Comitato
Termotecnico
Italiano
Energia e Ambiente
RACCOMANDAZIONI DEL
COMITATO TERMOTECNICO
ITALIANO PER LA VALUTAZIONE
DELLA VITA RESIDUA (VVR) DI
COMPONENTI IN REGIME DI
SCORRIMENTO VISCOSO
Raccomandazioni CTI elaborate dal
SC 3 “Generatori di vapore e
impianti in pressione” con la
collaborazione
di
Costruttori,
Utilizzatori e Organismi di controllo
Settembre 2005
CTI – R 5:2005
Via G. Pacini 11 - 20131 Milano
℡ 02 266265.1 " 02 26626550
www.cti2000.it – [email protected]
Premessa
Questa Raccomandazione CTI fornisce alcuni strumenti operativi per eseguire la valutazione di
vita residua di componenti di attrezzature in pressione operanti in regime di scorrimento viscoso
ai sensi della Circolare ISPESL n. 48/2003, facendo propri molti dei concetti già illustrati nella
omonima Linea Guida (LG/creep) dell’ISPESL.
La Raccomandazione potrà essere costantemente aggiornata e modificata nelle varie sezioni dal
Gruppo di Lavoro “Scorrimento Viscoso” del Sottocomitato 3 con l’intento di mantenerne il
contenuto al passo con lo stato dell’arte.
Redatta grazie al contributo dei massimi esperti italiani nel campo della life-extension e dello
scorrimento viscoso, essa costituisce un “manuale” di facile consultazione ed utilizzo al quale il
Progettista incaricato delle valutazioni di vita residua può far riferimento nella applicazione
della citata Circolare ISPESL n. 48/2003.
Un sentito ringraziamento va a tutti i membri del gruppo di lavoro che hanno contribuito,
seppure in tempi e con modalità diverse, alla realizzazione della Raccomandazione:
Alfredo Addabbo
Anima UCC
Pier Giorgio Airaghi
Ansaldo Caldaie
Augusto Battilocchio
ISPESL
Valerio Bicego
CESI
Claudio Cavaliere
Donegani Anticorrosione srl
Antonio Drago
Esso
Davide D'Angelo
ENEL
Corrado Delle Site
ISPESL
Augusto Di Gianfrancesco
CSM
Fausto Di Tosto
ISPESL
Carlo Fossati
Concert
Giovanna Gabetta
ENI
Luciano Gabrielli
ISPESL
2
Alberto Lauro
Istituto Italiano Saldatura
Gunther Merckling
Istituto Scientifico Breda
Mirko Moretti
ABB
Norberto Nespoli
Istituto Scientifico Breda
Claudio Sampietri
ENEL
Piergiorgio Sartori
Enichem
Andrea Tonti
ISPESL
Gino Tulli
ISPESL
Il Coordinatore del Gruppo
Ing. Vittorio Mazzocchi
3
4
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Raccomandazione per la valutazione della vita residua di componenti esercìti in regime di
scorrimento viscoso
Sezione 1
Temperature convenzionali di inizio scorrimento viscoso
R 5:2005
La temperatura convenzionale di inizio scorrimento viscoso (T0) è quella alla quale gli effetti del
creep divengono rilevanti ai sensi del punto 2.2 della P.T. di cui alla circolare ISPESL 48/2003.
In merito si riportano alcune considerazioni di carattere generale:
1. Il valore di temperatura in corrispondenza del quale il valore di Rp0.2T risulta pari a σR/100000/T (o
σR/200000/T) può essere ottenuto come punto d’incrocio fra la curve rappresentative di Rp0.2T e
σR/100000/T (o σR/200000/T) in funzione del tempo. In via semplificata queste ultime possono essere
ottenute mediante estrapolazione o interpolazione lineare fra le coppie di valori rispettivamente
disponibili con riferimento a dati riportati in normative europee o internazionali. A scopo
esemplificativo si riporta, in appendice 1, la temperatura di incrocio a 100'000 ore (Ti) per
alcuni materiali contenuti in Raccolta M.
2. La temperatura limite a partire dal quale per la quale le sollecitazioni (di rottura o ammissibili)
cominciano ad essere dipendenti dal tempo possono essere dedotte da standard nazionali ed
internazionali relativi ai materiali in considerazione (es. Codice ASME Boilers & Pressure
Vessels Code).
3. I materiali di cui non sono note le caratteristiche meccaniche ad alta temperatura possono
essere equiparati, previa autorizzazione dell’EP, a materiali di proprietà note, sulla base della
composizione chimica e delle caratteristiche meccaniche. Tale equiparazione può essere
supportata da prove di tipo “small punch” su microcampioni prelevati dal materiale esercito.
5
Appendice 1
Temperatura di incrocio a 100'000 ore (Ti)
Nella tabella seguente vengono riportate, a scopo esemplificativo, le temperature di incrocio a
100'000 ore per alcuni materiali contenuti in raccolta M.
Acciai
Norma
Materiale
Fe 360.1 KW
Fe 410.1 KW
LAMIERE
Fe 460.1 KW
Fe 510.1 KW
TUBI
DIN 17155 1959
FUCINATI
ACCIAI NON LEGATI
UNI 5869 1975
UNI 5462 1964
DIN 17175 1959
UNI 7660-77
16 Mo 5
LAMIERE
ACCIAI LEGATI
16 Mo 3
14MnMo 5 5
14CrMo 4 5
12CrMo 9 10
DIN 17155
Ti
sp<70
70<sp<85
85<sp<100
sp<70
70<sp<85
85<sp<100
sp<70
70<sp<85
85<sp<100
sp<70
70<sp<85
85<sp<100
427
431
433
413
433
419
410
413
416
399
402
405
436
414
395
388
412
400
412
397
424
405
415
408
408
399
399
418
410
395
479
481
483
473
476
478
467
488
HI
H II
H III
H IV
17 Mn 4
19 Mn 5
C 14
C 18
St 35.8
St 45.8
Fe 410 KW
Fe 460.1 KW
Fe 460.2 KW
Fe 510.1 KW
Fe 510.2 KW
BS 1503-161-69
UNI 5869 1975
Spessore
15 Mo 3
13CrMo 4 4
6
Gr. 26 B
Gr. 28 B
Gr. 32 B
sp<70
70<sp<85
85<sp<100
sp<70
70<sp<85
85<sp100
sp<70
sp<70
70<sp<85
85<sp<100
sp<70
70<sp<85
85<sp<100
483
484
463
466
471
477
480
Acciai
Norma
AFNOR-NF A 36206-78
TUBI
UNI 5462 1964
LAMIERE
UNI 7660 1977
UNI 7500 1975
FUCINATI
ACCIAI INOSSIDABILI AUSTENITICI
FUCINATI
DIN 17175 1959
UNI 7660 1977
Materiale
Spessore
Ti
15 D 3
18 MD 4.05/15 MDV 4.05
15 CD 2.05
15 CD 4.05
10 CD 9.10
Z 10 CD 5.05
16 Mo 5
14 CrMo3
12 CrMo 9.10
15 Mo 3
13CrMo 4 4
10 CrMo 9 10
A 12CrMo 9 10 KW
B 12CrMo 9 10 KW
A 18 CrMo4 5 KW
B 18 CrMo4 5 KW
28 CrMo12 5 KW
20 Mn V 4 KW
X5 CrNi 18 10
X6 CrNi Ti 18 11
472
467
483
483
461
388
471
492
481
476
482
477
442
395
509
463
415
389
568
571
X6 CrNi Nb 18 11
X5 CrNiMo 17 12
X6 CrNiMoTi 17 12
X6 CrNiMoNb 1712
X5 CrNiMo 17 13
X5 CrNiMo18 15
X6CrNi 23 14
X6CrNi 25 20
28 NiCrMo 7 4 KW
X20 CrMoNi 12 01 KW
X5 CrNi 18 10 KW
X6 CrNi Ti 18 11KW
X6 CrNi Nb 18 11KW
X5 CrNiMo 17 12 KW
X6 CrNiMoTi 17 12 KW
X6CrNi 25 21 KW
592
617
595
595
617
591
572
564
424
484
542
578
535
598
595
562
7
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Raccomandazione per la valutazione della vita residua di componenti esercìti in
regime di scorrimento viscoso
Calcolo della frazione di vita consumata per scorrimento viscoso
Sezione 2
R 5:2005
Nella presente sezione sono indicati i metodi più comuni per il calcolo della frazione di vita
consumata per scorrimento viscoso:
1) Costruzione del diagramma bilogaritmico sollecitazione-tempo mediante master-curve
2) Costruzione semplificata del diagramma bilogaritmico sollecitazione-tempo.
3) Determinazione del PLM d’esercizio mediante interpolazione lineare sollecitazionetemperatura.
4) Determinazione del PLM d’esercizio mediante interpolazione lineare sollecitazione-PLM.
Il metodo raccomandato è il metodo 1 (vedi anche EN 12952-4 generatori di vapore a tubi d’acqua)
mentre, per estrapolazioni temporali limitate, è applicabile anche il metodo 2.
I metodi 3 e 4 (tra loro equivalenti) possono essere impiegati per casi specifici, concordati con
l’EP.
In tutti i casi la sollecitazione va ridotta del fattore di riduzione di resistenza a creep per giunti
saldati. In mancanza di precise informazioni sul comportamento del giunto in scorrimento viscoso
va assunto, per il fattore di riduzione, un valore non inferiore a 0.9.
Negli ultimi due casi la sollecitazione da considerare ai fini del calcolo va ulteriormente maggiorata
del fattore di sicurezza Cs=0.8.
Metodo 1
Costruzione della Master Curve
A partire dai valori di resistenza a creep disponibili (usualmente relativi a 100000h, σR/100000h/T) ed
impiegando il parametro di Larsonn-Miller:
PLM (σ ) =
( log t + C) T
in cui:
σ, t e T sono rispettivamente la sollecitazione, il tempo e la temperatura (in MPa, h e °C)
C è una costante che definisce il comportamento a creep del materiale preso in esame, che si è considerata pari a 20,
valore tipico per gli acciai ferritici
si può tracciare la curva σ - PLM .
Per il tracciamento della curva si può parametrizzare Larsonn–Miller PLM con un polinomio di
grado n-esimo nella variabile log (σ):
8
PLM (σ) = a0 + a1 log (σ) + a2 log2 (σ) + a3 log3 (σ)
I coefficienti ai si possono determinare con metodi statistici rispetto ai valori (σR/100000h/T, T, 100000
h).
ASTM A182 F 11
25000
PLM
20000
ASTM DATA
Curva di Interpolazione
15000
10000
0.0
0.5
1.0
1.5
2.0
2.5
3.0
3.5
log (σ) (MPa)
Figura 1 – Master Curve
Curve di Creep
In base alla modellazione proposta, per ogni singolo materiale vengono tracciate le curve di creep
alla temperatura di test. Queste figure mostrano la curva (σR / t) media, ottenuta dalla Master Curve
appena descritta, e la curva minima, ottenuta dalla precedente riducendo del 20% i valori della
sollecitazione a rottura.
1000
Stress (MPa)
Curva Estrapolata a 521°C
Curva delle Sollecitazioni
Massime Ammissibili
100
10
1000
10000
100000
Time to rupture (h)
Figura 2 – Curva di creep
9
1000000
In base a quest’ultima curva si calcolano i valori della sollecitazione massima ammissibile a creep
in corrispondenza di specifici valori di durata.
Validazione della parametrizzazione
La parametrizzazione deve essere convalidata a posteriori mediante delle verifiche da effettuare
sulle curve tracciate. Una validazione possibile è quella tramite i Post Assessment tests (PATs)
elaborati dall’ European Creep Collaborative Committee (ECCC).
Le verifiche da applicare sono le seguenti:
PAT 1: Verifica della correttezza fisica della modellazione proposta:
− PAT 1.1: Verifica ingegneristica della corretta descrizione dei punti forniti da parte
dell’equazione modello, nel diagramma Log (σ) / Log (t), resistenza / tempo di rottura.
La verifica impone che i valori di partenza siano correttamente descritti dalle linee tracciate
(una regola generalmente utilizzata è quella che i valori forniti debbano trovarsi all’interno
dell’area individuata dal ± 20 % della linea prevista)
− PAT 1.2: Verifica di anomalie nell’andamento delle suddette curve quali flessi, intersezioni
tra le isoterme, curve a “ricciolo”, ecc.
