Ci fermiamo all’ingresso del paese. Prima di entrare leggiamo quanto segue. Saludecio è un paese situato su una importante via di comunicazione: Rimini - Urbino - Roma. All‘epoca in cui nasce Elisabetta Renzi aveva una popolazione di 4.000 abitanti: poteva ritenersi la piccola capitale della valle per la sua prosperità, per gli uomini di cultura che vi erano nati e perchè il suo governatorato godeva del titolo di podestà ed aveva il potere decisionale sulle cause civili e criminali. Secondo alcuni il nome Saludecio significherebbe, dal latino Salus a Decio «salvezza da Decio», un console romano che avrebbe salvato il borgo dalla distruzione. Secondo la tradizione, invece, la località avrebbe assunto nel Medioevo il nome di San Laudizio, un martire il cui culto sarebbe stato trasferito in queste terre probabilmente dalla Tracia. La vita religiosa del paese si svolgeva intorno alla unica parrocchia intitolata a S.Biagio, situata sulla piazza del paese. Un notevole impulso alla vita religiosa proveniva anche dalla presenza dei Padri Eremiti della chiesa di S.Girolamo, dalle monache benedettine. che vivevano a mezzo chilometro dal paese e dalla forte personalità del parroco don Domenico Fronzoni. La famiglia di Elisabetta Renzi Vittoria Boni, fu battezzata a Urbino il 13 giugno 1753, non si conosce il giorno della sua nascita; fu l‘ultima di dodici figli, di una famiglia di Conti: all‘età di cinque anni rimase orfana di padre. Giambattista, padre di Elisabetta, nacque a Saludecio da una prestigiosa famiglia il 20 maggio 1753, e qui fu battezzato il giorno 22. Fu uomo di fede e di pietà. Perito geometra estimatore, era dedito all‘amministrazione dei suoi beni e di quelli del monastero dei SS.Bernardino e Chiara di Mondaino. Da alcune lettere da lui firmate ci risulta che nel 1807, durante il regno d‘Italia, era podestà provvisorio del cantone di Saludecio. L‘attività a lui più congeniale era quella caritativo - assistenziale. Il matrimonio fu celebrato il 23 aprile 1784 nella chiesa dei SS.Filippo e Giacomo di Forcuini, paese a pochi km da Urbino, dal fratello di Vittoria. Da questo matrimonio nacquero sette figli: i primi quattro nacquero a Saludecio (Giancarlo 15 febbraio 1785 - 26 novembre 1860; M.Elisabetta 1786 - 1859; altri due che morirono poco dopo la nascita); gli altri tre a Mondaino di cui Dorotea (6 febbraio 1793-4 luglio 1813) ebbe vita più lunga e morì a vent‘anni. Ci spostiamo e arriviamo alla casa natale di Elisabetta Renzi (si trova nella via principale del paese, Via Roma) 2 Nascita della Beata Elisabetta Renzi In questa casa il 19 novembre 1786 nacque Elisabetta Renzi. Della casa di allora si conservano in buona parte la facciata, anche se negli anni è stata adattata, le scale interne, che sono quasi intatte, e un pozzo nel cortiletto interno che è possibile vedere salendo le scale. Ringraziamo ora il Signore che ci ha dato Madre Elisabetta, e attraverso di lei un modo particolare di comprendere e vivere il Vangelo. Ringraziamolo anche del dono della nostra vita con le parole del salmo 139. Preghiamo a cori alterni: SIGNORE, tu mi hai esaminato e mi conosci. Tu sai quando mi siedo e quando mi alzo, tu comprendi da lontano il mio pensiero. Tu mi circondi, mi stai di fronte e alle spalle, e poni la tua mano su di me. La conoscenza che hai di me è meravigliosa, troppo alta perché io possa arrivarci. Tu mi scruti quando cammino e quando riposo, e conosci a fondo tutte le mie vie. Poiché la parola non è ancora