NUMERO 13 In-formando A cura di Maria Berretta Novembre 2012 in Vetrina Democrazia Economica Editoriale “Dalle occasioni mancate alla svolta sulla produttività” di Maurizio Petriccioli “Le nuove norme in tema di partecipazione dei lavoratori: analisi e riflessioni” a cura di Emanuela Di Filippo “Nuovi strumenti per il sindacato a sostegno di una internazionalizzazione responsabile” a cura di Cecilia Brighi Formazione “Politiche organizzative per la gestione e lo sviluppo delle persone e delle risorse economiche” a cura di Luigi Lama ETUI Trade Union Education Day and Conference, Zagabria “Resoconto da una missione di studio all’estero” a cura di Francesco Lauria Previdenza “L’odissea dei salvaguardati: quarta puntata” La Cassetta degli Attrezzi Materiali Percorso Legalità a cura di Valeria Picchio In Pillole Formazione Sindacale PAGINA 2 NOTIZIARIO DIPENDENTI Editoriale: “Dalle occasioni mancate alla svolta sulla produttività” di Maurizio Petriccioli, Segretario Confederale Cisl Quasi un anno fa, esattamente il 6 dicembre 2011, il Governo presieduto dal prof. Mario Monti, varava il decreto legge “Salva Italia”, con il dichiarato obiettivo di tenere insieme il necessario risanamento dei conti pubblici, la crescita e l’equità. Dei tre obiettivi dichiarati il primo è stato realizzato, mentre gli altri due risultano clamorosamente disattesi. L’incoerenza è il prezzo che la politica paga alla partitocrazia. In un anno sono accadute tante cose che meritano di essere approfondite, anche quando si fatica a trovare una logica che vada oltre l’esigenza, più volte dichiarata, di varare un quadro di riforme realizzate più per rispettare gli impegni assunti in sede europea e per “tranquillizzare i mercati” che per ammodernare settori importantissimi dell’economia e della società. Così, le riforme del mercato del lavoro, del welfare, della pubblica amministrazione e gli interventi realizzati a sostegno dello sviluppo e della competitività delle imprese hanno finito per agire solo su una parte del problema (l’aumento dell’aspettativa di vita, la competitività delle imprese nello scenario globale, l’elevato livello della spesa pubblica), trascurando il contesto nel quale collocare queste delicate misure (l’adeguatezza delle prestazioni previdenziali, la selettività della politica economica e fiscale per la crescita e la competitività del sistema delle imprese, i costi impropri della politica). La recessione che sta attraversando l’Eurozona è la più pesante fra le economie più sviluppate del mondo e finisce per determinare un freno anche allo sviluppo delle economie extraeuropee, come confermano le ripetute preoccupazioni che il Presidente Obama ha avanzato al Consiglio dell’Unione europea e alla Banca Centrale Europea. Le previsioni dei principali organismi interni ed internazionali stimano, anche per l’intero 2013, una situazione di profonda difficoltà per le imprese, nonostante i miglioramenti di competitività sui mercati internazionali dovuti al deprezzamento dell’euro, in concomitanza con una sostanziale invarianza del costo del lavoro per unità di prodotto. Il Presidente del Consiglio ha più volte affermato che l’impatto recessivo delle riforme varate era scontato ma che le misure realizzate rappresentano la condizione necessaria per avviare la seconda fase di una politica economica orientata alla crescita e allo sviluppo. IN-FORMANDO In occasione dell’adozione da parte del Consiglio dei Ministri del disegno di legge sulla stabilità avevamo, finalmente, intravisto un’inversione di tendenza in direzione di uno spostamento progressivo della tassazione dal lavoro verso le altre manifestazioni di ricchezza, sia tramite la prospettata riduzione delle prime due aliquote dell’Irpef, sia attraverso l’introduzione dell’imposta di bollo sulle transazioni finanziarie e gli stanziamenti per le agevolazioni fiscali a sostegno dell'incremento della produttività del lavoro. Certo, la riduzione dell’Irpef era stata originariamente accompagnata dall’introduzione di una franchigia importante sulle deduzione e detrazioni d’imposta e da un tetto complessivo di spesa riferito a queste ultime, ad eccezione di quelle sanitarie. Per questo la Cisl aveva chiesto che il provvedimento fosse migliorato per ridurre e riequilibrare l’impatto sociale della manovra soprattutto introducendo uno strumento sociale (equivalente ad una imposta negativa) a sostegno degli incapienti che fosse compensativo del presumibile aumento dei prezzi derivante dal prospettato aumento dell’Iva. Nel corso di questo anno, in occasione delle diverse misure varate dal Governo sul versante previdenziale o fiscale, ci siamo appellati ai partiti e al Parlamento perché correggessero le storture provocate dal Governo “tecnico”. A volte, anche i miti crollano. Analizzando le modifiche varate dalle Commissioni parlamentari competenti nella discussione della Legge di Stabilità alla Camera, l’impressione è che i correttivi apportati abbiano peggiorato l’impianto originariamente varato dal Governo. L’accordo fra i partiti ha cancellato la riduzione delle prime due aliquote Irpef, introducendo un modesto aumento delle detrazioni per i figli a carico che lascia fuori dai benefici il mondo dei pensionati, le famiglie senza figli e gli incapienti. L’effetto più evidente è che le risorse derivanti dalla mancata riduzione delle aliquote Irpef andranno solo per la metà alle famiglie. Il mancato aumento dell’aliquota Iva del 10% offre benefici sia ai consumatori che alle imprese, che ottengono sgravi importanti anche sull’Irap. L’anticipazione al 2013 del Fondo per la riduzione della pressione fiscale resta, infatti, condizionato ai saldi di finanza pubblica e non garantisce il principio per il quale le risorse recuperate dalla lotta all’evasione fiscale debbano servire a ridurre le tasse a chi le paga. Ancora una volta siamo di fronte ad una falsa partenza sul versante fiscale che non aiuta il Paese a crescere. PAGINA 3 PAGINA 4 NOTIZIARIO DIPENDENTI Sulla vicenda dei lavoratori esodati la soluzione prospettata dalla Commissione bilancio rappresenta un passo in avanti che, ad esempio, consente di salvaguardare anche i lavoratori collocati in mobilità per effetto di accordi anche non governativi e che abbiano cessato il lavoro entro il 30 settembre 2012. Come pure è positivo il fatto che tutte le somme destinate alle deroghe previdenziali ed eventualmente non utilizzate verranno comunque assegnate al nuovo fondo per gli esodati. Ma gli interventi legislativi finora realizzati creano un affastellamento normativo disomogeneo rispetto alle situazioni salvaguardate che contribuisce ad alimentare una situazione di incertezza e di confusione fra i soggetti potenzialmente beneficiari. Le ragioni di quanto è accaduto sono molte. Non ultimo il fatto che nei lavori parlamentari hanno influito pesantemente l’imminente avvio della campagna elettorale, la retorica conservatrice delle associazioni di rappresentanza delle piccole imprese ed una certa cultura del “benaltrismo”, non estranea neppure in certi ambiti sindacali. Il risultato, conti alla mano, è sotto gli occhi di tutti: l’imposta sul reddito delle persone fisiche (che è di fatto un’imposta sui salari e sulle pensioni che rappresentano, complessivamente, il 90% del gettito) non si riduce, peggiorando la progressività e la capacità distributiva del sistema tributario (considerando anche che meno dell’1% dei contribuenti italiani dichiara redditi superiori a 100.000 euro lordi l’anno). Come scriveva Manzoni “non sempre quello che viene dopo è progresso”. Se la manovra di stabilità verrà varata (com’è quasi scontato che sia, visto l’accordo unanime di tutti i partiti che sostengono il Governo) secondo le modifiche finora apportate, non resta altra strada, in attesa della nuova legislatura, che concentrare tutte le nostre attenzioni sul versante della produttività. L’accordo fra le Parti sociali resta infatti, il miglior viatico per evitare il rischio che possano essere messe in discussione anche le risorse stanziate per il potenziamento della detassazione dei premi di produttività, dato che il loro utilizzo è vincolato all’iniziativa del Governo, a sua volta subordinata all’esito del confronto fra le parti sociali. L’accordo è anche importante per allontanare la deriva di chi intenda mettere in discussione il ruolo dei contratti come unico strumento di regolazione salariale, con l’illusione di sostenere la competitività delle imprese nello scenario globale tramite la riduzione dei salari reali. Una soluzione che può essere evitata solo rilanciando il ruolo della contrattazione di secondo livello nella regolazione di elementi importanti dell’organizzazione del lavoro e nella correlazione fra retribuzione accessoria e elementi di produttività, redditività e qualità d’impresa. IN-FORMANDO “Le nuove norme in tema di partecipazione dei lavoratori: analisi e riflessioni” di Emanuela Di Filippo Il seminario organizzato dalla Cisl a fine ottobre sulle recenti norme in tema di partecipazione dei lavoratori, si proponeva di fornire un’analisi dettagliata dei testi recentemente pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale. Ci riferiamo al decreto legislativo di trasposizione della nuova Direttiva CAE (Dlgs 113 del 22/6/2012) e alla legge delega contenuta nella norma di Riforma del Mercato del Lavoro (Legge 92/2012 art. 4, commi 62 e 63). Due norme che rappresentano il risultato di proposte, dibattiti ed anche conflitti sviluppatisi, a livello Europeo e nelle sedi del Parlamento Italiano, in un arco di tempo molto lungo. La nuova Direttiva CAE (2009/38), nata da un confronto difficile in sede europea sull’opportunità stessa della revisione della precedente Direttiva CAE (45/94), entra in vigore nel giugno 2009 e fissa nel giugno 2011 il termine ultimo entro il quale gli Stati membri dovranno adeguare le rispettive normative nazionali. Il nostro paese giunge in ritardo a tale adempimento (luglio 2012) perché le procedure per l’espressione del parere delle parti sociali sull’atto di trasposizione stentano ad avviarsi e lo stesso Avviso Comune, concordato in via definitiva dalle parti sociali nell’Aprile 2011, nasce dall’iniziativa diretta delle stesse parti sociali, senza alcun esplicito coinvolgimento del Governo allora in carica. L’Avviso Comune rappresenta un testo importante e la sua utilità ed efficacia è direttamente verificabile nella stesura finale del Decreto Legislativo che assume, in larga parte, tute le formulazioni concordate in sede di Avviso Comune. Ed è anche vero che