SOMMARIO
GU 7-8/2002
Pagina
Comunicazione n. 3/02 del presidente dell’Ufficio del 5 marzo 2002 in merito alle osservazioni dei terzi ..............................................................................................................................
1373
Decisione della Seconda Commissione di ricorso 21 marzo 2001 nel procedimento
R 309/1999-2 (MARCHIO FIG. (MASCHERINA)) ...............................................................
1375
Decisione della Seconda Commissione di ricorso 23 maggio 2001 nel procedimento
R 288/2000-2 (MARCHIO FIG. (>EN.)) ..................................................................................
1393
Decisione della Terza Commissione di ricorso 11 luglio 2001 nel procedimento R 759/2000-3
(GRAFENWÄLDER / GRAFENWALDER) ............................................................................
1405
Decisione della Prima Commissione di ricorso 2 ottobre 2001 nel procedimento
R 906/2000-1 (MARCHIO FIG. (DA VINCI) / MARCHIO FIG. (DA VINCI)) ...........
1427
Decisione della Prima Commissione di ricorso 3 ottobre 2001 nel procedimento
R 661/1999-1 (MARCHIO FIGURATIVO (COLEX) / COLEX DATA) .........................
1461
Corrigendum ...................................................................................................................................
1487
Elenco dei mandatari abilitati .......................................................................................................
1488
Giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee
• Sentenza della Corte di giustizia del 23 aprile 2002 nel procedimento C-143/00 (domanda
di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma dell’art. 234 CE, dalla High
Court of Justice (England & Wales), Chancery Division (Regno Unito) ..........................
1493
• Sentenza della Corte di giustizia del 23 aprile 2002 nel procedimento C-443/99 (domanda
di pronunzia pregiudiziale sotoposta dall’Oberlandesgericht Wien (Austria)): Merck,
Sharp & Dohme GmbH e Paranova Pharmazeutika Handels GmbH ...............................
1535
Giurisprudenza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee
• Sentenza del Tribunale di Primo Grado (Seconda Sezione ampliata) del 20 marzo 2002
nella causa T-356/00 (avente ad oggetto il ricorso proposto contro la decisione 12 settembre 2000 (procedimento R 477/1999-3) della Terza Commissione di ricorso dell’Ufficio per l’Armonizzazione nel Mercato Interno (marchi, disegni e modelli)): DaimlerChrysler AG contro Ufficio per l’Armonizzazione nel Mercato Interno (marchi, disegni
e modelli) (UAMI) (Carcard) ...................................................................................................
1553
Informazioni OMPI
• Notifica OMPI n. 206, Notifica Parigi n. 204, Notifica Berna n. 222, Notifica Madrid
(marchi) n. 133, Notifica Nizza n. 110, Notifica Locarno n. 52 .........................................
1591
• Notifica OMPI n. 207 ...............................................................................................................
1597
• Notifica OMPI n. 208 ...............................................................................................................
1599
• Notifica Paris n. 205 ..................................................................................................................
1599
• Notifica Madrid (marchi) n. 134 ..............................................................................................
1601
• Notifica Madrid (marchi) n. 135 ..............................................................................................
1603
• Notifica Madrid (marchi) n. 136 ..............................................................................................
1605
SOMMARIO
• Notifica Madrid (marchi) n. 137 ..............................................................................................
1605
• Notifica Madrid (marchi) n. 138 ..............................................................................................
1607
• Notifica Madrid (marchi) n. 139 ..............................................................................................
1609
• Notifica Nizza n. 111 ................................................................................................................
1611
• Notifica Nizza n. 112 ................................................................................................................
1611
• Notifica Nizza n. 113 ................................................................................................................
1613
Servizi centrali della proprietà industriale degli Stati membri .................................................
1614
Organismi internazionali non governativi con i quali l’UAMI intrattiene rapporti di cooperazione ..........................................................................................................................................
1616
SOMMARIO
Comunicazione n. 3/02 del
presidente dell’Ufficio
DECISIONE DELLA SECONDA
COMMISSIONE DI RICORSO (1)
del 5 marzo 2002
del 21 marzo 2001
in merito alle osservazioni dei terzi
nel procedimento R 309/1999-2
La comunicazione n. 1/00, del 25 febbraio 2000 (GU UAMI 2000, pag. 478),
stabilisce la prassi dell’Ufficio in merito alle osservazioni dei terzi ai sensi
dell’articolo 41 del regolamento sul
marchio comunitario.
D’ora in avanti l’Ufficio informerà la
persona che ha formulato osservazioni
ai sensi dell’articolo 41 in merito all’azione intrapresa, ossia se l’Ufficio ha
comunicato o no al richiedente di avere seri dubbi sull’idoneità alla registrazione del marchio. Qualora l’Ufficio
comunichi al richiedente di avere seri
dubbi, informerà la persona che ha formulato osservazioni in merito all’esito
del procedimento, ossia se l’Ufficio ha
rifiutato o no la domanda di marchio
comunitario.
Wubbo de Boer
Presidente
(Lingua del procedimento: inglese)
Articolo 7, n. 1, lettera b), RMC - Articolo 7, n. 1, lettera c), RMC - Articolo 7, n. 3, RMC
Carattere distintivo – Carattere distintivo acquisito – Prove – Data di
deposito – Consumatore – Registrazione in uno Stato membro – Registrazione del marchio comunitario
Per dimostrare che il segno è intrinsecamente distintivo e idoneo alla registrazione, la ricorrente ha presentato
come prove un numero ragguardevole
di opuscoli, cataloghi e materiali pubblicitari nonché una dichiarazione resa
da un disegnatore automobilistico nell’ambito di un’azione giudiziaria negli
Stati Uniti, secondo cui la mascherina
del frontale della JEEP non ha carattere funzionale. La maggior parte degli
opuscoli, dei cataloghi e dei materiali
pubblicitari depositati riguarda automobili fabbricate dalla ricorrente. A
giudizio della Commissione di ricorso,
gli opuscoli, i cataloghi e i materiali
pubblicitari non corroborano a sufficienza la tesi dell’unicità della mascherina del frontale rispetto a quelle di altri veicoli «fuoristrada» esistenti sul
mercato, e quindi del suo carattere distintivo. Il fatto che la mascherina del
frontale non abbia necessariamente un
carattere funzionale non basta a renderla automaticamente distintiva. Nonostante la forma della mascherina del
frontale non sia propriamente comune,
essa non si distingue in modo particolare rispetto alla gamma di mascherine
prevedibili o in uso per i veicoli «fuoristrada», in particolare quelli a quattro
ruote motrici. Il consumatore di riferimento percepirebbe la mascherina del
frontale anzitutto come una parte dell’autoveicolo, e non come un contrassegno di origine. Senza l’aggiunta di ulteriori informazioni riguardanti le vendite totali di veicoli «fuoristrada» in
Europa o nei singoli Stati membri, queste cifre, a giudizio della Commissione,
non avvalorano la tesi della ricorrente,
in quanto esse non possono essere valutate in relazione alle vendite comples-
sive nel mercato o nei mercati di riferimento. È pertanto impossibile valutare
la rilevanza di tali cifre. Inoltre, le cifre
relative alle vendite non dimostrano di
per sé che i consumatori percepiscano
la mascherina del frontale di un veicolo
come indicatore dell’origine dei prodotti. Va sottolineato che le cifre relative alle vendite presentate sembrano, in
parte, riferirsi ad un periodo successivo
al deposito della domanda. L’indagine
di mercato prodotta non può essere
presa in considerazione, poiché si riferisce a consumatori statunitensi e non ai
consumatori di riferimento della Comunità europea. Le prove presentate
unitamente alla domanda di marchio
comunitario n. 188185 JEEP non corroborano gli argomenti della ricorrente
secondo cui la mascherina del frontale
avrebbe acquisito un carattere distintivo. Esse, piuttosto, si riferiscono al
marchio denominativo JEEP. Il fatto
che marchi simili a quello oggetto della
domanda siano stati registrati in uno
Stato membro è solo indirettamente rilevante e non può in alcun caso obbligare l’esaminatore o la Commissione di
ricorso ad accettare un marchio che essi
ritengano descrittivo o privo di carattere distintivo, poiché le decisioni delle
autorità nazionali non sono vincolanti
per l’Ufficio.
Chrysler Corporation
1000 Chrysler Drive
City of Auburn Hills,
Michigan 48326-2766
Stati Uniti d’America
ricorrente
rappresentata da Nederlandsch Octrooibureau, Scheveningseweg 82, NL2517 KZ L’Aia, Paesi Bassi
avente ad oggetto il ricorso relativo alla
domanda di marchio comunitario n.
525048
La Seconda Commissione di ricorso
composta da K. Sundström (presidente
e relatore), H.R. Furstner (membro) e
J.F. Gormley (membro)
cancelliere: E. Gastinel
ha adottato la seguente
Decisione
Sintesi dei fatti
(1) Questa decisione ha formato l’oggetto
di un ricorso al Tribunale di primo grado delle Comunità europee il 6 giugno
2001 (T-128/01).
1 Con domanda depositata il 29 aprile 1997, la ricorrente chiedeva la registrazione come marchio comunitario
del segno di seguito raffigurato
SOMMARIO
in riferimento al seguente elenco di prodotti compresi nella classe 12:
Classe 12 – «Veicoli; apparecchi di locomozione terrestri, aerei o nautici; relativi componenti»
2 Con lettera datata 7 luglio 1998, l’esaminatore informava la ricorrente che
il marchio non era idoneo alla registrazione ai sensi dell’articolo 7, n. 1, lettera b), del regolamento (CE) del Consiglio 20 dicembre 1993, n. 40/94, sul
marchio comunitario (in prosieguo:
«RMC») (GU CE 1994 L 11, pag. 1;
GU UAMI n. 1/95, pag. 52), in relazione ai seguenti prodotti compresi nella classe 12:
«veicoli; apparecchi di locomozione
terrestri; relativi componenti».
L’esaminatore osservava che il marchio
era sprovvisto di carattere distintivo,
poiché costituiva una mera riproduzione grafica di un componente essenziale
di tali prodotti.
3 Con lettera datata 5 gennaio 1999, la
ricorrente confutava il parere dell’esaminatore riguardo alla mancanza di carattere distintivo del marchio, argomentando come segue:
— la mascherina del frontale raffigurata
costituirebbe una caratteristica esclusiva degli autoveicoli della ricorrente
e conserverebbe all’incirca lo stesso
aspetto da cinquant’anni.
— Solo gli autoveicoli a quattro ruote
motrici fabbricati dalla ricorrente sarebbero dotati di una mascherina di
questo genere.
— La mascherina non avrebbe carattere
funzionale.
— La mascherina godrebbe di notorietà
sul mercato e i consumatori la ricollegherebbero ad un veicolo di tipo
sportivo utilitario della ricorrente.
Pertanto la mascherina del frontale,
con l’uso, sarebbe divenuta un elemento distintivo dei prodotti «veicoli; apparecchi di locomozione terrestri; relativi componenti».
4 Con lettera del 7 aprile 1999, l’esaminatore notificava alla ricorrente la
propria decisione (in prosieguo: la «decisione impugnata») secondo la quale il
marchio non era idoneo alla registrazione in riferimento ai prodotti com-
presi nella classe 12, «veicoli; apparecchi di locomozione terrestri; relativi
componenti», ai sensi dell’articolo 7, n.
1, lettera b), RMC. L’esaminatore faceva riferimento alla motivazione già
esposta nella sua lettera del 7 luglio
1998 e replicava agli argomenti della ricorrente rilevando quanto segue:
— il marchio figurativo era sprovvisto
di carattere distintivo, poiché costituiva una semplice riproduzione grafica di una parte anteriore essenziale
di ogni veicolo, in particolare dei
veicoli a quattro ruote motrici, dei
camion e degli autotreni.
— Il marchio figurativo non constava di
elementi di fantasia tali da conferire
al marchio figurativo nel suo complesso un carattere distintivo.
— La ricorrente non aveva dimostrato
che il marchio figurativo fosse divenuto distintivo in tutta la Comunità,
come prescritto dall’articolo 7, n. 3,
RMC.
5 La domanda di registrazione veniva
tuttavia accolta per i rimanenti prodotti compresi nella classe 12, segnatamente «apparecchi di locomozione aerei o
nautici; relativi componenti».
6 Il 4 giugno 1999 la ricorrente proponeva un ricorso avverso la decisione
impugnata, nei limiti in cui questa si riferiva a «veicoli; apparecchi di locomozione terrestri; relativi componenti»,
depositando il 5 agosto 1999 la memoria contenente i relativi motivi e il 6
agosto 1999 ulteriori osservazioni.
7 Il ricorso veniva sottoposto all’esaminatore per la revisione pregiudiziale
di cui all’articolo 60 RMC, per poi essere rinviato dinanzi alle Commissioni
di ricorso il 18 agosto 1999.
Motivi del ricorso
8 Nella propria memoria contenente i
motivi del ricorso, la ricorrente ha ampiamente ribadito la posizione espressa
nella sua lettera del 5 gennaio 1999. Gli
argomenti della ricorrente si possono
riassumere nel modo seguente:
— con gli opuscoli e i documenti depositati, «...la ricorrente intendeva dimostrare che il pezzo della mascherina del frontale non costituisce una
mera riproduzione grafica della parte anteriore di un qualunque veicolo, ma costituisce un elemento esclu-
sivo utilizzato unicamente su un certo tipo di veicoli della ricorrente, con
il quale esso viene identificato».
— La mascherina del frontale di un autoveicolo non avrebbe un carattere
essenzialmente funzionale. Sul mercato esisterebbero numerose disegni
di mascherine. La mascherina oggetto della domanda di registrazione sarebbe completamente diversa dalle
altre presenti sul mercato.
— Le prove presentate sarebbero sufficienti a dimostrare che il marchio figurativo della ricorrente ha acquisito
con l’uso un carattere distintivo.
9 Oltre ai motivi del ricorso depositati il 5 agosto 1999 e alle osservazioni depositate il 6 agosto 1999, la ricorrente
ha presentato ulteriori prove per dimostrare che il segno in questione possiede un carattere intrinsecamente distintivo o ha acquisito tale carattere in seguito all’uso in riferimento ai prodotti
considerati. La ricorrente ha altresì rinviato alle prove di tale uso presentate
nell’ambito della domanda di marchio
comunitario n. 188185, JEEP.
Motivazione
10 Il ricorso è conforme agli articoli
57, 58 e 59 RMC nonché alla regola 48
del regolamento di esecuzione, ed è
pertanto ammissibile.
11 L’articolo 7 RMC, nella parte qui
rilevante, così dispone:
«1.
1.
Sono esclusi dalla registrazione:
…
(b) i marchi privi di carattere distintivo;
(c) i marchi composti esclusivamente
da segni o indicazioni che in commercio possono servire per designare la specie, la qualità, la quantità, la destinazione, il valore, la
provenienza geografica, ovvero l’epoca di fabbricazione del prodotto
o di prestazione del servizio, o altre caratteristiche del prodotto o
servizio;
1.
…
2.
Il paragrafo 1 si applica anche se le
cause d’impedimento esistono sol-
SOMMARIO
tanto per una parte della Comunità.
3.
Il paragrafo 1, lettere b), c) e d) non
si applica se il marchio ha acquistato, per tutti i prodotti o servizi per
i quali si chiede la registrazione, un
carattere distintivo in seguito all’uso che ne è stato fatto».
12
Il primo punto da accertare nell’ambito del presente ricorso è se il
marchio della ricorrente abbia o no
carattere intrinsecamente distintivo
in riferimento ai prodotti «veicoli;
apparecchi di locomozione terrestri; relativi componenti», compresi nella classe 12.
13 In caso di risposta negativa, si prospetterebbe una seconda questione, ossia se il marchio figurativo abbia acquisito un carattere distintivo in seguito all’uso in riferimento ai prodotti «veicoli;
apparecchi di locomozione terrestri; relativi componenti», compresi nella classe 12.
14 Per dimostrare che il segno è intrinsecamente distintivo e idoneo alla
registrazione, la ricorrente ha presentato come prove un numero ragguardevole di opuscoli, cataloghi e materiali
pubblicitari nonché una dichiarazione
resa da un disegnatore automobilistico
nell’ambito di un’azione giudiziaria negli Stati Uniti, secondo cui la mascherina del frontale della JEEP non ha carattere funzionale. La maggior parte degli opuscoli, dei cataloghi e dei materiali
pubblicitari depositati riguarda automobili fabbricate dalla ricorrente. A
giudizio della Commissione di ricorso,
gli opuscoli, i cataloghi e i materiali
pubblicitari non corroborano a sufficienza la tesi dell’unicità della mascherina del frontale rispetto a quelle di altri veicoli «fuoristrada» esistenti sul
mercato, e quindi del suo carattere distintivo. Il fatto che la mascherina del
frontale non abbia necessariamente un
carattere funzionale non basta a renderla automaticamente distintiva.
15 La Commissione considera corretto il giudizio dell’esaminatore secondo
il quale il segno della ricorrente raffigurante la mascherina anteriore di un veicolo non è, già ad un primo esame, distintivo per i prodotti in questione. I
prodotti rivendicati nella domanda
sono veicoli «fuoristrada» in generale,
destinati all’acquirente medio di questo
tipo di veicoli. Questi consumatori
sono abituati alla visione di mascherine
di veicoli «fuoristrada» caratterizzate da
elementi simili o identici a quelli del
marchio della ricorrente. Nonostante la
forma della mascherina del frontale non
sia propriamente comune, essa non si
distingue in modo particolare rispetto
alla gamma di mascherine prevedibili o
in uso per i veicoli «fuoristrada», in
particolare quelli a quattro ruote motrici. La Commissione ritiene pertanto che
il consumatore di riferimento percepirebbe la mascherina anzitutto come una
parte dell’autoveicolo, e non come un
contrassegno di origine.
16 Se il pubblico non è stato preventivamente abituato ad associare mentalmente la mascherina del frontale a
un’impresa, questa Commissione non
ritiene che il marchio sia intrinsecamente in grado di contraddistinguere i
prodotti della ricorrente dagli analoghi
prodotti dei concorrenti. Gli opuscoli, i
cataloghi, i materiali pubblicitari e la dichiarazione presentati non dimostrano
che il consumatore di riferimento sia
stato abituato a intendere la mascherina
del frontale come un riferimento all’origine dei prodotti.
17 Le prove addotte dalla ricorrente a
sostegno dell’asserito carattere distintivo acquisito sono le seguenti:
a. cifre relative alle «VENDITE DEL
MARCHIO JEEP» durante il periodo 1990 e 1997 in Spagna e nel
mondo;
b. cifre corrispondenti al numero di
JEEP WRANGLER vendute in
Europa durante il periodo 1994 luglio 1999;
c. un’indagine di mercato volta a dimostrare che il marchio ha acquisito con l’uso carattere distintivo.
18 Senza l’aggiunta di ulteriori informazioni riguardanti le vendite totali di
veicoli «fuoristrada» in Europa o nei
singoli Stati membri, queste cifre, a giudizio della Commissione, non avvalorano la tesi della ricorrente, in quanto non
possono essere valutate in relazione alle
vendite complessive nel mercato o nei
mercati di riferimento. È pertanto impossibile valutare la rilevanza di tali cifre. Inoltre, le cifre relative alle vendite
non dimostrano di per sé che i consumatori percepiscano la mascherina del
frontale di un veicolo come indicatore
dell’origine dei prodotti. Va sottolineato che le cifre relative alle vendite presentate sembrano, in parte, riferirsi ad
un periodo successivo al deposito della
domanda. Come costantemente ribadito dalle Commissioni di ricorso, le prove relative a periodi successivi alla data
della domanda non possono essere prese in considerazione in sede di valutazione dell’asserito carattere distintivivo
acquisito ai sensi del regolamento sul
marchio comunitario (v. decisioni 31
maggio 2000, procedimento R
672/1999-2-TEEN (MARCHIO FIGURATIVO); 31 gennaio 2000, procedimento R 205/1999-1- marchio 3D
(Caja); e 14 dicembre 1999, procedimento R 289/1999-3-PC EXPERT).
19 L’indagine di mercato prodotta
non può essere presa in considerazione,
poiché si riferisce a consumatori statunitensi e non ai consumatori di riferimento della Comunità europea.
20 La Commissione ha altresì esaminato le prove presentate unitamente alla
domanda di marchio comunitario n.
188185 JEEP, alle quali la ricorrente
aveva fatto riferimento nell’ambito delle osservazioni presentate in data 6 agosto 1999. Tuttavia, tali prove non corroborano gli argomenti della ricorrente
secondo cui la mascherina del frontale
avrebbe acquisito un carattere distintivo. Esse, piuttosto, si riferiscono al
marchio denominativo JEEP.
21 Il fatto che marchi simili a quello
oggetto della domanda siano stati registrati in uno Stato membro è solo indirettamente rilevante, e non può in alcun
caso obbligare l’esaminatore o la Commissione di ricorso ad accettare un marchio che essi ritengano descrittivo o privo di carattere distintivo, poiché le decisioni delle autorità nazionali non sono
vincolanti per l’Ufficio [v. sentenze del
Tribunale di primo grado delle Comunità europee 16 febbraio 2000, causa T122/99, Procter & Gamble / UAMI
(«forma di un pane di sapone»), Racc.
pag. II-265, punti 60 e 61, e 5 dicembre
2000, causa T-32/00, Messe München
GmbH / UAMI («electronica»), punto
47].
22 Per quanto concerne l’argomento
relativo al fatto che l’Ufficio avrebbe
accettato un certo numero di marchi simili, la Commissione rileva che tali decisioni sono irrilevanti ai fini del pre-
SOMMARIO
sente procedimento. La Commissione
deve prendere in esame in ciascun caso
concreto la decisione oggetto di ricorso.
DECISIONE DELLA SECONDA
COMMISSIONE DI RICORSO
del 23 maggio 2001
comunitario, per determinati servizi
compresi nelle classi 41 e 42 della classificazione di Nizza, del contrassegno
di seguito riprodotto:
nel procedimento R 288/2000-2
Dispositivo
(Lingua del procedimento: inglese)
Per questi motivi, la Commissione così
decide:
Articolo 29, n. 1, RMC
Il ricorso è respinto.
Priorità
La Commissione di ricorso ritiene che il
contrassegno riprodotto nella domanda
di marchio comunitario sia uguale a
quello raffigurato nella domanda statunitense, nonostante la differenza derivante dall’uso di un carattere tipografico diverso. A giudizio della Commissione, la differenza esistente tra i caratteri
tipografici utilizzati nei contrassegni riprodotti nell’ambito del presente procedimento è irrilevante ed ha un impatto
scarso, se non nullo, a tutti i fini e a tutti gli effetti. Di conseguenza, non è necessario prendere in esame la questione
relativa alla rettifica della domanda. La
Commissione è inoltre del parere che,
coerentemente con l’articolo 5, parte C,
punto 2), della convenzione di Parigi per
la protezione della proprietà industriale,
anche qualora un marchio, successivamente alla registrazione, venga utilizzato con un carattere tipografico diverso,
ma tale da non alterare il carattere distintivo del marchio quale è stato registrato, tale uso non determini una riduzione della protezione attribuita al marchio né l’invalidazione di quest’ultimo.
Digital Entertainment Network, Inc.
2230 Broadway
Santa Monica, California 90404
Stati Uniti d’America
ricorrente
rappresentata da Bureau Gevers, Brussels Airport Business Park, Holidaystraat 5, B-1831 Diegem, Belgio
avente ad oggetto il ricorso relativo alla
domanda di marchio comunitario n.
1078344
La Seconda Commissione di ricorso
composta da K. Sundström (presidente), J.F. Gormley (relatore) e D.T. Keeling (membro)
cancelliere: E. Gastinel
2 Nella propria domanda, la ricorrente rivendicava la priorità di una registrazione effettuata negli Stati Uniti, depositata il 29 ottobre 1998, per taluni
servizi compresi nella classe 42 della
classificazione di Nizza.
3 Il 28 aprile 1999 l’Ufficio riceveva
dalla ricorrente una copia certificata, rilasciata dall’United States Patent and
Trademark Office (Ufficio statunitense
dei marchi e brevetti), degli atti relativi
alla domanda oggetto della rivendicazione di priorità.
4 Il marchio raffigurato nella domanda statunitense è quello di seguito riportato:
5 Il 19 agosto 1999 l’esaminatrice comunicava alla ricorrente che il diritto di
priorità da essa rivendicato nella sua
domanda non sarebbe stato riconosciuto, in quanto i marchi figuranti nella
domanda statunitense e nella domanda
di marchio comunitario non erano
identici.
6 Il 17 dicembre 1999 la ricorrente rispondeva nelle forme prescritte alla lettera dell’esaminatrice, chiedendo di rettificare la propria domanda a norma
dell’articolo 44, n. 2, del regolamento
(CE) del Consiglio 20 dicembre 1993,
n. 40/94, sul marchio comunitario (in
prosieguo: «RMC») (GU CE 1994 L
11, pag. 1; GU UAMI n. 1/95, pag. 52).
7 La ricorrente spiegava di non aver
notato le differenze, poiché queste apparivano lievi, ed affermava che una rettifica della domanda di marchio comunitario, volta ad uniformarla alla domanda statunitense, non avrebbe
comportato una modificazione sostanziale del marchio stesso.
ha adottato la seguente
Decisione
Sintesi dei fatti
1 Il 17 febbraio 1999 la ricorrente
chiedeva la registrazione come marchio
8 Il 23 dicembre 1999 l’esaminatrice
adottava una decisione di diniego della
rettifica richiesta, rigettando la rivendicazione di priorità avanzata dalla ricorrente. L’esaminatrice motivava la propria decisione nei seguenti termini:
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«L’Ufficio non ritiene che la presentazione del logo >en. (marchio per il
quale – come è evidente – non occorre
necessariamente depositare una riproduzione grafica, dal momento che può
essere scritto con i caratteri standard di
una tastiera, contrariamente al marchio
riportato nella domanda statunitense),
in luogo di quello che avreste dovuto
ricevere dalla richiedente al momento
del deposito, costituisca un errore manifesto. La Sua richiesta di rettificazione della domanda non può pertanto essere accolta».
9 Il 30 dicembre 1999 la ricorrente
scriveva all’Ufficio sostenendo che, all’apparenza, si era verificato un fraintendimento da parte dell’esaminatrice.
La ricorrente argomentava che il marchio raffigurato nella domanda statunitense era, di fatto, identico a quello
contenuto nella domanda di marchio
comunitario e che ogni differenza tra i
due marchi si limitava al rispettivo carattere tipografico, ed era pertanto irrilevante. La ricorrente richiamava l’attenzione dell’esaminatrice sulle direttive d’esame dell’Ufficio concernenti la
preesistenza, nel punto in cui queste dispongono che i marchi denominativi, in
generale, vadano considerati senza fare
alcun riferimento al carattere tipografico con il quale vengono registrati. La ricorrente proseguiva ribadendo quanto
aveva già affermato nella sua lettera del
17 dicembre 1999.
10 Il 17 gennaio 2000 l’esaminatrice
replicava alla ricorrente notificandole la
propria decisione definitiva (in prosieguo: la «decisione impugnata»). Dopo
aver precisato di aver tenuto conto delle ultime osservazioni della ricorrente,
l’esaminatrice ribadiva quanto aveva affermato nella sua lettera del 23 dicembre 1999.
11 Il 10 febbraio 2000 la ricorrente
presentava all’esaminatrice ulteriori osservazioni, nonostante quest’ultima
avesse espressamente chiarito, nella
propria lettera del 17 gennaio 2000, che
la sua decisione era definitiva e che poteva essere impugnata con ricorso ai
sensi dell’articolo 58 RMC.
12 Il 16 marzo 2000 la ricorrente presentava un ricorso avverso la decisione
impugnata, a cui faceva seguire, il 16
maggio 2000, il deposito della memoria
contenente i relativi motivi.
Motivi del ricorso
13 I motivi dedotti dalla ricorrente
sono, in sintesi, i seguenti:
— l’esaminatrice avrebbe omesso di indicare le ragioni per le quali ha escluso che nella domanda vi fosse un errore manifesto ai sensi dell’articolo
44, n. 2, RMC.
— Il fatto che il segno >en. fosse rappresentato nel carattere tipografico
sbagliato costituirebbe un errore manifesto, poiché sarebbe chiaro che il
carattere che doveva essere utilizzato avrebbe dovuto essere diverso e,
nella fattispecie, uguale a quello figurante nella domanda statunitense,
come si sarebbe sempre inteso fare.
— La rettifica proposta non avrebbe
comportato alcuna modificazione
sostanziale del marchio. Al riguardo,
essa richiama le decisioni 15 luglio
1998, procedimento R 10/1998-2 –
THINKPAD/THINK PAD, e 14
febbraio 2000, procedimento R
196/1998-2 – RANIER/RAINIER.
— Sul piano visivo, i due contrassegni
sarebbero quasi identici: l’unica differenza, lievissima, risiederebbe nel
carattere tipografico utilizzato.
— Sul piano fonetico e sul piano concettuale, i segni sarebbero identici.
— Né l’Ufficio né i terzi subirebbero
conseguenze per effetto della modifica. Qualunque tipo di ricerca si intendesse effettuare, se il segno >en.
in «font Helvetica» fosse considerato come voce di ricerca, il medesimo
segno, in qualsiasi altro «font», risponderebbe ugualmente allo stesso
criterio, dando luogo ad un risultato
analogo.
Motivazione
14 Il ricorso è conforme agli articoli
57, 58 e 59 RMC nonché alla regola 48
del regolamento (CE) della Commissione 13 dicembre 1995, n. 2868/95, recante modalità di esecuzione del regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio sul
marchio comunitario (GUCE 1995 L
303, pag. 1; GU UAMI n. 2-3/95, pag.
258), ed è pertanto ammissibile.
15 Le circostanze in cui è possibile rivendicare un diritto di priorità sono definite all’articolo 29, n. 1, RMC, il quale recita:
«Chiunque abbia regolarmente depositato un marchio, in o per uno degli Stati facenti parte della convenzione di Parigi o dell’Accordo che istituisce l’Organizzazione mondiale del commercio, o il
suo avente causa, fruisce, durante sei
mesi a decorrere dalla data del deposito della prima domanda, di un diritto di
priorità per effettuare il deposito di una
domanda di marchio comunitario per il
medesimo marchio e per prodotti o servizi identici a, o contenuti in, quelli per
i quali il marchio è depositato» (sottolineatura aggiunta).
16 La Commissione di ricorso ritiene
che il contrassegno riprodotto nella domanda di marchio comunitario sia
uguale a quello raffigurato nella domanda statunitense, nonostante la differenza derivante dall’uso di un carattere
tipografico diverso.
17 I contrassegni suscitano la medesima impressione e contengono i medesimi elementi, segnatamente: >, simbolo
matematico che sta per «maggiore di»,
seguito (senza spaziatura tipografica)
dalle lettere en e da un punto.
18 A giudizio della Commissione, la
differenza esistente tra i caratteri tipografici utilizzati nei contrassegni riprodotti nell’ambito del presente procedimento è irrilevante ed ha un impatto
scarso, se non nullo, a tutti i fini e a tutti gli effetti.
19 Di conseguenza, non è necessario
prendere in esame la questione relativa
alla rettifica della domanda. La Commissione è inoltre del parere che, coerentemente con l’articolo 5, parte C,
punto 2), della convenzione di Parigi
per la protezione della proprietà industriale, anche qualora un marchio, successivamente alla registrazione, venga
utilizzato con un carattere tipografico
diverso, ma tale da non alterare il carattere distintivo del marchio quale è
stato registrato, tale uso non determini
una riduzione della protezione attribuita al marchio né l’invalidazione di quest’ultimo.
20 La Commissione ritiene pertanto
che il ricorso debba essere accolto e il
procedimento rinviato all’esaminatrice
per l’ulteriore prosecuzione.
Dispositivo
Per questi motivi, la Commissione così
decide:
SOMMARIO
1.
La decisione impugnata è annullata.
DECISIONE DELLA TERZA
COMMISSIONE DI RICORSO
2.
