Gli enzimi possono essere inibiti in
modo
reversibile o irreversibile
Inibizione enzimatica irreversibile
Chimotripsina + didisopropilfluorofosfato
Gli inibitori irreversibili si combinano o distruggono un gruppo funzionale
dell’enzima che è essenziale per l’attività catalitica.
Inibizione enzimatica reversibile
Inibizione competitiva
Un inibitore competitivo compete con il substarto per il legame al sito attivo
dell’enzima.
Un inibitore competitivo riduce la velocità della catalisi riducendo il numero
di molecole di enzima in grado di legare il substrato
Inibizione competitiva
La Vmax von viene alterata
da un inibitore competitivo
La competizione può essere
spostata
a favore del
substrato aumentando la [S].
La [S] che determina 1/2
Vmax, cioè KM, aumenta in
presenza di un inibitore
competitivo
Il metotrexate è un analogo strutturale
del tetraidrofolato, un coenzima per
l’enzima diidrofolato riduttasi, che
svolge un ruolo importante nella
biosintesi delle purine e delle pirimidine.
Il metotrexate si lega all’enzima 1000
volte meglio del ligando naturale e ne
inibisce la funzione bloccando la sintesi
delle basi dei nucleotidi.
Il metotrexate è utilizzato nella terapia
dei tumori.
Inibizione non competitiva
Nella competizione non copetitiva il competitore si lega a un sito diverso da
quello del substrato
Inibizione non competitiva
L’inibitore non competitivo agisce riducendo il numero di
turnover (kcat) dell’enzima.
L’inibitore non competitivo riduce la concentrazione di
enzima attivo e quindi abbassa Vmax
(Vmax = kcat [Et])
Una inibizione non competitiva non può essere superata
aumentando la concentrazione del substrato.
Inibizione mista
Un tipo particolare di inibizione, detta inibizione mista, si ha
quando l’inibitore nasconde in parte il legame del substrato ed
allo stesso tempo riduce anche il numero di turnover dell’enzima.
Gli analoghi dello stato di transizione sono inibitori potenti
degli enzimi
Sebbene lo stato di transizione sia per definizione transitorio ed instabile, è
possibile in taluni casi costruire molecole simili allo stato di transizione,
chiamate analoghi dello stato di transizione.
Gli analoghi dello stato di transizione si legano all’enzima più fortemente del
substrato nel complesso ES, in quanto si adattano meglio al sito attivo
dell’enzima (formano più interazioni deboli dello stesso substrato), e sono
pertanto inibitori potenti degli enzimi.
Il potere inibitorio degli analoghi dello stato di transizione conferma il
principio alla base della catalisi enzimatica: il legame selettivo dell’enzima allo
stato di transizione.
Questi principi sono utilizzati nell’industria farmaceutica per progettare nuovi
farmaci
L’isomerizzazione della L-prolina in D-prolina da parte della prolina racemasi,
un’enzima batterico, procede attraverso la formazione di uno stato di
transizione planare in cui il carbonio α è trigonale invece che tetraedrico.
L’acido pirrolo 2-carbossilico, un analogo dello stato di transizione con
geometria trigonale, è un potente inibitore della prolina racemasi.
Gli anticorpi catalitici dimostrano l’importanza per l’attività
catalitica degli enzimi del legame selettivo allo stato di transizione
Se è possibile stabilire un analogo dello stato di transizione per la
reazione S Â P, un anticorpo che si leghi saldamente all’analogo
dello stato di transizione può catalizzare la reazione S Â P.
Quando un analogo dello stato di transizione legato ad una proteina
viene usato come epitopo per stimolare la produzione di un
anticorpo, l’anticorpo diventa un potenziale catalizzatore della
reazione corrispondente
Sono stati prodotti anticorpi monoclonali che catalizzano l’idrolisi di esteri o di
carbonati, utilizzando composti fosforici come analoghi dello stato di transizione.
Stato
di
transizione
tetraedrico con una
parziale carica negativa
sull’ossigeno carbonilico
Le analisi strutturali condotte su alcuni anticorpi catalitici hanno confermato
che le catene laterali amminoacidiche sono disposte in modo da interagire con il
substrato soltanto nello stato di transizione.
L’inserimento di uno ione metallico in una
porfirina
da
parte
dell’enzima
ferrochelatasi procede attraverso uno
stato di transizione in cui la porfirina è
piegata
Porfirine
alchilate,
come
la
Nmetilmesoporfirina, che hanno già una
struttura ripegata che assomiglia allo stato
di transizione della reazione catalizzata
dalla ferrochelatasi, sono state utilizzate
per produrre anticorpi che sono in grado
di catalizzare l’inserimento di uno ione
metallico nell’anello porfirinico.
Struttura del peptidoglicano del batterio Staphylococcus aureus
Il peptidoglicano è costituito
da catene lineari di natura
saccaridica legate insieme da
corti peptidi, formati da una
miscela
di
D
ed
Lamminoacidi.
Struttura del peptidoglicano del batterio Staphylococcus aureus
Durante la sintesi del peptidoglicano il
gruppo amminico alla fine di una
catena di pentaglicina attacca il legame
peptidico tra due residui di D-alanina
in un’altra unità peptidica.
Si forma pertanto un legame
peptidico tra la glicina ed uno
dei residui di D-alanina,
mentre l’altra alanina è
eliminata.
