LE TRASFORMAZIONI DEL LAVORO
modelli e tendenze nel capitalismo globale
Sociologia economica e del lavoro –
Lavoro e risorse umane
AA 2013-14
Prof. Serafino Negrelli
Crescita PIL
2011
2012
2013
2014
Economia
globale
3.9
3.2
2,9
3.6
Economie
avanzate
1.7
1.5
1.2
2.0
Economie
emergenti
6.2
4.9
4.5
5.1
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trasformazioni del lavoro
2
Tendenze macroeconomiche:
tasso di crescita della produzione
(tasso annuo di crescita del Pil reale)
1970-2006
(media)
1996-2006
(media)
2007
2011
2014
USA
3,1
3,4
2,2
1,8
2,6
UE
(5 maggiori
paesi)
2,3
2,0
2,6
1,5
1,0
Cina
9,3 (da
1980)
8,8
10,0
9,3
7,3
Fonte: Oecd, FMI
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3
Tendenze macroeconomiche:
Pil 2012-2013
Area
euro
GER
FRA
ITA
UK
USA
CAN
JAP
2012
-0,6
0,9
0,0
-2,4
0,2
2,8
1,7
2,0
2013
-0,4
0,5
0,2
-1,8
1,4
1,6
1,6
2,0
Fonte: FMI
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4
Tendenze macroeconomiche:
Deficit 2012-2013
Area
euro
GER
FRA
ITA
UK
USA
CAN
JAP
2012
-3,3
-0,4
-4,7
-3,0
-8,2
-8,7
-3,8
-10,0
2013
-2,6
-0,4
-3,5
-3,0
-7,3
-7,3
-3,0
-9,1
Fonte: FMI
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5
Crisi e manifatturiero
(% sul valore aggiunto mondiale)
CINA
USA
JAP
GER
COREA
SUD
BRA
IND
ITA
FRA
RUS
2007
14,0 18,4
9,4
7,4
3,9
2,6
2,9
4,5
3,9
2,1
2011
21,7 14,5
9,4
6,3
4,0
3,5
3,3
3,3
2,9
2,3
=
=
+2
+4
+2
-3
-3
+2
+1
-1
Fonte: Csc su dati Fmi, Global Insight e Eurostat
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6
La dinamica della produttività in Italia, nei paesi Ue e negli Stati
Uniti(a). Variazioni percentuali medie annue di periodo
Fonte ISTAT, Elaborazione su dati Eurostat
(a)
Valore aggiunto per ora lavorata; per Belgio, Francia, Malta, Spagna, Regno Unito, Stati Uniti, Slovenia, Repubblica
Ceca la variazione 2010/2009 è stata computata sul valore aggiunto per addetto.
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7
Le pressioni dell’Unione europea

Vincoli: Trattato di Maastricht (tasso di inflazione; deficit; debito
pubblico); BCE, ecc.

EURO, politica monetaria europea, non più nazionale, impossibile
svalutare: trade-off salari e occupazione più severo;

politica salariale coordinata: es. “formula Doorn” a livello
sovranazionale (potere d’acquisto e produttività).

sistemi centralizzati e decentrati più efficienti di quelli intermedi
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8
I salari nell’Unione Europea

Costo orario del lavoro prima della moneta unica (1996, dati Eurostat):
media UE 18 euro, 25 Germania, 5 Portogallo

Le disparità di paga cresciute con l’ingresso dei Paesi dell’Est (2004):
41.437 euro Germania, 21.095 Italia, 7-9.000 Est (impiegato d’ordine:
retribuzione annua fissa+variabile)

Gap per genere, classi di età, provenienza extra-comunitaria, meno per
lavoro “atipico”

Lavoratori low paid e working poors
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9
Le pressioni interne

Inflazione: Italia 1,2% (ai minimi dal 2009); area euro 0,8%; UE 1,6%; USA 1,5%.

Debito pubblico: da 121,7% del Pil nel 1993 a 103,1% nel 2007, ma a 123,3 nel 2012 e 135% nel 2013
(novembre: 2.104 miliardi di euro);

Deficit pubblico: da 9,6% del Pil nel 1993 a 1,6% in 2007, 3,8% nel 2009, 3,0% nel 2013;

Tasso di occupazione (20-64) ancora distante dai target di Lisbona: 61,2% contro 70% (media area
euro: 68,5%); occupazione femminile 49,9% rispetto a target 60% (area euro 63,4%);

Crisi occupazionale: nelle grandi imprese ai livelli 2002; Cig ai livelli del 1993; tasso di disoccupazione
dal 12% nel 1996 al 5,6% nel 2007 a 10,7% nel 2012 (Germania 5,5%; Usa 8,1%); disoccupazione
giovanile 1/3, al Sud (50%) e donne.

