Capitolo Primo: Introduzione
CAPITOLO PRIMO
INTRODUZIONE
In questo capitolo si forniscono alcuni dati generali sulle caratteristiche chimico-fisiche del
mercurio, sulle sorgenti naturali ed antropiche di mercurio atmosferico, sul ciclo biogeochimico di
questo elemento con particolare riferimento a quello acquatico e a quello atmosferico.
Inoltre sono riassunti gli effetti tossici del mercurio in seguito ai processi di bioconcentrazione,
bioaccumulo e biomagnificazione lungo la catena alimentare.
I dati essenziali alla comprensione della ricerca oggetto di questa tesi sono riportati nel
capitolo 2, dove sono descritti i processi di natura abiotica e quelli di natura biotica che
portano alla formazione di mercurio gassoso nelle acque e dove viene valutata l’importanza
del contributo dei batteri mercurio-riducenti nella produzione di DGM (Dissolved Gaseous
Mercury) rispetto alla produzione indotta dalla radiazione solare.
1.1.
Il mercurio: un pericoloso inquinante ambientale
Il mercurio rappresenta un potente e pericoloso inquinante ambientale. Esso non è più
considerato come un problema locale o regionale, ma mostra tutte le caratteristiche di un
inquinante globale (Schroeder et al., 1994).
Il mercurio (numero atomico 80, peso atomico 200,59) occupa il gruppo IIB dei metalli di
transizione nella Tavola Periodica degli Elementi. Esso è l’unico metallo che a temperatura
ambiente si presenta allo stato liquido. Si può trovare nello stato di ossidazione 0 (mercurio
elementare), +2 (caratteristica che condivide con gli altri elementi del gruppo IIB: zinco e cadmio)
ed in quello +1 (nello stato di ossidazione +1 si trova solo nella forma chimica Hg22+).
Il mercurio è caratterizzato da un’alta tensione superficiale, da un’alta conduttività termica e da
una bassa resistività elettrica.
A temperatura ambiente (25 °C) il mercurio si ritrova nell’aria con un tasso di volatilizzazione di
0,007 mg cm-2 h-1 (Grier, 1968).
La sua pressione di vapore è strettamente dipendente dalla temperatura.
Capitolo Primo: Introduzione
Il mercurio nell’ambiente si trova raramente nello stato di liquido puro, ma piuttosto sotto forma
di sali organici ed inorganici che hanno una più bassa tensione di vapore (Andren and Nriagu,
1979). Esso non reagisce facilmente con l’ossigeno, il carbonio, il fosforo, ma è altamente reattivo
nei confronti dell’ozono, degli alogeni, del perossido di idrogeno, dell’acido nitrico, dell’acido
solforico concentrato (Andrei and Nriagu, 1979).
La tendenza del mercurio è quella di formare legami covalenti anziché legami ionici, a
differenza degli altri metalli.
Il mercurio e molti dei suoi sali presentano proprietà catalitiche: per esempio può ridurre
cataliticamente; un secondo esempio è la conversione dell’acetilene ad acetaldeide operata
tramite la catalisi del solfato di mercurio (Andren and Nriagu, 1979).
La chimica biologica del mercurio è caratterizzata dall’elevata affinità dei composti mercuriali
per i gruppi tiolici, dall’alta stabilità del suo legame con il carbonio e dall’elevata solubilità, rispetto
agli altri metalli, nell’acqua e nei solventi organici; inoltre i vapori di mercurio elementare ed il
metilmercurio possono attraversare facilmente le membrane biologiche e provocare conseguenze
dal punto di vista tossicologico (par. 1.4).
Nella tabella 1.1.1 sono riportate altre caratteristiche del mercurio.
