio allorché il prodotto viene presentato e venduto nello Stato membro di origine nella stessa composizione (numero di compresse) con cui viene presentato e venduto in Austria. Essa ha fatto valere che il riconfezionamento effettuato costituiva una lesione intollerabile del diritto di marchio. 12 La Paranova ha sostenuto che il medicinale poteva essere commercializzato solo se il suo imballaggio esterno conteneva un certo numero di menzioni in lingua tedesca, ai sensi dell’art. 7, n. 1, dell’Arzneimittelgesetz (legge austriaca sui medicinali). Essa ha fatto valere inoltre che le autorità austriache avevano raccomandato un riconfezionamento mediante sostituzione dell’imballaggio e non una semplice apposizione di etichette. A suo parere, l’appo- SOMMARIO sizione di un’etichetta avrebbe avuto un’incidenza considerevole sulla vendita dei medicinali, poiché gli imballaggi esteri rietichettati avrebbero suscitato reazioni di sfiducia e di rigetto sia presso i farmacisti sia presso i consumatori. 13 L’Handelsgericht di Vienna, cui la Merck ha presentato in data 22 luglio 1999 una domanda di inibitoria, ha accolto tale domanda con decisione 16 agosto 1999. Esso ha ritenuto che potessero essere apposte etichette sulle sei facce delle confezioni del medicinale Proscar senza che questo nuocesse alla commercializzazione di tale prodotto. 14 Il 7 settembre 1999, la Paranova ha impugnato questa decisione dinanzi al giudice del rinvio. 15 Ritendo che la soluzione della controversia dipendesse da un’interpretazione del diritto comunitario, l’Oberlandesgericht di Vienna ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale: «Se l’art. 7, n. 2, della Prima direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa, debba essere interpretato nel senso che il titolare di un marchio si può opporre alla vendita di un prodotto farmaceutico messo in commercio con il suo marchio, qualora l’importatore l’abbia riconfezionato e vi abbia riapposto il marchio nonché abbia soddisfatto gli altri requisiti menzionati nella sentenza resa dalla Corte di giustizia delle Comunità europee nelle cause riunite C-427/93, C-429/93 e C-436/93, 11 luglio 1996, BristolMyers Squibb e a., Racc. pag. I-3457 (non alterazione del prodotto contenuto nella confezione, chiara indicazione circa il produttore e la provenienza, nessun nocumento per il marchio e per il suo titolare a causa di un cattivo confezionamento nonché comunicazione al titolare del marchio della messa in commercio del prodotto farmaceutico riconfezionato), ma la commerciabilità del prodotto senza tale riconfezionamento sarebbe compromessa per il solo fatto che una parte non trascurabile dei consumatori di medicinali nello Stato d’importazione nutre diffidenza nei confronti di medicinali prodotti visibilmente per il mercato di un altro Stato (di lingua diversa) e la cui confezione sia stata adattata soltanto per mezzo di adesivi alle disposizioni nazionali vigenti per la messa in vendita di prodotti farmaceutici». Sulla questione pregiudiziale 16 Con la sua questione il giudice nazionale chiede in sostanza se il titolare di un marchio possa opporsi al riconfezionamento di un medicinale recante tale marchio, operato da un importatore parallelo senza la sua autorizzazione, facendo valere che il riconfezionamento non è necessario affinché il medicinale possa essere messo in commercio nello Stato di importazione, anche se, senza un tale riconfezionamento, il successo commerciale del prodotto verrebbe pregiudicato per il solo fatto che una parte non trascurabile dei consumatori di tale Stato ha un’atteggiamento di sfiducia nei confronti di medicinali manifestamente destinati al mercato di un’altro Stato. 17 Il giudice nazionale precisa che di solito ai consumatori austriaci non vengono offerti medicinali che sono stati manifestamente messi in commercio in un altro Stato, dove si usa un’altra lingua. Esso fa presente che è del tutto verosimile che un certo numero di consumatori proverebbe nei confronti di un tale prodotto la stessa diffidenza che avrebbe nei confronti di prodotti muniti di un’imballaggio di aspetto confusionario o di cattiva qualità. Neanche l’apposizione di etichette, in particolare nella fattispecie ad esso sottoposta, consentirebbe di porre rimedio a questa situazione di diffidenza. Se dovesse risultare che una parte non trascurabile dei consumatori nutrisse effettivamente una tale diffidenza, sarebbe del tutto possibile, secondo il giudice nazionale, ritenere che un divieto di riconfezionamento contribuirebbe ad un isolamento artificioso dei mercati. Osservazioni presentate dinanzi alla Corte 18 La Merck sostiene che la Corte ha già risolto la questione sottoposta e che l’ha fatto da ultimo nella sentenza 12 ottobre 1999, causa C-379/97, Upjohn (Racc. pag. I-6927). L’inconveniente, consistente ad esempio nel dover superare la reticenza dei consumatori nei confronti dei medicinali rietichettati, non potrebbe consentire ad un importatore parallelo di riconfezionare un prodotto importato. Nel caso in cui la Corte respingesse tale tesi, la Merck fa valere che il divieto opposto dal titolare di un marchio alla sostituzione di un’imballaggio è giustificato allorché è possibile che l’importatore proceda semplicemente ad un adattamento dell’imballaggio di origine, anche se i con- sumatori preferiscono i prodotti il cui imballaggio è stato sostituito. In un’economia di mercato, spetterebbe all’importatore parallelo superare questa inclinazione dei consumatori. Gli interessi commerciali di tale importatore sarebbero soggettivi e non potrebbero servire per esaminare la validità del suo comportamento senza violare il principio della certezza del diritto. Inoltre, il principio di proporzionalità richiederebbe che una restrizione apportata ad un diritto fondamentale non oltrepassi quanto è sufficiente e necessario per raggiungere l’obiettivo perseguito. 19 Secondo la Paranova, l’obbligo di apporre etichette costituirebbe un ostacolo alla vendita e comporterebbe un isolamento indesiderabile dei mercati. La sostituzione degli imballaggi di medicinali provenienti da altri Stati membri sarebbe in via di principio lecita, purché l’importatore rispetti le condizioni poste dalla Corte nella sua giurisprudenza. La Corte avrebbe sottolineato nella sentenza Bristol-Myers Squibb e a., soprammenzionata, che i medicinali rientrano in un settore delicato in cui la presentazione del prodotto può ingenerare o distruggere la fiducia del pubblico. Trattandosi di un mercato nel quale le autorità nazionali preferiscono i medicinali confezionati mediante sostituzione dell’imballaggio a quelli il cui imballaggio è ricoperto di etichette, imporre questi ultimi rappresenterebbe un ostacolo agli scambi ben più rilevante di quello costituito, nella causa che ha dato luogo a tale sentenza, dalle differenti dimensioni degli imballaggi. La condizione relativa alla «necessità» del riconfezionamento sarebbe priva di chiarezza e non costituirebbe il criterio decisivo. Questa condizione tuttavia, se venisse considerata applicabile, dovrebbe essere intesa in senso ampio in modo da consentire un’accesso effettivo al mercato, cosa che escluderebbe solo le circostanze che rientrano nella sfera soggettiva dell’importatore parallelo stesso. 20 Il governo norvegese sostiene che la condizione di necessità è soddisfatta qualora una parte rilevante dei consumatori abbia tendenza a non acquistare prodotti non riconfezionati poiché prova sfiducia nei confronti di medicinali manifestamente destinati al mercato di un’altro Stato, dove si usa un’altra lingua. 21 La Commissione fa valere che la «necessità» che giustifica oggettivamen- SOMMARIO te il riconfezionamento da parte di un importatore parallelo può risultare da circostanze di diritto o di fatto. Poiché essa giustifica una deroga al principio che vieta la lesione del marchio sancito dal diritto comunitario, tale nozione dovrebbe essere interpretata in senso stretto. L’importatore parallelo dovrebbe pregiudicare il meno possibile l’oggetto specifico del marchio. Esso non potrebbe ad esempio sostituire l’imballaggio qualora sia possibile apporre etichette. Secondo la giurisprudenza della Corte, un divieto di riconfezionamento contribuirebbe in maniera ingiustificata ad un isolamento artificioso dei mercati solo se la diffidenza nei confronti dei prodotti importati è tale che all’importatore parallelo viene in tal modo rifiutato un’accesso effettivo al mercato dello Stato di importazione. Sembrerebbe quindi che una sfiducia anche rilevante dei consumatori non sia sufficiente a tal riguardo. Nulla farebbe risultare, nella fattispecie di cui alla causa principale, che la sostituzione dell’imballaggio risponde in diritto o in fatto ad una «necessità» così definita. Valutazione della Corte 22 Occorre in via preliminare ricordare che la questione sottoposta riguarda una situazione in cui il titolare di un marchio si è opposto ad un riconfezionamento consistente nella sostituzione dell’imballaggio di origine con un nuovo imballaggio ideato dall’importatore ed ha richiesto che quest’ultimo si limitasse ad una rietichettatura mediante adesivi. 23 Dal punto 14 della sentenza 23 maggio 1978, causa 102/77, HoffmannLa Roche (Racc. pag. I-1139), risulta che l’opposizione, da parte del titolare di un diritto al marchio tutelato contemporaneamente in due Stati membri, a che un prodotto, legittimamente contrassegnato con il suo marchio in uno di tali Stati, sia messo in commercio nell’altro Stato membro dopo essere stato riconfezionato in un nuovo imballaggio sul quale un terzo ha apposto lo stesso marchio, è giustificata ai sensi dell’art. 30, prima frase, CE. Risulta anche che una tale opposizione costituisce tuttavia una restrizione dissimulata del commercio fra gli Stati membri ai sensi dell’art. 30, seconda frase, CE, qualora sia provato che l’esercizio del diritto al marchio da parte del titolare, tenuto conto del sistema di distribuzione da questo adottato, contribuirebbe ad isolare artificiosamente i mercati tra Stati membri. 