L’enzima che catalizza questa
reazione è la glicopeptide
transpeptidasi.
Formazione del cross-link durante la sintesi del peptidoglicano in S. aureus
La reazione di transpeptidazione prevede la formazione di un intermedio
acil-enzima
La pennicillina, il primo antibiotico scoperto, è un inibitore
dell’enzima glicopeptide transpeptidasi.
La pennicillina si lega al sito attivo della transpeptidasi perché ha
una struttura simile alla sequenza D-Ala-D-Ala presente nel
substrato
Una volta legatasi la pennicillina forma un legame covalente con un residuo
di serina del sito attivo dell’enzima, inattivandolo in modo irreversibile.
La pennicillina è un inibitore suicida.
L’anello β-lattamico della pennicillina è particolarmente reattivo.
Nel metabolismo cellulare gruppi di enzimi lavorano insieme in vie sequenziali
(vie metaboliche) per condurre un determinato processo metabolico.
Il prodotto del primo enzima diventa il substrato del secondo enzima e così via.
In ogni sistema enzimatico vi è un enzima che determina la velocità complessiva
della sequenza di reazioni in quanto catalizza la reazione più lenta o quella che
limita la velocità
Gli enzimi che occupano queste posizioni chiave nel metabolismo cellulare
presentano spesso un’attività catalitica aumentata o diminuita in risposta a
segnali cellulari e sono detti enzimi regolatori.
Mediante l’azione di questi enzimi regolatori, la velocità di ogni sequenza
metabolica si adegua costantemente alle necessità della cellula
Nelle vie metaboliche vi sono due classi di enzimi regolatori:
1) Gli enzimi allosterici vengono regolati mediante il legame non covalente e
reversibile di composti regolatori, chiamati modulatori allosterici, che in genere
sono metaboliti o piccoli cofattori.
2) Gli enzimi regolati mediante modificazioni covalenti reversibili.
Sistemi di regolazione dell’attività enzimatica
1.
Interazioni allosteriche
2. Modificazioni covalenti reversibili.
inoltre
3. Stimolazione ed inibizione da parte di proteine di controllo
4. Attivazione proteolitica
La regolazione allosterica (non covalente) permette una
modulazione fine delle vie metaboliche.
La regolazione da modificazioni covalenti prevede uno switch
ON/OFF della via metabolica
Inibizione retroattiva (a feedback) della
conversione della L-treonina in L-isoleucina,
catalizzata da una sequenza di 5 enzimi. La
treonina deidratasi (E1) viene inibita
allostericamente e in modo specifico dalla Lisoleucina, il prodotto finale della sequenza di
reazioni
Le proteine allosteriche sono quelle che presentano “altre forme” o
conformazioni indotte dal legame di modulatori.
Negli enzimi allosterici le modificazioni conformazionali indotte da uno o più
modulatori interconvertono forme di enzima più attive in forme meno attive e
viceversa
I modulatori di un enzima allosterico possono essere sia inibitori che stimolatori
Lo stesso substrato può essere un attivatore. Quando il modulatore coincide con
il substrato gli enzimi vengono detti omotropici.
Quando il modulatore è una molecola diversa dal substrato gli enzimi vengono
detti eterotropici.
Oltre al sito catalitico gli enzimi allosterici possiedono in genere uno o più siti
regolatori o allosterici per il legame del modulatore.
La maggior parte degli enzimi
allosterici è formato da due o più
catene polipeptidiche o subunità
Spesso il sito di legame del
substrato (sito attivo) e il sito di
legame del modulatore (sito
allosterico) sono su subunità
diverse:
a) subunità catalitica (C)
b) subunità regolatrice (R).
Un tipico modulatore allosterico, l’AMP ciclico
Regolazione della protein chinasi A (PKA)
Il legame di 4 molecole di cAMP attiva la protein chinasi A inducendo la
dissociazione dell’oloenzima non attivo (R2C2) in una subunità regolatrice (R2) e
2 subunità catalitiche.
Ciascuna catena R contiene la sequenza Arg-Arg-Gly-Ala-Ile, che è un perfetto
sito di riconoscimento per la fosforilazione da parte della chinasi A con la
sostituzione della serina bersaglio con un residuo di alanina.
Nel complesso R2C2, questa sequenza pseudosubstatrato occupa il sito catalitico
delle subunità C impedendo il legame del substrato.
In seguito al legame dell’AMPc le catene R subiscono una modificazione
conformazionale che allontana la sequenza pseudosubstrato dal sito catalitico e
libera le subunità C.
Le proprietà cinetiche degli enzimi allosterici non possono essere spiegate
dal modello di Michaelis-Menten.
Gli enzimi allosterici spesso
mostrano una curva della velocità
catalitica in funzione della
concentrazione del substrato con
andamenro sigmoidale invece che
iperbolico.
Gli enzimi allosterici sono costituiti
da più subunità e presentano più siti
attivi
Negli enzimi allosterici il legame del
substrato ad un sito attivo può
modificare le proprietà di altri siti
attivi nella stessa molecola
(enzimi omotropici).
E’ possibile così un legame di tipo
cooperativo.
Curva sigmoide di un enzima omotropico, in cui il substrato serve anche
da modulatore positivo (stimolatore). Legame cooperativo.
Curva simile a quella di ossigenazione dell’emoglobina
Effetti di un modulatore positivo (+) e di un modulatore negativo (-) su
un enzima allosterico in cui la K0,5 viene modulata senza variazioni nella
Vmax (situazione più comune)
Un tipo meno comune di modulazione in cui la Vmax viene modulata e la
K0,5 resta quasi costante.