l’Avviso Comune e il Decreto Legislativo di recepimento, a loro volta, riflettono inevitabilmente i punti di forza e i limiti della stessa normativa europea. I punti di forza sono evidenti. Nel Decreto Legislativo di trasposizione abbiamo una definizione avanzata dei diritti d’informazione e consultazione (art. 2) adeguata a quanto già presente nella più avanzata legislazione in ambito Europeo (Direttiva Statuto di Società Europea, Direttiva Statuto Società Cooperativa Europea, Direttiva quadro sui diritti di Informazione e Consultazione). La definizione chiarisce cosa si debba intendere per “informazione” e “consultazione” e quali siano le procedure che rendono effettivi tali diritti. Sono definizioni e procedure che consentono ai rappresentanti dei lavoratori di esercitare un’influenza sul processo decisionale all’interno delle imprese, prevedendo criteri essenziali di tempestività e qualità delle informazioni stesse. PAGINA 5 PAGINA 6 NOTIZIARIO DIPENDENTI Si chiarisce anche la responsabilità (art. 4), in capo alla direzione centrale di impresa, di trasmettere alle parti interessate le informazioni indispensabili all’avvio dei negoziati e la procedura per informare le competenti organizzazioni europee. Una norma che risente della giurisprudenza sviluppata in Europa in seguito a specifici casi trattati dalla Corte di Giustizia e che intende impedire comportamenti delle imprese di ostacolo all’avvio dei negoziati istitutivi di nuovi CAE. Riconosce in modo esplicito il ruolo delle Organizzazioni Sindacali Europee (art. 8) nella negoziazione dei nuovi CAE, quando prevede che la Delegazione Speciale di Negoziazione possa essere assistita da esperti, composti anche da rappresentanti delle Organizzazioni dei Lavoratori riconosciute a livello comunitario. Valorizza il ruolo stesso dei delegati CAE (art. 12) cui viene riconosciuta la rappresentanza collettiva degli interessi dei lavoratori dell’impresa ed i “mezzi necessari” per l’applicazione di tali diritti, mezzi interpretati dall’Avviso Comune e quindi dal Decreto Legislativo di recepimento, come diritto ad una formazione maggiormente finalizzata. Il decreto precisa, infatti, che “i membri della delegazione speciale di negoziazione usufruiscono di formazione senza perdita di retribuzione” e che i contenuti della formazione, considerando gli accordi in atto, sono decisi congiuntamente tra Direzione centrale e CAE. Si generalizzano per questa via le buone prassi già praticate da taluni accordi e, soprattutto, si definiscono le premesse per una formazione più rispondente alle effettive esigenze dei delegati CAE. I limiti sono, invece, rappresentati da altri punti di più complessa interpretazione. La definizione di transnazionalità (art. 1, comma 7) è una questione delicata perché definisce l’ambito di competenza del CAE, limitata dalla Direttiva alle questioni transnazionali. La definizione fornita dalla Direttiva, e quindi dal Decreto Legislativo di recepimento, rischia di essere limitativa rispetto alla complessità delle esperienze maturate dai CAE. Si afferma, infatti, che sono “considerate questioni transnazionali quelle riguardanti l’impresa di dimensioni comunitarie ….nel loro complesso o almeno due imprese o due stabilimenti dell’impresa ubicati in due Stati membri diversi”. Ne deriva che un processo di ristrutturazione localizzato in una sola impresa o in un solo stabilimento della impresa transazionale possa essere presentato come una questione nazionale, al di fuori quindi dalle competenze dal CAE, mentre nei fatti, un processo di ristrutturazione in uno stabilimento di impresa transnazionale innesca inevitabilmente processi di riorganizzazione negli altri stabilimenti dell’impresa e diventa quindi competenza del CAE. IN-FORMANDO Per ovviare a questa contraddizione l’intesa raggiunta tra le parti sociali in sede di Avviso Comune, assunta poi nel Decreto Legislativo, è stata quella di riconoscere agli accordi aziendali istitutivi dei CAE la possibilità di definire margini d’iniziativa più ampi per gli stessi CAE (vedi art. 9 comma 2, lettera c “…le competenze e le materie della procedura d’informazione e consultazione del CAE…” mentre il testo della Direttiva parla di “le attribuzioni e la procedura d’informazione e consultazione). Altro punto complesso è rappresentato dalla “clausola di adeguamento” (art 14). Si afferma, infatti, che, in caso di “modifiche significative della struttura dell’impresa” di dimensioni comunitarie e, in assenza di disposizioni negli accordi in vigore, a direzione centrale avvia di sua iniziativa o su richiesta scritta di almeno cento lavoratori o di loro rappresentanti, la negoziazione per l’istituzione del CAE sulla base della nuova normativa. Il testo non chiarisce cosa si debba intendere per modifiche strutturali. Ricordiamo che un “considerando” della Direttiva (considerando 40) fa riferimento a operazioni di fusione, acquisizione o scissione. Ma modifiche strutturali possono anche essere connesse a fenomeni di delocalizzazione. Il rischio di adottare formule di fatto restrittive ha poi privilegiato, nell’Avviso Comune e nel D.Lgs. di trasposizione, la scelta di demandare alla fase negoziale tra le parti l’individuazione di definizioni più pertinenti (cfr. art.9, comma 2 , lettera f). Il principio di un necessario coordinamento tra CAE e organi nazionali di rappresentanza (art. 13) è elemento di sicura novità presente nel testo normativo. Le modalità di tale articolazione sono definite, in linea di massima, nell’accordo istitutivo del CAE (comma 2). In assenza di tale accordo si afferma che, comunque, le procedure d’informazione e consultazione devono aver luogo in modo coordinato nel CAE e negli organi nazionali di rappresentanza dei lavoratori (comma 3). La definizione adottata nell’Avviso Comune e nel Decreto Legislativo di trasposizione è una definizione volutamente generica proprio per salvaguardare tutte le procedure adottate dai Contratti Collettivi Nazionali di Categoria in seguito alla trasposizione, nella normativa italiana, di importanti Direttive Europee (trasferimenti di azienda, licenziamenti collettivi, quadro generale relativo all’informazione e consultazione dei lavoratori). Ci siamo sin qui soffermati sui punti di maggiore evidenza della Direttiva CAE, sulle formulazioni definite in sede di Avviso Comune ed assunte poi nel testo finale del Decreto Legislativo di trasposizione. Ci sono però punti non affrontati dall’Avviso Comune e sono le materie sottratte alla competenza delle parti ed esplicitamente affidate, dalla stessa Direttiva, alla discrezionalità degli Stati membri. PAGINA 7 PAGINA 8 NOTIZIARIO DIPENDENTI Parliamo soprattutto di sanzioni e di ciò che nello specifico del Decreto Legislativo è connesso alle sanzioni e cioè le procedure della conciliazione. Il punto di vera novità, introdotto dal decreto legislativo, non è tanto rappresentato dalle sanzioni, come poi vedremo, ma dalle procedure di conciliazione preventiva e di irrogazione delle sanzioni (art. 18) che prevedono la costituzione di una Commissione di Conciliazione. Ricordiamo che la Commissione di Conciliazione, già presente nel Decreto Legislativo di trasposizione della prima Direttiva CAE (art. 11 del D.Lgs 74/2002 di trasposizione della Direttiva 94/45), interveniva nelle contestazioni riguardanti la natura riservata delle informazioni. Definita in sede di accordo CAE, era composta di tre membri, designati rispettivamente dal CAE, dalla direzione centrale e dalle parti di comune accordo, e concludeva i propri lavori entro quindici giorni dalla data di ricezione del ricorso. Il D.Lgs 113/2012 dedica un intero articolo (art. 18) alla procedura di conciliazione preventiva e di irrogazione delle sanzioni. Nel nuovo testo il ruolo della Commissione di Conciliazione, istituita dalle parti sociali “per risolvere in via preliminare e non contenziosa le controversie”, è molto ampliato perché la sua competenza diventa quella di “….garantire la piena osservanza degli obblighi…” stabiliti nello stesso Decreto Legislativo. Questo vuol dire la Commissione quando interviene nelle controversie relative alla mancata trasmissione delle informazioni indispensabili all’avvio dei negoziati (art. 4, comma 4); alla violazione degli obblighi di informazione e consultazione stabiliti nell’accordo istitutivo del CAE (art. 9) o nelle prescrizioni accessorie (art. 16) e degli ulteriori obblighi stabiliti nell’accordo o nelle prescrizioni accessorie relativi a condizioni e strumenti necessari al funzionamento del CAE; nelle controversie relative alla natura riservata delle informazioni (art. 10) e alla determinazione dei criteri per l’individuazione delle informazioni riservate; nelle controversie relative alla divulgazione di informazioni riservate; sulla fondatezza delle ragioni del diniego opposto alla comunicazione di informazioni. La Commissione tecnica è composta di tre membri: uno designato dal CAE, uno dalla direzione centrale e uno designato dalle parti di comune accordo. Si costituisce entro venti giorni, su richiesta della parte interessata al tentativo di conciliazione. Entro i venti giorni successivi la Commissione formula una proposta per la definizione della controversia. Se la proposta non è accettata, delle risultanze della proposta di conciliazione, non accettata senza adeguata motivazione, tiene conto il Direttore territoriale del lavoro nell’applicazione della sanzione amministrativa. IN-FORMANDO Deludono invece le sanzioni che restano quelle definite nel precedente testo normativo nei casi di violazione delle norme sulla riservatezza (da 1.033 a 6.198 Euro, ma di pari entità per lavoratori e azienda) e per le violazione da parte delle direzioni aziendali degli obblighi di informazioni previsti dalla Direttiva (da 5.165 a 30.988 Euro). Per dare quindi una valutazione complessiva del nuovo testo normativo, e ci riferiamo alla Direttiva e al Decreto Legislativo di trasposizione della norma comunitaria, dobbiamo ricordare che la norma nasce con l’obiettivo di superare le incertezze giuridiche verificatesi nell’effettiva implementazione della precedente normativa CAE. E’ un obiettivo solo parzialmente raggiunto perché il nuovo testo supera in molti punti le incongruenze della precedente normativa, ma non le elimina in via definitiva. La norma dà certezze giuridiche nella definizione e nelle procedure attuative dei diritti d’informazione e consultazione rendendoli finalmente adeguati a quanto già indicato dalla più avanzata legislazione in ambito Europeo. Si riconosce, per questa