24 In sentenze successive alla sentenza Hoffmann-La Roche, soprammenzionata, in particolare nelle sentenze Bristol-Myers Squibb e a. e Upjohn, soprammenzionate, la Corte ha precisato quello che può costituire un caso di isolamento artificioso dei mercati tra Stati membri. Deve essere considerata tale, a talune condizioni, l’opposizione del titolare di un marchio al riconfezionamento dei medicinali allorché questo è necessario affinché il prodotto importato parallelamente possa essere commercializzato nello Stato di importazione. 25 La Corte ha constatato a tal riguardo che si deve tener conto delle circostanze esistenti al momento della commercializzazione nello Stato membro di importazione che rendono il riconfezionamento oggettivamente necessario affinché il medicinale possa essere commercializzato in tale stato dall’importatore parallelo. L’opposizione del titolare di un marchio al riconfezionamento non è giustificata se ostacola l’accesso effettivo del prodotto importato al mercato di tale Stato (v. in tal senso, sentenza Upjohn, soprammenzionata, punto 43). 26 Un tale ostacolo esiste, ad esempio, allorché medicinali acquistati dall’importatore parallelo non possono essere messi in commercio nello Stato membro di importazione nella loro confezione d’origine a causa di norme o di prassi nazionali relative al confezionamento, di norme in materia di assicurazione contro le malattie che subordinano al formato della confezione il rimborso delle spese mediche o di consolidate prassi in materia di prescrizioni mediche che si basano, fra l’altro, su norme dimensionali raccomandate da associazioni di categoria e dagli enti di assicurazione contro le malattie. A tal riguardo è sufficiente che l’ostacolo esista per una delle confezioni utilizzate dal titolare di un marchio nello Stato membro di importazione (v. sentenza Bristol-Myers Squibb e a., soprammenzionata, punti 53 e 54). 27 Per contro, il titolare di un marchio può opporsi al riconfezionamento se esso è motivato esclusivamente dal desiderio da parte dell’importatore parallelo di conseguire un vantaggio commerciale (v., in tal senso, sentenza Upjohn, soprammenzionata, punto 44). 28 In tale contesto, è stato anche constatato che il titolare di un marchio può opporsi al riconfezionamento del prodotto in una nuova confezione esterna quando l’importatore parallelo è in grado di riutilizzare la confezione di origi- ne al fine di una commercializzazione nello Stato membro di importazione apponendo etichette su tale confezione (v. sentenza Bristol-Myers Squibb e a., soprammenzionata, punto 55). 29 Pertanto, il titolare di un marchio può opporsi a che l’importatore parallelo proceda al riconfezionamento del prodotto in una nuova confezione esterna, purché il medicinale rietichettato possa effettivamente accedere al mercato di cui trattasi. 30 Le reticenze nei confronti dei medicinali rietichettati non costituiscono sempre ostacoli all’accesso effettivo al mercato tali da rendere necessario, ai sensi della giurisprudenza della Corte, un riconfezionamento del prodotto in una nuova confezione esterna. 31 Tuttavia, può esistere su un mercato o su una parte rilevante di esso una resistenza così forte di una percentuale significativa di consumatori nei confronti dei medicinali rietichettati che l’accesso effettivo al mercato deve essere considerato ostacolato. In tale situazione, il riconfezionamento dei medicinali non si spiegherebbe esclusivamente così con la ricerca di un vantaggio commerciale, ma mirerebbe ad ottenere un accesso effettivo al mercato. 32 Spetta al giudice nazionale valutare se tale sia il caso. 33 Occorre quindi risolvere la questione posta nel senso che un riconfezionamento di medicinali mediante sostituzione degli imballaggi è obiettivamente necessario ai sensi della giurisprudenza della Corte se, senza questo, l’accesso effettivo al mercato di cui trattasi o a una parte rilevante di esso deve essere considerato ostacolato a causa di una forte resistenza di una percentuale significativa di consumatori nei confronti dei medicinali rietichettati. 34 (...) Sulle spese Dispositivo Un riconfezionamento di medicinali mediante sostituzione degli imballaggi è obiettivamente necessario ai sensi della giurisprudenza della Corte se, senza questo, l’accesso effettivo al mercato di cui trattasi o a una parte rilevante di esso deve essere considerato ostacolato a causa di una forte resistenza di una percentuale significativa di consumatori nei confronti dei medicinali rietichettati. SOMMARIO GIURISPRUDENZA DEL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE (1) duto e modificato, e corrispondono, per ciascuna delle classi suddette, alla seguente descrizione: SENTENZA DEL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO (Seconda Sezione ampliata) — Classe 9: «Supporti per dati leggibili meccanicamente dotati di programmi e/o di dati, ovvero dati relativi a veicoli e/o a clienti e/o a riparazioni e/o al servizio di assistenza e/o alla manutenzione e/o alla diagnosi del veicolo e/o al contratto e/o alla codifica di sicurezza, in particolare schede magnetiche e/o tesserine elettroniche e/o carte di credito; apparecchi per l’elaborazione di dati stazionari e mobili; programmi per l’elaborazione di dati e/o di testi e/o di immagini, memorizzati su supporti per dati»; del 20 marzo 2002 nella causa T-356/00 (avente ad oggetto il ricorso proposto contro la decisione 12 settembre 2000 (procedimento R 477/1999-3) della Terza Commissione di ricorso dell’Ufficio per l’Armonizzazione nel Mercato Interno (marchi, disegni e modelli) riguardante la registrazione del vocabolo CARCARD come marchio comunitario): DaimlerChrysler AG contro Ufficio per l’Armonizzazione nel Mercato Interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI) (Marchio comunitario - Vocabolo CARCARD - Impedimenti assoluti alla registrazione - Art. 7, n. 1, lett. b) e c), del regolamento (CE) n. 40/94) (Lingua del procedimento: tedesco) Fatti all’origine della controversia 1 Il 1° aprile 1996 la società MercedesBenz AG ha presentato all’Ufficio per l’Armonizzazione nel Mercato Interno (marchi, disegni e modelli) (in prosieguo: l’«Ufficio») una domanda di marchio denominativo comunitario, in forza del regolamento (CE) del Consiglio 20 dicembre 1993, n. 40/94, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), come modificato. 2 Il marchio per il quale è stata chiesta la registrazione è il vocabolo CARCARD. 3 I prodotti e i servizi per i quali si chiede la registrazione del marchio rientrano nelle classi 9, 36, 37, 38, 39 e 42 dell’accordo di Nizza 15 giugno 1957 relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi per la registrazione dei marchi, come rive(1) L’Ufficio pubblica queste sentenze, tratte dai testi che generalmente vengono resi disponibili il giorno stesso della pronunzia, con lo scopo di informarne i lettori. Non si tratta, dunque, di una pubblicazione di carattere ufficiale del Tribunale di primo grado. L’unico testo delle sentenze che fa fede è quello pubblicato nello «Raccolta della Giurisprudenza della Corte e del Tribunale di primo grado». — Classe 36: «Leasing di veicoli con e/o senza rimorchi e relativo calcolo; leasing di veicoli con e/o senza sovrastrutture e relativo calcolo; leasing di veicoli di sostituzione e relativo calcolo; mediazione in assicurazioni, anche in assicurazioni per la tutela giuridica; mediazione e calcolo di tariffe, ovvero di pedaggi stradali, tariffe per il parcheggio, tariffe telefoniche; mediazione e calcolo di tariffe per il trasporto pubblico di persone e merci; finanziamenti e finanziamenti delle vendite e relativo calcolo; calcolo del rifornimento di carburanti; calcolo dei costi di assistenza e di garanzia; leasing di veicoli con e/o senza rimorchio; liquidazione di veicoli di sostituzione; emissione di carte di credito e/o schede magnetiche e/o tessere elettroniche; emissione di carte di riconoscimento che autorizzano l’accesso a pagamenti e/o autorizzano il pagamento stesso di merci e servizi come l’assistenza e/o la garanzia e/o sistemi di concessione di bonus e/o incentivi e/o riciclaggio»; — Classe 37: «Mediazione nel rifornimento di carburanti; mediazione in servizi di assistenza e di garanzia; cura dell’auto, in particolare pulitura, manutenzione e riparazione, compresa la sostituzione di tutte le parti e gli accessori atti a garantirne il funzionamento»; — Classe 38: «Mediazione in servizi di telecomunicazione, ovvero telefonate, servizi di memorizzazione telefo- nica, servizi d’informazione quali navigazione e localizzazione, in particolare localizzazione veicoli, diagnosi a distanza, telesoccorso, riparazioni, servizio tecnico clienti; telecomunicazioni, ovvero telefonate, memorizzazione telefonica, informazioni riguardo a navigazione e localizzazione, in particolare localizzazione di veicoli, diagnosi a distanza, telesoccorso, riparazioni, assistenza tecnica per clienti»; — Classe 39: «Mediazione e/o noleggio di autoveicoli con e/o senza rimorchi e relativo calcolo; mediazione e/o noleggio di autoveicoli con e/o senza strutture e relativo calcolo; intermediazione relativa a e/o noleggio relativi di veicoli di sostituzione e relativo calcolo; mediazione e affitto di parcheggi; organizzazione di trasporti di passeggeri e merci;mediazione in servizi nel settore della logistica del traffico e dei trasporti, ovvero progettazione di sistemi per il trasporto di persone e di merci; rimorchio di veicoli»; — Classe 42: «Servizi di banche dati, ovvero raccolta, analisi, archiviazione, selezione, memorizzazione, consultazione, stampa, trasmissione e aggiornamento di informazioni costituenti archivi di dati, in particolare dati riguardanti clienti e riparazioni, manuali elettronici di manutenzione, dati relativi a veicoli, a diagnosi, all’assistenza e alla manutenzione, dati contrattuali e codici di sicurezza; mediazione in servizi di banche dati, ovvero dati riguardanti clienti e riparazioni, manuali elettronici di manutenzione, dati relativi a veicoli, compreso l’aggiornamento di dati riguardanti clienti, riparazioni, manutenzione e veicoli; noleggio e leasing di impianti per l’elaborazione di dati; creazione di programmi di registrazione contabile e di calcolo; servizi di ristorazione e alloggio temporaneo; mediazione e/o prenotazione di alberghi o pensioni». 