Il procedimento è rinviato all’esaminatrice per l’ulteriore prosecuzione.
del 11 luglio 2001
nel procedimento R 759/2000-3
(Lingua del procedimento: tedesco)
Nono ‘considerando’ RMC - Articolo
8, n. 1, lettera b), RMC - Articolo 43,
n. 2, RMC - Articolo 43, n. 3, RMC Articolo 73 RMC - Articolo 74, n. 1,
RMC - Articolo 76, n. 1, lettera f),
RMC - Articolo 76, n. 1, lettera c),
RMC - Regola 51 RE - Regola 22, n. 2,
RE
Uso effettivo - Prove dell’uso - Dichiarazione giurata – Normativa nazionale (Germania) - Natura delle
prove - Rimborso della tassa di ricorso - Rischio di confusione - Principio
dispositivo delle parti - Diritto di essere sentiti - Procedimento contraddittorio - Vizio procedurale sostanziale
1. Per «seria» utilizzazione ai sensi
dell’articolo 43, n. 2, RMC deve intendersi l’uso effettivo del marchio anteriore sul mercato, inteso a richiamare
l’attenzione dei potenziali clienti sui
prodotti e servizi contraddistinti da tale
segno. La tutela del marchio è giustificata soltanto nella misura in cui il marchio stesso sia effettivamente utilizzato
(nono ‘considerando’ RMC). L’articolo
43, n. 3, RMC non esige una prova
molto ampia dell’utilizzazione del marchio, come quella prescritta invece dall’articolo 7, n. 3, RMC, ma si limita
semplicemente a richiedere la dimostrazione che sul mercato si faccia un uso
effettivo e non meramente fittizio del
marchio. Un elevato valore probatorio
di tutte le prove possibili non è affatto
richiesto.
2. I documenti presentati dall’opponente, consistenti in una copia del marchio usato per due prodotti, materiale
pubblicitario, dati relativi al fatturato
relativo a ciascun prodotto smerciato
con il marchio, nonché in una dichiarazione giurata resa da un dirigente della
società opponente nella quale sono forniti dettagli in ordine al luogo, al tempo, all’estensione e alla natura dell’utilizzazione, costituiscono prove sufficienti dell’uso effettivo del marchio
anteriore. La dichiarazione giurata prodotta dall’opponente nel caso di specie
costituisce una prova ammissibile in
forza dell’articolo 76 RMC. È pacifico
che tale dichiarazione soddisfa i requisiti posti dalla normativa nazionale tedesca. Il contenuto della dichiarazione
giurata, unitamente al resto dei documenti probatori prodotti, risulta essere
una prova sufficiente dell’uso effettivo
del marchio per il prodotto «birra» in
Germania. Essendo la divisione Opposizione tenuta a limitare il proprio esame ai fatti presentati dalle parti, essa
non disponeva di alcun fondamento
giuridico per dubitare dell’attendibilità
delle informazioni contenute nella dichiarazione giurata e, infine, per disattenderle, oltretutto senza aver prima
concesso all’opponente la possibilità di
presentare le proprie deduzioni.
Lidl Stiftung & Co. KG
Heiner-Fleischmann-Straße 2
D-74172 Neckarsulm
Germania
opponente
e ricorrente
rappresentata da Hansmann & Vogeser,
Albert-Roßhaupter- Straße 65, D-81369
Monaco di Baviera, Germania
contro
REWE-Zentral AG
Domstraße 20
D-50668 Colonia
Germania
richiedente e resistente
rappresentata da Rüdiger Winkler,
Matthias Humborg, Norbert Schüler,
c/o REWE-Zentral AG, Domstraße,
D-50668 Colonia, Germania
avente ad oggetto il ricorso relativo alla
domanda di marchio comunitario n.
640 086 (procedimento di opposizione
B 100 083)
La Terza Commissione di ricorso
composta da S. Sandri (presidente), A.
Bender (relatore) e Th. Margellos
(membro)
cancelliere: E. Gastinel
ha adottato la seguente
Decisione
Sintesi dei fatti e conclusioni delle parti
1 Con domanda depositata presso
l’Ufficio in data 25 settembre 1997, la
richiedente chiedeva la registrazione
come marchio comunitario del segno
denominativo
Grafenwälder
tra l’altro, per prodotti appartenenti alla
classe 32.
SOMMARIO
2 La domanda veniva pubblicata nel
Bollettino dei marchi comunitari n.
60/1998 del 10 agosto 1998, pagg. 492497.
3 Con atto datato 28 ottobre 1998 e
pervenuto lo stesso giorno all’Ufficio,
l’opponente, facendo valere l’anteriorità
del proprio marchio denominativo nazionale n. 912 232, depositato in data 20
ottobre 1972,
Grafenwalder
e facendo riferimento a tutti i prodotti
appartenenti alla classe 32 da questo tutelati, ossia la «birra», proponeva opposizione nei confronti della registrazione
del marchio, rivolgendola contro alcuni
prodotti rivendicati nella domanda appartenenti alla classe 32, più precisamente, tra l’altro, «bevande alla frutta e
succhi di frutta; sciroppi e altri preparati per fare bevande», tuttora oggetto
del procedimento, e adducendo al riguardo l’esistenza di un rischio di confusione.
4 La richiedente chiedeva che la titolare del marchio anteriore dimostrasse
l’uso del medesimo per i prodotti da
esso tutelati. Su invito all’uopo rivoltole dall’Ufficio, l’opponente produceva,
entro il termine impartito del 9 aprile
1999, una dichiarazione giurata, un riepilogo del fatturato mensile registrato
nel periodo dal marzo 1994 al febbraio
1999, due esempi di prodotti contrassegnati con il marchio «Grafenwalder«
(una lattina di «GRAFENWALDER
Pils» e una di «Grafenwalder Malz»)
nonché un prospetto, affermando tra
l’altro che da tali documenti si desumeva chiaramente che il marchio anteriore
era stato utilizzato molto ampiamente
per i prodotti in questione durante il
periodo rilevante ai fini del presente
procedimento.
5 Nella dichiarazione giurata del 22
marzo 1999, il dirigente della titolare
del marchio anteriore, «consapevole
delle conseguenze penali derivanti dal
falso giuramento reso con dolo o colpa,
agli effetti del procedimento di opposizione intentato contro la domanda di
marchio comunitario ‘Grafenwälder’»,
affermava tra l’altro quanto segue: «Il
sottoscritto è il dirigente responsabile
della divisione acquisti internazionali
della società opponente», quindi proseguiva: «La mia sfera di competenza è
relativa agli acquisti su scala internazionale. Il marchio anteriore rivendicato …
è stato utilizzato in Germania nel periodo compreso tra il 01/1994 e il
02/1999 per i prodotti ‘Pils (lattina e fusto), Malztrunk’ nei modi illustrati dall’allegato. I fatturati realizzati nella Repubblica federale di Germania erano
corrispondenti ad almeno 122.878.960
unità vendute nel 1994, 160.734.456 nel
1995, 123.531.818 nel 1996, 105.398.926
nel 1997, 104.711.590 nel 1998 e
15.674.256 nel 1999».
6 In conseguenza di quanto sopra, la
richiedente limitava l’elenco dei prodotti compresi nella classe 32, affermando che tra i prodotti rimanenti e
quelli tutelati dal marchio anteriore non
vi era alcuna somiglianza e che non sussisteva pertanto alcun rischio di confusione. Anche dopo la comunicazione di
tale limitazione, l’opponente manteneva
ferma l’opposizione alla registrazione
del marchio per i rimanenti prodotti, in
quanto riteneva che sussistesse un rischio di confusione anche per questi ultimi. La richiedente presentava osservazioni al riguardo concludendo per il rigetto dell’opposizione e argomentando
che i prodotti non erano simili.
7 In data 31 maggio 2000 la divisione
Opposizione adottava la decisione n.
1147/2000, con la quale respingeva l‘opposizione B 100083 e poneva le spese a
carico dell’opponente. La divisione Opposizione motivava la propria decisione
rilevando sostanzialmente che l’opponente non aveva prodotto la prova dell’uso del marchio sollecitata dalla richiedente e che la documentazione fornita non era sufficiente a tal fine.
8 Secondo la divisione Opposizione,
la dichiarazione giurata prodotta dall’opponente costituisce certamente un
mezzo di prova ammissibile e, inoltre,
contiene sostanzialmente informazioni
relative al luogo, al tempo, all’estensione e alla natura della controversa utilizzazione del marchio anteriore. Tuttavia,
per quanto attiene al suo valore probatorio, si deve tener conto del fatto che
nel caso di specie si tratta di una mera
dichiarazione proveniente da un dirigente della stessa società opponente.
Non sono state fornite dichiarazioni di
terzi manifestamente non interessati all’esito del procedimento, quali ad esempio fornitori, clienti o altre controparti
commerciali dell’opponente. La dichiarazione presentata dall’opponente ha
pertanto soltanto un valore probatorio
«relativo», che dev’essere valutato complessivamente insieme alle altre prove
prodotte.
9 La tabella riepilogativa dei fatturati
mensili dell’opponente è priva di qualsiasi valore probatorio, in quanto mera
allegazione di fatto, e non può quindi,
in mancanza di copie di fatture esemplificative, confermare in misura giuridicamente sufficiente le asserzioni del
suo dirigente circa i fatturati di vendita
conseguiti con il marchio anteriore. I
campioni allegati di due lattine di birra
recanti il marchio anteriore consentono
per il vero di formulare considerazioni
sulla natura, ma non anche sul periodo
dell’utilizzazione di cui trattasi. Sulle
lattine in questione non è infatti indicata alcuna data che consenta di riferirne
inconfutabilmente l’uso al quinquennio
di riferimento.
10 Nemmeno il prospetto presentato
consente una datazione incontrovertibile. È pur vero che nel prospetto è riprodotto, tra l’altro, un fusto di birra da
5 litri contrassegnato con il marchio anteriore, ma in esso non è riportata alcuna data (di pubblicazione) che consenta
di risalire alla data a cui riferire l’utilizzazione in questione. L’opponente non
ha prodotto nessun’altra prova significativa, giuridicamente rilevante, a sostegno delle asserzioni del suo dirigente,
con particolare riguardo al periodo e all’estensione dell’utilizzazione del marchio per il prodotto «birra», ad esempio accludendo fatture, bolle di consegna, listini di prezzi, prospetti o altro
materiale pubblicitario.
11 Il 20 luglio 2000 l’opponente proponeva un ricorso, pervenuto in pari
data all’Ufficio via fax, concludendo in
esso per l’accoglimento del ricorso.
12 Accludendo numerose fatture di
suoi fornitori, dettagliate nei singoli elementi e rese anonime, l’opponente motivava il ricorso sostenendo tra l’altro
che, nel corso del periodo anteriore alla
presentazione dell’opposizione rilevante ai fini del procedimento, il marchio
anteriore era stato utilizzato ampiamente e che erano evidenti l’importanza e la
consistenza dei dati sul fatturato citati
nella dichiarazione giurata e confermati
dalle fatture. Inoltre, la ricorrente adduceva ulteriori argomenti a sostegno
della tesi del rischio di confusione.
SOMMARIO
13 Al riguardo, la richiedente concludeva per il rigetto del ricorso.
14 La richiedente motivava tale conclusione sostenendo che, in seguito alla
riduzione dell’elenco dei prodotti in relazione ai quali essa aveva richiesto la
tutela del marchio, era venuto meno
qualsiasi rischio di confusione.
15 La Commissione di ricorso rinvia
per il resto al fascicolo e in particolare
agli argomenti svolti dalle parti, di cui
ha preso pienamente atto e su cui ha basato la propria decisione.
Motivazione
16 Il ricorso è conforme agli articoli
57, 58 e 59 del regolamento (CE) del
Consiglio 20 dicembre 1993, n. 40/94,
sul marchio comunitario (GU UAMI n.
1/1995, pag. 52) (in prosieguo:
«RMC»), nonché alla regola 48 del regolamento (CE) della Commissione 13
dicembre 1995, n. 2868/95, recante modalità di esecuzione del regolamento
(CE) n. 40/94 del Consiglio sul marchio
comunitario (GU UAMI n. 2-3/1995,
pag. 258) (in prosieguo: «RE»), ed è
pertanto ammissibile.
17 Il ricorso è altresì fondato nel merito, posto che, secondo quanto ha accertato la Commissione di ricorso, il
materiale presentato è sufficiente a dimostrare una seria utilizzazione del
marchio anteriore ai sensi dell’articolo
43, n. 2, RMC. La decisione impugnata
della divisione Opposizione va pertanto annullata e il procedimento va rinviato dinanzi a quest’ultima per l’ulteriore prosecuzione.
18 L’articolo 43, nn. 2 e 3, RMC, riguardante l’esame dell’opposizione, dispone che, su istanza del richiedente, il
titolare di un marchio nazionale anteriore che abbia presentato opposizione
deve addurre la prova che, nel corso dei
cinque anni che precedono la pubblicazione della domanda di marchio comunitario, il marchio nazionale anteriore
sia stato seriamente utilizzato nello Stato membro in cui il marchio nazionale
anteriore è tutelato per i prodotti o servizi per i quali è stato registrato, e sui
quali fonda la propria opposizione, o
che vi siano legittime ragioni per la non
utilizzazione, purché a tale data il marchio anteriore fosse registrato da almeno cinque anni. In mancanza di tale
prova, l’opposizione è respinta.
19 In questo contesto, per «seria» utilizzazione deve intendersi l’uso effettivo del marchio anteriore sul mercato,
inteso a richiamare l’attenzione dei potenziali clienti sui prodotti e servizi
contraddistinti da tale segno. Tale principio trova espressione, sia pure con
una differente formulazione, anche nel
nono ‘considerando’ RMC, il quale
precisa che la tutela di ogni marchio anteriore registrato si giustifica soltanto
nella misura in cui esso sia effettivamente utilizzato (v., tra l’altro, decisione della Prima Commissione di ricorso
27 luglio 2000, procedimento R
474/1999-1 - CARRERAS/CYC Carrera y Carrera (marchio figurativo),
punto 14, e decisioni della Terza Commissione di ricorso 7 febbraio 2001,
procedimento R 50/2000-3 - FT MASTERING/MASTERING, punti 3336, e 25 aprile 2001, procedimento R
641/2000-3 - Silk Cocoon/COCOON,
punto 15).
mulativamente tutti i mezzi di prova in
essa citati. La formulazione «consistono
in linea di principio» (in spagnolo: «se
deberá limitar preferentemente», in inglese: «shall, in principle, be confined»,
in francese: «se limitent, de préférence»,
in tedesco: «beschränken sich nach Möglichkeit») implica che un elevato valore probatorio di tutte le prove possibili non è affatto richiesto. Al contrario,
è sufficiente che i documenti e i materiali presentati nelle circostanze specifiche del caso in esame debbano considerarsi sufficienti a dimostrare l’uso effettivo del marchio anteriore nello Stato
membro considerato (v. decisione della
Seconda Commissione di ricorso 8 novembre 2000, procedimento R
756/1999-2 - DOCTORS/DOC &
TORS, punto 21).
20 Ne deriva che l’articolo 43, n. 3,
RMC non esige una prova molto ampia
dell’utilizzazione del marchio, come
quella prevista invece dall’articolo 7, n.
3, RMC, ma si limita a richiedere semplicemente la dimostrazione che sul
mercato si faccia un uso effettivo e non
meramente fittizio del marchio (v., tra
l’altro, decisione della Terza Commissione di ricorso 22 luglio 1999, procedimento R 59/1998-3 - EASYPHOTO,
punto 35).
23 Nel ponderare il valore probatorio
dei documenti e dei materiali prodotti,
la Commissione di ricorso deve tener
conto, in particolare, della situazione
concretamente esistente nello specifico
segmento di mercato in cui vengono offerti i prodotti e i servizi oggetto del
procedimento. In linea generale, tale valutazione deve basarsi sull’aspettativa
presunta del consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente
attento ed avveduto (v., tra l’altro, sentenza della Corte di giustizia 16 luglio
1998, causa C-210/96, causa 6-KornEier - Gut Springenheide, punto 31;
GU UAMI n. 3/1999, pag 561).
21 Conformemente alla regola 22, n.
2, RE, le informazioni, le prove e i documenti necessari per dimostrare l’utilizzazione sono costituiti da informazioni relative al luogo, al tempo, all’estensione e alla natura dell’utilizzazione
del marchio anteriore per i prodotti e i
servizi per i quali esso è registrato e sui
quali si fonda l’opposizione, e dalle dimostrazioni relative a tali informazioni.
La regola 22, n. 3, RE stabilisce che le
prove consistono, in linea di principio,
nella presentazione di documenti e
campioni, come ad esempio imballaggi,
etichette, listini di prezzi, cataloghi, fatture, fotografie, inserzioni su giornali e
dichiarazioni scritte di cui all’articolo
76, n. 1, lettera f), RMC.
22 La Commissione di ricorso perviene alla conclusione che il materiale presentato dall’opponente nel caso di specie è sufficiente a soddisfare tali requisiti, tanto più che la regola suddetta non
prescrive che debbano essere forniti cu-
24 Nel compiere tale valutazione delle prove, occorre tener conto di tutte le
circostanze rilevanti per la diffusione e
l’offerta dei prodotti oggetto del procedimento e, in particolare, le aspettative
del consumatore riguardo alla natura,
alle modalità e al luogo della commercializzazione. Alimenti come la birra e
i succhi di frutta, i succhi di verdura e
gli sciroppi sono smerciati attraverso
ampi canali di distribuzione. Oltre che
nei punti vendita del commercio al minuto, nei grandi magazzini e nei locali
pubblici, questi prodotti sono esposti
anche nei discount e nei supermercati,
talché il consumatore finale di riferimento è abituato a trovarli in tali luoghi.
25 Diversamente dalla divisione Opposizione, la Commissione di ricorso
perviene alla conclusione che i documenti presentati dall’opponente sono
prove sufficienti dell’uso effettivo del
marchio anteriore. Alla luce dell’artico-
SOMMARIO
lo 76, n. 1, RMC, nonché della regola
22, nn. 2 e 3, RE, tutti i documenti prodotti sono mezzi di prova ammissibili.
Spetta all’Ufficio verificare in modo
esaustivo, in base ad una valutazione libera e completa delle prove, la misura
in cui esse siano conclusive (decisione
della Terza Commissione di ricorso 14
novembre 2000, procedimento R
823/1999-3 – SIDOL/SIDOLIN, punto 20).
26 Le dichiarazioni scritte rese sotto il
vincolo del giuramento o in una forma
sostitutiva di quest’ultimo vengono
espressamente annoverate, al pari dei
documenti e dei campioni, tra i mezzi
istruttori ammessi in forza dell’articolo
76, n. 1, lettere f) e c), RMC. La «dichiarazione giurata» prodotta dall’opponente nel caso di specie costituisce
una prova ammissibile in forza dell’articolo 76 RMC. È pacifico che tale dichiarazione soddisfa i requisiti posti
dalla normativa nazionale tedesca, pertinente nel caso di specie, poiché proviene da un privato, costituisce una dichiarazione formale resa in forma di garanzia formulata sotto il vincolo del
giuramento e contiene un riferimento
alla specifica responsabilità penale a cui
è assoggettata.
27 L’attendibilità di una dichiarazione
giurata dev’essere valutata contestualmente a tutti gli altri documenti prodotti, prendendone in esame il contenuto e le circostanze specifiche e tenendo soprattutto conto se la richiedente
abbia o no contestato la natura e il contenuto dei mezzi di prova addotti (v.
decisione della Prima Commissione di
ricorso 6 aprile 2001, procedimento R
129/2000-1, VISION/VISIO, punto
19).
28 Nel caso di specie, occorre anzitutto rilevare come le prove presentate
dall’opponente non siano state contestate dalla richiedente, la quale ne ha
anzi implicitamente riconosciuto la natura e il contenuto, avendo in conseguenza della loro presentazione limitato l’elenco dei prodotti rivendicati nella domanda e susseguentemente
circoscritto i propri argomenti, anche
nel procedimento del ricorso, soltanto
alla questione del rischio di confusione.
Ciò premesso, alla luce dei principi del
procedimento contraddittorio di cui all’articolo 74, n. 1, seconda frase, RMC,
non sono stati sollevati in alcun modo
dubbi sulla correttezza e sulla veridicità
dei documenti prodotti. La divisione
Opposizione non disponeva pertanto di
alcun fondamento giuridico per considerare d’ufficio tali prove come oggetto di contestazione tra le parti, per du-
bitare dell’attendibilità delle informazioni contenute nella dichiarazione giurata e, infine, per disattenderle (a causa
dell’assenza della data sulle fotografie e
sul prospetto), oltretutto senza aver prima concesso all’opponente la possibilità
di presentare le proprie deduzioni ai
sensi dell’articolo 73 RMC.
29 Né dal contenuto degli stessi documenti prodotti risultano contraddizioni o punti poco chiari che sminuiscano o annullino il loro valore probatorio. Il responsabile per gli acquisti
dell’opponente ha infatti fornito informazioni univoche sul luogo, sul tempo,
sull’estensione e sulla natura dell’uso
del marchio anteriore. In particolare,
avvalendosi delle conoscenze specifiche
che aveva maturato in seno all’impresa,
ha illustrato in maniera attendibile
come in Germania il marchio anteriore
fosse stato utilizzato per la birra delle
categorie «Pils» (in lattina e fusto) e
«Malztrunk» nel periodo di riferimento, dal gennaio 1994 fino, tra l’altro, all’agosto 1998 (la pubblicazione della
domanda di registrazione di marchio
comunitario risale al 10 agosto 1998),
precisando inoltre che i fatturati registrati nei diversi anni corrispondevano,
rispettivamente, a 122.878.960 unità
vendute nel 1994, 160.734.456 nel 1995,
123.531.818 nel 1996, 105.398.926 nel
1997 e 104.711.590 (complessivamente)
nel 1998.
30 Queste informazioni risultano avvalorate e confermate anche da un elenco di tre pagine, in cui sono riportati i
diversi prodotti tutelati dal marchio anteriore («Pils Grafenwalder DS 0,5 l»,
«Grafenwalder Pils 5 l», «Grafenwalder
Malztrunk 0,33 l» e «Grafenwalder
Malz 0,5 l») corredati dall’indicazione
dei rispettivi fatturati, per lo più mensili. Inoltre sono state allegate due fotografie che riproducono rispettivamente le lattine di «GRAFENWALDER Pils»- e di «Grafenwalder Malz».
Un prospetto pubblicitario dell’opponente illustra infine la commercializzazione in fusti da 5 litri di «GRAFENWALDER Pils».
31 A giudizio di questa Commissione,
le suddette informazioni nel loro complesso dimostrano senza dubbio che il
marchio anteriore è stato utilizzato seriamente e ampiamente per il prodotto
«birra» da esso tutelato, durante il periodo di riferimento e in Germania, vale
a dire nello Stato membro in cui esso è
registrato (v. decisioni della Prima
Commissione di ricorso 28 marzo 2001,
procedimento R 743/1999-1 - MERTINA/MERITENE, punto 18, e decisione della Terza Commissione di ricorso
25 aprile 20001, procedimento R
641/2000-3 - Silk Cocoon/COCOON,
punto 23).
32 Di conseguenza, si rende ormai superflua la valutazione degli ulteriori documenti, forniti a sostegno della prova
nell’ambito del procedimento di ricorso,
consistenti in un insieme di fatture
emesse dai fornitori dell’opponente, alla
cui acquisizione nel procedimento la richiedente non si era opposta (v. decisione della Prima Commissione di ricorso
6 aprile 2001, procedimento R
129/2000-1, VISION/VISIO, punto 19).
33 Poiché la decisione impugnata è, al
riguardo, inficiata da vizio procedurale
sostanziale (per inosservanza del principio dispositivo delle parti, v. articolo 74,
n. 1, seconda frase, RMC), essa dev’essere annullata e il procedimento dev’essere rinviato davanti alla divisione Opposizione, per la sua ulteriore prosecuzione ai sensi dell’articolo 62, n. 2,
RMC. Non essendo ancora stato effettuato un esame nel merito della questione della somiglianza dei prodotti e
dei marchi in conflitto, la Commissione ritiene opportuno che si proceda a
un tale esame in modo che sia evitata
alle parti la perdita di un grado di giudizio.
34 Data la violazione di forme sostanziali, ai sensi della regola 51 RE, per ragioni di equità si deve disporre il rimborso della tassa di ricorso. Non essendosi potuta prendere una decisione sul
merito del ricorso, e non essendovi
quindi una parte soccombente, la Commissione ritiene opportuno che entrambe le parti sopportino ciascuna le proprie spese relative al procedimento di
ricorso, conformemente all’articolo 81,
n. 2, RMC.
Dispositivo
Per questi motivi, la Commissione così
decide:
1.
La decisione della divisione Opposizione 31 maggio 2000, n. 1147/2000,
adottata nel procedimento di opposizione B 100083, è annullata.
2.
Il procedimento è rinviato dinanzi alla divisione Opposizione per
l’ulteriore prosecuzione.
3.
La tassa di ricorso è rimborsata.
4.
Ciascuna parte sopporterà le spese sostenute nel procedimento di
ricorso.
SOMMARIO
DECISIONE DELLA PRIMA
COMMISSIONE DI RICORSO
2 ottobre 2001
nel procedimento R 906/2000-1
(Lingua del procedimento: inglese)
Articolo 8, n. 4, RMC – Articolo 8, n.
1, lettere a) e b), RMC – Articolo 62
RMC
Normativa nazionale – Diritto anteriore non registrato – Concorrenza
sleale per confusione (Passing off) – Presupposti – Valore di avviamento
(Goodwill) – Falsa dichiarazione –
Danno arrecato alla parte attrice – Utilizzo nella normale prassi commerciale
1. L’opposizione è stata respinta in
base alla considerazione che l’utilizzo
del marchio anteriore nella normale
prassi commerciale non era stato sufficientemente dimostrato. Nonostante il
contrassegno anteriore venga spesso
(ma non sempre) accompagnato dalle
parole «Real-time consultants», ossia la
denominazione della società opponente,
la Commissione di ricorso non condivide l’accertamento della divisione Opposizione secondo cui la presenza di
questi elementi verbali escluderebbe
l’utilizzo autonomo del contrassegno
«da Vinci» per i servizi dell’opponente
per molti anni. In primo luogo, le parole «real-time consultants» non sono
altamente distintive. In secondo luogo,
non v’è alcun motivo per il quale un
opponente dovrebbe essere penalizzato
a causa della citazione della sua denominazione sociale (o di varianti di quest’ultima) in stretta prossimità del rispettivo marchio. La Commissione di
ricorso ritiene che il marchio sia stato
oggetto di un uso effettivo nel Regno
Unito, territorio di riferimento. Le prove documentali presentate dimostrano
che il marchio anteriore era stato effettivamente utilizzato nella normale prassi commerciale.
2. Con riguardo all’articolo 8, n. 4,
RMC, è anzitutto necessario esaminare
la normativa nazionale vigente in materia di marchi nello Stato membro di circolazione del contrassegno, al fine di
stabilire a quali diritti, ove esistenti, tale
marchio possa avere titolo. L’unico Stato membro rilevante nel contesto del
presente ricorso è il Regno Unito. Pertanto, lo status del marchio va considerato unicamente all’interno del Regno
Unito. Dalle prove presentate relativamente a tale territorio risulta evidente
che il marchio ha «portata non puramente locale» ai sensi dell’articolo 8, n.
4, RMC.
3. Per quanto riguarda la normativa
nazionale in questione, nel Regno Unito la Section 5(4) del Trade Marks Act
del 1994 dispone che un marchio non
può essere registrato se la sua utilizzazione è suscettibile di essere impedita,
tra l’altro, in forza delle norme relative
alla concorrenza sleale per confusione
(«passing off»). Quest’ultima è una disciplina complessa; tuttavia, riassumendola per sommi capi, occorre che il titolare di un marchio non registrato (in
prosieguo: l’«attore»), per prevalere in
un’azione di concorrenza sleale per
confusione, dimostri che: all’attività, ai
prodotti o ai servizi dell’attore è collegato un valore di avviamento sufficiente; l’utilizzo effettivo di un marchio da
parte del convenuto comporta una falsa dichiarazione nei confronti dei clienti del convenuto; la falsa dichiarazione
arreca o potrebbe verosimilmente arrecare danno alle attività o all’avviamento
dell’attore.
4. Ai fini del «passing off», la «falsa
dichiarazione» non deve essere necessariamente resa con dolo. L’unica condizione necessaria è dimostrare che il
pubblico di riferimento potrebbe essere
indotto in confusione, nel senso che potrebbe confondere i prodotti e i servizi
di un operatore con quelli di un altro,
a causa della somiglianza dei marchi
utilizzati per i prodotti e servizi. In altri termini, la Commissione di ricorso
deve valutare il rischio di confusione tra
i due marchi. Ai fini dell’esame delle
cause relative, e in riferimento all’articolo 8, n. 1, lettera a) o lettera b), RMC,
si deve presumere che i criteri adottati
nel Regno Unito per valutare se due
marchi siano talmente simili da ingenerare confusione non siano sostanzialmente diversi da quelli applicati nell’ambito del diritto comunitario.
5. Tenuto conto del particolare campo
di attività dell’opponente, quale è stato
evidenziato nelle prove documentali da
essa presentate, il marchio oggetto della domanda è inidoneo alla registrazione per tutti i prodotti e servizi rivendicati nella domanda, ad eccezione dei seguenti:
— Classe 9: Audiocassette; compact
disc audio; compact disc video; registratori a nastro magnetico; videonastri; videoregistratori; parti e accessori per tutti i suddetti articoli.
— Classe 16: Libri; stampati; libri di testo; manuali; riviste; pubblicazioni;
diapositive; parti e accessori per tutti i suddetti articoli.
— Classe 41: Organizzazione e direzione di conferenze e seminari; proiettori cinematografici ed accessori; noleggio di film cinematografici, registrazioni video, registrazioni audio e
CD-ROM; organizzazione di esposizioni; produzione di videonastri e
nastri audio.
— Classe 42: Alloggi temporanei; servizi di catering.
6. Poiché non tutti i prodotti e servizi rivendicati nella domanda di marchio
comunitario vanno esclusi dalla tutela,
le parti dovranno sopportare ciascuna
l’onere delle proprie spese. La decisione impugnata è annullata e il procedimento è rinviato alla divisione Opposizione per l’ulteriore prosecuzione in riferimento ai prodotti e servizi per i
quali il marchio richiesto è idoneo alla
registrazione. Per il resto, il ricorso è
respinto.
Real-Time Consultants Group Limited
118-120 Warwick Street
Royal Leamington Spa
Warks CV32 4QY
Regno Unito
ricorrente e opponente
rappresentata da WITHERS & ROGERS, Goldings House, 2 Hays Lane,
Londra SE1 2HW, Regno Unito
contro
Manpower Inc.
5301 North Ironwood Road
Milwaukee
Wisconsin 53217
Stati Uniti d’America
resistente e richiedente
rappresentata da CLIFFORD CHANCE, 200 Aldersgate Street, Londra
EC1A 4JJ, Regno Unito
avente ad oggetto il ricorso proposto in
esito al procedimento di opposizione B
88817 (domanda di marchio comunitario n. 352443)
SOMMARIO
La Prima Commissione di ricorso
composta da S. Mandel (presidente e relatore), W. Peeters (membro) e J. L.
Soares Curado (membro)
cancelliere: N. Semjevski
ha adottato la seguente
Decisione
same psicologico e all’orientamento
professionale in genere; analisi della
personalità e psicologica; orientamento
professionale (consulenze); verifica delle capacità professionali degli individui;
servizi di esperti in psicologia del lavoro; elaborazione e messa a punto di
software, consulenze riguardanti la valutazione, lo sviluppo e l’impiego di risorse umane; alloggi temporanei; informazioni, consulenze e compilazione di
relazioni, tutte riguardanti quanto suddetto; servizi di catering.
Sintesi dei fatti
1 Con domanda presentata il 5 settembre 1996, la Manpower Inc. (in prosieguo: la «richiedente») chiedeva la registrazione del marchio figurativo
La domanda veniva pubblicata nel Bollettino dei marchi comunitari n. 50/98
del 13 luglio 1998.
2 Il 9 ottobre 1998 la Real-Time Consultants Group Limited (in prosieguo:
l’«opponente») proponeva opposizione
avverso la suddetta domanda. L’opposizione era basata sul marchio anteriore
non registrato raffigurato di seguito
1552/2000, relativa all’opposizione B
88817 (in prosieguo: la «decisione impugnata»). La divisione Opposizione
respingeva l’opposizione e poneva le
spese a carico dell’opponente. La decisione impugnata era motivata come segue:
— nella maggior parte delle prove documentali presentate dall’opponente,
l’emblema con l’«uomo vitruviano»
di Leonardo da Vinci è accompagnato da elementi verbali stilizzati quali «real time consultants», «real
time», ecc.. L’elemento figurativo
compare da solo in un numero ristretto di casi.
— Tra il segno raffigurato nell’atto di
opposizione e quello utilizzato sul
mercato vi è una differenza sostanziale. Pertanto, la conclusione da
trarre è che l’uso del segno anteriore non è stato dimostrato e che l’opposizione deve essere respinta. Alla
luce di tale conclusione, non è necessario procedere all’esame delle restanti pretese dell’opponente.
per i seguenti prodotti e servizi:
Classe 9 – Audiocassette; apparecchi
audiovisivi per l’insegnamento; compact disc audio; compact disc video;
software; programmi per computer; registratori a nastro magnetico; videonastri; videoregistratori; parti e accessori
per tutti i suddetti articoli.
