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Asia e Pacifico
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DUEMILA
Pakistan
4_ASIA & PACIFICO_amnesty 2012 10/05/12 14.21 Pagina 381
ASIA E PACIFICO
PAKISTAN
REPUBBLICA ISLAMICA DEL PAKISTAN
Capo di stato: Asif Ali Zardari
Capo del governo: Yousuf Raza Gilani
Pena di morte: mantenitore
Popolazione: 176,7 milioni
Aspettativa di vita: 65,4 anni
Mortalità infantile sotto i 5 anni (m/f): 87‰
Alfabetizzazione adulti: 55,5%
Salman Taseer, il governatore del Punjab che ha espresso apertamente le sue opinioni,
e Shahbaz Bhatti, ministro per le Minoranze (e unico membro di gabinetto di religione
cristiana), sono stati assassinati rispettivamente a gennaio e marzo, a causa delle loro
critiche alla legislazione sulla blasfemia. Le forze di sicurezza hanno continuato a essere
implicate in violazioni, anche sparizioni forzate, tortura ed esecuzioni extragiudiziali,
specialmente nel Balucistan e nel Nord-Ovest. A maggio le forze statunitensi hanno ucciso il leader di al-Qaeda Osama bin Laden in un raid contro il suo nascondiglio, situato
nella città nordoccidentale di Abbottabad. Alti funzionari statunitensi hanno accusato
il Pakistan di sostenere i talebani in Afghanistan. I talebani pakistani e altri gruppi armati hanno ucciso civili in attacchi mirati e indiscriminati in tutto il paese. Karachi è
stata colpita da un’ondata di uccisioni scatenata da bande rivali, associate a differenti
gruppi etnici e politici. Alcune persone sono state condannate a morte ma non ci sono
state esecuzioni. Il secondo anno consecutivo di inondazioni monsoniche ha causato
ulteriori sfollamenti e focolai di febbre da dengue in tutto il paese. Le croniche carenze
energetiche hanno provocato violente proteste nelle principali città e hanno soffocato
le attività economiche. Donne e ragazze in zone dilaniate dal conflitto nel Nord-Ovest e
nel Balucistan hanno incontrato gravi difficoltà nell’accesso all’istruzione e all’assistenza
sanitaria.
CONTESTO
La situazione dei diritti umani è rimasta difficile e funzionari della sicurezza e dell’intelligence sono stati spesso complici di violazioni. Le autorità si sono dimostrate frequentemente riluttanti o incapaci di proteggere dagli abusi le donne, le minoranze etniche e
religiose, i giornalisti e altri gruppi vulnerabili e di assicurare alla giustizia i responsabili.
Hanno avuto pochi effetti le promesse delle autorità federali e provinciali di migliorare
lo stato di diritto nella provincia del Balucistan dilaniata dal conflitto, anche attraverso
un maggiore controllo della polizia e del corpo paramilitare delle frontiere, un aumento
del reclutamento di membri dell’etnia baluci nel servizio civile e della percentuale di
fondi del bilancio nazionale destinati alla provincia.
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Quasi un milione di persone sono rimaste sfollate a seguito del protrarsi del conflitto tra
le forze di sicurezza e i talebani pakistani, mentre le comunità che facevano ritorno in
regioni riprese dagli insorti hanno denunciato mancanza di sicurezza e di accesso ai servizi di base. Nel distretto di Malakand, è stato stabilito un sistema di giustizia parallela
basato su una rigida interpretazione della sharia (legge islamica), malgrado l’allontanamento dei talebani pakistani, facendo temere che i loro duri codici sociali potessero essere applicati. A giugno, il presidente Zardari ha garantito alle forze di sicurezza nel
Nord-Ovest l’immunità giudiziaria retroattiva e ampi poteri di detenzione arbitraria e punizione. Il 14 agosto, festa d’indipendenza del Pakistan, il presidente ha approvato riforme di portata storica, estendendo l’ordinanza sui partiti politici del 2002 alle aree
tribali ad amministrazione federale ed emendando la normativa sui reati di frontiera, una
legge risalente all’epoca britannica che privava gli abitanti della ragione di molti dei loro
diritti umani e di garanzie sancite dalla costituzione del Pakistan. Le riforme limitavano
il potere dello stato di detenzione arbitraria e di punizione collettiva, consentivano alla
popolazione della regione il diritto di ricorrere in appello contro le decisioni assunte in
base alla normativa e permettevano ai partiti politici di operare nelle aree tribali.