Circolo vizioso del “nano-capitalismo” familiare: domanda di lavoro di bassa qualità > limitato
interesse delle famiglie italiane a investire nella istruzione dei figli > bassa qualità del capitale umano e
del lavoro;

Inefficienza della pubblica amministrazione.
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10
Contesto economico e sociale delle trasformazioni del
lavoro

Globalizzazione: delocalizzazioni (lavoro che se ne va?);
correnti migratorie (nuovo lavoro che arriva);

Ristrutturazioni e innovazione (ICT): lavoro che resta ma
che si trasforma

Lo sviluppo del capitale umano
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11
Lo spettro delle delocalizzazioni:
lavoro che se ne va?

big deal o business as usual: il disaccordo degli
economisti. Personally e impersonally delivered services
(questi potenzialmente offshorable: 30-40 milioni); o per
effetto aumento produttività (leggi di vantaggio
comparato);

politiche di corto respiro e processi di anticipazione
strategica: outsourcing/offshoring; Fondo europeo di
adeguamento alla globalizzazione (FEG);

effetti limitati, ma minacce credibili? (caso Fiat)
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La necessaria temuta immigrazione di lavoro straniero

La nuova carta di identità del lavoro che arriva
dall’estero: da molti paesi e per molteplici ragioni (lavoro,
fuga cervelli, imprenditorialità); paesi europei
mediterranei, da terre di emigrazione a immigrazione;
ondate migratorie femminili;

Tra controlli ai confini, regole restrittive e clandestinità
tollerata: il caso americano;

E’ possibile calcolare il reale impatto economico e
occupazionale del lavoro straniero?
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13
Il lavoro tra ristrutturazioni e innovazioni

Vecchie e nuove forme di ristrutturazione delle imprese;

I processi di deindustrializzazione fino agli anni Settanta: alcuni settori, alcuni territori;

Dagli anni Ottanta forme di declino industriale e regionale meno specifiche di settore;

Ciò non ha significato la fine del core industriale dell’Europa (e dell’Italia);

Le strategie contro il declino industriale non sono mirate alla semplice reindustrializzazione;

L’impatto della globalizzazione sembra produrre la crisi finale non solo di certi
modelli organizzativi ma anche del modello manifatturiero tradizionale, accelerando il
processo di de-manualizzazione del lavoro.
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14
Il lavoro di fronte ai processi di cambiamento dell’impresa e
dei sistemi produttivi locali

I processi di “disintegrazione verticale” dell’impresa post-fordista o “non
standard”;

Territori e aziende più orientati alla riduzione dei prezzi e ai processi di
outsourcing “specializzato”; il ruolo di leadership innovativa delle medie
imprese “eccellenti”;

I tradizionali distretti industriali che entrano nelle reti lunghe e globali;

Moltiplicazione e combinazione di processi di delocalizzazione (offshoring)
e outsourcing;

Processi di ristrutturazione “strategica” che richiedono forme altrettanto
strategiche di “anticipazione” e governance delle ristrutturazioni
(documento Ue 2005)
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15
Imprese e organizzazioni che
innovano e si ristrutturano

Le tre forze che stanno cambiando il mondo, l’economia e il lavoro:
•
•
•
globalizzazione dei mercati (incentiva l’innovazione);
innovazione diffusa e intensa (nuove idee, nuovi prodotti, nuove tecnologie, nuovi materiali, nuovi processi e
organizzazioni),
sviluppo del capitale umano (grazie alla nuova domanda stimolata dall’innovazione che premia il lavoro
istruito e penalizza quello dequalificato)

Le ristrutturazioni, questa volta sono diverse …, i paesi ad alto costo del lavoro devono
innovare per mantenere la crescita, le delocalizzazioni riguardano il fordismo e i modi di
produzione tradizionali;

Rilettura del grande sviluppo USA nel periodo clintoniano anni ’90 (più di 20 milioni di posti
di lavoro): più che il risultato del neo-liberismo reaganiano e della deregolazione dei
mercati e del lavoro, determinato soprattutto dai processi di innovazione e creatività delle
imprese e delle organizzazioni, (Microsoft, Apple, Google, Facebook, Internet, nuovi settori
high tech, biotecnologie, advanced manufacturing, nanotecnologie, robotica, tlc, green
economy, ecc.);