Classe 16 – Libri; stampati; libri di testo; manuali; riviste; pubblicazioni; diapositive; materiali di istruzione; materiale per l’insegnamento; parti e accessori per tutti i suddetti articoli.
Classe 35 – Servizi di ufficio di collocamento; servizi di personale interinale.
Classe 41 – Organizzazione e direzione
di conferenze e seminari; proiettori cinematografici ed accessori; noleggio di
film cinematografici, registrazioni video, registrazioni audio e CD-ROM;
organizzazione di esposizioni; produzione di videonastri e nastri audio; educazione, istruzione, insegnamento e formazione riguardanti l’insegnamento e la
valutazione di personale addetto a lavori di ufficio, impiegato nell’industria,
addetto alla guida di automezzi e tecnico; informazioni e consulenze relative
ai suddetti servizi.
Classe 42 – Servizi di consulenti professionali e di esperti, relativi all’analisi
e all’orientamento professionali del personale, all’analisi della personalità, all’e-
5 Il 7 settembre 2000 l’opponente
proponeva un ricorso avverso la decisione impugnata, depositando la memoria contenente i relativi motivi in data
25 ottobre 2000.
utilizzato per i seguenti prodotti e servizi: «software per computer; reclutamento di personale; elaborazione e gestione
di dati informatici; trasmissione assistita
dal computer di messaggi ed immagini;
formazione informatica; consulenza in
materia di computer; programmazione
di computer e progettazione di software; analisi di sistemi informatici».
3 L’opponente sosteneva che il contrassegno era stato utilizzato nel Regno
Unito e in altri paesi dell’Unione europea. L’opposizione era basata su tutti i
prodotti per i quali il marchio è in uso
ed era rivolta contro tutti i prodotti rivendicati nella domanda. L’opposizione
si fondava sul fatto che, ai sensi dell’articolo 8, n. 4, del regolamento (CE) del
Consiglio 20 dicembre 1993, n. 40/94,
sul marchio comunitario (in prosieguo:
«RMC») (GUCE L 11 del 1994, pag. 1;
GU UAMI n. 1/95, pag. 52), l’utilizzazione del marchio successivo era preclusa in forza del diritto nazionale.
4 Il 12 luglio 2000, dopo che entrambe le parti avevano presentato le rispettive osservazioni, la divisione Opposizione adottava la decisione n.
6 L’8 gennaio 2001 la resistente presentava le proprie osservazioni riguardo
ai motivi del ricorso.
Conclusioni e argomenti delle parti
7 L’opponente conclude che la Commissione di ricorso voglia annullare la
decisione impugnata e respingere la domanda di registrazione nella sua integralità. A sostegno delle proprie conclusioni, essa ha fornito ulteriori prove
documentali. Gli argomenti dell’opponente si possono riassumere come segue:
— la decisione impugnata non avrebbe
tenuto conto della necessità di accertare l’esistenza di un rischio di confusione. Essa non avrebbe tenuto
pienamente conto delle somiglianze
concettuali tra i marchi. Non sarebbe stato effettuato un adeguato raffronto tra i marchi sotto il profilo
del loro carattere distintivo e dei
loro componenti dominanti.
— All’opponente non sarebbe stata
concessa alcuna opportunità di produrre ulteriori prove, tenuto conto
del fatto che essa aveva espressamen-
SOMMARIO
te dichiarato che i documenti forniti
costituivano solo un’esemplificazione intesa a riassumere i punti essenziali. Conseguentemente, la decisione avrebbe concluso a torto che nella maggior parte dei documenti
presentati l’emblema riportato era
accompagnato da elementi verbali
stilizzati.
— Sarebbe sorprendente che la presenza o l’assenza della denominazione
sociale, o di un’abbreviazione di tale
denominazione, o di altri materiali
accanto al marchio, sia ritenuta particolarmente rilevante ai fini dell’utilizzo del marchio stesso.
— La richiedente non chiederebbe di registrare il proprio marchio figurativo
in associazione con la parola «Manpower», ossia la denominazione sociale, bensì di registrare un marchio
che sarebbe sostanzialmente identico
a quello utilizzato dall’opponente.
Gli elementi verbali che accompagnano ciascun segno, segnatamente
«Manpower» o «Real-time», al raffronto dei marchi, non risulterebbero sufficientemente significativi.
— Delle trentacinque prove documentali sottoposte alla divisione Opposizione, sette dimostrerebbero l’utilizzazione dell’emblema separatamente
dalle parole «Real-time» o «Realtime consultants». Tale fatto non
corrisponderebbe alla lettera della
decisione impugnata, laddove questa
affermerebbe che la maggior parte
delle prove documentali dimostra
l’utilizzo del marchio in associazione ad elementi verbali. La quota di
prove presentate che dimostra l’utilizzo del marchio da solo sarebbe
pari al 20% circa.
— La divisione Opposizione avrebbe
dovuto chiedere all’opponente in
quale misura il materiale non presentato dimostrava l’utilizzo del
marchio da solo senza elementi verbali. Il segno verrebbe impiegato in
misura largamente indipendentemente dagli elementi verbali e dovrebbe pertanto essere riconosciuto,
di per se stesso, come marchio associato all’opponente.
— Nel Regno Unito i diritti che discendono dall’uso estensivo di un
marchio sarebbero noti come diritti
consuetudinari («common law rights»). A nessuno sarebbe lecito fare
concorrenza sleale con i propri prodotti confondendoli con quelli altrui.
— Le parole «Real-time consultants»
che figurano nelle prove presentate
dall’opponente corrisponderebbero
alla denominazione commerciale
della società. Tale dicitura, come sarebbe evidente, sarebbe del tutto descrittiva di una società che opera in
veste di «consulente». Spesso i logo
societari potrebbero comparire insieme alla denominazione sociale, la
quale potrebbe essere, di per se stessa, distintiva o non distintiva. Quanto meno distintiva è la denominazione sociale, tanto più importante sarebbe l’elemento figurativo ad essa
associato. Nella fattispecie, non sarebbe la denominazione sociale ad
essere distintiva, bensì l’elemento figurativo.
— Sarebbe ovvio che l’ampiezza e il periodo di utilizzazione del marchio
anteriore avrebbero fatto sì che quest’ultimo sia ormai associato ai prodotti e servizi dell’opponente.
— Anche se l’elemento figurativo identico è accompagnato da vari elementi verbali quali «Manpower» e «Realtime», i clienti verrebbero indotti a
credere che una società sia collegata
all’altra. Ciò ingenererebbe confusione tra i clienti.
8 La richiedente conclude che la
Commissione voglia respingere l’opposizione. Essa argomenta come segue:
— il materiale aggiuntivo depositato
dall’opponente in fase di ricorso sarebbe irricevibile. I termini per la
produzione di tale materiale nell’ambito del procedimento di opposizione sarebbero scaduti.
— Nel corso del procedimento di opposizione, l’opponente avrebbe
omesso di dimostrare che il proprio
marchio non registrato fosse stato
utilizzato nell’ambito di una prassi
commerciale avente una portata non
puramente locale. Le prove sarebbero state considerate insufficienti.
— Resterebbe il fatto che l’uso del marchio dell’opponente, a partire dalle
sue tre sedi nel Regno Unito, non sarebbe avvenuto su scala sufficientemente ampia. Di conseguenza, essa
non sarebbe stata in grado di dimostrare di aver conseguito un valore di
avviamento rispetto al marchio, da
far valere a sostegno di un’azione di
concorrenza sleale per confusione
(«passing-off»).
— L’opponente non avrebbe fornito alcuna prova atta a dimostrare che si
verificherebbe una confusione tra i
due marchi.
Motivazione
9 Il ricorso è conforme agli articoli 57,
58 e 59 RMC, nonché alla regola 48 del
regolamento (CE) della Commissione
13 dicembre 1995, n. 2868/95, recante
modalità di esecuzione del regolamento
(CE) n. 40/94 del Consiglio sul marchio
comunitario (in prosieguo: «RE»)
(GUCE L 303 del 1995, pag. 1; GU
UAMI n. 2-3/95, pag. 258), ed è pertanto ammissibile.
10
L’articolo 8 RMC recita:
«1.
In seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore il
marchio richiesto è escluso dalla
registrazione:
a) se esso è identico al marchio anteriore e se i prodotti o servizi per i
quali il marchio è stato richiesto
sono identici ai prodotti o ai servizi per i quali il marchio anteriore è
tutelato;
b) se a causa dell’identità o della somiglianza di detto marchio col
marchio anteriore e dell’identità o
somiglianza dei prodotti o servizi
per i quali i due marchi sono stati
richiesti, sussiste un rischio di confusione per il pubblico del territorio nel quale il marchio anteriore è
tutelato; il rischio di confusione
comprende il rischio di associazione con il marchio anteriore.
…
4. In seguito all’opposizione del titolare di un marchio non registrato o di
un altro contrassegno utilizzato nella
normale prassi commerciale e di portata non puramente locale, il marchio richiesto è escluso dalla registrazione se e
nella misura in cui, conformemente alla
legislazione dello Stato membro che disciplina detto contrassegno:
a) sono stati acquisiti diritti a detto
contrassegno prima della data di
presentazione della domanda di
marchio comunitario, o della data
di decorrenza del diritto di priorità
invocato per la presentazione della
domanda di marchio comunitario,
SOMMARIO
b) questo contrassegno dà al suo titolare il diritto di vietare l’uso di un
marchio successivo».
11 L’opposizione è stata respinta in
base alla considerazione che l’utilizzo
del marchio anteriore nella normale
prassi commerciale non era stato sufficientemente dimostrato. Di conseguenza, l’opposizione non è stata esaminata
nel merito sotto il profilo dell’articolo
8, n. 4, RMC. La Commissione di ricorso deve riesaminare le prove presentate dall’opponente nel corso del procedimento di opposizione e stabilire se la
valutazione negativa datane nell’ambito
della decisione impugnata sia stata effettivamente corretta. Nel caso in cui si
riscontrasse che le prove erano in realtà
sufficienti a dimostrare l’uso del marchio anteriore, il ricorso dell’opponente basato sull’articolo 8, n. 4, RMC dovrebbe essere interamente esaminato nel
merito.
12 Nel corso del procedimento di opposizione, l’opponente ha presentato
un’ampia documentazione attinente all’utilizzazione del suo marchio nel Regno Unito. Dall’esame di tale documentazione emerge che l’emblema «da
Vinci» compare su pubblicità relative
all’intermediazione nelle assunzioni di
personale nel campo dell’informatica,
risalenti al 1983. Assieme all’emblema è
generalmente presente la dicitura «Realtime consultants», anche se questa compare talvolta al di sotto, talaltra al di sopra, talaltra ancora al lato dell’emblema.
In alcuni casi, l’emblema appare associato ad una dicitura completamente diversa, in altri casi compare da solo.
13 Gli annunci di assunzione, datati
1993 e 1995, sono comparsi su diversi
importanti giornali nazionali, tra cui il
Guardian, il Telegraph e il Sunday Times. Gli annunci di assunzione, inoltre,
dal 1983 all’anno di presentazione della
domanda di marchio comunitario, compaiono regolarmente su importanti riviste di informatica come Computer
Weekly e Computer Magazine. Il segno
figurativo «da Vinci» è presente su questi e su altri materiali prodotti, tra cui
gli opuscoli e le fatture della società. Il
fatturato relativo alle attività dell’opponente è cresciuto dal milione di sterline
del 1985 agli oltre sei milioni di sterline del 1995, l’anno precedente la data di
deposito della domanda oggetto dell’opposizione.
14 Nonostante il contrassegno anteriore venga spesso (ma non sempre) accompagnato dalle parole «Real-time
consultants», ossia la denominazione
della società opponente, la Commissione di ricorso non condivide l’accertamento della divisione Opposizione secondo cui la presenza di questi elementi verbali escluderebbe l’utilizzo
autonomo del contrassegno «da Vinci»
per i servizi dell’opponente per molti
anni. In primo luogo, le parole «realtime consultants» non sono altamente
distintive. Esse appaiono più come un
modo per descrivere il tipo di attività di
cui si occupa l’opponente che come elemento di fantasia di un indicatore di
origine. Le parole, quali sono riportate
nei documenti prodotti, svolgono sempre un ruolo secondario rispetto all’emblema principale e non sono percepite come parte integrante del medesimo. In secondo luogo, non v’è alcun
motivo per il quale un opponente dovrebbe essere penalizzato a causa della
presenza della sua denominazione sociale (o di varianti di quest’ultima) in
stretta prossimità del rispettivo marchio. Molti marchi, tanto nazionali
quanto comunitari, sono costituiti
esclusivamente da un emblema. Sarebbe
una situazione abnorme, se i titolari di
tali marchi dovessero guardarsi da una
prassi così logica e comune quale quella di riportare la propria denominazione sociale (o altro materiale puramente
esplicativo) in prossimità del proprio
logo, poiché così facendo potrebbero
provocare future azioni di opposizione
– o di annullamento – intese ad inibire
qualsiasi utilizzazione del proprio marchio. Pertanto, alla luce di tale ragionamento, la decisione impugnata deve essere annullata con riferimento a tale
punto, posto che la Commissione di ricorso ritiene che il marchio sia stato oggetto di un uso effettivo nel Regno
Unito, territorio di riferimento. La
Commissione è del parere che le prove
documentali presentate davanti alla divisione Opposizione nell’ambito del
procedimento di opposizione dimostrino che il marchio anteriore era stato effettivamente utilizzato nella normale
prassi commerciale. È quindi superfluo
prendere in esame il materiale aggiuntivo depositato con la memoria contenente i motivi del ricorso, anche laddove tale materiale fosse ritenuto ammissibile.
15 In forza dell’articolo 62 RMC, la
Commissione può sia esercitare le competenze dell’organo che ha emesso la
decisione impugnata, sia rinviare l’istanza a detto organo per la prosecuzione del procedimento. Poiché nel
caso di specie la Commissione dispone
di tutti i fatti, le prove e gli argomenti
pertinenti di entrambe le parti, per motivi di economia procedurale essa effettuerà in questa sede una valutazione
completa dei motivi di ricorso dedotti
alla luce dell’articolo 8, n. 4, RMC.
16 Con riguardo all’articolo 8, n. 4,
RMC, è anzitutto necessario esaminare
la normativa nazionale vigente in materia di marchi nello Stato membro di circolazione del contrassegno, al fine di
stabilire a quali diritti, ove esistenti, tale
marchio possa avere titolo. L’unico Stato membro rilevante nel contesto del
presente ricorso è il Regno Unito. Il
procedimento di opposizione è stato
basato sulle prove relative all’uso del
marchio in quel paese e sulla normativa
che disciplina i marchi non registrati in
esso vigente. È pur vero che l’opponente ha fatto riferimento all’uso del
proprio marchio in altri paesi dell’Unione europea, ma non ha fatto alcun
serio tentativo per dimostrare di aver
effettivamente acquisito diritti in tali
paesi in forza delle rispettive normative. Pertanto, lo status del marchio va
considerato unicamente all’interno del
Regno Unito.
17 La Commissione ha già accertato
che le prove sono idonee a dimostrare
l’uso del marchio anteriore nel Regno
Unito. Gli annunci pubblicitari dimostrano inoltre che nel Regno Unito
l’opponente ha tre sedi principali: una a
Windsor, nel sud dell’Inghilterra, una a
Leamington Spa, nei Midlands, e una a
Leeds, nel nord dell’Inghilterra. Questi
tre uffici hanno un’ubicazione strategica per coprire una parte consistente del
Regno Unito. Inoltre, l’opponente ha
prodotto un volantino pubblicitario che
riporta l’elenco dei suoi principali clienti. Oltre una ventina di tali clienti è costituita da grandi società, case per lo più
ben note ai consumatori, come Cadbury-Schweppes, British Nuclear Fuels,
GEC. Gli annunci riportanti il marchio
pubblicati nei quotidiani nazionali e
nelle principali riviste specializzate dimostrano inconfutabilmente che i servizi dell’opponente sono noti ai consumatori di riferimento in ogni parte del
paese. È indubbio che l’opponente è
collegata a società di alto profilo, molte delle quali multinazionali, il che lascia supporre che la rinomanza dell’opponente sia molto ampia in tutto il settore dell’intermediazione nelle
assunzioni di personale, che costituisce
il suo principale campo di attività. Per-
SOMMARIO
tanto, risulta evidente che il marchio ha
«portata non puramente locale» ai sensi dell’articolo 8, n. 4, RMC.
18 Per quanto riguarda la normativa
nazionale in questione, nel Regno Unito la Section 5(4) del Trade Marks Act
(legge relativa ai marchi) del 1994 dispone che un marchio non può essere
registrato se la sua utilizzazione può essere impedita, tra l’altro, in forza delle
norme relative alla concorrenza sleale
per confusione («passing off»). Quest’ultima è una disciplina complessa;
tuttavia, riassumendola per sommi capi,
occorre che il titolare di un marchio
non registrato (in prosieguo: l’«attore»),
per prevalere in un’azione di concorrenza sleale per confusione, dimostri
che:
• all’attività, ai prodotti o ai servizi dell’attore è collegato un valore di avviamento sufficiente;
• l’utilizzo effettivo di un marchio da
parte del convenuto comporta una
falsa dichiarazione nei confronti dei
clienti del convenuto;
• la falsa dichiarazione arreca o potrebbe verosimilmente arrecare danno alle attività o all’avviamento dell’attore.
19 Se l’opponente è in grado di dimostrare che i tre suddetti presupposti ricorrono, la domanda di registrazione
del marchio comunitario deve essere respinta ai sensi dell’articolo 8, n. 4,
RMC.
20 Per quanto riguarda la nozione di
«passing off» [farsi passare per, spacciarsi come], il primo punto da prendere in considerazione è l’«avviamento»
(«goodwill»). L’«avviamento» può essere definito come: «… the benefit and
advantage of the good name, reputation
and connection of a business. It is the
driving force which brings in custom.»
[… il beneficio e il vantaggio dati dal
buon nome, dalla rinomanza e dai collegamenti di un’impresa. È la forza motrice che crea la consuetudine] (citazione attribuita a Lord MacNaughten, v.
IRC v Muller & Co’s Margarine Ltd
[1901] AC 217 al n. 223). Ciò premesso, e tenuto conto dell’elevato profilo
dei clienti dell’opponente [«collegamenti di un’impresa»], della portata
delle pubblicità nazionali su importanti
quotidiani e settimanali, della genesi e
dell’evoluzione commerciale dell’opponente e del suo fatturato [«rinomanza»],
la Commissione perviene alla conclusione che l’opponente ha realizzato un
valore d’avviamento sostanziale collegato al suo contrassegno presso il pubblico di riferimento nel Regno Unito.
21 Quanto al secondo presupposto
del «passing off», ossia la «falsa dichiarazione», questa non deve essere resa
necessariamente con dolo. L’unica condizione necessaria è dimostrare che il
pubblico di riferimento potrebbe essere
indotto in confusione, nel senso che potrebbe confondere i prodotti e i servizi
di un operatore con quelli di un altro,
a causa della somiglianza dei marchi
utilizzati per i prodotti e servizi. In altri termini, la Commissione di ricorso
deve valutare il rischio di confusione tra
i due marchi. Ai fini dell’esame delle
cause relative, e in riferimento all’articolo 8, n. 1, lettera a) o lettera b), RMC,
si deve presumere che i criteri adottati
nel Regno Unito per valutare se due
marchi siano talmente simili da ingenerare confusione non siano sostanzialmente diversi da quelli applicati nell’ambito del diritto comunitario.
22 Sotto tale profilo, la Commissione
esclude che sussista effettivamente un
rischio di confusione. L’elemento figurativo, l’«uomo vitruviano» di Leonardo da Vinci, è essenzialmente identico
nei due contrassegni, a parte qualche
lieve differenza relativa alle zone di luce
ed ombra e l’inferiore qualità della riproduzione proposta nel marchio anteriore. Ad ogni modo, nel marchio anteriore esso costituisce chiaramente l’elemento dominante, e sebbene la
raffigurazione in alcuni documenti presentati subisca lievi alterazioni, essa resta sempre inequivocabilmente riconoscibile come la celebre figura disegnata
da Leonardo da Vinci. Come si è in precedenza rilevato, la presenza dell’elemento verbale «real-time consultants» e
di menzioni simili, che spesso accompagnano il contrassegno dell’opponente, non sminuisce la somiglianza percepibile tra i marchi. Le parole sono essenzialmente prive di ogni carattere
distintivo e si limitano ad enunciare il
tipo di attività di cui si occupa l’operatore. Il titolare del contrassegno è un
«consultant» [consulente] e la consulenza in questione è condotta in «realtime» [tempo reale], laddove «real
time» è definito dal Collins Concise English Dictionary (terza edizione) come
«… relating to a data-processing system
in which a computer is on-line to a
source of data.» [… relativo ad un sistema di elaborazione dati in cui un
computer è collegato ad una fonte di
dati]. Questo e altri termini simili che
accompagnano il marchio nella prassi
non sono visti come parti integranti del
contrassegno figurativo. Il consumatore
di riferimento giungerà alla conclusione
che l’elemento figurativo identico nei
due marchi rimandi ad una comune origine commerciale.
23 Il terzo ed ultimo presupposto del
«passing off» è che tale falsa dichiarazione deve arrecare danno all’opponente. A giudizio della Commissione, è ovvio che se sul mercato vi è una possibilità di confusione tra i marchi,
l’opponente rischia di essere danneggiato nei propri interessi commerciali.
Tanto per fare un esempio, i consumatori che in precedenza fossero rimasti
soddisfatti dei servizi forniti con il contrassegno dell’opponente potrebbero, a
causa della confusione tra i due segni,
acquistare erroneamente i servizi del richiedente. Ciò, come minimo, comporterebbe una perdita finanziaria per l’opponente.
24 La Commissione è convinta che
nel Regno Unito il titolare del marchio
anteriore prevarrebbe in un’azione di
concorrenza sleale per confusione intentata contro il marchio successivo.
Tenendo conto del particolare campo di
attività dell’opponente, quale è stato
evidenziato nelle prove documentali da
essa presentate ed illustrato nell’atto di
opposizione, il marchio oggetto della
domanda è inidoneo alla registrazione
per tutti i prodotti e servizi rivendicati
nella domanda, ad eccezione dei seguenti:
Classe 9 – Audiocassette; compact disc
audio; compact disc video; registratori a
nastro magnetico; videonastri; videoregistratori; parti e accessori per tutti i
suddetti articoli.
SOMMARIO
Classe 16 – Libri; stampati; libri di testo; manuali; riviste; pubblicazioni; diapositive; parti e accessori per tutti i suddetti articoli.
Classe 41 – Organizzazione e direzione
di conferenze e seminari; proiettori cinematografici ed accessori; noleggio di
film cinematografici, registrazioni video, registrazioni audio e CD-ROM;
organizzazione di esposizioni; produzione di videonastri e nastri audio.
Classe 42 – Alloggi temporanei; servizi
di catering.
Sulle spese
25 Il ricorso dell’opponente va accolto solo in parte. La Commissione ritiene che non tutti i prodotti e servizi rivendicati nella domanda di marchio comunitario vadano esclusi dalla tutela.
Pertanto, ai sensi dell’articolo 81, n. 2,
RMC riguardante la ripartizione delle
spese nei procedimenti di opposizione e
di ricorso, le parti dovranno sopportare ciascuna l’onere delle proprie spese.
Dispositivo
Per questi motivi, la Commissione così
decide:
1.
La decisione n. 1552/2000 della divisione Opposizione è annullata.
2.
L’opposizione è accolta, salvo che
per i seguenti prodotti e servizi:
2.
Classe 9 – Audiocassette; compact
disc audio; compact disc video; registratori a nastro magnetico; videonastri; videoregistratori; parti
e accessori per tutti i suddetti articoli.
2.
Classe 16 – Libri; stampati; libri di
testo; manuali; riviste; pubblicazioni; diapositive; parti e accessori
per tutti i suddetti articoli.
2.
Classe 41 – Organizzazione e direzione di conferenze e seminari;
proiettori cinematografici ed accessori; noleggio di film cinematografici, registrazioni video, registrazioni audio e CD-ROM; organizzazione di esposizioni;
produzione di videonastri e nastri
audio.
2.
Classe 42 – Alloggi temporanei;
servizi di catering.
3.
Il procedimento è rinviato alla divisione Opposizione per l’ulteriore prosecuzione in riferimento ai
prodotti e servizi summenzionati.
DECISIONE DELLA PRIMA
COMMISSIONE DI RICORSO
3 ottobre 2001
nel procedimento R 661/1999-1
(Lingua del procedimento: spagnolo)
Articolo 8, n. 1, lettera b), RMC
4.
Il ricorso è respinto per il resto.
5.
Le parti sopporteranno ciascuna
le proprie spese sostenute nei procedimenti di opposizione e di ricorso.
Rischio di confusione – Somiglianza
fonetica – Somiglianza concettuale –
Somiglianza visiva – Carattere distintivo – Elemento dominante – Elemento comune – Coesistenza di marchi Accordo – Diritti anteriori – Registrazione presso l’Ufficio
1. Il rischio di confusione deve essere
oggetto di una valutazione globale della somiglianza visiva, fonetica e concettuale dei marchi. La somiglianza dei
marchi e la somiglianza dei prodotti e
servizi sono criteri interdipendenti, nel
senso che un tenue grado di somiglianza tra i servizi designati può essere
compensato da un elevato grado di somiglianza tra i marchi e viceversa.
2. «Colex Data» e «Colex» sono simili dal punto di vista fonetico, concettuale e visivo, in quanto la parola «colex» è presente in entrambi i marchi.
Inoltre, la presenza della parola «data»
nel marchio dell’opponente non è in
contraddizione con tale somiglianza,
trattandosi di un termine ricorrente nel
settore dell’informatica e dotato di scarso carattere distintivo. Pur essendovi
un’allusione al termine «legge» mediante la parola latina «lex», l’elemento distintivo e dominante è il vocabolo «colex».
3. La richiedente asserisce che i marchi in conflitto sono coesistiti in Spagna, circostanza che ridurrebbe al minimo il rischio di confusione. Tuttavia
l’opponente ribatte che la coesistenza
dei marchi è frutto di un accordo intervenuto tra le parti per evitare il rischio
di confusione. La Commissione di ricorso è del parere che, quando esiste un
ragionevole dubbio circa l’identità o la
somiglianza tra i segni o i prodotti e
servizi in questione, occorra attenersi al
risultato dell’esame compiuto dall’ufficio nazionale, sempreché quest’ultimo
abbia potuto prendere in considerazione tutti gli elementi necessari ai fini della verifica della sussistenza di un rischio
di confusione nel territorio nazionale.
Poiché l’ufficio spagnolo ha accertato
che i due marchi in conflitto erano
compatibili tra loro, in quanto la loro
SOMMARIO
coesistenza non dovrebbe dar luogo ad
alcun rischio di confusione nel territorio spagnolo, la Commissione perviene
alla conclusione che la decisione della
divisione Opposizione va annullata nei
limiti in cui essa respinge la domanda di
marchio relativamente ai servizi compresi nella classe 41.
4. La richiedente sostiene che, in Spagna, il proprio marchio è anteriore rispetto al marchio opponente. La Commissione ritiene che tale registrazione
nazionale anteriore o diritto di preferenza rispetto a marchi successivi non
precluda la possibilità di esperire
un’opposizione a livello comunitario
per il titolare che abbia registrato, sia
pure successivamente, il proprio marchio in Spagna.
Constitución y Leyes, S.A.
Sor Angela de la Cruz nº 6, 6ª planta
E-28020 Madrid
Spagna
richiedente e ricorrente
sprudenza e legislazione e di utilizzo di
questi dati.
— marchio spagnolo COLEX DATA
n. 1.970.577, depositato in data 12
giugno 1995 per i seguenti servizi:
in riferimento a taluni prodotti e servizi compresi nelle seguenti classi della
classificazione di Nizza:
Classe 9 – Supporti di registrazione magnetica, in particolare compact disc di
sola lettura (CD-ROM), che includono
compendi legislativi e giuridici; strumenti informatici e programmi registrati per l’utilizzo di compact disc di sola
lettura (CD-ROM).
rappresentata da Elzaburu, Calle Miguel Ángel 21, E-28010 Madrid, Spagna
Classe 35 – Servizi di registrazione,
composizione, compilazione di giurisprudenza e legislazione e di utilizzo di
questi dati.
contro
Classe 41 – Servizi di una casa editrice.
Colex Data, S.A.
Collado Mediano 9
E-28230 Las Rozas (Madrid)
Spagna
opponente e resistente
2 La domanda n. 110676 veniva pubblicata in data 20 ottobre 1997 nel Bollettino dei marchi comunitari n. 24/97,
pag. 158.
rappresentata da Javier Ungría López,
Avda. Ramón y Cajal 78, E-28043 Madrid, Spagna
avente ad oggetto il ricorso proposto in
esito al procedimento di opposizione B
9763 (domanda di marchio comunitario
n. 110676)
La Prima Commissione di ricorso
composta da S. Mandel (presidente), W.
Peeters (relatore) e J. L. Soares Curado
(membro)
cancelliere: E. Gastinel
ha adottato la seguente
Decisione
3 Il 15 gennaio 1998 l’opponente e resistente (in prosieguo: l’«opponente»)
presentava opposizione contro la registrazione della domanda di marchio
pubblicata. L’opposizione era basata
sulle registrazioni relative al seguente
marchio denominativo:
— marchio spagnolo COLEX DATA
n. 1.970.575, depositato in data 12
giugno 1995 per i seguenti prodotti:
Classe 9 – Supporti di registrazione magnetica, in particolare compact disc di
sola lettura (CD-ROM), che includono
compendi legislativi e giuridici; strumenti informatici e programmi registrati per l’utilizzo di compact disc di sola
lettura (CD-ROM).
Sintesi dei fatti
1 Con domanda presentata in data 1º
aprile 1996, la richiedente e ricorrente
(in prosieguo: la «richiedente») chiedeva la registrazione del marchio figurativo di seguito riprodotto:
— marchio spagnolo COLEX DATA
n. 1.970.576, depositato in data 12
giugno 1995 per i seguenti servizi:
Classe 35 – Servizi di registrazione,
composizione, compilazione di giuri-
Classe 42 – Servizi di affitto di tempo
di accesso a un database giuridico e legislativo; informazioni giuridiche; servizi di noleggio di programmi per computer e compact disc/memoria di sola
lettura (CD-ROM) contenenti raccolte
legislative e giuridiche.
4 L’opposizione era basata su tutti i
prodotti e servizi tutelati dal marchio
dell’opponente ed era rivolta contro
tutti i prodotti e servizi rivendicati nella domanda.
5 L’opposizione veniva motivata con
la sussistenza di un rischio di confusione ai sensi dell’articolo 8, n. 1, lettera b),
del regolamento (CE) del Consiglio 20
dicembre 1993, n. 40/94, sul marchio
comunitario (in prosieguo: «RMC»)
(GUCE L 11 del 1994, pag. 1; GU
UAMI n. 1/95, pag. 52).
6 In data 4 agosto 1999, in seguito a
uno scambio di comunicazioni scritte,
la divisione Opposizione adottava la
decisione n. 588/1999 (in prosieguo: la
«decisione impugnata»), con la quale
l’opposizione B 9763 veniva accolta integralmente, la registrazione del marchio oggetto della domanda veniva respinta e alla richiedente venivano poste
a carico le spese sostenute dall’opponente.
7 Nella decisione impugnata, la divisione Opposizione esponeva i seguenti
motivi:
— i prodotti rientranti nella classe 9 e i
servizi rientranti nella classe 35 tutelati dai marchi in conflitto possono
essere considerati identici. I servizi
compresi nella classe 42 tutelati dal
marchio dell’opponente sono da
considerare identici ai «servizi di una
casa editrice» di cui alla classe 41 rivendicati nella domanda impugnata,
posto che i servizi tutelati dal marchio dell’opponente sono solitamente offerti dalle case editrici.
— I marchi in conflitto hanno in comune l’elemento COLEX, il quale
costituisce l’elemento dominante e
distintivo. Inoltre tale elemento ha
ancor maggiore rilevanza in quanto è
collocato nella parte iniziale e richiama l’attenzione del pubblico con
SOMMARIO
maggiore intensità. L’analogia dell’impressione generale suscitata dai
marchi a confronto, dovuta all’identità dell’elemento dominante, non
viene controbilanciata dalle differenze riscontrabili negli altri elementi,
dato lo scarso carattere distintivo
posseduto sia dall’elemento DATA
nei marchi dell’opponente sia dal disegno poco originale delle frecce
contenuto nel marchio richiesto.
8 Il 4 ottobre 1999 la richiedente presentava un ricorso avverso la decisione
impugnata, depositando la memoria
contenente i relativi motivi il 7 dicembre 1999.
9 L’opponente presentava le proprie
osservazioni il 10 febbraio 2000.
L’Ufficio spagnolo dei brevetti e dei
marchi avrebbe ritenuto compatibili
i marchi in conflitto, ragion per cui
non dovrebbe sussistere alcun problema affinché l’Ufficio adotti la medesima decisione.