Il 9 giugno, il Pakistan ha ratificato il Protocollo opzionale alla Convenzione sui diritti
dell’infanzia relativo al traffico di minori, la prostituzione infantile e la pedopornografia.
A settembre, il Pakistan ha eliminato gran parte delle proprie riserve all’Iccpr e alla Convenzione contro la tortura, ma ha mantenuto altre problematiche riserve che impediscono
a un non musulmano di divenire primo ministro o presidente e che discriminano le donne
nella parità di diritti in materia di eredità.
VIOLAZIONI DA PARTE DELLE FORZE DI SICUREZZA
Le forze di sicurezza e d’intelligence hanno agito per lo più nell’impunità e sono state
accusate di violazioni, comprese sparizioni forzate, tortura e uccisioni di civili, giornalisti,
attivisti e sospetti membri di gruppi armati, in attacchi indiscriminati ed esecuzioni extragiudiziali.
ESECUZIONI EXTRAGIUDIZIALI
Esecuzioni extragiudiziali sono state denunciate con maggior frequenza nella provincia
del Balucistan, così come nel Nord-Ovest e a Karachi, dove la violenza è diffusa.
Il 28 aprile, l’attivista dei diritti umani Siddique Eido e il suo amico Yousuf Nazar Baloch sono stati trovati
morti nella zona di Pargari Sarbat, nel Balucistan. Secondo alcuni testimoni, erano stati rapiti il 21 dicembre 2010, mentre viaggiavano con la polizia, da uomini in borghese accompagnati dalle truppe dei
corpi di frontiera. Secondo i referti ospedalieri, avevano ferite da proiettile e mostravano segni di tortura.
L’8 giugno, una troupe televisiva ha filmato l’esecuzione extragiudiziale di Sarfaraz Shah per mano di
ranger paramilitari in un parco di Karachi. A seguito dell’intervento della Corte suprema, il governo di
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Sindh ha destituito alti funzionari di pubblica sicurezza e il 12 agosto il tribunale per l’antiterrorismo ha
condannato a morte per l’omicidio uno dei ranger. Altri cinque ranger e un civile sono stati condannati all’ergastolo. Tutti si sono appellati contro le sentenze presso l’Alta corte di Sindh.
Il 17 maggio, poliziotti e truppe del corpo di frontiera hanno ucciso cinque stranieri a Quetta, ritenuti
essere attentatori suicidi; tra loro c’era una donna in gravidanza avanzata. Un’inchiesta ha concluso che
le vittime non erano armate e due poliziotti sono stati sospesi. Un giornalista che aveva scattato foto delle
uccisioni è entrato in clandestinità dopo aver ricevuto minacce di morte e un medico che aveva praticato
le autopsie sulle vittime è stato aggredito e poi ucciso da uomini non identificati. Secondo le notizie ricevute,
altri testimoni sono stati minacciati da personale della sicurezza.
SPARIZIONI FORZATE
Lo stato non ha provveduto ad assicurare alla giustizia i perpetratori di sparizioni forzate;
la maggior parte delle vittime è più stata trovata. A marzo, il governo ha istituito una
nuova commissione d’inchiesta sulle sparizioni forzate ma sono stati necessari sei mesi
per nominare alla sua presidenza il giudice della Corte suprema in pensione, Javed Iqbal.
Dal varo della precedente commissione nel marzo 2010, erano stati seguiti più di 220
casi delle diverse centinaia di fascicoli individuali archiviati. Entrambe le commissioni
sono state criticate per non aver provveduto a proteggere i testimoni e per aver condotto
indagini inadeguate, specialmente nei casi in cui erano implicate le forze di sicurezza e
le agenzie d’intelligence.
Il 13 febbraio, ignoti hanno rapito Agha Zahir Shah, un avvocato che rappresentava i parenti di presunte
vittime di sparizione forzata, a Dera Murad Jamali, nel Balucistan, mentre rientrava a Quetta. Il 2 luglio è
stato rilasciato in precarie condizioni di salute.