“La capacità di integrazione tra i confini organizzativi, intellettuali e culturali, la capacità di
sperimentazione e l’atteggiamento mentale che consente di dare senso a situazioni
ambigue e a muoversi in condizioni di incertezza”

Lester, Piore (Innovation, 2004) spiegano così la più lunga e ininterrotta espansione
economica nella storia degli Stati Uniti (1992-2001), grazie all’enorme diffusione di
“creatività” e al ruolo che gruppi manageriali interpretativi hanno svolto nelle fertilizzazioni
incrociate: es. cellulari, dispositivi medici, moda)
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cellulari

Le imprese leader produttrici di cellulari provenivano
generalmente o dalla produzione radio o dalla produzione
di telefoni;

Solo Ericsson e Nokia erano in entrambe le attività di
produzione, a differenza di AT&T (telefoni), Motorola e
Matsushita (radio);

Difficoltà quindi nel trovare l’altro partner tecnologico in
grado di apprendere insieme per creare il nuovo prodotto;

Differenze culturali radicate, la stessa Ericsson pur
avendo entrambe le tecnologie ha manifestato le
maggiori difficoltà di integrare le due culture industriali.
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17
jeans

Blue jeans di moda: focus sempre più sul processo di
“finitura” (80% della attività di produzione) e quindi sulla
capacità di creare un nuovo look secondo la nuova
domanda di mercato;

Tecnologia di base: implica il lavaggio del tessuto per
renderlo morbido, restringerlo, alterarne la forma e
cambiarne il colore in un modo non facile da produrre con
prodotti chimici e tintura;

Lavaggi con pietre o pomice, sperimentando nuove
tecniche per creare nuovi effetti;

Caso Levi Strauss: da impresa manifatturiera a casa di
moda…
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dispositivi medici

Dispositivi per estrarre informazioni da impulsi elettrici
emessi dagli organi del corpo umano;

Settore biotecnologie: tecnologie diagnostiche basate
sul DNA per quantificare il carico virale;

Fondate da accademici, sono aziende che considerano
quale punto di forza l’essere radicate nella comunità
accademica;

In quanto originate in tale ambito, sono aziende meno
orientate alla commercializzazione e più dipendenti
dalla pratica clinica della medicina.
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Innovazione: un nuovo approccio

Dall’approccio manageriale di tipo “analitico”: nelle
situazioni in cui le alternative sono ben definite e comprese; il
processo razionale di decision making fondato essenzialmente
su attività negoziali e di problem solving ;

All’approccio manageriale di tipo “interpretativo”: più
appropriato quando i possibili risultati sono incerti o sconosciuti;
processi di “conversazioni esplorative” e appunto interpretative
per pensare a nuove figure di clienti, a nuove idee per un
prodotto, a nuovi modelli produttivi e di lavoro (problem
setting?).
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Innovazione manageriale
APPROCCIO ANALITICO
APPROCCIO INTERPRETATIV
Focus: un progetto con inizio e fine
ben definiti
un processo ongoing e open-ended
Scopo: risolvere problemi
scoprire nuovi significati
Management: definisce obiettivi
definisce indirizzi generali
Managers: convocano riunioni e
negoziano per comporre differenti
punti di vista ed eliminare ambiguità
promuovono i dialoghi che “traducono”
per incoraggiare i diversi punti di vista
ed esplorare le ambiguità
La comunicazione: consiste in definiti fluida, dipendente dal contesto e
scambi di pezzi di informazione (bit e
indeterminata
bytes)
I designers: ascoltano la voce dei
clienti
sviluppano istinto (“intuizione”) per ciò
che vogliono i clienti
Mezzi e fini: sono distinti chiaramente
e legati da modello causale
non possono essere chiaramente
distinti
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Gli effetti “moltiplicatori” dell’innovazione:
un settore ad alta intensità di lavoro…
sulla produttività (soprattutto del settore manifatturiero): l’operaio americano produce mediamente ogni anno
beni per 180 mila dollari (il triplo rispetto al 1978); negli anni ‘50 l’operaio GM di Detroit produceva mediamente 7 auto
l’anno, oggi 29; settore software: molto costosi idea, sviluppo e controllo (“piattaforma”), ma riproduzione infinita a costo
zero…;
Effetti
e
sui prezzi (dal 1994 indice dei prezzi cresciuto tre volte più lentamente per il 20% delle famiglie più povere che per il
20% di quelle più ricche): i gruppi sociali più penalizzati sul piano occupazionale sono gli stessi che hanno più beneficiato
come consumatori…, uno dei tanti paradossi della globalizzazione (ricerca Università di Chicago, Broda e Romalis,
2010);
Effetti
sulla quantità di lavoro: 1 nuovo posto di lavoro ad alto contenuto tecnologico crea 5 nuovi posti di lavoro
“locali”, di cui almeno 2 qualificati (avvocati, insegnanti, infermieri) e altri 3 meno qualificati (baristi, camerieri, commessi,
parrucchieri, muratori); per ogni posto di lavoro nell’industria solo 1,6 nei servizi locali (Moretti, 2012);
USA:
da 122 milioni nel 1990 a 149 milioni nel 2008 (27 milioni nuovi occupati quasi tutti in attività non tradable, ovvero
per beni e servizi prodotti e consumati negli Stati Uniti, di cui 6 milioni nella sanità e 4 milioni nel settore pubblico)
(Spence e Hlatshwayo, 2011);
Facebook,
una piattaforma con 2500 dipendenti Usa, ma che genera direttamente almeno 53 mila posti di lavoro e
indirettamente nei servizi collegati almeno altri 130 mila, con un valore di salari e contributi di 12 miliardi di dollari (Hann
et al., 2011);
Effetto
Internet: un quinto della crescita Usa 2004-08 solo grazie al settore Internet; Francia: 1,2 milioni di nuovi posti e
500 mila persi; in altri paesi stima di 2,6 nuovi posti per ogni posto perso (ricerca McKinsey);
33 mila dipendenti a Cupertino, ma genera nell’area metropolitana altri 171 mila posti (di cui 102 mila addetti non
qualificati e 69 mila qualificati); Oracle: nel 2000 aveva 22 mila dipendenti negli Usa e 21 mila all’estero, oggi 40 mila e
66 mila; per ogni posto che le multinazionali Usa esternalizzano se ne creano negli Usa quasi altri due (Cockburn,
Slaughter);
Apple:
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…e ad alta qualità del lavoro.