via, ai lavoratori un diritto d’influenza sul processo decisionale in azienda. Chiarisce anche le responsabilità, in capo alla direzione centrale d’impresa, di trasmettere alle parti interessate le informazioni indispensabili all’avvio dei negoziati e la procedura per informare le competenti organizzazioni europee. Riconosce in modo esplicito il ruolo delle Organizzazioni Sindacali Europee nella negoziazione dei nuovi CAE e lo stesso ruolo dei delegati CAE cui viene riconosciuta la rappresentanza politica degli interessi dei lavoratori di impresa ed i mezzi necessari per l’applicazione di tali diritti, mezzi interpretati dal Decreto Legislativo, come diritto ad una formazione maggiormente finalizzata e, nei contenuti, decisa congiuntamente tra direzione centrale e CAE. Altri punti restano di più complessa gestione . La definizione restrittiva del concetto di transnazionalità (art. 1) viene parzialmente compensata attraverso il riconoscimento di spazi più ampi alla contrattazione istitutiva del CAE, individuando nello strumento contrattuale la sede più idonea per una definizione rispondente alle esigenze e alle attese delle parti sociali. La “clausola di adeguamento” come abbiamo già detto non chiarisce quali siano effettivamente le “modifiche strutturali” che consentono la rinegoziazione degli accordi CAE. Il rischio di adottare formule restrittive viene evitato con la scelta di demandare alla fase negoziale tra le parti l’individuazione di definizioni più pertinenti. PAGINA 9 PAGINA 10 NOTIZIARIO DIPENDENTI Il principio del necessario coordinamento tra CAE e Organi nazionali di rappresentanza dei lavoratori è indicato in termini generali nella Direttiva 2009/38 ed è volutamente definito in termini generali nel Decreto Legislativo di trasposizione perché la scelta maturata in sede di Avviso Comune è stata quella di salvaguardare tutte le procedure adottate dai Contrattai Collettivi nazionali di Categoria in seguito alla trasposizione, nella normativa italiana, di fondamentali Direttive Europee. E’ sicuramente condivisibile il maggior rilievo attribuito dal Decreto Legislativo alle procedure della Conciliazione. La Commissione di conciliazione viene rafforzata nel ruolo e nelle competenze assumendo così una funzione di garanzia complessiva sull’effettività dei diritti d’informazione e di consultazione. Questo elemento si accompagna, però, ad un indebolimento complessivo delle sanzioni amministrative. Le sanzioni, in quanto materia sottratta alla competenza delle parti sociali, non sono state mai oggetto dell’Avviso Comune. Pure le Organizzazioni sindacali avevano rivolto al Governo l’invito ad alleggerire le sanzioni a carico del lavoratore dipendente e a riconsiderare l’entità per quelle a carico dell’impresa; una richiesta senza esito di fronte alla semplice riproposizione delle ammende già presenti nel precedente testo legislativo. Il potenziamento degli strumenti di conciliazione e l’indebolimento delle sanzioni amministrative rafforzano la prospettiva di un Comitato Aziendale Europeo forte là dove è forte il dialogo sociale e la volontà della conciliazione in caso di controversie; inevitabilmente debole quando mancano questi presupposti. In definitiva siamo di fronte ad una Direttiva e a un Decreto Legislativo di trasposizione che, nonostante evidenti dubbi interpretativi, rappresentano un effettivo miglioramento delle condizioni di funzionalità ed efficacia dei Comitati Aziendali Europei. La definizione puntuale di effettivi diritti d’informazione e consultazione e l’affermazione del diritto dei lavoratori ad una formazione condivisa nei contenuti rappresentano le condizioni per l’esercizio di un reale diritto di influenza sulle decisioni aziendali. Un diritto che rappresenta anche una sfida per giungere a una rappresentanza CAE sempre più adeguata e competente. Non c’è dubbio che in Italia la trasposizione delle Direttive Europee in tema di partecipazione dei lavoratori (CAE, Statuto di Società Europea, Statuto di Società Cooperativa Europea, Diritti di Informazione e Consultazione) ha rappresentato un fondamentale stimolo per definire un testo normativo organico in tema di partecipazione dei lavoratori. IN-FORMANDO PAGINA 11 La Legge Delega di sostegno alla partecipazione dei lavoratori che oggi esaminiamo non nasce come testo normativo autonomo ma come sostanziale emendamento inserito dai Senatori Treu (Pd) e Castro (PdL) nel quadro ben più ampio e complesso della nuova legge n. 92/2012 “Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita”. Una circostanza che testimonia l’impegno e la sensibilità di alcuni Parlamentari sul tema e, al tempo stesso, riflette una lunga storia di elaborazioni, proposte e dibattiti maturati nelle Commissioni Parlamentari delle ultime Legislature per giungere a un testo condiviso. Tentativi, come sappiamo, allora senza esito. Nell’art. 4 (commi 62 e 63) della nuova legge sul mercato del lavoro confluiscono, quindi, elementi essenziali delle precedenti elaborazioni prodotte da esponenti del Pd e del PdL. Ricordiamo che i Senatori Treu e Castro, relatori del Ddl di riforma del mercato del lavoro, sono stati primi firmatari di due specifici Ddl in tema di partecipazione dei lavoratori presentati all’inizio della XVI Legislatura (2008) Il testo “bipartisan” delega il Governo ad adottare, entro nove mesi dall’entrata in vigore della legge (18 luglio 2012), uno o più decreti legislativi finalizzati a favorire forme di “coinvolgimento dei lavoratori nell’impresa” che diventa effettivo attraverso la successiva stipulazione in sede aziendale di contratti collettivi nel rispetto dei criteri direttivi definiti dalla legge. Sono criteri che definiscono un quadro ampio e articolato di strumenti di partecipazione e di democrazia economica. I punti di maggior rilievo sono riconducibili agli obblighi di Informazione e Consultazione; agli Organismi Bilaterali; alla presenza dei lavoratori negli Organi di Sorveglianza; la Partecipazione Finanziaria, intesa come alla partecipazione agli utili e al capitale d’impresa. Gli obblighi di Informazione, Consultazione (comma 62 lettera A) o negoziazione a carico dell’impresa nei confronti delle organizzazioni sindacali, dei lavoratori, o di appositi organi, individuati dal contratto medesimo, fanno esplicito riferimento al rispetto dei livelli minimi fissati dal decreto legislativo n. 25/2007 di recepimento del Direttiva 2002/14. Ricordiamo che la Direttiva, e quindi il D.Lgs. di trasposizione, forniscono una definizione dettagliata di cosa si debba intendere per informazione e consultazione precisandone anche le procedure di attuazione. Sono definizioni e procedure molto più ampie e pervasive rispetto alle prassi vigenti nel nostro sistema di relazioni industriali. La norma era esplicitamente prevista nel Disegno di Legge Treu. PAGINA 12 NOTIZIARIO DIPENDENTI Gli organismi bilaterali (organismi congiunti, paritetici o misti) sono definiti nei successivi paragrafi (Lettera B e C) . Si prevedono (Lettera B) procedure di verifica sull’applicazione e sugli esiti di piani o decisioni concordate anche attraverso l’istituzione di organismi congiunti, paritetici o misti. E’ una forma di bilateralità aziendale di controllo sui piani o decisioni concordate già prevista nel Disegno di Legge Castro. Il paragrafo successivo (Lettera C) prevede l’istituzione di organismi congiunti, paritetici o comunque misti con competenze di controllo e partecipazione nella gestione delle materie quali: la sicurezza dei luoghi di lavoro e la salute dei lavoratori, l’organizzazione del lavoro, la formazione professionale, la promozione e l’attuazione di pari opportunità, le forme di remunerazione collegate al risultato, i servizi sociali destinati ai lavoratori e alle loro famiglie, le forme di welfare aziendale e le materie attinenti la responsabilità sociale dell’impresa. La valorizzazione degli organismi bilaterali nelle materie attinenti l’organizzazione della produzione, la retribuzione accessoria e il welfare aziendale è misura già presente nel Ddl Castro. E’ ampiamente condivisibile la valorizzazione della bilateralità aziendale negli aspetti inerenti l’organizzazione della produzione, il welfare aziendale e verifica di piani o decisioni concordate. E’, però, evidente che un eventuale organismo bilaterale sulla retribuzione accessoria non può che avere compiti di analisi e documentazione dato che la negoziazione della retribuzione accessoria resta una specifica prerogativa della contrattazione aziendale. Vanno, invece, sviluppati gli organismi bilaterali che ampliano le conoscenze sulle materie proprie dello sviluppo tecnologico e produttivo delle aziende e di verifica di piani o decisioni assunte, in altre parole la bilateralità di governance. La presenza dei lavoratori negli organi societari (lettera D e F) è tema di rilievo presente nella legge delega come diritto di partecipazione dei rappresentanti dei lavoratori negli organi societari di controllo. Si afferma, infatti (vedi lettera F), che i rappresentanti dei lavoratori possono essere presenti nei “Consigli di Sorveglianza”, come membri a pieno titolo, nelle imprese esercitate in forma di società per azioni o di società europea, che occupino complessivamente più di trecento lavoratori e nelle quali lo statuto preveda che l’amministrazione e il controllo siano esercitati da un consiglio di gestione e da un consiglio di sorveglianza. Tale diritto viene poi esteso prevedendo che (lettera D) anche nelle altre fattispecie di società commerciali, i rappresentanti dei lavoratori possano avere un diritto di controllo sull’andamento o su determinate scelte di gestione aziendale attraverso la partecipazione in organi di sorveglianza. IN-FORMANDO PAGINA 13 La partecipazione dei lavoratori negli organi societari è la forma di coinvolgimento di maggior rilievo prevista nel Ddl Treu ed è questo, del resto, l’elemento di massima differenziazione di tutto il nostro sistema di relazioni industriali rispetto ai modelli presenti nei paesi del Centro e Nord-Europa. La legge delega, prendendo a riferimento le disposizioni contenute nelle norme di trasposizione della Direttiva sullo Statuto di Società Europea, assume questa nuova forma di partecipazione. Un obiettivo fortemente sostenuto dalla Cisl considerando che le poche applicazioni che si sono avute in Italia del “modello duale” (consiglio di gestione e consiglio di sorveglianza), in occasione dei processi di fusione tra grandi Istituti di Credito, hanno privilegiato gli assetti di potere esistenti al momento