ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA
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Rassegna
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16 dicembre 2010
Responsabile :Claudio Rao (tel. 06/32.21.805 – email:[email protected])
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SOMMARIO
Pag 3 PRESENTAZIONE LIBRO “LA GIUSTIZIA E I SUOI NEMICI”
Locandina
Pag 4 PRESENTAZIONE LIBRO “LA GIUSTIZIA E I SUOI NEMICI”
Oggi a Roma OUA, ANM e Cassa Forense presentano libro
“La Giustizia e i suoi nemici” (agenzia parlamentare)
Pag 5 GIUDICI DI PACE: Gdp, c'è un fronte antiprecariato
di Vincenzo Crasto -Presidente Associazione nazionale giudici di pace
(italia oggi)
Pag 6 GOVERNO: L’esecutivo evita le prime “mine” (il corriere della sera)
Pag 8 UNIONE EUROPEA: Un processo equo per l'Europa (italia oggi)
Pag 9 CARCERI: Alfano, pronte 1.850 assunzioni polizia penitenziaria (ansa)
Pag 10 CARCERI: Alfano, pronte 1.850 assunzioni polizia penitenziaria (ansa)
Pag 10 PROFESSIONI: La Cadiprof accelera sul welfare (italia oggi)
Pag 11 CASSAZIONE: Il danno esistenziale non passa agli eredi (il sole 24 ore)
Pag 12 CASSAZIONE: Il testo della sentenza (il sole 24 ore)
Pag 14 NOTAI: Bandi più flessibili per i posti da notaio (il sole 24 ore)
Pag 15 CONTENZIOSO: Senza precontenzioso in aumento le liti fiscali
(il sole 24 ore)
Pag 15 WIKILEAKS: Assange , la Svezia presenta ricorso: sì alla cauzione ma resta in cella
(il corriere della sera)
Pag 16 FAMIGLIA: Sì Europarlamento divorzi cross border più facili (ansa)
Pag 17 CASSAZIONE: Competenza giurisdizionale immune da internet (italia oggi)
Pag 18 CASSAZIONE: La Ctp deve poter valutare le risultanze dei giudizi penali
(italia oggi)
Pag 20 CASSAZIONE: Pari e patta sulle cartelle del fisco (italia oggi)
Pag 21 MAGISTRATI: I giovani magistrati all'attacco (italia oggi)
Pag 22 SINDACI: Sindaci senza limiti agli incarichi (il sole 24 ore)
Pag 23 SINDACI: I cardini (il sole 24 ore)
Pag 24 MEDIATORI: Un corso di formazione per 600 mediatori doc (italia oggi)
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AGENZIA PARLAMENTARE
Oggi a Roma OUA, ANM e Cassa Forense presentano libro “La Giustizia e i
suoi nemici”
(AGENPARL) - Roma, 16 dic - "Oggi (giovedì 16 dicembre) alle 17, a Roma, pressso
l’Auditorium della Cassa Forense (via Ennio Quirino Visconti 6), l’Organismo Unitario
dell’Avvocatura, l’Associazione Nazionale Magistrati e la Cassa Forense organizzano la
presentazione del libro: “La Giustizia e i suoi nemici” (Cacucci Editori-Bari), del Presidente
della Corte di Appello di Bari, Vito Marino Caferra (di seguito la locandina)". E' quanto si
legge in una nota dell'Organismo Unitario dell'Avvocatura. "Dopo i saluti del presidente
dell’Oua, Maurizio de Tilla e del presidente della Cassa Forense, Marco Ubertini,
discuteranno con l’autore, il presidente dell’Anm, Luca Palamara e Nicola Buccico, già
presidente del Cnf. Presiede e conclude, il vice presidente del Csm, Michele Vietti".
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ITALIA OGGI
In un convegno a Bologna il punto sui futuri scenari della magistratura di pace
Gdp, c'è un fronte antiprecariato
Anm e Oua favorevoli alla stabilizzazione dei giudici
di Vincenzo Crasto -Presidente Associazione nazionale giudici di pace
Nel convegno tenutosi a Bologna lo scorso 9 dicembre, magistralmente organizzato da Alessandro Farolfi,
membro della giunta dell'Anm e da Massimo Libri, vicepresidente dell'Associazione nazionale giudici di
pace, sono stati conseguiti risultati fondamentali per il futuro della magistratura di pace. Per la prima volta si
è svolto un evento programmato di concerto tra l'Associazione nazionale magistrati e l'Associazione
nazionale giudici di pace. Il dato di maggiore rilievo è rappresentato dall'apertura del Presidente
dell'Associazione Nazionale Magistrati Luca Palamara. Questi si è detto convinto della necessità di
affrontare i problemi dei magistrati di pace e onorari come un «problema di tutti», ovvero di tutte le
componenti del sistema giustizia e ha sottolineato che ciò aiuterebbe anche ad uscire dalla logica delle
soluzioni emergenziali. In ordine al futuro status dei giudici di pace, Palamara ha sostenuto la necessità di
superare una condizione di un precariato ormai inaccettabile.
Favorevole ad una riforma nel senso auspicato dai magistrati di pace si è detto pure il presidente della
commissione Giustizia del Senato Filippo Berselli, che ha presentato una proposta di legge che prevede la
continuità delle funzioni ed una copertura previdenziale. Il presidente dell'Organismo unitario
dell'Avvocatura De Tilla ha convenuto che va assolutamente risolto problema del disconoscimento dei diritti
costituzionali dei magistrati laici.
L'on. Andrea Orlando responsabile giustizia del Pd ha recentemente sostenuto che la macchina della
giustizia, già così disastrata, non possa fare a meno dell'opera dei giudici onorari, i quali giustamente
chiedono una retribuzione certa, diritti pensionistici, indennità in caso di maternità, diritto alle ferie e,
eventualmente, una stabilizzazione sia pure assoggettata a severe verifiche sul loro operato e ad un eventuale
precisazione del loro status. Il confronto con le forze politiche e con gli operatori della giustizia si sposta
oggi ad Aversa, sede di un convegno sapientemente organizzato dal vicepresidente dell'Associazione Nicola
di Foggia, che si annuncia molto partecipato e con interventi autorevoli e qualificati (si veda programma
pubblicato in pagina). L'Associazione nazionale giudici di pace ha presentato ufficialmente la propria
proposta di legge. Si tratta di un progetto di riassetto complessivo dello status dei giudici di pace e dei
magistrati onorari di tribunale, unitariamente concepito con altre associazioni di giudici di pace e magistrati
onorari di tribunale. Rivendichiamo il rispetto dei diritti costituzionali, l'autonomia e l'indipendenza della
magistratura nel suo complesso, rinnovando le critiche per un lavoro a cottimo antistorico e per un mandato
che viene prorogato di anno in anno. Diamo, altresì, la nostra disponibilità ad un aumento delle competenze
civili e penali.
I processi civili durano in media 960 giorni in primo grado e oltre 1.500 giorni in appello, mentre ogni anno i
giudici di pace definiscono circa due milioni di procedimenti che arrivano a sentenza dopo 3-4 udienze e la
durata media dei processi è di un anno. Al fine di contribuire alla soluzione del problema della lentezza dei
processi, proponiamo di aumentare il tetto delle competenze per valore economico, fino a 50 mila euro per le
competenze civili e di attribuire l'intera materia dei sinistri stradali (con esclusione di quelli mortali),
trasferendo ai giudici di pace le cause civili pendenti e di creare negli uffici dei giudici di pace un pool di
magistrati ad hoc per lo smaltimento degli arretrati.
Nelle scorse settimane il governo si è impegnato ad un intervento urgentissimo, al fine di prorogare
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ulteriormente circa mille giudici di pace in scadenza (i magistrati già prorogati lo scorso anno e quelli
immessi nelle funzioni nel 1999, che progressivamente scadranno a partire dal gennaio 2011). In assenza di
tale provvedimento la giustizia di pace si fermerebbe e tale gravissima responsabilità ricadrebbe sul governo
che ha appena ricevuto la fiducia dal Parlamento.