PUNTO DI FUSIONE
-38,9 °C
PUNTO DI EBOLLIZIONE
356,6 °C
DENSITA’
-3
13,53 g cm a 25 °C
6,4 x 10-5 g L-1 H2O a 25 °C
SOLUBILITA’
LUNGHEZZA DI LEGAME Hg-Hg
PRESSIONE DI VAPORE
3,005 Å
-3
1,85 x 10 Torr a 25 °C
FORZA DEI LEGAMI CHIMICI DI:
Hg-Hg
Hg-S
Hg-I
Hg-K
4,1 Kcal mol-1
≤ 40 Kcal mol-1
9 Kcal mol-1
1,97 Kcal mol-1
Tab 1.1.1. Principali caratteristiche chimico-fisiche del mercurio
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Il mercurio elementare (Hg0) è una specie chimica altamente volatile che quindi può essere
dispersa nell’atmosfera anche molto lontano dalla fonte di emissione (Schroeder et al., 1989),
mentre nella forma chimica di metilmercurio (CH3Hg) può subire uno dei maggiori processi, tra tutti
gli altri metalli in tracce, di bioaccumulo lungo la catena alimentare. Soprattutto nel bacino del
Mediterraneo, caratterizzato da un’anomalia geologica legata alla presenza di estesi depositi di
cinabro (HgS) e da un’intensa attività geotermica, sono stati riscontrati alti livelli di questo metallo
nei pesci pelagici (Buffoni et al., 1982).
Le sorgenti di mercurio possono essere naturali o antropiche. Le sorgenti naturali sono quelle
che erano già presenti nell’era pre-industriale e si riferiscono ai processi naturali come emissioni
vulcaniche, erosione delle rocce, emissione di mercurio elementare dalle superfici acquatiche e dai
suoli (Lindqvist et al., 1984). Secondo le ultime stime (Mason et al., 1994) le emissioni naturali
totali si aggirano attorno alle 1600 tonnellate annue (Fig. 1.1.1). Poco si sa sulle specie chimiche
coinvolte in questi tipi di emissioni.
Fig. 1.1.1. Stima delle emissioni di mercurio atmosferico nel periodo pre-industriale (Mason et al., 1994).
Le attività antropiche che sono note dare origine alla mobilizzazione del mercurio includono
processi di produzione industriale (in particolare l’uso di celle elettrolitiche a catodo di mercurio
negli impianti cloro-soda), l’uso di combustibili fossili come fonte di energia, arrostimento del
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cinabro in seguito ad attività mineraria, estrazione e fusione di metalli (zinco e rame), uso di
pesticidi in agricoltura e incenerimento di rifiuti. Le ultime stime sull’entità delle emissioni totali in
seguito alle attività antropiche indicano un valore approssimativo di 5000 tonnellate annue (Mason
et al., 1994) (Fig. 1.1.2).
Fig. 1.1.2. Stima delle attuali sorgenti antropiche di mercurio atmosferico (Mason et al., 1994).
1.2.
Il mercurio nel bacino del Mediterraneo
Nel bacino del Mediteraneo sono presenti sorgenti antropiche e sorgenti naturali di mercurio di
notevole entità. Il bacino del Mediterraneo è infatti caratterizzato da un’anomalia geologica legata
alla presenza di estesi depositi di cinabro (HgS) (Fig. 1.2.1) e da un’intensa attività geotermica.
Fig. 1.2.1. Mappa dei principali depositi di cinabro nel bacino del Mediterraneo.
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Circa il 60% dei depositi di mercurio di tutto il mondo è localizzato nel bacino del Mediterraneo
(Ferrara et al., 1997).
Queste particolari caratteristiche geologiche e le caratteristiche idrogeologiche (scarso ricambio
idrico con gli altri mari), insieme all’elevata intensità della radiazione solare e alle alte temperatura
ambientali che caratterizzano il Mediterraneo per molti mesi dell’anno, favoriscono i meccanismi
biologici, foto-chimici e fisici responsabili della formazione e dell’emissione dai suoli e dalle acque
del mercurio elementare (Ferrara et al., 1997).
Le principali sorgenti naturali di mercurio atmosferico nell’area Mediterranea sono
rappresentate dai vulcani attivi, dal flusso di mercurio dai suoli ricchi di cinabro verso l’atmosfera,
dalle sorgenti di energia geotermica e dalle emissioni di mercurio (principalmente sotto forma di
mercurio elementare) dalle superfici acquatiche.