della fusione e non si sono mai tradotti in momenti di innovazione e democratizzazione della “governance” aziendale. E’ importante, poi, che il principio della partecipazione in organismi di sorveglianza sia proposto anche per le altre fattispecie di società commerciali sprovviste di uno specifico Consiglio di Sorveglianza. Nel Ddl Treu tale organismo è rappresentato da un Comitato Consultivo, composto da rappresentanti dei lavoratori che riceve informazioni obbligatorie e periodiche dall’organo amministrativo della società sulla situazione economica e produttiva delle società stesse. Su tali comunicazioni il comitato consultivo esprime parere preventivo e non vincolante. La partecipazione finanziaria (Lettera E e G) è prevista attraverso due modalità: come partecipazione dei lavoratori dipendenti agli utili o al capitale d’impresa anche in relazione all’attuazione e al risultato di determinati piani industriali (Lettera E) con conseguente accesso dei rappresentanti sindacali alle informazioni sull’andamento dei piani medesimi. Oppure come accesso privilegiato dei lavoratori dipendenti al possesso di azioni (Lettera G). In questo caso l’elemento di maggior interesse è dato dal fatto che l’azionariato dei dipendenti prevede strutture di rappresentanza collettiva dei dipendenti azionisti. Le strutture collettive possono essere rappresentate da Fondazioni, da enti in forma di Società d’ Investimento a Capitale Variabile (Sicav), oppure da Associazioni dei lavoratori azionisti. L’azionariato dei lavoratori, individuale e collettivo, è già presente nei Ddl dei Senatori Treu e Castro. Il dato di rilievo è che la Legge Delega, prevedendo entrambe le modalità, prefigura anche una pluralità di formule organizzative di gestione delle azioni dei dipendenti, Fondazioni, Sicav e Associazioni dei dipendenti azionisti. PAGINA 14 NOTIZIARIO DIPENDENTI Nella strategia della Cisl l’azionariato collettivo è lo strumento che consente ai dipendenti azionisti di avere diritto di parola nelle sedi della “governance” sociale: l’Assemblea degli azionisti. In definitiva quello che dovrà essere sempre garantito, nelle formule organizzative prescelte, è l’effettiva possibilità per l’insieme dei lavoratori di esprimere un “voto collettivo” nell’Assemblea degli azionisti. La disciplina civilistica attuale pone notevoli difficoltà a tale adempimento e quest’ostacolo mortifica e penalizza il significato complessivo delle esperienze di azionariato dei dipendenti. La praticabilità ed effettività del “voto collettivo” dovrebbe essere allora un punto ben presente nei decreti legislativi attuativi della Legge Delega. Volendo trarre delle considerazioni conclusive possiamo affermare che l’attuale testo rappresenta un passo importante per la realizzazione di un quadro normativo di sostegno alla partecipazione dei lavoratori dipendenti nei luoghi di lavoro. E’ una norma che raccoglie l’elaborazione decennale delle Commissioni Parlamentari e, in tale ambito, il contributo della Cisl ha esercitato una specifica influenza. E’ quindi importante che il disegno complessivo contenuto nella Legge Delega si completi con decreti legislativi che di quelle elaborazioni tengano conto. Ed è anche importante che le parti sociali esercitino una presenza vigile sull’iniziativa del Governo per la piena realizzazione della Legge sulla partecipazione. L’analisi e l’approfondimento di testi normativi complessi quali sono il Decreto Legislativo di recepimento della Direttiva CAE (2009/38) e la Legge Delega sulla partecipazione dei lavoratori ha poi sollecitato, nel dibattito conclusivo, alcune considerazioni di ordine generale. L’influenza della legislazione comunitaria, in tema di partecipazione dei lavoratori, nel nostro paese è stata considerevole e tale da rappresentare un fattore decisivo nella definizione di una Legge Delega sull’argomento. Entrambe le norme in esame realizzano le disposizioni in favore dei lavoratori solo se sono implementate in sede di contrattazione collettiva. Senza lo snodo essenziale della contrattazione collettiva, le norme rappresentano “formidabili strumenti di carta”, strumenti cioè totalmente privi di efficacia e di reale effettività. Diventa quindi forte e preminente l’esigenza di adeguare la contrattazione collettiva, a tutti i livelli, al perseguimento degli obiettivi di partecipazione resi accessibili dalla nuova legislazione. C’è sicuramente il problema di una cultura manageriale inadeguata dato che gli imprenditori manifestano su questi temi atteggiamenti di indifferenza se non di aperta avversione. IN-FORMANDO PAGINA 15 Una situazione di “svantaggio” che deve però rafforzare nella dirigenza sindacale a livello nazionale, territoriale e aziendale, la consapevolezza politica che il tema della partecipazione dei lavoratori, in un contesto produttivo caratterizzato da profondi mutamenti, diviene uno degli elementi essenziale per salvaguardare le relazioni industriali e gli equilibri di potere nei luoghi di lavoro. Vanno allora adeguate competenze e capacità negoziali a tutti i livelli. La sfida delle nuove leggi in tema di partecipazione dei lavoratori è anche questa . PAGINA 16 NOTIZIARIO DIPENDENTI “Nuovi strumenti per il sindacato a sostegno di una internazionalizzazione responsabile” di Cecilia Brighi A settembre scorso in Pakistan, cento lavoratori e lavoratrici della Ali Enerprises, una azienda tessile di Karachi, sono morti intrappolati in un incendio. L’azienda aveva ricevuto ad agosto la certificazione SA8000 da una rispettabile azienda italiana di certificazione: il RINA. Tale certificazione era stata concessa dopo una serie di ispezioni, che ovviamente sono risultate truccate dalla impresa. In quella azienda in realtà la maggioranza dei lavoratori era a contratto a termine, non aveva alcuna forma di tutela previdenziale, i salari erano bassissimi, non c’era alcuna rappresentanza sindacale etc.. tutte cose nascoste ovviamente ai certificatori, che si sono fermati a credere alle dichiarazioni della impresa. Notoriamente si sa che in Pakistan e in molti altri paesi i diritti del lavoro non sono rispettati, che manca un sistema di ispezione pubblica, che per conoscere la verità non bisognerebbe fermarsi alle dichiarazioni formali dei dirigenti di impresa. Invece ingenuamente(?) si è voluto credere a quello che si vedeva. Reparti puliti e non sovraffollati, estintori nuovi, registri in ordine. Le stesse manipolazioni avvengono ripetutamente in molte imprese cinesi, bengalesi, thailandesi etc… che producono per multinazionali o PMI straniere. Troppo spesso si hanno notizie di doppi cartellini presenza, per far vedere che si rispettano gli orari di lavoro. Non è bastato l’incendio del Pakistan per mettere in allarme le imprese su come si dovrebbero comportare per tutelare le condizioni di lavoro. Nel mese di novembre infatti, in Bangladesh, due grandi fabbriche tessili sono state distrutte da incendi causando la morte dei loro lavoratori bloccati in fabbrica. Lì dove non è garantita la libertà sindacale, come nella fabbrica pakistana, o nelle fabbriche bengalesi o cinesi, in presenza di codici di condotta, le interviste degli ispettori delle società certificatrici, vengono spesso pilotate e i lavoratori minacciati e controllati quando sono intervistati dai certificatori. L’inefficacia di questi strumenti privati di RSI sono stati denunciati da sempre dalle organizzazioni sindacali internazionali, che hanno chiesto strumenti autorevoli ed efficaci in grado di garantire il rispetto dei diritti fondamentali del lavoro e la tutela delle condizioni di lavoro e dell’ambiente. IN-FORMANDO PAGINA 17 Nel corso di questi ultimi anni, i casi di violazione dei diritti umani ed ambientali, invece di diminuire, sono cresciuti esponenzialmente. Il diffuso processo di parcellizzazione e internazionalizzazione delle produzioni, ha infatti prodotto una destrutturazione delle grandi fabbriche a favore di catene di produzione polverizzate in paesi, troppo spesso privi delle fondamentali regole a garanzia dei diritti dei lavoratori e dell’ambiente. Se gli interessi delle grandi lobby industriali hanno sempre impedito la definizione di norme vincolanti internazionali, i governi hanno dovuto rispondere alle critiche sindacali e delle ong con una revisione dei principali strumenti internazionali a partire dalle Linee Guida OCSE sulle Multinazionali. Tali Linee Guida, vincolanti per i governi OCSE, ma non vincolanti per le imprese sono stati aggiornate lo scorso anno, attraverso una continua consultazione con sindacati, imprese e ONG. Le Linee Guida aggiornate contengono nuovi elementi positivi, compreso un capitolo sui Diritti Umani; l’inequivocabile applicazione delle Linee Guida ai fornitori e a tutti gli altri soggetti che hanno rapporti tra imprese; un ampliamento degli obiettivi del capitolo sull’Occupazione; regole più stringenti per il funzionamento dei Punti Nazionali di Contatto (PNC) e un rafforzato ruolo dell’OCSE nell’attuazione delle Linee Guida. I governi aderenti dovranno innanzitutto adeguare le strutture e le procedure dei loro PNC, che rappresentano l’immagine pubblica delle Linee Guida. Il loro funzionamento, nell’ambito di questo aggiornamento delle Linee Guida, costituirà un parametro attraverso cui l’opinione pubblica mondiale ne misurerà il successo. I PNC dovranno lasciarsi alle spalle la loro cattiva reputazione causata da un funzionamento irregolare e spesso mediocre e dovranno agire adottando standard comuni più elevati, sulla base dei nuovi principi di imparzialità e prevedibilità costruendo anche, organismi di sorveglianza o consultivi con tutte le parti interessate, individuando, di concerto con le parti interessate esterne, le priorità per la condivisione di esperienze e la definizione delle attività di promozione delle Linee Guida. Questi elementi accrescono, in modo significativo, l’importanza delle Linee Guida e il loro potenziale per il miglioramento delle norme in materia di condotta responsabile delle imprese in un contesto globale. Il successo dell’aggiornamento dipende dalla loro rapida e piena attuazione sia da parte dei governi aderenti, sia da parte dell’OCSE e soprattutto dal loro utilizzo sindacale, sia in via preventiva che attraverso denunce di violazione dei contenuti delle Linee Guida, contribuendo a migliorare il rispetto dei diritti umani e del lavoro in tutte le catene produttive e ad evitare delocalizzazioni inaccettabili. PAGINA 18 NOTIZIARIO DIPENDENTI Purtroppo spesso, i sindacati dei paesi industrializzati, hanno sofferto e soffrono tutt’oggi di un certo “provincialismo” e sottovalutano le possibilità offerte da questo strumento, che seppur con i limiti della non obbligatorietà permetterebbero di intervenire su tutta la catena produttiva anche in altri paesi costruendo rapporti di solidarietà con quei lavoratori e sindacati privi di diritti. Inoltre nel 2008 il Rappresentante speciale ONU su business e diritti umani Prof. Ruggie fu nominato per definire la nuova cornice per affrontare la questione business e diritti umani. Lo scorso anno il Consiglio ONU per i Diritti Umani ha approvato i Principi Guida su Business e diritti umani: attuare il quadro dell’Onu “proteggere, rispettare e risarcire”. Tali principio si basano su tre pilastri: • PROTEGGERE: dovere dello stato di proteggere tutti i diritti umani dagli abusi commessi da o che coinvolgono le imprese. • RISPETTARE: Responsabilità delle imprese di rispettare i diritti umani • RISARCIRE: le vittime devono avere accesso a soluzioni efficaci. 