I modelli per spiegare il funzionamento degli enzimi allosterici
si basano sul presupposto che ciascuna subunità possa esistere
in due conformazioni interconvertibili:
Forma R (Rilasciata) = alta affinità per il substrato
Forma T (Tesa)
= bassa affinità per il substrato
Modello sequenziale per il legame del substrato ad un enzima
allosterico (D. Korshland jr.)
1) Esistono solo due stati conformazionali possibili per ciascuna subunità:
Forma R (Rilasciata) = alta affinità per il substrato
Forma T (Tesa) = bassa affinità per il substrato
2) Il legame del substrato modifica la forma delle subunità a cui è legato.
La conformazione delle altre subunità non viene alterata in modo
apprezzabile.
Modello sequenziale per il legame del substrato ad un enzima
allosterico (D. Korshland jr.)
3) Le modificazioni conformazionali determinate dal legame del substrato
in una subunità possono aumentare o diminuire l’affinità per il substrato
delle altre subunità
Il legame è cooperativo se il sito vuoto nel dimero RT ha una affinità per il
substrato più elevata di quella dei siti del dimero TT
Modello concertato per il legame cooperativo del substrato ad un
enzima allosterico (Monod, Wyman, Changeux, 1965)
1) Tutte le subunità devono avere lo stesso stato conformazionale.
TT e RR sono conformazioni permesse, RT no
2) In assenza di substrato tutte le molecole sono in forma T.
3) L’aggiunta di substrato sposta l’equilibrio verso la forma R
Quando il substrato si lega ad un sito, anche l’altro sito assume la
conformazione R
4) La proporzione di molecole di enzima presenti nello stato R aumenta
progressivamente con l’aumento della concentrazione del substrato
Il legame del substrato risulta cooperativo.
Il modello concertato può facilmente spiegare gli effetti di attivatori ed
inibitori allosterici.
Un inibitore allosterico si lega preferenzialmente alla forma T inattiva,
stabilizzandola e spostando l’equilibrio conformazionale R'T verso T
Un attivatore allosterico si lega preferenzialmente alla forma R attiva,
stabilizzandola e spostando l’equilibrio conformazionale R'T verso R
Stimolazione ed inibizione da parte di proteine di controllo
La calmodulina, una proteina regolatrice ubiquitaria
negli eucarioti, “sente” il livello di calcio
intracellulare ed attiva molti enzimi legandosi ad essi
quando i suoi siti sono occupati dal calcio.
Motivo helix-loop-helix che lega il calcio presente in molte proteine che legano
ioni calcio in seguito ad un aumento della loro concentrazione nella cellula.
La calmodulina interagisce con un dominio elicoidale amfipatico di uno dei suoi
molti enzimi bersaglio, la proteina chinasi I calmodulina-dipendente.
Il lungo segmento centrale ad α-elica della calmodulina si ripiega su se stesso
quando la calmodulina lega il substrato.
Il legame della Ca2+-calmodulina attiva l’enzima permettendo che quest’ultimo
assuma una conformazione cataliticamente attiva.
Regolazione dell’attività delle proteine mediante modificazione covalente.
La fosforilazione è una modificazione molto utilizzata per regolare l’attività
di enzimi e di altre proteine
Le fosfatasi catalizzano la rimozione mediante idrolisi del gruppo
fosforico legato alle proteine da parte delle chinasi
La fosforilazione e la defosforilazione non sono l’uno l’inverso dell’altro;
ciascuna reazione è di fatto irreversibile in condizioni fisiologiche
Un esempio di regolazione mediante modificazione covalente:
la glicogeno fosforilasi
Reazione catalizzata:
(glucosio)n + Pi ¿ (glucosio)n-1 + glucosio -1-P
glicogeno
Alcuni enzimi utilizzano molti meccanismi di regolazione
La glicogeno fosforilasi, un
enzima
chiave
del
metabolismo intermedio, è
soggetto sia a regolazione
mediante
modificazione
covalente (fosforilazione del
residuo Ser14, in giallo), sia
ad attivazione allosterica da
parte dell’AMP (in blu)
L’acetilazione dei residui di lisina: una modificazione covalente delle proteine
L’attivazione di un enzima mediante proteolisi è un altro meccanismo di
regolazione
Un precursore inattivo di un enzima (zimogeno) viene scisso in modo da generare la
forma attiva dell’enzima.
L’attivazione mediante proteolisi è un meccanismo di attivazione enzimatica comune a
molti importanti processi biologici:
Gli enzimi digestivi che idrolizzano le proteine sono sintetizzati sotto forma di zimogeni
nello stomaco e nel pancreas.
La coagulazione del sangue è mediata da una cascata di attivazioni proteolitiche che
assicura una rapida risposta ad un trauma.
Alcuni ormoni sono sintetizzati come precursori inattivi (es.: insulina), che vengono
attivati mediante proteolisi.
Numerosi processi dello sviluppo sono regolati dall’attivazione specifica di zimogeni (es.
metamorfosi del girino in rana).
L’attivazione della procollagenasi (uno zimogeno) in collagenasi (l’enzima attivo) è
finemente regolata nei processi di rimodellamento dei tessuti.