Tale verifica viene condotta:
•
•
•
tra Tmin – 25°C e Tmax + 25°C
da 10 a 106 h
per σ ≥ 0.8 σmin
dove:
Tmin, Tmax sono rispettivamente la minima e massima temperatura dei punti forniti
σmin è il minimo valore di resistenza a creep dei punti forniti
− PAT 1.3: Verifica dell’andamento dell’esponente di Norton, stimato dalla derivata delle
suddette curve n = – d Log t / d Log σ.
Nel suddetto range deve essere:
n > 1.5
PAT 2: Verifica statistica della validità della previsione:
Verifica della descrizione dei dati utilizzati per la configurazione del modello tramite un
diagramma che raffronta i tempi a rottura dei dati con quelli predetti dal modello per le stesse
condizioni di carico.
− PAT 2.1: Verifica statistica della posizione della curva predetta dal modello tra tutti i dati
forniti.
10
Metodo 2
Il consumo di vita per scorrimento viscoso viene determinato, sulla base delle sollecitazioni
significative presenti, mediante la costruzione, in un diagramma bilogaritmico tempo-sollecitazione
della curva dei carichi di rottura per scorrimento viscoso alla temperatura considerata.
Le curve sollecitazione-tempo di rottura a temperatura costante, tracciate in un diagramma
bilogaritmico spesso sono rappresentate da linee rette, o possono essere approssimate a rette
relativamente a regioni limitate.
Queste rette possono essere analiticamente rappresentate nel seguente modo
tr = m(σ)-n
(1)
dove:
tr : tempo a rottura
σ : sollecitazione
m, n : parametri dipendenti dal materiale e dalla temperatura.
I parametri m, n possono essere calcolati noti due punti della curva (σ1; t1), (σ2; t2) dove t1 e t2
sono pari a 100’000 e 200’000 ore.
Spesso, nelle raccolte normative, è disponibile un solo valore della sollecitazione che provoca
rottura (ad esempio quello relativo a 100’000 ore) ed è quindi necessario determinare un altro
valore (ad esempio quello relativo a 200’000 ore).
Tale secondo valore (nelle formule che seguono si farà riferimento al carico di rottura a 200’000
ore), può essere calcolato mediante un semplice artificio basato sulla teoria di Larson –Miller che
introduce una corrispondenza biunivoca tra il PLM e la sollecitazione a rottura.
Ad uno stesso valore della sollecitazione corrispondono infinite coppie temperatura-tempo che
provocano rottura nel materiale ed alle quali corrisponde uno stesso valore del PLM.
Uguagliando quindi i valori del PLM relativo alle due condizioni :
T1 = temperatura di esercizio
t1 = 200’000 ore (PLM1)
Tx = temperatura equivalente incognita t2= 100’000 ore (PLM2)
si può ricavare la temperatura equivalente Tx :
Tx =
(C + log 200000)(T1 + 273)
− 273
(C + log100000)
Dalla norma si può ricavare pertanto il valore della sollecitazione di rottura alla temperatura
equivalente Tx ; se necessario tale valore può essere ricavato per interpolazione lineare, detti
infatti T’ e T’’ i valori delle temperature immediatamente superiori ed inferiori a T x, in
corrispondenza dei quali sono fornite le sollecitazioni a rottura a 100’000 ore (σ’ e σ’’ ) si avrà:
σ r / 200000 / T1 = σ r / 100000 / Tx = σ ' −
11
(σ '−σ ' ')(Tx − T ')
(T ' '−T ')
Noti i valori delle sollecitazioni a rottura a 100’000 e 200’000 ore alla temperatura considerata, si
può costruire il diagramma bilogaritmico tempo-sollecitazione espresso analiticamente dalla (1).
Infatti è possibile determinare con semplici passaggi la costante n :
n=
t
log 1
t2
σ
log 2
σ1
Il valore di m si ottiene risolvendo l’equazione (1) in forma logaritmica con i valori di una delle due
coppie tabellate
log m = log t2 + nlogσ2
m = t2σn2 = t1σn1
Metodo 3
Il metodo si basa sulla costruzione della spezzata sollecitazione di rottura – parametro di Larson
Miller in base ai valori tabellari della sollecitazione a 100’000 ore a varie temperature.
Da tale diagramma, nota la sollecitazione di esercizio, si ricava poi il tempo teorico a rottura e
quindi la vita consumata.
Dalle tabelle delle σr /100000/ T1 si trovano i valori delle σsup e σinf ovvero i valori della σ
alla temperatura immediatamente superiore ed inferiore alla temperatura di esercizio ( T es ) .
Per interpolazione lineare tra i valori sopra indicati si determina T 100000
σ sup − σ es
T 100000 = Tsup -
σ sup−σ inf
× ( Tsup - Tinf )
Si determina il PLM relativo alla σes ed alla temperatura che porterebbe a rottura in 100’000 ore.
PLMes =
(T + 273) (C + log H)
103
Invertendo la formula del PLMeff e sostituendo a T il valore della temperatura di esercizio si
ottiene il tempo a rottura.
t R = 10
 1000 PLM

−C 

 T + 273

Metodo 4
Il metodo si basa sulla costruzione della curva sollecitazione-parametro di Larson-Miller oppuresull’utilizzo di curve già disponibili in letteratura.
12
Per la costruzione della curva suddetta è necessario ricavare dalle norme i valori del carico di
rottura a 100000 ore alle varie temperature (σr /100000/ T1) quindi si calcola il valore del PLM in
corrispondenza di ogni valore di σr /100000/ T1tramite la relazione
PLMes =
(T + 273) (C + log H)
103
Si può quindi procedere al calcolo della sollecitazione di esercizio facendo riferimento alle
condizioni massime di pressione; nota la sollecitazione di esercizio si può ricavare graficamente il
valore del PLM dalla curva precedentemente tracciata.
Esplicitando la formula del PLM in funzione del tempo ed utilizzando come temperatura il valore
massimo durante l’esercizio (Tes) si ottiene il tempo massimo a rottura.
t R = 10
 1000 PLM

−C 

 T + 273

Bibliografia
[1] EN 12952-4 Caldaie a tubi d’acqua ed installazioni ausiliarie. Calcolo della durata di vita
prevedibile di caldaie in esercizio.
[2] ECCC Recommendations Vol. 5: “Guidance for the assessment of creep rupture, creep strain
and stress relaxation data”. European Creep Collaborative Committee.
13
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Raccomandazione per la valutazione della vita residua di componenti esercìti in
regime di scorrimento viscoso
Calcolo della frazione di vita consumata per fatica oligociclica
Sezione 3
R 5:2005
Calcolo della sollecitazione a fatica
L’effetto della fatica oligociclica sull’apparecchio deve essere comunque valutato mediante calcolo
della rispettiva frazione di vita consumata quando il numero di cicli di avviamento/spegnimento
risulta superiore a 1000.
Essendo la fatica un fenomeno di rottura del materiale conseguente a ripetute variazioni della
sollecitazione, quest’ultima va calcolata a brevi intervalli di tempo a partire dalle misure di
pressione e differenze di temperatura, in modo da determinare con sufficiente accuratezza i minimi
ed i massimi relativi.
Determinazione dei valori estremi della sollecitazione
Per quanto riguarda la sollecitazione di esercizio legata ai carichi ciclici è sufficiente fare
riferimento ai valori estremi senza trascurare il tempo di permanenza ad un dato livello di
sollecitazione e l’intervallo di tempo tra due estremi.
Gli estremi vanno immagazzinati insieme ai corrispondenti valori di temperatura del materiale,
pressione e ∆T, eliminando quelli associati a piccoli cicli di carico.
Determinazione dei cicli di carico
Innanzitutto occorre determinare i cicli di carico, individuando i cicli di isteresi nel diagramma
tensioni-deformazione. Una volta individuati i cicli essi devono essere classificati in base alla loro
ampiezza e alla temperatura di riferimento. Il conteggio del numero di cicli di carico va effettuato
mediante i metodi range-pair o rain flow.
Sequenza finale degli estremi relativi (RSE)
Una volta individuato e classificato un ciclo di carico, gli estremi ad esso relativi devono essere
eliminati dalla sequenza degli estremi. La procedura di determinazione, classificazione e
eliminazione degli estremi va ripetuta finchè non si trova più alcun ciclo di carico.
Il contributo alla fatica della sequenza degli estremi rimanente può essere stimato in vari modi (o
trascurato) assimilando le variazioni tra estremi e/o massimi e minimi relativi a cicli di carico
secondo procedure determinate.
Calcolo della frazione di vita consumata per fatica
La frazione di vita consumata per fatica risulta essere pari a:
zf = Drse+ΣiΣk ∆Dik
Dove:
nik = numero di cicli nella classe (i,k)
Nik = numero di cicli limite nella classe (i,k)
Drse = contributo della sequenza degli estremi relativi
∆Dik = contributo dei cicli (i,k)
∆Dik = nik/Nik
14
Bibliografia
[1] EN 12952-4 Caldaie a tubi d’acqua ed installazioni ausiliarie. Calcolo della durata di vita
prevedibile di caldaie in esercizio.
[2] EN 12953-3 Caldaie a tubi da fumo. Parte 3: Progettazione e calcolo delle parti in pressione.
15
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Raccomandazione per la valutazione della vita residua di componenti esercìti in
regime di scorrimento viscoso
Calcolo della frazione di vita consumata per danno combinato creep-fatica
Sezione 4
R 5:2005
Gli effetti del danno combinato creep-fatica vanno valutati come combinazione lineare dei due
contributi:
zsf=zs +zf
essendo:
zsf = frazione di vita consumata per danno combinato creep e fatica
zs = frazione di vita consumata per creep
zs = frazione di vita consumata per fatica
Il danno combinato così determinato deve risultare inferiore ad un danno limite D. Ciò equivale a
verificare, per via grafica, che il punto rappresentativo di zsf cada all’interno dell’area sottesa da
diagrammi del tipo di quello di figura 1 (diagramma variabile per ogni classe di materiale).
Figura 1. Esempio di curva di danno combinato creep-fatica
16
Mediante l’ausilio di siffatti diagrammi è anche possibile stimare la vita consumata come:
zsf = OC/OV
A solo scopo esemplificativo viene riportata, in figura 2, la procedura da seguire:
Figura 2. Valutazione della frazione di vita consumata
per due classi di materiali differenti.
zsf1 = oc/ov1 (materiale 1)
zsf2 = oc/ov2 (materiale 2)
17
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Raccomandazione per la valutazione della vita residua di componenti esercìti in
regime di scorrimento viscoso
Pianificazione dei controlli non distruttivi
Sezione 5
R 5:2005
CONSIDERAZIONI GENERALI
La redazione del piano controlli rientra nella programmazione delle attività ispettive e come tale
deve tenere in considerazione vari parametri connessi sia con la progettazione e costruzione
dell’apparecchiatura (tipo di apparecchiatura, materiali, trattamenti termici, spessori, ecc.) che con
le condizioni di processo (temperatura, pressione, ambiente chimico) e con la storia di esercizio
(dati di precedenti ispezioni, incidenti, riparazioni, modifiche, ecc.).
Da tali informazioni (analisi preliminare) è già possibile identificare la maggior parte dei
meccanismi di danneggiamento (corrosione, tensocorrosione, fatica, creep, ecc.) e
conseguentemente ipotizzare le tipologie prevedibili di danno (riduzione di spessore, cricche,
degrado microstrutturale, formazione di microvuoti, ecc.).
Le tecniche ispettive per i controlli non distruttivi vanno scelte in funzione della loro idoneità ad
individuare il danno prevedibile e delle loro peculiari caratteristiche (compatibilità con il materiale
indagato, disponibilità dell’apparecchiatura, tipo di alimentazione, temperatura di lavoro, ecc).
E’ importante inoltre prendere in considerazione l’affidabilità del sistema di controllo ovvero la sua
capacità di rivelare e caratterizzare correttamente i difetti. Idealmente una tecnica di controllo
dovrebbe essere in grado di discriminare tutti i difetti più grandi di una data soglia e di ignorare
quelli più piccoli. In realtà nessun sistema consente di ottenere una distinzione così netta, si parla
quindi di Probabilità di rilevazione (POD). Convenzionalmente il difetto minimo rilevabile da un
dato sistema è quello corrispondente ad una probabilità di rilevazione del 90% ovvero tale che la
sua individuazione con la tecnica ispettiva in esame venga accertata 90 volte su 100 prove ripetute.
Una curva POD elaborata sperimentalmente è specifica per :
• materiale/componente;
• tipologia di difetto;
• tecnica ispettiva;
• operatore.