Prima del passaggio parlamentare il governo aveva annunciato la presentazione del disegno di legge di
riforma della magistratura di pace. Una breve premessa: gli onorevoli Roberto Rao e Lorenzo Ria non più di
un mese fa hanno presentato un ordine del giorno chiedendo al governo di adottare una riforma che
garantisca la continuità delle funzioni ed i diritti costituzionali. Il governo ha accolto tale ordine del giorno
ed ha quindi l'obbligo politico e morale di fronte al Paese di presentare un disegno di legge che recepisca tali
contenuti, ma al Salone della Giustizia il sottosegretario Caliendo ha sostenuto concetti di segno totalmente
opposto. Sembrerebbe una mera riproposizione del disegno di legge presentato lo scorso anno dal governo e
poi ritirato per le astensioni proclamate dalla magistratura di pace ed onoraria. La critica è duplice: la riforma
non è condivisibile né nel metodo né nel merito. Quanto al primo aspetto, ci è stato chiesto di predisporre un
testo unitario e lo abbiamo fatto, ma pare che il governo non intenderebbe alcuna delle nostre istanze. Eppure
il ministro Alfano in persona all'inizio del confronto si impegnò a porre fine all'odiosa condizione di
precarietà dei magistrati di pace. Del resto nella passata legislatura aveva presentato un progetto di legge che
prevedeva la fine del precariato ed una copertura previdenziale per i magistrati. Ciononostante via Arenula
intenderebbe riproporre un testo assolutamente antistorico che avrebbe quale unico e prevedibile esito di
affossare definitivamente la giustizia nel nostro Paese.
Francamente siamo sconcertati. È possibile riformare la giustizia contro i magistrati? Ciò è ovviamente
inconcepibile, ma è quel che si vorrebbe fare con una riforma che è palesemente contro la magistratura di
pace e che danneggia innanzitutto i cittadini. E' unanimemente riconosciuto che la giustizia di pace
attualmente garantisce efficienza, tempi brevi nell'adozione dei provvedimenti e qualità della giustizia. Con
quella che possiamo definire una «controriforma» tale quadro verrebbe distrutto. Il disegno di legge
governativo è altresì palesemente incostituzionale, in quanto priva il giudice di pace di autonomia ed
indipendenza. In buona sostanza dal precariato si passerebbe alla polverizzazione della funzione, la si
renderebbe impalpabile. La durata dell'incarico non sarà superiore a 8 anni (4+4), mentre attualmente è di 12
anni (4+4+4) e si avrà la dispersione di professionalità formatesi in decenni di lavoro e la distruzione di
carriere di professionisti che a 50/55 anni si troveranno a dover reinventare un futuro senza aver goduto per il
passato di alcuna copertura previdenziale, con lo Stato costretto a spendere milioni di euro per i nuovi
concorsi e la formazione dei neoassunti. Se venisse riproposta l'immissione nei ruoli di neolaureati privi del
titolo di avvocato e senza alcuna esperienza pratica si verificherebbero prevedibilissimi ed esiziali effetti di
paralisi della giustizia, in quanto centinaia di migliaia di appelli si riverseranno sui tribunali con il rischio di
bloccarli. E la delicatissima materia dell'immigrazione potrebbe essere trattata da un soggetto tanto
inesperto? È questo il disegno del governo? Cui prodest? È evidente una assoluta mancanza di comprensione
del fenomeno magistrato di pace, che non è più l'anziano pensionato che decide in maniera atecnica, ma un
giovane e attrezzato professionista apprezzato dai cittadini e dagli operatori del diritto, che decide secondo
diritto in materia civile e penale. La magistratura di pace associata ribadisce che la stabilità delle funzione è
un punto indefettibile rispetto al quale non è disposta a recedere. La continuità è l'unica condizione che possa
garantire una reale autonomia ed indipendenza della magistratura. Siamo una grande forza seria e
responsabile e quindi non dobbiamo dimostrare di esistere una volta all'anno e agitarci per fare nuovi iscritti
in assoluto isolamento e senza coordinarci con alcuno. Egregio ministro Alfano è ancora in tempo: il Paese le
chiede di predisporre un disegno di legge che presenti tali contenuti, ovvero quelli da Lei individuati nella
scorsa legislatura quando era semplice deputato.
Se venissero confermate le anticipazioni l'Associazione nazionale giudici di pace produrrà ogni sforzo ed
assumerà ogni iniziativa per conseguire il ritiro di una riforma che è ancor più negativa rispetto al progetto
Scotti, che almeno prevedeva una certa continuità e non ci rimarrebbe che chiamare a raccolta la
magistratura di pace e onoraria nell'interesse primario del Paese.
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IL CORRIERE DELLA SERA
Le scelte delle Camere. La strategia per evitare il “Vietnam”: lo scoglio maggiore è la mozione antiBondi
L’esecutivo evita le prime “mine”
Decreto rifiuti limato, giustizia congelata. E sulla sicurezza arriva il sì del Senato
ROMA - Con la fiducia in tasca e soli tre voti di vantaggio alla Camera, il governa cerca ora di evitare le
votazioni trappola che potrebbero essere pagate a caro prezzo. Ma il «Vietnam-parlamentare», promesso
a Pdl e Lega da chi vorrebbe una rapida rivincita sul 314 a 311 di martedì 14 dicembre, per ora non c'è stato.
Anzi, ieri la maggioranza ha ricevuto un sostanzioso aiutino dal terzo Polo (Udc, Fli, Api, Mpa), la non
belligeranza del Pd e, nel caso del decreto sicurezza approvato definitivamente dal Senato, l'aperta collaborazione
dell'ldv di Antonio Di Pietro. Non andrà sempre così. Alla Camera, sulla conversione in legge del decreto rifiuti,
limato e arricchito con alcuni emendamenti dell'opposizione, non ci dovrebbero essere problemi: si vota ancora
oggi e grazie all'appoggio del terzo Polo (più di 80 deputati) già stasera, o martedì 21, il testo verrà approvato in
prima lettura. Ma alla maggioranza conviene tirare il freno a mano sui rifiuti perché, già da stamattina, nell'ordine
del giorno della Camera ci sarà scritto che dopo l'approvazione del decreto si procederà all'esame dei
provvedimenti già calendarizzati a novembre. E ci sono anche le quattro mozioni ad alto rischio: libertà
d'informazione (Bocchino, Fli), Fisco (Bersani, Pd), sfiducia al ministro Calderoli (Di Pietro, Idv), sfiducia al
ministro Bondi (Ghizzoni del Pd e Zazzera dell’Idv). Per aggirare gli scogli la maggioranza ha bisogno di tempo
fino a gennaio) nella speranza di conquistare altri deputati (ieri, in Transatlantico, l' «ambasciatore» del Pdl Mario
Pepe ha iniziato a puntare platealmente Aurelio Misiti dell'Mpa): prima di Natale, dunque, per il Pdl sarebbe
meglio votare un provvedimento soft come la proposta di legge 2754 sulla libertà d'impresa, mentre sarebbe
impensabile la calendarizzazione del testo sull'abolizione delle province che la Lega proprio non digerisce. E poi
ci sono da tenere insieme i «transfughì» che sono stati determinanti per la fiducia ma che ora vivono giorni
difficili: per esempio, Domenico Scilipoti (ex idv) e Bruno Cesario (ex margherita del Pd) avrebbero voluto
pranzare al tavolo di due deputate democratiche ma sono stati invitati a spostarsi. E Maurizio Grassano (ex
liberal-democratici) si è lamentato per il «trattamento crudele» che gli avrebbero riservato i giornali.