I dati riguardanti le emissioni di mercurio nell’atmosfera dei vulcani Stromboli, Vulcano ed Etna,
pur mostrando valori molto minori rispetto alle emissioni dei vulcani Hawaiani (Siegel and Siegel,
1984), indicano che i vulcani rappresentano una sorgente importante di mercurio per il
Mediterraneo.
Anche le emissioni di mercurio legate allo sfruttamento dell’attività geotermica (come nella
zona del Monte Amiata, Italia) danno un contributo importante al flusso di questo metallo
nell’atmosfera (circa 1 ton a-1, Edner et al., 1992).
Notevole importanza riveste il flusso di mercurio dai suoli caratterizzati dalla presenza di
cinabro (Monte Amiata, Italia), e ancor più quello derivante dagli impianti minerari di lavorazione
del cinabro stesso (Almaden, Spagna).
Infine, ricerche condotte negli ultimi anni hanno stimato che l’emissione di mercurio
dalla superficie acquatica del mar Mediterraneo ammonti a 60 tonnellate all’anno,
rappresentando la principale sorgente naturale di questo metallo per l’atmosfera (Ferrara et
al., 2000a), superiore a quella dei vulcani del Mediterraneo (0,6-1,3 t annue, Ferrara et al.,
2000b). Questa tesi si propone in particolare di valutare il ruolo e il contributo dei batteri in
grado di operare la riduzione dell’Hg2+ ad Hg0 rispetto ai processi di riduzione abiotici
fotoindotti.
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1.3.
Ciclo biogeochimico del mercurio
Nonostante le emissioni antropiche di mercurio siano state drasticamente ridotte a partire dal
1960, il mercurio si sta ancora diffondendo nell’ambiente, in particolare nell’atmosfera e nei sistemi
acquatici, attraverso un complesso ciclo biogeochimico, di cui fanno parte il ciclo atmosferico e
quello acquatico (Fig. 1.3.1). Alla base di questo ciclo vi è la conversione tra le diverse specie
chimiche del mercurio.
Fig. 1.3.1. Schema del ciclo biogeochimico del mercurio
Il ciclo atmosferico è basato sulla conversione nel suolo e nell’acqua del mercurio inorganico
divalente (Hg2+) a mercurio elementare (Hg°) e/o dimetilmercurio ((CH3)2Hg), forme volatili che
quindi possono passare all’atmosfera; segue la riossidazione atmosferica del mercurio elementare,
che ricade sulle superfici acquatiche e terrestri attraverso le deposizioni secche e umide (Lindqvist,
1994).
Il mercurio depositato o trasportato sulle superfici acquatiche può subire una varietà di
trasformazioni. Il ciclo acquatico comprende la formazione di metilmercurio (CH3Hg) a partire da
mercurio inorganico divalente (Hg2+), l’accumulo del metilmercurio negli organismi viventi e nelle
catene trofiche, ed i processi di demetilazione. Sebbene il metilmercurio rappresenti la forma
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chimica dominante nella maggior parte degli organismi che fanno parte dei gradini più alti della
piramide alimentare, esso costituisce solo una piccola frazione del mercurio totale presente in un
ecosistema acquatico (Lindqvist et al., 1984).
Oltre al processo di metilazione, nella colonna d’acqua l’Hg2+ può subire processi di
riduzione che portano alla formazione di specie chimiche volatili e ritornare all’atmosfera
(Fitzgerald et al., 1991). In letteratura le specie chimiche volatili di mercurio disciolte sono
indicate con l’acronimo di DGM (Dissolved Gaseous Mercury); di queste il mercurio
elementare rappresenta più del 90% (Hudson et al., 1994). L’importanza della formazione di
DGM in un sistema acquatico deriva dal fatto che, da un punto di vista globale, l’emissione
di mercurio dalla superficie acquatica all’atmosfera rappresenta ben il 30% delle emissioni
annue totali di questo metallo nell’atmosfera (Mason et al., 1994). Inoltre la formazione di
DGM ed il processo di volatilizzazione del mercurio sottraggono una parte di Hg2+ ai
processi di metilazione e successivo bioaccumulo del metilmercurio lungo la catena trofica
(Fitzgerald, 1993). I meccanismi di riduzione dell’ Hg2+ sono dovuti a reazioni di tipo fotochimico (processi abiotici) e all’intervento di organismi procariotici ed eucariotici (processi
biotici).