Si deve pertanto individuare preliminarmente la soglia minima del difetto che si desidera
discriminare e conseguentemente si deve accertare, anche mediante prove, l’affidabilità del sistema
di controllo che si intende adottare.
Una volta scelte le tecniche ispettive per i controlli non distruttivi occorre determinare l’estensione
quantitativa del programma ispettivo. A tal fine va valutata la densità e la variabilità del danno
prevedibile (estensione della superficie danneggiata, zone critiche nei riguardi del danno,
distribuzione spaziale del danno, ecc.), la validità del campione da investigare (predisporre l’esame
su aree del componente dove è prevedibile che il danno si verifichi) e la dimensione dello stesso (la
superficie ispezionata deve essere di estensione tale da consentire di valutare i diversi tipi di danno
localizzato).
18
Sulla base dei criteri sopra elencati si determinano quindi le caratteristiche generali del piano
ispettivo, scegliendo in primo luogo le tecniche ispettive e successivamente determinando
l’estensione quantitativa del programma ispettivo.
L’eventuale rilevazione di difetti durante l’esecuzione dei controlli previsti del piano ispettivo
comporta l’esigenza di intensificare l’ispezione soprattutto quando vengono rilevati difetti di
elevata pericolosità in relazione alla loro natura e dimensioni. In tali casi l’intensificazione dei
controlli va fatta secondo criteri preventivamente individuati che tengano in debita considerazione
sia l’efficacia delle tecniche ispettive che l’estensione del programma ispettivo
Il programma ispettivo finale, integrato rispetto a quello preliminare in corso d’opera sulla base
delle esigenze scaturite durante l’effettuazione dei controlli, può essere classificato secondo criteri
di efficacia crescente, a seconda della capacità di individuare correttamente il danno ipotizzato. Si
passa cioè da un programma ispettivo di sufficiente efficacia, capace cioè di rilevare con sufficiente
attendibilità il danno ad un programma di elevata efficacia, capace di rilevare con alta probabilità il
danno presente nel componente.
Infine particolare riguardo deve essere posto alla stima della evoluzione temporale dei fenomeni di
danneggiamento mediante comparazione con esiti di ispezioni passate e programmando una
adeguata frequenza temporale di ispezioni future.
IL PIANO DI CONTROLLO PRELIMINARE
Il piano di controllo preliminare deve essere redatto tenendo conto di quanto evidenziato nel
punto precedente (considerazioni generali). In particolare vista la specificità dei componenti a
pressione in esame dovrà essere posta particolare attenzione al meccanismo di danno “scorrimento
viscoso”. Peraltro i controlli devono individuare con sufficiente attendibilità il buono stato del
componente nei riguardi di tutte le tipologie di danno.
Scelta delle tecniche ispettive
Su ogni giunto saldato va eseguita una serie di controlli specifici finalizzati
all’individuazione dello stato di degrado del componente. A tal fine i controlli minimi da effettuare
devono essere eseguiti in accordo alla seguente tabella:
TABELLA 1 – Controlli non distruttivi per tipologia di membratura/saldatura
Elemento
Materiale base:
• Mantello recipiente
• Tubazioni
• Estradosso curve
• Pezzi speciali
Saldature di composizione
Saldature al mantello dei bocchelli di
diametro ≥100 mm
Saldature al mantello dei bocchelli di
diametro < 100 mm
Saldature di elementi non in pressione a
parti in pressione
Superfici interne
Controlli base
VT
VT
VT
VT
VT
VT
UTS
UTS
ST UTS MT (e/o PT)
ST UTS MT (e/o PT)
ST UT MT (e/o PT)
ST UT MT (e/o PT)
Controlli
aggiuntivi
DM
DM
DM
UT
RT
RT
VT ST MT (e/o PT)
ET
VT PT (e/o MT)
ST
VTE o alternativi
19
STE
ET
HT
STE
La tabella di cui sopra fa riferimento alla seguente simbologia:
UT ultrasuoni difettoscopici
RT esami radiografici
PT liquidi penetranti
VT esami visivi diretti
VTE esami visivi delle superfici
interne con apparecchi endoscopici
HT misure di durezza
MT esame magnetoscopico
UTS ultrasuoni spessimetrici
ET eddy currents
DM controlli dimensionali
ST repliche metallografiche
STE repliche estrattive
In tale tabella sono indicati con il nome di controlli base quei controlli ritenuti più idonei in
relazione alla specificità del giunto saldato mentre sono definiti controlli aggiuntivi quelli
integrativi da eseguirsi a discrezione del progettista/ispettore in aggiunta ai controlli base.
Estensione preliminare del programma ispettivo
L’estensione del programma ispettivo deve essere individuata in via preliminare facendo
riferimento a quanto riportato nelle considerazioni generali.
In particolare il controllo deve essere effettuato su ogni tipologia di giunto saldato e sul materiale
base secondo una estensione preliminare di primo tentativo che va determinata in funzione delle
seguenti grandezze:
•
•
•
Livello di vita spesa: percentuale di vita consumata dal giunto saldato, dedotta dal calcolo
eseguito in via preliminare con valori effettivi di pressione, temperatura e tempi e valori
nominali di spessore;
Categoria di pericolosità del’apparecchio: le attrezzature a pressione, in base all’allegato II
della direttiva 97/23/CE (PED) sono suddivise in categorie secondo criteri di pericolosità
crescenti (I, II, III, IV);
Criticità della saldatura: parametro che tiene in considerazione le conseguenze associate ad
una eventuale rottura del giunto saldato: molto basse (A), basse (B), medie (C), elevate (D).
La classe E corrispondente a conseguenze molto elevate va impiegata invece per il materiale
base.
L’estensione del controllo per ogni saldatura è individuata da un parametro qualitativo detto PEC
(Parametro Estensione Controlli) variabile da 1 a 5 secondo un criterio di severità crescente.
Esso individua l’estensione del singolo controllo non distruttivo da effettuare su ogni tipologia di
saldatura (ad esempio la percentuale di branchetti da controllare, il numero di repliche da
effettuare, ecc.) e tiene in considerazione anche la validità e la dimensione del campione investigato
in relazione al danno ricercato.
Una descrizione puramente qualitativa della estensione del controllo associata a ciascun valore del
PEC è riportata in tabella 2. La tabella 3 della sezione 8 mostra, come esempio, una possibile
formulazione quantitativa del PEC per componenti di generatori di vapore.
20
Tabella 2. Parametro Estensione Controlli
PEC
1
2
3
4
5
Estensione del controllo
Sufficientemente diffusa
Moderatamente diffusa
Mediamente diffusa
Altamente diffusa
Elevata
CLASSIFICAZIONE DEI DIFETTI RISCONTRATI
Dopo aver eseguito i controlli preliminari su ogni saldatura costituente il componente investigato
secondo una estensione pari al valore del PEC preliminare è necessario valutare se intensificare o
meno i controlli stessi. I difetti rilevati dovranno essere classificati secondo criteri che prendono in
considerazione il tipo, l’estensione, la natura e la le dimensioni del difetto.
Anche in questo caso si fa riferimento ad una classificazione indicizzata come riportato nel
prospetto seguente (tabella 3):
Tabella 3. Classificazione dei difetti
Classe del difetto: CD
1
2
3
4
5
Difetti riscontrati
Nessun difetto
Difettosità lieve
Difettosità media
Difettosità alta
Difettosità molto alta
Il danneggiamento da scorrimento viscoso, evidenziato mediante esecuzione di repliche
metallografiche, è classificato con il criterio riportato nella sezione 6, mediante indici variabili da 1
a 5 a cui corrispondono rispettivamente i casi estremi di materiale non danneggiato e materiale con
presenza di macrocricche (classe del difetto: CDcreep).
La classificazione dei sottospessori riscontrati deve essere funzione dello spessore nominale, della
tolleranza, del sovraspessore di corrosione e dello spessore minimo di calcolo (classe del difetto:
CDss). L’esempio riportato nella sezione 8 mostra una possibile procedura numerica di
classificazione dei difetti superficiali sulla base del loro numero e della loro profondità.
INTENSIFICAZIONE DEI CONTROLLI
Se i controlli preliminari hanno rilevato dei difetti può rendersi necessario intensificare i controlli
in corso d’opera. A seconda della difettologia riscontrata, quantificata dalla classe del difetto,
andrà aumentata l’estensione del controllo più idoneo a rilevarla, lasciando inalterata l’estensione
dei rimanenti controlli. A tal fine viene riportata la tabella 4 che identifica i controlli non distruttivi
più efficaci, ai fini della presente PT, per ogni tipo di difettologia.
21
Tabella 4. Efficacia delle tecniche ispettive
Tecnica di
Ispezione
UT ultrasuoni
difettoscopici
RT esami
radiografici
PT liquidi penetranti
VT - VTE esami
visivi diretti e
assistiti
HT durezze
MT esame
magnetoscopico
UTS ultrasuoni
spessimetrici
ET eddy currents
DM dimensionali
ST repliche
metallografiche
STE repliche
estrattive
Riduzione
Difetti
Difetti
di spessore superficiali Volumetrici
Microfessure
microvuoti
Variazioni
metallurgiche
Variazioni
dimensionali
X
2-3
1-2
2-3
X
X
X
3-X
1-2
X
X
X
X
X
1-3
2-3
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
1-2
X
3-X
X
X
3-X
X
X
X
1
X
X
X
X
X
1-2
1-3
X
1-2
X
1-3
2-3
X
X
X
X
1-2
X
X
1-2
X
1-2
X
X
X
X
X
1-2
X
Legenda:
1: molto efficace
2: moderatamente efficace
3: di possibile efficacia
X: di solito non utilizzato
Il diagramma qualitativo di figura 1 illustra in un diagramma a blocchi la procedura da seguire per
intensificare i controlli, rispetto a quelli previsti dal piano preliminare, in funzione della natura
specifica dei difetti riscontrati.
Si giunge a definire così una integrazione al piano controlli preliminare diversificata a seconda del
risultato del controllo.
La procedura è di tipo iterativo dovendosi estendere il controllo ogni volta che si rilevi difettologia
di classe superiore.
Alla fine, per ciascuna saldatura, alcuni controlli saranno eseguiti con estensione maggiore rispetto
ad altri, giungendo a definire un set di grandezze (PECi), indicative dell’estensione dei controlli
relativi, rispettivamente, ai difetti superficiali, a quelli volumetrici, al danno da creep e ai
sottospessori.
22
PEC
preliminare
Difetto
superf.le
SI
Tipo controllo
da intensificare:
LP o MTo ET
Calcola
CD1
SI
Tipo controllo
da intensificare:
UT
Calcola
CD2
Nuova estensione
controllo :
PEC(UT)
SI
Tipo controllo
da intensificare:
ST
Calcola
Ccreep
(allegato 6)
Nuova estensione
controllo :
PEC(UT)
SI
Tipo controllo
da intensificare:
UTS
Calcola
Css
Nuova estensione
controllo :
PEC(LP o MT o ET)
NO
Difetto
volum.co
NO
Danno
da creep
NO
Sotto
spessori
Nuova estensione
controllo :
PEC(UT)
Estensione
controlli pari al
PEC preliminare
Figura 1 – Intensificazione dei CND su una data saldatura in funzione dei difetti riscontrati
23
Categoria dell’ispezione
Una volta scelte le tecniche ispettive e determinata l’estensione dei controlli su ogni tipologia di
giunto saldato, anche in seguito alla eventuale intensificazione dei controlli, si arriva a definire
l’efficacia del programma ispettivo detta brevemente Categoria di Ispezione. Tale grandezza,
relativa all’intero componente e non più al singolo giunto saldato, è classificabile qualitativamente
secondo categorie crescenti secondo il prospetto sotto riportato.
Tabella 5. Categoria qualitativa di efficacia ispettiva (categoria di ispezione)
Categoria di Ispezione
Descrizione
5
Elevata efficacia
In grado di rilevare il
danno in quasi tutti i casi
4
Alta efficacia
In grado di rilevare il
danno nella maggior
parte dei casi
3
Buona efficacia
Tale da garantire con
buona attendibilità
l’individuazione di
difetti, il degrado del
materiale e i sottospessori
2
Media efficacia
Tale da garantire con
media attendibilità
l’individuazione di
difetti, il degrado del
materiale e i sottospessori
1
Sufficiente efficacia
Tale da garantire con
sufficiente attendibilità
l’individuazione di
difetti, il degrado del
materiale e i sottospessori
La categoria d’ispezione va valutata di volta in volta dal PR sulla base dei controlli eseguiti e
dell’estensione degli stessi.