— Attualmente i marchi in conflitto
coesisterebbero in Spagna, per cui
bisognerebbe tenere conto del fatto
che, qualora il presente ricorso non
fosse accolto, la richiedente potrebbe trasformare la propria domanda
di marchio in domanda di marchio
nazionale nei restanti paesi dell’Unione europea, eccetto in Spagna
dove il marchio è già registrato.
— L’Ufficio avrebbe registrato il marchio n. 110700, DATALEX, per le
classi 9, 35 e 42 a nome di Constitución y Leyes, S.A.
— da un confronto tra i marchi in conflitto emergerebbe che le differenze
sarebbero in numero superiore alle
analogie. Il marchio dell’opponente
sarebbe costituito da due vocaboli,
mentre il marchio richiesto sarebbe
composto da un elemento verbale e
un elemento grafico. L’elemento
COLEX, comune ad entrambi i
marchi, non avrebbe un valore predominante, poiché nel marchio oggetto della domanda sarebbe situato
in basso rispetto al disegno, il quale
avrebbe dimensioni doppie rispetto
alla parola «colex», mentre nel marchio dell’opponente la parola «colex» non risalterebbe rispetto a
«data», essendo entrambe scritte a
caratteri della medesima dimensione.
— Il termine COLEX sarebbe dotato
di scarso carattere distintivo per i
prodotti e i servizi a cui è riferito,
poiché sarebbe composto dalla sillaba «co», che starebbe per «compilación» [raccolta], e dal termine latino
«lex», equivalente a «legge».
— Le registrazioni spagnole del marchio misto COLEX sarebbero anteriori alle registrazioni del marchio
dell’opponente COLEX DATA.
12 L’opponente ha allegato un documento comprendente una dichiarazione
di assenso presentata all’Ufficio spagnolo dei brevetti e dei marchi.
Motivazione
Conclusioni e argomenti delle parti
10 La richiedente chiede che la decisione impugnata sia annullata e che il
marchio oggetto della domanda sia ammesso alla registrazione. I suoi argomenti possono essere riassunti come segue:
— La coesistenza dei due marchi sarebbe dovuta a un accordo intervenuto
tra le parti, in forza del quale entrambe le imprese si sarebbero impegnate a limitare il proprio campo di
attività coperto dai marchi: una
avrebbe operato nel settore dell’editoria, l’altra nel settore dell’informatica e dell’elettronica. Tale accordo, e
la limitazione del campo di applicazione di ciascun marchio, frutto dell’evoluzione imprenditoriale dei rispettivi titolari dei marchi, avrebbe
permesso tale convivenza sul mercato spagnolo.
11 L’opponente conclude per il rigetto del ricorso e la conferma della decisione della divisione Opposizione. I
suoi argomenti possono essere riassunti come segue:
— i marchi in conflitto sarebbero molto simili sul piano visivo, fonetico e
concettuale. La componente fondamentale sulla quale si incentrerebbe
la capacità distintiva dei marchi sarebbe il termine COLEX, il quale
costituirebbe l’elemento dominante
che richiama l’attenzione del consumatore. Il vocabolo DATA nel marchio dell’opponente, rispetto ai prodotti ai quali è applicato il marchio,
sarebbe generico e privo di qualsiasi
carattere distintivo.
— Sarebbe inesatta l’affermazione della
richiedente secondo la quale COLEX mancherebbe di carattere distintivo. Il fatto che tale vocabolo sia
formato dalle sillabe «co» e «lex»
non lo priverebbe di originalità e,
inoltre, la loro combinazione darebbe luogo a un termine insolito.
— L’argomento relativo al fatto che
l’Ufficio avrebbe registrato il marchio DATALEX non potrebbe essere invocato, poiché si tratterebbe di
marchi diversi e l’esercizio del diritto di opposizione dipenderebbe dall’acquiescenza dei terzi interessati.
Comunque sia, tale argomento
avrebbe dovuto essere formulato
nell’ambito del procedimento di opposizione.
13 Il ricorso è conforme agli articoli
57, 58 e 59 RMC, nonché alla regola 48
del regolamento (CE) della Commissione 13 dicembre 1995, n. 2868/95, recante modalità di esecuzione del regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio sul
marchio comunitario (in prosieguo:
«RE») (GUCE L 303 del 1995, pag. 1;
GU UAMI n. 2-3/95, pag. 258), ed è
pertanto ammissibile.
14 L’articolo 8 RMC, recante la rubrica «Impedimenti relativi alla registrazione», dispone quanto segue:
«1. In seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore il
marchio richiesto è escluso dalla
registrazione:
«1.
...
«1.
b) se a causa dell’identità o della
somiglianza di detto marchio
col marchio anteriore e
dell’identità o somiglianza dei
prodotti o servizi per i quali i
due marchi sono stati richiesti, sussiste un rischio di
confusione per il pubblico del
territorio nel quale il marchio
anteriore è tutelato; il rischio
di confusione comprende il
rischio di associazione con il
marchio anteriore».
15 La questione, nell’ambito del presente ricorso, si profila negli stessi termini in cui si era già prospettata davanti alla divisione Opposizione e consiste
nell’accertamento del punto se per il
consumatore spagnolo si configuri un
SOMMARIO
rischio di confusione tra i marchi in
conflitto. Cionondimeno, la divisione
Opposizione ha eluso l’esame nel merito di due questioni intimamente collegate, che questa Commissione ritiene
invece necessario prendere in considerazione, oltre all’esame relativo all’identità o alla somiglianza dei segni e dei
prodotti e servizi.
16 Il rischio di confusione deve essere oggetto di una valutazione globale
della somiglianza visiva, fonetica e concettuale dei marchi, sulla base dell’impressione complessiva prodotta dai
marchi, in considerazione, in particolare, degli elementi distintivi e dominanti
dei marchi medesimi (v. sentenza della
Corte di giustizia 11 novembre 1997,
causa C-251/95, Sabèl BV / Puma AG,
GU UAMI n. 1/98, pag.79, punto 23).
17 La somiglianza dei marchi e quella
dei prodotti e servizi sono criteri interdipendenti, nel senso che un tenue grado di somiglianza tra i servizi designati
può essere compensato da un elevato
grado di somiglianza tra i marchi e viceversa (v. sentenza della Corte di giustizia 29 settembre 1998, causa C-39/97,
Canon / Metro Goldwyn-Mayer, Racc.
pag. I-5507, punto 17).
18 Nel caso di specie, è pacifico tra le
parti che i prodotti rientranti nella classe 9 e i servizi rientranti nella classe 35,
coperti dai marchi in conflitto, sono
identici.
19 Confrontando i marchi in conflitto, Colex Data e Colex, si osserva una
spiccata somiglianza sia fonetica sia
concettuale, in quanto la parola «colex»
è presente in entrambi i marchi e la parola «data» nel marchio dell’opponente
non è in contraddizione con tale somiglianza, trattandosi di un termine ricorrente nel settore dell’informatica che
stando al Diccionario de Informática
(Ediciones Díaz de Santos, S.A. 1993)
significa: «datos, información. Información que se ha preparado, frecuentemente, en un formato particular, para
un formato particular, para una finalidad específica» [dati, informazione.
Informazione che è stata elaborata, con
frequenza, in un formato particolare,
per un formato particolare, per un fine
specifico]. Il vocabolo «data» è dotato
quindi di scarso carattere distintivo in
relazione ai prodotti e servizi a cui è riferito, il che agli effetti comparativi relega la sua importanza in secondo piano. Pertanto, pur essendovi un’allusio-
ne al termine «legge» mediante la parola latina «lex», l’elemento distintivo e
dominante è il vocabolo «colex», foneticamente e concettualmente identico al
marchio oggetto della domanda. Sul
piano visivo, nonostante il marchio della richiedente differisca dal marchio anteriore per un disegno costituito da un
rettangolo che al suo interno contiene
tre frecce spesse, le due laterali rivolte
verso il basso e quella centrale rivolta
verso l’alto, ciò non è sufficiente a rendere dissimili i due marchi, considerato
che entrambi contengono la parola «colex», che nel marchio della richiedente
si presenta come elemento centrale,
scritto in caratteri maiuscoli e cubitali.
Per questi motivi, la Commissione di
ricorso ritiene corretto l’accertamento
della divisione Opposizione secondo
cui i marchi in conflitto sono simili.
20 A propria difesa la richiedente fa
valere, in primo luogo, che i marchi
sono coesistiti nel mercato spagnolo e,
in secondo luogo, che in Spagna il marchio figurativo oggetto della domanda –
Colex – è anteriore al marchio opponente Colex Data, per cui esso dovrebbe essere registrato come marchio comunitario. Da parte sua, l’opponente
non contesta i suddetti argomenti, eccetto quelli relativi alla coesistenza, precisando tuttavia che quest’ultima è frutto di un accordo intervenuto tra le parti in forza del quale le imprese si
impegnavano a delimitare il proprio
settore di attività e ad operare l’una nel
campo dell’editoria e l’altra in quello
informatico.
21 Per quanto riguarda la prima questione prospettata, è opportuno ricordare che questa stessa Commissione ha
avuto modo di pronunciarsi circa l’importanza del fatto che due marchi registrati siano coesistiti in uno stesso territorio (v. decisione 12 settembre 2000,
procedimento 415/1999-1 – SHIELD /
GOLDSHIELD, punto 22). In tale decisione la Commissione è pervenuta alla
conclusione che la coesistenza, pur non
rappresentando un elemento decisivo,
può costituire un argomento molto
convincente, poiché in presenza di determinate circostanze è probabile che
sia escluso un rischio di confusione tra
i marchi contrapposti registrati in uno
stesso territorio. Inoltre, nella decisione
7 marzo 2001, procedimento R
115/1999-2– LOCKETS / ROCKLETS, punti 18 e 19, la Seconda Commissione di ricorso ha dichiarato che,
per valutare la fondatezza di un’opposizione presentata presso l’Ufficio comunitario, la coesistenza nel territorio
spagnolo dei marchi in conflitto è un
fatto di cui bisogna tenere conto, poiché l’ufficio spagnolo esamina d’ufficio
– e muovendo dagli stessi criteri che devono essere applicati dall’Ufficio comunitario – le cause relative di rigetto che
possono essere fatte valere contro una
domanda di marchio.
22 Da quanto si evince dai documenti agli atti, risulta che a livello nazionale l’Ufficio dei brevetti e dei marchi
spagnolo ha accertato una somiglianza
tra il marchio anteriore Colex e il marchio Colex Data della richiedente ed ha
conseguentemente sospeso la richiesta
di registrazione. Il marchio oggetto della domanda è stato tuttavia ammesso
alla registrazione in considerazione dell’esistenza di un’autorizzazione concessa dalla titolare del marchio anteriore, ai
sensi dell’articolo 12, n. 2, della legge
spagnola sui marchi, che dispone che:
«Sin embargo, podrá registrarse una
marca semejante a otra marca o nombre
comercial anteriormente solicitado o registrado para productos, servicios o actividades idénticas o similares, cuando
el solicitante presente por escrito autorización fehaciente del titular registral
anterior y se adopten, si fuere preciso,
las medidas necesarias para evitar el riesgo de confusión» [Tuttavia, un marchio simile a un altro marchio o denominazione commerciale oggetto di una
domanda o di una registrazione anteriore per prodotti, servizi o attività
identici o simili potrà essere registrato
qualora il richiedente presenti un’autorizzazione scritta del titolare della registrazione anteriore e vengano adottate,
all’occorrenza, le misure necessarie per
evitare il rischio di confusione].
23 La richiedente fa valere che i marchi in conflitto sono coesistiti in Spagna, circostanza che ridurrebbe al minimo il rischio di confusione. L’opponente ribatte tuttavia che la coesistenza dei
marchi è frutto di un accordo intervenuto tra le parti per evitare il rischio di
confusione, argomento confermato da
un’autorizzazione prodotta come prova, contro la quale la richiedente non ha
sollevato obiezioni.
24 Dalle informazioni fornite dalle
parti risulta che l’ufficio spagnolo ha ritirato la propria obiezione alla registrazione del marchio dell’opponente alla
luce di un accordo scritto, concluso tra
le parti, in forza del quale una delle due
imprese avrebbe limitato la propria at-
SOMMARIO
tività commerciale al settore dell’editoria e l’altra a quello dell’informatica o
dell’elettronica. Tuttavia la Commissione di ricorso rileva come tale diversificazione di attività non sia rispecchiata
dall’elenco dei prodotti compresi nella
classe 9, né dall’elenco dei servizi compresi nella classe 35. Infatti, l’elenco di
tali prodotti e servizi, che non costituisce una mera riproduzione dell’elenco
uniforme della classificazione internazionale, è quasi identico. Nonostante i
titolari dei marchi in questione siano i
primi e i più indicati per poter verificare se la presenza simultanea dei propri
marchi sul mercato comporti un rischio
concreto di confusione, ciò non toglie
che il criterio accolto dall’articolo 8, n.
1, lettera b), RMC sia un criterio oggettivo, che impone all’Ufficio di verificare se sussista un rischio di confusione «per il pubblico» nel territorio di riferimento. Inoltre, per quanto riguarda
il marchio oggetto della domanda, l’esame dell’Ufficio può tener conto unicamente degli elementi che sono stati
dedotti nella richiesta. Tenuto conto
della somiglianza dei segni e dell’identità dei prodotti e servizi compresi, rispettivamente, nelle classi 9 e 35, la
Commissione di ricorso non può negare che esiste un rischio di confusione
per il consumatore spagnolo in ordine
ai suddetti prodotti e servizi.
25 Per contro, la Commissione ritiene
che i «servizi di una casa editrice», compresi nella classe 41, da un lato, e i «servizi di affitto di tempo di accesso a un
database giuridico e legislativo; informazioni giuridiche; servizi di noleggio
di programmi per computer e di compact disc/memoria di sola lettura (CDROM) contenenti raccolte legislative e
giuridiche», compresi nella classe 42,
dall’altro, non siano identici e che presentino solo una somiglianza parziale o
limitata. La Commissione di ricorso è
del parere che, quando esiste un ragionevole dubbio circa l’identità o la somiglianza tra i segni o i prodotti e servizi in questione, occorra attenersi al risultato dell’esame compiuto dall’ufficio
nazionale, sempreché quest’ultimo abbia potuto prendere in considerazione
tutti gli elementi necessari ai fini della
verifica della sussistenza di un rischio di
confusione nel territorio nazionale.
Poiché l’ufficio spagnolo ha accertato
che la coesistenza dei due marchi non
dovrebbe determinare un rischio di
confusione nel territorio spagnolo, la
Commissione perviene alla conclusione
che la decisione della divisione Opposizione va annullata nei limiti in cui essa
respinge la domanda di marchio relativamente ai servizi compresi nella classe
41.
tino ciascuna l’onere delle proprie tasse
e spese sostenute nell’ambito dei procedimenti di opposizione e di ricorso.
26 Nella seconda questione prospettata in ordine alla registrazione nazionale
del proprio marchio, la richiedente sostiene che, in Spagna, tale marchio è anteriore al marchio opponente. Nel caso
di specie, tale argomento va disatteso.
La Commissione ritiene che tale registrazione nazionale anteriore o diritto
di preferenza rispetto a marchi successivi non precluda la possibilità di esperire un’opposizione a livello comunitario per il titolare che abbia registrato,
sia pure successivamente, il proprio
marchio in Spagna. In tal senso, e nell’ambito di un procedimento di opposizione esperito dinanzi all’Ufficio, occorre attenersi a quanto disposto dall’articolo 8, n. 2, RMC, ai cui termini
«si intendono per «marchi anteriori»: i
[…] marchi la cui data di deposito sia
anteriore a quella della domanda di
marchio comunitario, tenuto conto, ove
occorra, del diritto di priorità invocato
per i medesimi». Da tale disposizione
discende che, per poter esperire un’opposizione per ottenere il rigetto della
domanda di un altro marchio comunitario, occorre che l’opponente abbia ottenuto la registrazione di un marchio
nazionale, con tutti i diritti da essa derivanti, e che questa sia anteriore alla
domanda di marchio comunitario. Pertanto, la Commissione ritiene che la
complessa questione della «anteriorità»
prospettata dalla richiedente travalichi
l’ambito proprio del procedimento di
opposizione ai sensi del regolamento
sul marchio comunitario, costituito da
un complesso di norme specifiche, per
la cui risoluzione, qualora lo reputasse
opportuno, occorrerà fare appello alle
autorità nazionali competenti.
Per questi motivi, la Commissione così
decide:
27 Infine, per quanto riguarda l’argomento della richiedente relativo al fatto
che l’Ufficio ha registrato il marchio
DATALEX, è sufficiente constatare che
la Commissione di ricorso non può
trarre alcuna conclusione da tale registrazione, salvo il fatto che l’Ufficio
non ha respinto il marchio DATALEX
per impedimenti assoluti e che non è
stata proposta alcuna opposizione da
parte di terzi contro la registrazione di
quel marchio.
Sulle spese
28 Alla luce di quanto disposto dall’articolo 81, n. 2, RMC, la Commissione ritiene equo che le parti soppor-
Dispositivo
1.
La decisione n. 588/1999 della divisione Opposizione è annullata
nella parte in cui respinge la domanda di marchio per i servizi
compresi nella classe 41.
2.
La decisione n. 588/1999 della divisione Opposizione è confermata
per il resto.
3.
Ciascuna parte sopporterà l’onere
delle spese rispettivamente sostenute nei procedimenti di opposizione e di ricorso.
SOMMARIO
Corrigendum:
Un errore è stato riscontrato nella
traduzione francese della decisione della Terza Commissione di ricorso 12
febbraio
2001,
procedimento
R-251/2000-3 (MYSTERY (marchio figurativo)/Mixery), publicata nella GU
UAMI n. 1/2002, pag. 11. Infatti, sia nel
primo paragrafo del sunto della decisione (pag. 11) sia nei punti 33-35
(pagg. 31-33) della medesima, il termine «coca» è stato utilizzato in maniera
inappropriata. È evidente che occorre
sostituire questo termine con l’espressione «boisson à base de cola».
SOMMARIO
LISTA DE LOS REPRESENTANTES AUTORIZADOS ANTE LA OFICINA
DE ARMONIZACIÓN DEL MERCADO INTERIOR (MARCAS, DIBUJOS Y MODELOS)
LISTE DER ZUGELASSENEN VERTRETER BEIM HARMONISIERUNGSAMT FÜR DEN
BINNENMARKT (MARKEN, MUSTER UND MODELLE)
LIST OF PROFESSIONAL REPRESENTATIVES BEFORE THE OFFICE FOR HARMONIZATION IN THE INTERNAL MARKET (TRADE MARKS AND DESIGNS)
LISTE DES MANDATAIRES AGRÉÉS AUPRÈS DE L’OFFICE DE L’HARMONISATION
DANS LE MARCHÉ INTÉRIEUR (MARQUES, DESSINS ET MODÈLES)
ELENCO DEI MANDATARI ABILITATI PRESSO L’UFFICIO PER L’ARMONIZZAZIONE
NEL MERCATO INTERNO (MARCHI, DISEGNI E MODELLI)
(Véase también las comunicaciones del presidente de la Oficina / Siehe auch die
Mitteilungen des Präsidenten des Amtes / See also the communications of the
President of the Office / Voir aussi les communications du président de l’Office /
Vedi anche le comunicazioni del presidente dell’Ufficio)
nº 1/95, DO/ABI./OJ/JO/GU OAMI n° 1/95, p. 16
nº 2/95, DO/ABI./OJ/JO/GU OAMI n° 2-3/95, p. 464
nº 2/96, DO/ABl./OJ/JO/GU OAMI n° 5/96, p. 590
nº 4/96, DO/ABI./OJ/JO/GU OAMI n° 9/96, p.1272
nº 4/97, DO/ABI./OJ/JO/GU OAMI n° 10/97, p.1182
nº 2/99, DO/ABI./OJ/JO/GU OAMI n° 7-8/99, p.1003
Inscripciones / Eintragungen / Entries / Inscriptions / Iscrizioni
Deutschland
BRINKMANN, Stefan (DE)
Kaiser-Friedrich-Ring 70
D-40547 Düsseldorf
CREUTZ, Dieter (DE)
Markt 5
D-01662 Meißen
ECKNER, Klaus Jürgen (DE)
Dr. K.-J. Eckner E. Katzner & Kollegen
Brückenstr. 14
D-10179 Berlin
EIFERT, Werner (DE)
Triebelstr. 10
D-06217 Merseburg
FISCHBECK, Jörn (DE)
Winter, Brandl, Fürniss, Hübner, Röss, Kaiser,
Polte Partnerschaft
Patent-und Rechtsanwaltskanzlei
Bavariaring 10
D-80336 München
HANSEN, Norbert (DE)
Maiwald Patentanwalts GmbH
Elisenstr. 3
D-80335 München
HENNINGS, Martin (DE)
Fritz-Kühn-Str. 37 b
D-12526 Berlin
HUWER, Andreas (DE)
Grünwälderstr. 10-14
D-79098 Freiburg i. Br.
JOST, Ottokarl (DE)
Vogelsangstr. 21
D-71093 Weil im Schönbuch
LEMKE, Jörg-Michael (DE)
Jung-Schirdewahn-Lemke
Schmiedstr. 1 Hausen
D-86447 Aindling
SCHWAN, Ivo (DE)
Elfenstr. 32
D-81739 München
STEILING, Lothar (DE)
Carl-Rumpff-Str. 2
D-51373 Leverkusen
THEWS, Gustav (DE)
Helmholtzstr. 35
D-68723 Schwetzingen
THEWS, Karl (DE)
Helmholtzstr. 35
D-68723 Schwetzingen
SOMMARIO
España
GÜELL SERRA, Jordi (ES)
Dr. Ing. M. Curell Suñol I.I. S.L.
Pº de Gracia, 65 bis
E-08008 Barcelona
Sverige
FALCK, Charlotte (SE)
Pharmacia AB
S-112 87 Stockholm
United Kingdom
SYMONS, Rupert Jonathan (GB)
Hepworth Lawrence Bryer & Bizley
Bloxam Court Corporation Street
Rugby CV21 2DU
United Kingdom
WELLS, Andrew (GB)
Wilson Gunn Skerrett
Charles House 148/9 Great Charles Street
Birmingham B3 3HT
United Kingdom
WHITE, Duncan Rohan (GB)
Edward Evans Barker
Clifford’s Inn Fetter Lane
London EC4A 1BZ
United Kingdom
CHAPMAN, Paul Gilmour (GB)
19 Royal Exchange Square
Glasgow G1 3AE
United Kingdom
EVANS, Claire (GB)
Edward Evans Barker
Clifford’s Inn Fetter Lane
London EC4A 1BZ
United Kingdom
FRANCIS, Tanya Judith (GB)
Haseltine Lake Trademarks
Redcliff Quay 120 Redcliff Street
Bristol BS1 6HU
United Kingdom
SMYTH, Gyles Darren (GB)
Marks & Clerk
57-60 Lincoln’s Inn Fields
London WC2A 3LS
United Kingdom
Benelux
EINERHAND, Marcus Peter Wilhelmus
(NL)
Unipat B.V.
Snouchaertlaan 42
Amersfoort
Nederland
VAN DER LINDEN VAN
SPRANKHUIZEN-VAN DE MAST, Judith
C.M. (NL)
Knijff & Partners
P.O. Box 5054
1380 GB Weesp
Nederland
Modificaciones / Änderungen / Changes / Changements / Modifiche
Deutschland
BORKOWSKI, Jens (DE)
Cohausz Dawidowicz Hannig & Partner
Schumannstr. 97-99
D-40237 Düsseldorf
BRAUN-DULLAEUS, Karl-Ulrich (DE)
Cohausz Dawidowicz Hannig & Partner
Schumannstr. 97-98
D-40237 Düsseldorf
COHAUSZ, Helge B. (DE)
Cohausz Dawidowicz Hannig & Partner
Schumannstr. 97-99
D-40237 Düsseldorf
GÖBEL, Claus (DE)
Cohausz Dawidowicz Hannig & Partner
Friedlander Str. 37
D-12489 Berlin
HANNIG, Wolf-Dieter (DE)
Cohausz Dawidowicz Hannig & Partner
Friedlander Str. 37
D-12489 Berlin
JORDAN, Volker (DE)
Weickmann & Weickmann
Kopernikusstr. 9
D-81679 München
MÜLLER, Volkmar (DE)
Manfred Köhler und Kollegen
Könneritzstr. 114
D-04229 Leipzig
NAEFE, Jan Robert (DE)
Naefe-Oberdorfer-Schmidt
Rablstr. 27
D-81669 München
SOMMARIO
OBERDORFER, Jürgen (DE)
Naefe-Oberdorfer-Schmidt
Rablstr. 27
D-81669 München
PRIEBISCH, Rüdiger (DE)
Am Brunnen 30
D-42855 Remscheid
REINHOLD, Silke (DE)
Friedrich-Ebert-Str. 114
D-59425 Unna
SCHMIDT, Axel (DE)
Naefe-Oberdorfer-Schmidt
Rablstr. 27
D-81669 München
SCHROOTEN, Rolf (DE)
Cohausz Dawidowicz Hannig & Partner
Schumannstr. 97-99
D-40237 Düsseldorf
SIECKMANN, Ralf (DE)
Cohausz Dawidowicz Hannig & Partner
Schumannstr. 97-99
D-40237 Düsseldorf
ZINSINGER, Norbert (DE)
Merianstr. 26
D-90409 Nürnberg
Italia
CAZZETTA, Cristina (IT)
Porta, Checcacci & Associati
Viale Sabotino 19/2
I-20135 Milano
United Kingdom
BUTLER, David Charles (GB)
GlaxoSmithKline. Corporate Intellectual
Property.
Location CN925.2
980 Great West Road
Brentford TW8 9GS
United Kingdom
COX, Alan Sinclair (GB)
GlaxoSmithKline. Corporate Intellectual
Property.
Location CN925.2
980 Great West Road
Brentford TW8 9GS
United Kingdom
EVANS, Georgina (GB)
GlaxoSmithKline. Corporate Intellectual
Property.
Location CN925.2
980 Great West Road
Brentford TW8 9GS
United Kingdom
McCALLUM, Graeme David (GB)
McNeight & Lawrence
Regent House
Heaton Lane
Stockport SK4 1BS
United Kingdom
(Véase / siehe / see / voir / vedi Benelux)
SARRETI, Carol (GB)
GlaxoSmithKline. Corporate Intellectual
Property.
Location CN925.2
980 Great West Road
Brentford TW8 9GS
United Kingdom
Österreich
Benelux
Nederland
GRABHERR, Claudia (AT)
Patentanwälte Puchberger, Berger & Partner
Reichsratsstr. 13
A-1010 Wien
PUCHBERGER, Rolf (AT)
Patentanwälte Puchberger, Berger & Partner
Reichsratsstr. 13
A-1010 Wien
PUCHBERGER, Peter (AT)
Patentanwälte Puchberger, Berger & Partner
Reichsratsstr. 13
A-1010 Wien
KWANT, Louise Inge (NL)
Novagraaf Nederland B.V.
Hogehilweg 3
1101 CA Amsterdam
Nederland
LAARMAN, Anne Gertruida Theodora Maria
(NL)
Bergumlaan 5
6835 JP Arnhem
Nederland
SOMMARIO
Cancelaciones / Löschungen / Deletions / Radiations / Radiazioni
Deutschland
United Kingdom
EICHLER, Peter (DE)
Sturies, Eichler, Füssel
Lönsstr. 55
D-42289 Wuppertal
PERRY, Julie Elizabeth (GB)
Elmhurst
Brown Hurst
Halifax HX2 0TR
United Kingdom
LIEBAU, Gerhard (DE)
Charrier Rapp & Liebau
Postfach 31 02 47
D-86063 Augsburg
SOMMARIO
GIURISPRUDENZA DELLA
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE
COMUNITÀ EUROPEE (*)
SENTENZA DELLA CORTE DI
GIUSTIZIA
del 23 aprile 2002
nel procedimento C-143/00 (domanda
di pronuncia pregiudiziale proposta
alla Corte, a norma dell’art. 234 CE,
dalla High Court of Justice (England
& Wales), Chancery Division (Regno
Unito), nelle cause dinanzi ad esso
pendenti tra Boehringer Ingelheim
KG, Boehringer Ingelheim Pharma
KG e Swingward Ltd, tra Boehringer
Ingelheim KG, Boehringer Ingelheim
Pharma KG e Dowelhurst Ltd, tra
Glaxo Group Ltd e Swingward Ltd,
tra Boehringer Ingelheim KG, Boehringer Ingelheim Pharma KG e
Dowelhurst Ltd, tra Glaxo Group
Ltd , The Wellcome Foundation Ltd e
Dowelhurst Ltd, tra SmithKline Beecham plc, Beecham Group plc,
SmithKline & French Laboratories
Ltd e Dowelhurst Ltd e tra Eli Lilly
and Co. e Dowelhurst Ltd, domanda
vertente sull’interpretazione dell’art.
7, n. 2, della prima direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE,
sul ravvicinamento delle legislazioni
degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU 1989, L 40, pag. 1),
come modificata dall’Accordo sullo
Spazio economico europeo 2 maggio
1992 (GU 1994, L 1, pag. 3), e degli
artt. 28 CE e 30 CE
la High Court of Justice (England and
Wales), Chancery Division, ha presentato, ai sensi dell’art. 234 CE, otto questioni pregiudiziali vertenti sull’interpretazione dell’ art. 7, n. 2, della prima
direttiva del Consiglio 21 dicembre
1988, 89/104/CEE, sul ravvicinamento
delle legislazioni degli Stati membri in
materia di marchi d’impresa (GU 1989,
L 40, pag. 1), come modificata dall’Accordo sullo Spazio economico europeo
2 maggio 1992 (GU 1994, L 1, pag. 3;
in prosieguo: la direttiva), e degli artt.
28 CE e 30 CE.
2 Tali questioni sono state sollevate
nell’ambito di controversie tra la Boehringer Ingelheim KG e la Boehringer
Ingelheim Pharma KG (in prosieguo,
indicate congiuntamente come la
«Boehringer»), la Glaxo Group Ltd (in
prosieguo: la «Glaxo»), la SmithKline
Beecham plc, la Beecham Group plc e
la SmithKline & French Laboratories
Ltd (in prosieguo, indicate congiuntamente come la «SmithKline»), la The
Wellcome Foundation Ltd (in prosieguo: la «Wellcome»), nonché la Eli Lilly and Co. (in prosieguo: la «Ely Lilly»), da una parte, e la Swingward Ltd
(in prosieguo: la «Swingward») e la
Dowelhurst Ltd (in prosieguo: la
«Dowelhurst»), dall’altra, in materia di
commercializzazione di medicinali prodotti dalla Boehringer, dalla Glaxo, dalla SmithKline, dalla Wellcome e dalla
Eli Lilly e importati parallelamente nel
Regno Unito dalla Swingward e dalla
Dowelhurst.
Diritto comunitario
(Marchi - Direttiva 89/104/CEE - Art.
7, n. 2 - Esaurimento del diritto conferito dal marchio - Medicinali - Importazione parallela - Riconfezionamento
del prodotto munito del marchio)
(Lingua processuale: inglese)
1 Con ordinanza 7 marzo 2000, pervenuta alla Corte il 17 aprile seguente,
(*) L’Ufficio pubblica queste sentenze,
tratte dai testi che generalmente vengono resi disponibili il giorno stesso della pronunzia, con lo scopo di informarne i lettori. Non si tratta, dunque, di
una pubblicazione di carattere ufficiale
della Corte di Giustizia. L’unico testo
delle sentenze che fa fede è quello pubblicato nella «Raccolta della Giurisprudenza della Corte e del Tribunale di
primo grado».
3 Ai sensi dell’art. 28 CE sono vietate fra gli Stati membri le restrizioni
quantitative all’importazione nonché
qualsiasi misura di effetto equivalente.
Tuttavia ai sensi dell’art. 30 CE, i divieti e le restrizioni all’importazione tra gli
Stati membri giustificati da motivi di
tutela della proprietà industriale e commerciale sono autorizzati purché non
costituiscano un mezzo di discriminazione arbitraria, né una restrizione dissimulata al commercio intracomunitario.
4 L’art. 7 della direttiva 89/104, intitolato «Esaurimento del diritto conferito
dal marchio di impresa», prevede:
«1. Il diritto conferito dal marchio di
impresa non permette al titolare dello
stesso di vietare l’uso del marchio di
impresa per prodotti immessi in com-
mercio nella Comunità con detto marchio dal titolare stesso o con il suo consenso.
2. Il paragrafo 1 non si applica quando sussistono motivi legittimi perché il
titolare si opponga all’ulteriore commercializzazione dei prodotti, in particolare quando lo stato dei prodotti è
modificato o alterato dopo la loro immissione in commercio».