1° pilastro: Il DOVERE DELLO STATO DI PROTEGGERE contro gli abusi dei diritti umani da parte di terze parti, comprese le imprese. Questo dovere si fonda sulle leggi internazionali sui diritti umani. Poiché il dovere di uno stato di proteggere è uno standard di condotta non uno standard di risultato, gli Stati possono essere considerati in violazione dei loro obblighi quando non prendono misure per prevenire, investigare e punire le violazioni dei diritti umani. Secondo il prof. Ruggie la norma internazionale non è chiara sulla dimensione extra territoriale di tale dovere, visto che agli stati non viene richiesto di, ne viene impedito, di regolare le attività delle imprese nazionali all’estero. E fa riferimento ai casi in cui gli Stati dovrebbero “incoraggiare” le imprese a rispettare i diritti all’estero, specialmente dove lo Stato è coinvolto direttamente (es. appalti, crediti alla esportazione). Ruggie considera che tali attività “farebbero tirare fuori gli Stati dalla posizione insostenibile di essere associati con possibili abusi di imprese all’estero” e da un maggior sostegno agli stati ospitanti. Ruggie definisce lo status quo come un “approccio limitato” alla gestione dell’agenda del rapporto tra imprese e diritti umani, con i diritti umani scarsamente integrati in altri spazi politici. IN-FORMANDO PAGINA 19 2°pilastro: RESPONSABILITA’ DELLE IMPRESE DI RISPETTARE I DIRITTI UMANI La Responsabilità sociale di rispettare e una norma sociale “quasi universale” che esiste indipendentemente dal dovere dello Stato di proteggere e dalla variazione delle leggi nazionali secondo il Relatore speciale, solo poche imprese hanno adottato sistemi di verifica del loro rispetto dei diritti umani e le imprese devono adottare un impegno dovuto per assicurare che non violano i diritti di altri e identifica tre fattori che devono considerare: a) il paese e il contesto locale. b) l’impatto delle attività delle imprese nel loro ruolo di produttori, imprenditori e i vicinato e c) se e come l’azienda può contribuire agli abusi attraverso le relazioni collegate alle sue attività come con i business partner, le entità nella catena del valore, altri attori non statali e agenti di Stato. Ovviamente alcuni di questi fattori sono fuori dal loro controllo ma, osserva che le imprese usano la diligenza dovuta per individuare i rischi fuori dal loro controllo e dovrebbero fare lo stesso per i diritti umani. Ruggie enfatizza l’importanza di affrontare tutti i diritti umani poiché “le imprese “possono colpire tutto lo spettro dei diritti umani”. E come minimo dovrebbero osservare la Dichiarazione Universale dei diritti umani e la Dichiarazione ILO sui principi e Diritti fondamentali nel Lavoro. 3° pilastro: ACCESSO AL RISARCIMENTO Accesso al rimedio è il terzo pilastro ed è anche un importante componente del 1 e 2 pilastro. Il Rimedio può essere ottenuto attraverso mezzi giudiziari o di altro tipo a livello di impresa, nazionale o internazionale. Per quanto riguarda le Linee Guida Ruggie individua sei principi per la sua efficacia: legittimità, accessibilità, equità, prevedibilità, compatibilità con i diritti e trasparenza. In questo quadro i PNC sono strade potenzialmente importanti per il rimedio al livello nazionale. E la credibilità del sistema dipende dal rispetto di criteri minimi di performance (come i sei principi) e i PNC dovrebbero trovare modo di dare maggior peso ai risultati contro le imprese usando per esempio l’accesso agli appalti pubblici e ai crediti alla esportazione. A livello internazionale si dovrebbe migliorare l’accesso a rimedi non giudiziari come una clearing house, un organismo di capacity building per aiutare le parti ad usare i meccanismi e un organismo di esperti per raccogliere e valutare i risultati. Così oggi anche in Italia è in atto un lavoro che vede insieme le amministrazioni pubbliche, le imprese e le organizzazioni sindacali per la attuazione delle linee Guida OCSE, la definizione di un programma di azione nazionale sulla RSI, che si basa sui principali strumenti internazionali, la messa a punto di una guida alla due diligence nella catena di fornitura non solo per le multinazionali ma anche per le PMI. PAGINA 20 NOTIZIARIO DIPENDENTI Inoltre è in discussione presso il Ministero degli Esteri un piano d’azione della Pubblica Amministrazione italiana per l’attuazione dei Principi Guida delle Nazioni Unite sul Business e i Diritti Umani. L’Italia finalmente sta sostenendo il lavoro dell’OCSE sul Credito all’Esportazione e Diritti Umani, che sulla base dei Principi Onu dovrebbe identificare i criteri, comprensivi di vincoli sui diritti umani fondamentali per la concessione dei crediti all'esportazione. Identificando le principali aree d’azione sui diritti umani rilevanti per le agenzie di credito all'esportazione confrontandoli con gli standard della Banca Mondiale e delle IFI, che già prevedono dei vincoli in tal senso. La CISL ha contribuito alla definizione delle nuove Linee Guida e al lavoro del PCN per la loro attuazione. In Particolare ha presentato una serie di importanti proposte di integrazione alla proposta di Piano di Azione italiano. Tra le richieste CISL: 1. la costituzione di un tavolo interistituzionale costituzione di un tavolo formato dalle amministrazioni centrali e regionali interessate, di concerto con Camere di Commercio, Associazioni imprenditoriali e sindacali e gli altri portatori di interesse; 2. inclusione delle LG OCSE tra i paramentri per la concessione di crediti e sostegni pubblici 3. sostegno alle Regioni per la creazione di un sistema a rete multistakeholders per la diffusione della RSI; 4. identificazione di meccanismi di sostegno tecnico verso le PMI, gli stakeholders 5. promozione della informazione sulle procedure delle denunce (istanze) in caso di violazione delle Linee Guida OCSE; 6. identificazione di corrette ed univoche procedure di monitoraggio e controllo indipendente delle iniziative di RSI lungo tutta la filiera del valore; sostegno alla inclusione del rispetto delle Linee Guida OCSE sulle multinazionali nelle misure contro la corruzione; 7. diffusione e applicazione dei principi, delle norme e delle buone pratiche di trasparenza e legalità della PA in tutta la filiera degli acquisti, appalti; Sostegno al lavoro G8/G20 lotta alla corruzione, paradisi fiscali e transfer pricing; 8. inserimento nelle politiche economiche estere italiane della promozione di tali strumenti, definendo, in collaborazione tra MAE e MISE un toolkit per Ambasciate; Previsione di un obbligo delle Agenzie di Credito a perseguire una funzione pubblica di promozione di modelli produttivi responsabili e sostenibili e di sperimentazioni per le imprese che si internazionalizzano per la attuazione delle LG OCSE nella catena del valore, in particolare nelle PMI . IN-FORMANDO PAGINA 21 “Percorso formativo: Politiche organizzative per la gestione e lo sviluppo delle persone e delle risorse economiche” di Luigi Lama “Il sindacato è prima di tutto organizzazione (...) Si tratta di adattarsi ai mutamenti dell'economia e del lavoro, di collocarsi efficacemente nei contesti politici ed istituzionali, soprattutto si tratta di garantire la durata nel tempo del proprio patrimonio sociale, di entrare nella storia per starci. Non c'è risultato rivendicativo o contrattuale che venga analizzato esclusivamente sulla base dei benefici conseguiti: ci si domanda sempre da parte dei sindacalisti quali vantaggi ne tragga l'organizzazione, poiché senza la sua permanenza qualsiasi esito rischia di risultare transitorio”1. Così afferma Bruno Manghi ne L'organizzatore sindacale, un agile libretto del 2007. Chi opera nel sindacato lo sa. La Cisl lo sa e questa consapevolezza ha portato la Cisl ad una riorganizzazione avviata già da anni con la predisposizione di modelli comuni per il bilancio e la costruzione di un bilancio consolidato, la ripartizione automatica delle quote di iscrizione e l'anagrafe degli iscritti. Riorganizzazione approfondita dal processo di accorpamento delle strutture territoriali e categoriali in atto. La Cisl sa che il dover coniugare contesto, risorse economiche e umane del sindacato per la realizzazioni dei suoi fini ha sempre bisogno di sistematicità e strumenti concettuali, ma ancor più nelle fasi in cui il sindacato è sottoposto a pressioni per adeguare la sua struttura e modalità di funzionamento. Da questo obiettivo è nata la proposta del corso “Politiche organizzative per la gestione e lo sviluppo delle persone e delle risorse economiche” che si è tenuto al Centro Studi in due moduli, il primo dal 29 al 31 ottobre ed il secondo il 26 e 27 novembre di quest'anno. Il corso era rivolto esclusivamente ai Segretari Organizzativi e Amministrativi delle Federazioni Nazionali, delle USR e delle UST metropolitane. Era stata data la disponibilità di quaranta posti, un po' sopra alla media corrente dei corsi di formazione. Un numero di queste dimensioni riduce la possibilità di interazione e di partecipazione attiva, ma si è compiuta questa scelta per offrire una occasione di incontro a pressoché tutti i potenziali destinatari, immaginando che l'interesse sarebbe stato elevato. Bruni Manghi, L'organizzatore sindacale, Edizioni Lavoro, Roma, 2007, pag. 17-18; corsivo dell'autore 1 PAGINA 22 NOTIZIARIO DIPENDENTI Così è stato: ci sono stati 42 iscritti e la presenza effettiva è stata quasi totale nel primo modulo, più ridotta nel secondo modulo di fine novembre, quando per molti, dato il ruolo che rivestono, sono diventate ineludibili scadenze legate proprio al processo