Seguendo la procedura illustrata nei punti precedenti, avendo scelto le tecniche ispettive indicate in
tabella 1 ed avendo intensificato i controlli secondo il prospetto di tabella 4, ne risulta che la
categoria dell’ispezione è, in linea generale, strettamente correlata al Parametro Estensione
Controlli (PEC). In tale evenienza, è possibile incrementare o diminuire l’efficacia del programma
ispettivo agendo sul parametro PEC.
COMPITI DEL PROGETTISTA
Il progettista (PR), ovvero la persona che sovrintende a tutte le attività di valutazione dello stato di
integrità delle attrezzature a pressione soggette a scorrimento viscoso a caldo deve:
1. elaborare il piano controlli (PC) preliminare determinando per ogni giunto saldato e
materiale base le tecniche ispettive e l’estensione dei controlli, individuando i criteri per la
determinazione del PEC in funzione di vita spesa, criticità saldatura e pericolosità
dell’apparecchio.
24
2. classificare le indicazioni rilevate con i controlli tenendo conto dei criteri di accettabilità
stabiliti preliminarmente dal PR o da codici di riferimento per la fabbricazione, riferiti alle
singole classi di prodotto. Le indicazioni eccedenti i limiti di accettabilità devono essere
classificate secondo criteri predeterminati. In particolare deve valutare l’accettabilità delle
indicazioni in funzione della loro natura, posizione, profondità e dimensione, tenendo conto
del futuro esercizio del componente.
3. individuare le eventuali azioni da intraprendere, comprese molature, riparazioni locali,
riparazioni totali, sostituzioni, ecc.
4. intensificare i controlli o far ricorso a controlli aggiuntivi e/o alternativi sulla base dei
risultati ottenuti, secondo procedure chiaramente identificate.
5. far eseguire i controlli secondo procedure prefissate rese disponibili, in forma scritta, prima
dell’esecuzione degli stessi.
6. documentare i controlli su appositi certificati.
La procedura per la pianificazione e l’esecuzione dei controlli, classificazione dei difetti,
individuazione delle azioni correttive, ecc. descritta nei punti precedenti
deve essere
preliminarmente comunicata dal PR all’EP.
PRESCRIZIONI PARTICOLARI
Controllo a Campione per Collettori “Multipli ” di Generatori di Vapore
Il controllo dei collettori multipli di un generatore di vapore può essere effettuato a campione
secondo il seguente seguente programma:
•
Se la vita consumata risulta minore del 60%:
Controllo del 33% dei collettori alla prima fermata di riomologazione (100000 ore). Alla
seconda fermata di riomologazione controllo di un altro 33% dei collettori oltre al 33%
del già controllato. Nella terza fermata di riomologazione controllo del rimanente 33% non
controllato oltre al 33% del già controllato. La sequenza deve essere ripetuta nei controlli
successivi.
•
Se la vita consumata risulta compresa tra il 60% e l’80%:
Controllo del 66% dei collettori alla prima fermata di riomologazione (100000 ore). Alla
seconda fermata di riomologazione controllo dei collettori rimanenti e del 66% di quelli
già controllati.
La sequenza deve essere ripetuta nei controlli successivi.
•
Se la vita consumata risulta maggiore del 80%:
Controllo del 100% dei collettori multipli.
Qualora mediante i controlli non distruttivi o l’esame per replica siano stati rilevati difetti ritenuti
significativi dal progettista o difetti da creep, anche su un solo collettore, l’ispezione deve essere
estesa al doppio dei collettori danneggiati. Se a seguito di tali controlli il difetto risulti confermato
occorre estendere i controlli al 100%.
Ove tali collettori “multipli” non risultino totalmente accessibili a causa della loro posizione
l’estensione del controllo va valutato caso per caso, previa apposita relazione da parte del
Progettista.
25
Misurazioni di Spessore
Le misure di spessore devono essere eseguite con una estensione tale da evidenziare eventuali
sottospessori causati da fenomeni erosivi o corrosivi legati all’esercizio o da errori originari legati
alla costruzione.
Nel caso si intenda utilizzare lo spessore reale nel calcolo di vita consumata, quando maggiore di
quello di progetto, l’estensione dei punti di misurazione deve essere tale da garantire l’effettiva
presenza del sovraspessore nei componenti da esaminare. A tal fine il reticolo minimo di punti di
misura deve rispettare il prospetto di tabella 6.
Tabella 6. Reticolo per misurare lo spessore reale ai fini del calcolo
Componente
Misure di Spessore
Tubazioni – tratti dritti
4 punti circonferenziali a 90° alle estremità e al
centro
Tubazioni – tratti curvi
3 punti circonferenziali (-45°, 0°, 45°) in 3
posizioni longitudinali (1/4, centro e 3/4 della
curva), con riferimento alla mezzeria
dell’estradosso
Collettori di diametro maggiore o uguale a 300
mm
8 punti circonferenziali ogni tratto longitudinale
pari al diametro
8 punti su ciascun fondo di estremità
Collettori di diametro minore di 300 mm
4 punti circonferenziali ogni tratto longitudinale
pari al diametro
4 punti su ciascun fondo di estremità
Membrature da lamiera
Maglia quadrata con lato massimo 300 mm
Semilavorati vari di cui al cap. 12 della Raccolta Numero di punti per sezione:
M revisione 95 ed. 99
n=DxC1 (min 4 a 90°)
Spaziatura tra le sezioni:
d=DxC2 (minimo 2 sezioni)
(D=diametro, C1=0.02, C2=0.5, per riduzioni
tronco-coniche D=Dmax)
Anche in presenza di fenomeni corrosivi è opportuno intensificare, in accordo al precedente
prospetto, i punti di misura per verificare eventuali sottospessori. In tali casi, se si intende utilizzare
lo spessore reale, quando maggiore di quello di progetto, nel calcolo di vita consumata occorre
intensificare ulteriormente i punti di misura rispetto a quelli indicati in tabella 6.
Prescrizioni specifiche inerenti i controlli
Quando è richiesta l’ispezione del bordo interno dei bocchelli è consigliato l’esame visivo VTE,
integrato o sostituito da un idoneo esame mediante ultrasuoni. In caso di numerosi bocchelli simili,
il controllo può essere “a campione”.
26
Prima della preparazione della superficie per il prelievo delle repliche metallografiche deve essere
misurato lo spessore del componente al fine di evitare la creazione di sottospessori. In ogni caso
l’esame spessimetrico deve essere ripetuto dopo il prelievo della replica per verificare lo spessore
residuo.
Gli esami metallografici possono fornire anche informazioni supplementari sulla natura di difetti
riscontrati. Prima di asportare per molatura un difetto il progettista deve valutare la sua natura. A tal
fine, per verificare se vi sia presenza di danno da scorrimento viscoso, deve essere valutata
l’opportunità di prelevare una replica all’apice del difetto. Nel caso di più difetti analoghi su uno
stesso componente, la replica può essere prelevata su un solo difetto. Se il difetto è superficiale e
scompare durante la preparazione dell’area di replica, quest’ultima deve essere comunque
analizzata, a meno che non sia possibile farlo su un difetto analogo. Queste repliche sono aggiuntive
a quelle richieste dal piano controlli. In caso di concomitanza di posizione, il punto di prelievo
previsto dal piano dei controlli può essere spostato in una zona priva di difetti.
Qualora esista l’impossibilità di accedere correttamente ai componenti da ispezionare o a una loro
parte, per esempio per la presenza di ostacoli inamovibili, occorre revisionare il piano controlli. Le
situazioni di impedimento devono essere riportate nella documentazione presentata.
Bibliografia
[1] Norma UNI 11096: 2004. Prove non distruttive - Controlli sullo stato di integrità strutturale di
attrezzature a pressione soggette a scorrimento viscoso a caldo - Pianificazione ed esecuzione dei
controlli, valutazione dei risultati e documentazione
27
Comitato Termotecnico Italiano Energia e Ambiente
Via Pacini 11- 20131 Milano, ! 02.2662651 - " 02.26626550
[email protected] - www.cti2000.it
Raccomandazione per la valutazione della vita residua di componenti esercìti in
regime di scorrimento viscoso
Repliche Metallografiche
Sezione 6
R 5:2005
LINEE GUIDA PER IL PRELIEVO DI REPLICHE MORFOLOGICHE-CAVITAZIONALI
SU COMPONENTI ESERCITI IN CONDIZIONI DI SCORRIMENTO VISCOSO
1.
SCOPO E CAMPO DI APPLICAZIONE
1.1
1.3
La presente procedura è applicabile al prelievo di repliche morfologiche-cavitazionali per
l’osservazione metallografia in microscopia ottica (LOM) ed/od elettronica a scansione
(SEM), allo scopo di mettere in evidenza la struttura metallografica e rilevare l’eventuale
danneggiamento da scorrimento viscoso.
La procedura è applicabile all’esame di componenti e di giunti saldati in condizioni di
scorrimento viscoso.
La superficie da replicare deve avere una temperatura compresa fra +5 e +30°C.
2.
DOCUMENTI APPLICABILI
1.2
I documenti applicabili sono:
a) UNI 6327 “Esame microscopico dei materiali metallici – Metodo di esame mediante
replica con vernici o con film”.
b) UNI 9993: “Repliche in opera per l’esame microscopico”.
c) ASTM E 1351: “Production and Evaluation of Field Metallographic replicas”.
3.
PREPARAZIONE DELLA SUPERFICIE
3.1
I componenti sottoposti a prelievo e la zona in esame devono essere univocamente
identificabili mediante repertazione fotografica riportante la sigla della replica ed
orientazione della piazzola di prelievo con preciso riferimento sul disegno relativo allo
schema di prelievo. Prima di iniziare la procedura di preparazione della superficie la stessa
deve essere controllata con rilievi spessimetrici ultrasonori al fine di verificare che lo
spessore del componente non sia inferiore al minimo previsto sul progetto approvata.
I valori dei rilievi spessimetrici devono essere registrati sul disegno relativo alla zona di
prelievo.
La zona di prelievo della replica deve comprendere, di norma, una superficie di almeno 10
cm2; sui giunti saldati dovrà comprendere, oltre i materiali base, le ZTA (zone termicamente
alterate) e la ZF (zona fusa).
3.2
28
3.3
Prelevigatura meccanica
3.3.1
Molare delle piazzole, di norma, di 50x120 mm tramite spazzole rotative a lamelle di tela
abrasiva con granulometria 60-180, fino ad una profondità da eliminare gli strati esterni
ossidati, decarburati, o comunque contaminati e non rappresentativi della microstruttura
del materiale.
3.3.2 Prelevigare meccanicamente la superficie in esame con abrasivi con granulometria
decrescente da 220 almeno fino a 400.
3.3.3 Lavare accuratamente la superficie con alcool od acetone, al termine della levigatura, per
eliminare eventuali residui e fermare i processi ossidativi eventualmente in corso.
4.
4.1
4.2
4.3
4.4
5.
LUCIDATURA
E’ ammessa la sola lucidatura meccanica a pasta diamantate.
Usare la stessa tipologia di strumentazione utilizzata per la prelevigatura, montando dei
panni di feltro.
Impregnare di pasta diamantata e granulometria decrescente fino alla finitura di 1 µm i panni
di feltro e lubrificarli opportunamente con olio solubile in alcool.
Lucidare sino a che la superficie risulti perfettamente speculare, lavando con alcool
accuratamente nel passaggio alle paste di granulometria inferiore.
Nel solo caso di acciai inossidabili è ammessa la lucidatura elettrolitica purché venga
assicurata la completa neutralizzazione della zona sottoposta ad esame.
ATTACCO METALLOGRAFICO
5.2
E’ ammesso il solo attacco metallografico chimico.
Attaccare la piazzola lucidata speculamene con una soluzione in grado di mettere in
evidenza la struttura del materiale in esame.
Lavare abbondantemente la superficie con alcool etilico ed asciugare con aria pulita.
6.
ESECUZIONE DELLA REPLICA
6.1
Adagiare, sul componente che ha subito l’attacco metallografico, un foglio di triacetatao di
cellulosa di spessore 34 µm e di dimensioni minime 25 x 100 mm previa irrorazione della
superficie con acetone.
Lasciare aderire il foglio plastico per qualche minuto e poi staccarlo senza strapparlo.
Depositare il foglio plastico su un vetrino con la faccia recante l’impronta rivolta verso
l’alto e fissarlo alle due estremità.