4 Nel gennaio 1999, il trasferimento della domanda a favore della ricorrente è stato iscritto nel fascicolo della domanda ai sensi degli artt. 17 e 24 del regolamento n. 40/94 e della regola 31, n. SOMMARIO 8, del regolamento (CE) della Commissione 13 dicembre 1995, n. 2868, recante modalità di esecuzione del regolamento n. 40/94 (GU L 303, pag. 1). 5 Con decisione 9 giugno 1999 l’esaminatore ha respinto la domanda sulla base dell’art. 38 del regolamento n. 40/94 per il motivo che il vocabolo CARCARD era descrittivo dei prodotti e dei servizi in questione e privo di qualsiasi carattere distintivo ai sensi dell’art. 7, n. 1, lett. b) e c), del regolamento n. 40/94. 6 Il 6 agosto 1999, la ricorrente ha presentato un ricorso presso l’Ufficio, a norma dell’art. 59 del regolamento n. 40/94, avverso la decisione dell’esaminatore. 7 Con decisione 12 settembre 2000 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la Terza Commissione di ricorso ha respinto il ricorso, per il motivo che il vocabolo in questione ricadeva nell’ambito di applicazione dell’art. 7, n. 1, lett. b) e c), del regolamento n. 40/94. Conclusioni delle parti 8 La ricorrente chiede che il Tribunale voglia: — annullare la decisione impugnata; dei prodotti o dei servizi interessati. 12 Quanto all’elemento «car», la ricorrente sostiene che, pur costituendo un termine corrente della lingua inglese, esso è utilizzato frequentemente, nelle combinazioni più diverse, come elemento di un marchio, cosicché il pubblico è abituato alla presenza di marchi che contengono tale elemento. 13 Inoltre, a suo avviso l’elemento «car» non è direttamente descrittivo dei prodotti e dei servizi interessati, in quanto non fa che evocare, tutt’al più, l’idea che essi abbiano un certo collegamento con i veicoli. 14 Quanto all’elemento «card», la ricorrente afferma che anch’esso, pur costituendo un termine corrente della lingua inglese, è utilizzato frequentemente, nelle combinazioni più diverse, come elemento di un marchio, cosicché il pubblico è abituato alla presenza di marchi che contengono tale elemento. 15 Sostiene altresì che l’elemento «card» non è direttamente descrittivo dei prodotti e dei servizi interessati, in quanto non fa che evocare, tutt’al più, l’idea che si tratti di un oggetto rettangolare, piatto, di carta o plastica, la cui funzione resta tuttavia incerta. — condannare l’Ufficio alle spese. 9 L’Ufficio chiede che il Tribunale voglia: — respingere il ricorso; — condannare la ricorrente alle spese. 16 Per quanto riguarda il vocabolo CARCARD, letto nel suo complesso, la ricorrente afferma che esso costituisce un neologismo, giacché non si trova nei dizionari attuali delle lingue della Comunità, ivi compreso l’inglese, e non esiste, come tale, né nel linguaggio comune né nel linguaggio tecnico. In diritto 10 La ricorrente deduce due motivi fondati sulla violazione dell’art. 7, n. 1, lett. c), e dell’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94. Sul motivo relativo alla violazione dell’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94 Argomenti delle parti 11 La ricorrente afferma che, per valutare gli impedimenti assoluti alla registrazione, si deve considerare un marchio nel suo complesso, nella forma in cui è stato richiesto. Tuttavia, nella fattispecie, proprio la scomposizione del vocabolo CARCARD nei suoi due elementi non fa emergere, secondo la ricorrente, alcuna indicazione descrittiva 17 Inoltre, ad avviso della ricorrente, il vocabolo controverso non ha un senso chiaro e determinato, ma evoca solo un’idea vaga e astratta di un oggetto piatto, rettangolare, di carta, di cartone o di plastica, che ha un certo collegamento con i veicoli o i mezzi di trasporto. Di conseguenza, secondo la ricorrente, il consumatore medio, normalmente informato ed accorto gli attribuisce un significato concreto di tessera da collezione su cui è riprodotta l’immagine di un veicolo. 18 In relazione al collegamento esistente tra il vocabolo CARCARD, letto nel suo complesso, e i prodotti e i servizi interessati, la ricorrente sostiene che, contrariamente a quanto enunciato al punto 23 e seguenti della decisione impugnata, tale vocabolo non costituisce affatto un’indicazione descrittiva sufficientemente concreta della destinazione o della qualità di tali prodotti e servizi. 19 La ricorrente fa presente che un imperativo di disponibilità di un segno costituisce un limite immanente degli impedimenti assoluti alla registrazione. Conseguentemente, secondo la ricorrente, anche i segni descrittivi sono esclusi dalla registrazione solo quando il loro monopolio contrasta con la necessità legittima dei terzi, in particolare dei concorrenti, di utilizzarli liberamente. Nella fattispecie, non esistono imperativi di disponibilità in relazione al vocabolo di cui si discute, poiché questo non viene utilizzato per descrivere i prodotti e i servizi interessati né è necessario utilizzarlo a tal fine. Secondo la ricorrente, un simile imperativo di disponibilità non può essere fondato solo sulle vaghe associazioni evocate da tale vocabolo. 20 Inoltre, la ricorrente sostiene che, nel caso della registrazione del marchio CARCARD, l’utilizzo degli elementi «car» e «card», isolati o in altre combinazioni, non può essere impedito dalla ricorrente, dal momento che un marchio è protetto solo nella forma in cui è stato richiesto. 21 Infine, la ricorrente afferma che la registrazione del marchio controverso corrisponderebbe alla prassi decisionale seguita dalle Commissioni di ricorso. A questo proposito, si richiama alle decisioni delle Commissioni di ricorso che hanno ammesso la possibilità di registrare i marchi denominativi NETMEETING, CareService, Schülerhilfe, GLOBAL CARE, MEGATOURS, SAFETYTECH, STEAM TERMINAL, ProBank, FIXIT, TOP-LOK, helpLine, HYPERLITE, Tensiontech, SAFEJAW, SURESEAL, FOILGUARD, OMNICARE, ZONEMESSAGE, BIDWATCH, Oilgear e TELESCAN. 22 L’Ufficio respinge l’argomento della ricorrente e afferma che i prodotti interessati appartenenti alla classe 9 «descrivono direttamente l’oggetto di tale CARCARD come supporto per dati». Quanto ai servizi interessati appartenenti alle classi 36-39 e 42, l’Ufficio sostiene che essi «descrivono l’ambito di utilizzo di tale CARCARD impiegata come supporto per dati relativi al veicolo o al suo proprietario, nonché come mezzo di pagamento senza utiliz- SOMMARIO zo di denaro contante». A questo proposito, l’Ufficio afferma che il carattere descrittivo deve essere considerato alla luce dello sviluppo delle carte di credito, delle carte bancarie, delle schede telefoniche e di numerose tessere magnetiche analoghe che consentono di accedere a determinati servizi e di procedere a transazioni senza utilizzo di denaro contante. Pertanto, l’Ufficio ritiene che il vocabolo in questione non costituisca un termine vago o semplicemente allusivo, bensì un’indicazione immediata della qualità e della destinazione, senza contenere elementi aggiuntivi che vadano oltre tale semplice indicazione. Giudizio del Tribunale 23 Ai sensi dell’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94, sono esclusi dalla registrazione «i marchi composti esclusivamente da segni o indicazioni che in commercio possono servire per designare la specie, la qualità, la quantità, la destinazione, il valore, la provenienza geografica, ovvero l’epoca di fabbricazione del prodotto o di prestazione del servizio, o altre caratteristiche del prodotto o servizio». Inoltre, l’art. 7, n. 2, del regolamento n. 40/94 dispone che il «paragrafo 1 si applica anche se le cause d’impedimento esistono soltanto per una parte della Comunità». 24 L’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94 osta a che i segni o le indicazioni ivi contemplati siano riservati a una sola impresa in forza della loro registrazione come marchi. Tale disposizione persegue, quindi, una finalità di interesse generale, la quale impone che tali segni o indicazioni possano essere liberamente utilizzati da tutti (v., per analogia, sentenza 4 maggio 1999, cause riunite C-108/97 e C-109/97, Windsurfing Chiemsee, Racc. pag. I2779, punto 25). 25 Sotto tale profilo, i segni e le indicazioni di cui all’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94 sono solo quelli che, in un uso normale dal punto di vista del pubblico destinatario, possono servire a designare, direttamente o tramite la menzione di una delle sue caratteristiche essenziali, il prodotto o il servizio per cui è richiesta la registrazione (sentenza 20 settembre 2001, causa C-383/99 P, Procter & Gamble/UAMI, Racc. pag. I-6251, punto 39). Pertanto, la valutazione del carattere descrittivo di un segno può essere effettuata, da un lato, solamente in relazione ai prodotti o ai servizi interessati e, dall’altro, in relazione alla comprensione da parte di un determinato pubblico destinatario. 26 Nella fattispecie, la Commissione di ricorso ha osservato, al punto 26 della decisione impugnata, che i prodotti e i servizi interessati si rivolgono in maniera generale al consumatore medio, senza che ciò sia stato contestato dalla ricorrente. Ora, si deve rilevare che si presume che i consumatori medi siano normalmente informati e ragionevolmente attenti ed avveduti [v., in tal senso, sentenza della Corte 22 giugno 1999, causa C-342/97, Lloyd Schuhfabrik Meyer, Racc. pag. I-3819, punto 26, e sentenza del Tribunale 7 giugno 2001, causa T-359/99, DKV/UAMI (EuroHealth), Racc. pag. II-1645, punto 27]. Inoltre, il vocabolo controverso è composto da due elementi della lingua inglese, il pubblico destinatario pertinente è un pubblico anglofono. 