È presente un’ampia variazione di concentrazione di mercurio totale nelle acque (0,3-15 ng L-1)
in relazione al luogo (sia geografico, che con riferimento alla distanza dalla costa), alla profondità,
alla quantità di materia organica presente
Del mercurio totale fanno parte la frazione disciolta (definita come il mercurio presente in un
campione filtrato con un filtro di porosità di 0,45 µm) e quella associata al materiale particellato in
sospensione. Seritti et al. (1986) hanno trovato per il Mar Mediterraneo valori compresi
nell’intervallo 0,3-8,0 ng L-1 di mercurio legato al particellato, e 1,7-12,2 ng L-1 di mercurio nella
fase disciolta.
È difficile determinare l’Hg2+ libero disciolto nelle acque naturali (definito come mercurio
reattivo), sia per le sue basse concentrazioni (0,05-0,1 ng L-1 Mar Adriatico, Horvat et al., 2001),
sia per la presenza in acqua di molecole capaci di legare l’Hg2+ in maniera più o meno forte.
Capitolo Primo: Introduzione
1.4.
Bioconcentrazione, bioaccumulo, biomagnificazione e effetti tossici del mercurio
Le specie chimiche del mercurio tossiche per gli esseri viventi sono rappresentate dal mercurio
elementare, presente nell’aria in elevate concentrazioni in alcuni ambienti di lavoro, e dal
monometilmercurio, assunto con la dieta (Schweinsberg, 1994).
Il vapore di mercurio è un gas monoatomico, non polare, solubile nei lipidi e quindi in grado di
attraversare le membrane biologiche. Nell’organismo entra attraverso gli alveoli polmonari e si
dissolve nel plasma (Clarkson, 1994). Nelle cellule il mercurio atomico è ossidato a mercurio
divalente dall’enzima catalasi (Clarkson, 1994). Il mercurio divalente è così intrappolato nelle cellule
e raggiunge il cervello molto lentamente (Lipfert et al., 1995).
Meccanismi di difesa sono attuati dal selenio, che può formare complessi insolubili con il
mercurio ionico, e dalla superossido dismutasi, che riduce il mercurio divalente nel fegato, in modo
che i vapori di mercurio dal fegato sono condotti tramite il sistema sanguigno ai polmoni per essere
eliminati (Khera, 1979). Nel fegato avviene anche l’ossidazione dei vapori di mercurio ad opera
dell’enzima catalasi; il mercurio ossidato si può legare alla glutatione reduttasi e il complesso così
formato può essere escreto con le feci tramite il passaggio attraverso la bile (Clarkson, 1994). Se il
mercurio è presente in concentrazioni elevate, i meccanismi di difesa risultano insufficienti, ed esso
è accumulato nei polmoni e nel cervello, con gravi danni al sistema nervoso centrale e affezioni alle
vie respiratorie (Magos and Webb, 1979). Gli effetti clinici conseguenti all’inalazione di
concentrazioni elevate di mercurio atomico (situazione diffusa in ambienti lavorativi particolari come
le miniere) sono: bronchiti, polmoniti interstiziali e morte per insufficienza respiratoria; questi sintomi
sono accompagnati da disturbi al sistema nervoso centrale, che provocano tremori, insonnia,
eccitabilità crescente (Magos and Webb, 1979).
Il mercurio nell’ambiente marino, per opera di microrganismi, subisce la trasformazione in
composti organici, come mono- e dimetilmercurio. Per la metilazione di cationi di metalli pesanti, i
microrganismi necessitano di donatori di gruppi metile (come la metilcobalamina), che funzionano
da coenzimi (Ebinghaus and Wilken, 1993). Varie specie microbiche producono metilmercurio in
funzione di alcune variabili ambientali, come il potenziale redox del sedimento, la temperatura, la
concentrazione di mercurio inorganico, la concentrazione di solfuri e l’attività microbica stessa,
Capitolo Primo: Introduzione
favorita da condizioni anaerobiche (Lindqvist et al., 1984). Questa capacità rappresenta uno dei
meccanismi di resistenza dei batteri ai composti organo-mercuriali (Summers and Barkay, 1989).