Con la scatola bianca dell'i-Pad nuovo di zecca (il regalo di Natale del gruppo), i deputatidel Pdl sono tornati
assieme ai colleghi della Lega nelle commissioni dove, almeno in 10 mini assemblee, non sono più in
maggioranza Succede alla Giustizia dove, ormai, ci sono 24 deputati della maggioranza e altrettanti dell'
opposizione (compresi i tre di Fli). Tuttavia rimane da vedere se i quattro deputati persi dal gruppo di Bocchino
comporteranno una cura dimagrante per la rappresentanza di Fli nelle commissioni permanenti mentre è sicuro
che al Copasir Carmelo Briguglio, dimissionario perché passato con Fli all'opposizione, verrà sostituito da un
collega del Pdl. In commissione Giustizia, confida il capogruppo Énrico Costa (Pdl), ci sono le 'proposte di legge
sulla responsabilità civile dei magistrati caldeggiate anche dalla Lega e dai Radicali. Rimangono in sonno, invece,
il ddl l440 (Riforma del processo penale) e il Lodo Alfano costituzionale che pure figurano nell'ordine del giorno
della Camera con la dicitura, però, «ove licenziato dal Senato», A Palazzo Madama, infatti, tutto il tempo
a disposizione dovrebbe esser dedicato alla seconda lettura della riforma Gelmini sull'Università. Dino
Martirano
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ITALIA OGGI
Dopo l'iniziativa della Commissione spetta ora all'Europarlamento il via libera al pdl
Un processo equo per l'Europa
Indagati informati in una lingua per loro comprensibile
Prende corpo il diritto europeo a un processo equo. A soli quattro mesi dalla proposta della
Commissione, i governi nazionali dei 27 Paesi membri hanno approvato in settimana un progetto di
legge sul diritto all'informazione nei procedimenti penali. Gli indagati su territorio europeo, dunque,
dovranno presto essere informati dei loro diritti in una lingua ad essi comprensibile e gli Stati
membri dell'Ue dovranno fornire a chiunque venga arrestato (o sia colpito da mandato di arresto
europeo), una comunicazione che ne elenchi i diritti essenziali nei procedimenti penali.
La Commissione ha già trasmesso alle autorità giudiziarie degli Stati membri un modello di tale
comunicazione, che sarà tradotto nelle 22 lingue dell'Ue. Ora sarà l'Europarlamento a dover
approvare il provvedimento. Insieme al diritto alla traduzione e all'interpretazione, il diritto
all'informazione nei procedimenti penali rientra in una serie di misure per un processo equo, volte a
rafforzare la fiducia nello spazio unico Ue di giustizia. «L'accordo raggiunto oggi dai ministri della
Giustizia dell'Ue sulla comunicazione dei diritti è un ulteriore passo per contribuire a garantire agli
indagati il rispetto, in tutti i paesi dell'Unione, del diritto a un equo processo penale», ha dichiarato
la vicepresidente Viviane Reding, commissario europeo per la Giustizia. Una volta in vigore, la
nuova misura garantirà che la polizia e il pubblico ministero diano agli indagati le necessarie
informazioni sui loro diritti. In caso di arresto, le autorità provvederanno ad informare per iscritto,
in una comunicazione dei diritti redatta in un linguaggio semplice e comune, che sarà sempre
consegnata agli indagati, che la chiedano o meno, e se necessario tradotta. La comunicazione dei
diritti conterrà informazioni pratiche sul diritto dell'imputato: di essere assistito da un avvocato; di
conoscere il capo d'accusa e, se del caso, di avere accesso al fascicolo; di avere un servizio di
interpretazione e traduzione se non conosce la lingua del procedimento; di comparire rapidamente
davanti a un giudice dopo l'arresto. La comunicazione dei diritti contribuirà ad evitare errori
giudiziari e a ridurre il numero dei ricorsi. Ogni anno sono più di 8 milioni i procedimenti penali
nell'Unione. Ora come ora, le probabilità che i cittadini siano informati correttamente dei propri
diritti in caso di arresto e di accuse penali variano da uno Stato membro all'altro, sebbene tutti e 27
abbiano sottoscritto il diritto a un processo equo sancito dalla Convenzione europea dei diritti
dell'uomo. In alcuni Stati membri, gli indagati ricevono solo informazioni orali sui propri diritti
processuali, mentre in altri le informazioni scritte sono tecniche, complesse e vengono fornite solo
se richieste. Il trattato di Lisbona, entrato in vigore il 1° dicembre 2009, autorizza l'Ue a prendere
provvedimenti per rafforzare i diritti dei suoi cittadini in linea con la Carta dei diritti fondamentali
dell'Ue, in particolare i diritti della persona nella procedura penale. Paolo Bozzacchi
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ANSA
Carceri: Alfano, pronte 1.850 assunzioni polizia penitenziaria
(ANSA) - ROMA, 15 DIC - ''A nome del governo vi ringrazio, siamo consapevoli dello sforzo che
fate e per questo abbiamo voluto, con una legge sostenuta dal Parlamento, provvedere
all'assunzione di 1.850 agenti, che nel corso del 2011 prenderanno servizio''. Lo ha detto il ministro
della Giustizia, Angelino Alfano, intervenendo alla celebrazione del ventennale della riforma della
Polizia penitenziaria.
Il ministro ha ricordato come ''l'assunzione avviene in un momento di crisi, stante il blocco delle
assunzioni'' e ha sottolineato come ''non si ha memoria di assunzioni in blocco per questo numero''.
Ma la scelta del governo ha voluto ''testimoniare che sappiamo fare distinzioni: sei mila agenti in
meno con 23 mila detenuti in sovrannumero e' un vuoto di organico che rende il nostro lavoro piu'
faticoso''.
Alfano ha anche garantito di lavorare ''perche' la specificita' della vostra professione venga
riconosciuta anche a livello economico''. (ANSA).
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ANSA
Carceri: Bonanni, c’è situazione di poca civiltà
SPINGERE SU EDILIZIA, ASSUNZIONI E RIFORMA GIUSTIZIA
(ANSA) - ROMA, 15 DIC - ''Nelle carceri italiane c'e' una situazione di poca civilta'. Il
sovraffollamento e le strutture spesso vetuste e inadeguate rendono poco dignitose le condizioni dei
lavoratori e quelle dei detenuti''. Lo ha detto il segretario della Cisl, Raffaele Bonanni, in un
convegno sull'emergenza carceri, sottolineando come la ''situazione sia complicata dalla presenza di
molti immigrati e da storture nel sistema giustizia, perche' nelle carceri ci sono troppe persone
non giudicate''.
Secondo il sindacato ''e' necessario spingere sulle assunzioni, sull'edilizia, sulle misure alternative
alla detenzione e su processi piu' veloci''. ''E' indubbio - ha detto nel suo intervento il segretario
confederale Cisl, Gianni Baratta - che c'e' uno stretto legame tra il sistema giudiziario e quello
carcerario'', per questo motivo ''non e' piu' rinviabile in Italia una seria riforma della giustizia, che
introduca correttivi per abbreviare i tempi e garantire finalmente il diritto ad un giusto processo''.
Sottolineando come il nostro Paese 'sia agli ultimi posti nelle statistiche internazionali per quanto
riguarda la durata dei processi'', in questo ambito, ha concluso Baratta, ''la politica non riesce ad
elaborare una riforma seria e soprattutto condivisa, che permetta di invertire il trend negativo''.
(ANSA).
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ITALIA OGGI
Nella relazione del presidente Gaetano Stella il bilancio della Cassa e le iniziative in cantiere
La Cadiprof accelera sul welfare
Garanzie ai praticanti, nuovi interventi e procedure snelle
Incrementare ulteriormente le garanzie per i dipendenti degli studi professionali; allargare il bacino
dell'assistenza sanitaria integrativa agli atipici; semplificare le procedure di trasmissione dei dati
contributivi e importanti investimenti nel campo delle tecnologie e della comunicazione. Più che un
bilancio previsionale per il 2011, la relazione presentata dal presidente di Cadiprof, Gaetano Stella,
e approvata dal Comitato esecutivo lo scorso 14 dicembre, sembra un vero e proprio documento di
programmazione economica che, nonostante i morsi della crisi che sta colpendo gli studi, riesce a
investire e a individuare nuovi strumenti di crescita per tutto il comparto professionale.
Domanda.
Presidente Stella, il 2010 ha registrato un costante incremento degli iscritti alla Cassa. Un buon
viatico anche per il 2011?
Risposta. Gli ultimi dati sono positivi, ma inferiori alle nostre attese. Evidentemente scontano gli
effetti della crisi economica.