27 In relazione all’argomento della ricorrente secondo cui determinati terzi, in particolare i suoi concorrenti, non avrebbero bisogno di utilizzare il vocabolo in questione per designare i prodotti e i servizi considerati nella domanda, si deve rilevare che, al punto 35 della citata sentenza Windsurfing Chiemsee, la Corte ha dichiarato che l’applicazione dell’art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU 1989, L 40, pag. 1), il cui tenore letterale è sostanzialmente identico a quello dell’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94, non dipende dall’esistenza di un imperativo di disponibilità concreto, attuale o serio. 28 Conseguentemente, come giustamente rilevato dall’Ufficio, ai fini dell’applicazione dell’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94 si deve solamente verificare, sulla base di un dato significato del segno denominativo in questione, se esista, dal punto di vista del pubblico destinatario, un collegamento sufficientemente concreto e diretto tra il segno e le categorie di prodotti o di servizi per i quali è chiesta la registrazione. 29 In via preliminare, si deve rilevare che il vocabolo CARCARD è compo- sto da un sostantivo principale (card) e da un sostantivo qualificativo (car). Ora, tale vocabolo non presenta una struttura inconsueta. Infatti, non sembra discostarsi dalle regole lessicali della lingua inglese, ed è anzi formato in conformità di queste. 30 Per quanto riguarda il significato del vocabolo CARCARD, dai punti 19 e 22 della decisione impugnata e dalle spiegazioni che l’Ufficio ha fornito nel suo controricorso risulta che, per l’Ufficio, tale vocabolo significa «scheda automobile» ovvero «scheda per automobile». Sotto questo profilo, non è pertinente l’affermazione della ricorrente secondo cui il vocabolo in questione non ha un significato chiaro e determinato. Infatti, prendendo in considerazione i prodotti e i servizi per i quali è richiesta la registrazione, il significato indicato dalla Commissione di ricorso si rivela corretto. Ora, si deve ricordare che, per rientrare nell’ambito di applicazione dell’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94, è sufficiente che un segno verbale, almeno in uno dei suoi potenziali significati, designi una caratteristica dei prodotti e dei servizi interessati. 31 Quanto alla natura del collegamento esistente tra il vocabolo CARCARD e i prodotti e i servizi interessati, la Commissione di ricorso ha dichiarato, ai punti 23 e 24 della decisione impugnata, che il detto vocabolo ne designa la qualità e la destinazione. 32 Per quanto riguarda, in primo luogo, le categorie di prodotti denominati «supporti per dati leggibili meccanicamente dotati di programmi e/o di dati, ovvero dati relativi a veicoli e/o a clienti e/o a riparazioni e/o al servizio di assistenza e/o alla manutenzione e/o alla diagnosi del veicolo e/o al contratto e/o alla codifica di sicurezza, in particolare schede magnetiche e/o tesserine elettroniche e/o carte di credito», appartenenti alla classe 9, si deve rilevare che il vocabolo CARCARD, letto nel suo complesso, può servire a designarne sia la specie che la qualità. Infatti, tali prodotti costituiscono specifici tipi di carta. Inoltre, il fatto che siano connessi ad un veicolo deve essere considerato una qualità di tali prodotti che può svolgere un ruolo nel momento della scelta effettuata dal pubblico destinatario e che, quindi, ne costituisce una caratteristica essenziale. Pertanto, dal punto di vista del pubblico destinatario esiste un collegamento sufficientemente diretto e SOMMARIO concreto tra il vocabolo CARCARD e tali prodotti. 33 Allo stesso modo, per le categorie di servizi denominati «emissione di carte di credito e/o schede magnetiche e/o tessere elettroniche; emissione di carte di riconoscimento che autorizzano l’accesso a pagamenti e/o autorizzano il pagamento stesso di merci e servizi come l’assistenza e/o la garanzia e/o sistemi di concessione di bonus e/o incentivi e/o riciclaggio», appartenenti alla classe 36, il vocabolo CARCARD può servire a designarne la qualità. Infatti, tali servizi sono relativi alla commercializzazione di carte. Inoltre, se tali servizi possono riferirsi a carte che non sono collegate ad un veicolo e se il vocabolo CARCARD, quindi, non è descrittivo di tutti i servizi appartenenti a quelle categorie, si deve rilevare che la ricorrente ha chiesto la registrazione del vocabolo controverso per ciascuna di esse complessivamente, senza fare distinzioni. Conseguentemente, occorre confermare la valutazione della Commissione di ricorso per la parte che riguarda l’insieme di tali servizi (v. in tal senso, sentenza EuroHealth, già citata, punto 33). 34 In secondo luogo, si deve stabilire se il vocabolo CARCARD sia descrittivo in relazione alle seguenti categorie di servizi: — «[l]easing di veicoli con e/o senza rimorchi e relativo calcolo; leasing di veicoli con e/o senza sovrastrutture e relativo calcolo; leasing di veicoli di sostituzione e relativo calcolo; mediazione in assicurazioni, anche in assicurazioni per la tutela giuridica; mediazione e calcolo di tariffe, ovvero di pedaggi stradali, tariffe per il parcheggio; mediazione e calcolo di tariffe per il trasporto pubblico di persone e merci; calcolo del rifornimento di carburanti; leasing di veicoli con e/o senza rimorchio; liquidazione di veicoli di sostituzione», appartenenti alla classe 36; — «mediazione nel rifornimento di carburanti; cura dell’auto, in particolare pulitura, manutenzione e riparazione, compresa la sostituzione di tutte le parti e gli accessori atti a garantirne il funzionamento», appartenenti alla classe 37; — «mediazione in servizi di telecomunicazione, ovvero navigazione e localizzazione, in particolare localizzazione veicoli, diagnosi a distanza, telesoccorso, riparazioni, servizio tecnico clienti; telecomunicazioni, ovvero navigazione e localizzazione, in particolare localizzazione di veicoli, diagnosia distanza, telesoccorso, riparazioni, assistenza tecnica per clienti», appartenenti alla classe 38; — «mediazione e/o noleggio di autoveicoli con e/o senza rimorchi e relativo calcolo; mediazione e/o noleggio di autoveicoli con e/o senza strutture e relativo calcolo; intermediazione relativa a e/o noleggio relativi di veicoli di sostituzione e relativo calcolo; mediazione e affitto di parcheggi; organizzazione di trasporti di passeggeri e merci; mediazione in servizi nel settore della logistica del traffico e dei trasporti, ovvero progettazione di sistemi per il trasporto di persone e di merci; rimorchio di veicoli», appartenenti alla classe 39; — «servizi di banche dati, ovvero raccolta, analisi, archiviazione, selezione, memorizzazione, consultazione, stampa, trasmissione e aggiornamento di informazioni costituenti archivi di dati, in particolare dati riguardanti clienti e riparazioni, manuali elettronici di manutenzione, dati relativi a veicoli, a diagnosi, all’assistenza e alla manutenzione, dati contrattuali e codici di sicurezza; mediazione in servizi di banche dati, ovvero dati riguardanti clienti e riparazioni, manuali elettronici di manutenzione, dati relativi a veicoli, compreso l’aggiornamento di tali dati», appartenenti alla classe 42. 35 Per quanto riguarda i servizi appartenenti alle categorie di cui al punto precedente, si deve osservare che tali servizi presentano un collegamento immediato con il funzionamento e l’utilizzo di un veicolo. Conseguentemente, il fatto che siano accessibili e pagabili mediante una carta relativa a un veicolo costituisce una qualità di tali servizi che può rappresentare un fattore nella scelta operata dal pubblico destinatario. 36 Inoltre, non si può certo escludere che le categorie di servizi menzionate al precedente punto 34 includano anche servizi che non hanno alcun rapporto con il funzionamento e l’utilizzo di un veicolo e/o che sono forniti in condizioni che non implicano l’uso di alcuna carta e che, quindi, il vocabolo CARCARD non è descrittivo di tutti i servizi che rientrano nelle dette categorie. A questo proposito, si deve rilevare che la ricorrente ha richiesto la registrazione del vocabolo di cui si tratta per ciascuna di esse complessivamente, senza fare distinzioni. Occorre confermare, quindi, la valutazione della commissione di ricorso per la parte in cui riguarda l’insieme di tali servizi (v., in tal senso, sentenza EuroHealth, già citata, punto 33). 37 Pertanto, dal punto di vista del pubblico destinatario, esiste un collegamento sufficientemente diretto e concreto tra il vocabolo CARCARD e i servizi che rientrano nelle categorie menzionate al precedente punto 34. 38 Per quanto riguarda l’argomento della ricorrente relativo alle decisioni delle Commissioni di ricorso che hanno ammesso la possibilità di registrare altri marchi, si deve osservare che motivi di fatto o di diritto relativi a una decisione precedente possono costituire argomenti a sostegno di un motivo fondato sulla violazione di una disposizione del regolamento n. 40/94. Tuttavia, è giocoforza constatare che, nella fattispecie, la ricorrente non ha fatto valere l’esistenza, nelle decisioni citate relative ad altri marchi, di motivi che potrebbero rimettere in discussione la valutazione sopra espressa. Inoltre, l’Ufficio rileva a giusto titolo che nessuno dei marchi a cui si riferiscono le decisioni richiamate dalla ricorrente presenta elementi comuni con il vocabolo CARCARD. 39 Ne consegue che il vocabolo CARCARD può servire, ai sensi dell’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94, dal punto di vista del pubblico destinatario, per designare caratteristiche essenziali dei prodotti e dei servizi che rientrano nelle categorie di cui ai precedenti punti 32-34. 