5 In conformità all’art. 65, n. 2, in
combinato disposto con l’allegato
XVII, punto 4, dell’Accordo sullo Spazio economico europeo, l’art. 7, n. 1,
della direttiva 89/104 è stato modificato ai fini di detto Accordo, nel senso
che l’espressione «nella Comunità» è
stata sostituita dai termini «in una Parte contraente».
Controversie nelle cause principali e
questioni pregiudiziali
6 Ciascuno dei medicinali oggetto
delle cause principali è stato commercializzato con un marchio da una delle
attrici nelle cause principali nella Comunità, dove è stato acquistato da una
delle convenute nelle cause principali e
importato nel Regno Unito. Ai fini di
tali importazioni le convenute nelle
cause principali hanno modificato in
qualche misura la confezione di questi
medicinali e i foglietti illustrativi ivi acclusi.
7 Il modo in cui il confezionamento
dei vari medicinali interessati è stato
modificato varia da un caso all’altro. In
alcuni casi un’etichetta contenente talune informazioni importanti, quali il
nome dell’importatore parallelo e il suo
numero di licenza di importazione parallela è stata apposta sulla confezione
d’origine. Su tale confezione rimangono allora visibili diciture in lingua diversa dall’inglese ed il marchio non è
coperto. In altri casi, il prodotto è stato riconfezionato in scatole ideate dall’importatore parallelo sulle quali è riprodotto il marchio. In altri casi ancora il prodotto è stato riconfezionato in
scatole ideate dall’importatore parallelo
che non recano il marchio. In sua vece,
sulla scatola è stato indicato il nome generico del prodotto. Il contenitore che
si trova all’interno della scatola reca il
marchio originale, ma su di esso è stata
apposta un’etichetta autoadesiva per indicare la denominazione generica del
prodotto nonché il nome del produttore e quello del titolare della licenza di
importazione parallela. In tutti questi
SOMMARIO
casi di riconfezionamento, le scatole
contengono un foglietto illustrativo destinato ai pazienti, redatto in lingua inglese e recante il marchio.
8 La Boehringer, la Glaxo, la SmithKline, la Wellcome e la Eli Lilly si oppongono a tali modifiche di confezionamento e fanno valere che queste ultime non sono necessarie perché i
medicinali interessati possano essere
commercializzati nel Regno Unito. Di
conseguenza, secondo la giurisprudenza della Corte, gli importatori paralleli
non avrebbero il diritto di apportare tali
modifiche. Pertanto, esse hanno proposto alcuni ricorsi innanzi al giudice del
rinvio per contraffazione del marchio.
9 Ritenendo che la soluzione delle
controversie nelle cause principali dipendesse da una interpretazione del diritto comunitario, la High Court of Justice (England and Wales), Chancery
Division, ha deciso di sospendere il
giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se il titolare di un marchio possa
far valere i propri diritti derivanti dal
marchio per bloccare o ostacolare l’importazione dei propri prodotti da uno
Stato membro in un altro, ovvero per
opporsi al loro smercio o alla loro promozione successivi quando l’importazione, lo smercio o la promozione non
nuocciono, o almeno non nuocciono in
modo sostanziale, all’oggetto specifico
dei suoi diritti.
2) Se la soluzione della questione sub
1. sia diversa qualora il titolare adduca
come motivazione il fatto che l’importatore o il successivo distributore commerciale utilizza il marchio del titolare
in maniera tale che, pur non pregiudicandone l’oggetto specifico, non sia necessaria.
3) Qualora un importatore di prodotti del titolare o un operatore commerciale che distribuisca tali prodotti importati debba dimostrare che il suo uso
del marchio del titolare è necessario, se
tale condizione sia soddisfatta se egli dimostra che l’uso del marchio è ragionevolmente richiesto per consentirgli di
accedere a) solo a parte del mercato di
tali prodotti, o b) all’intero mercato dei
medesimi, ovvero se si richieda che l’uso del marchio fosse indispensabile per
consentire la messa in commercio dei
prodotti e, se nessuna delle precedenti
soluzioni è valida, quale sia il significato del termine necessario.
4) Qualora il titolare del marchio sia
legittimato, prima facie, a far valere i
propri diritti derivanti dal marchio nazionale contro qualsiasi uso del proprio
marchio su prodotti o in relazione a
prodotti per i quali tale uso non è necessario, se l’esercizio di tale diritto allo
scopo di ostacolare o escludere importazioni parallele dei propri prodotti che
non minacciano l’oggetto specifico o la
funzione essenziale del marchio costituisca un comportamento abusivo e una
restrizione dissimulata al commercio ai
sensi dell’art. 30, seconda frase, CE.
5) Se un importatore o un operatore
che distribuisca prodotti importati,
qualora intenda utilizzare il marchio del
titolare sui prodotti o in relazione ai
prodotti in questione, e tale uso non sia
effettivamente né potenzialmente pregiudizievole per l’oggetto specifico del
marchio, debba comunque previamente
informare il titolare del marchio della
sua intenzione di fare uso di questo.
6) In caso di soluzione affermativa
della precedente questione, se ciò significhi che l’omissione di detto preavviso
da parte dell’importatore o del distributore commerciale ha l’effetto di legittimare il titolare a limitare od impedire
l’importazione o l’ulteriore commercializzazione dei prodotti di cui trattasi,
anche qualora tale importazione o ulteriore commercializzazione non pregiudichi l’oggetto specifico del marchio.
7) Nel caso in cui un importatore o
un operatore che distribuisca prodotti
importati debba informare preventivamente il titolare del marchio in relazione ad usi del medesimo che non ne pregiudicano l’oggetto specifico,
a) se tale presupposto valga per tutti i
casi del genere di uso del marchio,
ivi compresi la pubblicità, la rietichettatura e il riconfezionamento,
ovvero, se valga solo per alcuni usi,
per quali,
b) se l’importatore o il distributore
commerciale sia tenuto ad avvertire il titolare o se sia sufficiente che
quest’ultimo riceva tale preavviso,
c) quale debba essere la portata del
preavviso.
8) Se un organo giurisdizionale nazionale di uno Stato membro sia legittimato, su istanza del titolare dei diritti di
marchio, ad emettere provvedimenti ingiuntivi, a condannare ad un risarcimento danni o alla consegna di prodotti e ad emanare altri provvedimenti in
relazione a prodotti importati, al loro
confezionamento o alla loro pubblicità,
qualora l’emissione di siffatti provvedimenti a) blocchi o ostacoli la libera circolazione di merci messe in commercio
all’interno della Comunità dal titolare o
con il suo consenso, b) non abbia però
lo scopo di evitare un pregiudizio allo
specifico oggetto dei diritti e non contribuisca ad evitare siffatto pregiudizio».
Osservazioni preliminari
10 Con le sue questioni, il giudice del
rinvio mira ad ottenere precisazioni per
quanto riguarda taluni aspetti della giurisprudenza della Corte relativa al riconfezionamento di medicinali muniti
di marchio, effettuato da importatori
paralleli senza l’autorizzazione del titolare del marchio.
11 Di conseguenza si debbono ricordare gli elementi essenziali di tale giurisprudenza.
12 Innanzi tutto occorre ricordare che
dalla giurisprudenza della Corte, in particolare dalla sentenza 23 maggio 1978,
causa 102/77, Hoffmann - La Roche
(Racc. pag. 1139, punti 6 e 7), risulta
quanto segue:
— l’art. 30 CE ammette deroghe al
principio fondamentale della libera
circolazione delle merci tra gli Stati
membri solo nella misura in cui esse
appaiano indispensabili per la tutela
dei diritti che costituiscono oggetto
specifico della proprietà industriale
interessata;
— in tale contesto, occorre tener conto
della funzione essenziale del marchio, che consiste nel garantire al
consumatore o all’utilizzatore finale
la provenienza del prodotto contrassegnato, consentendogli di distinguere senza alcuna possibilità di confusione tale prodotto da quelli di diversa provenienza;
— tale garanzia implica per il consumatore o per l’utilizzatore finale la certezza che il prodotto contrassegnato
non ha subito in una precedente fase
della distribuzione alcun intervento
da parte di un terzo, senza autorizzazione del titolare del marchio, che
ne abbia alterato lo stato originario.
13 Pertanto, la facoltà, attribuita al titolare di un marchio, di opporsi a qualsiasi uso di questo tale da falsare la garanzia di provenienza, intesa nel senso
SOMMARIO
sopra descritto, rientra nell’oggetto specifico del diritto al marchio e, di conseguenza, è giustificato, in base all’art. 30,
prima frase, CE, riconoscere al titolare
del marchio il diritto di opporsi a che
l’importatore di un prodotto di marca,
dopo aver riconfezionato la merce, apponga il marchio, senza autorizzazione
del titolare, sul nuovo imballaggio (sentenza Hoffmann - La Roche, citata,
punti 7 e 8).
14 Dal punto 14 della sentenza Hoffmann - La Roche, citata, risulta che è
giustificata, ai sensi dell’art. 30, prima
frase, CE, l’opposizione, da parte del titolare di un diritto al marchio tutelato
contemporaneamente in due Stati membri, a che un prodotto, legittimamente
contrassegnato con il suo marchio in
uno di tali Stati, sia messo in commercio nell’altro Stato membro dopo essere stato riconfezionato in un nuovo imballaggio sul quale un terzo ha apposto
lo stesso marchio. Ne risulta altresì che
una tale opposizione costituisce tuttavia
restrizione dissimulata del commercio
fra gli Stati membri ai sensi dell’art. 30,
seconda frase, CE, qualora:
— sia provato che l’esercizio del diritto
al marchio da parte del titolare, tenuto conto del sistema di distribuzione da questo adottato, contribuirebbe ad isolare artificiosamente i
mercati nazionali nell’ambito della
Comunità;
— sia dimostrato che il riconfezionamento non può alterare lo stato originario del prodotto;
— il titolare del marchio venga previamente informato della messa in vendita del prodotto riconfezionato;
— sul nuovo imballaggio sia precisato
da chi è stato effettuato il riconfezionamento.
15 Inoltre, in sentenze successive alla
sentenza Hoffmann - La Roche citata,
in particolare nelle sentenze 11 luglio
1996, cause riunite C-427/93, C-429/93
e C-436/93, Bristol-Myers Squibb e a.
(Racc. pag. I-3457), e 12 ottobre 1999,
causa C-379/97, Upjohn (Racc. pag. I6927), la Corte ha precisato gli elementi che possono configurare un caso di
isolamento artificioso dei mercati tra
Stati membri. Dev’essere considerata
tale, a determinate condizioni, l’opposizione del titolare di un marchio al riconfezionamento dei medicinali quan-
do quest’ultimo sia necessario perché il
prodotto importato parallelamente possa essere commercializzato nello Stato
importatore.
16 In tale giurisprudenza, la Corte ha
anche esposto e precisato le altre condizioni che l’importatore parallelo deve
rispettare per poter effettuare un riconfezionamento dei medicinali muniti di
marchio. Essa ha in particolare affermato che la presentazione del prodotto riconfezionato non doveva essere tale da
nuocere alla reputazione del marchio.
17 Infine, occorre ricordare che, prima dell’adozione della direttiva, la giurisprudenza della Corte relativa a questa problematica era stata formulata
nell’ambito delle disposizioni del Trattato CEE relative al commercio intracomunitario. A seguito dell’adozione di
tale direttiva, che disciplina in modo
completo, all’art. 7, la questione dell’esaurimento del diritto di marchio per
quanto riguarda i prodotti messi in
commercio nella Comunità, la Corte ha
affermato che le norme nazionali in materia dovevano essere valutate con riguardo alla detta disposizione (v. sentenza Bristol - Myers Squibb e a., citata, punto 26).
18 Tuttavia, l’art. 7 della direttiva, al
pari dell’art. 30 CE, mira, in particolare, a conciliare gli interessi fondamentali attinenti alla tutela dei diritti di marchio e quelli relativi alla libera circolazione delle merci tra gli Stati membri,
cosicché tali due norme, che perseguono lo stesso risultato, devono essere interpretate in modo identico. Pertanto,
per stabilire se, in forza dell’art. 7, n. 2,
della direttiva, il titolare di un marchio
possa opporsi allo smercio di prodotti
riconfezionati sui quali è stato riapposto il marchio, occorre basarsi sulla giurisprudenza della Corte riguardante
l’art. 36 del trattato CEE (divenuto art.
36 del trattato CE, a sua volta divenuto, in seguito a modifica, art. 30 CE) (v.
sentenza Bristol-Myers Squibb e a., citata, punti 40 e 41).
Sull’oggetto specifico del marchio
19 Con le sue questioni prima, seconda, quarta e ottava, il giudice del rinvio
mira ad ottenere precisazioni sulla nozione di oggetto specifico del marchio
quale utilizzata dalla giurisprudenza
della Corte per determinare a quali condizioni il titolare di un marchio possa
far valere i suoi diritti di marchio per
impedire ad un importatore parallelo di
procedere a riconfezionamenti di medicinali.
20 Il giudice del rinvio si chiede in
particolare se è possibile, così come è
stato fatto da taluni giudici in altri Stati membri, ritenere che il riconfezionamento pregiudichi l’oggetto specifico
del marchio ai sensi della giurisprudenza della Corte, di modo che il titolare
del marchio possa opporsi, in linea di
principio, ad un riconfezionamento, anche se concretamente tale riconfezionamento non costituisca una minaccia per
gli interessi del titolare. Secondo tale
giudice, i riconfezionamenti contestati
innanzi ad esso riguardano merci autentiche commercializzate con il consenso del titolare e non arrecano pregiudizio allo stato originario dei medicinali, alla loro reputazione o alle
funzioni essenziali del marchio. Esso
solleva la questione se in casi in cui il
marchio non sia utilizzato in maniera
tale da fuorviare i consumatori per
quanto riguarda la provenienza e la
qualità delle merci, tali riconfezionamenti debbano essere autorizzati anche
se non venga dimostrato che un riconfezionamento sia necessario per permettere all’importatore parallelo un accesso effettivo al mercato.
Osservazioni presentate alla Corte
21 La Boehringer sostiene che il titolare di un marchio può sempre opporsi
legittimamente alla ulteriore commercializzazione di un medicinale quando
l’importatore parallelo abbia riconfezionato il prodotto e utilizzato il marchio sul prodotto o in relazione ad esso
o quando abbia pregiudicato i diritti di
marchio del titolare in qualsiasi altro
modo, a meno che tale pregiudizio non
sia essenziale, nelle circostanze sussistenti al momento della commercializzazione nello Stato membro d’importazione, perché il prodotto sia commercializzato in tale Stato dall’importatore
e il detto pregiudizio non leda il meno
possibile i diritti del titolare del marchio.
22 La Glaxo fa valere che il riconfezionamento dei prodotti del titolare del
marchio senza il suo consenso arreca
pregiudizio all’oggetto specifico del
marchio. Un siffatto comportamento
sarebbe di per sé, passibile di sanzione
in forza di un’azione di contraffazione
SOMMARIO
del marchio, salvo solo il caso in cui siano soddisfatte le quattro condizioni stabilite dalla giurisprudenza della Corte e
ricordate al punto 14 della presente sentenza. Non sarebbe necessario fornire
in aggiunta la prova del carattere pregiudizievole del riconfezionamento o di
un pregiudizio all’oggetto specifico del
marchio.
23 La SmithKline sostiene che, secondo l’ordinanza di rinvio, spetta al titolare di un marchio dimostrare un «danno» supplementare al fine di impedire
l’importazione parallela di merci recanti tale marchio. Essa fa valere che tale
approccio è erroneo alla luce della giurisprudenza della Corte in materia.
24 La Swingward e la Dowelhurst sostengono che dalla giurisprudenza della
Corte emerge che un diritto di marchio
può essere fatto valere solo nel caso di
un danno determinato e concreto arrecato all’oggetto specifico del marchio.
25 Il governo tedesco fa valere che
dalla giurisprudenza della Corte risulta
che il riconfezionamento o la rietichettatura di prodotti può ledere i diritti del
titolare di un marchio, compresi quelli
che costituiscono l’oggetto specifico del
marchio, e che non occorre discostarsi
da tale giurisprudenza consolidata.
26 Il governo norvegese sostiene che
il disposto dell’art. 30 CE si basa sulla
premessa secondo cui le restrizioni all’importazione sono giustificate solo
qualora sia minacciatala proprietà industriale e commerciale. Dalla giurisprudenza della Corte non si può dedurre
che il titolare di un marchio possa opporsi all’importazione di prodotti riconfezionati che non alterano lo stato
originale del prodotto e non nuocciono
alla reputazione del marchio o del suo
titolare.
27 La Commissione fa valere che la
questione essenziale è se l’esigenza della necessità debba unirsi alle condizioni
relative alla tutela dell’oggetto specifico
di un marchio. La sentenza BristolMyers Squibb e a. non sarebbe del tutto univoca a tale proposito. Tuttavia se
la Corte avesse voluto modificare la natura dell’elenco delle condizioni stabilite nella sentenza Hoffmann-La Roche,
citata, collocandone alcune in subordine, avrebbe potuto benissimo farlo. La
Commissione ritiene pertanto che l’esigenza della «necessità» si aggiunga ai
criteri relativi alla tutela dell’oggetto
specifico del marchio.
Giudizio della Corte
28 Occorre ricordare che, se si può
derogare al principio fondamentale della libera circolazione delle merci nel
caso in cui il titolare di un marchio si
opponga sulla base di quest’ultimo al riconfezionamento dei medicinali importati parallelamente, ciò accade nei limiti in cui tale facoltà permetta al titolare
di salvaguardare diritti che rientrano
nell’oggetto specifico del marchio, inteso alla luce della funzione essenziale di
quest’ultimo.
29 Non viene contestato che l’oggetto
specifico del marchio sia quello di assicurare la garanzia di provenienza del
prodotto munito di tale marchio e che
un riconfezionamento di tale prodotto
operato da un terzo senza l’autorizzazione del titolare possa creare rischi
reali per questa garanzia di provenienza.
30 Così, ai punti 7 e 8 della sentenza
Hoffmann - La Roche, citata, la Corte
ha considerato che il diritto del titolare
di opporsi al riconfezionamento dei
medicinali muniti del suo marchio rientra, alla luce di tale rischio per la garanzia di provenienza, nell’oggetto specifico del marchio. Secondo tale giurisprudenza, è il riconfezionamento dei
medicinali muniti del marchio in quanto tale che pregiudica l’oggetto specifico del marchio, senza che occorra valutare in questo contesto quali siano gli
effetti concreti del riconfezionamento
operato dall’importatore parallelo.
modo tale che i legittimi interessi del titolare vengano rispettati, il che implica
in particolare che il riconfezionamento
non alteri lo stato originario del medicinale o non sia tale da nuocere alla reputazione del marchio.
33 Orbene, come è stato ricordato al
punto 15 della presente sentenza, la
Corte ha dichiarato che deve ritenersi
che contribuisca ad un isolamento artificioso dei mercati tra gli Stati membri
l’opposizione del titolare di un marchio
al riconfezionamento dei medicinali
qualora quest’ultimo sia necessario perché il prodotto importato parallelamente possa essere commercializzato nello
Stato importatore.
34 Emerge così da una giurisprudenza
consolidata che la modifica - che qualsiasi riconfezionamento di un medicinale
munito di marchio implica - creando per
la sua stessa natura il rischio di un’alterazione dello stato originario del medicinale può essere vietata dal titolare del marchio, a meno che il riconfezionamento
non sia necessario per permettere la commercializzazione dei prodotti importati
parallelamente e i legittimi interessi del titolare non siano per il resto salvaguardati (v. in tal senso, sentenza Bristol - Myers
Squibb e a., citata, punto 57).
35 Occorre quindi risolvere la prima,
la seconda, la quarta e l’ottava questione dichiarando che l’art. 7, n. 2, della direttiva dev’essere interpretato nel senso
che il titolare di un marchio può far valere il suo diritto di marchio al fine di
impedire ad un importatore parallelo di
procedere a riconfezionamenti di medicinali, a meno che l’esercizio di questo
diritto non contribuisca ad isolare artificiosamente i mercati tra gli Stati membri.
Sulla necessità del riconfezionamento
31 Tuttavia, dal punto 9 della sentenza Hoffmann - La Roche, citata, si desume che la deroga alla libera circolazione delle merci che è la conseguenza
dell’opposizione del titolare del marchio al riconfezionamento non può essere ammessa ove l’esercizio di tale diritto da parte del titolare costituisca una
restrizione dissimulata al commercio tra
gli Stati membri ai sensi dell’art. 30, seconda frase, CE.
32 Costituisce una siffatta restrizione
dissimulata ai sensi di tale disposizione
l’esercizio, da parte del titolare di un
marchio, del suo diritto di opporsi al riconfezionamento se tale esercizio contribuisce a isolare artificiosamente i
mercati tra gli Stati membri e se, d’altro
canto, il riconfezionamento avviene in
36 Con la sua terza questione, il giudice del rinvio chiede alla Corte a quali condizioni il riconfezionamento operato da un importatore parallelo al fine
di commercializzare medicinali nel
mercato dello Stato di importazione
possa essere considerato necessario, ai
sensi della giurisprudenza della Corte.
Più in particolare, esso intende stabilire
se il riconfezionamento possa essere
considerato necessario per il solo motivo che, senza quest’ultimo, il successo
commerciale del medicinale sarebbe
pregiudicato nel mercato dello Stato
importatore per l’atteggiamento di diffidenza di una parte non trascurabile
dei consumatori di tale Stato nei confronti di medicinali manifestamente destinati al mercato di un altro Stato.
SOMMARIO
37 Il giudice del rinvio ritiene che il
riconfezionamento dovrebbe essere
considerato necessario quando permette di superare un ostacolo reale o potenziale alla commercializzazione dei
medicinali. Tale questione sarebbe importante in quanto le attrici nelle cause
principali fanno valere che i riconfezionamenti operati da importatori paralleli e consistenti nel sostituire le confezioni di medicinali non sono necessari
tenuto conto del fatto che la commercializzazione sarebbe possibile sul mercato con una semplice rietichettatura
dei prodotti. Orbene, secondo il giudice del rinvio, vi è una resistenza significativa da parte del mercato nei confronti delle rietichettature e la sostituzione delle confezioni è necessaria per
vincere tale resistenza.
Osservazioni presentate alla Corte
38 La Boehringer fa valere che un pregiudizio al diritto di marchio del titolare è necessario solo se, in mancanza di
esso, la normativa e le prassi in vigore
nello Stato d’importazione impediscono all’importatore di vendere il prodotto in tale Stato. Il titolare di un marchio
potrebbe dunque legittimamente opporsi ad un riconfezionamento dettato
dalla preferenza del consumatore di tale
Stato per una determinata presentazione del prodotto, qualora la normativa e
le prassi dello Stato d’importazione
permettano la sua commercializzazione
senza un pregiudizio del genere.
39 La Glaxo sostiene che la Corte ha
inteso distinguere tra i riconfezionamenti necessari perché i prodotti possano essere messi in commercio e quelli
che servono a massimizzare l’accettazione del prodotto da parte del mercato. Essa colloca nella seconda categoria
le modifiche dirette a permettere agli
importatori paralleli di aumentare i loro
prezzi, a rendere più attraenti i prodotti agli occhi dei consumatori o ad aumentare le vendite. Qualora non sia dimostrato che il riconfezionamento è necessario per vendere il prodotto nello
Stato membro importatore, l’opposizione del titolare al riconfezionamento
non costituirebbe un isolamento artificioso del mercato. Il principio della libera circolazione sarebbe rispettato
dato che l’importatore può riconfezionare il prodotto se ciò è necessario per
commercializzarlo.
40 La SmithKline fa valere che per riconfezionamento «necessario» va inteso
quello senza il quale il prodotto non
potrebbe essere immesso sul mercato.
Superare la reticenza dei consumatori
nei confronti dei prodotti recanti un’etichetta non costituirebbe un legittimo
motivo di riconfezionamento.
41 La Swingard e la Dowelhurst distinguono un solo caso in cui il riconfezionamento non può essere considerato necessario, cioè il caso in cui quest’ultimo si spieghi solamente con la
preoccupazione dell’importatore parallelo di procurarsi un vantaggio commerciale ai sensi della citata sentenza
Upjohn, vale a dire un vantaggio commerciale ingiusto o abusivo.
42 Il governo tedesco fa valere che la
Corte ha chiaramente indicato le circostanze in cui il riconfezionamento di
medicinali di marca è lecito, facendo riferimento alla nozione di necessità.
Meri vantaggi economici, come l’aumento delle vendite, non sarebbero sufficienti perché il riconfezionamento sia
giudicato necessario. Non vi sarebbe
dunque, ad esempio, alcuna necessità
oggettiva di riconfezionare il prodotto
qualora l’apposizione di etichette o
l’impiego di imballaggi esteri siano
poco apprezzati. Tuttavia, ove le caratteristiche del mercato rendano nettamente più difficile la vendita del prodotto che non ha subito alcun riconfezionamento, quest’ultimo dovrebbe
essere considerato necessario.
43 Il governo norvegese sostiene che
nessuna condizione di necessità è desumibile dalla giurisprudenza della Corte.
Se tuttavia una tale condizione dovesse
esistere, essa dovrebbe essere considerata soddisfatta qualora l’importatore parallelo ritenga che il riconfezionamento
sia necessario per vendere il prodotto.
44 La Commissione ritiene che la reticenza dei consumatori non crei una
«necessità» ai sensi della giurisprudenza della Corte, a meno che non sia tale
da poter essere superata attraverso
prezzi più bassi e una maggiore informazione.
Giudizio della Corte
45 Secondo la giurisprudenza della
Corte, il titolare di un marchio che faccia valere i suoi diritti di marchio al fine
di impedire ad un importatore parallelo di procedere ad un riconfezionamento necessario alla commercializzazione
dei medicinali interessati nello Stato
d’importazione contribuisce ad un isolamento artificioso dei mercati tra Stati
membri, contrario al diritto comunitario.
46 La Corte ha dichiarato a tale proposito che occorre tener conto delle circostanze sussistenti al momento della
commercializzazione nello Stato membro importatore che rendono oggettivamente necessario il riconfezionamento
perché il medicinale possa essere commercializzato in tale Stato dall’importatore parallelo. L’opposizione del titolare di un marchio al riconfezionamento
non è giustificata qualora ostacoli l’accesso effettivo del prodotto importato
al mercato di tale Stato (v., in tal senso,
sentenza Upjohn, citata, punto 43).
47 Un ostacolo del genere sussiste, ad
esempio, quando medicinali acquistati
dall’importatore parallelo non possono
essere commercializzati nello Stato
membro importatore nella loro confezione originaria a causa di normative o
di prassi nazionali relative al confezionamento, di norme in materia di assicurazione contro le malattie che subordinano ad un determinato confezionamento il rimborso delle spese mediche
o di consolidate prassi in materia di
prescrizioni mediche che si basano, fra
l’altro, su norme dimensionali raccomandate da associazioni di categoria e
dagli enti di assicurazione contro le malattie. A tale riguardo, è sufficiente che
l’ostacolo sussista per uno dei confezionamenti utilizzati dal titolare di un
marchio nello Stato membro importatore (v. sentenza Bristol-Myers Squibb
e a., citata, punti 53 e 54).
48 Per contro, il titolare di un marchio può opporsi al riconfezionamento
se esso è esclusivamente motivato dalla
ricerca di un vantaggio commerciale per
l’importatore parallelo (v., in tal senso,
sentenza Upjohn, citata, punto 44).
49 In tale contesto, è stato altresì constatato che il titolare di un marchio può
opporsi al riconfezionamento mediante
sostituzione della confezione quando
l’importatore parallelo è in grado di riutilizzare la confezione d’origine per una
commercializzazione nello Stato membro d’importazione apponendo etichette su tale confezione (v. sentenza Bristol
- Myers Squibb e a., citata, punto 55).
50 Così, il titolare di un marchio può
opporsi a che l’importatore parallelo
proceda al riconfezionamento mediante
la sostituzione della confezione solo a
condizione che il medicinale rietichettato possa effettivamente accedere al mercato interessato.
51 Le reticenze nei confronti dei medicinali rietichettati non costituiscono
SOMMARIO
sempre ostacoli all’effettivo accesso al
mercato tali da rendere necessario, ai
sensi della giurisprudenza della Corte,
un riconfezionamento mediante sostituzione delle confezioni.
52 Tuttavia, su un mercato o su una
parte rilevante dello stesso può esservi,
da parte di una percentuale significativa
di consumatori, una resistenza così forte nei confronti dei medicinali rietichettati che l’accesso effettivo al mercato
debba considerarsi ostacolato. Di conseguenza, il riconfezionamento dei medicinali non si spiegherebbe esclusivamente con la ricerca di un vantaggio
commerciale, ma mirerebbe a conseguire un accesso effettivo al mercato.
53 Spetta al giudice nazionale valutare
se ciò avvenga nel caso di specie.
54 Occorre dunque risolvere la terza
questione pregiudiziale nel senso che
un riconfezionamento di medicinali
mediante sostituzione delle confezioni è
oggettivamente necessario ai sensi della
giurisprudenza della Corte se, senza
quest’ultimo, l’accesso effettivo al mercato interessato o ad una parte rilevante del detto mercato debba considerarsi
ostacolato a seguito di una forte resistenza da parte di una percentuale significativa di consumatori nei confronti dei medicinali rietichettati.
Sul preavviso nei confronti del titolare del marchio
55 Con le sue questioni dalla quinta
alla settima, il giudice del rinvio mira ad
ottenere precisazioni per quanto riguarda la condizione secondo cui l’importatore parallelo deve previamente informare il titolare del marchio della messa
in vendita del prodotto riconfezionato.
Esso cerca in particolare di accertare se,
qualora un riconfezionamento previsto
non pregiudichi nella fattispecie l’oggetto specifico del marchio, un preavviso sia nondimeno necessario, se l’importatore debba darlo direttamente o se
sia sufficiente che il titolare del marchio
lo riceva da un’altra fonte, entro quali
termini esso debba essere dato e quale
sia la conseguenza di un mancato preavviso.
Osservazioni presentate alla Corte
56 La Boehringer sostiene che non vi
è alcuna ragione valida per ritornare
sull’obbligo di preavviso sancito dalla
Corte. Tale obbligo non imporrebbe un
onere irragionevole all’importatore parallelo, non ostacolerebbe la libera circolazione delle merci, non ritarderebbe
la commercializzazione dei prodotti
importati e non renderebbe sensibilmente più difficile tale commercializzazione. Poiché tale obbligo non dipenderebbe da un’utilizzazione del marchio arrecante pregiudizio all’oggetto
specifico di quest’ultimo, il titolare potrebbe opporsi a qualsiasi utilizzazione
del suo marchio da parte di un importatore parallelo, a meno che quest’ultimo non l’abbia informato.
57 Secondo la Glaxo, l’obbligo di
preavviso non è oneroso ed è ragionevole. Esso dovrebbe essere applicato
conformemente ai principi sanciti nella
sentenza Hoffmann - La Roche, citata,
e applicati costantemente dalla Corte.
L’importatore parallelo dovrebbe informare egli stesso il titolare prima della
commercializzazione, entro un termine
ragionevole che permetta la presa in
considerazione di obiezioni. L’importatore parallelo dovrebbe essere sanzionato in caso di mancato preavviso poiché altrimenti egli non sarebbe incentivato a rispettare tale obbligo. Un
termine di 28 giorni sarebbe ragionevole.
58 La Swingward e la Dowelhurst sostengono che dalla giurisprudenza della
Corte discende che l’obbligo, imposto
all’importatore, di informare il titolare
è un obbligo procedurale destinato a
mettere quest’ultimo in condizione di
salvaguardare i suoi diritti. Quando non
vi sia pregiudizio nei confronti dell’oggetto specifico del marchio, il mancato
preavviso non causerebbe alcun danno
al titolare. Di conseguenza, non sarebbe conforme al principio di proporzionalità che un mancato preavviso trasformi il legittimo uso del marchio in
un pregiudizio al diritto di marchio. La
Swingward e la Dowelhurst ritengono
ragionevole un termine di due giorni
prima dell’immissione sul mercato del
prodotto riconfezionato. Esse sostengono inoltre che l’obbligo di preavviso
è rispettato quando il titolare riceve il
preavviso, a prescindere dal fatto che
quest’ultimo sia stato spedito dall’importatore o da un terzo. Infatti, poiché
le autorità del Regno Unito incaricate
del controllo dei medicinali avvisano il
titolare quando accordano una licenza
di importazione parallela, il titolare sarebbe sufficientemente informato delle
importazioni parallele progettate.
59 Il governo tedesco fa valere che, se
il titolare di un marchio non ha ricevu-
to informazioni sufficienti sul tipo di riconfezionamento progettato prima dell’immissione sul mercato dei prodotti
riconfezionati, entro un termine che gli
permetta di verificare il rispetto delle
condizioni di riconfezionamento sancite dalla Corte, è giustificato impedire
all’importatore di far valere l’esaurimento del diritto di marchio. Il preavviso dovrebbe provenire dall’importatore parallelo.