La morte cellulare programmata, o apoptosi, è mediata dall’azione di enzimi proteolitici,
detti caspasi, che sono sintetizzati come precursori inattivi, le procaspasi.
Attivazione di zimogeni mediante proteolisi
L’attivazione mediante proteolisi, a
differenza del controllo allosterico o
delle
modificazioni
covalenti
reversibili, avviene solo una volta nella
vita di un enzima.
Gli enzimi digestivi che idrolizzano le proteine sono sintetizzati come
zimogeni nel pancreas o nello stomaco
Molti degli enzimi digestivi vengono
sintetizzati nel pancreas sotto forma di
zimogeni ed accumulati in granuli di
secrezione.
Quando le cellule vengono stimolate il
contenuto di questi granuli viene
rilasciato nel dotto pancreatico che li
porta nel duodeno.
Il chimotripsinogeno viene attivato mediante taglio specifico di un singolo
legame peptidico
L’attivazione proteolitica del chimotripsinogeno porta alla formazione del sito
di legame per il substrato
Il nuovo gruppo amminoterminale della isoleucina 16
può formare un legame ionico
con il residuo di acido
spartico in posizione 194.
Questa interazione stabilizza
la conformazione attiva della
chimotripsina
L’enteropeptidasi, secreta dalle cellule della parete del duodeno, inizia
l’attivazione degli zimogeni pancreatici attivando la tripsina che a sua volta attiva
gli altri zimogeni
Attivazione di zimogeni mediante proteolisi
Inibitori specifici bloccano l’azione delle proteasi legandosi all’enzima in
maniera molto forte
L’attivazione di un enzima
mediante proteolisi è irreversibile.
Per essere inattivato l’enzima deve
essere degradato o bloccato da
inibitori specifici.
L’inibitore
pancreatico
della
tripsina impedisce che anche
piccolissime quantità di tripsina
possano essere attive nel pancreas o
nei dotti pancreatici portando ad
un’attivazione prematura della
cascata delle proteasi e conseguente
danno tissutale (pancreatite acuta) .
α1-antitripsina
L’inibitore pancreatico della tripsina non è l’unico importante inibitore delle
proteasi.
L’α1-antitripsina è un inibitore dell’elastasi.
Disordini genetici che portano a deficit di questo inibitore si associano a danni degli
alveoli polmonari per una digestione delle fibre elastiche da parte dell’elastasi
(enfisema).
Il fumo di sigaretta ossida il residuo metionina 358 dell’α1-antitripsina, un
inibitore dell’elastasi, aumentando il rischio di enfisema.
R - CH2 - CH2- S - CH3
Metionina 358
Ossidazione
R - CH2 - CH2- S - CH3
O
Derivato sulfossido
L’attività enzimatica viene modificata dal pH
Il pH ottimale di un’attività
enzimatica si adatta di solito
molto bene alle condizioni
intracellulari in cui l’enzima
deve operare.
La pepsina, che idrolizza i
legami
peptidici
delle
proteine
durante
la
digestione nello stomaco, ha
un pH ottimale di circa 1,6.
Il pH del succo gastrico è
normalmente tra 1 e 2.
La
glucosio 6-fosfatasi
epatica ha un pH ottimale di
circa 7,8 ed è responsabile
del rilascio di glucosio nel
sangue.
Il pH del citosol di un
epatocita è di circa 7,2.
Le vitamine
Numerosi enzimi richiedono dei cofattori per poter funzionare. Alcuni cofattori
sono piccole molecole organiche (coenzimi) e spesso sono derivati dalle vitamine.
Le vitamine sono piccole molecole organiche che sono necessarie in piccole
quantità nella dieta degli animali superiori.
Le vitamine sono necessarie e hanno la stessa funzione in quasi tutte le forme di
vita, ma gli animali superiori hanno perso la capacità di sintetizzarle durante
l’evoluzione.
Mentre E. coli può sopravvivere solo con il glucosio e sali organici, gli esseri
umani hanno bisogno di almeno 12 vitamine.
Le vie biosintetiche delle vitamine sono complesse e pertanto è più efficiente
ingerire tali molecole con la dieta che produrre tutti gli enzimi necessari per la
sintesi di queste molecole da precursori più semplici.
Questo risparmio ha un costo: la dipendenza da altri animali per alcuni
composti essenziali.
Un deficit di vitamine può portare all’insorgenza di patologie negli animali che
ne hanno bisogno.
Le reazioni che avvengono nelle cellule sono divisibili in
cinque categorie:
1) Ossido-riduzione
2) Scissione e formazione di legami carbonio-carbonio
3) Riarrangiamenti interni
4) Trasferimento di gruppi
5) Reazioni di condensazione (due unità monomeriche si
uniscono eliminando una molecola di acqua)
Le reazioni che fanno parte della stessa categoria hanno di
solito lo stesso meccanismo chimico
In tutte le reazioni di ossido-riduzione si ha
un trasferimento di elettroni.
Quando due atomi condividono elettroni in un legame covalente, essi hanno
la stessa elettronegatività, come nel caso di due atomi di C.
Quando due atomi hanno un’elettronegatività diversa (es. C e O), essi
formano un legame covalente polarizzato; gli elettroni condivisi hanno più
probabilità di trovarsi nella regione dell’atomo più elettronegativo (in questo
caso O) che in quella dell’atomo meno elettronegativo (in questo caso C).