40 Per quanto riguarda, in terzo luogo, i prodotti che rientrano nelle categorie denominate «apparecchi per l’elaborazione di dati stazionari e mobili; programmi per l’elaborazione di dati SOMMARIO e/o di testi e/o di immagini, memorizzati su supporti per dati», appartenenti alla classe 9, non sembra che il vocabolo CARCARD possa servire per designarne una qualità. Inoltre, anche qualora tali prodotti potessero essere utilizzati in un contesto funzionale che implica a sua volta una carta relativa ad un veicolo, ciò non basterebbe per concludere che il vocabolo CARCARD possa servire per designare la destinazione dei prodotti summenzionati. Infatti, tale utilizzo ne costituirebbe, tutt’al più, uno dei molteplici campi di applicazione, ma non una funzione tecnica. Infine, non si può affermare che il vocabolo controverso possa servire per designare una qualsiasi altra caratteristica essenziale di quei prodotti. 41 In quarto luogo, si deve verificare se il vocabolo CARCARD sia descrittivo in relazione alle seguenti categorie di servizi: — «mediazione e calcolo di tariffe, ovvero di tariffe telefoniche; finanziamenti e finanziamenti delle vendite e relativo calcolo; calcolo dei costi di assistenza e di garanzia», appartenenti alla classe 36; — «mediazione in servizi di assistenza e di garanzia», appartenenti alla classe 37; — «mediazione in servizi di telecomunicazione, ovvero telefonate, servizi di memorizzazione telefonica, servizi d’informazione; servizi di telecomunicazione, ovvero telefonate, memorizzazione telefonica, informazioni», appartenenti alla classe 38; — «noleggio e leasing di impianti per l’elaborazione di dati; creazione di programmi di registrazione contabile e di calcolo; servizi alloggio; mediazione e/o prenotazione di alberghi o pensioni», appartenenti alla classe 42. 42 Tali servizi non sembrano presentare un collegamento immediato con il funzionamento e l’utilizzo di un veicolo. Conseguentemente, anche ammettendo che il fatto che siano accessibili e pagabili mediante una carta costituisca una qualità di questi servizi che può rappresentare un fattore nella scelta operata dal pubblico destinatario, il fatto che la stessa carta sia relativa ad un veicolo non rappresenta un ulteriore elemento nell’ambito di tale scelta. Ora, il carattere descrittivo di un segno composto da diversi elementi deve essere valutato in funzione di tutti questi elementi e non di uno solo. Pertanto, il vocabolo CARCARD, considerato in funzione di tutti i suoi elementi e letto nel suo complesso, non può servire per designare una qualità di quei servizi. 43 Per quanto riguarda, più in particolare, le categorie di servizi denominate «calcolo dei costi di assistenza e di garanzia» e «mediazione in servizi di assistenza e di garanzia», non si può certo escludere che tali categorie comprendano anche servizi che presentano un collegamento con il funzionamento e l’utilizzo di un veicolo e che sono forniti in condizioni che implicano l’uso di una carta. Tuttavia, anche ammettendo che, in una simile ipotesi, il vocabolo CARCARD sia descrittivo di una parte dei servizi rientranti in tali categorie, si deve rilevare che, data l’estensione di quelle categorie di servizi, si tratterebbe, in ogni caso, di una parte trascurabile. Di conseguenza, la giurisprudenza citata al precedente punto 36 non può essere applicata a un tale caso. 44 Del resto, non sembra neanche che il vocabolo CARCARD possa servire per designare la destinazione o una qualsiasi altra caratteristica dei servizi appartenenti alle categorie menzionate al precedente punto 41. 45 A questo proposito, la Commissione di ricorso ha dichiarato, al punto 24 della decisione impugnata, che i servizi appartenenti alle classi 38 e 42, come telecomunicazioni e servizi di alloggio, costituirebbero servizi il cui carattere aggiuntivo, rispetto a quelli che presentano un collegamento immediato con il funzionamento e l’utilizzo di un veicolo, apparirebbe in modo evidente. Nel controricorso e all’udienza, l’Ufficio ha sviluppato un argomento nella stessa direzione, sostenendo che dalle dichiarazioni della ricorrente risulterebbe che essa commercializza o intende commercializzare i servizi menzionati al precedente punto 41 nell’ambito di un sistema complesso. All’interno di tale sistema, che implicherebbe l’utilizzo dei prodotti appartenenti alle categorie di cui al precedente punto 40, la carta, proposta agli acquirenti dei veicoli da essa fabbricati, darebbe accesso a un insieme di servizi tra cui quelli menzionati al precedente punto 34, oltre a quelli menzionati al precedente punto 41. L’Ufficio ne deduce che il carattere descrittivo del vocabolo CARCARD deve essere valutato, in relazione a tutte le categorie di prodotti e servizi indicati nella domanda di registrazione, alla luce del concetto di commercializzazione immaginato, o perfino attuato, dalla ricorrente. 46 Tuttavia, si deve rilevare che, contrariamente a quanto sostenuto dall’Ufficio, il carattere descrittivo di un segno deve essere valutato individualmente in relazionead ogni categoria di prodotti e/o servizi indicati nella domanda di registrazione. E’ irrilevante, ai fini della valutazione del carattere descrittivo di un segno in relazione a una categoria determinata di prodotti e/o servizi, stabilire se il richiedente del marchio in questione abbia l’intenzione di mettere in pratica un certo concetto di commercializzazione che implichi, oltre ai prodotti e/o servizi appartenenti a tale categoria, prodotti e/o servizi appartenenti ad altre categorie. Infatti, l’esistenza di un concetto di commercializzazione è un fattore estrinseco al diritto attribuito dal marchio comunitario. Inoltre, un concetto di commercializzazione, dipendendo esclusivamente dalla scelta dell’impresa interessata, può cambiare in seguito alla registrazione del segno come marchio comunitario e non può, quindi, avere alcuna incidenza sulla valutazione della sua registrabilità. 47 Ne consegue che il vocabolo CARCARD non può servire, ai sensi dell’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94, dal punto di vista del pubblico destinatario, per designare una caratteristica essenziale dei prodotti e servizi appartenenti alle categorie di cui ai precedenti punti 40 e 41. 48 Da quanto sopra esposto risulta che il motivo relativo alla violazione dell’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94 deve essere accolto per quanto concerne le categorie di prodotti e servizi di cui ai precedenti punti 40 e 41 e respinto per quanto concerne le altre categorie di prodotti o di servizi di cui ai precedenti punti 32-34. SOMMARIO Sul motivo relativo alla violazione dell’art. 7, n. 1, lett. b) del regolamento n. 40/94 Argomenti delle parti 49 La ricorrente sostiene che dalla formula «privi di carattere distintivo», di cui all’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, risulta che qualsiasi grado di carattere distintivo — anche minimo — basta a giustificare la registrazione di un segno come marchio e che, conseguentemente, non si può avere un atteggiamento troppo rigoroso nel valutare il carattere distintivo. 50 Per quanto riguarda il vocabolo in esame, la ricorrente afferma che esso, in quanto neologismo privo di significato chiaro, possiede un elemento creativo e anche un minimo di fantasia che gli conferisce il minimo di carattere distintivo richiesto. A questo proposito, la ricorrente osserva che il carattere originale e la fantasia del vocabolo in esame emergono altresì dall’assonanza tra gli elementi «car» e «card», che in fase di pronuncia provoca un raddoppiamento fonetico inconsueto e facile da memorizzare della sillaba «car». 51 A suo avviso, peraltro, poiché finora la parola «carcard» è stata utilizzata, tutt’al più, per designare una tessera da collezione su cui è riprodotta l’immagine di un veicolo, la trasposizione di tale parola in un contesto diverso sarà considerata, negli ambienti interessati, inconsueta e caratterizzata da un elemento di fantasia. 52 Inoltre, la ricorrente si richiama ad alcune decisioni delle commissioni di ricorso che hanno ammesso la possibilità di registrare altri marchi (v. supra punto 21). 53 L’Ufficio afferma che il vocabolo CARCARD, essendo composto esclusivamente da indicazioni descrittive dei prodotti e dei servizi interessati, ad esclusione di qualsiasi altro elemento che possa rendere il vocabolo globalmente atto a distinguere i prodotti della ricorrente da quelli di altre imprese, è privo di carattere distintivo. A questo proposito, l’Ufficio sostiene che i consumatori destinatari percepiscono il vocabolo in esame non come riferimento a un’impresa determinata ma come riferimento generale a una carta d’automobile (o per automobile), dotata di certe funzioni che consentono l’accesso a certi servizi. Giudizio del Tribunale 54 A norma dell’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, sono esclusi dalla registrazione «i marchi privi di carattere distintivo». Inoltre, l’art. 7, n. 2, del regolamento n. 40/94 dispone che il «paragrafo 1 si applica anche se le cause d’impedimento esistono soltanto per una parte della Comunità». 55 Peraltro, il carattere distintivo di un segno può essere valutato soltanto in relazione ai prodotti o ai servizi per i quali è stata chiesta la registrazione, da un lato, e in relazione alla comprensione che ne ha il pubblico interessato, dall’altro. 56 Nella fattispecie, nella misura in cui la decisione impugnata riguarda i prodotti e i servizi per i quali si è stabilito, al punto precedente 39, che il vocabolo CARCARD è descrittivo, si deve ricordare che, secondo una giurisprudenza consolidata, basta che sussista uno degli impedimenti perché il segno non possa essere registrato come marchio comunitario [sentenze 26 ottobre 2000, causa T-345/99, Harbinger/OHMI (TRUSTEDLINK), Racc. pag. II-3525, punto 31; 26 ottobre 2000, causa T-360/99, Community Concepts/OHMI (Investorworld), Racc. pag. II-3545, punto 26, e 31 gennaio 2001, causa T-24/00, Sunrider/OHMI (VITALITE), Racc. pag. II-449, punto 28)]. In tal senso il motivo è, quindi, inconferente. CARD non poteva essere rifiutata sulla base dell’art. 7, n. 1, lett. c), delregolamento n. 40/94. Conseguentemente, il ragionamento sostanziale sviluppato dalla commissione di ricorso in relazione all’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94 deve essere disatteso, in quanto si fonda sull’errore sopra constatato. 