D. Possiamo azzardare qualche previsione?
R. Il nostro obiettivo è prudenziale: calcoliamo un flusso di circa 1.150 nuovi iscritti al mese, ma
con il rinnovo del contratto ci attendiamo una spinta maggiore di adesioni alla cassa. Con i
collaboratori coordinati e continuativi e i praticanti puntiamo al raddoppio.
D. Una novità che farà felici soprattutto i giovani_
R. In realtà, già oggi i datori di lavoro possono estendere ai collaboratori coordinati e continuativi,
anche a progetto, e ai praticanti, le prestazioni di assistenza sanitaria integrativa alle stesse
condizioni previste per i dipendenti. Il nostro obiettivo è quello di valorizzare e fidelizzare anche i
rapporti di lavoro cosiddetti «atipici».
D. Novità sul fronte del Piano sanitario?
R. Come è nostra tradizione, anche per il 2011 prevediamo di ampliare l'ombrello di prestazioni
offerte. Per esempio, Cadiprof, in collaborazione con l'Andi, l'associazione nazionale dei dentisti
aderente a Confprofessioni, avvierà un progetto mirato per la tutela della salute orale, ampliando le
prestazioni odontoiatriche offerte nel piano sanitario e raddoppiando di fatto il massimale
individuale destinato a tale tipologia di cure.
D. E per il Pacchetto Famiglia?
R. Nel corso del 2011 diventeranno operative le proposte del Comitato scientifico, che mirano alla
conferma e all'ampliamento delle prestazioni socio-sanitarie contenute nel Pacchetto Famiglia, il
Piano di interventi a gestione diretta che alla fine del 2010, a poco più di un anno dal varo, ha
consentito l'erogazione di circa 2 milioni di euro di prestazioni per assistenza pediatrica, rette di
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asilo nido e contributi per la non autosufficienza.
D. Aumentano le garanzie, aumentano i costi per gli iscritti?
R. No. I contributi a carico dei datori di lavoro, previsti dall'art. 19 del Ccnl degli studi, rimarranno
invariati, nonostante i miglioramenti e le continue implementazioni delle prestazioni sanitarie
convenute con le compagnie di assicurazione per aderire il più possibile alle reali esigenze degli
assistiti.
D. Ci sono importanti novità anche sul fronte amministrativo_
R. Esatto. Dallo scorso gennaio l'Agenzia delle entrate versa direttamente alla Cadiprof le somme
incassate con il codice Assp. Per noi si tratta di una semplificazione contabile e amministrativa che
libera la Cassa dalla gestione del rapporto con le singole sedi Inps periferiche per le fatturazioni e le
rimesse periodiche. Ma non solo.
D. Che altro?
R. A partire da dicembre 2010 l'Inps ha introdotto nella procedura E-Mens un nuovo campo nel
quale sarà possibile indicare, per ciascun dipendente al quale si applica il Ccnl Studi professionali,
il codice Assp di riferimento della Cadiprof: mensilmente dunque l'Inps trasmetterà alla Cassa non
più solamente i dati dei datori di lavoro e dei relativi versamenti, ma anche i dati dei lavoratori per i
quali quei versamenti sono effettuati.
D. Qual è il vantaggio?
R. La Cassa sarà in grado di tenere in costante aggiornamento le anagrafiche di studi e lavoratori
precedentemente iscritti e di procedere d'ufficio all'iscrizione di coloro non ancora registrati. La
semplificazione delle procedure amministrative ci permetterà, quindi, di liberare nuove risorse da
destinare alle nuove tecnologie che gestiranno i nuovi flussi informativi provenienti dall'Inps, ma
anche per avviare un piano di comunicazione originale e ad ampio raggio per diffondere le
opportunità offerte dalla Cassa.
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IL SOLE 24 ORE
Bandi più flessibili per i posti da notaio
Cresce il numero dei notai (giudicati idonei nel concorso del 2006) che entreranno di ruolo. Ma in
generale aumenta sino al 15% la forbice dei posti in più che il ministero della Giustizia può
decidere di assegnare (oltre al bando) ai candidati che superano il concorso. Per farlo ci voleva una
legge, che la commissione Giustizia del Senato ha approvato, ieri, in via definitiva e all'unanimità,
modificando la precedente 239/1973.
In pratica, si conferisce al Guardasigilli la facoltà di aumentare (in un momento successivo rispetto
al bando) fino al 15% i posti per gli aspiranti notai rispetto a quelli messi a concorso (sinora la
soglia massima era il 12 per cento).
Ma la norma interviene anche sulla destinazione delle sedi dell'ultimo concorso concluso, quello del
2006, che, per effetto di alcuni ricorsi accolti dal Tar Lazio si era riaperto per alcuni candidati, con
correzioni di compiti concluse solo recentemente e una graduatoria ancora in via di definizione.
In particolare, la nuova norma, all'articolo 2, dispone che «i candidati dichiarati idonei sono
nominati notai, nei limiti dei posti disponibili al momento della formazione della graduatoria del
concorso, purché alla data di entrata in vigore della presente legge siano ancora in possesso dei
requisiti prescritti per partecipare ai concorsi per la nomina a notaio», ad eccezione del limite dei 50
anni di età. In tal modo, essendoci più candidati idonei dei posti messi a bando, ma molte sedi
rimaste libere e sotto organico, tutti quelli che hanno superato l'esame si vedranno assegnata una
sede.
Questo provvedimento – ha dichiarato Giancarlo Laurini, presidente del Consiglio nazionale del
Notariato – è un significativo passo in avanti per favorire l'inserimento dei giovani meritevoli nella
categoria, sbloccando la situazione dei candidati dichiarati idonei al concorso 2006. Auspichiamo
che la graduatoria sia pubblicata nel più breve tempo possibile».
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IL SOLE 24 ORE
Senza precontenzioso in aumento le liti fiscali
Il gap dell'Italia sulle liti fiscali rispetto agli altri paesi europei si accumula nella fase
precontenziosa. Spagna, Germania e Francia hanno già sperimentato, pur nella differenza dei
rispettivi sistemi, modelli di definizione delle potenziali controversie tributarie con appositi
organismi di conciliazione. È quanto emerge dall'audizione del direttore generale delle Finanze,
Fabrizia Lapecorella, ieri in commissione Finanze alla Camera.
Gli istituti italiani non paiono in grado di «ridurre sufficientemente - ha spiegato - i numeri dei
ricorsi giurisdizionali». Resta però un problema di fondo da risolvere per passare a un nuovo
modello basato su una fase precontenziosa. È necessario prima di tutto valutare quale struttura
amministrativa se ne dovrebbe fare carico, quali poteri dovrebbe avere, quale sarebbe, anche
economico, l'impatto sull'amministrazione.
I numeri attualmente disponibili confermano l'incremento dei fascicoli pendenti nei gradi di merito
della giustizia tributaria. Lapecorella, infatti, ha citato i dati contenuti nella relazione del
dipartimento delle Finanze resi noti lo scorso 7 ottobre (si veda «Il Sole 24 Ore» del giorno
successivo). La giacenza dei ricorsi è progressivamente diminuita fino al 2007 per poi risalire nel
2008 e nel 2009 (quando è arrivata a oltre 683mila fascicoli).
La ragione va ricercata soprattutto nell'aumentata litigiosità, tradottasi in 360mila nuovi ricorsi tra
primo e secondo grado nell'ultimo anno. Una dinamica che è andata di pari passo con una costante
riduzione dei giudici tributari (scesi a 4.193 unità), che ha comportato anche una diminuzione delle
sezioni giudicanti: -7,3% per le Ctp e -5,7% nelle Ctr nel 2009. «In una situazione del genere - ha
rilevato Lapecorella - la capacità definitoria del corpo giudicante nel suo complesso non riesce a
compensare l'incremento del contenzioso». E la mole di lavoro potrebbe aumentare da luglio in poi,
quando scatterà la norma prevista dalla manovra estiva sull'esecutività dopo i 60 giorni dalla
notifica dell'avviso di accertamento. È probabile, infatti, che le richieste di sospensione «aumentino
considerevolmente».