di riorganizzazione e alla predisposizione dell'imminente percorso congressuale. Sindacato: equilibrio fra efficienza e rappresentanza Il sindacato deve coniugare efficienza e rappresentanza; è stato il filo conduttore del corso, nelle relazioni degli esperti, dei dirigenti Cisl, del dibattito. Si tratta di una ricerca che colloca la struttura organizzativa e le sue modalità di funzionamento in un punto di equilibrio fra le due esigenze che non è mai stabilito per sempre, va continuamente verificato, aggiustato e, se il contesto cambia in modo rilevante, cambiato per essere capace di esprimere i fini dell'organizzazione sindacale in quel tempo e luogo concreto. Diversamente c'è il ridimensionamento, l'incapacità di rispondere alle aspettative degli associati che può portare fino all'estremo dello svuotamento dell'organizzazione ed il suo fallimento. Ripercorriamo schematicamente i contenuti sviluppati nel corso. Il primo passo è stata una riflessione sui due importanti capisaldi della riforma organizzativa: anagrafe iscritti e riparto automatico. In questi ultimi anni la Cisl sta realizzando un cambiamento che per profondità ed estensione alcuni autorevoli esperti accademici avrebbero considerato impossibile. Gli accorpamenti in corso e previsti sono un ulteriore importante passo avanti e, come è stato illustrato nel primo modulo del corso, sono resi possibili dalla maggiore trasparenza economica dell'organizzazione che rendendo più chiari a tutti risultati e risorse richiama ciascuno alle proprie responsabilità. Non basta avere i dati, occorre avere una base concettuale per capirli ed interpretarli, conoscere i vincoli di legge e delle norme Cisl per la rendicontazione. A questo è stata dedicata una parte specifica. Una particolare attenzione è stata poi dedicata alle procedure congressuali in relazione agli accorpamenti ed al scelta di dare maggior voce a chi sta nei luoghi di lavoro sia nel congresso che negli organismi dirigenti. Il congresso è un momento di verifica. Affinché questa sia più trasparente, più legata a dati che impressioni, è stata decisa l'elaborazione di un bilancio sociale, la cui elaborazione è affidata alla Fondazione Giulio Pastore. Il prof. De Santis ha illustrato le linee guida e i principali contenuti del documento che verrà presentato nei prossimi mesi in corrispondenza al percorso congressuale. IN-FORMANDO PAGINA 23 Nel dibattito è stata posta la questione sul senso, per una organizzazione democratica, di affiancare al bilancio di esercizio economico la redazione di un bilancio sociale; la risposta del prof De Santis è stata un utile premessa al modulo seguente dove si è partiti illustrando come la teoria sociologica vede realizzarsi in organizzazioni come il sindacato una ricerca, mai definitivamente conclusa, sul rapporto fra efficienza economica, e quindi anche redditività del nostro agire come sindacato, e affermazione di rappresentanza sociale e di valori culturali e politici, per di più articolata in settori e territori. Nel pomeriggio è stato ripreso il tema del progetto organizzativo Cisl, approfondito in seguito con i presidenti Canepari di CAF e Sordi di INAS in una mattinata di particolare densità, in cui è emerso l'intreccio di problemi di governance e di gestione ai vari livelli. Il coordinamento di soggetti con funzioni specifiche e necessaria autonomia necessita di una linfa vitale: dati, informazioni che permettano di verificare risultati concreti, mutamenti del contesto e delle prestazione degli altri attori, e valutare se e quanto l'insieme dell'organizzazione Cisl realizza i suoi obiettivi. La rappresentanza non è un fatto generico e astratto, una buona intenzione, è la ricerca di risposte concrete ad interessi materiali e questo si realizza solo basando le proposte su dati; a questa esigenza potrà offrire un contributo consistente lo il progetto Moniter, illustrato in quell'occasione. L'organizzare: quadrare il cerchio di risorse economiche, risorse umane e risultati. La dimensioni amministrativa e organizzativa sono sempre un elemento cruciale per un organizzazione come il sindacato che deve coniugare efficienza e rappresentanza. Tanto più in fasi come quella attuale. Il corso ha avuto l'obiettivo di dare strumenti adeguati per gestire le scelte organizzative della CISL, comprenderne caratteristiche e potenzialità, superare eventuali ostacoli per la loro implementazione. Credo che si possa dire che la l'obiettivo sia stato raggiunto in modo da soddisfare le aspettative della segreteria confederale che lo ha voluto e di coloro che vi hanno partecipato. Una soddisfazione che ha generato ulteriore domanda di formazione. Nelle giornate conclusive sono tornati più volte i termini "governance" e "gestione". Aspetti che pongono ancora una volta il rapporto fra decisioni politiche, la loro realizzazione e la formazione. Un rapporto sempre delicato, tanto più in una organizzazione che per la sua natura di rappresentanza democratica ha meccanismi decisionali in cui il consenso gioca un ruolo rilevante. PAGINA 24 NOTIZIARIO DIPENDENTI Per la governance la formazione offre un contributo di conoscenza sui connotati strutturali di una organizzazione di rappresentanza, l'impossibilità di ridurla a un modello aziendale e il fallimento di qualsiasi progetto che prendesse la teoria dell'impresa come riferimento ideale. Per la gestione la questione dell'efficienza, dell'uso attento delle risorse, della definizione ed il controllo dei risultati previsti e ottenuti ci portano su aspetti che sono più prossimi alla miglior logica aziendale, che, per certi ambiti e contesti, offre modelli e procedure ai quali che è necessario riferirsi. Un ambito particolarmente delicato è quello della gestione del personale, su cui potrebbe essere utile uno specifico approfondimento futuro. Con franchezza sono emerse le difficoltà di gestione in una organizzazione che opera attraverso il consenso delle parti in causa. Ciò vuol dire spesso lentezza, scontrarsi con miopie ed egoismi piccoli e grandi. In qualsiasi organizzazione quando le risorse sono abbondanti e i gli obiettivi facili da raggiungere o, meglio ancora, qualsiasi risultato va bene è piuttosto facile fare l'organizzatore. Può esserci una difficoltà aggiuntiva quando condizione del fare è soprattutto il consenso degli interessati, con poca o nulla capacità di costrizione. Ma quando le risorse sono abbondanti è più facile ottenere anche il consenso. È diffusa l'idea che la strada più breve per il consenso è acquistarlo. In una organizzazione dove le risorse sono assorbite soprattutto dal personale si può pensare che la strada migliore per vivere tranquilli è diffondere a pioggia più o meno piccoli privilegi/opportunità di attività/posizioni remunerate. Se la priorità va al consenso il merito passa in secondo piano, addirittura può penalizzare. A chi offre consenso e chiede in cambio una sistemazione tranquilla si cerca di offrire una posizione dove si la priorità è "non fare danni", per cui la voglia di far poco o nulla è un fattore positivo. Se un "organizzatore" non dispone di una collocazione del genere nella struttura che controlla direttamente la cerca all'esterno, sperando di mantenere la gratitudine del beneficiario. Come dicevamo la vita per l'organizzatore è più facile quando le aspettative sui risultati sono basse. Diventa più complicato quando queste crescono, la richiesta di adempimenti di routine è soppiantata da obiettivi, che diventano "sfidanti" come si dice nel gergo delle imprese private. In questi casi diventano più numerose e cruciali le posizioni da cui ci si attende quantità e qualità di produzione. La fedeltà è sempre gradita, ma diventa importante anche la competenza se la sua carenza può provocare danni rilevanti. IN-FORMANDO PAGINA 25 In questi casi sorgono diversi problemi. Occorre utilizzare le risorse, sempre limitate, in funzione degli obiettivi. Cresce la necessità di collocare all'esterno soggetti inutili e/o dannosi i quali assorbono risorse che vanno utilizzate in modo più proficuo. Occorre valutare l'adeguatezza del personale esistente e di potenziali nuovi soggetti da parte di un organizzatore che non può essere tuttologo e che ha bisogno di collaboratori con competenze che lui non possiede in prima persona. Diventano critici motivazione e impegno, da accendere e mantenere. Cosa che implica la capacità di richiamare all'ordine, al rispetto degli impegni presi, senza generare rancore e desiderio di vendetta, al contrario rafforzare il legame all'organizzazione ed ai suoi obiettivi. Capacità che chi gestisce un segmento a qualsiasi livello della nostra organizzazione sa bene quanto siano fragili e indispensabili. PAGINA 26 NOTIZIARIO DIPENDENTI “Resoconto da una missione di studio all’estero”2. ETUI Trade Union Education Day and Conference Zagabria 7 . 8 . 9 November 2012 di Francesco Lauria 7 novembre mattino: “training helps change” A Zagabria, capitale della Croazia, prossimo stato che entrerà, a luglio 2013, nell’Unione Europea, si sono riuniti quasi cento tra formatori e sindacalisti provenienti da tutta Europa. Due gli eventi collegati: la giornata europea dell’educazione (dedicata alla lotta per l’uguaglianza) e la successiva due giorni seminariale dell’Istituto Sindacale Europeo (Etui). La notte precedente il primo giorno di lavori aveva portato alla rielezione di Barack Obama e, inevitabilmente, il responsabile Etui per la formazione Ulisse Garrido il 7 novembre ha iniziati la sua relazione proprio da qui. Insieme allo slogan “training helps change” Garrido ha ricordato Rosa Parks e la storica lotta per i diritti civili e contro le discriminazioni negli Stati Uniti, nazione che aveva appunto rieletto, in quelle ore, un presidente di colore. Venendo al tema specifico della giornata dell’educazione europea il sindacalista portoghese ha ricordato la crescita delle disuguaglianze nell’Europa della crisi, cui si deve fare fronte anche con la formazione sindacale, strumento che può contribuire a superare un problema non più confinato prevalentemente in alcuni paesi, ma trasversale a tutta l’Unione Europea. La formazione è un diritto di cittadinanza e come tale deve essere supportata e riconosciuta anche attraverso il sistema europeo di riconoscimento delle qualifiche e del life long learning. Tutti temi che sono stati ripresi dai rappresentanti istituzionali e sindacali croati, anche in vista della prossima entrata, a vent’anni dalla guerra civile, nell’Unione Europea. La Croazia, hanno ricordato i sindacalisti, affronta nuove sfide per la rappresentanza sindacale in un contesto di grave di crisi e di durissime politiche di austerity portate avanti a prescindere dalla collocazione politica dei partiti al governo. 