Infatti i microrganismi producono metilmercurio per la loro detossificazione, perché in tal modo
l’escrezione di questo metallo risulta facilitata.
Sembra che il metilmercurio possa essere prodotto, in misura minore, anche tramite reazioni
abiotiche di transmetilazione (Ebinghaus and Wilken, 1993; Hintelmann et al., 1993) e per opera di
macrofunghi (Fischer et al., 1995).
I batteri non solo formano il metilmercurio, ma sono anche responsabili del processo inverso,
ovvero della demetilazione, processo che avviene sia in condizioni aerobiche che anaerobiche
(Lindqvist et al., 1984).
La capacità dei composti organo-mercuriali di attraversare le membrane cellulari è alla base del
loro accumulo negli organismi acquatici eucariotici che, a differenza dei batteri, non sono in grado
di produrre metilmercurio (Lindqvist et al., 1984). Questo accumulo cresce lungo i vari gradini della
catena alimentare e assume un’importanza fondamentale nel caso dei predatori (compreso l’uomo),
che si trovano all’apice della piramide alimentare. La metilazione avviene negli strati superiori dei
sedimenti e dipende da pH, ossigeno e temperature elevate. Il metilmercurio entra nella catena
alimentare attraverso il plancton, gli invertebrati, i pesci fino ai grandi predatori che manifestano le
concentrazioni maggiori perché questo elemento è eliminato con difficoltà dall’organismo. Le
ragioni di ciò sono innanzitutto che le molecole di mercurio metilato penetrano senza difficoltà
attraverso le membrane biologiche grazie alle piccole dimensioni ed alla loro lipofilia. All’interno
delle cellule queste molecole subiscono delle trasformazioni che danno luogo a nuove specie
chimiche che si fissano sugli amminoacidi e sulle proteine. La tossicità di questi composti è data
dalla loro affinità sia per i gruppi sulfidrilici delle proteine, dei quali causano la denaturazione, sia
per le basi uracile e timina degli acidi nucleici (Khera, 1979). La combinazione della lipofilia del
metilmercurio presente nel mezzo acquatico esterno e l’idrofilia delle specie di mercurio
intracellulari ne provoca l’intenso bioaccumulo: la prima ne consente la penetrazione, la seconda la
ritenzione.
Capitolo Primo: Introduzione
Il punto d’ingresso del metilmercurio è il sistema digerente; da qui passa nel sistema sanguigno
e diffonde in tutti gli organi (Ishihara and Urushiyama, 1994).
Il metilmercurio è in grado di attraversare la barriera emato-encefalica (un sottile strato di cellule
endoteliali che ricopre le pareti dei vasi sanguigni) tramite la formazione di composti che sono
strutturalmente simili agli amminoacidi: infatti nel plasma il metilmercurio si lega alla cisteina
(amminoacido che deriva dall’idrolisi del glutatione), formando il complesso metilmercurio-cisteina,
molto simile all’amminoacido metionina; in tal modo viene trasportato all’interno delle cellule
endoteliali. Nelle cellule della barriera emato-encefalica il metilmercurio si separa dalla cisteina e si
lega al glutatione, ed il complesso glutatione-metilmercurio esce dalle cellule. Una volta nel cervello
si rompe il legame con il glutatione ed il metilmercurio si lega nuovamente alla cisteina; in tal modo
può passare nelle cellule nervose dove interferisce con la sintesi proteica (Clarkson, 1994) e
favorisce la sintesi di catene polipeptidiche errate, perché l’amminoacido metionina viene sostituito
dal complesso metilmercurio-cisteina. Il complesso glutatione-metilmercurio viene escreto con la
bile. A differenza del mercurio inorganico, però, viene rapidamente riassorbito nella bile e
nell’intestino creando un circolo entero-epatico (Schweinsberg, 1994). Anche l’escrezione renale è
limitata dato che il metilmercurio viene poi riassorbito in gran parte nei tubuli renali (Ishihara and
Urushiyama, 1994).