sulla mia lingua, che tu, SIGNORE, già la conosci appieno. Dove potrei andarmene lontano dal tuo Spirito, dove fuggirò dalla tua presenza? Se salgo in cielo tu vi sei; se 3 scendo nel soggiorno dei morti, eccoti là. Le mie ossa non ti erano nascoste, quando fui formato in segreto e intessuto nelle profondità della terra. Se prendo le ali dell'alba e vado ad abitare all'estremità del mare, anche là mi condurrà la tua mano e mi afferrerà la tua destra. I tuoi occhi videro la massa informe del mio corpo e nel tuo libro erano tutti scritti i giorni che mi eran destinati, quando nessuno d'essi era sorto ancora. Se dico: «Certo le tenebre mi nasconderanno e la luce diventerà notte intorno a me», Oh, quanto mi sono preziosi i tuoi pensieri, o Dio! Quant'è grande il loro insieme! le tenebre stesse non possono nasconderti nulla e la notte per te è chiara come il giorno; le tenebre e la luce ti sono uguali. Se li voglio contare, sono più numerosi della sabbia; quando mi sveglio sono ancora con te. Sei tu che hai formato le mie reni, che mi hai intessuto nel seno di mia madre. Esaminami, o Dio, e conosci il mio cuore. Mettimi alla prova e conosci i miei pensieri. Io ti celebrerò, perché sono stato fatto in modo stupendo. Meravigliose sono le tue opere, e l'anima mia lo sa molto bene. Vedi se c'è in me qualche via iniqua e guidami per la via eterna. A questo punto continuiamo il nostro pellegrinaggio e ci spostiamo per entrare nella Chiesa di S.Biagio, la chiesa parrocchiale che si affaccia sulla piazza del paese. Entrando, a sinistra, vediamo in legno ciò che conservava il battistero, battistero che era in pietra e nel quale veniva versata l’acqua utilizzata poi per somministrare il Sacramento. Da non molto tempo è tornato a svolgere la sua funzione. 4 Battesimo della Beata Elisabetta Renzi Il giorno seguente alla nascita, Elisabetta fu battezzata nella chiesa di S.Biagio; il parroco era don Domenico Fronzoni, ma il battesimo le venne amministrato da don Luigi Rossi, padrino e amico di famiglia, parroco di Colbordolo, paese a due chilometri da Forcuini, ove la madre di Elisabetta aveva dimorato nella sua giovinezza. Il nome scelto Maria Elisabetta richiama quello della nonna materna e della zia paterna già defunte. ATTO DI BATTESIMO (è conservato nell‘archivio parrocchiale) 20 novembre 1786. 5 Ci disponiamo ora nella navata centrale per un momento di preghiera e meditazione. Dal CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA 1213 ―Il santo Battesimo è il fondamento di tutta la vita cristiana, il vestibolo d‘ingresso alla vita nello Spirito, e la porta che apre l‘accesso agli altri sacramenti. Mediante il Battesimo siamo liberati dal peccato e rigenerati come figli di Dio, diventiamo membra di Cristo, siamo incorporati alla Chiesa e resi partecipi della sua missione: « Il Battesimo può definirsi il sacramento della rigenerazione cristiana mediante l‘acqua e la Parola ». 1214 Lo si chiama Battesimo dal rito centrale con il quale è compiuto: battezzare significa in greco «tuffare», «immergere»; l‘«immersione» nell‘acqua è simbolo del seppellimento del catecumeno nella morte di Cristo, dalla quale risorge con lui, quale «nuova creatura» (2Cor5,17; Gal 6,15). 1215 Questo sacramento è anche chiamato il «lavacro di rigenerazione e di rinnovamento nello Spirito Santo» (Tt 3,5), poichè significa e realizza quella nascita dall‘acqua e dallo Spirito senza la quale nessuno «può entrare nel Regno di Dio» (Gv 3,5). 