60 La Commissione sostiene che dalla giurisprudenza della Corte emerge
che il titolare di un marchio può opporsi ad una commercializzazione da
parte di un importatore parallelo se non
è stato previamente informato dell’utilizzazione del suo marchio. Il termine
di preavviso dovrebbe permettere al titolare di avere ragionevolmente modo
di procedere al necessario esame e di
determinare se egli debba o no sollevare obiezioni. Esso sarebbe più lungo se
l’importatore parallelo scegliesse di inviare un preavviso senza spedire contemporaneamente un campione. In questo caso, un periodo supplementare dovrebbe permettere al titolare di esigere
e di ricevere un campione.
Giudizio della Corte
61 Occorre ricordare che, secondo la
giurisprudenza della Corte, l’importatore parallelo che riconfeziona un medicinale munito di marchio deve previamente informare il titolare del marchio della messa in vendita del
medicinale riconfezionato (v. sentenza
Hoffmann - La Roche, citata, punto
12). Egli è tenuto, inoltre, su richiesta
del titolaredel marchio, a fornire un
campione di tale prodotto riconfezionato prima di metterlo in commercio.
Quest’ultima condizione permette al titolare di accertare che il riconfezionamento non è stato effettuato in modo
da alterare direttamente o indirettamente lo stato originario del prodotto e che
la presentazione del prodotto a seguito
del riconfezionamento non è atta a nuocere alla reputazione del marchio. Essa
consente altresì al titolare del marchio
di tutelarsi meglio contro le attività dei
contraffattori (v. sentenza Bristol Myers Squibb e a., citata, punto 78).
62 Le condizioni ricordate al punto
precedente mirano a salvaguardare i legittimi interessi dei titolari del marchio.
Come rilevato dalle attrici nelle cause
principali, il rispetto di tali condizioni
non pone alcun problema pratico reale
agli importatori paralleli purché i tito-
SOMMARIO
lari reagiscano entro termini ragionevoli al preavviso. Infatti un funzionamento adeguato del sistema di preavviso
presuppone che ciascuna delle parti interessate si sforzi lealmente di rispettare i legittimi interessi dell’altra.
63 In risposta alle richieste di precisazioni formulate dal giudice del rinvio
per quanto riguarda tali condizioni, occorre, in primo luogo, constatare che
dalla soluzione delle questioni prima,
seconda, quarta e ottava discende che
l’importatore parallelo, in ogni caso,
per avere il diritto di riconfezionare
medicinali muniti di marchio, deve rispettare la condizione di preavviso. Se
l’importatore parallelo non rispetta
questa condizione, il titolare del marchio può opporsi alla commercializzazione del medicinale riconfezionato.
64 Occorre, in secondo luogo, constatare che spetta all’importatore parallelo
informare egli stesso il titolare del marchio del riconfezionamento progettato.
Non è sufficiente che il titolare sia
informato da altre fonti, come l’autorità
che accorda una licenza di importazione parallela all’importatore.
65 In terzo luogo, occorre ricordare
che, nella sua giurisprudenza, la Corte
non si è pronunciata sul termine da accordare al titolare per reagire al progetto di riconfezionamento del medicinale
munito del suo marchio.
mine ragionevole qualora l’importatore
parallelo abbia scelto di avvisare il titolare del marchio fornendogli simultaneamente un campione del medicinale
riconfezionato. Poiché tale termine ha
carattere indicativo, l’importatore parallelo rimane libero di accordare un
termine più breve e il titolare rimane libero di chiedere di beneficiare, per reagire, di un termine più lungo di quello
accordato dall’importatore parallelo.
68 Tenuto conto di quanto precede,
occorre risolvere le questioni dalla
quinta alla settima nel senso che l’importatore parallelo, in ogni caso, per
avere il diritto di riconfezionare medicinali muniti di marchio, deve rispettare la condizione di preavviso. Se l’importatore parallelo non rispetta questa
condizione, il titolare del marchio può
opporsi alla commercializzazione del
medicinale riconfezionato. Spetta all’importatore parallelo informare egli
stesso il titolare del marchio del riconfezionamento progettato. In caso di
contestazione, spetta al giudice nazionale valutare, prendendo in considerazione tutte le circostanze pertinenti, se
il titolare abbia avuto a disposizione un
termine ragionevole per reagire al progettato riconfezionamento.
69
Dispositivo
1.
L’art. 7, n. 2, della prima direttiva
del Consiglio 21 dicembre 1988,
89/104/CEE, sul ravvicinamento
delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa, come modificata dall’Accordo
sullo Spazio economico europeo 2
maggio 1992, dev’essere interpretato nel senso che il titolare di un
marchio può far valere il suo diritto di marchio al fine di impedire ad un importatore parallelo di
procedere a riconfezionamenti di
medicinali, a meno che l’esercizio
di questo diritto non contribuisca
ad isolare artificiosamente i mercati tra gli Stati membri.
2.
Un riconfezionamento di medicinali mediante sostituzione delle
confezioni è oggettivamente necessario ai sensi della giurisprudenza della Corte se, senza quest’ultimo, l’accesso effettivo al
mercato interessato o ad una parte rilevante del detto mercato debba considerarsi ostacolato a seguito di una forte resistenza da par-
66 A tale riguardo è ovvio che se, tenuto conto dell’obbiettivo di preavviso
del titolare del marchio, occorre accordare a quest’ultimo un termine ragionevole per reagire al progetto di riconfezionamento, occorre anche prendere in
considerazione l’interesse dell’importatore parallelo a poter procedere il più
rapidamente possibile alla commercializzazione del medicinale dopo aver ottenuto dall’autorità competente l’autorizzazione necessaria a tal fine.
67 In caso di contestazione, spetta al
giudice nazionale valutare, prendendo
in considerazione tutte le circostanze
pertinenti, se il titolare del marchio abbia avuto a disposizione un termine ragionevole per reagire al progettato riconfezionamento. Alla luce degli elementi contenuti nel fascicolo, un
periodo di quindici giorni lavorativi si
rivela idoneo a costituire un siffatto ter-
(...) Sulle spese
te di una percentuale significativa
di consumatori nei confronti dei
medicinali rietichettati.
3.
L’importatore parallelo, in ogni
caso, per avere il diritto di riconfezionare medicinali muniti di
marchio, deve rispettare la condizione di preavviso. Se l’importatore parallelo non rispetta questa
condizione, il titolare del marchio
può opporsi alla commercializzazione del medicinale riconfezionato. Spetta all’importatore parallelo informare egli stesso il titolare
del marchio del riconfezionamento progettato. In caso di contestazione, spetta al giudice nazionale
valutare, prendendo in considerazione tutte le circostanze pertinenti, se il titolare abbia avuto a
disposizione un termine ragionevole per reagire al progettato riconfezionamento.
SOMMARIO
GIURISPRUDENZA DELLA
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE
COMUNITÀ EUROPEE (*)
SENTENZA DELLA CORTE DI
GIUSTIZIA
del 23 aprile 2002
nel procedimento C-443/99 (domanda
di pronunzia pregiudiziale sottoposta
dall’Oberlandesgericht Wien (Austria)): Merck, Sharp & Dohme
GmbH e Paranova Pharmazeutika
Handels GmbH
(Marchi di impresa - Direttiva
89/104/CEE - Art. 7, n. 2 - Esaurimento del diritto conferito dal marchio di
impresa - Medicinali - Importazione
parallela - Riconfezionamento del prodotto recante il marchio)
(Lingua processuale: il tedesco)
1 Con ordinanza 5 novembre 1999,
pervenuta alla Corte il 22 novembre seguente, l’Oberlandesgericht di Vienna
ha sottoposto, ai sensi dell’art. 234 CE,
una questione pregiudiziale sull’interpretazione dell’art. 7, n. 2 della prima
direttiva del Consiglio 21 dicembre
1988, 89/104/CEE, sul ravvicinamento
delle legislazioni degli Stati membri in
materia di marchi d’impresa (GU 1989,
L 40, pag. 1), come modificata dall’Accordo sullo spazio economico europeo
2 maggio 1992 (GU 1994, L 1, pag. 3,
in prosieguo: la «direttiva»).
2 Tale questione è stata sollevata nell’ambito di una controversia tra la
Merck Sharp & Dohme GmbH (in prosieguo: la «Merck»), società austriaca
appartenente al gruppo farmaceutico
Merck & Co Inc. (in prosieguo: il
«gruppo Merck»), con sede negli Stati
Uniti, e la Paranova Pharmazeutika
Handels GmbH (in prosieguo: «Paranova») circa la commercializzazione in
Austria di medicinali prodotti dal gruppo Merck e importati parallelamente
dalla Paranova.
(*) L’Ufficio pubblica queste sentenze,
tratte dai testi che generalmente vengono resi disponibili il giorno stesso della pronunzia, con lo scopo di informarne i lettori. Non si tratta, dunque, di
una pubblicazione di carattere ufficiale
della Corte di Giustizia. L’unico testo
delle sentenze che fa fede è quello pubblicato nella «Raccolta della Giurisprudenza della Corte e del Tribunale di
primo grado».
La normativa comunitaria
3 Ai sensi dell’art. 28 CE, sono vietate fra gli Stati membri le restrizioni
quantitative all’importazione nonché
qualsiasi misura di effetto equivalente.
Tuttavia, ai sensi dell’art. 30 CE, sono
autorizzati i divieti e le restrizioni all’importazione tra Stati membri che
sono giustificati da motivi di tutela della proprietà industriale e commerciale
allorché non costituiscono né un mezzo di discriminazione arbitraria né una
restrizione dissimulata al commercio tra
gli Stati membri.
4 L’art. 7 della direttiva 89/104, intitolato «Esaurimento del diritto conferito
dal marchio di impresa» stabilisce:
«1. Il diritto conferito dal marchio di
impresa non permette al titolare dello
stesso di vietare l’uso del marchio di
impresa per prodotti immessi in commercio nella Comunità con detto marchio dal titolare stesso o con il suo consenso.
2. Il paragrafo 1 non si applica quando sussistono motivi legittimi perché il
titolare si opponga all’ulteriore commercializzazione dei prodotti, in particolare quando lo stato dei prodotti è
modificato o alterato dopo la loro immissione in commercio».
5 In conformità dell’art. 65, n. 2, in
combinato disposto con l’allegato
XVII, punto 4, dell’Accordo sullo spazio economico europeo, l’art. 7, n. 1,
della direttiva 89/104 è stato modificato ai fini di tale accordo, cosicché l’espressione «nella Comunità» è stata sostituita dai termini «sul territorio di una
parte contraente».
La causa principale e la questione pregiudiziale
6 La Merck commercializza in Austria, in particolare, medicinali destinati
alla cura della iperplasia prostatica benigna e venduti con il marchio Proscar,
che è un marchio registrato dal gruppo
Merck.
7 La Paranova, il cui unico azionista è
il gruppo danese Paranova A/S (in prosieguo: il «gruppo Paranova»), commercializza come la sua società madre
medicinali originali e si è specializzata
nel settore delle importazioni parallele.
Essa acquista medicinali negli Stati
membri dove i prezzi sono relativamente bassi per venderli in altri Stati
membri dove i prezzi sono più elevati,
traendo così profitto dalle differenze di
prezzo nell’ambito delle Comunità.
8 Il 23 novembre 1997, la Paranova ha
ottenuto dalle autorità austriache
un’autorizzazione all’immissione sul
mercato austriaco del medicinale Proscar importato parallelamente dalla Spagna. In seguito alla concessione di quest’autorizzazione, essa ha acquistato il
medicinale in Spagna e l’ha fatto riconfezionare in Danimarca dalla ParanovaPack A/S, società facente parte anch’essa del gruppo Paranova. Il riconfezionamento consisteva nell’attribuire al
prodotto un nuovo imballaggio esterno,
ossia una nuova scatola, e nell’aggiungervi nuovi allegati tradotti in tedesco,
tra cui le indicazioni ed avvertenze d’uso. Venivano anche apposte le menzioni previste al fine dell’immissione sul
mercato austriaco. L’imballaggio utilizzato in Austria conteneva, come in Spagna, due placche alveolate di quattordici compresse ciascuna.
9 Il 15 luglio 1998, la Paranova ha
dato notizia alla Merck dell’immissione
sul mercato del medicinale Proscar mediante importazioni parallele. Su sua richiesta, la Merck ha ricevuto un campione del prodotto riconfezionato, unito ad una lettera del 22 luglio 1998 con
la quale essa era invitata a far conoscere le sue eventuali riserve.
10 Con lettera 9 ottobre 1997 inviata
alla Paranova, le autorità austriache, facendo riferimento alla giurisprudenza
comunitaria, hanno sottolineato l’importanza cruciale dell’aspetto esterno
dei medicinali al fine del rispetto delle
prescrizioni per la cura da parte dei pazienti, cosa che potrebbe essere compromessa se gli imballaggi fossero ricoperti di etichette.
11 La Merck si è opposta all’uso del
marchio Proscar mediante apposizione
di quest’ultimo sull’imballaggio allorché il prodotto viene presentato e venduto nello Stato membro di origine nella stessa composizione (numero di
compresse) con cui viene presentato e
venduto in Austria. Essa ha fatto valere che il riconfezionamento effettuato
costituiva una lesione intollerabile del
diritto di marchio.
12 La Paranova ha sostenuto che il
medicinale poteva essere commercializzato solo se il suo imballaggio esterno
conteneva un certo numero di menzioni in lingua tedesca, ai sensi dell’art. 7,
n. 1, dell’Arzneimittelgesetz (legge austriaca sui medicinali). Essa ha fatto valere inoltre che le autorità austriache
avevano raccomandato un riconfezionamento mediante sostituzione dell’imballaggio e non una semplice apposizione di etichette. A suo parere, l’appo-
SOMMARIO
sizione di un’etichetta avrebbe avuto
un’incidenza considerevole sulla vendita dei medicinali, poiché gli imballaggi
esteri rietichettati avrebbero suscitato
reazioni di sfiducia e di rigetto sia presso i farmacisti sia presso i consumatori.
13 L’Handelsgericht di Vienna, cui la
Merck ha presentato in data 22 luglio
1999 una domanda di inibitoria, ha accolto tale domanda con decisione 16
agosto 1999. Esso ha ritenuto che potessero essere apposte etichette sulle sei
facce delle confezioni del medicinale
Proscar senza che questo nuocesse alla
commercializzazione di tale prodotto.
14 Il 7 settembre 1999, la Paranova ha
impugnato questa decisione dinanzi al
giudice del rinvio.
15 Ritendo che la soluzione della controversia dipendesse da un’interpretazione del diritto comunitario, l’Oberlandesgericht di Vienna ha deciso di sospendere il procedimento e di
sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:
«Se l’art. 7, n. 2, della Prima direttiva
del Consiglio 21 dicembre 1988,
89/104/CEE, sul ravvicinamento delle
legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa, debba essere
interpretato nel senso che il titolare di
un marchio si può opporre alla vendita
di un prodotto farmaceutico messo in
commercio con il suo marchio, qualora
l’importatore l’abbia riconfezionato e vi
abbia riapposto il marchio nonché abbia soddisfatto gli altri requisiti menzionati nella sentenza resa dalla Corte
di giustizia delle Comunità europee
nelle cause riunite C-427/93, C-429/93
e C-436/93, 11 luglio 1996, BristolMyers Squibb e a., Racc. pag. I-3457
(non alterazione del prodotto contenuto nella confezione, chiara indicazione
circa il produttore e la provenienza,
nessun nocumento per il marchio e per
il suo titolare a causa di un cattivo confezionamento nonché comunicazione al
titolare del marchio della messa in commercio del prodotto farmaceutico riconfezionato), ma la commerciabilità
del prodotto senza tale riconfezionamento sarebbe compromessa per il solo
fatto che una parte non trascurabile dei
consumatori di medicinali nello Stato
d’importazione nutre diffidenza nei
confronti di medicinali prodotti visibilmente per il mercato di un altro Stato
(di lingua diversa) e la cui confezione
sia stata adattata soltanto per mezzo di
adesivi alle disposizioni nazionali vigenti per la messa in vendita di prodotti farmaceutici».
Sulla questione pregiudiziale
16 Con la sua questione il giudice nazionale chiede in sostanza se il titolare
di un marchio possa opporsi al riconfezionamento di un medicinale recante
tale marchio, operato da un importatore parallelo senza la sua autorizzazione,
facendo valere che il riconfezionamento non è necessario affinché il medicinale possa essere messo in commercio
nello Stato di importazione, anche se,
senza un tale riconfezionamento, il successo commerciale del prodotto verrebbe pregiudicato per il solo fatto che una
parte non trascurabile dei consumatori
di tale Stato ha un’atteggiamento di sfiducia nei confronti di medicinali manifestamente destinati al mercato di un’altro Stato.
17 Il giudice nazionale precisa che di
solito ai consumatori austriaci non vengono offerti medicinali che sono stati
manifestamente messi in commercio in
un altro Stato, dove si usa un’altra lingua. Esso fa presente che è del tutto verosimile che un certo numero di consumatori proverebbe nei confronti di un
tale prodotto la stessa diffidenza che
avrebbe nei confronti di prodotti muniti di un’imballaggio di aspetto confusionario o di cattiva qualità. Neanche
l’apposizione di etichette, in particolare
nella fattispecie ad esso sottoposta, consentirebbe di porre rimedio a questa situazione di diffidenza. Se dovesse risultare che una parte non trascurabile dei
consumatori nutrisse effettivamente
una tale diffidenza, sarebbe del tutto
possibile, secondo il giudice nazionale,
ritenere che un divieto di riconfezionamento contribuirebbe ad un isolamento
artificioso dei mercati.
Osservazioni presentate dinanzi alla
Corte
18 La Merck sostiene che la Corte ha
già risolto la questione sottoposta e che
l’ha fatto da ultimo nella sentenza 12
ottobre 1999, causa C-379/97, Upjohn
(Racc. pag. I-6927). L’inconveniente,
consistente ad esempio nel dover superare la reticenza dei consumatori nei
confronti dei medicinali rietichettati,
non potrebbe consentire ad un importatore parallelo di riconfezionare un
prodotto importato. Nel caso in cui la
Corte respingesse tale tesi, la Merck fa
valere che il divieto opposto dal titolare di un marchio alla sostituzione di
un’imballaggio è giustificato allorché è
possibile che l’importatore proceda
semplicemente ad un adattamento dell’imballaggio di origine, anche se i con-
sumatori preferiscono i prodotti il cui
imballaggio è stato sostituito. In un’economia di mercato, spetterebbe all’importatore parallelo superare questa inclinazione dei consumatori. Gli interessi commerciali di tale importatore
sarebbero soggettivi e non potrebbero
servire per esaminare la validità del suo
comportamento senza violare il principio della certezza del diritto. Inoltre, il
principio di proporzionalità richiederebbe che una restrizione apportata ad
un diritto fondamentale non oltrepassi
quanto è sufficiente e necessario per
raggiungere l’obiettivo perseguito.
19 Secondo la Paranova, l’obbligo di
apporre etichette costituirebbe un ostacolo alla vendita e comporterebbe un
isolamento indesiderabile dei mercati.
La sostituzione degli imballaggi di medicinali provenienti da altri Stati membri sarebbe in via di principio lecita,
purché l’importatore rispetti le condizioni poste dalla Corte nella sua giurisprudenza. La Corte avrebbe sottolineato nella sentenza Bristol-Myers
Squibb e a., soprammenzionata, che i
medicinali rientrano in un settore delicato in cui la presentazione del prodotto può ingenerare o distruggere la fiducia del pubblico. Trattandosi di un mercato nel quale le autorità nazionali
preferiscono i medicinali confezionati
mediante sostituzione dell’imballaggio
a quelli il cui imballaggio è ricoperto di
etichette, imporre questi ultimi rappresenterebbe un ostacolo agli scambi ben
più rilevante di quello costituito, nella
causa che ha dato luogo a tale sentenza,
dalle differenti dimensioni degli imballaggi. La condizione relativa alla «necessità» del riconfezionamento sarebbe
priva di chiarezza e non costituirebbe il
criterio decisivo. Questa condizione
tuttavia, se venisse considerata applicabile, dovrebbe essere intesa in senso
ampio in modo da consentire un’accesso effettivo al mercato, cosa che escluderebbe solo le circostanze che rientrano nella sfera soggettiva dell’importatore parallelo stesso.
20 Il governo norvegese sostiene che
la condizione di necessità è soddisfatta
qualora una parte rilevante dei consumatori abbia tendenza a non acquistare
prodotti non riconfezionati poiché prova sfiducia nei confronti di medicinali
manifestamente destinati al mercato di
un’altro Stato, dove si usa un’altra lingua.
21 La Commissione fa valere che la
«necessità» che giustifica oggettivamen-
SOMMARIO
te il riconfezionamento da parte di un
importatore parallelo può risultare da
circostanze di diritto o di fatto. Poiché
essa giustifica una deroga al principio
che vieta la lesione del marchio sancito
dal diritto comunitario, tale nozione
dovrebbe essere interpretata in senso
stretto. L’importatore parallelo dovrebbe pregiudicare il meno possibile l’oggetto specifico del marchio. Esso non
potrebbe ad esempio sostituire l’imballaggio qualora sia possibile apporre etichette. Secondo la giurisprudenza della
Corte, un divieto di riconfezionamento
contribuirebbe in maniera ingiustificata
ad un isolamento artificioso dei mercati solo se la diffidenza nei confronti dei
prodotti importati è tale che all’importatore parallelo viene in tal modo rifiutato un’accesso effettivo al mercato dello Stato di importazione. Sembrerebbe
quindi che una sfiducia anche rilevante
dei consumatori non sia sufficiente a tal
riguardo. Nulla farebbe risultare, nella
fattispecie di cui alla causa principale,
che la sostituzione dell’imballaggio risponde in diritto o in fatto ad una «necessità» così definita.
Valutazione della Corte
22 Occorre in via preliminare ricordare che la questione sottoposta riguarda
una situazione in cui il titolare di un
marchio si è opposto ad un riconfezionamento consistente nella sostituzione
dell’imballaggio di origine con un nuovo imballaggio ideato dall’importatore
ed ha richiesto che quest’ultimo si limitasse ad una rietichettatura mediante
adesivi.
23 Dal punto 14 della sentenza 23
maggio 1978, causa 102/77, HoffmannLa Roche (Racc. pag. I-1139), risulta
che l’opposizione, da parte del titolare
di un diritto al marchio tutelato contemporaneamente in due Stati membri,
a che un prodotto, legittimamente contrassegnato con il suo marchio in uno
di tali Stati, sia messo in commercio
nell’altro Stato membro dopo essere
stato riconfezionato in un nuovo imballaggio sul quale un terzo ha apposto
lo stesso marchio, è giustificata ai sensi
dell’art. 30, prima frase, CE. Risulta anche che una tale opposizione costituisce
tuttavia una restrizione dissimulata del
commercio fra gli Stati membri ai sensi
dell’art. 30, seconda frase, CE, qualora
sia provato che l’esercizio del diritto al
marchio da parte del titolare, tenuto
conto del sistema di distribuzione da
questo adottato, contribuirebbe ad isolare artificiosamente i mercati tra Stati
membri.
24 In sentenze successive alla sentenza Hoffmann-La Roche, soprammenzionata, in particolare nelle sentenze
Bristol-Myers Squibb e a. e Upjohn, soprammenzionate, la Corte ha precisato
quello che può costituire un caso di isolamento artificioso dei mercati tra Stati
membri. Deve essere considerata tale, a
talune condizioni, l’opposizione del titolare di un marchio al riconfezionamento dei medicinali allorché questo è
necessario affinché il prodotto importato parallelamente possa essere commercializzato nello Stato di importazione.
25 La Corte ha constatato a tal riguardo che si deve tener conto delle circostanze esistenti al momento della
commercializzazione nello Stato membro di importazione che rendono il riconfezionamento oggettivamente necessario affinché il medicinale possa essere commercializzato in tale stato
dall’importatore parallelo. L’opposizione del titolare di un marchio al riconfezionamento non è giustificata se ostacola l’accesso effettivo del prodotto importato al mercato di tale Stato (v. in tal
senso, sentenza Upjohn, soprammenzionata, punto 43).
26 Un tale ostacolo esiste, ad esempio,
allorché medicinali acquistati dall’importatore parallelo non possono essere
messi in commercio nello Stato membro di importazione nella loro confezione d’origine a causa di norme o di
prassi nazionali relative al confezionamento, di norme in materia di assicurazione contro le malattie che subordinano al formato della confezione il rimborso delle spese mediche o di
consolidate prassi in materia di prescrizioni mediche che si basano, fra l’altro,
su norme dimensionali raccomandate
da associazioni di categoria e dagli enti
di assicurazione contro le malattie. A
tal riguardo è sufficiente che l’ostacolo
esista per una delle confezioni utilizzate dal titolare di un marchio nello Stato membro di importazione (v. sentenza Bristol-Myers Squibb e a., soprammenzionata, punti 53 e 54).
27 Per contro, il titolare di un marchio può opporsi al riconfezionamento
se esso è motivato esclusivamente dal
desiderio da parte dell’importatore parallelo di conseguire un vantaggio commerciale (v., in tal senso, sentenza
Upjohn, soprammenzionata, punto 44).
28 In tale contesto, è stato anche constatato che il titolare di un marchio può
opporsi al riconfezionamento del prodotto in una nuova confezione esterna
quando l’importatore parallelo è in grado di riutilizzare la confezione di origi-
ne al fine di una commercializzazione
nello Stato membro di importazione
apponendo etichette su tale confezione
(v. sentenza Bristol-Myers Squibb e a.,
soprammenzionata, punto 55).
29 Pertanto, il titolare di un marchio
può opporsi a che l’importatore parallelo proceda al riconfezionamento del
prodotto in una nuova confezione
esterna, purché il medicinale rietichettato possa effettivamente accedere al mercato di cui trattasi.
30 Le reticenze nei confronti dei medicinali rietichettati non costituiscono
sempre ostacoli all’accesso effettivo al
mercato tali da rendere necessario, ai
sensi della giurisprudenza della Corte,
un riconfezionamento del prodotto in
una nuova confezione esterna.
31 Tuttavia, può esistere su un mercato o su una parte rilevante di esso una
resistenza così forte di una percentuale
significativa di consumatori nei confronti dei medicinali rietichettati che
l’accesso effettivo al mercato deve essere considerato ostacolato. In tale situazione, il riconfezionamento dei medicinali non si spiegherebbe esclusivamente
così con la ricerca di un vantaggio commerciale, ma mirerebbe ad ottenere un
accesso effettivo al mercato.
32 Spetta al giudice nazionale valutare
se tale sia il caso.
33 Occorre quindi risolvere la questione posta nel senso che un riconfezionamento di medicinali mediante sostituzione degli imballaggi è obiettivamente necessario ai sensi della
giurisprudenza della Corte se, senza
questo, l’accesso effettivo al mercato di
cui trattasi o a una parte rilevante di
esso deve essere considerato ostacolato
a causa di una forte resistenza di una
percentuale significativa di consumatori nei confronti dei medicinali rietichettati.
34
(...) Sulle spese
Dispositivo
Un riconfezionamento di medicinali
mediante sostituzione degli imballaggi è obiettivamente necessario ai sensi
della giurisprudenza della Corte se,
senza questo, l’accesso effettivo al
mercato di cui trattasi o a una parte
rilevante di esso deve essere considerato ostacolato a causa di una forte
resistenza di una percentuale significativa di consumatori nei confronti
dei medicinali rietichettati.
SOMMARIO
GIURISPRUDENZA DEL
TRIBUNALE DI PRIMO
GRADO DELLE COMUNITÀ
EUROPEE (1)
duto e modificato, e corrispondono, per
ciascuna delle classi suddette, alla seguente descrizione:
SENTENZA DEL TRIBUNALE DI
PRIMO GRADO
(Seconda Sezione ampliata)
— Classe 9: «Supporti per dati leggibili
meccanicamente dotati di programmi e/o di dati, ovvero dati relativi a
veicoli e/o a clienti e/o a riparazioni
e/o al servizio di assistenza e/o alla
manutenzione e/o alla diagnosi del
veicolo e/o al contratto e/o alla codifica di sicurezza, in particolare
schede magnetiche e/o tesserine elettroniche e/o carte di credito; apparecchi per l’elaborazione di dati stazionari e mobili; programmi per l’elaborazione di dati e/o di testi e/o di
immagini, memorizzati su supporti
per dati»;
del 20 marzo 2002
nella causa T-356/00 (avente ad oggetto il ricorso proposto contro la decisione 12 settembre 2000 (procedimento R 477/1999-3) della Terza Commissione di ricorso dell’Ufficio per
l’Armonizzazione nel Mercato Interno (marchi, disegni e modelli) riguardante la registrazione del vocabolo
CARCARD come marchio comunitario): DaimlerChrysler AG contro Ufficio per l’Armonizzazione nel Mercato Interno (marchi, disegni e modelli)
(UAMI)
(Marchio comunitario - Vocabolo
CARCARD - Impedimenti assoluti alla
registrazione - Art. 7, n. 1, lett. b) e c),
del regolamento (CE) n. 40/94)
(Lingua del procedimento: tedesco)
Fatti all’origine della controversia
1 Il 1° aprile 1996 la società MercedesBenz AG ha presentato all’Ufficio per
l’Armonizzazione nel Mercato Interno
(marchi, disegni e modelli) (in prosieguo: l’«Ufficio») una domanda di marchio denominativo comunitario, in forza del regolamento (CE) del Consiglio
20 dicembre 1993, n. 40/94, sul marchio
comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1),
come modificato.
2 Il marchio per il quale è stata chiesta la registrazione è il vocabolo CARCARD.
3 I prodotti e i servizi per i quali si
chiede la registrazione del marchio
rientrano nelle classi 9, 36, 37, 38, 39 e
42 dell’accordo di Nizza 15 giugno
1957 relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi per
la registrazione dei marchi, come rive(1) L’Ufficio pubblica queste sentenze,
tratte dai testi che generalmente vengono resi disponibili il giorno stesso della pronunzia, con lo scopo di informarne i lettori. Non si tratta, dunque, di
una pubblicazione di carattere ufficiale
del Tribunale di primo grado. L’unico
testo delle sentenze che fa fede è quello pubblicato nello «Raccolta della Giurisprudenza della Corte e del Tribunale
di primo grado».
— Classe 36: «Leasing di veicoli con
e/o senza rimorchi e relativo calcolo; leasing di veicoli con e/o senza
sovrastrutture e relativo calcolo; leasing di veicoli di sostituzione e relativo calcolo; mediazione in assicurazioni, anche in assicurazioni per la
tutela giuridica; mediazione e calcolo di tariffe, ovvero di pedaggi stradali, tariffe per il parcheggio, tariffe
telefoniche; mediazione e calcolo di
tariffe per il trasporto pubblico di
persone e merci; finanziamenti e finanziamenti delle vendite e relativo
calcolo; calcolo del rifornimento di
carburanti; calcolo dei costi di assistenza e di garanzia; leasing di veicoli con e/o senza rimorchio; liquidazione di veicoli di sostituzione;
emissione di carte di credito e/o
schede magnetiche e/o tessere elettroniche; emissione di carte di riconoscimento che autorizzano l’accesso a pagamenti e/o autorizzano il pagamento stesso di merci e servizi
come l’assistenza e/o la garanzia e/o
sistemi di concessione di bonus e/o
incentivi e/o riciclaggio»;
— Classe 37: «Mediazione nel rifornimento di carburanti; mediazione in
servizi di assistenza e di garanzia;
cura dell’auto, in particolare pulitura, manutenzione e riparazione,
compresa la sostituzione di tutte le
parti e gli accessori atti a garantirne
il funzionamento»;
— Classe 38: «Mediazione in servizi di
telecomunicazione, ovvero telefonate, servizi di memorizzazione telefo-
nica, servizi d’informazione quali
navigazione e localizzazione, in particolare localizzazione veicoli, diagnosi a distanza, telesoccorso, riparazioni, servizio tecnico clienti; telecomunicazioni, ovvero telefonate,
memorizzazione telefonica, informazioni riguardo a navigazione e localizzazione, in particolare localizzazione di veicoli, diagnosi a distanza,
telesoccorso, riparazioni, assistenza
tecnica per clienti»;
— Classe 39: «Mediazione e/o noleggio
di autoveicoli con e/o senza rimorchi e relativo calcolo; mediazione e/o
noleggio di autoveicoli con e/o senza strutture e relativo calcolo; intermediazione relativa a e/o noleggio
relativi di veicoli di sostituzione e relativo calcolo; mediazione e affitto di
parcheggi; organizzazione di trasporti di passeggeri e merci;mediazione in servizi nel settore della logistica del traffico e dei trasporti, ovvero progettazione di sistemi per il
trasporto di persone e di merci; rimorchio di veicoli»;
— Classe 42: «Servizi di banche dati,
ovvero raccolta, analisi, archiviazione, selezione, memorizzazione, consultazione, stampa, trasmissione e
aggiornamento di informazioni costituenti archivi di dati, in particolare dati riguardanti clienti e riparazioni, manuali elettronici di manutenzione, dati relativi a veicoli, a
diagnosi, all’assistenza e alla manutenzione, dati contrattuali e codici di
sicurezza; mediazione in servizi di
banche dati, ovvero dati riguardanti
clienti e riparazioni, manuali elettronici di manutenzione, dati relativi a
veicoli, compreso l’aggiornamento di
dati riguardanti clienti, riparazioni,
manutenzione e veicoli; noleggio e
leasing di impianti per l’elaborazione di dati; creazione di programmi di
registrazione contabile e di calcolo;
servizi di ristorazione e alloggio
temporaneo; mediazione e/o prenotazione di alberghi o pensioni».