Appoggiare il vetrino su uno specchietto, con l’impronta verso l’alto, ed osservarlo al
microscopio ottico ad ingrandimento minimo di 100 x, in modo da giudicare la qualità della
replica ottenuta.
Lavare la superficie del componente appena replicata con acetone per togliere eventuali
residui.
5.1
6.2
6.3
6.4
6.5
7.
CONSERVAZIONE DELLA REPLICA
7.1
Inserire la replica ottenuta tra due vetrini (uno dei quali è il supporto già utilizzato per
l’osservazione al microscopio ottico), tenuti premuti l’un contro l’altro con del nastro
adesivo.
Marcare ed identificare opportunamente la replica, segnando anche orientazione e
posizionamento nel componente con riferimento ai dati riportati sul disegno.
7.2
29
7.3
8.
Ogni replica deve essere accompagnata da un verbale di prelievo che riporti
- organismo che ha effettuato il prelievo,
- notizie relative alle condizioni della zona di prelievo all’atto della replicazione,
- caratteristiche del componente,
- procedura di prelievo delle repliche,
- zona e profondità di prelievo,
- tipo e tempo di attacco metallografico,
- numero progressivo della replica,
- nome dell’esecutore della replica,
- data di prelievo,
- indicazione del disegno riportante lo schizzo dei prelievi,
- repertazione fotografica
PERSONALE
Il personale addetto al prelievo di repliche deve essere qualificato.
30
LINEE GUIDA PER L’OSSERVAZIONE DI REPLICHE MORFOLOGICHECAVITAZIONALI PRELEVATE SU COMPONENTI ESERCITI IN CONDIZIONI DI
SCORRIMENTO VISCOSO
1.
SCOPO E CAMPO DI APPLICAZIONE
1.1.
La presente procedura riporta le modalità operative per l’osservazione e la valutazione
metallografia in Laboratorio Metallografico di repliche morfologiche-cavitazionali in
microscopia ottica (LOM) ed/od elettronica a scansione (SEM), allo scopo di evidenziare la
struttura metallica e di rilevare danneggiamento da scorrimento viscoso.
La procedura è applicata all’osservazione di repliche prelevate su componenti e giunti
saldati eserciti in condizioni di scorrimento viscoso.
1.2.
2.
DOCUMENTI APPLICABILI
I documenti applicabili sono:
a) UNI 6327: “Esame microscopico dei materiali metallici – Metodo di esame mediante
replica con vernici o con film”.
b) UNI 9993: “Repliche in opera per l’esame microscopico”.
c) ASTM E 1351: “Production and Evaluation of Field Metallographic Replicas”.
d) UNI 4227: “Strutture metallografiche dei materiali metallici”.
3.
PREPARAZIONE
3.1
Verificare che la replica sia accompagnata dal verbale di prelievo, di cui alla linea guida
precedente inerente il prelievo repliche, e non sia danneggiata o stirata.
Metallizzare la replica sottovuoto applicando un deposito di oro con angolo di incidenza atto
a creare un effetto ombra, ed in quantità tale da assicurare un pieno contrasto ed una
risoluzione di almeno 500 x per il microscopio metallografico (LOM) e 1000 x per quello
elettronico (SEM) su almeno il 70% della superficie preparata.
3.2
4.
OSSERVAZIONE METALLOGRAFICA
4.1
Porre la replica sul piano portaoggetti del microscopio in modo da consentire una corretta
leggibilità di tutti i campi.
Condurre l’osservazione metallografia con uno dei seguenti mezzi di ingrandimento:
- microscopio metallografico ottico diretto in luce riflessa (LOM),
- microscopio elettronico a scansione (SEM).
In caso di dubbia interpretazione del livello di danneggiamento al microscopio ottico è
richiesto l’esame al microscopio elettronico.
4.2
4.3
Osservare in condizioni strumentali idonee la replica ad un ingrandimento di 250 x e 500 x
in modo da rilevare:
a) tipo di microstruttura, secondo i termini della norma UNI 4227, quando applicabile,
b) disomogeneità microstrutturali,
c) evoluzione microstrutturale,
d) grado di eventuale danneggiamento.
31
4.4
Valutare l’eventuale danneggiamento partendo dal livello di microcavitazione dei singoli
campi in base alla normale ottica metallografia (v. tabella 1 allegata), e classificare secondo
i livelli:
1: Nessuna microcavità da scorrimento
2: Microcavità singole isolate
3: Microcavità orientate
4: Microcricche
5: Macrocricche
Indicare, in caso di non completa corrispondenza con il livello suddetto, il valore intermedio
(es. 2-3).
Anche in assenza di danneggiamento da creep occorre comunque valutare l’eventuale
evoluzione microstrutturale dei materiali. Un esempio tipico relativo ai materiali base di
acciai al carbonio e bassolegati è riportato in tabella 2.
4.5
Esaminare, nel caso di giunti saldati, le diverse parti:
- Zona Fusa (ZF),
- Zone Termicamente Alterate (ZTA) a diverse distanze dalla ZF,
- Materiali Base (MB).
4.6
Nell’esame in microscopia elettronica, eseguire l’osservazione con cautela evitando
danneggiamenti da riscaldamento dovuto al fascio elettronico.
5.
DOCUMENTAZIONE
5.1
Documentare i rilievi microstrutturali (bordi, grano, precipitati, cricche, ecc) e/o il
danneggiamento da scorrimento, mediante fotomicrografie a 500 x ottenute con lo stesso
metodo utilizzato per l’osservazione metallografica.
Nel caso di giunti saldati, deve essere repertata fotograficamente ciascuna zona caratteristica
di cui al punto 4.5.
Nel caso di danneggiamento da scorrimento viscoso, la repertazione fotografica dovrà essere
rappresentativa del livello di danno dichiarato.
5.2
5.3
6.
ARCHIVIAZIONE
6.1
6.2
6.3
Archiviare la replica ottenuta garantendone la corretta conservazione.
Marcare ed identificare opportunamente la replica.
Sistemare la replica in apposito contenitore, a tenuta di polvere ed umidità ed in luogo
fresco, al riparo da luce e fonti di calore.
Le repliche dovranno essere tenute a disposizione dell’Ente Preposto, almeno fino al
successivo controllo, presso l’esercente l’impianto.
6.4
7.
CERTIFICAZIONE
Il certificato di osservazione metallografia della replica deve indicare:
32
8.
laboratorio che ha effettuato l’osservazione,
procedura di osservazione metallografica,
verbale di prelievo,
numero progressivo della replica,
tipo di metallizzazione,
strumentazione utilizzata per l’osservazione,
fotomicrografie a 500 x con relativa interpretazione microstrutturale e di danneggiamento,
data e firma del responsabile dell’esame.
PERSONALE
Il personale addetto all’osservazione metallografia di repliche deve essere qualificato.
33
Tabella 1: Classificazione del danneggiamento da creep
1: Assenza di danneggiamento
2: Microcavità isolate
3: Microcavità orientate
4: Microcricche
5: Macrocricche
34
Tabella 2: Classificazione del danneggiamento microstrutturale
A: Ferrite e perlite lamellare
B: Inizio di sferoidizzazione, precipitazione di carburi a
bordo grano
C: Stadio intermedio di sferoidizzazione, la perlite ha
iniziato la sferoidizzazione ma lamelle sono ancora
evidenti
D: Sferoidizzazione completa, ma i carburi sono ancora
raggruppati nei loro grani perlitici originari
E: Carburi omogeneamente dispersi (nessuna traccia
della struttura precedente ferritica/perlitica)
F: Carburi omogeneamente dispersi, ma alcuni carburi
sono cresciuti tramite coalescenza
35
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Raccomandazione per la valutazione della vita residua di componenti esercìti in
regime di scorrimento viscoso
Determinazione degli intervalli di ricontrollo e valutazioni finali
Sezione 7
R 5:2005
CONSIDERAZIONI GENERALI
Gli esiti dei controlli non distruttivi e dei calcoli di vita spesa eseguiti in accordo alle prescrizioni
elencate nelle sezioni 2, 3, 4 e 5 forniscono delle informazioni sullo stato globale dell’apparecchio
utili per effettuare le valutazioni finali sulla esercibilità dell’apparecchio nelle previste condizioni di
esercizio.
In primo luogo occorre analizzare la congruenza tra risultati di calcoli e controlli. In caso di
incongruenza il PR deve valutare i singoli risultati e, se necessario, aggiornare le valutazioni di vita
spesa. In presenza di difettosità (rientrante nei limiti di accettabilità preventivamente comunicati dal
PR all’Ente Preposto) l’aggiornamento di vita spesa può essere effettuato mediante procedure del
tipo “Fitness For Service – FFS”. In tali casi specifici è necessario far riferimento a valori di
tenacità sperimentali determinati sulla base dei risultati di prove su microcampioni (es. prove di
"small punch") prelevati dal materiale del componente.
La determinazione degli intervalli di ulteriore esercizio devono essere elaborate sulla base di
procedure preventivamente individuate e comunicate all’Ente Preposto che tengano conto del
rischio insito nel componente e/o nell’apparecchiatura. Tali procedure basate sul rischio (RBI – Risk
Based Inspection) sono mirate all’ottimizzazione delle attività ispettive tenendo in considerazione
sia la probabilità di rottura del componente sia le conseguenze associate alla rottura stessa.
In particolare nella determinazione degli intervalli ispettivi deve essere tenuta in considerazione sia
la categoria di ispezione che la criticità della saldatura ove è stato localizzato il danno (vedi
sezione 5):
• Infatti ad una maggiore efficacia del programma ispettivo, unita ad una alta efficacia delle
tecniche ispettive, corrisponde una maggiore affidabilità del risultato del controllo. Ciò
permette di poter estendere l’intervallo di ricontrollo fino all’estremo superiore di un
determinato range temporale.
• La criticità della saldatura contribuisce a dare una misura della gravità del danno
riscontrato sulla saldatura stessa e come tale è un parametro fondamentale nella procedura
di determinazione degli intervalli di ricontrollo.
L’approccio da seguire per la determinazione degli intervalli di ricontrollo consiste nella
individuazione del livello di rischio associato al componente in esame mediante procedura
qualitativa (speditiva), semi-quantitativa o quantitativa.
Successivamente a seconda del livello di rischio si individuano gli intervalli temporali di ricontrollo
sulla scorta di criteri predeterminati e comunicati dal PR all’Ente Preposto.
Probabilità e conseguenza possono essere determinate mediante valutazioni globali di tipo
qualitativo che individuano delle categorie. In linea generale il posizionamento del punto in un
36
diagramma (figura 1) caratterizzato da aree a rischio crescente individua il livello indicativo del
rischio (PIR - Parametro Indicativo del Rischio).
Categoria di Probabilità
Tabella 1. Matrice di rischio
4
3
2
1
Rischio
crescente
A
B
C
D
Categoria di Conseguenze
Per la determinazione della categoria di probabilità possono essere presi in considerazione vari
fattori quali ad esempio tipo di danno, criteri di progettazione, tipo di processo, ecc..
La categoria di conseguenza va determinata invece in funzione dei parametri di esercizio del
componente (pressione e temperatura) nonché della natura del fluido contenuto (pressione,
temperatura, infiammabilità, tossicità ecc.). La categoria di conseguenza comprende le conseguenze
di incendio, di esplosione, di tossicità ed ambientale. In un approccio semplificato è possibile
prescindere da una o più tipologie di conseguenza purché la semplificazione adottata sia
conservativa nei riguardi della sicurezza.
Se si hanno a disposizione dati statistici affidabili sulle frequenze di rottura si può procedere
mediante un approccio quantitativo. Esso si differenzia da quello qualitativo per il fatto che sia
probabilità che conseguenza vengono quantificati mediante procedure dettagliate.
L’impiego di tale approccio richiede la disponibilità di banche dati sulla frequenza generica di
rottura. In tale approccio il rischio viene quantificato mediante il prodotto numerico tra probabilità e
conseguenza anziché fare riferimento alla matrice di rischio di figura 1.
In mancanza di dati sufficienti per l’analisi quantitativa si può procedere a quella semi-quantitativa
che, pur consentendo una maggiore precisione rispetto all’analisi qualitativa, risulta semplificata
rispetto a quella puramente quantitativa sia per il calcolo della probabilità che per quello della
conseguenza. Inoltre il livello di rischio è ottenuto mediante la matrice di rischio tipica dell’analisi
qualitativa (figura 1) rinunciando ad un risultato di tipo numerico.