All'estero la situazione è diversa. In Spagna, i ricorsi sono stati 9mila davanti alla giurisdizione
tributaria nel 2009. In Germania, i nuovi fascicoli oscillano tra i 3.300 e 3.400. In Francia, tra primo
e secondo gradi, sono 22mila. Questo proprio a causa della presenza di una fase precontenziosa
caratterizzata ricorsi amministrativi davanti ad organi collegiali terzi rispetto all'ente impositore. Ma
anche per un sistema processuale più semplice e articolato su due gradi di giudizio.
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ITALIA OGGI
UNIONE EUROPEA/ Il Parlamento ha approvato il regolamento. Si partirà dal 2012
Ok alle proposte di legge popolari
Saranno necessarie le firme di un milione di cittadini Ue
da Bruxelles Gianluca Cazzaniga
Un milione di cittadini potrà chiedere alla Commissione europea di presentare una proposta di legge. Il tutto
a partire dal 2012. Nel corso della sessione plenaria ieri a Strasburgo, gli eurodeputati hanno approvato con
628 voti a favore, 15 contrari e 24 astensioni il testo del regolamento sull'iniziativa popolare europea,
presentato dal popolare francese Alain Lamassoure e dalla socialista ungherese Zita Gurmai.
Il testo riflette un accordo tra le due camere comunitarie: il Parlamento e il Consiglio, l'organo che
rappresenta i 27 stati membri dell'Ue. Grazie a questa novità introdotta dal trattato di Lisbona, almeno un
milione di cittadini appartenenti ad almeno un quarto dei paesi dell'unione potrà chiedere alla Commissione
europea di presentare proposte legislative nei suoi settori di competenza. Le iniziative dovranno essere
sostenute da comitati composti come minimo da sette cittadini provenienti da almeno sette stati membri
diversi. Le iniziative proposte saranno iscritte in un registro elettronico messo a disposizione dall'esecutivo
comunitario. La registrazione potrà essere rifiutata se le iniziative saranno in aperto contrasto con i valori
fondamentali dell'Ue o se non rientreranno negli ambiti in cui la Commissione può presentare disegni di
legge. Una volta che l'esecutivo comunitario confermerà la registrazione di un'iniziativa popolare, gli
organizzatori avranno un anno di tempo per raccogliere le firme necessarie. Su carta o su internet. A quel
punto la Commissione avrà tre mesi per esaminare la proposta dei cittadini. Passati i tre mesi, Bruxelles è
tenuta a pubblicare un documento in cui spiega le azioni che intende adottare e perché. Su richiesta degli stati
membri, la normativa sull'iniziativa dei cittadini entrerà in vigore solo un anno dopo la pubblicazione nella
gazzetta ufficiale. Quindi le prime proposte potranno essere presentate a partire dal 2012. «Con l'ok
all'iniziativa dei cittadini, il Parlamento europeo ha approvato oggi una delle innovazioni più significative
introdotte dal Trattato di Lisbona», ha dichiarato in una nota Roberto Gualtieri, eurodeputato italiano del
Partito democratico. «Grazie a questo voto, i cittadini europei potranno chiedere alla Commissione di
legiferare su temi sui quali opinione pubblica e cittadini abbiano deciso di mobilitarsi», ha aggiunto.
Soddisfatto anche Niccolò Rinaldi, eurodeputato dell'Italia dei valori. «Le sorti di questo nuovo strumento
dipendono anche dal buon uso che se ne farà», ha spiegato Rinaldi. «Alcune questioni che restano bloccate
nelle istanze europee, come ad esempio una direttiva che garantisca il pluralismo dei media e una severa
disciplina sulla vivisezione, possono presto diventare un'occasione di mobilitazione per la società europea».
Tuttavia l'iniziativa popolare non è priva di rischi, almeno secondo Carlo Casini, eurodeputato del Popolo
delle libertà, nonché presidente della commissione affari costituzionali del Parlamento europeo. «Vi è il
rischio di un incremento di un inaccettabile populismo, ma la verifica che dovrà essere fatta dopo tre anni
dall'entrata in vigore del regolamento consentirà di introdurre eventuali e opportuni antidoti», ha spiegato
Casini. Nel frattempo i parlamentari europei si sono impegnati per rendere l'iniziativa popolare più semplice
e accessibile. Grazie al Parlamento, ad esempio, la Commissione europea dovrà verificare se un'iniziativa sia
ammissibile o no subito dopo la registrazione. E non dopo che gli organizzatori hanno raccolto 300 mila
firme. Inoltre l'Assemblea di Strasburgo è riuscita a ridurre da un terzo a un quarto il numero minimo di stati
membri dai quali le firme devono provenire. Gli eurodeputati, infine, hanno ottenuto che la Commissione
aiuti gli organizzatori di un'iniziativa popolare europea con un'apposita guida e un programma gratuito per
raccogliere le firme su internet.
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ANSA
Famiglia: sì Europarlamento divorzi cross border più facili
14 PAESI, INCLUSA ITALIA, PROCEDONO CON COOPERAZIONE RAFFORZATA
(ANSA) - BRUXELLES, 15 DIC - Le coppie internazionali composte di cittadini comunitari
potranno, nel prossimo futuro, decidere quale legislazione nazionale applicare in caso di
divorzio e separazione legale, secondo la nuova legislazione approvata oggi dal Parlamento a
Strasburgo e' gia' sostenuta il 3 dicembre dai ministri di giustizia dei 27.
Le nuove regole permetteranno, ad esempio, a una coppia italo-tedesca che vive in Belgio, di
decidere se applicare la legislazione italiana, tedesca o belga in caso di divorzio.
La proposta sul divorzio transfrontaliero, approvata con 537 voti a favore, 20 contrari e 80
astensioni, relatore Tadeusz Zwiefka (Ppe), coinvolge l'Italia insieme a 13 altri paesi: Belgio,
Bulgaria, Germania, Spagna, Francia, Lettonia, Lussemburgo, Ungheria, Malta, Austria, Portogallo,
Romania e Slovenia. Gli altri Stati membri hanno la possibilita' di aderirvi in qualsiasi momento.
Con l'approvazione dell'Europarlamento, si da' per la prima volta il via alla cosiddetta procedura di
''cooperazione rafforzata'', che permette a un gruppo di Stati membri di prendere decisioni, anche in
mancanza di unanimita' tra i 27.
Ogni anno ci sono circa 122 milioni di matrimoni nell'UE, dei quali circa 16 milioni (il 13%) sono
''internazionali''.
Nel 2007, nei 27 Stati membri, vi sono stati piu' di un milione di divorzi, dei quali 140.000 (ancora
il 13%) avevano un carattere ''internazionale''. Gli Stati membri con la maggior percentuale di
divorzi internazionali sono la Germania (34.000 casi), la Francia (20.500) e la Gran Bretagna
(19.500). Lo scopo delle nuove regole e' fornire ai coniugi di nazionalita' diversa uno strumento che
consenta loro di conoscere in anticipo quale sara' la normativa applicabile alla separazione. Per
evitare, in una materia cosi' sensibile per i diritti della persona, la 'corsa al tribunale' che puo' andare
a scapito del coniuge piu' debole. (ANSA).
OS
15-DIC-10 17:15 NNN
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ITALIA OGGI
Competenza giurisdizionale immune da internet
Non basta l'utilizzo di internet per cambiare competenza giurisdizionale a un procedimento
giudiziario relativo a operazioni commerciali. Questo il senso della sentenza C-585/08 del 7
dicembre emessa dalla Corte Ue di giustizia. La semplice utilizzazione di un sito Internet da parte
del commerciante, infatti, secondo i giudici di Lussemburgo non determina, di per sé, l'applicazione
delle regole di competenza giurisdizionale di tutela nei confronti dei consumatori di altri Stati
membri.
Oggetto della sentenza in questione, casi di persone che avevano acquistato servizi turistici via
internet in stati esteri.
La Corte di Lussemburgo ha rilevato che la semplice utilizzazione di un sito Internet da parte di un
commerciante a fini commerciali non significa, di per sé, che la sua attività sia «diretta verso» altri
Stati membri, il che determinerebbe l'applicazione delle norme di competenza giurisdizionale di
tutela previste dal regolamento.