1216 «Questo lavacro è chiamato illuminazione, perchè coloro che ricevono questo insegnamento [catechetico] vengono illuminati nella mente...» S.Giustino. Poichè nel Battesimo ha ricevuto il Verbo, «la luce vera... che illumina ogni uomo» (Gv 1,9), il battezzato, «dopo essere stato illuminato» (Eb 10,32) è divenuto «figlio della luce» (1Tes 5,5), e «luce» egli stesso (Ef 5,8): 6 Il Battesimo è il più bello e magnifico dei doni di Dio... Lo chiamiamo dono, grazia, unzione, illuminazione, veste d‘immortalità, lavacro di rigenerazione, sigillo, e tutto ciò che vi è di più prezioso. Dono, poichè è dato a coloro che non portano nulla; grazia, perchè viene elargito anche ai colpevoli; Battesimo, perchè il peccato viene seppellito nell‘acqua; unzione, perchè è sacro e regale (tali sono coloro che vengono unti); illuminazione, perchè è luce sfolgorante; veste, perchè copre la nostra vergogna; lavacro, perchè ci lava; sigillo, perchè ci custodisce ed è il segno della signoria di Dio (S.Gregorio Nazianzeno). Silenzio di meditazione Rinnovo delle promesse battesimali Con il Battesimo è iniziata la nostra storia di salvezza, la nostra risposta alla chiamata alla vita umana e cristiana. I SEGNI BATTESIMALI G. Ora vogliamo meditare sui segni del nostro Battesimo. Nel ricordarli chiediamo al Signore di aiutarci a vivere da cristiani nella vita di tutti i giorni. OLIO Il sacerdote che ci ha battezzato ha unto i nostri orecchi e le nostre labbra con il sacro crisma perché potessimo ascoltare e annunciare la Parola di Dio. L‘unzione che abbiamo ricevuto è il segno della forza di Cristo, che ci aiuta a lottare contro il male e il peccato. ACQUA E‘ il simbolo della purezza e della grazie che Dio ci ha donato per mezzo di suo Figlio. CERO Quando siamo stati battezzati nostro padre ha acceso la candela al cero pasquale simbolo di Gesù Risorto. Questo ci richiama l‘impegno a camminare nella luce della fede. VESTE BIANCA Abbiamo ricevuto anche una veste bianca. Essa è segno che nel Battesimo siamo stati rivestiti di Cristo. In Lui siamo divenuti una nuova creatura, pieni di grazia e verità. PROFESSIONE DI FEDE Oggi desideriamo ripetere con maggiore consapevolezza ciò che è il fondamento della nostra identità e lo faremo rinnovando le nostre promesse battesimali: G. Carissimi, per mezzo del Battesimo siamo divenuti partecipi del mistero pasquale del Cristo, siamo stati sepolti insieme con lui nella morte, per risorgere con lui a vita nuova. Ora rinnoviamo le promesse del nostro battesimo, con le quali un giorno abbiamo rinunciato a Satana e alle sue opere e ci siamo impegnati a servire fedelmente Dio nella santa Chiesa cattolica. G. Rinunciate a Satana? T. Rinuncio. G. E a tutte le sue opere? T. Rinuncio. 8 G. E a tutte le sue seduzioni? T. Rinuncio. G. Credete in Gesù Cristo, suo unico Figlio, nostro Signore, che nacque da Maria Vergine, morì e fu sepolto, è risuscitato dai morti e siede alla destra del Padre? T. Credo. G. Credete nello Spirito Santo, la Santa Chiesa cattolica, la comunione dei santi, la remissione dei peccati, la risurrezione della carne e la vita eterna? T. Credo. G. Questa è la nostra fede. Questa è la fede della Chiesa. E noi ci gloriamo di professarla in Cristo Gesù nostro Signore. T. Amen. Lodiamo e ringraziamo Dio Padre con le parole del Salmo 111: Sol. Renderò grazie al Signore con tutto il cuore, nel consesso dei giusti e nell'assemblea. Tutti: Grandi le opere del Signore, le contemplino coloro che le amano. Le sue opere sono splendore