Il metilmercurio è in grado anche di attraversare la membrana placentare, causando
avvelenamento prenatale e gravi ed irreversibili disturbi al sistema nervoso centrale (Reilly, 1991).
L’uomo sembra avere le difese minori nei confronti del metilmercurio rispetto alle altre specie. I
primi sintomi da intossicazione cronica da mercurio sono stomatite, parestesia alle mani, ai piedi ed
intorno alla bocca. Per esposizioni più lunghe si assiste a costrizione del campo visivo, balbuzie e
diminuzione delle capacità uditive; infine cecità, perdita dell’udito, paralisi, debilitazione mentale e
fisica nei casi più gravi.
Il mercurio inorganico invece viene in gran parte trattenuto a livello della membrana cellulare.
Questa discriminazione è presente nei vegetali acquatici ed è stata ritrovata a tutti i livelli della
catena alimentare.
Capitolo Primo: Introduzione
Il problema dell’intossicazione da Hg ha interessato l’igiene alimentare in seguito a ripetuti
episodi epidemici verificatisi negli ultimi 40 anni e le autorità sanitarie hanno promosso una serie di
misure precauzionali (Harada, 1995).
L’apporto prevalente di Hg è fornito dagli alimenti, in particolare quelli ittici (Baldini et al., 1994).
Le specie ittiche eliminano molto lentamente il mercurio assorbito. I tempi di dimezzamento del
metilmercurio, se gli organismi marini esposti vengono spostati in aree non contaminate, vanno da
6 mesi per i mitili a 2 anni per il luccio (Majori et al., 1967). L’accumulo nei pesci è maggiore nel
tessuto muscolare rispetto a quello adiposo e circa il 90% del mercurio presente nei pesci si trova
sotto forma di metilmercurio (Guandalini and Mantovani, 1988).
La contaminazione del pesce da metilmercurio avviene attraverso tre distinti processi:
bioconcentrazione, bioaccumulo e biomagnificazione.
La boconcentrazione è il risultato di un’assunzione diretta di questa specie chimica
dall’acqua attraverso la membrana delle branchie.
Il
bioaccumulo
rappresenta
la
combinazione
dell’assunzione
di
metilmercurio
direttamente dall’acqua e indirettamente attraverso l’ingestione di cibo.
La biomagnificazione consiste nell’aumento della concentrazione della specie chimica
nei livelli più alti della catena alimentare (Constantinou, 1995).
I pesci del Mediterraneo rispetto a quelli dell’Atlantico manifestano livelli più elevati di
concentrazione di mercurio. Questo è stato spiegato con la già descritta presenza di formazioni
geologiche ricche di mercurio e con le caratteristiche di temperature elevate e di elevata
insolazione che potrebbero favorire l’attività batterica di metilazione delle forme inorganiche del
mecurio.
La legislazione italiana, in attuazione di una direttiva comunitaria (Gazzetta Ufficiale della
Comunità Europea, 1991), fissa un livello massimo di 0,5 mg Kg-1 nelle parti commestibili dei
prodotti della pesca. Il Comitato congiunto FAO-WHO ha stabilito un limite provvisorio tollerabile di
assunzione settimanale, sia per il mercurio totale (0,3 mg per un adulto di 60 Kg) sia per il
metilmercurio (0,2 mg per un adulto di 60 Kg).
Capitolo Primo: Introduzione
1.5.
Importanza della formazione del mercurio gassoso disciolto (DGM, “Dissolved Gaseous
Mercury”)
Come è già stato sottolineato lo scopo di questa tesi è quello di mettere in evidenza
l’importanza, nel ciclo biogeochimico del mercurio, della formazione di DGM (Dissolved Gaseous
Mercury) non solo ad opera della radiazione solare, come già documentato in letteratura, ma
soprattutto ad opera dei batteri mercurio-riducenti anche in condizioni di assenza di luce.