Inoltre il commerciante deve aver manifestato la propria volontà di avviare relazioni commerciali
con i consumatori esteri, attraverso una serie di indizi: offrendo i propri servizi o i propri beni in più
Stati membri specificatamente indicati, o impegnando risorse finanziarie in un servizio di
posizionamento su Internet presso il gestore di un motore di ricerca al fine di facilitare ai
consumatori domiciliati in detti Stati membri differenti l'accesso al proprio sito; la natura
internazionale dell'attività, propria di talune attività turistiche; la menzione di recapiti telefonici con
indicazione del prefisso internazionale; l'utilizzazione di un nome di dominio di primo livello
diverso da quello dello Stato membro in cui il commerciante e' stabilito (ad esempio: «.it») o,
ancora, l'utilizzazione di nomi di dominio di primo livello neutri (quali «.com» o «.eu»); la
descrizione di itinerari a partire da uno o più altri Stati membri verso il luogo della prestazione dei
servizi nonché la menzione di una clientela internazionale composta da clienti domiciliati in Stati
membri diversi, in particolare mediante la presentazione di testimonianze provenienti dai clienti
medesimi.
Anche il sito Internet che consenta ai consumatori di utilizzare un'altra lingua o un'altra moneta
rispetto a quelle abitualmente utilizzate nello Stato membro del commerciante, può dimostrare
l'attività transfrontaliera del commerciante stesso.
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ITALIA OGGI
Dopo l'ordinanza della Cassazione
La Ctp deve poter valutare le risultanze dei giudizi penali
La Suprema corte di cassazione, con l'ordinanza n. 21049 depositata il 12 ottobre 2010, è tornata ad
occuparsi del rapporto tra giudizio penale e giudizio tributario, richiamando gli argomenti che
hanno condotto all'abbandono della pregiudiziale tributaria e, parallelamente, all'inesistenza di
un'efficacia vincolante del giudicato penale nel processo tributario. In altri termini, a ribadire
l'importanza di una distinzione tra i due giudizi che li rende indipendenti l'uno dall'altro.
Le argomentazioni della Corte non sono nuove (sono state oggetto anche della circolare n. 54/2009)
e sono pregevoli, tuttavia, il principio di diritto espresso, emerso da un lungo iter legislativo,
potrebbe forse essere meglio precisato in sede interpretativa e utilmente modificato con opportuni
interventi legislativi.
Dalla pregiudiziale tributaria al giudizio penale, di cui al terzo comma dell'art. 21, legge n. 4 del 7
gennaio 1929, si è transitati al «doppio binario», corretto, però, dall'estensione del giudicato penale
nel giudizio tributario (l'art. 12 dl n. 429/1982, secondo capoverso, ribaltava il rapporto in favore
del giudizio penale), sino a pervenire all'attuale sistema che ha confermato il doppio binario, con
l'art. 20 dlgs n. 74 del 10 marzo 2000, ma ha anche eliminato il correttivo consistente nella
possibilità di estendere l'efficacia del giudicato penale al giudizio tributario (primo comma, lett. d),
dell'art. 25 dlgs n. 74/2000 ed art. 654 c.p.p.), regolando i rapporti tra le due vicende in base
all'incomunicabilità pressoché assoluta.
È opportuno, tuttavia, rilevare che lo stesso legislatore ha dimostrato di non credere sino in fondo in
questa inflessibile separazione. Ha ammesso, infatti, la possibilità di raddoppiare i termini
dell'accertamento «in caso di violazione che comporta l'obbligo di denuncia _ per uno dei reati
previsti dal dlgs n. 74/2000» (art. 57, comma 2bis, dpr n. 633/1972, aggiunto dal dl n. 223/2006). Il
raddoppio dei termini dell'accertamento, connesso all'obbligo della denuncia del reato fiscale, rivela
un legame tra i due procedimenti reso ancor più esplicito dalla circolare n. 28/E/2006, laddove fa
riferimento all'opportunità di «garantire all'amministrazione l'utilizzabilità di elementi istruttori
emersi nel corso delle indagini». Se il raddoppio dei termini servisse realmente allo scopo di
acquisire al procedimento di accertamento tributario il materiale probatorio raccolto nel corso delle
indagini o del dibattimento penale, questo fine smentirebbe la separazione a fondamento della scelta
legislativa per il doppio binario «puro» e confermerebbe l'esistenza di un'osmosi regolandola, però,
in modo insoddisfacente (non per nulla sulla disposizione in esame pendono dubbi di legittimità
costituzionale). Non è mancato, infatti, in dottrina chi al riguardo ha prospettato addirittura
un'implicita abrogazione dell'art. 20 dlgs n. 74/2000, considerato che la posticipazione dei termini
del procedimento amministrativo d'accertamento ha esiti non dissimili dalla sospensione del
procedimento medesimo.
È corretto ritenere, come osserva la Corte, che il giudicato penale non possa avere efficacia
automatica nel giudizio tributario e che il giudice tributario debba accertare autonomamente la
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pretesa. Ciò nonostante non può essere ignorato che i fatti a fondamento delle due vicende parallele
sono gli stessi e che esiste una base istruttoria condivisa la quale, anche formalmente, dovrebbe
essere unitaria, in ossequio al principio dell'unicità dell'accertamento. L'art. 12 dl n. 429/1982,
comma primo, secondo capoverso, disponendo che «la sentenza irrevocabile di condanna o di
proscioglimento pronunciata in seguito a giudizio relativo a reati previsti in materia di imposte_ ha
autorità di cosa giudicata nel processo tributario, per quanto concerne i fatti materiali che sono stati
oggetto del giudizio penale» rendeva esplicita e regolava questa innegabile realtà e, nonostante il
fallimento storico di questa norma, continua a sembrare inopportuno, quantomeno sotto l'aspetto
dell'evidente spreco di risorse, che l'ordinamento consenta ad un giudice di ignorare l'esistenza di
fatti materiali già provati.
Vero è che la latitudine degli accertamenti probatori è differente tra i due giudizi, come rammenta la
Corte, e proprio queste differenze rendono impossibile la ricezione passiva del giudicato penale nel
giudizio tributario. Ai sensi dell'art. 654 c.p.p. infatti, «la sentenza penale irrevocabile di condanna
o di assoluzione_ ha efficacia di giudicato nel giudizio civile o amministrativo, quando in questo si
controverte intorno a un diritto o a un interesse legittimo il cui riconoscimento dipende
dall'accertamento degli stessi fatti materiali che furono oggetto del giudizio penale, _ purché la
legge civile non ponga limitazioni alla prova della posizione soggettiva controversa». Limitazioni
presenti nel giudizio tributario. Concretamente queste divergenze possono divenire tangibili, poiché
se il giudice penale può far uso delle testimonianze, non ammesse in sede tributaria, di converso il
giudice tributario può utilizzare elementi presuntivi che nel rito penale verrebbero considerati
semplici elementi indiziari (artt. 192 c.p.p. e 2729 c.c.).
Nondimeno, le circostanze storico/ordinamentali che condussero all'abbandono del sistema delle
pregiudiziali (tributaria e penale), a causa dei tempi lunghissimi di accertamento e di un processo
tributario che prevedeva sino a sei gradi di giudizio, oggi non sussistono più in virtù dei termini
imposti, dallo stesso legislatore, all'azione accertativa, che a norma dell'art. 3, terzo comma, dello
Statuto dei diritti del contribuente non possono essere prorogati. È sensibile, invece, la necessità di
sistematicità e coerenza, indispensabili al corretto funzionamento dell'alternatività tra sanzioni
penali e amministrative (art. 19 comma 1 dlgs n. 74/2000), né si può negare che la base fattuale sia
unica e accertamento ed indagini preliminari condividano lo stesso iter inquisitivo.