di bellezza, la sua giustizia dura per sempre. Sol. Ha lasciato un ricordo dei suoi prodigi: pietà e tenerezza è il Signore. Egli dà il cibo a chi lo teme, si ricorda sempre della sua alleanza. Mostrò al suo popolo la potenza delle sue opere, 9 gli diede l'eredità delle genti. Tutti: Le opere delle sue mani sono verità e giustizia, stabili sono tutti i suoi comandi, immutabili nei secoli, per sempre, eseguiti con fedeltà e rettitudine. Sol. Mandò a liberare il suo popolo, stabilì la sua alleanza per sempre. Tutti: Santo e terribile il suo nome. Principio della saggezza è il timore del Signore, saggio è colui che gli è fedele; la lode del Signore è senza fine. Trasferimento a Mondaino Nel 1791, all‘età di 5 anni, Elisabetta si trasferisce con la famiglia nel vicino paese di Mondaino. Anche noi ci muoviamo e raggiungiamo Mondaino. Se possibile, prima di entrare in Casa Renzi, leggiamo ciò che segue. 10 Mondaino significa ―Monte del daino‖ Elisabetta si trasferisce con la famiglia a Mondaino nel 1791. Le ragioni di questo trasferimento si possono trovare in una suddivisione dell‘asse paterno e nella convenienza di suo padre di esercitare meglio la professione di perito estimatore e di amministratore dei suoi beni e di quelli del monastero delle Clarisse, posti in questa località. Forse anche la parentela o l‘amicizia di Battista Renzi con l‘ottimo parroco don Pietro Renzi, ha permesso ad Elisabetta di crescere in un clima di grande religiosità e di avvantaggiarsi, grazie alla presenza di diverse prestigiose 11 istituzioni religiose. La vita religiosa di Mondaino era alimentata dalla ricchezza spirituale di diverse realtà presenti: la chiesa parrocchiale dedicata a S.Michele, il monastero dei santi Bernardino e Chiara delle Clarisse Cappuccine, il convento delle Grazie dei Minori Conventuali, la chiesa di S.Croce, le Confraternite del SS.Sacramento, del Suffragio e della Madonna del Rosario. Entriamo ora in Casa Renzi e visitiamola. Visita a Casa Renzi, come si presentava nel 1800 Entrando dal portone principale da Via Roma, nella stanza subito a destra vi era l’ufficio dove Giambattista riceveva i mezzadri delle sue terre o le varie persone per affari. Vi erano: una libreria a vetri che occupava tutta la parete più lunga, piena di libri; uno scrittoio con alcune sedie, e nell’angolo di sinistra una poltroncina. La stanza a sinistra dell’entrata era sala di attesa o di passaggio, quella dopo era la rimessa di una carrozza. La famiglia Renzi possedeva tre carrozze: due scoperte ed una chiusa. Questa zona pubblica della casa era divisa dal resto da un cancello in legno posto al termine del corridoio di entrata e prima del pianerottolo delle scale. Di fronte troviamo la sala da pranzo nella quale era un tavolo ovale con sopra una fruttiera e frutta finta, a destra si apriva una porta sulla cucina che aveva un camino nell’angolo di destra. Tornando nel pianerottolo delle scale, pianerottolo che chiudeva tutto il piano, c’era una porta vicina a quella della cucina, dalla quale si scendeva nella cantina con due sole rampe di scale molto ripide. Nella cantina erano conservati olio e vino e alimenti provenienti dai poderi, in botti, orci, bottiglie e scaffali. Inoltre nel sottoscala vi era un pozzo. Nella sala più grande della cantina, a sinistra, vi era un grande tino e un passaggio che attraversava Mondaino sbucando dalla parte opposta a dove è posta la casa. Era una buona via di fuga. Uscendo dalla cantina sulla via, attraversandola ci si trovava nelle stalle della casa, di un unico piano e con il soffitto ad arco. Nel cortiletto delle stalle vi era un pozzo, che è stato conservato. 