METODO SEMPLIFICATO
Una metodologia semplificata di tipo speditivo, adottabile quando non siano presenti fluidi
pericolosi (ad esempio per il vapor d’acqua) è la seguente.
Parametro indicativo del danno
Un criterio semplificato è quello di prendere in considerazione quale categoria di probabilità lo stato
di danneggiamento (riferito ad una determinata saldatura o al componente nel suo complesso)
combinando il risultato di tutti i controlli eseguiti. Infatti se un difetto è accompagnato da un danno
da creep o di fatica esso potrebbe evolvere con grande rapidità e portare in breve tempo a rottura. In
tal caso lo stato di degrado globale del giunto saldato deve essere classificato secondo un indice
37
rappresentativo della probabilità di rottura detto PID (Parametro Indicativo del Danno) variabile tra
1 e 5 (tabella 1).
Tabella 2. Parametro indicativo del danno (PID)
PID
Degrado Globale
1
2
3
4
5
Molto Basso
Basso
Medio
Alto
Molto Alto
Escludendo l’effetto della fatica oligociclica l’indice di danno (PID) può essere definito in funzione
della classe del difetto (deducibile dal numero, dalle caratteristiche geometriche e dalla natura dei
difetti) e alla classe del danneggiamento da creep cumulando il danno in maniera opportuna. Ad
esempio si può adottare una rappresentazione matriciale del tipo riportato in tabella 3.
CLASSE DEL DIFETTO
Tabella 3. Parametro indicativo del danno (PID) in funzione del risultato di CND e repliche
5
II
III
IV
V
(*)
4
II
III
IV
V
(*)
3
II
II
III
IV
(*)
2
I
II
III
IV
(*)
1
I
II
III
IV
(*)
1
2
3
4
5
PID
CLASSE DEL DANNO
MICROSTRUTTURALE
Nella tabella 1, nel caso si incontri una classe di danno microstrutturale pari a 5 occorre eseguire
una riparazione totale della saldatura o la sostituzione componente.
Parametro indicativo del rischio
E’ possibile quindi definire una correlazione semplificata tra indice di danneggiamento e livello di
criticità della saldatura introducendo un ulteriore parametro (PIR: Parametro Indicativo del
Rischio). Un esempio di una possibile correlazione è riportata nella tabella seguente:
PID
Tabella 4 - Parametro indicativo del rischio (PIR) in funzione dell’indice di danno e del livello di
criticità della saldatura
V
PIR 4
PIR 5
PIR 5
PIR 5
IV
PIR 4
PIR 4
PIR 5
PIR 5
III
PIR 3
PIR 3
PIR 4
PIR 5
II
PIR 2
PIR 2
PIR 3
PIR 3
I
PIR 1
PIR 1
PIR 1
PIR 1
A
B
C
D
PIR
LIVELLO DI CRITICITÀ SALDATURA
38
Intervalli di ricontrollo
L’individuazione di un dato valore numerico del rischio (nel caso di analisi quantitativa) o di un
dato livello di rischio (nel caso di analisi qualitativa o semi-quantitativa) permette di eseguire delle
valutazioni per la determinazione degli intervalli di ricontrollo.
Un metodo è quello di associare a ciascun valore del PIR un dato range temporale (ad esempio
PIR4 = 5000÷7000 ore). All’interno di questo range l’intervallo di ricontrollo (∆I) aumenta
all’aumentare dell’efficacia dell’ispezione. Quindi l’estremo superiore è ottenibile se la l’ispezione
è di “efficacia elevata” (Categoria d’Ispezione)
L’intervallo di ricontrollo può essere determinato in funzione del valore massimo del PIR e della
Categoria dell’ispezione facendo riferimento, ad esempio, alla tabella seguente.
Tabella 5 – Individuazione degli intervalli di ricontrollo
5
PIR
4
3
2
1
∆I
1
3
2
4
5
Categoria di Ispezione
Ad ogni area del diagramma precedente è possibile associare un intervallo di ricontrollo secondo la
seguente corrispondenza:
Intervallo molto ridotto (es. 5.000 ore)
Intervallo ridotto (es. 7.000 ore)
Intervallo medio-ridotto (es. 12.000 ore)
Intervallo medio (es. 25.000 ore)
Intervallo esteso (es. 40.000 ore)
Intervallo molto esteso (es. 50.000 ore)
Il tempo così individuato (∆I) va confrontato con l’intervallo massimo ammissibile (50'000 ore) e
con la vita residua (Hr).
Pertanto l’intervallo di ricontrollo effettivo (IR) è dato da:
IR = min[∆I , 50.000, (60% Hr )]
Un esempio applicativo del metodo semplificato è illustrato in allegato 8
Fluidi pericolosi
La metodologia semplificata può essere adottata anche per fluidi pericolosi. In tal caso i tempi di
ricontrollo determinati come sopra vanno moltiplicati per un adeguato fattore di sicurezza in
funzione della categoria di conseguenza ottenuta. I valori consigliati dei fattori di riduzione sono i
seguenti:
39
Categoria di conseguenza
Fattore di riduzione
1
1
2
0.9
3
0.7
La procedura per la determinazione delle categorie di conseguenza è riportata in appendice 1.
NOTA:
Qualunque sia il metodo adottato per la determinazione degli intervalli di ricontrollo, il PR deve
preventivamente comunicare all’Ente Preposto i criteri per la determinazione della categoria di
probabilità e di conseguenza oltre alla correlazione tra intervalli di ricontrollo, livelli di rischio
(PIR) e Categoria dell’Ispezione.
40
Appendice 1
Determinazione delle categorie delle conseguenze
Questa procedura viene adottata per stabilire l’entità delle conseguenze a rottura del componente
esaminato in relazione alla natura del fluido in esso contenuto.
L’approccio è focalizzato esclusivamente alle conseguenze sulle persone e non sul danno
ambientale.
Terminologia adottata
Parametro
Unità di misura
Cf
Ct
hc
kc, ke, kv,
kp, kq, kϑ,
Descrizione
kJ/kg
-
numero di combustib.tà
numero di tossicità
entalpia specifica di combustione
fattori di correzione
Nf
-
indice di infiammabilità
Nt
-
indice di tossicità
Nr
-
indice di reattività
MF
-
fattore materiale
Ed
MJ
Energia d’espansione dovuta all’esplosione
m
kg
massa
mt
kg
massa di sostanza tossica
pabs
bar
pressione assoluta
pw
bar
pressione di esercizio
ϑw
°C
temperatura di esercizio
ϑf
°C
flashpoint
ϑb,a
°C
MAC
-
boiling point
3
mg/m
concentrazione in aria massima accettabile respirata da
un soggetto umano esposto giornalmente per otto ore e
per cinque giorni a settimana.
Determinazione delle categorie di pericolosità della sostanza
I reattori vengono suddivisi in categorie di pericolosità in base alla natura e alla quantità della
sostanza in essi contenuti.
Il diagramma che segue determina la categoria di pericolosità della sostanza contenuta; esso è
applicato per:
# ciascuna sostanza la cui massa supera del 5% la massa totale del sistema;
# ciascuna sostanza estremamente tossica nel sistema (Nt>4).
La categoria di pericolosità del sistema è data dalla categoria più alta determinata per le singole
sostanze contenute nell’apparecchio.
41
START
SI
SI
Cf >65
Cf >95
NO
NO
SI
SI
Ct >6
Ct >10
NO
NO
Categoria 1
Categoria 3
Categoria 2
Per la determinazione dei numeri di tossicità e combustibilità si adottano le seguenti espressioni:
C f = 1,6 ⋅ MF ⋅ (1,5 + k ϑ + k v + k p + k q )
C t = N t ⋅ (1 + k ϑ + k v + k p )
Il fattore sostanza (Material Factor - MF), è una misura del rilascio potenziale di energia a
temperatura e pressione ambiente; è valutato a partire dalla reattività e dall’infiammabilità della
sostanza ed ha un valore compreso tra 1 e 40.
Nella tabella seguente (vedi DPCM 31.3.89) vengono forniti i valori di MF valutati a partire dalle
caratteristiche chimico-fisiche delle sostanze e dai valori di Nf e Nr.
Tabella - Elementi per la determinazione di MF
Liquidi o gas
0
1
Nr
2
3
4
Nf
Non combustibile
0
1
14
24
29
40
ϑf > 93.3°C
1
4
14
24
29
40
37.8°C<ϑf ≤93.3°C
2
10
14
24
29
40
22.8°C<ϑf ≤37.8°C or
ϑf ≤22.8°C and ϑb,a >37.8 °C
3
3
16
16
24
29
ϑf ≤22.8°C and ϑb,a ≤ 37.8°C
4
21
21
24
29
40
I valori di Nt vengono dedotti dalla tabella seguente:
42
Nt
mg/m3 100 ≤ MAC
0
50 mg/m3 ≤ MAC < 100 mg/m3
1
20 mg/m3 ≤ MAC < 50 mg/m3
2
5 mg/m3 ≤ MAC < 20 mg/m3
3
1 mg/m3 ≤ MAC < 5 mg/m3
4
MAC < 1 mg/m3
5
Determinazione dei fattori correttivi
Fattore temperatura
kϑ = 0,6
sostanza con ϑw > ϑb,a
kϑ = 0,25
sostanza con ϑw > ϑf
kϑ = 0
negli altri casi
Fattore pressione
kp = 0,57 log (pw + 1)
Fattore quantità
k q = 0,0011 ⋅ (m ⋅ h c )
0 , 305
dove m è riferita alla sostanza considerata presente nel sistema;
il fattore avrà un limite superiore pari a 2,5, ed un limite inferiore pari a 0,3.
Fattore vuoto
kv = 0,75
pabs< 1 bar
kv = 0
negli altri casi
Determinazione delle categorie delle conseguenze
La categoria delle conseguenze viene determinata sulla base della categoria di pericolosità della
sostanza precedentemente valutata, prendendo in considerazione gli effetti dell’esplosione fisica e
della possibilità di danno rispetto all’area circostante l’ubicazione dell’impianto.
Il diagramma che segue determina la categoria della conseguenza da impiegare nella
determinazione degli intervalli di ricontrollo per:
# ciascuna sostanza la cui massa supera del 5% la massa totale del sistema;
# ciascuna sostanza estremamente tossica nel sistema (Nt>4);
# ciascun compartimento dell’attrezzatura in pressione.
La categoria di pericolosità dell’attrezzatura è data dalla categoria più alta determinata per le
singole sostanze e compartimenti.
43
START
Categoria di
pericolo = 3
SI
NO
Categoria di
pericolo = 2
SI
NO
SI
SI
Ct>6
mt>500
NO
NO
SI
Ed > 2000 MJ
NO
SI
Ed > 90 MJ
NO
Categoria
Conseguenza C1
Categoria
Conseguenza C2
44
Categoria
Conseguenza C3
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Raccomandazione per la valutazione della vita residua di componenti esercìti in
regime di scorrimento viscoso
Esempi numerici
Sezione 8
R 5:2005
ESEMPIO: COLLETTORE SURRISCALDATORE
Viene illustrato un esempio applicativo per la definizione del piano controlli e degli intervalli di
ricontrollo nel rispetto delle procedure raccomandate di cui alle sezioni 5 e 7. L’esempio è
puramente indicativo per evidenziare l’iter logico ed i fattori in gioco. I valori numerici
presentati servono unicamente a chiarire la metodologia e saranno oggetto di ulteriore
implementazione.
DATI
Si prende in esame il caso di un collettore SH di un generatore di vapore per il quale si abbia:
•
Percentuale di vita spesa = 24.8%
•
Ore d’esercizio: 120’000
•
Categoria dell’apparecchio (PED): IV
•
Lunghezza del collettore L=4000
•
Diametro esterno: 350
PIANO CONTROLLI PRELIMINARE
Per questa tipologia di componenti, si attribuiscono, in base alle osservazioni riscontrate, i seguenti
livelli di criticità:
•
molto basso (A) alle saldature delle parti non a pressione (selle, appoggi, ecc.);
•
un grado basso (B) alle saldature fra collettore e tronchetti per serpentini (De>100);
•
un grado medio-alto (C) alle saldature fra collettore e grosse penetrazioni per tubi di
collegamento (De≥100);
•
ed infine un livello di criticità alto (D) alle saldature circonferenziali di composizione di
collettori o tubazioni.
Si veda in proposito la figura 1.
