M edicin a d el Territorio , SCa RL
Fiumicino, 30 ottobre 2015
Queste Newsletters periodiche hanno lo scopo di fornire informazioni provate, motivate, utili ed
immediatamente applicabili nell'attività clinica quotidiana attraverso una sintesi di notizie corredate
da riferimenti bibliografici ed indicazioni per reperirne il testo originale nel web.
Da: Cochrane Database of Systematic Reviews:
Issue 10 of October 12,2015
Arturo J Martí-Carvajal, Ivan Solà and Dimitrios Lathyris:
Homocysteine-lowering interventions for preventing
cardiovascular events.
http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1002/14651858.CD00661
2.pub4/abstract
Riduzione dell'omocisteina
plasmatica nella prevenzione
cardiovascolare
Le malattie cardiovascolari (ictus, malattia
coronarica e insufficienza cardiaca) sono
una delle principali cause mondiali di morte.
L'omocisteina è un amminoacido con
funzioni biologiche nel metabolismo della
metionina; un suo elevato livello nel sangue,
ipotizzabile fattore di rischio per tali
malattie, induce spesso un trattamento con
vitamine B6, B12, acido folico o integratori.
Questo è un aggiornamento di precedenti
revisioni pubblicate nel 2009 e nel 2013,
con l'obiettivo di stabilire se gli interventi
per ridurre l'omocisteina in pazienti con o
senza malattia cardiovascolare risultino efficaci nella prevenzione di tali eventi e nella
riduzione della mortalità per tutte le cause,
nonché di valutarne la sicurezza.
Sono stati presi in considerazione studi
clinici controllati randomizzati (RCTs) che
valutassero gli effetti di interventi sul livello
di omocisteina per la prevenzione cardiovascolare per un periodo di follow-up di uno
o più anni, con end point primari costituiti
da infarto miocardico e ictus ed escludendo
pazienti con malattia renale terminale.
In questo secondo aggiornamento non sono
stati individuati nuovi RCTs rispetto agli
anni precedenti, per cui questa nuova
versione si riferisce a 12 lavori che hanno
coinvolto 47.429 partecipanti; il 75% (9/12)
di essi aveva un basso rischio di bias.
La riduzione di omocisteina rispetto al
placebo non ha influenzato in modo
significativo:
• infarto miocardico fatale o non fatale
[1.743 su 23.590 (7,38%) contro 1.247 su
20.190 (6,17%); RR 1.02, IC95% 0,95-1,10],
• ictus [968 su 22.348 (4,33%) rispetto a
974 su 18.957 (5,13%); RR 0,91, IC95%
0,82-1,0],
• morte per qualsiasi causa [2.784 su 22.648
(12,29%) rispetto a 2.502 su 19.250
(10,64%); RR 1,01, IC 95% 0,96-1,07],
• eventi avversi gravi (cancro) [1.558 su
18.130 (8,59%) rispetto a 1.334 su 14.739
(9,05%); RR 1.06, IC95% 0,98-1,13].
Questo secondo aggiornamento della revisione Cochrane non ha trovato prove che
la riduzione dell'omocisteina ematica con
supplementi di vitamine B6, B9 (acido
folico) o B12 da sole o associate sia in
grado di prevenire eventi cardiovascolari.
Inoltre non ci sono prove che gli interventi
di riduzione dell'omocisteina siano associati
ad un aumentato rischio di cancro.
Commento: Esiste una convinzione abba-
stanza diffusa (soprattutto nei pazienti)
sulla necessità di terapia farmacologica
in caso di omocisteinemia elevata.
Questa revisione lascia ben pochi dubbi
riguardo alla sua reale utilità.
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Da: Alberta College of family Physicians
Tools for Practice – October 13, 2015
Darryl Huang, Michael R. Kolber - #148 Has insulin met its
match? Metformin for gestational diabetes.
https://www.acfp.ca/tools-for-practice/
Metformina nel diabete gestazionale
In circa il 5% delle gravidanze si riscontra
un diabete gestazionale (GDM), i cui fattori
di rischio sono un'anamnesi familiare o
personale di tale patologia, un elevato BMI
ed alcuni fattori etnici.
Dall'esame di tre revisioni sistematiche
relative a sei studi randomizzati e controllati
in aperto che confrontavano metformina e
insulina in un totale di 1.372 donne è
emerso che:
induce un parto più precoce di circa un
giorno. Gli altri risultati clinici sono
simili e la sicurezza a lungo termine nel
diabete gestazionale appare rassicurante,
per cui la metformina rappresenta una
ragionevole scelta terapeutica.
Per le donne con “lieve” GDM, proporre
alle madri diagnosi e trattamento (rispetto a
non consigliare né trattare) riduce le complicanze perinatali (morte, distocia di spalla,
frattura delle ossa e paralisi nervosa) dal 4%
all'1% (NNT=34), ma aumenta le probabilità di induzione del travaglio e di ricovero
in neonatologia (per entrambi NNH=10).