2 Cito impudentemente la modalità con la quale definivano i loro resoconti, ai tempi dell’Iscla Cisl, Mario Romani e Vincenzo Saba. IN-FORMANDO PAGINA 27 Ma è stato il direttore generale dell’ETUI Philippe Pochet a rilanciare in modo non banale la discussione rallegrandosi, da un lato, per la vittoria di Obama, ma domandandosi allo stesso tempo come fosse possibile che un multimiliardario come Mitt Romney, che aveva dichiarato in campagna elettorale di disinteressarsi totalmente del 30% più povero dell’elettorato, avesse comunque ottenuto un consenso così ampio. “Se come è vero – ha continuato Pochet – che laddove abbiamo più iscritti come sindacato le disuguaglianze sono inferiori, come possiamo impegnarci con maggiore incisività per aggredire l’attuale crescita delle iniquità sociali?” Pochet ha ricordato il problema del controllo dei media da parte dei poteri dominanti e dell’attacco di molti governi (spesso di solidarietà nazionale) ai diritti sindacali, suggerendo ai presenti la consultazione attenta di un sito internet molto utile: www.equalitytrust.org.uk Ma la domanda finale è quella più incisiva: come sindacato difendiamo gli insiders o gli outsiders? E’ cambiato il profilo dell’iscritto al sindacato – ha chiuso Pochet - è vero ora i nostri iscritti sono collocati lievemente al sopra il livello medio dei redditi.” Riflettiamoci. Ad affrontare i temi più strettamente formativi è stato Michelle Agostini componente del comitato pedagogico dell’ETUI che ha sviluppato il concetto di una formazione sindacale come veicolo di identità e fondamento della lotta contro le ineguaglianze. La questione di fondo a livello continentale è: bisogna costruire o rifondare un’identità sindacale europea? Come l’Unione Europea deve costruire una piena cittadinanza europea così il sindacato europeo deve costruire una piena identità sindacale europea. PAGINA 28 NOTIZIARIO DIPENDENTI L’azione deve costruire ponti comuni superando le innegabili difficoltà con il dialogo e le mediazioni. L’identità sindacale europea non deve essere vista in competizione con la propria appartenenza sindacale nazionale, ma considerata come un elemento fondamentale e accrescitivo. Ma che posto accordare alla formazione in questa costruzione identitaria? L’identità ha sottolineato Agostini va considerata come un costante divenire (ciò che ereditiamo, ciò che acquisiamo, ciò che tramandiamo) ed è una delle due principali funzioni della formazione sindacale insieme all’acquisizione delle competenze. La formazione sindacale ha quindi una dimensione cognitiva, affettiva e socio professionale. Bisogna essere disponibili al cambiamento e la qualità del cambiamento dipende dalla coerenza dei dispositivi di accompagnamento e dalla forza di attrazione del progetto identitario verso il quale tendere. Perché il tutto funzioni è necessaria una triplice coerenza tra sindacato europeo, organizzazione sindacale nazionale di appartenenza e progetto personale. “Come non porci, ha concluso Agostini, il tema dell’attrattività sindacale europea in un contesto di crisi, di desindacalizzazione e di problematiche di crescita degli egoismi nazionali, etnici e religiosi? Il Meeting di Zagabria è occasione per lavorare tutti nella stessa direzione, per portare la riflessione sulla formazione al cuore della decisione politica in un’ottica di promozione dell’attività di formazione e life long learning europeo non solo nella società, ma anche tra i sindacati, essi stessi attori sociali”. L’intervento del segretario confederale Ces, con delega alla formazione, Luca Visentini si è concentrato sull’analisi sbagliata della crisi da parte dell’Unione Europea. Siamo – per Visentini - prigionieri dell’austerità ideologica: il modello sociale europeo è sotto attacco. Un ulteriore problema è rappresentato dall’approccio nazionalistico dei paesi dell’Ue che crea o rafforza sentimenti antieuropeistici. Il Life long learning è importante, ma non sufficiente. Di fronte al Fiscal Compact proposto dall’Ue, la Ces ha lanciato la mobilitazione per il “Social Compact for Europe”. La manifestazione europea del 14 novembre e la mobilitazione permanente sono state basate su una precisa piattaforma tradotta in tutte le lingue dell’Unione. Per quel che riguarda la formazione Visentini ha ammesso ritardi sul riconoscimento delle competenze in molti paesi europei mentre è un grave problema la volontà di molti paesi di ridurre il budget dell’Ue ed in particolare del Fondo Sociale Europeo, in vista della programmazione 2014-2020. IN-FORMANDO PAGINA 29 Le proposte della Ces verranno riassunte in paper che verrà tradotto in 22 lingue. Secondo il giovane segretario della Ces sono stati buttati via decenni di crescita economica durante i quali non si è lavorato per ridurre disuguaglianze e si è creato solo posti di lavoro precari senza valorizzare il capitale umano. Non si è poi imparato dal fallimento della Strategia di Lisbona nella preparazione della Strategia Eu 2020: politiche attive, formazione, lll, non bastano se non si crea occupazione. Bisogna, per la Ces, rafforzare le politiche di investimento industriale e la creazione di posti di lavoro nei nuovi settori. 7 novembre pomeriggio: “training across Europe” I lavori del pomeriggio si sono concentrati sulle esperienze di formazione per i lavoratori e i sindacalisti nei paesi dell’Unione. Sono state esposte buone prassi interessanti: il rafforzamento del congedo di formazione stipendiato per i lavoratori in Austria e la strategia per la formazione sindacale della Cfdt in Francia (quattro assi: sostegno all’azione contrattuale, ampia partecipazione degli iscritti, rafforzamento delle competenze, trasmissione di identità di organizzazione). In particolare la Cfdt ha esposto sei esempi di iniziative contro le diseguaglianze (contratto generazionale, “messa in sicurezza” dei percorsi professionali, attività formative per i giovani sindacalisti, etc.). Problematico è stato l’intervento congiunto dei sindacati belgi (Dgb, Fgtb): in quel contesto il finanziamento della formazione dei sindacati è molto legato a risorse pubbliche e il sistema è a rischio: le forze conservatrici e le imprese intendono ridurre il budget destinato ai sindacati. Per la prima volta stanno diminuendo i partecipanti ai corsi e non si riesce a formare adeguatamente i nuovi rappresentanti dei lavoratori nelle aziende. In Belgio è partito un programma di formazione sui problemi dei “lavoratori poveri”mentre è sempre più avvertita la necessità di spiegare meccanismi e dinamiche della crisi economica e finanziaria. Un focus è stato dedicato al riconoscimento delle competenze. Un’ultima interessante relazione è stata dedicato al centro internazionale di formazione dell’Ilo a Torino per cui si rimanda all’esauriente sito: www.itcilo.org. Nei lavori di gruppo si è poi discusso della possibile contrapposizione fra lavoratori nella crisi, dei budget per la formazione sindacale, dello sviluppo del populismo e dell’estrema destra in Europa e della necessità di maggiori scambi tra i formatori nazionali per discutere e migliorare strumenti e metodologie. PAGINA 30 NOTIZIARIO DIPENDENTI 8 novembre mattino: “riflessione interna” La mattinata dell’8 novembre è stata principalmente destinata alle questioni interne dell’ETUI. Il direttore generale Pochet ha riconosciuto l’esistenza di criticità nell’attività di comunicazione e ha ricordato la recente riorganizzazione del dipartimento ricerca (78 ricercatori – a fronte ndr – di 6 formatori…). Per Pochet l’Etui dovrà in futuro concentrarsi maggiormente su alcune priorità fondamentali e passare dalla “raccolta delle idee” alla “narrazione delle stesse”. Sono poi necessarie sinergie maggiori tra ETUC (Ces) ed ETUI in un momento che – ha riconosciuto Pochet – vede delle difficoltà anche nel rapporto tra confederazione europea e sindacati nazionali. Ulisse Garrido ha fornito una valutazione positiva del lavoro svolto – nell’ambito formativo – dall’Etui negli ultimi 4 anni, ma ha ricordato la criticità dell’esistenza di organizzazioni appartenenti alla Ces che ormai non svolgono formazione a livello nazionale. Da parte dell’Etui va migliorata l’analisi dei fabbisogni mentre sono troppo scarsi i contatti con i leader politici delle organizzazioni. Le attività formative dell’Etui sono state estese e innovate, ma vanno rafforzati i meccanismi partecipativi anche utilizzando al meglio le esperienze dei partecipanti ai corsi. Sono in corso di rinnovamento anche le tecniche formative mentre si stanno attivando nuove tecnologie per la formazione degli adulti (corsi on line, social network, etc.) IN-FORMANDO PAGINA 31 Le priorità dell’Etui devono essere le stesse dell’Etuc, in coerenza con il congresso di Atene (quello che ha dato vita all’istituto…); è necessario costruire un programma partecipativo e insieme strategico, prodotto di un’organizzazione che “apprende e trasmette”. Garrido ha poi ricordato le attività principali svolte e in programma per il 2013: da quelle per i giovani leaders sindacali, ai corsi per gli eurotrainers, alla formazione per i membri dei comitati aziendali europei, ai corsi di lingua. Un punto debole riconosciuto è legato alle scarse sinergie con le federazioni europee (totalmente assenti a Zagabria ndr) mentre occorrerà lavorare di più sui contenuti del Social Compact promosso dall’Etuc. Sul piano dei costi è stato confermato un assestarsi dei corsi sui 60 euro al giorno per partecipante mentre è introdotta una nuova soglia agevolata (per i paesi a più basso reddito): oltre a quella del 25% una più onerosa del 40% sui costi pieni. Da un punto di vista formativo Garrido ha proposto una dicotomia rispetto ad una formazione additiva (progressivamente da abbandonare) e una formazione trasformativa (da raggiungere, sul modello proposto dalla Laval University). Ha insistito sulla dimensione europea non solo dei partecipanti ai corsi Etui, ma anche dei programmi mentre ha promesso un rafforzamento dell’attività dell’Etui (in partnership con Tuc) per la certificazione delle competenze sindacali. Altri temi affrontati: la promozione di un network delle scuole sindacali europee e l’accoglienza da parte di Etui di stagisti (tre mesi di attività) inviati dalle organizzazioni appartenenti alla Ces. Ha infine preso impegno per una maggiore visibilità (e presa in considerazione) delle attività formative