4 Nel gennaio 1999, il trasferimento
della domanda a favore della ricorrente
è stato iscritto nel fascicolo della domanda ai sensi degli artt. 17 e 24 del regolamento n. 40/94 e della regola 31, n.
SOMMARIO
8, del regolamento (CE) della Commissione 13 dicembre 1995, n. 2868, recante modalità di esecuzione del regolamento n. 40/94 (GU L 303, pag. 1).
5 Con decisione 9 giugno 1999 l’esaminatore ha respinto la domanda sulla
base dell’art. 38 del regolamento n.
40/94 per il motivo che il vocabolo
CARCARD era descrittivo dei prodotti e dei servizi in questione e privo di
qualsiasi carattere distintivo ai sensi
dell’art. 7, n. 1, lett. b) e c), del regolamento n. 40/94.
6 Il 6 agosto 1999, la ricorrente ha
presentato un ricorso presso l’Ufficio, a
norma dell’art. 59 del regolamento n.
40/94, avverso la decisione dell’esaminatore.
7 Con decisione 12 settembre 2000 (in
prosieguo: la «decisione impugnata»), la
Terza Commissione di ricorso ha respinto il ricorso, per il motivo che il vocabolo in questione ricadeva nell’ambito di applicazione dell’art. 7, n. 1, lett.
b) e c), del regolamento n. 40/94.
Conclusioni delle parti
8 La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
— annullare la decisione impugnata;
dei prodotti o dei servizi interessati.
12 Quanto all’elemento «car», la ricorrente sostiene che, pur costituendo
un termine corrente della lingua inglese, esso è utilizzato frequentemente,
nelle combinazioni più diverse, come
elemento di un marchio, cosicché il
pubblico è abituato alla presenza di
marchi che contengono tale elemento.
13 Inoltre, a suo avviso l’elemento
«car» non è direttamente descrittivo dei
prodotti e dei servizi interessati, in
quanto non fa che evocare, tutt’al più,
l’idea che essi abbiano un certo collegamento con i veicoli.
14 Quanto all’elemento «card», la ricorrente afferma che anch’esso, pur costituendo un termine corrente della lingua inglese, è utilizzato frequentemente, nelle combinazioni più diverse,
come elemento di un marchio, cosicché
il pubblico è abituato alla presenza di
marchi che contengono tale elemento.
15 Sostiene altresì che l’elemento
«card» non è direttamente descrittivo
dei prodotti e dei servizi interessati, in
quanto non fa che evocare, tutt’al più,
l’idea che si tratti di un oggetto rettangolare, piatto, di carta o plastica, la cui
funzione resta tuttavia incerta.
— condannare l’Ufficio alle spese.
9 L’Ufficio chiede che il Tribunale voglia:
— respingere il ricorso;
— condannare la ricorrente alle spese.
16 Per quanto riguarda il vocabolo
CARCARD, letto nel suo complesso,
la ricorrente afferma che esso costituisce un neologismo, giacché non si trova nei dizionari attuali delle lingue della Comunità, ivi compreso l’inglese, e
non esiste, come tale, né nel linguaggio
comune né nel linguaggio tecnico.
In diritto
10 La ricorrente deduce due motivi
fondati sulla violazione dell’art. 7, n. 1,
lett. c), e dell’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94.
Sul motivo relativo alla violazione
dell’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento
n. 40/94
Argomenti delle parti
11 La ricorrente afferma che, per valutare gli impedimenti assoluti alla registrazione, si deve considerare un marchio nel suo complesso, nella forma in
cui è stato richiesto. Tuttavia, nella fattispecie, proprio la scomposizione del
vocabolo CARCARD nei suoi due elementi non fa emergere, secondo la ricorrente, alcuna indicazione descrittiva
17 Inoltre, ad avviso della ricorrente,
il vocabolo controverso non ha un senso chiaro e determinato, ma evoca solo
un’idea vaga e astratta di un oggetto
piatto, rettangolare, di carta, di cartone
o di plastica, che ha un certo collegamento con i veicoli o i mezzi di trasporto. Di conseguenza, secondo la ricorrente, il consumatore medio, normalmente informato ed accorto gli
attribuisce un significato concreto di
tessera da collezione su cui è riprodotta l’immagine di un veicolo.
18 In relazione al collegamento esistente tra il vocabolo CARCARD, letto nel suo complesso, e i prodotti e i
servizi interessati, la ricorrente sostiene
che, contrariamente a quanto enunciato
al punto 23 e seguenti della decisione
impugnata, tale vocabolo non costituisce affatto un’indicazione descrittiva
sufficientemente concreta della destinazione o della qualità di tali prodotti e
servizi.
19 La ricorrente fa presente che un
imperativo di disponibilità di un segno
costituisce un limite immanente degli
impedimenti assoluti alla registrazione.
Conseguentemente, secondo la ricorrente, anche i segni descrittivi sono
esclusi dalla registrazione solo quando
il loro monopolio contrasta con la necessità legittima dei terzi, in particolare
dei concorrenti, di utilizzarli liberamente. Nella fattispecie, non esistono
imperativi di disponibilità in relazione
al vocabolo di cui si discute, poiché
questo non viene utilizzato per descrivere i prodotti e i servizi interessati né
è necessario utilizzarlo a tal fine. Secondo la ricorrente, un simile imperativo di disponibilità non può essere fondato solo sulle vaghe associazioni evocate da tale vocabolo.
20 Inoltre, la ricorrente sostiene che,
nel caso della registrazione del marchio
CARCARD, l’utilizzo degli elementi
«car» e «card», isolati o in altre combinazioni, non può essere impedito dalla
ricorrente, dal momento che un marchio è protetto solo nella forma in cui
è stato richiesto.
21 Infine, la ricorrente afferma che la
registrazione del marchio controverso
corrisponderebbe alla prassi decisionale
seguita dalle Commissioni di ricorso. A
questo proposito, si richiama alle decisioni delle Commissioni di ricorso che
hanno ammesso la possibilità di registrare i marchi denominativi NETMEETING, CareService, Schülerhilfe,
GLOBAL CARE, MEGATOURS,
SAFETYTECH, STEAM TERMINAL, ProBank, FIXIT, TOP-LOK,
helpLine, HYPERLITE, Tensiontech,
SAFEJAW, SURESEAL, FOILGUARD, OMNICARE, ZONEMESSAGE, BIDWATCH, Oilgear e TELESCAN.
22 L’Ufficio respinge l’argomento
della ricorrente e afferma che i prodotti interessati appartenenti alla classe 9
«descrivono direttamente l’oggetto di
tale CARCARD come supporto per
dati». Quanto ai servizi interessati appartenenti alle classi 36-39 e 42, l’Ufficio sostiene che essi «descrivono l’ambito di utilizzo di tale CARCARD impiegata come supporto per dati relativi
al veicolo o al suo proprietario, nonché
come mezzo di pagamento senza utiliz-
SOMMARIO
zo di denaro contante». A questo proposito, l’Ufficio afferma che il carattere
descrittivo deve essere considerato alla
luce dello sviluppo delle carte di credito, delle carte bancarie, delle schede telefoniche e di numerose tessere magnetiche analoghe che consentono di accedere a determinati servizi e di procedere
a transazioni senza utilizzo di denaro
contante. Pertanto, l’Ufficio ritiene che
il vocabolo in questione non costituisca
un termine vago o semplicemente allusivo, bensì un’indicazione immediata
della qualità e della destinazione, senza
contenere elementi aggiuntivi che vadano oltre tale semplice indicazione.
Giudizio del Tribunale
23 Ai sensi dell’art. 7, n. 1, lett. c), del
regolamento n. 40/94, sono esclusi dalla registrazione «i marchi composti
esclusivamente da segni o indicazioni
che in commercio possono servire per
designare la specie, la qualità, la quantità, la destinazione, il valore, la provenienza geografica, ovvero l’epoca di
fabbricazione del prodotto o di prestazione del servizio, o altre caratteristiche
del prodotto o servizio». Inoltre, l’art.
7, n. 2, del regolamento n. 40/94 dispone che il «paragrafo 1 si applica anche
se le cause d’impedimento esistono soltanto per una parte della Comunità».
24 L’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94 osta a che i segni o le
indicazioni ivi contemplati siano riservati a una sola impresa in forza della
loro registrazione come marchi. Tale disposizione persegue, quindi, una finalità
di interesse generale, la quale impone
che tali segni o indicazioni possano essere liberamente utilizzati da tutti (v.,
per analogia, sentenza 4 maggio 1999,
cause riunite C-108/97 e C-109/97,
Windsurfing Chiemsee, Racc. pag. I2779, punto 25).
25 Sotto tale profilo, i segni e le indicazioni di cui all’art. 7, n. 1, lett. c), del
regolamento n. 40/94 sono solo quelli
che, in un uso normale dal punto di vista del pubblico destinatario, possono
servire a designare, direttamente o tramite la menzione di una delle sue caratteristiche essenziali, il prodotto o il
servizio per cui è richiesta la registrazione (sentenza 20 settembre 2001, causa
C-383/99
P,
Procter
&
Gamble/UAMI, Racc. pag. I-6251,
punto 39). Pertanto, la valutazione del
carattere descrittivo di un segno può essere effettuata, da un lato, solamente in
relazione ai prodotti o ai servizi interessati e, dall’altro, in relazione alla
comprensione da parte di un determinato pubblico destinatario.
26 Nella fattispecie, la Commissione
di ricorso ha osservato, al punto 26 della decisione impugnata, che i prodotti e
i servizi interessati si rivolgono in maniera generale al consumatore medio,
senza che ciò sia stato contestato dalla
ricorrente. Ora, si deve rilevare che si
presume che i consumatori medi siano
normalmente informati e ragionevolmente attenti ed avveduti [v., in tal senso, sentenza della Corte 22 giugno
1999, causa C-342/97, Lloyd Schuhfabrik Meyer, Racc. pag. I-3819, punto
26, e sentenza del Tribunale 7 giugno
2001, causa T-359/99, DKV/UAMI
(EuroHealth), Racc. pag. II-1645, punto 27]. Inoltre, il vocabolo controverso
è composto da due elementi della lingua
inglese, il pubblico destinatario pertinente è un pubblico anglofono.
27 In relazione all’argomento della ricorrente secondo cui determinati terzi,
in particolare i suoi concorrenti, non
avrebbero bisogno di utilizzare il vocabolo in questione per designare i prodotti e i servizi considerati nella domanda, si deve rilevare che, al punto 35
della citata sentenza Windsurfing
Chiemsee, la Corte ha dichiarato che
l’applicazione dell’art. 3, n. 1, lett. c),
della direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati
membri in materia di marchi d’impresa
(GU 1989, L 40, pag. 1), il cui tenore
letterale è sostanzialmente identico a
quello dell’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94, non dipende dall’esistenza di un imperativo di disponibilità
concreto, attuale o serio.
28 Conseguentemente, come giustamente rilevato dall’Ufficio, ai fini dell’applicazione dell’art. 7, n. 1, lett. c),
del regolamento n. 40/94 si deve solamente verificare, sulla base di un dato
significato del segno denominativo in
questione, se esista, dal punto di vista
del pubblico destinatario, un collegamento sufficientemente concreto e diretto tra il segno e le categorie di prodotti o di servizi per i quali è chiesta la
registrazione.
29 In via preliminare, si deve rilevare
che il vocabolo CARCARD è compo-
sto da un sostantivo principale (card) e
da un sostantivo qualificativo (car).
Ora, tale vocabolo non presenta una
struttura inconsueta. Infatti, non sembra discostarsi dalle regole lessicali della lingua inglese, ed è anzi formato in
conformità di queste.
30 Per quanto riguarda il significato
del vocabolo CARCARD, dai punti 19
e 22 della decisione impugnata e dalle
spiegazioni che l’Ufficio ha fornito nel
suo controricorso risulta che, per l’Ufficio, tale vocabolo significa «scheda automobile» ovvero «scheda per automobile». Sotto questo profilo, non è pertinente l’affermazione della ricorrente
secondo cui il vocabolo in questione
non ha un significato chiaro e determinato. Infatti, prendendo in considerazione i prodotti e i servizi per i quali è
richiesta la registrazione, il significato
indicato dalla Commissione di ricorso
si rivela corretto. Ora, si deve ricordare che, per rientrare nell’ambito di applicazione dell’art. 7, n. 1, lett. c), del
regolamento n. 40/94, è sufficiente che
un segno verbale, almeno in uno dei
suoi potenziali significati, designi una
caratteristica dei prodotti e dei servizi
interessati.
31 Quanto alla natura del collegamento esistente tra il vocabolo CARCARD
e i prodotti e i servizi interessati, la
Commissione di ricorso ha dichiarato,
ai punti 23 e 24 della decisione impugnata, che il detto vocabolo ne designa
la qualità e la destinazione.
32 Per quanto riguarda, in primo luogo, le categorie di prodotti denominati
«supporti per dati leggibili meccanicamente dotati di programmi e/o di dati,
ovvero dati relativi a veicoli e/o a clienti e/o a riparazioni e/o al servizio di assistenza e/o alla manutenzione e/o alla
diagnosi del veicolo e/o al contratto e/o
alla codifica di sicurezza, in particolare
schede magnetiche e/o tesserine elettroniche e/o carte di credito», appartenenti alla classe 9, si deve rilevare che il vocabolo CARCARD, letto nel suo complesso, può servire a designarne sia la
specie che la qualità. Infatti, tali prodotti costituiscono specifici tipi di carta. Inoltre, il fatto che siano connessi ad
un veicolo deve essere considerato una
qualità di tali prodotti che può svolgere un ruolo nel momento della scelta effettuata dal pubblico destinatario e che,
quindi, ne costituisce una caratteristica
essenziale. Pertanto, dal punto di vista
del pubblico destinatario esiste un collegamento sufficientemente diretto e
SOMMARIO
concreto tra il vocabolo CARCARD e
tali prodotti.
33 Allo stesso modo, per le categorie
di servizi denominati «emissione di carte di credito e/o schede magnetiche e/o
tessere elettroniche; emissione di carte
di riconoscimento che autorizzano l’accesso a pagamenti e/o autorizzano il pagamento stesso di merci e servizi come
l’assistenza e/o la garanzia e/o sistemi
di concessione di bonus e/o incentivi
e/o riciclaggio», appartenenti alla classe
36, il vocabolo CARCARD può servire a designarne la qualità. Infatti, tali
servizi sono relativi alla commercializzazione di carte. Inoltre, se tali servizi
possono riferirsi a carte che non sono
collegate ad un veicolo e se il vocabolo
CARCARD, quindi, non è descrittivo
di tutti i servizi appartenenti a quelle
categorie, si deve rilevare che la ricorrente ha chiesto la registrazione del vocabolo controverso per ciascuna di esse
complessivamente, senza fare distinzioni. Conseguentemente, occorre confermare la valutazione della Commissione
di ricorso per la parte che riguarda l’insieme di tali servizi (v. in tal senso, sentenza EuroHealth, già citata, punto 33).
34 In secondo luogo, si deve stabilire
se il vocabolo CARCARD sia descrittivo in relazione alle seguenti categorie
di servizi:
— «[l]easing di veicoli con e/o senza rimorchi e relativo calcolo; leasing di
veicoli con e/o senza sovrastrutture
e relativo calcolo; leasing di veicoli di
sostituzione e relativo calcolo; mediazione in assicurazioni, anche in
assicurazioni per la tutela giuridica;
mediazione e calcolo di tariffe, ovvero di pedaggi stradali, tariffe per il
parcheggio; mediazione e calcolo di
tariffe per il trasporto pubblico di
persone e merci; calcolo del rifornimento di carburanti; leasing di veicoli con e/o senza rimorchio; liquidazione di veicoli di sostituzione»,
appartenenti alla classe 36;
— «mediazione nel rifornimento di carburanti; cura dell’auto, in particolare
pulitura, manutenzione e riparazione, compresa la sostituzione di tutte
le parti e gli accessori atti a garantirne il funzionamento», appartenenti
alla classe 37;
— «mediazione in servizi di telecomunicazione, ovvero navigazione e localizzazione, in particolare localizzazione veicoli, diagnosi a distanza, telesoccorso, riparazioni, servizio
tecnico clienti; telecomunicazioni,
ovvero navigazione e localizzazione,
in particolare localizzazione di veicoli, diagnosia distanza, telesoccorso, riparazioni, assistenza tecnica per
clienti», appartenenti alla classe 38;
— «mediazione e/o noleggio di autoveicoli con e/o senza rimorchi e relativo calcolo; mediazione e/o noleggio di autoveicoli con e/o senza
strutture e relativo calcolo; intermediazione relativa a e/o noleggio relativi di veicoli di sostituzione e relativo calcolo; mediazione e affitto di
parcheggi; organizzazione di trasporti di passeggeri e merci; mediazione in servizi nel settore della logistica del traffico e dei trasporti, ovvero progettazione di sistemi per il
trasporto di persone e di merci; rimorchio di veicoli», appartenenti alla
classe 39;
— «servizi di banche dati, ovvero raccolta, analisi, archiviazione, selezione, memorizzazione, consultazione,
stampa, trasmissione e aggiornamento di informazioni costituenti archivi di dati, in particolare dati riguardanti clienti e riparazioni, manuali
elettronici di manutenzione, dati relativi a veicoli, a diagnosi, all’assistenza e alla manutenzione, dati contrattuali e codici di sicurezza; mediazione in servizi di banche dati,
ovvero dati riguardanti clienti e riparazioni, manuali elettronici di manutenzione, dati relativi a veicoli, compreso l’aggiornamento di tali dati»,
appartenenti alla classe 42.
35 Per quanto riguarda i servizi appartenenti alle categorie di cui al punto
precedente, si deve osservare che tali
servizi presentano un collegamento immediato con il funzionamento e l’utilizzo di un veicolo. Conseguentemente,
il fatto che siano accessibili e pagabili
mediante una carta relativa a un veicolo costituisce una qualità di tali servizi
che può rappresentare un fattore nella
scelta operata dal pubblico destinatario.
36 Inoltre, non si può certo escludere
che le categorie di servizi menzionate al
precedente punto 34 includano anche
servizi che non hanno alcun rapporto
con il funzionamento e l’utilizzo di un
veicolo e/o che sono forniti in condizioni che non implicano l’uso di alcuna
carta e che, quindi, il vocabolo CARCARD non è descrittivo di tutti i servizi che rientrano nelle dette categorie.
A questo proposito, si deve rilevare che
la ricorrente ha richiesto la registrazione del vocabolo di cui si tratta per ciascuna di esse complessivamente, senza
fare distinzioni. Occorre confermare,
quindi, la valutazione della commissione di ricorso per la parte in cui riguarda l’insieme di tali servizi (v., in tal senso, sentenza EuroHealth, già citata,
punto 33).
37 Pertanto, dal punto di vista del
pubblico destinatario, esiste un collegamento sufficientemente diretto e concreto tra il vocabolo CARCARD e i
servizi che rientrano nelle categorie
menzionate al precedente punto 34.
38 Per quanto riguarda l’argomento
della ricorrente relativo alle decisioni
delle Commissioni di ricorso che hanno
ammesso la possibilità di registrare altri
marchi, si deve osservare che motivi di
fatto o di diritto relativi a una decisione precedente possono costituire argomenti a sostegno di un motivo fondato
sulla violazione di una disposizione del
regolamento n. 40/94. Tuttavia, è giocoforza constatare che, nella fattispecie,
la ricorrente non ha fatto valere l’esistenza, nelle decisioni citate relative ad
altri marchi, di motivi che potrebbero
rimettere in discussione la valutazione
sopra espressa. Inoltre, l’Ufficio rileva a
giusto titolo che nessuno dei marchi a
cui si riferiscono le decisioni richiamate dalla ricorrente presenta elementi comuni con il vocabolo CARCARD.
39 Ne consegue che il vocabolo
CARCARD può servire, ai sensi dell’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n.
40/94, dal punto di vista del pubblico
destinatario, per designare caratteristiche essenziali dei prodotti e dei servizi
che rientrano nelle categorie di cui ai
precedenti punti 32-34.
40 Per quanto riguarda, in terzo luogo, i prodotti che rientrano nelle categorie denominate «apparecchi per l’elaborazione di dati stazionari e mobili;
programmi per l’elaborazione di dati
SOMMARIO
e/o di testi e/o di immagini, memorizzati su supporti per dati», appartenenti
alla classe 9, non sembra che il vocabolo CARCARD possa servire per designarne una qualità. Inoltre, anche qualora tali prodotti potessero essere utilizzati in un contesto funzionale che
implica a sua volta una carta relativa ad
un veicolo, ciò non basterebbe per concludere che il vocabolo CARCARD
possa servire per designare la destinazione dei prodotti summenzionati. Infatti, tale utilizzo ne costituirebbe,
tutt’al più, uno dei molteplici campi di
applicazione, ma non una funzione tecnica. Infine, non si può affermare che il
vocabolo controverso possa servire per
designare una qualsiasi altra caratteristica essenziale di quei prodotti.
41 In quarto luogo, si deve verificare
se il vocabolo CARCARD sia descrittivo in relazione alle seguenti categorie
di servizi:
— «mediazione e calcolo di tariffe, ovvero di tariffe telefoniche; finanziamenti e finanziamenti delle vendite e
relativo calcolo; calcolo dei costi di
assistenza e di garanzia», appartenenti alla classe 36;
— «mediazione in servizi di assistenza e
di garanzia», appartenenti alla classe
37;
— «mediazione in servizi di telecomunicazione, ovvero telefonate, servizi
di memorizzazione telefonica, servizi d’informazione; servizi di telecomunicazione, ovvero telefonate, memorizzazione telefonica, informazioni», appartenenti alla classe 38;
— «noleggio e leasing di impianti per
l’elaborazione di dati; creazione di
programmi di registrazione contabile e di calcolo; servizi alloggio; mediazione e/o prenotazione di alberghi o pensioni», appartenenti alla
classe 42.
42 Tali servizi non sembrano presentare un collegamento immediato con il
funzionamento e l’utilizzo di un veicolo. Conseguentemente, anche ammettendo che il fatto che siano accessibili e
pagabili mediante una carta costituisca
una qualità di questi servizi che può
rappresentare un fattore nella scelta
operata dal pubblico destinatario, il fatto che la stessa carta sia relativa ad un
veicolo non rappresenta un ulteriore
elemento nell’ambito di tale scelta. Ora,
il carattere descrittivo di un segno composto da diversi elementi deve essere
valutato in funzione di tutti questi elementi e non di uno solo. Pertanto, il vocabolo CARCARD, considerato in
funzione di tutti i suoi elementi e letto
nel suo complesso, non può servire per
designare una qualità di quei servizi.
43 Per quanto riguarda, più in particolare, le categorie di servizi denominate «calcolo dei costi di assistenza e di
garanzia» e «mediazione in servizi di
assistenza e di garanzia», non si può
certo escludere che tali categorie comprendano anche servizi che presentano
un collegamento con il funzionamento
e l’utilizzo di un veicolo e che sono forniti in condizioni che implicano l’uso di
una carta. Tuttavia, anche ammettendo
che, in una simile ipotesi, il vocabolo
CARCARD sia descrittivo di una parte dei servizi rientranti in tali categorie,
si deve rilevare che, data l’estensione di
quelle categorie di servizi, si tratterebbe, in ogni caso, di una parte trascurabile. Di conseguenza, la giurisprudenza
citata al precedente punto 36 non può
essere applicata a un tale caso.
44 Del resto, non sembra neanche che
il vocabolo CARCARD possa servire
per designare la destinazione o una
qualsiasi altra caratteristica dei servizi
appartenenti alle categorie menzionate
al precedente punto 41.
45 A questo proposito, la Commissione di ricorso ha dichiarato, al punto 24
della decisione impugnata, che i servizi
appartenenti alle classi 38 e 42, come telecomunicazioni e servizi di alloggio,
costituirebbero servizi il cui carattere
aggiuntivo, rispetto a quelli che presentano un collegamento immediato con il
funzionamento e l’utilizzo di un veicolo, apparirebbe in modo evidente. Nel
controricorso e all’udienza, l’Ufficio ha
sviluppato un argomento nella stessa
direzione, sostenendo che dalle dichiarazioni della ricorrente risulterebbe che
essa commercializza o intende commercializzare i servizi menzionati al precedente punto 41 nell’ambito di un sistema complesso. All’interno di tale sistema, che implicherebbe l’utilizzo dei
prodotti appartenenti alle categorie di
cui al precedente punto 40, la carta,
proposta agli acquirenti dei veicoli da
essa fabbricati, darebbe accesso a un insieme di servizi tra cui quelli menzionati al precedente punto 34, oltre a
quelli menzionati al precedente punto
41. L’Ufficio ne deduce che il carattere
descrittivo del vocabolo CARCARD
deve essere valutato, in relazione a tutte le categorie di prodotti e servizi indicati nella domanda di registrazione,
alla luce del concetto di commercializzazione immaginato, o perfino attuato,
dalla ricorrente.
46 Tuttavia, si deve rilevare che, contrariamente a quanto sostenuto dall’Ufficio, il carattere descrittivo di un segno
deve essere valutato individualmente in
relazionead ogni categoria di prodotti
e/o servizi indicati nella domanda di registrazione. E’ irrilevante, ai fini della
valutazione del carattere descrittivo di
un segno in relazione a una categoria
determinata di prodotti e/o servizi, stabilire se il richiedente del marchio in
questione abbia l’intenzione di mettere
in pratica un certo concetto di commercializzazione che implichi, oltre ai
prodotti e/o servizi appartenenti a tale
categoria, prodotti e/o servizi appartenenti ad altre categorie. Infatti, l’esistenza di un concetto di commercializzazione è un fattore estrinseco al diritto attribuito dal marchio comunitario.
Inoltre, un concetto di commercializzazione, dipendendo esclusivamente dalla
scelta dell’impresa interessata, può cambiare in seguito alla registrazione del segno come marchio comunitario e non
può, quindi, avere alcuna incidenza sulla valutazione della sua registrabilità.
47 Ne consegue che il vocabolo
CARCARD non può servire, ai sensi
dell’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94, dal punto di vista del pubblico destinatario, per designare una caratteristica essenziale dei prodotti e servizi appartenenti alle categorie di cui ai
precedenti punti 40 e 41.
48 Da quanto sopra esposto risulta
che il motivo relativo alla violazione
dell’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94 deve essere accolto per
quanto concerne le categorie di prodotti e servizi di cui ai precedenti punti 40
e 41 e respinto per quanto concerne le
altre categorie di prodotti o di servizi di
cui ai precedenti punti 32-34.
SOMMARIO
Sul motivo relativo alla violazione
dell’art. 7, n. 1, lett. b) del regolamento
n. 40/94
Argomenti delle parti
49 La ricorrente sostiene che dalla
formula «privi di carattere distintivo»,
di cui all’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, risulta che qualsiasi
grado di carattere distintivo — anche
minimo — basta a giustificare la registrazione di un segno come marchio e
che, conseguentemente, non si può avere un atteggiamento troppo rigoroso
nel valutare il carattere distintivo.
50 Per quanto riguarda il vocabolo in
esame, la ricorrente afferma che esso, in
quanto neologismo privo di significato
chiaro, possiede un elemento creativo e
anche un minimo di fantasia che gli
conferisce il minimo di carattere distintivo richiesto. A questo proposito, la ricorrente osserva che il carattere originale e la fantasia del vocabolo in esame
emergono altresì dall’assonanza tra gli
elementi «car» e «card», che in fase di
pronuncia provoca un raddoppiamento
fonetico inconsueto e facile da memorizzare della sillaba «car».
51 A suo avviso, peraltro, poiché finora la parola «carcard» è stata utilizzata, tutt’al più, per designare una tessera da collezione su cui è riprodotta
l’immagine di un veicolo, la trasposizione di tale parola in un contesto diverso sarà considerata, negli ambienti
interessati, inconsueta e caratterizzata
da un elemento di fantasia.
52 Inoltre, la ricorrente si richiama ad
alcune decisioni delle commissioni di
ricorso che hanno ammesso la possibilità di registrare altri marchi (v. supra
punto 21).
53 L’Ufficio afferma che il vocabolo
CARCARD, essendo composto esclusivamente da indicazioni descrittive dei
prodotti e dei servizi interessati, ad
esclusione di qualsiasi altro elemento
che possa rendere il vocabolo globalmente atto a distinguere i prodotti della ricorrente da quelli di altre imprese,
è privo di carattere distintivo. A questo
proposito, l’Ufficio sostiene che i consumatori destinatari percepiscono il vocabolo in esame non come riferimento
a un’impresa determinata ma come riferimento generale a una carta d’automobile (o per automobile), dotata di certe
funzioni che consentono l’accesso a
certi servizi.
Giudizio del Tribunale
54 A norma dell’art. 7, n. 1, lett. b),
del regolamento n. 40/94, sono esclusi
dalla registrazione «i marchi privi di carattere distintivo». Inoltre, l’art. 7, n. 2,
del regolamento n. 40/94 dispone che il
«paragrafo 1 si applica anche se le cause d’impedimento esistono soltanto per
una parte della Comunità».
55 Peraltro, il carattere distintivo di
un segno può essere valutato soltanto in
relazione ai prodotti o ai servizi per i
quali è stata chiesta la registrazione, da
un lato, e in relazione alla comprensione che ne ha il pubblico interessato, dall’altro.
56 Nella fattispecie, nella misura in
cui la decisione impugnata riguarda i
prodotti e i servizi per i quali si è stabilito, al punto precedente 39, che il vocabolo CARCARD è descrittivo, si
deve ricordare che, secondo una giurisprudenza consolidata, basta che sussista uno degli impedimenti perché il segno non possa essere registrato come
marchio comunitario [sentenze 26 ottobre 2000, causa T-345/99, Harbinger/OHMI (TRUSTEDLINK), Racc.
pag. II-3525, punto 31; 26 ottobre 2000,
causa T-360/99, Community Concepts/OHMI (Investorworld), Racc.
pag. II-3545, punto 26, e 31 gennaio
2001, causa T-24/00, Sunrider/OHMI
(VITALITE), Racc. pag. II-449, punto
28)]. In tal senso il motivo è, quindi, inconferente.
CARD non poteva essere rifiutata sulla base dell’art. 7, n. 1, lett. c), delregolamento n. 40/94. Conseguentemente, il
ragionamento sostanziale sviluppato
dalla commissione di ricorso in relazione all’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94 deve essere disatteso, in
quanto si fonda sull’errore sopra constatato.
59 Inoltre è giocoforza constatare che
né la decisione impugnata né il controricorso dell’Ufficio né le spiegazioni da
questo fornite in sede d’udienza contengono elementi che consentano di
provare la mancanza di carattere distintivo del vocabolo CARCARD per i
prodotti e i servizi appartenenti alle categorie di cui ai precedenti punti 40 e
41.
60 Ne consegue che il motivo relativo
alla violazione dell’art. 7, n. 1, lett. b),
del regolamento n. 40/94 deve essere
accolto per quanto riguarda le categorie
di prodotti e di servizi di cui ai precedenti punti 40 e 41 e respinto per quanto riguarda le altre categorie di prodotti e di servizi di cui ai precedenti punti
32-34.
61 Da quanto sopra esposto risulta
che si deve accogliere il ricorso per
quanto riguarda le categorie di prodotti e di servizi di cui ai precedenti punti
40 e 41 e respingere il ricorso per il resto.
62
(...) Sulle spese
Dispositivo
57 Occorre, invece, esaminare tale
motivo nella misura in cui la decisione
impugnata riguarda le categorie di prodotti e servizi di cui ai punti precedenti 40 e 41.