Muzzaffar Bhutto, membro anziano del partito politico Jeay Sindh Muttaheda Mahaz, è stato rapito il 25
febbraio a Hyderabad, nel Sindh, da uomini in borghese accompagnati dalla polizia. Di lui si sono perse
le tracce.
A maggio, i fratelli Abdullah e Ibrahim El-Sharkawi (di origine egiziana) sono scomparsi. Due settimane
dopo, alla loro famiglia è stato detto che si trovavano in carcere accusati di residenza illegale, ma un tribunale ha confermato che i due erano cittadini pakistani. Ibrahim è stato rilasciato su cauzione il 27
giugno e Abdullah è stato rimesso in libertà il 29 agosto. Entrambi hanno sostenuto di essere stati torturati
e maltrattati in strutture di detenzione segreta.
ABUSI DA PARTE DI GRUPPI ARMATI
I talebani pakistani hanno preso di mira civili e condotto attacchi indiscriminati utilizzando ordigni esplosivi improvvisati (improvised esplosive devices – Ied) e attentati suicidi. Diversi capi tribali sono rimasti vittime di uccisioni mirate. I talebani hanno inoltre
tentato di assassinare alcuni politici affiliati al Partito nazionale Awami. Secondo il goRapporto annuale 2012 - Amnesty International
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verno, 246 scuole (di cui 59 femminili e 187 maschili) sono state distrutte e 763 danneggiate (di cui 244 femminili e 519 maschili), nella provincia di Khyber Pakhtunkhwa,
in seguito al conflitto con i talebani, privando migliaia di bambini dell’accesso all’istruzione. Le minacce di violenza da parte dei talebani pakistani hanno imposto rigide restrizioni di accesso all’assistenza sanitaria, all’istruzione e alla partecipazione alla vita
pubblica di donne e ragazze.
Il 9 marzo, un attentatore suicida ha attaccato il funerale della moglie di un leader anti talebano, uccidendo
37 persone alla periferia di Peshawar. L’attentato è stato rivendicato da Tehrik-e-Taleban Pakistan (Ttp).
Il 18 luglio, il Ttp ha reso pubblico un video che mostrava militanti a volto coperto che uccidevano 16 poliziotti catturati, in risposta a un precedente filmato in cui le forze pakistane uccidevano insorti in stato
di arresto.
Il Ttp ha rivendicato la responsabilità dell’attentato dinamitardo suicida del 19 agosto, in cui sono rimaste
uccise almeno 47 persone e oltre 100 sono rimaste ferite, durante le preghiere del venerdì presso una moschea nell’agenzia tribale Khyber.
A settembre, insorti talebani pakistani hanno rapito 30 ragazzi di età compresa tra i 12 e i 18 anni a
Bajaur, sul confine afgano, e hanno attaccato un furgoncino scolastico a Peshawar, uccidendo quattro
bambini e l’autista.
Nel Balucistan, gruppi nazionalisti hanno assassinato membri di fazioni rivali, persone
di etnia punjabi e forze di sicurezza dello stato; hanno rivendicato la responsabilità di
attacchi a infrastrutture di gas ed elettricità, che avevano causato gravi interruzioni nelle
forniture energetiche della provincia. Attacchi di matrice settaria da parte del gruppo armato Lashkar-e-Jhangvi e altri, ai musulmani sciiti hanno provocato almeno 280 tra morti
e feriti.
Il 4 gennaio, cinque bambini sono stati feriti in un attentato con gli Ied contro uno scuolabus che trasportava più di 30 figli di membri delle truppe del corpo di frontiera, nella città di Turbat, nel Balucistan. Sebbene l’attacco non sia stato rivendicato, la responsabilità è stata attribuita a gruppi etnici baluci.
Il 25 aprile, almeno 15 persone, tra cui cinque bambini, sono state bruciate vive, dopo che avevano identificato gli aggressori che avevano appiccato il fuoco a un autobus di Quetta, nell’area Pirak del distretto
di Sibi.
Lashkar-e-Jhangvi ha rivendicato la responsabilità dell’uccisione, assimilabile a un’esecuzione, di 26 pellegrini sciiti nel distretto di Mastung e di tre familiari delle vittime, in viaggio da Quetta per recuperare i
corpi dei loro congiunti, il 20 settembre. Un attacco analogo a pellegrini sciiti il 4 ottobre è costato la vita
a 14 persone.