59 Inoltre è giocoforza constatare che né la decisione impugnata né il controricorso dell’Ufficio né le spiegazioni da questo fornite in sede d’udienza contengono elementi che consentano di provare la mancanza di carattere distintivo del vocabolo CARCARD per i prodotti e i servizi appartenenti alle categorie di cui ai precedenti punti 40 e 41. 60 Ne consegue che il motivo relativo alla violazione dell’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94 deve essere accolto per quanto riguarda le categorie di prodotti e di servizi di cui ai precedenti punti 40 e 41 e respinto per quanto riguarda le altre categorie di prodotti e di servizi di cui ai precedenti punti 32-34. 61 Da quanto sopra esposto risulta che si deve accogliere il ricorso per quanto riguarda le categorie di prodotti e di servizi di cui ai precedenti punti 40 e 41 e respingere il ricorso per il resto. 62 (...) Sulle spese Dispositivo 57 Occorre, invece, esaminare tale motivo nella misura in cui la decisione impugnata riguarda le categorie di prodotti e servizi di cui ai punti precedenti 40 e 41. 58 Come risulta dal punto 28 della decisione impugnata, la Commissione di ricorso ha dichiarato che il marchio denominativo di cui si tratta è «privo del carattere distintivo minimo richiesto, poiché il pubblico destinatario lo percepirà esclusivamente come indicazione dell’oggetto dei servizi o della destinazione dei prodotti». La Commissione di ricorso ha quindi dedotto, sostanzialmente, l’assenza di carattere distintivo del vocabolo CARCARD dal suo carattere descrittivo. Ora, al precedente punto 47 si è stabilito che, per quanto concerne le categorie di prodotti e servizi di cui ai precedenti punti 40 e 41, la registrazione del vocabolo CAR- 1. La decisione della Terza Commissione di ricorso dell’Ufficio per l’Armonizzazione nel Mercato Interno (marchi, disegni e modelli) 12 settembre 2000 (procedimento R 477/1999-3) è annullata per quanto riguarda le seguenti categorie di prodotti e servizi: 1. — «apparecchi per l’elaborazione di dati stazionari e mobili; programmi per l’elaborazione di dati e/o di testi e/o di immagini, memorizzati su supporti per dati», appartenenti alla classe 9; 1. — «mediazione e calcolo di tariffe, ovvero di tariffe telefoniche; finanziamenti e finanziamenti delle vendite e relativo calcolo; calcolo dei costi di assistenza e SOMMARIO di garanzia», appartenenti alla classe 36; 1. 1. 1. — «mediazione in servizi di assistenza e di garanzia», appartenenti alla classe 37; — «mediazione in servizi di telecomunicazione, ovvero telefonate, servizi di memorizzazione telefonica, servizi d’informazione; servizi di telecomunicazione, ovvero telefonate, memorizzazione telefonica, informazioni», appartenenti alla classe 38; — «noleggio e leasing di impianti per l’elaborazione di dati; creazione di programmi di registrazione contabile e di calcolo; servizi di ristorazione e alloggio temporaneo; mediazione e/o prenotazione di alberghi o pensioni», appartenenti alla classe 42. 2. Il ricorso è respinto per il resto. 3. La parte ricorrente sopporterà le proprie spese e la metà delle spese della parte convenuta. Quest’ultima sopporterà la restante parte delle proprie spese. OMPI Notifica OMPI n. 206 Notifica PARIGI n. 204 le 1992, data in cui la Repubblica federale di Iugoslavia ha assunto la responsabilità delle proprie relazioni internazionali. Notifica BERNA n. 222 Notifica MADRID (MARCHI) n. 133 Notifica NIZZA n. 110 Notifica LOCARNO n. 52 Convenzione istitutiva dell’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale e altri trattati amministrati dall’OMPI Dichiarazione della Repubblica federale di Iugoslavia Il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (OMPI) porge i suoi ossequi al ministro degli Affari esteri ed ha l’onore di notificargli il deposito da parte del governo della Repubblica federale di Iugoslavia, il 14 giugno 2001, di uno strumento in cui si dichiara che, a decorrere dal 27 aprile 1992, la Repubblica federale di Iugoslavia è da considerarsi succeduta nella convenzione istitutiva dell’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale e altri trattati ivi specificati. Si confermano altresì taluni atti, anch’essi specificati in detto strumento, compiuti a decorrere dal 27 aprile 1992. Il testo dello strumento è allegato alla presente notifica. 14 giugno 2001 Allegato alle notifiche OMPI, PARIGI, BERNA, MADRID (MARCHI), NIZZA e LOCARNO Documento di notifica di successione e di conferma, Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (OMPI) Considerando che la Repubblica federativa socialista di Iugoslavia era uno Stato contraente o firmatario dei trattati elencati nell’allegato 1 accluso; considerando che la Repubblica federale di Iugoslavia è succeduta alla Repubblica federativa socialista di Iugoslavia, il governo della Repubblica federale di Iugoslavia, tenendo conto dei trattati elencati nell’allegato 1 accluso, subentra pertanto come parte dei medesimi e assume il fedele adempimento degli obblighi ivi sanciti a decorrere dal 27 apri- Il governo della Repubblica federale di Iugoslavia conferma inoltre le firme, le riserve, le dichiarazioni e le obiezioni espresse dalla Repubblica federativa socialista di Iugoslavia riguardo ai trattati elencati nell’allegato 1 accluso, prima del 27 aprile 1992. Il governo della Repubblica federale di Iugoslavia conferma, altresì, tutti gli atti relativi ai trattati, corredati di qualsivoglia dichiarazione, eseguiti dal governo della Repubblica federale di Iugoslavia dopo il 27 aprile 1992, e che sono elencati nell’allegato 2 accluso. Fatto a Belgrado, addì 11 giugno 2001. Goran Svilanoviæ Ministro federale degli Affari esteri Allegato 1 al documento di notifica di adesione e di conferma, OMPI Elenco dei trattati OMPI di cui la Repubblica federativa socialista di Iugoslavia era parte contraente prima del 27 aprile 1992 — Convenzione istitutiva dell’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (Convenzione OMPI) — Convenzione di Parigi per la protezione della proprietà industriale (Convenzione di Parigi) — Convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie e artistiche (Convenzione di Berna) — Accordo di Madrid per la registrazione internazionale di marchi (accordo di Madrid) — Accordo di Nizza sulla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi (Accordo di Nizza) — Accordo di Locarno istitutivo di una classificazione internazionale per i disegni e i modelli industriali (Accordo di Locarno) SOMMARIO — Convenzione relativa alla distribuzione dei segnali portatori di programmi trasmessi via satellite (Convenzione dei satelliti) Elenco dei trattati OMPI di cui la Repubblica federativa socialista di Iugoslavia era Stato firmatario (senza ancora esserne parte) prima del 27 aprile 1992 — Trattato di cooperazione in materia di brevetti (PCT) — Protocollo relativo all’accordo di Madrid per la registrazione internazionale di marchi (Protocollo di Madrid) — Accordo dell’Aia concernente il deposito internazionale dei modelli e disegni industriali (Accordo dell’Aia) Allegato 2 al documento di notifica di adesione e di conferma, OMPI Atti compiuti dalla Repubblica federale di Iugoslavia (RFI) in materia di trattati dopo il 27 aprile 1992 — In data 25 novembre 1993, la RFI ha depositato il suo strumento di adesione al trattato di Budapest sul riconoscimento internazionale del deposito dei microrganismi ai fini della procedura in materia di brevetti (vedi la notifica Budapest n. 121 del 30 novembre 1993). di Madrid concernente la registrazione internazionale dei marchi (vedi la notifica Madrid [marchi] n. 97 del 17 novembre 1997). L’ex RFSI aveva firmato il Protocollo di Madrid nel 1989. — Il 15 giugno 1998, la RFI ha depositato lo strumento di adesione al trattato sul diritto dei marchi (vedi la notifica TLT n. 25 del 15 giugno 1998). — Il 1° marzo 1999, la RFI ha depositato il suo strumento di adesione all’Accordo di Lisbona concernente la protezione delle denominazioni di origine e la loro registrazione internazionale (vedi la notifica Lisbona n. 23 del 1° marzo 1999). — Il 18 febbraio 2000, la RFI ha depositato il suo strumento di adesione al Trattato di Nairobi concernente la protezione del simbolo olimpico (vedi la notifica Nairobi n. 45 del 18 febbraio 2000). — Il 18 febbraio 2000, la RFI ha depositato il suo strumento di adesione all’Accordo di Madrid sulla repressione delle false o fallaci indicazioni di provenienza dei prodotti (vedi la notifica Madrid [indicazioni di provenienza] n. 26 del 18 febbraio 2000). Tale Convenzione entrerà in vigore, nei confronti della Repubblica islamica dell’Iran, il 14 marzo 2002. 14 dicembre 2001 Notifica OMPI n. 208 Convenzione istitutiva dell’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale Adesione della Repubblica di Gibuti Il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (OMPI) porge i suoi ossequi al ministro degli Affari esteri ed ha l’onore di notificargli il deposito da parte del governo della Repubblica di Gibuti, il 13 febbraio 2002, del suo strumento di adesione alla Convenzione istitutiva dell’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale, firmata a Stoccolma il 14 luglio 1967 e modificata il 28 settembre 1979. Tale Convenzione entrerà in vigore, nei confronti della Repubblica di Gibuti, il 13 maggio 2002. 