L’evasione di mercurio dalla superficie degli oceani ricopre un ruolo cruciale nello studio del suo
ciclo biogeochimico perchè costituisce una delle sorgenti naturali più importanti di questo metallo
per l’atmosfera (circa il 30% delle emissioni annue globali) (Mason et al., 1994). Le proprietà
chimico-fisiche del mercurio elementare e delle altre forme chimiche volatili di mercurio disciolti
nella colonna d’acqua, come la solubilità, i coefficienti di ripartizione aria-acqua, la volatilità,
favoriscono la diffusione o il moto convettivo del mercurio all’interfaccia tra la superficie acquatica e
l’atmosfera, ed il suo conseguente passaggio in aria (Parker, 1989). I dati disponibili sui valori del
flusso di mercurio dalla superficie marina all’atmosfera sono pochi e sono riassunti nella tabella
1.5.1 per diverse aree geografiche (Wangberg et al., 2001).
Tab. 1.5.1. Valori dell’emissione di mercurio dal mare all’atmosfera disponibili in letteratura
(Wangberg et al., 2001).
Capitolo Primo: Introduzione
I valori presentati nella tabella 1.5.1, evidenziando l’importanza dei flussi emissivi di mercurio
dall’acqua all’atmosfera, suggeriscono la necessità di indagini approfondite sui meccanismi di
produzione di mercurio gassoso disciolto nelle acque e sulla sua volatilizzazione, soprattutto nel
bacino del Mediterraneo caratterizzato dalla presenza di estesi giacimenti di cinabro. È importante
sottolineare anche che i processi di evasione del mercurio dalla superficie acquatica verso
l’atmosfera rappresentano la via principale di rimozione di questo metallo dal compartimento
acquatico e riducono la quantità di mercurio disponibile per le reazioni di metilazione (Fitzgerald et
al., 1994; Amyot et al., 2000) e per il successivo bioaccumulo lungo la catena alimentare.
È di fondamentale importanza la conoscenza della concentrazione di DGM nelle acque perché,
usando i modelli di scambio gassoso, è possibile stimare l’emissione di mercurio dalle superfici
acquatiche (Wanninkof, 1992).
Infatti pochi dati derivano da una determinazione diretta
dell’emissione di DGM; la maggior parte sono stime indirette ricavate dall’applicazione del modello
di scambio gassoso attraverso un film sottile (thin film gas-exchange model, Broecker e Peng,
1982).
Il valore della concentrazione di DGM nelle acque è il risultato di un equilibrio tra la produzione,
dovuta a reazioni di riduzione dell’Hg2+, e la loro perdita, dovuta a fenomeni di evasione dalla
superficie marina e a reazioni di ossidazione dell’Hg0.
L’emissione di mercurio dalla superficie acquatica raggiunge generalmente i valori più alti nelle
ore di massima insolazione, e nelle stagioni più calde. È nota infatti in letteratura la l’esistenza di
processi abiotici di riduzione del mercurio di natura fotochimica, come dimostrato dall’esistenza di
un andamento giornaliero e stagionale della concentrazione di DGM nelle acque che mima quello
dell’intensità della radiazione solare.
L’esistenza di un andamento giornaliero e stagionale dell’emissione di mercurio è stata
osservata per la prima volta in superfici lacustri con metodi di determinazione diretti (Schroeder et
al., 1992, camera a flusso; Lindberg et al., 1995, metodo micrometeorologico; Boudala et al., 2000,
camera a flusso).
Capitolo Primo: Introduzione
Per la superficie marina in letteratura si trovano solo due studi sugli andamenti giornalieri e
stagionali dell’emissione di mercurio determinati con metodi diretti (camera a flusso) lungo le coste
Mediterranee (Ferrara et al., 2000a) e Svedesi (Gardfeldt et al., 2001).
Scopo di questa tesi è stato quello di approfondire i meccanismi biotici di riduzione del
mercurio, determinare il loro contributo alla produzione di DGM nel bacino del Mediterraneo
e valutarne l’importanza rispetto ai processi di produzione abiotici.
I risultati di questo studio hanno dimostrato che i batteri partecipano in maniera
importante al processo di riduzione sia delle forme organiche che inorganiche di mercurio
con conseguente produzione di mercurio gassoso disciolto non solo in presenza di luce,
come nel caso dei meccanismi abiotici fotoindotti, ma anche al buio e quindi in tutta la
colonna d’acqua nell’arco delle ventiquattro ore.
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SCOPO DELLA TESI