Quando due atomi hanno un’elettronegatività molto diversa (es. Na e Cl), un
atomo dona elettroni all’altro, generando specie ioniche che interagiscono tra
loro, come nell’NaCl solido.
Stati di ossidazione del carbonio nelle biomolecole
Nei legami carbonio-idrogeno, il
C
più
elettronegativo
“si
appropria” dei due elettroni
condivisi con l’idrogeno.
Nei legami carbonio-ossigeno la
condivisione degli elettroni è
tutta a favore dell’ossigeno.
Passando dal gruppo -CH3, (un
alcano) al gruppo -CH2OH (un
alcol), l’atomo di carbonio tende
a perdere elettroni; avviene cioè
un’ossidazione.
In molte ossidazioni biologiche un composto cede due elettroni e due ioni
idrogeno (cioè due atomi di idrogeno).
Queste reazioni sono comunemente chiamate deidrogenazioni e gli enzimi che le
catalizzano sono deidrogenasi.
In alcune ossidazioni biologiche un atomo di carbonio si lega covalentemente a un
atomo di ossigeno. Gli enzimi che catalizzano queste ossidazioni sono in genere
detti ossidasi oppure, se gli atomi di ossigeno derivano dall’ossigeno molecolare
(O2) ossigenasi.
Ogni ossidazione è accompagnata da una riduzione, in cui un accettore di
elettroni acquista gli elettroni rimossi dall’ossidazione.
Le reazioni di ossidazione rilasciano in genere energia.
Reazioni di scissione e formazione di legami
carbonio-carbonio
I due meccanismi per la rottura di un legame C - C
Scissione omolitica
Radicali del carbonio
Scissione eterolitica
Carboanione
Carbocatione
Scissioni omolitiche (rare negli organismi viventi):
Ciascun atomo lascia il legame sotto forma di radicale, trasportando uno dei due elettroni
che erano condivisi.
Scissioni eterolitiche:
Uno degli atomi trattiene entrambi gli elettroni impegnati nel legame covalente (e si
genera un anione), lasciando l’altro atomo privo di un elettrone (si genera un catione)
Nelle scissioni eterolitiche, quando un secondo gruppo ricco di
elettroni va a prendere il posto dell’anione che è stato eliminato,
si ha una sostituzione nucleofilica.
nucleofilica
-
Gruppo Nucleofilo
uscente
Molte delle reazioni biochimiche avvengono mediante interazioni tra
Nucleofili = gruppi funzionali ricchi di elettroni capaci di
donarli
e
Elettrofili = gruppi funzionali poveri di elettroni che
cercano di legarli
I nucleofili si combinano con gli elettrofili donando loro
elettroni.
Alcuni gruppi funzionali che si comportano da
nucleofili nelle cellule
I gruppi funzionali contenenti ossigeno,
azoto e zolfo sono di solito importanti
nucleofili biologici.
Gli
atomi
di
idrogeno
carichi
positivamente (ioni idrogeno o protoni) e
i metalli carichi positivamente (cationi)
sono spesso utilizzati come elettrofili.
Un atomo di carbonio si può comportare
sia da nucleofilo sia da elettrofilo a
seconda del tipo di legame e di
sostituenti che lo circondano.
L’elenco è in ordine di forza decrescente.
I nucleofili deboli sono gruppi uscenti migliori
Due diversi modi con cui un nucleofilo può sostituirne un
altro durante la formazione di un legame
carbonio - carbonio
1) Reazione SN1 (Sostituzione nucleofilica unimolecolare)
Carbocatione
intermedio
W: = gruppo uscente
Z:-= nucleofilo entrante
Conservazione
della configurazione
2) Reazione SN2
(Sostituzione nucleofilica
bimolecolare)
Intermedio
pentacovalente
W: = gruppo uscente
Z:-= nucleofilo entrante
Inversione
della configurazione
I nucleofili deboli sono buoni gruppi uscenti, mentre i
nucleofili forti sono buoni gruppi sostituenti.
Il trasferimento di elettroni all’interno di una molecola
produce un riarrangiamento molecolare
Il C-1 viene ridotto (da aldeide a alcol) e il C-2 viene ossidato (da alcol a chetone)
Nel riarrangiamento molecolare, una ridistribuzione degli elettroni porta a isomerizzazione,
trasposizione o riarrangiamento cis-trans di doppi legami.
Meccanismo di azione della reazione di conversione del glucosio 6-fosfato in
fruttosio 6-fosfato
Elettrofilo
Nucleofilo
B1 e B2 sono i gruppi basici dell’enzima: essi sono in grado di donare e di
accettare ioni idrogeno (protoni) mentre la reazione va a compimento
Le reazioni di trasferimento di gruppi
attivano gli intermedi metabolici.
Uno dei temi fondamentali del metabolismo è l’attacco di un
buon gruppo uscente a un intermedio metabolico, in modo da
“attivarlo” per le successive reazioni.
Tra i migliori gruppi uscenti nelle reazioni di sostituzione
nucleofilica vi è l’ortofosfato inorganico.
Le sostituzioni nucleofiliche in cui il gruppo fosforico (-PO32-)
funziona da gruppo uscente avvengono molto speso nelle
reazioni metaboliche
Le reazioni di trasferimento di gruppi
attivano gli intermedi metabolici.
L’ortofosfato inorganico (Pi)
•Il fosforo può formare 5 legami covalenti.
•La rappresentazione convenzionale del Pi con 3 legami P -O e un legame P = O
non è corretta.