all’interno dell’Etui. 8 novembre pomeriggio: ancora “training across Europe” Nel pomeriggio si è continuata una riflessione sulle esperienze nazionali di formazione sindacale. Se il rappresentante sindacale finlandese ha riconosciuto lo scarso interesse di quadri e impiegati rispetto alla dimensione internazionale, il sindacato polacco OPZZ ha illustrato un positivo utilizzo delle risorse FSE per rafforzare contenuti ed estensione della formazione sindacale nel paese. Di grande interesse è poi l’esperienza inglese del TUC (si rimanda alla sezione formazione del sito www.tuc.org.uk) Il Tuc ha tuttora un imponente struttura formativa finanziata da fondi statali nella quale sta cercando di aumentare i contenuti europei all’interno dei programmi di formazione nazionali. PAGINA 32 NOTIZIARIO DIPENDENTI Si tratta di circa 50.000 corsisti all’anni formati attraverso una partnership con oltre 60 college e università oltre a circa 250 formatori e tutor cui il TUC ha riservato un sito apposito. Oltre a una proficua collaborazione con ETUI rispetto alla formazione degli Eurotrainers va ricordato il sistema di riconoscimento delle competenze che TUC sta cercando di trasmettere alla struttura europea. Per quel che riguarda Comiciones Obreras l’esposizione delle attività si è concentrata sul progetto di conoscenza diffusa che ha riguardato migliaia di delegati e iscritti in tutta la Spagna mentre si è sottolineato l’interesse di CCOO per un network tra i centri e le scuole sindacali europee. L’ICTU (sindacato irlandese) ha invece illustrato in particolare l’azione formativa per il supporto e il rafforzamento dei networks delle “donne nel sindacato”, la CGT ha esposto il proprio programma di formazione europea dei massimi dirigenti dell’organizzazione, i sindacati ciprioti un progetto sul benessere nei posti di lavoro. Interessante il progetto del sindacato svedese sull’analisi dei progetti relativi al FSE presentati dai sindacati che ne enuclea i punti di forza e i punti di debolezza con performance medie di successo, ahimè inferiori alla media. Si è passati poi ai progetti e alle attività strutturate di Etui (relazioni di Gabriela Portela e Silvana Pennella). In particolare Etui ha rinnovato profondamente la formazione degli eurotrainers (i formatori europei) e sta continuando a portare avanti il servizio “Set up” per favorire la partecipazione sindacale ai bandi della Commissioni e facilitare i partenariati. 9 novembre: “progettando il futuro” Ecco i temi all’ordine del giorno nella sessione conclusiva. Richiesta dei partecipanti di una maggiore partecipazione per la programmazione delle attività 2013 e impegno per un reciproco maggiore riconoscimento con le strutture nazionali. Sono stati presentati un report sulla formazione svolta dall’Etui per i rappresentanti dei Cae, il portale di ricerca sindacale “The Global Union Research Network” (www.gurn.info) e l’attività di formazione sindacale del Perc (sezione europea del sindacato mondiale). IN-FORMANDO PAGINA 33 “L’odissea dei salvaguardati: quarta puntata” di Valeria Picchio Con il disegno di legge stabilità approvato con mozione di fiducia alla Camera dei Deputati lo scorso 22 novembre, si è aggiunta una nuova puntata all’odissea dei lavoratori che potranno evitare di cadere nelle maglie dei requisiti pensionistici previsti dalla riforma introdotta dalla legge 214/2011. In Informando abbiamo più volto affrontato questo tema sotto vari profili. Questa volta ci limiteremo a fornire l’aggiornamento rispetto quanto prevede l’articolo 2 comma 16 e seguenti del DDL 5534-bis-A ora all’esame del Senato. Quest’ultimo provvedimento, che amplia ulteriormente la platea dei salvaguardati, prevede che potranno accedere al pensionamento con le norme precedenti l’art. 24 del decreto legge 201/2011 convertito in legge 214/2011, i lavoratori che raggiungono i vecchi requisiti dopo il 31/12/2011 i quali: a) siano cessati dal lavoro entro il 30/9/2012 e siano stati collocati in mobilità ordinaria o in deroga a seguito di accordi governativi o non governativi stipulati entro il 31/12/2011 e che abbiano raggiunto i requisiti pensionistici entro il periodo di fruizione dell’indennità di mobilità di cui all’articolo 7 commi 1 e 2 legge 233/1991 ovvero durante il periodo di godimento dell’indennità di mobilità in deroga e, in ogni caso, entro il 31/12/2014; b) siano stati autorizzati ai versamenti volontari entro il 4/12/2011 con almeno un contributo volontario accreditato o accreditabile al 6/12/2011, ancorché abbiano svolto successivamente al 4/12/2011 qualsiasi attività non riconducibile al lavoro dipendente a tempo indeterminato dopo l’autorizzazione ai versamenti volontari, a condizione che tale attività non abbia determinato un reddito superire a 7.500 € e che raggiungano la decorrenza della pensione entro il 6/12/2014; c) abbiano risolto il rapporto di lavoro entro il 30/6/2012 in ragione di accordi individuali sottoscritti anche ai sensi degli articoli 410, 411 e 412 c.p.c. ovvero in applicazione di accordi collettivi di incentivo all’esodo stipulati dalle OO.SS. entro il 31/12/2011 ancorché abbiano svolto, dopo la cessazione, qualsiasi attività non riconducibile al lavoro dipendente a tempo indeterminato a condizione che non abbia determinato un reddito superire a 7.500 € e che raggiungano la decorrenza della pensione entro il 6/12/2014; d) siano stati autorizzati ai versamenti volontari entro il 4/12/2011 e collocati in mobilità ordinaria alla stessa data i quali, poiché fruitori della mobilità per chiedere l’autorizzazione ai versamenti volontari devono attendere il termine dell’erogazione dell’indennità, a condizione che perfezionino il diritto alla decorrenza della pensione entro il 6/12/2014. PAGINA 34 NOTIZIARIO DIPENDENTI Con decreto del Ministero del lavoro da emanarsi entro il 1 marzo 2013 dovranno essere definite le modalità di attuazione di queste disposizioni. L’INPS provvederà al monitoraggio delle domande di pensione dei lavoratori che intendono avvalersi dei pregressi requisiti di accesso alla pensione e delle decorrenze sulla base della data di cessazione del rapporto di lavoro. Il beneficio è vincolato ad un determinato stanziamento finanziario annuale secondo la seguente ripartizione: 2013 – 64 mln € 2014 – 134 mln € 2015 – 135 mln € 2016 – 107 mln € 2017 – 46 mln € 2018 – 30 mln € 2019 – 28 mln € 2020 – 10 mln € Per finanziare i provvedimenti destinati ai lavoratori salvaguardati dall’applicazione dell’ultima riforma pensionistica, viene istituito presso il Ministero del lavoro un apposito fondo con una dotazione iniziale di 36 milioni di euro per il 2013, le cui modalità di funzionamento saranno stabilite con DPCM di concerto con il Ministro del Lavoro e dell’Economia. In tale fondo confluiranno anche le risorse derivanti dalle eventuali economie di carattere pluriennale che vengano accertate a seguito del monitoraggio sull’attuazione dei decreti relativi alle precedenti salvaguardie (decreto ministeriale 1/6/2012 e decreto ministeriale 5/10/2012 in attesa di pubblicazione in GU) rispetto agli oneri già programmati. Il reperimento delle risorse è determinato anche dal blocco della perequazione, per l’anno 2014, sulle fasce di importo delle pensioni superiori a 6 volte il trattamento minimo e sui vitalizi percepiti da coloro che hanno ricoperto o ricoprono cariche elettive regionali o nazionali. Tuttavia, entro il 30/9/2013 il Governo provvede, sulla base dei dati forniti dall’INPS, a monitorare l’esito, anche finanziario, dell’attuazione delle disposizioni precedenti e quindi nel caso in cui risulti la disponibilità di risorse continuative dall’anno 2014 verrà riconosciuta, in tutto o in parte, la rivalutazione automatica a questi trattamenti. Infine, ogni 6 mesi a partire dal 1/1/2013 il Governo verificherà la situazione dei lavoratori salvaguardati per individuare idonee misure di tutela compresi gli strumenti delle politiche attive del lavoro. IN-FORMANDO PAGINA 35 Riassunto delle puntate precedenti in pillole Puntata n. 1 Puntata n. 2 Puntata n. 3 Puntata n. 4 Deroghe ai requisiti pensionistici dell’art. 24 legge 214/2011 previste dal comma 14 art. 24 (a determinate condizioni: lavoratori in mobilità ordinaria e lunga, autorizzati ai versamenti volontari, fondi solidarietà, esonerati nel pubblico impiego) Modifiche al comma 14 art. 24 della legge 214/2011 e altre integrazioni per effetto del decreto mille proroghe n. 216/2012 convertito in legge 14/2012 (sono inseriti a determinate condizioni gli “esodati” e genitori figli disabili gravi) Ampliamento della platea precedente con articolo 22 decreto spending review n. 95/2012 convertito in legge 135/2012. Art. 2 commi da 16 a 22 DDL stabilità 5534-bisA. Ulteriore ampliamento della platea precedente rispetto ad accordi di mobilità non governativi e in deroga e cessazione entro il 30/9/2012, non rilevanza dell’attività lavorativa a termine successiva ai VV o all’esodo entro il limite di 7.500 €. Decreto Min. Lavoro 1/6/2012 pubblicato in GU 24/7/2012 n. 171 Decreto Min. Lavoro 5/10/2012 non ancora pubblicato in GU Decreto Min. Lavoro da emanarsi entro il 1/3/2013 65.000 interessati 55.000 interessati 10.130 interessati circa E’ in corso la definizione della “classifica” dei salvaguardati in base alla data di cessazione del rapporto di lavoro Dovrà essere stilata la “classifica” dei salvaguardati in base alla data di cessazione del rapporto di lavoro Dovrà essere stilata la “classifica” dei salvaguardati in base alla data di cessazione del rapporto di lavoro PAGINA 36 NOTIZIARIO DIPENDENTI In Pillole Formazione Seconda sessione Camposcuola Cisl 2012: Centro Studi Cisl di Firenze, dal 10 al 14 Dicembre 2012. La partecipazione, a questa seconda sessione del Campscuola 2012, è esclusivamente rivolta a coloro che hanno preso parte alla prima sessione di giugno 2012. Le tematiche che verranno affrontate nelle sessioni di studio spazieranno dalla formazione alla bilateralità, dalla contrattazione e sviluppo territoriale ai fondi interprofessionali. Aggiornamento per i Nuovi Formatori Sindacalisti: Centro Studi Cisl di Firenze, dal 9 all’11 gennaio 2013. Il percorso è riservato ai soli partecipanti alla Ia edizione del percorso Nuovi Formatori Sindacalisti svoltosi nel 2011. Il percorso Intende realizzare un breve aggiornamento formatori che ha l’obiettivo di approfondire i temi legati ai cambiamenti organizzativi, visti in una prospettiva di sviluppo delle competenze distintive che devono caratterizzare l’agire sindacale nei nuovi contesti organizzativi.