In attesa, dunque, di risolutivi interventi legislativi è opportuno che la giurisprudenza della Corte si
orienti e venga intesa nel senso di consentire al giudice tributario almeno di poter valutare le
risultanze probatorie emerse nel processo penale, recependo, sia pur criticamente, la ricostruzione
del fatto materiale necessariamente univoca. Del resto, ai sensi delle vigenti disposizioni di rito, la
sentenza penale può ben essere introdotta nel giudizio tributario, quale documento non irrilevante
delle prove assunte in sede penale. È recentissima la sentenza n. 24587 del 3 dicembre 2010 con la
quale la Corte di Cassazione ha ritenuto il patteggiamento in sede penale un elemento di prova
imprescindibile per il giudice tributario che riguardo ai medesimi fatti, «deve», dunque, valutarlo ed
ove intenda decidere in senso difforme «deve» motivare adeguatamente. È chiaro che se questo
principio è valido deve essere utilizzato uniformemente sia a favore che contro l'Amministrazione.
Luigi Ferlazzo Natoli Ludovico Nicotina
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ITALIA OGGI
La Ctr Lazio elabora un innovativo corollario giuridico. Sulla scorta della Suprema corte
Pari e patta sulle cartelle del fisco
Il ricorso tardivo e la notifica nulla si sanano a vicenda
Nel caso di una notifica nulla, il ricorso del contribuente sana la nullità anche se proposto oltre i
termini consentiti; la tardività del ricorso, infatti, risulta a sua volta sanata dalla nullità della
notifica.
Questi gli interessanti spunti che si leggono nella sentenza n. 1036/39/10 della Ctr Lazio, depositata
lo scorso 18 novembre, nella quale i giudici regionali elaborano un principio giuridico di assoluta
novità, che trova autorevoli conferme nel pensiero della cassazione.
La controversia trae origine dalla notifica di una cartella esattoriale consegnata nelle mani del
portiere dello stabile in cui risiedeva la società destinataria.
La contribuente impugnava la cartella denunziando, tra gli altri vizi, l'irritualità della notifica, in
quanto sulla relata non vi era traccia alcuna delle attività di ricerca dei destinatari preferenziali della
cartella, che l'agente notificatore avrebbe dovuto obbligatoriamente effettuare prima di consegnare
la busta nelle mani del portiere.
Il ricorso della società, tuttavia, veniva notificato alla controparte oltre il termine consentito ex lege
(6o giorni dalla notifica dell'atto impugnato), ragion per cui la Ctp di Roma rilevava la tardività
della domanda e ne dichiarava l'inammissibilità. La società proponeva appello.
I giudici regionali hanno accolto il gravame proposto dalla ricorrente superando l'inammissibilità
dell'atto introduttivo con l'elaborazione di un principio di diritto che non ha precedenti.
La Commissione, in prima istanza, rileva la nullità della notifica effettuata direttamente al portiere,
senza dare conto sulla relata delle vane ricerche dei destinatari preferenziali, «adempimenti che il
messo notificatore avrebbe dovuto effettuare ai sensi degli articolo 139 e 148 del c.p.c.». Tuttavia,
osserva il collegio, «la notifica, seppure avvenuta in maniera irregolare, ha comunque raggiunto lo
scopo preposto, e ciò si evince dal fatto che la società ha poi impugnato l'atto in questione (...) per
cui la nullità risulta sanata dal raggiungimento di scopo».
Al contempo, sebbene il sanato vizio di nullità della notifica non possa costituire motivo di
annullamento derivato della cartella, «risulterebbe altresì illogico far decorrere un termine di
decadenza per l'impugnazione da una data in cui, allo stato dei fatti, si è verificata solamente una
notifica nulla e, quindi, giuridicamente irrilevante». In sostanza, la rilevata nullità della notifica,
sanata dalla proposizione del ricorso, sana a sua volta la tardività nella proposizione del gravame e
permette alla Commissione di entrare nel merito della questione.
Il corollario giuridico elaborato dai giudici regionali sembra ricercare un giusto equilibrio nel
connubio di interessi pubblici e privati e trova legittimazione nella stessa giurisprudenza di
cassazione; il giudice di legittimità, infatti, trattando di un caso analogo (ordinanza n. 8214/2005)
con notifica effettuata direttamente nelle mani del portiere, aveva puntualmente rilevato la nullità
della stessa disponendone la rinnovazione. Nicola Fuoco
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Da Milano a Firenze fino a Palermo, raffica di rilievi: gli indicatori sono troppi e oscuri
I giovani magistrati all'attacco
Ai Consigli giudiziari rapporti poco realistici sui giudici
Troppi indicatori e non sufficientemente chiari sono all'origine di valutazioni di professionalità ancora poco
realistiche. Per i giovani magistrati eletti in seno ai consigli giudiziari nel 2008, un incarico che dà diritto a
uno sgravio sul lavoro ordinario, c'è ancora troppa diplomazia e poco coraggio nei rapporti standardizzati e
in massima parte non motivati che arrivano sistematicamente ai consigli giudiziari da parte dei dirigenti degli
uffici chiamati a valutare i magistrati. È quanto emerso dalle esperienze a confronto tra i consigli giudiziari
di Napoli, Milano, Palermo e Firenze oggi sovraccaricati con le cancellerie anche di lavoro aggiuntivo
rispetto alla redazione dei pareri.
Loro è infatti anche l'onere di raccogliere provvedimenti a campione e addirittura verbali di udienza che non
arriveranno mai al Csm. Quattro loro rappresentanti per i distretti di Napoli, Milano, Paleremo e Firenze
sono intervenuti sul palco del teatro Capranica a Roma nella tre giorni del XXX Congresso Anm per mettere
in luce evidenze e criticità riscontrate nel loro delicato incarico elettivo in seno agli organi locali di
autogoverno della magistratura. Per Mario Criscuolo del Consiglio giudiziario di Napoli, si tratta di
«problemi generalizzati, non legati al contesto sociale ma all'organizzazione centrale della magistratura. Nel
quadro del distretto di Napoli, 850 magistrati in tutto – racconta – da quando siamo stati eletti nel 2008
avremo dato una media indicativa di circa 400-500 pareri nell'arco di due anni di cui solo 5 o 6 negativi».
Una percentuale piuttosto bassa così spiegata a ItaliaOggi dal magistrato: «C'è ancora poco coraggio da parte
dei dirigenti degli uffici perché talvolta prevale la logica del quieto vivere perché non è raro che a fronte di
un parere negativo si apra anche un contenzioso di natura amministrativa. Accade così che il collega
destinatario di un parere negativo proponga immediato ricorso al Tar con l'aggravante di passare
paradossalmente dal rango di giudicanti a quello di giudicati». Un altro punto è poi quello dei formati dei
pareri che non riguardano solo le valutazioni di professionalità ma anche incarichi direttivi, semidirettivi e
conferme. Tutti sono decisi su schema unico dettato dal Csm e parametrato agli indicatori di professionalità
contenuti nella legge di riforma dell'Ordinamento giudiziario: «Sono standardizzati ma le caselle con le
valutazioni sono destinate a essere riempite di contenuti da parte del singolo capo». E qui sta il punto: «Non
basta», esclude Criscuolo, «dare un parere positivo e negativo, bisogna dire il perché è positivo: fa bene un
udienza, i testimoni che arrivano non aspettano e questo non lo fa quasi nessuno. Pensiamo alla sezione
Lavoro del tribunale di Napoli con 60 magistrati: in una situazione del genere il capo della sezione trova
molto più comodo prendere un parere e riprodurlo per 60 volte con lievi differenze di aggettivo. Pareri
apodittici a fronte dei quali, nel silenzio della circolare, abbiamo preteso dai capi degli uffici di sapere il
perché dei pareri avendo a disposizione uno spazio di una decina di righe». Francesca Picardi, giudice civile
del tribunale di Pisa e componente del consiglio giudiziario di Firenze, un distretto di circa 450 magistrati
parla di «un errore del Csm dettato dall'inesperienza connaturata alla novità dell'argomento. Ci sono troppi e
ripetitivi indicatori non sufficientemente oggettivi stabiliti da una circolare del Csm del 2007 che non ha
tradotto concretamente la legge in fatti oggettivi come invece avrebbe dovuto». ll rapporto del presidente che
ci arriva – spiega – è fatto di quattro parametri: capacità, laboriosità, impegno e diligenza. Ogni parametro
stabilito dalla legge ha poi una serie di indicatori stabiliti dal Csm: la capacità ha nove indicatori, gli altri tre
ne hanno circa quattro per uno». E qui sta la difficoltà del lavoro dei Consigli: «A conti fatti, ci troviamo
oggi un totale di circa venti indicatori con voci che spesso si ripetono tra loro. Un esempio: tra le voci della
capacità c'è l'aggiornamento, tra gli indicatori dell'impegno c'è “frequenza dei corsi di aggiornamento”, una
ripetizione e non è la sola in una farraginosità che complica il nostro lavoro già delicato». Marzia Paolucci
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IL SOLE 24 ORE
Sindaci senza limiti agli incarichi
Il professionista deve valutare la capacità di far fronte agli impegni
Dopo un confronto durato fino a tarda sera, il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli
esperti contabili ha approvato, in via definitiva, le Norme di comportamento del collegio sindacale
nelle società non quotate. Il risultato, sulle questioni di maggior rilievo – tetto agli incarichi e
parametri di incompatibilità – sposta le virgole ma non la sostanza della prima versione presentata
ad agosto. Nessun tetto massimo al numero di poltrone per sindaco e principi flessibili – sul solco
dei criteri internazionali Ifac – per la valutazione dell'indipendenza del professionista.