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Karachi ha conosciuto un’impennata di violenza in cui bande rivali, alcune legate a partiti
politici, si sono scontrate a causa di rivendicazioni territoriali, uccidendo 2000 persone.
Le forze di sicurezza hanno detenuto centinaia di sospettati ma la Corte suprema ha criticato i partiti politici per aver alimentato la violenza e le autorità per non aver fermato
molti noti perpetratori.
LIBERTÀ DI ESPRESSIONE
Almeno nove giornalisti sono stati uccisi nel corso dell’anno. Operatori dei mezzi d’informazione sono stati minacciati dalle forze di sicurezza, dalle agenzie di intelligence,
da partiti politici e da gruppi armati, per aver fatto informazione su di loro. Le autorità
pakistane non hanno assicurato alla giustizia i responsabili né fornito adeguata protezione
ai giornalisti.
Il 13 gennaio, il corrispondente di GeoNews Wali Khan Babar è stato ucciso da aggressori non identificati
che gli hanno sparato da un’auto in corsa, a Karachi, poche ore dopo che aveva riportato la notizia di
un’operazione della polizia contro trafficanti di droga nella città.
Il 29 maggio, Saleem Shahzad di Asia Times Online è scomparso fuori dalla sua abitazione di Islamabad,
pochi minuti dopo essere uscito per un’intervista televisiva. Il suo cadavere è stato trovato nella provincia
di Punjab due giorni dopo. Aveva in precedenza dato notizia dell’infiltrazione di al-Qaeda nella marina militare pakistana. A ottobre 2010, aveva riferito in privato ai suoi colleghi di aver ricevuto minacce di morte
dall’agenzia interservizi d’intelligence, a seguito di analoghi servizi giornalistici.
DISCRIMINAZIONE – MINORANZE RELIGIOSE
Gruppi settari hanno continuato a minacciare minoranze ahmadi, cristiane, indù e sciite,
così come praticanti sunniti moderati, e incitato alla violenza contro chi invocava la riforma delle leggi sulla blasfemia vigenti nel paese. Lo stato non è intervenuto per impedire gli attacchi settari contro minoranze religiose o per assicurare alla giustizia i
responsabili.
Il 25 gennaio, un attentatore suicida che mirava ai fedeli sciiti ha ucciso almeno 13 persone a Lahore.
L’attentato è stato rivendicato da Fidayeen-e-Islam.
A giugno, la federazione di tutti gli studenti pakistani Khatm-e-Nubuwat ha distribuito opuscoli nella città
di Faisalabad, nel Punjab, contenenti l’elenco di membri di primo piano della comunità ahmadi e l’invito
a ucciderli come atto di “jihad”.
Il 24 settembre, Faryal Bhatti, un’alunna cristiana di 13 anni di Abbottabad, è stata espulsa da scuola
per aver sbagliato a sillabare una parola in lingua urdu, errore che le è valso l’accusa di blasfemia. La
sua famiglia è stata costretta a entrare in clandestinità.
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Tutti i sospettati dell’attacco dell’agosto 2009 a una colonia cristiana a Gojra, nel Punjab, sono stati rilasciati su cauzione, dopo che i testimoni hanno deciso di non rilasciare la deposizione, temendo per la loro
incolumità.
Il giudice di prima istanza che ha condannato a morte l’assassino di Salmaan Taseer è
stato costretto a entrare in clandestinità a causa delle minacce di morte, mentre gli esecutori dell’omicidio di Shahbaz Bhatti non erano stati ancora assicurati alla giustizia. Il
politico Sherry Rehman ha ritirato dall’assemblea nazionale un progetto di riforma della
legge sulla blasfemia, dopo aver ricevuto minacce di morte. Aasia Bibi, una lavoratrice
agricola cristiana condannata a morte per blasfemia nel 2009, è rimasta in detenzione
mentre il suo caso veniva esaminato in sede d’appello.