Effetti sulle retribuzioni: “i lavoratori indiani e cinesi
da mille dollari l’anno stanno aiutando i designer, i
venditori, gli ingegneri e i distributori americani a
guadagnare stipendi da mille dollari la settimana”
(Fallows, 2007);

Effetti sulla qualità del lavoro: richiesta di più attività
gestionali, professionali e tecniche (vedi i primi tre
livelli Eurostat e BLS);
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Il capitale umano

Oltre il PIL, ovvero il capitale umano di benessere:
indicatori di welfare, vita, salute;

Il capitale umano di istruzione: il caso di una realtà
più ricca che istruita;

Capitale umano e capitale sociale: fiducia,
solidarietà e reciprocità sempre più minacciate
dalla crisi economica.
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Capitale umano di istruzione nei principali paesi Ocse
(Education at a Glance 2012, Oecd Indicators)

La spesa per istruzione: 6,2% Pil dei principali paesi Ocse; ma 4,7%
Irlanda e 4,5% Italia, mentre 7,1% Danimarca e 7,6% Usa; spesa privata
17,4% di quella pubblica, ma Usa 33,9%, Finlandia 2,5%, Italia 8,9%;

I livelli di istruzione: 72% popolazione in età di lavoro con diploma scuola
superiore ; 28% con livelli più alti; Italia: 53% e 14%.

La durata dell’istruzione: tra 6,5 e 9,5 anni; ma Usa 12,5 mentre
Portogallo 4,9 ; tra i 7 e i 14 anni in media 6862 ore, più di 8000 in Italia

I risultati sul mercato del lavoro: i salari crescono al crescere del livello di
istruzione in tutti i paesi; il salario di un lavoratore senza diploma è il 78% di
chi ha un diploma; tasso medio di disoccupazione di chi ha istruzione più
alta 3,2%, contro l’8,7% per chi non ha almeno un diploma.
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Capitale umano di istruzione

Livelli di istruzione molto differenti tra i paesi (tab. 6.1);

Dati i livelli iniziali più bassi nei paesi in via di sviluppo,
maggior crescita nel periodo recente;

Un investimento costoso, come per il capitale fisico: nel
2000, negli Usa, 443 miliardi di dollari la spesa pubblica e 164
spesa privata (6,2% del Pil); se si considera anche gli
“opportunity cost” (che gli studenti pagano sotto forma di
salario non guadagnato), il costo totale dell’investimento era
doppio: il 12,4% del Pil.
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27
Quanto delle variazioni di reddito tra paesi è spiegato
dal capitale umano?

La correlazione tra anni medi di scuola e livelli di reddito pro
capite è forte (fig. 6.11);

Ma si potrebbe anche sostenere che i paesi più ricchi
possono investire di più nell’istruzione;
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