Le nuove regole si traducono in 34 norme su cui si sono espressi Ordini e associazioni professionali
sino al 31 ottobre. Spaziano dalla disciplina del sistema di controllo interno alle novità portate dal
decreto legislativo 39/2010 sulla revisione legale.
Due i punti su cui si è concentrata la discussione alll'interno della categoria. Innanzitutto, i
parametri per valutare il livello di "indipendenza". Si resta aderenti alle normative internazionali
Ifac e al criterio dell'analisi del rischio (risk approach) e si esclude che l'indipendenza vada
soddisfatta in senso assoluto, imponendo di mantenersi liberi da qualsiasi relazione economica,
finanziaria o di altro genere con l'impresa controllata. Cioè si definisce una rete per l'identificazione
dei principali elementi di rischio che possono intaccare l'effettiva capacità del sindaco (come
l'eccessiva dipendenza da compensi derivanti da un unico cliente). Ma si punta a una valutazione
ampia e non automatica. Ad esempio – discostandosi dall'orientamento Ifac – si ammette che il
sindaco possa prendere parte ad eventuali aggregazioni professionali con colleghi terzi che abbiano
rapporti con la società da lui "controllata", se però tali aggregazioni hanno il solo scopo di
suddividere costi e utili.
Sul secondo punto – l'opportunità di fissare o meno un limite rigido agli incarichi che ciascun
professionista può assumere nei collegi sindacali – passa la linea del presidente Claudio Siciliotti,
contraria a un tetto automatico sulle poltrone (l'ipotesi – sostenuta soprattutto dall'Unione dei
giovani commercialisti – era di non superare i 20 incarichi). Prevale la linea dell'autovalutazione. In
pratica oltre la soglia "critica" dei 20 incarichi, il sindaco è chiamato a valutare l'impegno e il tempo
richiesto alla luce anche del tipo di organizzazione di cui si avvale. L'aritmetica – è la convinzione –
non determina da sola se dieci grandi imprese "pesano" più di cinquanta piccole.
I sostenitori di un tetto fisso al numero degli incarichi sono stati, sinora, soprattutto i giovani, che
avevano raccolto oltre 2mila firme a sostegno della loro posizione. In base ai dati Cerved group sui
bilanci 2009 di oltre 76mila società di capitale, meno del 17% dei 63mila sindaci italiani ha meno di
40 anni. Per l'Unione nazionale giovani dottori commercialisti la soglia dei 20 incarichi non doveva
far scattare solo una riflessione ma doveva essere un limite vincolante.
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IL SOLE 24 ORE
I cardini
La platea delle non quotate. Le norme di comportamento approvate ieri dal Consiglio nazionale dei dottori
commercialisti si rivolgono ai componenti dei collegi sindacali delle società che non fanno ricorso a capitali
di rischio. Fino al 31 ottobre la prima versione del documento è stata sottoposta a valutazione da parte dei
professionisti e delle istituzioni di controllo e di garanzia
Senza un limite prefissato. Il documento non prevede un numero massimo di incarichi che si può accettare.
Sta al professionista porsi un tetto sulla base dell'impegno richiesto dal compito e delle risorse che ha a
disposizione. Non viene quindi accolta la richiesta dei giovani commercialisti che avevano chiesto di porre
un limite automatico al numero di incarichi che si possono accettare
Indipendenza caso per caso. Il documento prevede principi flessibili anche per valutare l'indipendenza del
sindaco, che passa soprattutto – anche sulla scorta dei documenti internazionali – da fattori economici:
l'entità dei compensi per l'incarico nel collegio rispetto a quelli complessivi e in rapporto alle parcelle per la
consulenza.
La guida per i controlli. Viene delineato l'ambito dei controlli cui è tenuto il sindaco. In generale, il precetto
è la vigilanza sul rispetto della legge e dello statuto. Il perimetro è stato definito attraverso la valutazione del
rischio proprio dell'attività dell'impresa. Per esempio, nel controllo di una società che gestisce banche dati si
dovrà porre attenzione al rispetto della privacy
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ITALIA OGGI
Un corso di formazione per 600 mediatori doc
Un corso di formazione per 600 mediatori professionisti. Lo ha lanciato l'Ente di formazione dei
mediatori forensi di Roma del Consiglio dell'ordine capitolino, e metterà a disposizione 20 corsi da
30 partecipanti per una durata di 50 ore. La domanda di partecipazione dovrà essere effettuata entro
il 4 gennaio 2011 utilizzando la procedura e la modulistica predisposta sul sito web del Consiglio
dell'ordine degli avvocati di Roma. Quanto ai requisiti, si dovrà essere in possesso di una laurea in
giurisprudenza, essere iscritti nell'albo degli avvocati di Roma, avere una casella di posta elettronica
certificata e un personal computer collegato a internet e disponibile a utilizzare un sistema
telematico di informazione-comunicazione con l'organismo. Valgono poi come requisiti la titolarità
di firma digitale e il regolare svolgimento degli obblighi formativi indicati nel regolamento del
Consiglio dell'ordine degli avvocati di Roma. Il costo dell'intero corso è di 300 euro oltre Iva.
La quota dovrà essere versata entro tre giorni dalla comunicazione dell'ammissione al corso che
verrà effettuata a mezzo di posta elettronica. I corsi verranno poi svolti il sabato dalle ore 8,30 alle
13,30 e dalle 14,30 alle 17,30 nei mesi di gennaio, febbraio e marzo 2011 come da calendario che
verrà comunicato agli ammessi. I corsi si svolgeranno a Roma in aule situate nelle vicinanze di
Piazza Cavour. La selezione di partecipanti ai corsi verrà effettuata con le seguenti modalità:
saranno ammessi al corso gli avvocati muniti di tutti i requisiti previsti dalla domanda di iscrizione
nel numero massimo di 600.
Nell'ipotesi in cui le domande dovessero essere superiori, ai fini dell'individuazione di coloro che
saranno ammessi a partecipare, si procederà alle selezioni con le seguenti modalità: le domande
saranno raggruppate in tre fasce di età con riferimento alla data di iscrizione nell'albo. E
precisamente: I fascia, avvocati iscritti da 0 a 10 anni; II fascia, avvocati iscritti da 10 a 20 anni; III
fascia, avvocati iscritti da oltre 20 anni. I 600 posti disponibili verranno attribuiti mediante
sorteggio di 200 posti per ognuna delle tre fasce di età. I componenti della Commissione per la
mediazione istituita dal Consiglio dell'ordine e i conciliatori già accreditati dell'Organismo che
intendono partecipare al corso avranno una riserva ad personam di 45 posti, in aggiunta ai 600 che
verranno sorteggiati. Gabriele Ventura
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