L'aggiornamento delle LG NICE sul GDM
(4 luglio 2015) è reperibile all'indirizzo:
http://www.nice.org.uk/guidance/ng3
• relativamente alle madri si è verificano un
minore aumento di peso (circa 1,1kg), una
minore incidenza di ipertensione (3,6%
contro 6,8% con NNT=32), un aumento
dei nati prima della 37a. settimana (10,1%
contro 6,7% con NNT=30) ed una data del
parto mediamente più precoce di circa 1
giorno (CI95% 0,14-2,1 giorni);
Commento: Anche se il Medico di famiglia
• non si sono osservate differenze relativamente a parti cesarei o traumi ostetrici;
Da: Alberta College of family Physicians
Tools for Practice – April 18, 2011 [updated May 28, 2015]
• relativamente ai neonati non si sono
osservate differenze riguardo a peso neonatale, macrosomia, ipocalcemia, distocia
della spalla, basso indice di APGAR,
ricovero in neonatologia e mortalità;
#46 Is any diet better for weight loss or preventing
negative health outcomes?
• il 77% delle donne ha preferito utilizzare
metformina nelle gravidanze successive.
• in un terzo delle pazienti si è resa necessaria alla fine una terapia insulinica;
Da un follow up di due anni in oltre 400
bambini di madri trattate con metformina
non sono emerse differenze significative
rispetto all'insulina relativamente ad altezza,
peso o sviluppo a 18 mesi.
La metformina, rispetto all'insulina genera un aumento di peso materno inferiore
di 1kg e un'ipoglicemia neonatale meno
grave in uno su 22 bambini, anche se
non necessariamente si trova a gestire il
GDM, quanto sopra esposto può contribuire ad un'assistenza territoriale alle
future mamme più attenta ed efficace.
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G. Michael Allan MD CCFP, Arya M Sharma MD PhD FRCPC -
https://www.acfp.ca/tools-for-practice/
Esiste una dieta migliore per ridurre
il peso o prevenire le complicanze
cardiovascolari?
Due RCTs hanno valutato per due anni
rispettivamente 322 e 881 pazienti sottoposti a varie diete, tra cui una a basso tenore
di carboidrati, evidenziando che:
• la perdita di peso ottenuta con una dieta
ipolipidica si è attestata a 2,9kg, con una
dieta a basso tenore di carboidrati a 4,5kg
e con una dieta mediterranea a 4,4kg;
• la dieta a basso tenore di carboidrati ha
avuto un maggior numero di pazienti che
hanno abbandonato il trattamento;
Pag. 2
• quattro altre diete di vario tipo (con apporto variabile di lipidi, proteine e carboidrati) non hanno mostrato differenze
significative ed hanno ottenuto una perdita
di peso a due anni di 3-3,5kg;
• il 15% dei partecipanti è riuscito a perdere
il 10% del proprio peso;
• il massimo della perdita di peso è stato
raggiuntano dopo sei mesi con un certo
recupero successivamente.
Da un RCT che ha valutato per un anno 148
pazienti è emerso che con una dieta a basso
contenuto di carboidrati si è ottenuta una
perdita di peso media di 3,5kg, maggiore
che con dieta ipolipidica (come in revisioni
sistematiche sullo stesso argomento).
Diete fortemente ipocaloriche (meno di 800
kcal/die) hanno ottenuto una maggiore
perdita di peso a sei mesi, ma nessuna
differenza dalle altre dopo un anno.
Un grande RCT in prevenzione primaria,
della durata di 4,8 anni su 7.447 pazienti, ha
dimostrato che solo la dieta mediterranea
porta l'incidenza di malattia coronarica al
3,6% rispetto al 4,4% di una dieta
ipolipidica con NNT=125.
Un RCT nel post-infarto, della durata di 2,3
anni, su 584 pazienti ha dimostrato che:
• con la dieta mediterranea non ci sono state
variazioni significative di peso, pressione
sanguigna e colesterolemia rispetto ad
altre diete;
• l'infarto miocardico e la morte cardiovascolare si sono verificati nel 2,6% dei
pazienti in dieta mediterranea rispetto al
10,9% dei pazienti trattati con altre diete
(NNT=12);
In conclusione: la perdita di peso nelle
varie diete raggiunge il massimo dopo
circa sei mesi e dopo due anni la
situazione è stazionaria. Solo la dieta
mediterranea ha dimostrato risultati
positivi riguardo obiettivi rilevanti come
la mortalità, pur non generando, rispetto
alle altre, differenze di peso o dei markers
surrogati come il profilo lipidico.
Per completezza, va tenuto presente che:
• l'obesità è associata ad un aumento della
mortalità;
• da vari studi di coorte su pazienti obesi
che perdono peso emergono dati di
mortalità variabili (a volte aumenta);
• esistono dati consistenti che indicano
come l'attività fisica abbia un maggiore
impatto sui vari obiettivi clinici, mortalità
inclusa.
Una descrizione/definizione di cosa si intenda nel presente articolo per “dieta mediterranea” è reperibile agli indirizzi web:
1. http://www.mayoclinic.org/healthylifestyle/nutrition-and-healthy-eating/indepth/mediterranean-diet/art-20047801
2. http://www.mayoclinic.org/healthylifestyle/nutrition-and-healthyeating/multimedia/mediterranean-diet/sls20077104
Commento: Il Medico di famiglia viene
coinvolto spesso dal paziente riguardo a
problemi di peso e salute; quanto sopra
riportato può aiutarlo a fornire informazioni basate su fatti e non su suggestioni
o mode.
************
• un decesso per tutte le cause si è verificato
nel 2,6% dei pazienti trattati con dieta
mediterranea e nel 6,6% dei pazienti
trattati con altre diete (NNT=25).
Un altro RCT ha dimostrato che con la dieta
mediterranea si riduce l'insieme degli end
points cardiovascolari con NNT=14.
Domenico Quadrelli
Ugo Montanari
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Riduzione dell`omocisteina plasmatica nella prevenzione