45
Saldatura
tipo B
Saldatura
tipo D
Saldatura
tipo D
Saldatura
tipo A
Saldatura
tipo C
Figura 1 – Classificazione dei giunti saldati in base alla loro criticità
Dalla tabella 1 dell’sezione 5 si deducono, introducendo i livelli di criticità, i controlli da eseguire
per ogni tipologia di giunto.
Tabella 1 – Individuazione delle tipologie di CND
Criticità della saldatura
Tipi di CND da effettuare
Obbligatori
Aggiuntivi
A
VT, PT (or MT)
ST
B
VT, ST, MT (or PT)
ET
C
VT, ST, UT, MT (or PT)
RT
D
VT, ST, UT, MT (or PT)
RT
VT, UTS
DM
E (materiale base)
Dai dati a disposizione e facendo riferimento alla tabella seguente ne consegue, parametrizzando la
percentuale di vita consumata, un livello di vita spesa pari ad α.
Tabella 2. Individuazione del livello di vita spesa
Livello
Percentuale vita consumata
α
0 ÷ 25%
β
25% ÷ 60%
γ
60% ÷ 90%
δ
90% ÷ 100%
In base alla tabella seguente si determinano, per ogni saldatura, i valori del PECp (parametro
indicativo della estensione preliminare del controllo) corrispondenti ai livelli di vita spesa e alle
categorie di pericolosità dell’apparecchio secondo la PED.
46
Tabella 3 – Individuazione del parametro di estensione controlli preliminare
Livello Vita Spesa
Categoria di
pericolosità PED
dell’apparecchio
PECp
α
β
γ
δ
I
1
1
2
2
II
1
2
2
3
III
2
2
3
4
IV
2
3
4
5
Nel nostro caso ne consegue un PECp preliminare pari a 2 corrispondente ad una estensione del
controllo moderatamente diffusa.
L’estensione dei controlli può essere dedotta dalla tabella seguente specifica per collettori generatori
di vapore.
Tabella 4 – Estensione controlli in funzione del PEC e della criticità della saldatura
CRITICITÀ
DELLA
SALDATURA
A: Collettore/parti
non in pressione
B:
Collettore/branchetti
Tipo CND
Base
Aggiuntivi
Base
VT
PT (o
MT)
ST
VT
ST
MT (o
PT)
B:
Collettore/grosse
penetrazioni
D:
Saldature di
composizione o
fasciame/fondi
E:
Materiale base
Superfici interne
Aggiuntivi
Base
Aggiuntivi
Base
Aggiuntivi
Base
Aggiuntivi
Base
ET
VT
ST
UT
MT (o
PT)
RT
VT
ST
UT
MT (o
PT)
RT
VT
UTS
DM
VTE
Limitata
PEC 1
ESTENSIONE CONTROLLI (PEC)
Moderata
Media
Alta
Molto Alta
PEC 2
PEC 3
PEC 4
PEC 5
100%
60%
100%
70%
100%
80%
100%
90%
100%
100%
*
100%
1%
saldature
(max 2,
min 1)
Sul 10%
delle
saldature
*
100%
1
70%
70%
*
100%
1,5%
saldature
(max 2,
min1)
Sul 20%
delle
saldature
*
100%
1
80%
80%
*
100%
2%
saldature
(max 2,
min 1)
Sul 30%
delle
saldature
*
100%
1
90%
90%
*
100%
3%
saldature
(min 2)
*
100%
5%
saldature
(min 2)
Sul 40%
delle
saldature
*
100%
2
100%
100%
Sul 50%
delle
saldature
*
100%
2
100%
100%
*
100%
1
80%
70%
*
100%
1
90%
80%
*
100%
2
100%
90%
*
100%
2
100%
100%
*
100%
2
100%
100%
*
100%
**
*
20%
*
100%
**
*
30%
*
100%
**
*
50%
*
100%
**
*
80%
*
100%
**
*
100%
Nota: *a discrezione progettista/ispettore; ** mappatura da definire
I controlli vanno limitati alle parti accessibili: per le parti non accessibili rilevanti ai fini della
sicurezza il Progettista deve prevedere metodi di controllo alternativi e/o predisporre vie
d’accesso.
47
Avendo scelto un PEC preliminare pari a 2 il piano controlli, per lo specifico esempio in
considerazione, si presenta nel seguente modo:
Tabella 5 – Piano Controlli Preliminare
SALDATURA
Tipo CND
A: Collettore/parti non in pressione
Obbligatori
B: Collettore/branchetti
Addizionali
Obbligatori
B: Collettore/grosse penetrazioni
Addizionali
Obbligatori
D: Saldature di composizione o
fasciame/fondi
Addizionali
Obbligatori
E: Materiale base
Addizionali
Obbligatori
Superfici interne
Addizionali
Base
VT
PT (o MT)
ST
VT
ST
MT (o PT)
ET
VT
ST
UT
MT (o PT)
RT
VT
ST
UT
MT (o PT)
RT
VT
UTS
DM
VTE
Estensione Moderata
PEC 2
100%
70%
100%
1.5% saldature (max 2)
Sul 20% delle saldature
100%
1
80%
80%
100%
1
90%
80%
100%
numero di punti per sezione n=4,
distanza tra le sezioni d=70
30% (***)
(***) se accessibile internamente
CLASSIFICAZIONE DEI DIFETTI RISCONTRATI
Supponiamo che i risultati del controllo eseguito in accordo al PECp preliminare sopra riportato
abbiano portato a rilevare, su saldatura di tipo B (branchetti/collettore):
•
•
Degrado da creep del materiale contenente microcavità orientate
Tre cricche superficiali, profondità 4mm
Le classi di difettologia corrispondenti sono le seguenti:
•
•
Per il danno da creep CDcreep = 3 (essendo microcavità orientate, vedi sezione 6)
Per le cricche superficiali CD1 = 4 (valore dedotto facendo riferimento alla successiva tabella 6,
basata sull’esperienza di alcuni progettisti per specifici generatori di vapore nella quale è
facilmente individuabile la Classe del Difetto (CD) relativa ad una data saldatura in funzione
della profondità (p) e del numero (n) di difetti superficiali)
48
Tabella 6. Classificazione dei difetti superficiali
Classe del difetto (CD)
p<2
n≤2
p<2
n>2
p≥2
n≤2
2≤p<5
n>2
p≥5
n>2
p<2
n≤2
p<2
n>2
p≥2
n≤2
2≤p<5
n>2
p≥5
n>2
p<1
n≤2
p<1
n>2
p≥1
n≤2
2≤p<5
n>2
p≥4
n>2
p<1
n≤2
p<1
n>2
p≥1
n≤2
2≤p<5
n>2
p≥4
n>2
A
B
C
D
1
2
3
4
5
Criticità della Saldatura
Nota: tabella basata sull’esperienza di alcuni progettisti per specifici generatori di vapore.
I numeri riportati sono puramente indicativi.
INTENSIFICAZIONE DEI CONTROLLI
Applicando la procedura riportata in sezione 5 (figura 1 e tabella 4) si deduce che, in relazione ai
difetti riscontrati sulle saldature collettore/branchetti, deve essere intensificato il controllo con
liquidi penetranti (o MT/ET) e quello per replica.
In particolare, in questo esempio, si è assunto di estendere il controllo ad un livello pari alla classe
del difetto riscontrato (pertanto secondo questa ipotesi il nuovo valore del PEC deve essere almeno
pari al valore numerico di CD).
La nuova estensione dei controlli sulle saldature collettore branchetti è pertanto deducibile dalla
tabella seguente:
Tabella 7: Controlli da intensificare sulle saldature collettore/branchetti
LP (o MT o ET)
ST
Estensione
preliminare
PECp=2
Sul 20% delle
saldature
PECp=2
1.5% saldature
(max 2, min1)
Nuova
estensione
PECa=4
Sul 40% delle
saldature
PECa=3
2% saldature
(max 2, min 1)
Come evidenziato nella tabella sopra riportata ciò comporta una estensione del controllo con LP (o
MT o ET) del 20%, passando da un 20% ad un 40% delle saldature, ed un incremento del numero di
totale di repliche.
Sulle rimanenti saldature e sul materiale base, non essendosi rilevati difetti, degrado del materiale e
sottospessori, non si rende necessaria l’intensificazione dei controlli.
Se il nuovo controllo così eseguito dovesse rilevare dei difetti occorrerà iterare nuovamente la
procedura descritta per determinare gli ulteriori controlli aggiuntivi.
49
CATEGORIA DELL’ISPEZIONE
I controlli complessivi eseguiti sul componente sono quelli della tabella seguente, ove è indicata la
corrispondente estensione.
Tabella 8 – Estensione finale dei controlli complessivamente eseguiti
SALDATURA
Tipo CND
A: Collettore/parti non in
pressione
B: Collettore/branchetti
Obbligatori
B:
Collettore/grosse penetrazioni
Obbligatori
D:
Saldature di composizione o
fasciame/fondi
Obbligatori
E:
Materiale base
Superfici interne
Obbligatori
Obbligatori
Base
Estensione
PEC2
PEC2
PEC2
PEC3 (intensificato)
PEC4 (intensificato)
PEC2
PEC2
PEC2
PEC2
PEC2
PEC2
PEC2
PEC2
PEC2
PEC2
PEC2
VT
PT (o MT)
VT
ST
MT (o PT)
VT
ST
UT
MT (o PT)
VT
ST
UT
MT (o PT)
VT
UTS
VTE
Come è evidente l’estensione dei controlli è mediamente di livello PEC2, tranne che per due soli
controlli per i quali si ha rispettivamente PEC3 e PEC4. La categoria dell’ispezione può pertanto
considerarsi di livello 2, mediamente efficace (vedi sezione 5).
Per passare ad una categoria di ispezione più elevata (livello 3) si sarebbe dovuto intensificare il
controllo su tutti i giunti saldati.
INDIVIDUAZIONE DEL LIVELLO DI RISCHIO
Al fine di determinare il livello di rischio si può far riferimento ad una procedura semplificata in cui
probabilità di rottura e conseguenze di rottura vengono espresse in maniera semplificata.
Probabilità di rottura
In luogo della probabilità di rottura viene qui considerato (per semplicità) l’indice di danno (PID –
parametro indicativo del danno) definito in funzione della classe del difetto (numero, profondità,
lunghezza ecc) e alla classe del danneggiamento da creep (vedi tabella 9).
CLASSE DEL DIFETTO
Tabella 9 - Parametro indicativo del danno (PID) in funzione del risultato di CND e repliche. (*)
Riparazione globale della saldatura.
PID
5
II
III
IV
V
(*)
4
II
III
IV
V
(*)
3
II
II
III
IV
(*)
2
I
II
III
IV
(*)
1
I
II
III
IV
(*)
1
2
3
CLASSE
DEL
MICROSTRUTTURALE
50
4
5
DANNO
Nell’esempio in considerazione in cui la classe del difetto è pari a 4 e la classe del danno
microstrutturale è pari a 3, si deduce, dalla tabella 9, un PID pari a IV nella saldatura di tipo B (la
più danneggiata).
Conseguenze di rottura
Una volta definito il parametro indicativo del danno (PID), correlabile alla probabilità di rottura del
componente, occorre tenere in considerazione quali conseguenze possono derivare dalla rottura
stessa. Per il caso specifico in considerazione in cui il fluido non è né tossico né esplosivo, ciò è
strettamente dipendente dal tipo di saldatura e dal livello di criticità ad essa associata. Ad esempio
la rottura di una saldatura di composizione di un collettore SH di un generatore di vapore può avere
conseguenze certamente più gravi della rottura di una saldatura tra collettore e branchetto.
Indice di rischio
E’ possibile quindi definire una correlazione semplificata tra indice di danneggiamento e livello di
criticità della saldatura introducendo un ulteriore parametro (PIR: Parametro Indicativo del
Rischio). Questa correlazione è riportata nella tabella seguente.
PID
Tabella 10 - Parametro indicativo del rischio (PIR) in funzione dell’indice di danno e
del livello di criticità della saldatura
V
PIR 4
PIR 5
PIR 5
PIR 5
IV
PIR 4
PIR 4
PIR 5
PIR 5
III
PIR 3
PIR 3
PIR 4
PIR 5
II
PIR 2
PIR 2
PIR 3
PIR 3
I
PIR 1
PIR 1
PIR 1
PIR 1
PIR
A
B
LIVELLO
DI
SALDATURA
C
D
CRITICITÀ
Dalla tabella 10 si deduce, per l’esempio in considerazione, che la saldatura di tipo B ha un livello di
rischio elevato identificato da un parametro PIR pari a 4, mentre gli altri giunti hanno un livello
molto basso pari ad 1, non essendosi rilevate indicazioni (vedi tabella riassuntiva seguente).