13 febbraio 2002 Notifica Parigi n. 205 — Il 25 novembre 1993, la RFI ha depositato il suo strumento di ratifica dell’Accordo dell’Aia concernente il deposito internazionale dei disegni e modelli industriali (vedi la notifica L’Aia n. 36 del 30 novembre 1993). L’ex Repubblica federativa socialista di Iugoslavia (RFSI) aveva firmato l’Atto dell’Accordo dell’Aia nel 1960. — Il 1° novembre 1996, la RFI ha depositato lo strumento di ratifica del Trattato di cooperazione in materia di brevetti (vedi la notifica PCT n. 115 del 4 novembre 1996). L’ex RFSI aveva firmato il PCT nel 1970. — Il 17 novembre 1997, la RFI ha depositato il suo strumento di ratifica del Protocollo relativo all’Accordo Convenzione di Parigi per la protezione della proprietà industriale Notifica OMPI n. 207 Convenzione istitutiva dell’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale Adesione della Repubblica islamica dell’Iran Il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (OMPI) porge i suoi ossequi al ministro degli Affari esteri ed ha l’onore di notificargli il deposito da parte del governo della Repubblica islamica dell’Iran, il 14 dicembre 2001, del suo strumento di adesione alla Convenzione istitutiva dell’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (Convenzione OMPI), firmata a Stoccolma il 14 luglio 1967 e modificata il 28 settembre 1979. Adesione della Repubblica di Gibuti Il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (OMPI) porge i suoi ossequi al ministro degli Affari esteri ed ha l’onore di notificargli il deposito da parte del governo della Repubblica di Gibuti, il 13 febbraio 2002, del suo strumento d’adesione alla Convenzione di Parigi per la protezione della proprietà industriale del 20 marzo 1883, riveduta a Stoccolma il 14 luglio 1967 e modificata il 28 settembre 1979. La Convenzione di Parigi, nella sua versione riveduta, entrerà in vigore, nei confronti della Repubblica di Gibuti, il 13 maggio 2002. A partire da tale data, la Repubblica di Gibuti diverrà altresì membro dell’Unione internazionale per SOMMARIO la protezione della proprietà industriale (Unione di Parigi), fondata dalla Convenzione di Parigi. 13 febbraio 2002 Notifica Madrid (marchi) n. 134 Protocollo relativo all’Accordo di Madrid per la registrazione internazionale dei marchi Adesione della Repubblica di Bulgaria Il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (OMPI) presenta i suoi ossequi ed ha l’onore di notificare il deposito, da parte del governo della Repubblica di Bulgaria, il 2 luglio 2001, del suo strumento di adesione al Protocollo relativo all’Accordo di Madrid per la registrazione internazionale dei marchi adottato a Madrid il 27 giugno 1989 (“Protocollo di Madrid (1989)”). Il suddetto strumento era accompagnato dalle seguenti dichiarazioni: — la dichiarazione secondo la quale, ai sensi dell’articolo 5, n. 2, lettera b) del Protocollo di Madrid (1989), il termine di un anno di cui all’articolo 5, n. 2, lettera a), è sostituito dal termine di 18 mesi; — la dichiarazione secondo la quale, ai sensi dell’articolo 8, n. 7, lettera a) del Protocollo di Madrid (1989), il governo della Repubblica di Bulgaria, per ogni registrazione internazionale nella quale essa è menzionata in applicazione dell’articolo 3ter del suddetto Protocollo, e per ogni rinnovo di ciascuna di tali registrazioni internazionali, desidera ricevere, anziché una parte della riscossione delle tasse supplementari e complementari, una tassa individuale. Il Protocollo di Madrid (1989) entrerà in vigore, nei confronti della Repubblica di Bulgaria, il 2 ottobre 2001. 2 luglio 2001 Notifica Madrid (marchi) n. 135 Notifica Madrid (marchi) n. 136 Protocollo relativo all’Accordo di Madrid per la registrazione internazionale dei marchi Protocollo relativo all’Accordo di Madrid per la registrazione internazionale dei marchi Ratifica dell’Irlanda Dichiarazioni della Repubblica d’Armenia Il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (OMPI) presenta i suoi ossequi ed ha l’onore di notificare il deposito, da parte del governo dell’Irlanda, il 19 luglio 2001, del suo strumento di adesione al Protocollo relativo all’Accordo di Madrid per la registrazione internazionale dei marchi adottato a Madrid il 27 giugno 1989 (“Protocollo di Madrid (1989)”). Il suddetto strumento era accompagnato dalle seguenti dichiarazioni: — la dichiarazione, ai sensi dell’articolo 5, n. 2, lettera d) del Protocollo di Madrid (1989), secondo la quale, in applicazione dell’articolo 5, n. 2, lettera b) del suddetto Protocollo, il termine di un anno previsto per esercitare il diritto di notificare un rifiuto di protezione a norma dell’articolo 5, n. 2, lettera a), è sostituito dal termine di 18 mesi e, ai sensi dell’articolo 5, n. 2, lettera c) del suddetto Protocollo, quando il rifiuto di protezione può risultare da un’opposizione alla concessione di protezione, tale rifiuto può essere notificato dopo la scadenza del termine di 18 mesi; — la dichiarazione secondo la quale, ai sensi dell’articolo 8, n. 7, lettera a) del Protocollo di Madrid (1989), l’Irlanda, per ogni registrazione internazionale nella quale essa è menzionata in applicazione dell’articolo 3ter del suddetto Protocollo, e per ogni rinnovo di ciascuna di tali registrazioni internazionali, desidera ricevere, anziché una parte della riscossione delle tasse supplementari e complementari, una tassa individuale. Il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (OMPI) presenta i suoi ossequi ed ha l’onore di notificare il deposito, da parte del governo della Repubblica d’Armenia, il 24 luglio 2001, delle seguenti dichiarazioni in merito al Protocollo relativo all’Accordo di Madrid per la registrazione internazionale dei marchi adottato a Madrid il 27 giugno 1989 (“Protocollo di Madrid (1989)”): — la dichiarazione, ai sensi dell’articolo 5, n. 2, lettera d) del Protocollo di Madrid (1989), secondo la quale, in applicazione dell’articolo 5, n. 2, lettera b) del suddetto Protocollo, il termine di un anno previsto per esercitare il diritto di notificare un rifiuto di protezione a norma dell’articolo 5, n. 2, lettera a), è sostituito dal termine di 18 mesi; — la dichiarazione secondo la quale, ai sensi dell’articolo 8, n. 7, lettera a) del Protocollo di Madrid (1989), la Repubblica d’Armenia, per ogni registrazione internazionale nella quale essa è menzionata in applicazione dell’articolo 3ter del suddetto Protocollo, e per ogni rinnovo di ciascuna di tali registrazioni internazionali, desidera ricevere, anziché una parte della riscossione delle tasse supplementari e complementari, una tassa individuale. Le dichiarazioni prendono effetto a decorrere dal 24 ottobre 2001. 24 luglio 2001 Il Protocollo di Madrid (1989) entrerà in vigore, nei confronti dell’Irlanda, il 19 ottobre 2001. 19 luglio 2001 Notifica Madrid (marchi) n. 137 Protocollo relativo all’Accordo di Madrid per la registrazione internazionale dei marchi Adesione della Repubblica dello Zambia Il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della proprietà intellettua- SOMMARIO le (OMPI) presenta i suoi ossequi ed ha l’onore di notificare il deposito, da parte del governo della Repubblica dello Zambia, il 15 agosto 2001, del suo strumento di adesione al Protocollo relativo all’Accordo di Madrid per la registrazione internazionale dei marchi adottato a Madrid il 27 giugno 1989 (“Protocollo di Madrid (1989)”). Il Protocollo di Madrid (1989) entrerà in vigore, nei confronti della Repubblica dello Zambia, il 15 novembre 2001. 15 agosto 2001 Repubblica di Bielorussia, per ogni registrazione internazionale nella quale essa è menzionata in applicazione dell’articolo 3ter del suddetto Protocollo, e per ogni rinnovo di ciascuna di tali registrazioni internazionali, desidera ricevere, anziché una parte della riscossione delle tasse supplementari e complementari, una tassa individuale. Il Protocollo di Madrid (1989) entrerà in vigore, nei confronti della Repubblica di Bielorussia, il 18 gennaio 2002. 18 ottobre 2001 Notifica Nizza n. 111 Accordo di Nizza sulla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi Adesione della Repubblica dell’Uzbekistan Notifica Madrid (marchi) n. 138 Protocollo relativo all’Accordo di Madrid per la registrazione internazionale dei marchi Adesione della Repubblica di Bielorussia Il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (OMPI) presenta i suoi ossequi ed ha l’onore di notificare il deposito, da parte del governo della Repubblica di Bielorussia, il 18 ottobre 2001, del suo strumento di adesione al Protocollo relativo all’Accordo di Madrid per la registrazione internazionale dei marchi adottato a Madrid il 27 giugno 1989 (“Protocollo di Madrid (1989)”). Il suddetto strumento era accompagnato dalle seguenti dichiarazioni: — la dichiarazione, ai sensi dell’articolo 5, n. 2, lettera d) del Protocollo di Madrid (1989), secondo la quale, in applicazione dell’articolo 5, n. 2, lettera b) del suddetto Protocollo, il termine di un anno previsto per esercitare il diritto di notificare un rifiuto di protezione a norma dell’articolo 5, n. 2, lettera a), è sostituito dal termine di 18 mesi e, ai sensi dell’articolo 5, n. 2, lettera c) del suddetto Protocollo, quando il rifiuto di protezione può risultare da un’opposizione alla concessione di protezione, tale rifiuto può essere notificato dopo la scadenza del termine di 18 mesi; — la dichiarazione secondo la quale, ai sensi dell’articolo 8, n. 7, lettera a) del Protocollo di Madrid (1989), la Notifica Madrid (marchi) n. 139 Protocollo relativo all’Accordo di Madrid per la registrazione internazionale dei marchi Notifica della Repubblica di Bielorussia: ritiro delle dichiarazioni riguardanti gli articoli 5, n. 2, lettera b) e 8, n. 7, lettera a) Il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (OMPI) presenta i suoi ossequi al ministro degli Affari esteri ed ha l’onore di notificargli la ricezione, il 18 gennaio 2002, di una notifica del governo della Repubblica di Bielorussia con la quale quest’ultimo ritira le seguenti dichiarazioni fatte conformemente al disposto dell’articolo 5, n. 2, lettera b) del Protocollo relativo all’Accordo di Madrid per la registrazione internazionale dei marchi adottato a Madrid il 27 giugno 1989 (“Protocollo di Madrid (1989)”): la dichiarazione secondo la quale il termine di un anno previsto per esercitare il diritto di notificare un rifiuto di protezione a norma dell’articolo 5, n. 2, lettera a) del Protocollo, è sostituito dal termine di 18 mesi e la dichiarazione, ai sensi dell’articolo 8, n. 7, lettera a) del suddetto Protocollo, secondo la quale la Repubblica di Bielorussia, per ogni registrazione internazionale nella quale essa è menzionata in applicazione dell’articolo 3ter del suddetto Protocollo, e per ogni rinnovo di ciascuna di tali registrazioni internazionali, desidera ricevere, anziché una parte della riscossione delle tasse supplementari e complementari, una tassa individuale (vedi notifica MADRID n. 138 del 18 ottobre 2001). 