58 Come risulta dal punto 28 della decisione impugnata, la Commissione di
ricorso ha dichiarato che il marchio denominativo di cui si tratta è «privo del
carattere distintivo minimo richiesto,
poiché il pubblico destinatario lo percepirà esclusivamente come indicazione
dell’oggetto dei servizi o della destinazione dei prodotti». La Commissione di
ricorso ha quindi dedotto, sostanzialmente, l’assenza di carattere distintivo
del vocabolo CARCARD dal suo carattere descrittivo. Ora, al precedente
punto 47 si è stabilito che, per quanto
concerne le categorie di prodotti e servizi di cui ai precedenti punti 40 e 41,
la registrazione del vocabolo CAR-
1.
La decisione della Terza Commissione di ricorso dell’Ufficio per
l’Armonizzazione nel Mercato Interno (marchi, disegni e modelli)
12 settembre 2000 (procedimento
R 477/1999-3) è annullata per
quanto riguarda le seguenti categorie di prodotti e servizi:
1.
— «apparecchi per l’elaborazione
di dati stazionari e mobili; programmi per l’elaborazione di
dati e/o di testi e/o di immagini, memorizzati su supporti
per dati», appartenenti alla
classe 9;
1.
— «mediazione e calcolo di tariffe,
ovvero di tariffe telefoniche; finanziamenti e finanziamenti
delle vendite e relativo calcolo;
calcolo dei costi di assistenza e
SOMMARIO
di garanzia», appartenenti alla
classe 36;
1.
1.
1.
— «mediazione in servizi di assistenza e di garanzia», appartenenti alla classe 37;
— «mediazione in servizi di telecomunicazione, ovvero telefonate, servizi di memorizzazione telefonica, servizi d’informazione;
servizi
di
telecomunicazione, ovvero telefonate, memorizzazione telefonica, informazioni», appartenenti alla classe 38;
— «noleggio e leasing di impianti
per l’elaborazione di dati; creazione di programmi di registrazione contabile e di calcolo;
servizi di ristorazione e alloggio temporaneo; mediazione
e/o prenotazione di alberghi o
pensioni», appartenenti alla
classe 42.
2.
Il ricorso è respinto per il resto.
3.
La parte ricorrente sopporterà le
proprie spese e la metà delle spese
della parte convenuta. Quest’ultima sopporterà la restante parte
delle proprie spese.
OMPI
Notifica OMPI n. 206
Notifica PARIGI n. 204
le 1992, data in cui la Repubblica federale di Iugoslavia ha assunto la responsabilità delle proprie relazioni internazionali.
Notifica BERNA n. 222
Notifica MADRID (MARCHI)
n. 133
Notifica NIZZA n. 110
Notifica LOCARNO n. 52
Convenzione istitutiva
dell’Organizzazione mondiale della
proprietà intellettuale e altri trattati
amministrati dall’OMPI
Dichiarazione della Repubblica federale di Iugoslavia
Il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (OMPI) porge i suoi ossequi al ministro degli Affari esteri ed ha l’onore di
notificargli il deposito da parte del governo della Repubblica federale di Iugoslavia, il 14 giugno 2001, di uno strumento in cui si dichiara che, a decorrere dal 27 aprile 1992, la Repubblica
federale di Iugoslavia è da considerarsi
succeduta nella convenzione istitutiva
dell’Organizzazione mondiale della
proprietà intellettuale e altri trattati ivi
specificati. Si confermano altresì taluni
atti, anch’essi specificati in detto strumento, compiuti a decorrere dal 27
aprile 1992. Il testo dello strumento è
allegato alla presente notifica.
14 giugno 2001
Allegato alle notifiche OMPI,
PARIGI, BERNA, MADRID
(MARCHI), NIZZA e LOCARNO
Documento di notifica di successione e
di conferma, Organizzazione mondiale
della proprietà intellettuale (OMPI)
Considerando che la Repubblica federativa socialista di Iugoslavia era uno
Stato contraente o firmatario dei trattati elencati nell’allegato 1 accluso;
considerando che la Repubblica federale di Iugoslavia è succeduta alla Repubblica federativa socialista di Iugoslavia,
il governo della Repubblica federale di
Iugoslavia, tenendo conto dei trattati
elencati nell’allegato 1 accluso, subentra
pertanto come parte dei medesimi e assume il fedele adempimento degli obblighi ivi sanciti a decorrere dal 27 apri-
Il governo della Repubblica federale di
Iugoslavia conferma inoltre le firme, le
riserve, le dichiarazioni e le obiezioni
espresse dalla Repubblica federativa socialista di Iugoslavia riguardo ai trattati
elencati nell’allegato 1 accluso, prima
del 27 aprile 1992.
Il governo della Repubblica federale di
Iugoslavia conferma, altresì, tutti gli atti
relativi ai trattati, corredati di qualsivoglia dichiarazione, eseguiti dal governo
della Repubblica federale di Iugoslavia
dopo il 27 aprile 1992, e che sono elencati nell’allegato 2 accluso.
Fatto a Belgrado, addì 11 giugno 2001.
Goran Svilanoviæ
Ministro federale degli Affari esteri
Allegato 1 al documento di notifica
di adesione e di conferma, OMPI
Elenco dei trattati OMPI di cui la Repubblica federativa socialista di Iugoslavia era parte contraente prima del 27
aprile 1992
— Convenzione istitutiva dell’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (Convenzione OMPI)
— Convenzione di Parigi per la protezione della proprietà industriale
(Convenzione di Parigi)
— Convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie e artistiche (Convenzione di Berna)
— Accordo di Madrid per la registrazione internazionale di marchi (accordo di Madrid)
— Accordo di Nizza sulla classificazione internazionale dei prodotti e dei
servizi ai fini della registrazione dei
marchi (Accordo di Nizza)
— Accordo di Locarno istitutivo di una
classificazione internazionale per i
disegni e i modelli industriali (Accordo di Locarno)
SOMMARIO
— Convenzione relativa alla distribuzione dei segnali portatori di programmi trasmessi via satellite (Convenzione dei satelliti)
Elenco dei trattati OMPI di cui la Repubblica federativa socialista di Iugoslavia era Stato firmatario (senza ancora esserne parte) prima del 27 aprile
1992
— Trattato di cooperazione in materia
di brevetti (PCT)
— Protocollo relativo all’accordo di
Madrid per la registrazione internazionale di marchi (Protocollo di Madrid)
— Accordo dell’Aia concernente il deposito internazionale dei modelli e
disegni industriali (Accordo dell’Aia)
Allegato 2 al documento di notifica
di adesione e di conferma, OMPI
Atti compiuti dalla Repubblica federale di Iugoslavia (RFI) in materia di
trattati dopo il 27 aprile 1992
— In data 25 novembre 1993, la RFI ha
depositato il suo strumento di adesione al trattato di Budapest sul riconoscimento internazionale del deposito dei microrganismi ai fini della procedura in materia di brevetti
(vedi la notifica Budapest n. 121 del
30 novembre 1993).
di Madrid concernente la registrazione internazionale dei marchi (vedi
la notifica Madrid [marchi] n. 97 del
17 novembre 1997). L’ex RFSI aveva
firmato il Protocollo di Madrid nel
1989.
— Il 15 giugno 1998, la RFI ha depositato lo strumento di adesione al trattato sul diritto dei marchi (vedi la
notifica TLT n. 25 del 15 giugno
1998).
— Il 1° marzo 1999, la RFI ha depositato il suo strumento di adesione all’Accordo di Lisbona concernente la
protezione delle denominazioni di
origine e la loro registrazione internazionale (vedi la notifica Lisbona n.
23 del 1° marzo 1999).
— Il 18 febbraio 2000, la RFI ha depositato il suo strumento di adesione al
Trattato di Nairobi concernente la
protezione del simbolo olimpico
(vedi la notifica Nairobi n. 45 del 18
febbraio 2000).
— Il 18 febbraio 2000, la RFI ha depositato il suo strumento di adesione
all’Accordo di Madrid sulla repressione delle false o fallaci indicazioni
di provenienza dei prodotti (vedi la
notifica Madrid [indicazioni di provenienza] n. 26 del 18 febbraio
2000).
Tale Convenzione entrerà in vigore, nei
confronti della Repubblica islamica dell’Iran, il 14 marzo 2002.
14 dicembre 2001
Notifica OMPI n. 208
Convenzione istitutiva dell’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale
Adesione della Repubblica di Gibuti
Il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (OMPI) porge i suoi ossequi al ministro degli Affari esteri ed ha l’onore di
notificargli il deposito da parte del governo della Repubblica di Gibuti, il 13
febbraio 2002, del suo strumento di
adesione alla Convenzione istitutiva
dell’Organizzazione mondiale della
proprietà intellettuale, firmata a Stoccolma il 14 luglio 1967 e modificata il
28 settembre 1979.
Tale Convenzione entrerà in vigore, nei
confronti della Repubblica di Gibuti, il
13 maggio 2002.
13 febbraio 2002
Notifica Parigi n. 205
— Il 25 novembre 1993, la RFI ha depositato il suo strumento di ratifica
dell’Accordo dell’Aia concernente il
deposito internazionale dei disegni e
modelli industriali (vedi la notifica
L’Aia n. 36 del 30 novembre 1993).
L’ex Repubblica federativa socialista
di Iugoslavia (RFSI) aveva firmato
l’Atto dell’Accordo dell’Aia nel
1960.
— Il 1° novembre 1996, la RFI ha depositato lo strumento di ratifica del
Trattato di cooperazione in materia
di brevetti (vedi la notifica PCT n.
115 del 4 novembre 1996). L’ex RFSI
aveva firmato il PCT nel 1970.
— Il 17 novembre 1997, la RFI ha depositato il suo strumento di ratifica
del Protocollo relativo all’Accordo
Convenzione di Parigi per la protezione della proprietà industriale
Notifica OMPI n. 207
Convenzione istitutiva
dell’Organizzazione mondiale della
proprietà intellettuale
Adesione della Repubblica islamica
dell’Iran
Il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (OMPI) porge i suoi ossequi al ministro degli Affari esteri ed ha l’onore di
notificargli il deposito da parte del governo della Repubblica islamica dell’Iran, il 14 dicembre 2001, del suo strumento di adesione alla Convenzione
istitutiva dell’Organizzazione mondiale
della proprietà intellettuale (Convenzione OMPI), firmata a Stoccolma il 14
luglio 1967 e modificata il 28 settembre
1979.
Adesione della Repubblica di Gibuti
Il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (OMPI) porge i suoi ossequi al ministro degli Affari esteri ed ha l’onore di
notificargli il deposito da parte del governo della Repubblica di Gibuti, il 13
febbraio 2002, del suo strumento d’adesione alla Convenzione di Parigi per la
protezione della proprietà industriale
del 20 marzo 1883, riveduta a Stoccolma il 14 luglio 1967 e modificata il 28
settembre 1979.
La Convenzione di Parigi, nella sua
versione riveduta, entrerà in vigore, nei
confronti della Repubblica di Gibuti, il
13 maggio 2002. A partire da tale data,
la Repubblica di Gibuti diverrà altresì
membro dell’Unione internazionale per
SOMMARIO
la protezione della proprietà industriale (Unione di Parigi), fondata dalla
Convenzione di Parigi.
13 febbraio 2002
Notifica Madrid (marchi)
n. 134
Protocollo relativo all’Accordo di Madrid per la registrazione internazionale dei marchi
Adesione della Repubblica di Bulgaria
Il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (OMPI) presenta i suoi ossequi ed ha
l’onore di notificare il deposito, da parte del governo della Repubblica di Bulgaria, il 2 luglio 2001, del suo strumento di adesione al Protocollo relativo all’Accordo di Madrid per la
registrazione internazionale dei marchi
adottato a Madrid il 27 giugno 1989
(“Protocollo di Madrid (1989)”).
Il suddetto strumento era accompagnato dalle seguenti dichiarazioni:
— la dichiarazione secondo la quale, ai
sensi dell’articolo 5, n. 2, lettera b)
del Protocollo di Madrid (1989), il
termine di un anno di cui all’articolo 5, n. 2, lettera a), è sostituito dal
termine di 18 mesi;
— la dichiarazione secondo la quale, ai
sensi dell’articolo 8, n. 7, lettera a)
del Protocollo di Madrid (1989), il
governo della Repubblica di Bulgaria, per ogni registrazione internazionale nella quale essa è menzionata in applicazione dell’articolo 3ter
del suddetto Protocollo, e per ogni
rinnovo di ciascuna di tali registrazioni internazionali, desidera ricevere, anziché una parte della riscossione delle tasse supplementari e complementari, una tassa individuale.
Il Protocollo di Madrid (1989) entrerà
in vigore, nei confronti della Repubblica di Bulgaria, il 2 ottobre 2001.
2 luglio 2001
Notifica Madrid (marchi)
n. 135
Notifica Madrid (marchi)
n. 136
Protocollo relativo all’Accordo di Madrid per la registrazione internazionale dei marchi
Protocollo relativo all’Accordo di Madrid per la registrazione internazionale dei marchi
Ratifica dell’Irlanda
Dichiarazioni della Repubblica d’Armenia
Il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (OMPI) presenta i suoi ossequi ed ha
l’onore di notificare il deposito, da parte del governo dell’Irlanda, il 19 luglio
2001, del suo strumento di adesione al
Protocollo relativo all’Accordo di Madrid per la registrazione internazionale
dei marchi adottato a Madrid il 27 giugno 1989 (“Protocollo di Madrid
(1989)”).
Il suddetto strumento era accompagnato dalle seguenti dichiarazioni:
— la dichiarazione, ai sensi dell’articolo 5, n. 2, lettera d) del Protocollo di
Madrid (1989), secondo la quale, in
applicazione dell’articolo 5, n. 2, lettera b) del suddetto Protocollo, il
termine di un anno previsto per esercitare il diritto di notificare un rifiuto di protezione a norma dell’articolo 5, n. 2, lettera a), è sostituito dal
termine di 18 mesi e, ai sensi dell’articolo 5, n. 2, lettera c) del suddetto
Protocollo, quando il rifiuto di protezione può risultare da un’opposizione alla concessione di protezione,
tale rifiuto può essere notificato
dopo la scadenza del termine di 18
mesi;
— la dichiarazione secondo la quale, ai
sensi dell’articolo 8, n. 7, lettera a)
del Protocollo di Madrid (1989), l’Irlanda, per ogni registrazione internazionale nella quale essa è menzionata in applicazione dell’articolo 3ter
del suddetto Protocollo, e per ogni
rinnovo di ciascuna di tali registrazioni internazionali, desidera ricevere, anziché una parte della riscossione delle tasse supplementari e complementari, una tassa individuale.
Il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (OMPI) presenta i suoi ossequi ed ha
l’onore di notificare il deposito, da parte del governo della Repubblica d’Armenia, il 24 luglio 2001, delle seguenti
dichiarazioni in merito al Protocollo relativo all’Accordo di Madrid per la registrazione internazionale dei marchi
adottato a Madrid il 27 giugno 1989
(“Protocollo di Madrid (1989)”):
— la dichiarazione, ai sensi dell’articolo 5, n. 2, lettera d) del Protocollo di
Madrid (1989), secondo la quale, in
applicazione dell’articolo 5, n. 2, lettera b) del suddetto Protocollo, il
termine di un anno previsto per esercitare il diritto di notificare un rifiuto di protezione a norma dell’articolo 5, n. 2, lettera a), è sostituito dal
termine di 18 mesi;
— la dichiarazione secondo la quale, ai
sensi dell’articolo 8, n. 7, lettera a)
del Protocollo di Madrid (1989), la
Repubblica d’Armenia, per ogni registrazione internazionale nella quale essa è menzionata in applicazione
dell’articolo 3ter del suddetto Protocollo, e per ogni rinnovo di ciascuna
di tali registrazioni internazionali,
desidera ricevere, anziché una parte
della riscossione delle tasse supplementari e complementari, una tassa
individuale.
Le dichiarazioni prendono effetto a decorrere dal 24 ottobre 2001.
24 luglio 2001
Il Protocollo di Madrid (1989) entrerà
in vigore, nei confronti dell’Irlanda, il
19 ottobre 2001.
19 luglio 2001
Notifica Madrid (marchi)
n. 137
Protocollo relativo all’Accordo di Madrid per la registrazione internazionale dei marchi
Adesione della Repubblica dello Zambia
Il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della proprietà intellettua-
SOMMARIO
le (OMPI) presenta i suoi ossequi ed ha
l’onore di notificare il deposito, da parte del governo della Repubblica dello
Zambia, il 15 agosto 2001, del suo strumento di adesione al Protocollo relativo all’Accordo di Madrid per la registrazione internazionale dei marchi
adottato a Madrid il 27 giugno 1989
(“Protocollo di Madrid (1989)”).
Il Protocollo di Madrid (1989) entrerà
in vigore, nei confronti della Repubblica dello Zambia, il 15 novembre 2001.
15 agosto 2001
Repubblica di Bielorussia, per ogni
registrazione internazionale nella
quale essa è menzionata in applicazione dell’articolo 3ter del suddetto
Protocollo, e per ogni rinnovo di
ciascuna di tali registrazioni internazionali, desidera ricevere, anziché
una parte della riscossione delle tasse supplementari e complementari,
una tassa individuale.
Il Protocollo di Madrid (1989) entrerà
in vigore, nei confronti della Repubblica di Bielorussia, il 18 gennaio 2002.
18 ottobre 2001
Notifica Nizza n. 111
Accordo di Nizza sulla classificazione
internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi
Adesione della Repubblica dell’Uzbekistan
Notifica Madrid (marchi)
n. 138
Protocollo relativo all’Accordo di Madrid per la registrazione internazionale dei marchi
Adesione della Repubblica di Bielorussia
Il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (OMPI) presenta i suoi ossequi ed ha
l’onore di notificare il deposito, da parte del governo della Repubblica di Bielorussia, il 18 ottobre 2001, del suo
strumento di adesione al Protocollo relativo all’Accordo di Madrid per la registrazione internazionale dei marchi
adottato a Madrid il 27 giugno 1989
(“Protocollo di Madrid (1989)”).
Il suddetto strumento era accompagnato dalle seguenti dichiarazioni:
— la dichiarazione, ai sensi dell’articolo 5, n. 2, lettera d) del Protocollo di
Madrid (1989), secondo la quale, in
applicazione dell’articolo 5, n. 2, lettera b) del suddetto Protocollo, il
termine di un anno previsto per esercitare il diritto di notificare un rifiuto di protezione a norma dell’articolo 5, n. 2, lettera a), è sostituito dal
termine di 18 mesi e, ai sensi dell’articolo 5, n. 2, lettera c) del suddetto
Protocollo, quando il rifiuto di protezione può risultare da un’opposizione alla concessione di protezione,
tale rifiuto può essere notificato
dopo la scadenza del termine di 18
mesi;
— la dichiarazione secondo la quale, ai
sensi dell’articolo 8, n. 7, lettera a)
del Protocollo di Madrid (1989), la
Notifica Madrid (marchi)
n. 139
Protocollo relativo all’Accordo di Madrid per la registrazione internazionale dei marchi
Notifica della Repubblica di Bielorussia: ritiro delle dichiarazioni riguardanti gli articoli 5, n. 2, lettera b) e 8,
n. 7, lettera a)
Il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (OMPI) presenta i suoi ossequi al ministro degli Affari esteri ed ha l’onore
di notificargli la ricezione, il 18 gennaio
2002, di una notifica del governo della
Repubblica di Bielorussia con la quale
quest’ultimo ritira le seguenti dichiarazioni fatte conformemente al disposto
dell’articolo 5, n. 2, lettera b) del Protocollo relativo all’Accordo di Madrid
per la registrazione internazionale dei
marchi adottato a Madrid il 27 giugno
1989 (“Protocollo di Madrid (1989)”):
la dichiarazione secondo la quale il termine di un anno previsto per esercitare
il diritto di notificare un rifiuto di protezione a norma dell’articolo 5, n. 2, lettera a) del Protocollo, è sostituito dal
termine di 18 mesi e la dichiarazione, ai
sensi dell’articolo 8, n. 7, lettera a) del
suddetto Protocollo, secondo la quale la
Repubblica di Bielorussia, per ogni registrazione internazionale nella quale
essa è menzionata in applicazione dell’articolo 3ter del suddetto Protocollo,
e per ogni rinnovo di ciascuna di tali registrazioni internazionali, desidera ricevere, anziché una parte della riscossione delle tasse supplementari e complementari, una tassa individuale (vedi
notifica MADRID n. 138 del 18 ottobre 2001).
18 gennaio 2001
Il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (OMPI) porge i suoi ossequi al ministro degli Affari esteri ed ha l’onore di
notificargli il deposito, da parte del governo della Repubblica dell’Uzbekistan,
il 12 ottobre 2001, del suo strumento di
adesione all’Accordo di Nizza, del 15
giugno 1957, sulla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai
fini della registrazione dei marchi, riveduto a Stoccolma il 14 luglio 1967, a
Ginevra il 13 maggio 1977 e modificato il 28 settembre 1979.
L’Accordo di Nizza, riveduto e modificato, entrerà in vigore, nei confronti
Repubblica dell’Uzbekistan, il 12 gennaio 2002.
12 ottobre 2001
Notifica Nizza n. 112
Accordo di Nizza sulla classificazione
internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi
Adesione della Repubblica del Mozambico
Il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (OMPI) porge i suoi ossequi al ministro degli Affari esteri ed ha l’onore di
notificargli il deposito, da parte del governo della Repubblica del Mozambico,
il 18 ottobre 2001, del suo strumento di
adesione all’Accordo di Nizza, del 15
giugno 1957, sulla classificazione inter-
SOMMARIO
nazionale dei prodotti e dei servizi ai
fini della registrazione dei marchi, riveduto a Stoccolma il 14 luglio 1967, a
Ginevra il 13 maggio 1977 e modificato il 28 settembre 1979.
L’Accordo di Nizza, riveduto e modificato, entrerà in vigore, nei confronti
Repubblica del Mozambico, il 18 gennaio 2002.
18 ottobre 2001
Notifica Nizza n. 113
Accordo di Nizza sulla classificazione
internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi
Adesione della Repubblica del Kazakstan
Il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (OMPI) porge i suoi ossequi al ministro degli Affari esteri ed ha l’onore di
notificargli il deposito, da parte del governo della Repubblica del Kazakstan,
il 24 gennaio 2002, del suo strumento di
adesione all’Accordo di Nizza, del 15
giugno 1957, sulla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai
fini della registrazione dei marchi, riveduto a Stoccolma il 14 luglio 1967, a
Ginevra il 13 maggio 1977 e modificato il 28 settembre 1979.
L’Accordo di Nizza, riveduto e modificato, entrerà in vigore, nei confronti
Repubblica del Kazakstan, il 24 aprile
2002.
24 gennaio 2002
SOMMARIO
SERVICIOS CENTRALES DE LA PROPIEDAD INDUSTRIAL DE LOS
ESTADOS MIEMBROS
ZENTRALBEHÖRDEN FÜR DEN GEWERBLICHEN RECHTSSCHUTZ
DER MITGLIEDSTAATEN
CENTRAL INDUSTRIAL PROPERTY OFFICES OF THE
MEMBER STATES
SERVICES CENTRAUX DE LA PROPRIÉTÉ INDUSTRIELLE DES
ÉTATS MEMBRES
SERVIZI CENTRALI DELLA PROPRIETÀ INDUSTRIALE DEGLI
STATI MEMBRI
Belgique/België
ÅËËAÓ
Ellas/Å
Office de la Propriété industrielle
Administration de la Politique commerciale
Ministère des Affaires économiques
Boulevard du Roi Albert II, 16
B-1000 Bruxelles
Υπουργε′ιο Αναπτυξης
′
Γενική Γραµµατε′ια Εµπορ′ιου
Γενική Γραµµατε′ια Εσωτερικου′ Εµπορ′ιου
∆ιευθυνση
′
Εµπορικής και Βιοµηχανικής
Ιδιοκτησ′ιας
Πλατεíα Κανιγγος
′
GR-101 81 ΑΘΗΝΑ
Dienst voor de Industriële Eigendom
Bestuur Handelsbeleid
Ministerie van Economische Zaken
Koning Albert II-laan, 16
B-1000 Brussel
Tel. (32-2) 2 06 41 11
Fax (32-2) 2 06 57 50
http://mineco.fgov.be/organization _ market/
index_fr.htm (français)
http://mineco.fgov.be/organization _ market/
index_nl.htm (Nederlands)
Ministère du Développement
Secrétariat Général du Commerce
Direction Générale du Commerce Intérieur
Direction de la Propriété Commerciale et
Industrielle
Place de Kanning
GR-101 81 ATHÈNES
Tel. (30-10) 38 43 550
Fax (30-10) 38 21 717
http://www.obi.gr/
Danmark
España
Patent-og Varemærkestyrelsen
Danish Patent and Trademark Office
Helgeshøj Allé 81
DK-2630 Taastrup
Oficina Española de Patentes y Marcas
Panamá, 1
E-28071 Madrid
Tel. (45-43) 50 80 00
Fax (45-43) 50 80 01
http://www.dkpto.dk/
Tel. (34) 913 49 53 00
Fax (34) 913 49 55 97
http://www.oepm.es/
Deutschland
France
Deutsches Patent- und Markenamt
Zweibrückenstraße 12
D-80331 München
Institut National de la Propriété Industrielle (INPI)
26 bis rue de Saint-Pétersbourg
F-75800 Paris Cedex 08
Tel. (49-89) 21 95 0
Fax (49-89) 21 95 22 21
http://www.patent-und-markenamt.de/
Tel. (33-1) 53 04 53 04
Fax (33-1) 42 93 59 30
http://www.inpi.fr/
SOMMARIO
Ireland
Portugal
Patents Office
Government Buildings
Hebron Road
Kilkenny
Ireland
Instituto Nacional da Propriedade Industrial (INPI)
Campo das Cebolas
P-1100 Lisboa
Tel. (353-56) 20 111
Fax (353-56) 20 100
Tel. (351-21) 8 81 81 00
Fax (351-21) 8 87 53 08
http://www.inpi.pt/
Italia
Suomi/Finland
Ufficio italiano brevetti e marchi
Via Molise, 19
I-00187 Roma
Patentti- ja rekisterihallitus
Patent- och registerstyrelsen
National Board of Patents and Registration of
Finland
Arkadiankatu 6 A
FIN-00100 Helsinki
Tel. (390-6) 48 27 188
Fax (390-6) 47 05 30 17
http://www.european-patent-office.org/it/
Tel. (358-9) 693 9500
Fax (358-9) 693 95204
http://www.prh.fi/
Luxembourg
Sverige
Service de la Propriété Intellectuelle
Ministère de l’Economie
19-21, boulevard Royal
L-2449 Luxembourg
Adresse postale: L-2914 Luxembourg
Patent- och Registreringsverket
Swedish Patent and Registration Office
Valhallavägen 136
P.O. Box 5055
S-102 42 Stockholm
Tel. (352) 478 4110
Fax (352) 22 26 66
http://www.etat.lu/EC/
Tel. (46-8) 782 25 00
Fax (46-8) 666 02 86
http://www.prv.se/prveng/front.htm
Nederland
United Kingdom
Bureau voor de Industriële Eigendom
Netherlands Industrial Property Office
P.O. Box 5820
2280 HV Rijswijk (2H)
Nederland
The Patent Office
Concept House
Tredegar Park
Cardiff Road
Newport
Gwent NP9 1RH
United Kingdom
Tel. (31-70) 3 98 66 55
Fax (31-70) 3 90 01 90
http://bie.minez.nl/
Tel. (44-1633) 81 40 00
Fax (44-1633) 81 10 55
http://www.patent.gov.uk/
Österreich
Benelux
Österreichisches Patentamt
Kohlmarkt, 8-10
A-1014 Wien
Benelux-Merkenbureau
Bureau Benelux des Marques
Bordewijklaan 15
2591 XR Den Haag
Nederland
Tel. (43-1) 5 34 24 0
Fax (43-1) 5 34 24 520
http://www.patent.bmwa.gv.at/
Tel. (31-70) 3 49 11 11
Fax (31-70) 3 47 57 08
http://www.bmb-bbm.org/
SOMMARIO
ORGANISMOS INTERNACIONALES NO GUBERNAMENTALES CON
LOS QUE LA OAMI MANTIENE RELACIONES DE COOPERACIÓN
INTERNATIONALE NICHTSTAATLICHE ORGANISATIONEN, MIT
DENEN DAS HABM ZUSAMMENARBEITET
INTERNATIONAL NON-GOVERNMENTAL ORGANIZATIONS WITH
WHICH THE OHIM COOPERATES
ORGANISMES INTERNATIONAUX NON GOUVERNEMENTAUX AVEC
LESQUELS L’OHMI ENTRETIENT DES RAPPORTS DE COOPÉRATION
ORGANISMI INTERNAZIONALI NON GOVERNATIVI CON I QUALI
L’UAMI INTRATTIENE RAPPORTI DI COOPERAZIONE
Association des Industries de Marque
AIM
Mr Philip Sheppard
Manager Branding & Marketing Affairs
9 Avenue des Gaulois
B-1040 Bruxelles
Tel. (32-2) 736 03 05
Fax (32-2) 734 67 02
http://www.aim.be
[email protected]
Committee of National Institutes of
Patent Agents
CNIPA
Dr Eugen Popp
Secretary General
c/o Meissner, Bolte & Partner
Widenmayerstraße 48
Postfach 860624
D-81633 München
Tel. (49-89) 21 21 860
Fax (49-89) 21 21 86 70
Association Internationale pour la
Protection de la Propriété Industrielle
AIPPI
European Communities Trade Mark
Association
ECTA
General Secretariat
Bleicherweg 58
CH - 8027 Zurich
Switzerland
Tel. (41) 1 204 12 60
Fax (41) 41 1 204 12 00
http://www.aippi.org
general [email protected]
Mr Robert Freitag
President
ECTA Secretariat
Bisschoppenhoflaan 286, Box 5
B-2100 Deurne-Antwerpen
Tel. (32) 3 326 47 23
Fax (32) 3 326 76 13
http://www.ecta.org
[email protected]
Conseil européen de l’industrie
chimique
CEFIC
European Federation of
Pharmaceutical Industries and
Associations
EFPIA
Mr Alain Perroy, President
Mr Jean-Marie Devos, Secretary General
Mrs Nicole Maréchal, Legal Counsellor
Avenue E. Van Nieuwenhuyse 4, boîte 1
B-1160 Bruxelles
Tel. (32-2) 676 72 18
Fax (32-2) 676 73 31
http://www.cefic.org
[email protected]
Mrs Ann Robins
Manager Legal Affairs
Leopold Plaza Building
Rue du Trône 108, boîte 1
B-1050 Bruxelles
Tel. (32-2) 626 25 55
Fax (32-2) 626 25 66
http://www.efpia.org
[email protected]
SOMMARIO
Fédération européenne des mandataires
de l’industrie en propriété industrielle
FEMIPI
Licensing Executives Society
International
LES
M. François Dusolier
c/o Synthélabo
Service des marques
22, avenue Galilée
F-92350 Le-Plessis-Robinson
Tel. (33-1) 53 77 48 73
Fax (33-1) 45 37 59 35
Mr Jonas Gullikson
Vice-President
c/o Ström & Gullikson AB
P.O. Box 4188
S-20313 Malmö
Tel. +46 40 75745
Fax +46 40 23 78 97
http://www.sg.se
[email protected]
The European Union Members
Commission of FICPI
EUCOF
Association of European Trade
Mark Owners
MARQUES
Mr Helmut Sonn
President of EUCOF
c/o Sonn, Pawloy, Weinziger & Wolfram
Riemergasse 14
A-1010 Wien
Tel. (43 1) 512 84 05 41
Fax (43 1) 512 84 05 90
[email protected]
Mr. Colin Grimes
Secretary General
840 Melton Road
Thurmaston
Leicester LE4 8BN
United Kingdom
Tel. (44-116) 264 00 80
Fax (44-116) 264 01 41
http://www.marques.org
[email protected]
International Chamber of
Commerce
ICC
Union des confédérations de
l’industrie et des employeurs
d’Europe
UNICE
Ms Daphné Yong-D’Hervé
Chef de Division
38, cours Albert 1er
F-75008 Paris
Tel. (33-1) 49 53 28 18
Fax (33-1) 49 53 28 35
http://www.iccwbo.org
[email protected]
Mr Dirk F. Hudig, Secretary General
Mr Jérôme Chauvin - Legal Adviser Company Affairs Department
40 Rue Joseph II, boîte 4
B-1040 Bruxelles
Tel. (32-2) 237 65 11
Fax (32-2) 231 14 45
http://www.unice.org
[email protected]
International Trademark
Association
INTA
Union of European Practitioners in
Industrial Property
UNION
Mr Bruce J. MacPherson
International Manager
1133 Avenue of the Americas
New York, NY 10036-6710
USA
Tel. (1-212) 768 98 87
Fax (1-212) 768 77 96
http://www.inta.org
[email protected]
Mr Philippe Overath
Secretary General
c/o Cabinet Bede
Place de l’Alma, 3
B-1200 Brussels
Tel. (32-2) 779 03 39
Fax (32-2) 772 47 80
[email protected]
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