Tabella 11 – Indice di danno (PID) e indice di rischio (PIR) per i vari giunti saldati
SALDATURA
Classe
Difetto
Classe
Microstrutturale
PID
PIR
A: Collettore/parti non in pressione
1
1
I
1
B: Collettore/branchetti
4
3
IV
4
B: Collettore/grosse penetrazioni
1
1
I
1
D: Saldature di composizione o
fasciame/fondi
E: Materiale base
1
1
I
1
1
1
I
1
51
DETERMINAZIONE DEGLI INTERVALLI DI RICONTROLLO
L’intervallo di controllo successivo può essere determinato in funzione del valore massimo del PIR
e della Categoria dell’ispezione facendo riferimento alla tabella seguente.
Tabella 12 – Individuazione degli intervalli di ricontrollo (∆I)
5
PIR
4
3
2
1
∆I
1
2
3
Categoria di Ispezione
4
5
Ad ogni area del diagramma precedente è possibile associare un intervallo di ricontrollo secondo la
seguente corrispondenza:
Intervallo molto ridotto
Intervallo ridotto
Intervallo medio-ridotto
Intervallo medio
Intervallo esteso
Intervallo molto esteso
Tuttavia è possibile, adottando un livello di PEC superiore a quello minimo, incrementare
l’intervallo di ricontrollo successivo.
Nel caso specifico in esame essendo il PIR massimo uguale a 4 e la Categoria d’ispezione pari a 2, è
necessario un intervallo molto ridotto (per esempio 5000 ore).
Incrementando però l’estensione dei controlli si può ammettere un intervallo di ricontrollo più
ampio (per esempio 7000 ore) incrementando da 2 a 4 la Categoria d’Ispezione. Una siffatta
Categoria d’Ispezione potrebbe essere ottenuta, ad esempio, aumentando da 2 a 4 il valore del PEC
su ogni saldatura.
L’intervallo di ricontrollo effettivo è il minimo tra quello determinato dalle precedenti
considerazioni (∆I), 50'000 ore e il 60% della vita residua:
Intervallo di ricontrollo (IR) = min[∆I , 50.000, (60% Hr )]
Cioè, nel caso specifico in considerazione:
Intervallo di ricontrollo1 (IR1) = min[5000 , 50.000, 218322]=5000 ore (PEC 2)
o, in alternativa:
Intervallo di ricontrollo2 (IR2) = min[7000 , 50.000, 218322]=7000 ore (PEC 4)
52
Comitato Termotecnico Italiano Energia e Ambiente
Via Pacini 11- 20131 Milano, ! 02.2662651 - " 02.26626550
[email protected] - www.cti2000.it
Raccomandazione per la valutazione della vita residua di componenti esercìti in
regime di scorrimento viscoso
Sezione 9
R 5:2005
Modello statistico del progettista
Allo scopo di semplificare le procedure di controllo da parte dell'Ente Preposto e l'elaborazione di dati
statistici anonimi sulla sicurezza di impianti soggetti a scorrimento viscoso, si elencano le informazioni
essenziali che devono essere fornite dal PR
1. ANALISI PRELIMINARE
DATI PRINCIPALI
Matricola:
Luogo d'installazione:
Temp di progetto (°C):
Tipo:
Azienda:
Pressione di progetto:
Numero di ore di effettivo esercizio:
Ore di esercizio in regime di creep:
al
Categoria dell’apparecchio (punto 6 PT):
 A
 B
 C
da tiepido
da freddo
Numero di cicli (avviamenti/spegnimenti, ecc.) da caldo
Categoria di pericolosità dell’apparecchio secondo la PED
Fluido contenuto
STORIA D'ESERCIZIO
Anno di costruzione
Anno di entrata in servizio
Incidenti
 NO  SI Numero complessivo:
Numero riguardanti componenti in creep:
Riparazioni  NO  SI Numero complessivo:
Numero riguardanti componenti in creep:
Modifiche
 NO  SI Numero complessivo:
Numero riguardanti componenti in creep:
Divieti d'uso  NO  SI Numero complessivo:
Le misure intraprese (interventi di ripristino, riparazioni, modifiche) sono giudicate idonee per l’ulteriore esercizio, in
sicurezza, del componente:
 SI
 NO
PRECEDENTI PRATICHE DI VITA RESIDUA
Numero
1
2
Ore di esercizio
al (data)
Vita Consumata
Ore ulteriore esercizio
3
‫ ٱ‬4
5
6
ELENCO DEI COMPONENTI ESERCITI IN REGIME DI SCORRIMENTO VISCOSO
N
Componente
Membratura
Materiale
1
2
3
4
5
6
7
8
53
T
esercizio
T0
convenz.
creep
Ore di
esercizio
Frazione di
vita spesa
Componenti non rilevanti ai fini della sicurezza
Sono presenti tubi di scambio termico contenuti all’interno di un fasciame o di una camera di
combustione di resistenza adeguata?
 NO
 SI
Note:
2. EQUIVALENZE dei MATERIALI
Indicare, per i materiali di cui non sono note le caratteristiche a creep, le equiparazioni proposte
Caratt. meccaniche
Rs
Rm
Composizione chimica
A%
C
Mn
Si
Cr
Mo
S
P
Materiale
impiegato
Materiale
equivalente
Note:
3. CONTROLLI
Tipologia ed Estensione dei controlli (per legenda vedi LG sezione 5)
VT
VTE
PT
MT
UT
UTS
DM
RT
ET
HT
ST
STE
1
2
3
4
5
6
7




















































































8












Componente
Estensione controlli
PEC (*)
(*) l’estensione minima del controllo sulle varie parti del componente (saldature e materiale base) è
giudicata: PEC5 (Elevata), PEC4 (Alta), PEC3 (Buona), PEC2 (Media), PEC1 (Sufficiente)
•
•
•
Considerando l’apparecchio nella sua globalità, l’efficacia dell’ispezione può ritenersi:
 Elevata  Alta  Buona  Media  Sufficiente
I controlli effettuati corrispondono al piano presentato:
 NO  SI
Se no indicare motivazione
•
•
•
•
•
Tutti gli esami di base previsti nella LG sez. 5 sono stati effettuati:
 NO  SI
Se no indicare motivazione
Se sono presenti collettori multipli indicare il numero di collettori esaminati.
Elencare eventuali prove distruttive eseguite
Sono stati incrementati i controlli a seguito dei difetti riscontrati
 NO  SI
54
Note:
4. DIFETTOLOGIA (V. LEGENDA)
Componente
Difetti
Estensione
Tipo Posizione
Origine
Prof
Lungh
Riparazione
Modalità
NDT
Tecnica di
Estensione % del
controllo
controllo sul
utilizzata per la
giunto
rilevazione
interessato
PT, MT, UTS
Note:
5. DANNO DA CREEP E DEGRADO MICROSTRUTTURALE (V. LEGENDA)
Componente
Posizione
Grado di
degrado
microstrutturale
Grado di danno
da creep
Riparazione
Numero di
repliche
effettuate sul
giunto interessato
Note:
6. SOTTOSPESSORI (V. LEGENDA)
Componente
Posizione
Entità(mm)
Verifica
Note:
55
UTS numero di
sezioni
UTS punti per
sezione
7. CALCOLI E VALUTAZIONI FINALI
Meccanismi di danno
Sono presenti reazioni significative indotte dal resto dell’impianto
 NO  SI
E’ presente fatica oligociclica
 NO  SI
E’ presente corrosione
 NO  SI
E’ presente erosione
 NO  SI
Valori numerici
Indicare il valore del fattore di riduzione della resistenza a creep sui giunti saldati
Indicare il valore dell’efficienza di saldatura adottata in progetto
Spessori impiegati: nominali o misurati
 NO  SI
Norme utilizzate
Indicare norma di provenienza dati a creep (Raccolta M, ASME, ecc. )
Indicare la durata delle prove da cui le sigma a 100'000 ore sono estrapolate
Indicare norma calcolo sollecitazione di esercizio (VSR/VSG, ASME, TRD ecc. )
Valutazioni Particolari
Sono state effettuate valutazioni del tipo FFS in presenza di difetti
 NO  SI
Sono stati effettuati calcoli agli elementi finiti
 NO  SI
Esistono incongruenze tra risultati di calcoli e controlli
 NO  SI
Se si indicarne le motivazioni
Intervalli di ricontrollo e considerazioni finali
Tipo di procedura RBI per la determinazione intervalli di ricontrollo
 quantitativa
Ore di ulteriore esercizio prescritte
 qualitativa  semi-quantitativa
Prescrizioni particolari per l’esercizio (monitoraggio, manutenzione, declassamento delle condizioni di bollo,
variazioni delle condizioni di processo, ecc.)
Azioni correttive da intraprendere (sostituzioni, riparazioni, ecc.)
Ricontrollo entro
Note:
56
Legenda
Tipologia del difetto
Cricca lineare superficiale
Cricca circonferenziale superficiale
Cricche in profondità
Microcricche
Cavità
Microcavità orientate
Microcavità isolate
Inclusioni
Mancanza di penetrazione
Sottospessori
Crateri di corrosione
Codice
T1
T2
T3
T4
T5
T6
T7
T8
T9
T10
T11
Posizione del difetto
Materiale base fasciame
Materiale base fondi
Materiale base tronchetti
Estradosso curve
Saldatura fasciame/ tronchetti
Saldatura fasciame/fondi
Saldatura longitudinale fasciame
Saldatura circonferenziale fasciame
Saldatura tubo/tubo
Saldatura pezzi speciali
Codice
P1
P2
P3
P4
P5 (ZF) – P6 (ZTA)
P7 (ZF) – P8 (ZTA)
P9 (ZF) – P10 (ZTA)
P11 (ZF) – P12 (ZTA)
P13 (ZF) – P14 (ZTA)
P15 (ZF) – P16 (ZTA)
Origine del difetto
Originario di saldatura
Fatica termica
Fatica meccanica
Creep
Sollecitazioni esterne (linee, appoggi)
Corrosione
Codice
O1
O2
O3
O4
O5
O6
Dimensioni del difetto
Lunghezza (mm)
Codice
L<5
5<L<10
10<L<20
20<L<30
30<L<40
L>40
Difetti microscopici
L1
L2
L3
L4
L5
L6
L7
Profondità
P<1
1<P<2
2<P<3
3<P<4
4<P<5
5<P<20
P>20
Difetti microscopici
D1
D2
D3
D4
D5
D6
D7
D8
57
Difetti da creep
Grado
1
2
3
4
5
Nessun difetto
Cavità isolate
Cavità orientate
Microcricche
Macrocricche
Riparazioni
Nessuna riparazione
Molatura
Ricarica
Rifacimento saldatura (parziale)
Rifacimento saldatura (totale, rimozione ZTA)
Sottospessori Verifica
Spessore inferiore a nominale ma superiore al minimo di
calcolo
Inferiore al minimo di calcolo
No
Degrado microstrutturale
Codice
R1
R2
R3
R4
R5
Si
Ferrite e perlite lamellare
A
Inizio di sferoidizzazione, precipitazione di carburi a bordo
grano
Stadio intermedio di sferoidizzazione, la perlite ha iniziato
la sferoidizzazione ma lamelle sono ancora evidenti
Sferoidizzazione completa, ma i carburi sono ancora
raggruppati nei loro grani perlitici originari
Carburi omogeneamente dispersi (nessuna traccia della
struttura precedente ferritica/perlitica)
Carburi omogeneamente dispersi, ma alcuni carburi sono
cresciuti tramite coalescenza
B
C
D
E
F
Membrature
Tipo apparecchio
Fasciame
Fondo
Bocchello
Tronchetto
Flangia
Riduzione
Pezzo speciale
Generatore di vapore
Forno per olii minerali
Reattore
Preriscaldatore acqua di alimento
Scambiatore
Recipiente in pressione (in generale)
Eventuale descrizione (testo)
SH1, SH2, etc
RH1, RH2, etc
PVP, etc.
Tra .......e ........
Componente
Collettore SH
Collettore RH
Barilotto
Tubazioni di collegamento
Sezione radiante (forni)
Sezione convettiva (forni)
Recipiente
58
Scarica

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