18 gennaio 2001 Il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (OMPI) porge i suoi ossequi al ministro degli Affari esteri ed ha l’onore di notificargli il deposito, da parte del governo della Repubblica dell’Uzbekistan, il 12 ottobre 2001, del suo strumento di adesione all’Accordo di Nizza, del 15 giugno 1957, sulla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, riveduto a Stoccolma il 14 luglio 1967, a Ginevra il 13 maggio 1977 e modificato il 28 settembre 1979. L’Accordo di Nizza, riveduto e modificato, entrerà in vigore, nei confronti Repubblica dell’Uzbekistan, il 12 gennaio 2002. 12 ottobre 2001 Notifica Nizza n. 112 Accordo di Nizza sulla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi Adesione della Repubblica del Mozambico Il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (OMPI) porge i suoi ossequi al ministro degli Affari esteri ed ha l’onore di notificargli il deposito, da parte del governo della Repubblica del Mozambico, il 18 ottobre 2001, del suo strumento di adesione all’Accordo di Nizza, del 15 giugno 1957, sulla classificazione inter- SOMMARIO nazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, riveduto a Stoccolma il 14 luglio 1967, a Ginevra il 13 maggio 1977 e modificato il 28 settembre 1979. L’Accordo di Nizza, riveduto e modificato, entrerà in vigore, nei confronti Repubblica del Mozambico, il 18 gennaio 2002. 18 ottobre 2001 Notifica Nizza n. 113 Accordo di Nizza sulla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi Adesione della Repubblica del Kazakstan Il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (OMPI) porge i suoi ossequi al ministro degli Affari esteri ed ha l’onore di notificargli il deposito, da parte del governo della Repubblica del Kazakstan, il 24 gennaio 2002, del suo strumento di adesione all’Accordo di Nizza, del 15 giugno 1957, sulla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, riveduto a Stoccolma il 14 luglio 1967, a Ginevra il 13 maggio 1977 e modificato il 28 settembre 1979. L’Accordo di Nizza, riveduto e modificato, entrerà in vigore, nei confronti Repubblica del Kazakstan, il 24 aprile 2002. 24 gennaio 2002 SOMMARIO SERVICIOS CENTRALES DE LA PROPIEDAD INDUSTRIAL DE LOS ESTADOS MIEMBROS ZENTRALBEHÖRDEN FÜR DEN GEWERBLICHEN RECHTSSCHUTZ DER MITGLIEDSTAATEN CENTRAL INDUSTRIAL PROPERTY OFFICES OF THE MEMBER STATES SERVICES CENTRAUX DE LA PROPRIÉTÉ INDUSTRIELLE DES ÉTATS MEMBRES SERVIZI CENTRALI DELLA PROPRIETÀ INDUSTRIALE DEGLI STATI MEMBRI Belgique/België ÅËËAÓ Ellas/Å Office de la Propriété industrielle Administration de la Politique commerciale Ministère des Affaires économiques Boulevard du Roi Albert II, 16 B-1000 Bruxelles Υπουργε′ιο Αναπτυξης ′ Γενική Γραµµατε′ια Εµπορ′ιου Γενική Γραµµατε′ια Εσωτερικου′ Εµπορ′ιου ∆ιευθυνση ′ Εµπορικής και Βιοµηχανικής Ιδιοκτησ′ιας Πλατεíα Κανιγγος ′ GR-101 81 ΑΘΗΝΑ Dienst voor de Industriële Eigendom Bestuur Handelsbeleid Ministerie van Economische Zaken Koning Albert II-laan, 16 B-1000 Brussel Tel. (32-2) 2 06 41 11 Fax (32-2) 2 06 57 50 http://mineco.fgov.be/organization _ market/ index_fr.htm (français) http://mineco.fgov.be/organization _ market/ index_nl.htm (Nederlands) Ministère du Développement Secrétariat Général du Commerce Direction Générale du Commerce Intérieur Direction de la Propriété Commerciale et Industrielle Place de Kanning GR-101 81 ATHÈNES Tel. (30-10) 38 43 550 Fax (30-10) 38 21 717 http://www.obi.gr/ Danmark España Patent-og Varemærkestyrelsen Danish Patent and Trademark Office Helgeshøj Allé 81 DK-2630 Taastrup Oficina Española de Patentes y Marcas Panamá, 1 E-28071 Madrid Tel. (45-43) 50 80 00 Fax (45-43) 50 80 01 http://www.dkpto.dk/ Tel. (34) 913 49 53 00 Fax (34) 913 49 55 97 http://www.oepm.es/ Deutschland France Deutsches Patent- und Markenamt Zweibrückenstraße 12 D-80331 München Institut National de la Propriété Industrielle (INPI) 26 bis rue de Saint-Pétersbourg F-75800 Paris Cedex 08 Tel. (49-89) 21 95 0 Fax (49-89) 21 95 22 21 http://www.patent-und-markenamt.de/ Tel. (33-1) 53 04 53 04 Fax (33-1) 42 93 59 30 http://www.inpi.fr/ SOMMARIO Ireland Portugal Patents Office Government Buildings Hebron Road Kilkenny Ireland Instituto Nacional da Propriedade Industrial (INPI) Campo das Cebolas P-1100 Lisboa Tel. (353-56) 20 111 Fax (353-56) 20 100 Tel. (351-21) 8 81 81 00 Fax (351-21) 8 87 53 08 http://www.inpi.pt/ Italia Suomi/Finland Ufficio italiano brevetti e marchi Via Molise, 19 I-00187 Roma Patentti- ja rekisterihallitus Patent- och registerstyrelsen National Board of Patents and Registration of Finland Arkadiankatu 6 A FIN-00100 Helsinki Tel. (390-6) 48 27 188 Fax (390-6) 47 05 30 17 http://www.european-patent-office.org/it/ Tel. (358-9) 693 9500 Fax (358-9) 693 95204 http://www.prh.fi/ Luxembourg Sverige Service de la Propriété Intellectuelle Ministère de l’Economie 19-21, boulevard Royal L-2449 Luxembourg Adresse postale: L-2914 Luxembourg Patent- och Registreringsverket Swedish Patent and Registration Office Valhallavägen 136 P.O. Box 5055 S-102 42 Stockholm Tel. (352) 478 4110 Fax (352) 22 26 66 http://www.etat.lu/EC/ Tel. (46-8) 782 25 00 Fax (46-8) 666 02 86 http://www.prv.se/prveng/front.htm Nederland United Kingdom Bureau voor de Industriële Eigendom Netherlands Industrial Property Office P.O. Box 5820 2280 HV Rijswijk (2H) Nederland The Patent Office Concept House Tredegar Park Cardiff Road Newport Gwent NP9 1RH United Kingdom Tel. (31-70) 3 98 66 55 Fax (31-70) 3 90 01 90 http://bie.minez.nl/ Tel. (44-1633) 81 40 00 Fax (44-1633) 81 10 55 http://www.patent.gov.uk/ Österreich Benelux Österreichisches Patentamt Kohlmarkt, 8-10 A-1014 Wien Benelux-Merkenbureau Bureau Benelux des Marques Bordewijklaan 15 2591 XR Den Haag Nederland Tel. (43-1) 5 34 24 0 Fax (43-1) 5 34 24 520 http://www.patent.bmwa.gv.at/ Tel. (31-70) 3 49 11 11 Fax (31-70) 3 47 57 08 http://www.bmb-bbm.org/ SOMMARIO ORGANISMOS INTERNACIONALES NO GUBERNAMENTALES CON LOS QUE LA OAMI MANTIENE RELACIONES DE COOPERACIÓN INTERNATIONALE NICHTSTAATLICHE ORGANISATIONEN, MIT DENEN DAS HABM ZUSAMMENARBEITET INTERNATIONAL NON-GOVERNMENTAL ORGANIZATIONS WITH WHICH THE OHIM COOPERATES ORGANISMES INTERNATIONAUX NON GOUVERNEMENTAUX AVEC LESQUELS L’OHMI ENTRETIENT DES RAPPORTS DE COOPÉRATION ORGANISMI INTERNAZIONALI NON GOVERNATIVI CON I QUALI L’UAMI INTRATTIENE RAPPORTI DI COOPERAZIONE Association des Industries de Marque AIM Mr Philip Sheppard Manager Branding & Marketing Affairs 9 Avenue des Gaulois B-1040 Bruxelles Tel. (32-2) 736 03 05 Fax (32-2) 734 67 02 http://www.aim.be [email protected] Committee of National Institutes of Patent Agents CNIPA Dr Eugen Popp Secretary General c/o Meissner, Bolte & Partner Widenmayerstraße 48 Postfach 860624 D-81633 München Tel. (49-89) 21 21 860 Fax (49-89) 21 21 86 70 Association Internationale pour la Protection de la Propriété Industrielle AIPPI European Communities Trade Mark Association ECTA General Secretariat Bleicherweg 58 CH - 8027 Zurich Switzerland Tel. (41) 1 204 12 60 Fax (41) 41 1 204 12 00 http://www.aippi.org general [email protected] Mr Robert Freitag President ECTA Secretariat Bisschoppenhoflaan 286, Box 5 B-2100 Deurne-Antwerpen Tel. (32) 3 326 47 23 Fax (32) 3 326 76 13 http://www.ecta.org [email protected] Conseil européen de l’industrie chimique CEFIC European Federation of Pharmaceutical Industries and Associations EFPIA Mr Alain Perroy, President Mr Jean-Marie Devos, Secretary General Mrs Nicole Maréchal, Legal Counsellor Avenue E. Van Nieuwenhuyse 4, boîte 1 B-1160 Bruxelles Tel. (32-2) 676 72 18 Fax (32-2) 676 73 31 http://www.cefic.org [email protected] Mrs Ann Robins Manager Legal Affairs Leopold Plaza Building Rue du Trône 108, boîte 1 B-1050 Bruxelles Tel. (32-2) 626 25 55 Fax (32-2) 626 25 66 http://www.efpia.org [email protected] SOMMARIO Fédération européenne des mandataires de l’industrie en propriété industrielle FEMIPI Licensing Executives Society International LES M. François Dusolier c/o Synthélabo Service des marques 22, avenue Galilée F-92350 Le-Plessis-Robinson Tel. (33-1) 53 77 48 73 Fax (33-1) 45 37 59 35 Mr Jonas Gullikson Vice-President c/o Ström & Gullikson AB P.O. Box 4188 S-20313 Malmö Tel. +46 40 75745 Fax +46 40 23 78 97 http://www.sg.se [email protected] The European Union Members Commission of FICPI EUCOF Association of European Trade Mark Owners MARQUES Mr Helmut Sonn President of EUCOF c/o Sonn, Pawloy, Weinziger & Wolfram Riemergasse 14 A-1010 Wien Tel. (43 1) 512 84 05 41 Fax (43 1) 512 84 05 90 [email protected] Mr. Colin Grimes Secretary General 840 Melton Road Thurmaston Leicester LE4 8BN United Kingdom Tel. (44-116) 264 00 80 Fax (44-116) 264 01 41 http://www.marques.org [email protected] International Chamber of Commerce ICC Union des confédérations de l’industrie et des employeurs d’Europe UNICE Ms Daphné Yong-D’Hervé Chef de Division 38, cours Albert 1er F-75008 Paris Tel. (33-1) 49 53 28 18 Fax (33-1) 49 53 28 35 http://www.iccwbo.org [email protected] Mr Dirk F. Hudig, Secretary General Mr Jérôme Chauvin - Legal Adviser Company Affairs Department 40 Rue Joseph II, boîte 4 B-1040 Bruxelles Tel. (32-2) 237 65 11 Fax (32-2) 231 14 45 http://www.unice.org [email protected] International Trademark Association INTA Union of European Practitioners in Industrial Property UNION Mr Bruce J. MacPherson International Manager 1133 Avenue of the Americas New York, NY 10036-6710 USA Tel. (1-212) 768 98 87 Fax (1-212) 768 77 96 http://www.inta.org [email protected] Mr Philippe Overath Secretary General c/o Cabinet Bede Place de l’Alma, 3 B-1200 Brussels Tel. (32-2) 779 03 39 Fax (32-2) 772 47 80 [email protected]