VIOLENZA CONTRO DONNE E RAGAZZE
Le donne hanno subito discriminazioni sul piano giuridico e pratico e violenze sia in ambiente domestico che nella sfera pubblica. La Fondazione Aurat ha documentato 8539
casi di violenza contro le donne, compresi 1575 omicidi, 827 stupri, 610 episodi di violenza domestica, 705 “delitti d’onore” e 44 attacchi con l’acido. A dicembre, il parlamento
pakistano ha cercato di affrontare questo problema, approvando il progetto di legge per il
controllo e la prevenzione dei crimini con l’acido del 2010 e il progetto di legge (emendamento al codice penale) per la prevenzione delle pratiche contrarie alle donne del 2008,
con l’obiettivo di aumentare il potere delle donne sulle loro vite, proteggerle e inasprire le
sanzioni per i perpetratori di violenza di genere. Era la prima volta che gli attacchi con
l’acido e pratiche come i matrimoni forzati venivano considerati reato in Pakistan.
Il 10 settembre, quattro insegnanti sono state attaccate con l’acido da due aggressori a volto coperto che
viaggiavano a bordo di una motocicletta, mentre uscivano da una scuola mista a Quetta, capitale della
provincia del Balucistan. Una delle donne è fuggita senza riportare lesioni e altre due sono state dimesse
dall’ospedale con ustioni minori, ma la quarta ha riportato ustioni gravi e ha dovuto affrontare un importante trattamento chirurgico ricostruttivo. Le autorità federali e provinciali si sono interessate all’aggressione ma i responsabili non sono stati ancora consegnati alla giustizia.
Il 15 ottobre, una ragazza adolescente ha accusato 13 persone, compresi tre poliziotti, di averla rapita e
stuprata in gruppo mentre era tenuta prigioniera nel distretto di Karak, della provincia di Khyber Pakthunkhwa, dove è rimasta per un anno. Il 9 dicembre, suo fratello è stato ucciso a colpi d’arma da fuoco mentre
lasciava l’udienza sul caso giudiziario a carico degli accusati, presso il tribunale distrettuale.
PENA DI MORTE
Nel braccio della morte rimanevano più di 8000 prigionieri. Secondo la commissione
pakistana sui diritti umani, sono state condannate a morte almeno 313 persone, metà
delle quali accusate di omicidio. Tre persone sono state condannate a morte per blasfemia. L’ultima esecuzione risale al 2008.
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MISSIONI E RAPPORTI DI AMNESTY INTERNATIONAL
Delegati di Amnesty International hanno visitato il Pakistan a luglio e tra novembre e dicembre. Consulenti di Amnesty International hanno mantenuto una presenza costante
nel paese.
“The bitterest of agonies”: End enforced disappearances in Pakistan (ASA 33/010/2011)
SINGAPORE
REPUBBLICA DI SINGAPORE
Capo di stato: Tony Tan Keng Yam
(subentrato a S.R. Nathan a settembre)
Capo del governo: Lee Hsien Loong
Pena di morte: mantenitore
Popolazione: 5,2 milioni
Aspettativa di vita: 81,1 anni
Mortalità infantile sotto i 5 anni (m/f): 2,8‰
Alfabetizzazione adulti: 94,7%
I candidati dell’opposizione hanno ottenuto piccoli successi, ma senza precedenti, alle
elezioni parlamentari di maggio, conquistando sei degli 87 seggi. Il governo ha impiegato
leggi restrittive per ridurre al silenzio coloro che lo criticavano, intentando cause per diffamazione e censurando i mezzi d’informazione. La pena di morte, la detenzione amministrativa e la pena della fustigazione sono state mantenute nella legge e nella prassi.
LIBERTÀ DI ESPRESSIONE
Le autorità hanno continuato a minacciare e punire persone critiche nei confronti del
governo, facendo ricorso a generiche norme penali e civili sulla diffamazione.
Durante le elezioni parlamentari, il governo ha allentato alcune restrizioni sull’utilizzo
dei nuovi mezzi di comunicazione (come blog e Facebook) per le campagne politiche.
L’autore britannico Alan Shadrake è stato incarcerato il 1° giugno, accusato di oltraggio alla corte per il
suo libro, in cui criticava il ricorso alla pena di morte da parte della magistratura di Singapore. È stato rilasciato ed espulso il 9 luglio.
Al leader dell’opposizione Chee Soon Juan, dichiarato in bancarotta a seguito di un’azione penale per diffamazione da parte di due ex primi ministri del paese, è stato negato il nulla osta del governo, necessario
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