•Nel Pi vi sono 4 legami P-O che condividono un carattere di parziale doppio
legame, e l’anione viene ad avere una struttura tetraedrica.
•Dato che l’ossigeno è più elettronegativo del fosforo, gli elettroni non sono
ugualmente distribuiti; il nucleo centrale costituito dal fosforo ha una carica
parzialmente positiva e può agire da elettrofilo.
Intermedio
pentacovalente
transitorio
Quando un nucleofilo Z (in questo caso il gruppo -OH del C-6 del glucosio) attacca
l’ATP, viene spiazzato l’ADP (W) e in questa reazione SN2, si forma un intermedio
pentacovalente transitorio.
Gli enzimi che catalizzano trasferimenti di gruppi fosforici con l’ATP in qualità di
donatore sono detti chinasi (es.: esochinasi).
Reazioni di condensazione
Le reazioni di condensazione sono alla base della formazione
dei biopolimeri.
Le subunità che costituiscono le proteine, gli acidi nucleici e i
polisaccaridi sono unite tra loro da reazioni di condensazione
che avvengono mediante spiazzamento nucleofilo con
sostituzione di gruppo uscente.
Il gruppo OH è un gruppo uscente povero.
La reazione non avviene in questo modo!
Il tRNA è un gruppo uscente migliore.
Gli amminoacidi devono essere attivati mediante il
legame ai tRNA!
Le macromolecole possono essere demolite da reazioni di idrolisi,
in cui l’acqua diventa il nucleofilo attaccante, spiazzando
un’unità monomerica o un piccolo frammento di polimero.
Specifici gruppi catalitici contribuiscono alla catalisi
Una volta che il substrato si è legato, un enzima può utilizzare diversi
meccanismi di catalisi per facilitare la rottura o la formazione di un legame,
sfruttando i suoi gruppi funzionali catalitici opportunamente disposti .
Tra i meccanismi meglio caratterizzati vi sono :
La catalisi covalente.
La catalisi acido-base.
La catalisi da ioni metallici.
La catalisi da avvicinamento dei substrati.
Gli enzimi utilizzano una o più di questi meccanismi per accellerare le velocità
delle reazioni.
Catalisi covalente
Nella catalisi covalente il sito attivo presenta un gruppo reattivo,
generalmente un forte nucleofilo che viene temporaneamente
modificato covalentemente durante la reazione.
Catalisi acido-base
Molte reazioni biochimiche comprendono la formazione di intermedi instabili
carichi che tendono a degradarsi rapidamente nelle loro specie costituenti,
impedendo quindi alla reazione di arrivare a compimento.
Lo sviluppo della carica sfavoreviole può essere superato mediante il
coinvolgimento di accettori o donatori di protoni .
La catalisi a cui partecipano ioni H+ (H3O+) oppure OH- presenti nell’acqua
viene chiamata catalisi acido-base specifica .
Nella catalisi acido-base generale una molecola diversa dall’acqua svolge il
ruolo di donatore o accettore di protoni.
Nel sito attivo di un enzima vi possono essere catene laterali di amminoacidi
capaci di svolgere la funzione di accettore o donatore di protoni.
Esempio di catalisi acido-base: l’idrolisi di un legame amidico
Lo sviluppo della carica è sfavorevole e
può essere superato mediante la donazione
di un protone da parte di H3O+ (catalisi
acida specifica) oppure di HA (catalisi
acida generale), dove HA rappresenta un
qualsiasi acido
Analogamente, la carica può essere
neutralizzata dalla sottrazione di un
protone da parte di OH- (catalisi basica
specifica) oppure di B: (catalisi basica
generale), dove B: rappresenta qualsiasi
base.
Gli amminoacidi nella catalisi acido-base generale
Catalisi da ioni metallici
Gli ioni metallici possono funzionare nella catalisi in diversi modi:
- Uno ione metallo può funzionare stabilizzando una carica negativa su di un
intermedio di reazione.
- Uno ione metallico può generare un forte nucleofilo aumentando l’acidità di
una molecola vicina.
- Uno ione metallico può legare il substrato, aumentando il numero di
interazioni tra quest’ultimo e l’enzima e quindi l’energia di legame .
Catalisi da avvicinamento dei substrati
Molte reazioni prevedono due distinti substrati.
In questi casi la velocità della reazione può essere accellerata
anche dal solo avvicinamento dei due substrati nel sito attivo
dell’enzima
Chimotripsina
La chimotripsina è un enzima digestivo nei mammiferi che
catalizza l’idrolisi di proteine nell’intestino tenue.
La chimotripsina appartiene alla famiglia delle serina proteasi.
proteasi
Chimotripsina
La chimotripsina ha una massa di 25 kd
ed è costituita da 3 catene polipeptidiche
unite da ponti disolfuro.
Struttura tridimensionale della chimotripsina (David Blow, 1967)
Nella struttura tridimensionale della chimotripsina tutti i residui carichi e/o polari sono
sulla superficie della molecola, eccetto tre residui che hanno un ruolo fondamentale nella
catalisi
La chimotripsina idrolizza in modo selettivo i legami peptidici dalla parte
carbossilica di amminoacidi con catene laterali aromatiche (tirosina, triptofano,
e fenilalanina) o con lunghe catene laterali idrofobiche come la metionina.
La chimotripsina idrolizza anche legami estere.
Reazione catalizzate dalla chimotripsina
O
R1 - C - N - R2 + H2O
R1 - C
O
=
O-
+ +H3N - R2
H
Peptide
Acido
Ammina
O
R1 - C - O - R2 + H2O
R1 - C
H
Estere
Acido
O
=
O-
+ HO- R2 + H+
Alcool
Le proteasi
Le proteasi catalizzano la scissione idrolitica di un legame peptidico
(l’addizione di una molecola di acqua a un legame peptidico)
O
R1 - C - N - R2 + H2O
R1 - C
=O
O-
+ +H3N - R2
H
Peptide
Acido
Ammina
Anche se questa reazione è termodinamicamente favorevole, è estremamente
lenta (in assenza di un catalizzatore l’emivita di un legame peptidico a pH
neutro è tra i 10 e i 1000 anni)
Il legame peptidico è particolarmente resistente.
Il parziale carattere di doppio legame del legame peptidico lo rende
particolarmente resistente.
Inoltre l’atomo di carbonio carbonilico del legame peptidico è meno
elettrofilico e meno suscettibile ad attacco nucleofilico degli atomi di carbonio
carbonilici presenti in altri composti (es.: esteri carbossilici).
Per permettere il taglio del legame peptidico, un enzima deve facilitare l’attacco
nucleofilico ad un gruppo carbonilico normalmente poco reattivo
Chimotripsina
La chimotripsina è un ottimo esempio dell’uso della catalisi
covalente come strategia catalitica.
L’enzima utilizza un potente nucleofilo per attaccare il gruppo
carbonilico poco reattivo.
La chimotripsina catalizza l’idrolisi di legami peptidici e di legami
estere in due fasi, che prevedono un intermedio di reazione in cui
il substrato è
legato covalentemente al gruppo nucleofilo
dell’enzima.
Il comportamento cinetico di un enzima può essere studiato facilmente se si
conosce un analogo del substrato che viene trasformato in un prodotto colorato.
Nel caso della chimotripsina, il substrato cromogenico è l’N-acetil-L-fenilalanina
p-nitrofenil estere. Uno dei prodotti formati in seguito al taglio di questo composto
da parte della chimotripsina è il p-nitrofenolo, che ha un colore giallo.
Cinetica della catalisi mediata dalla chimotripsina
Il meccanismo catalitico della chimotripsina
Fase veloce
acilazione
E + S ' ES
Fase lenta
deacilazione
E - P2
P1
E
P2
P1 = componente aminico (o alcolico) del substrato
E - P2 = intermedio covalente enzima-acile
P2 = componente acido del substrato
Il meccanismo della catalisi prevede la formazione di un intermedio covalente
(catalisi covalente)
Ser195
Fase veloce
acilazione
Fase lenta
deacilazione
Il gruppo acile si lega transitoriamente all’atomo di ossigeno di uno specifico
residuo di serina, la serina 195.
La serina 195 è il nucleofilo che la chimotripsina utilizza per attaccare il
gruppo carbonilico del substrato
La serina 195 è particolarmente
disopropilfluorofosfato (DIFP).
reattiva
ed
interagisce
con
il
Gli altri 27 residui di serina presenti nella chimotripsina non reagiscono con il
DIFP
L‘attività catalitica della chimotripsina dipende dall’insolita
reattività della serina 195
La presenza di un residuo di serina iperreattivo coinvolto nella
catalisi è tipico delle serina proteasi
(es.: chimotripsina, tripsina, elastasi, trombina, subtilisina,
acetilcolinesterasi, etc…)
Struttura tridimensionale della chimotripsina.
Gli amminoacidi della triade catalitica sono vicini
nella struttura tridimensionale dell’enzima
La serina 195, Ser195,è parte di una triade catalitica che comprende anche un residuo di
istidina, His57, ed un residuo di acido aspartico, Asp102.
La triade catalitica converte la serina 195 in un potente nucleofilo.
•Il residuo di istidina serve per posizionare la catena laterale della serina e per
polarizzare il gruppo ossidrilico (agisce come un catalizzatore basico generale, accettando
uno ione idrogeno).
•La rimozione del protone dal gruppo ossidrilico genera uno ione alcossido, che è un
nucleofilo molto più potente di un alcol.
•Il ruolo del gruppo carbossilico dell’aspartato 102 è quello di orientare il residuo di
istidina e di renderlo un migliore accettore di protoni mediante effetti elettrostatici (la
carica negativa dell’Asp102 stabilizza la carica positiva che si viene a creare sul residuo di
His).
Meccanismo di azione della chimotripsina
Legame del substrato
Il gruppo ossidrilico della Ser195 procede con un attacco nucleofilo verso il
carbonio carbonilico del substrato
Il buco dell’ossanione stabilizza la struttura dell’intermedio tetraedico che si
forma durante la reazione della chimotripsina
I gruppi NH della catena peptidica formano legami idrogeno con con l’ossigeno
carico negativamente.
Queste interazioni contribuiscono a stabilizzare lo stato di transizione
Dall’intermedio tetraedrico instabile si forma il complesso covalente acil-enzima
Questo passaggio è facilitato dal trasferimento di un protone dall’istidina
carica positivamente al gruppo amminico che si forma dalla rottura del legame
peptidico.
La componente amminica è libera di lasciare l’enzima …….
……. ed è rimpiazzata da una molecola di acqua
Il gruppo estere del complesso acil-enzima viene quindi idrolizzato mediante un
processo che essenzialmente è una ripetizione delle tappe precedenti.
La molecola di acqua attacca il gruppo carbonilico mentre un protone viene
rimosso dal residuo di istidina, e si forma pertanto un nuovo intermedio
tetraedrico.
L’intermedio tetraedrico si rompe e si forma il prodotto acido carbossilico
Il rilascio dell’acido carbossilico rende disponibile l’enzima per una nuova
reazione
Immagine del sito attivo della chimotripsina con il substrato (verde) legato.
La Ser195 attacca il gruppo carbonilico del substrato (il cui ossigeno è il viola); la
carica negativa che si genera è stabilizzata da buco dell’ossanione, i cui azoti
amidici sono in colore arancione.
Nel substrato sono indicate in azzurro la catena laterale aromatica
amminoacidica e l’azoto amidico del legame peptidico che deve essere rotto.
Studi cristallografici di complessi della chimotripsina con analoghi del substrato,
hanno chiarito il meccanismo della specificità del riconoscimento del substrato
La chimotripsina presenta una
tasca idrofobica in cui si
adattano le catene laterali
aromatiche e alifatiche lunghe
dei substrati.
Il legame della giusta catena
laterale
in
questa
tasca
idrofobica posiziona il legame
peptidico adiacente sul lato
carbossiterminale nel sito attivo
dell’enzima in posizione corretta
per il taglio.
Chimotripsina
= tasca in cui si lega la catena laterale aromatica del substrato
= I residui chiave del sito attivo, Ser195, His57 e Asp102
Interazioni tra le proteasi e il substrato
I siti potenziali di interazione del substrato con l’enzima sono indicati come P
(in rosso) e i siti di legame corrispondenti sull’enzima sono indicati con le S.
Similarità strutturali della tripsina e della chimotripsina
= chimotripsina
= tripsina
Le sequenze amminoacidiche della tripsina, chimotripsina ed elastasi sono
identiche per circa il 40% e le loro strutture sono molto simili.
Tutte queste proteine sono serin-proteasi ed operano con un meccanismo simile
a quello descritto per la chimotripsina
I tre enzimi chimotripsina, tripsina ed elastasi sono simili nella
struttura e nel meccanismo d’azione, ma differiscono per
specificità di substrato.
La chimotripsina richiede una grossa catena aromatica o alifatica
sul lato carbonilico del legame peptidico suscettibile
La tripsina richiede una lisina o una arginina sul lato carbonilico
del legame peptidico suscettibile
L’ elastasi richiede piccole catene laterali non cariche sul lato
carbonilico del legame peptidico suscettibile
Studi ai raggi X hanno chiarito che la diversa specificità è dovuta a piccole
differenze nella struttura del sito di legame del substrato.
Tasca
idrofobica
Tirosina
Triptofano
Fenilalanina
Metionina
Lisina
Arginina
Glicina e altri
amminoacidi con
catene laterali
poco ingombranti
La triade catalitica ed il buco dell’ossanione della subtilisina
La subtilisina è una proteasi batterica non omologa alla chimotripsina ma che
presenta un sito attivo simile
La carbossipeptidasi II, nonostante abbia una struttura tridimensionale molto
diversa da quella della chimotripsina, presenta una triade catalitica composta
degli stessi residui amminoacidici.
In questo enzima è presente anche il buco dell’ossanione (in giallo)
Mutagenesi sito-specifica della triade catalitica nella subtilisina
Non tutte le proteasi utilizzano strategie catalitiche basate su residui di serina
attivati
Le cistein-proteasi, le aspartilproteasi e le metalloproteasi sono
altre classi principali di enzimi che
tagliano catene polipeptidiche
Queste classi di proteasi, anche se
non usano un residuo di serina
attivato, comunque hanno una
strategia catalitica che prevede un
nucleofilo che attacca il carbonile
del legame peptidico da idrolizzare.
Le strategie di attivazione delle tre classi di proteasi
Il gruppo carbonilico peptidico è attaccato da:
a) Una cisteina attivata da un’istidina nelle cistein proteasi
b) Una molecola di acqua attivata da una coppia di residui di acido aspartico
nelle aspartil proteasi
c)
Una molecola di acqua attivata da un metallo, quasi sempre zinco, nelle
metallo proteasi
Gli inibitori di proteasi possono essere utilizzati come farmaci.
Struttura della proteasi di HIV
La proteasi di HIV, dimerica, è necessaria per tagliare le proteine virali
multidominio e trasformarle nelle forme attive.
Bloccando la proteasi di HIV si blocca l’infettività del virus.
Un inibitore di proteasi utilizzato come farmaco deve essere specifico per un
enzima e non inibire altre proteine presenti nell’organismo
Il crixivan, un inibitore della proteasi dell’HIV
La struttura del crixivan è confrontata con quella di un peptide substrato della
proteasi di HIV.
Struttura del complesso proteasi di HIV - crixivan
Il crixivan si lega nel sito attivo dell’enzima, inducendo, così come il naturale
substrato, una modificazione conformazionale della proteina.
Struttura della proteasi di HIV
Struttura del crixivan che mette in evidenza la conformazione
approssimativamente simmetrica che ricorda la struttura simmetrica
dell’enzima.
Il crixivan è in grado di interagire specificamente con la proteasi di HIV ma
non con le aspartil-proteasi cellulari.
FINE
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