12 Torniamo al primo pianerottolo delle scale, vicino la cucina. Salendo le scale, nella prima stanza a sinistra era una camera, probabilmente la camera di Elisabetta e la sorella, l’unica abbastanza larga per contenere due letti. La sala con gli affreschi a soffitto era il luogo dove probabilmente si ritrovava la famiglia. Vi era un caminetto dove ora è il quadro dell’albero genealogico della famiglia. Nella stessa stanza vi era un piano a coda e uno specchio nella parete di sinistra, entrando. Su questa stanza si aprivano le camere dei genitori di Elisabetta e probabilmente del fratello Giancarlo o dei bambini piccoli. Quella con l’affresco nel soffitto era dei genitori. Il letto era in legno e la spalliera si appoggiava nella parete di fondo. In soffitta, nella parte dove ora vi sono le camerette, il pavimento era in legno e vi si conservava il grano. (E’ possibile vedere una ricostruzione in grafica tridimensionale di come si presentava la casa nella pagina www.mpda.it/mondaino.htm) Scegliamo un luogo adatto dove potersi fermare e proseguire nella lettura. Elisabetta e la famiglia Con i genitori In questa casa Elisabetta Renzi è vissuta con la sua famiglia, la mamma Vittoria, il papà Giambattista, il fratello Giancarlo e la sorella Dorotea. Da qui è partita e qui sarà tornata più volte a visitare i genitori nei diversi anni della sua vita. Qui fanciulla sarà tornata dal Monastero delle Clarisse, a pochi passi da casa, dove era educanda per la sua formazione, come era consuetudine per le ragazze di buona famiglia. 13 Qui è tornata alla chiusura del Monastero di Pietrarubbia nel 1810. Qui ha vissuto gli anni prima di recarsi a Coriano nel 1824, anni di dubbi e sofferenze, di ricerca della volontà di Dio su di lei. In questi anni già difficili ―fatti nuovi concorsero a renderle più faticoso questo periodo di dolorosa attesa: nel 1813, l‘unica sorella, Dorotea, morì all‘età di vent‘anni. Questo lutto incise certamente sull‘animo dei genitori, dei fratelli, e, particolarmente, di Elisabetta che aveva perduto, in lei, la confidente e l‘appoggio morale. Inoltre, rimasta ormai unica figlia, avrà sentito maggiormente l‘impegno di essere vicina ai genitori.‖ (Positio p. 24) Qui, già Maestra Pia e Fondatrice, tornava a trovare la mamma. Così scrive in alcune lettere al Vescovo Mons. Gentilini: ―La Mamma mi prega che vadi a ritrovarla prima che entri l‘inverno, ma non so se Vostra Eccellenza me lo permetterà.‖ (6/10/1836) ―La Mamma è qualche tempo che mi prega acciò la vadi a ritrovare, tanto più che ho saputo stare Essa al presente poco bene, ma senza il permesso di Vostra Eccellenza non mi movo da Coriano.‖ (29/05/1837) Il 26 gennaio 1838, a 85 anni di età circa, la mamma muore. Viene sepolta nel sepolcro antistante l‘altare della cappella della Madonna del Rosario di Belvedere Fogliense. Qualche giorno dopo Elisabetta risponde così al Vescovo: ―Ringrazio l‘Eccellenza Vostra dell‘atto di condoglianza che mi fa per l‘accaduta morte della mia cara Madre, e molto più le promesse di pregare per Essa. La Vita da Essa tenuta, e la Morte rassegnata, congiunta agli atti di S.Chiesa mi fa sperare che fin da ora goda gli Eterni riposi e ciò porge qualche conforto al mio afflitto Cuore.‖ (02/02/1838) Il papà invece è già morto improvvisamente il 15 novembre 1824, preso da malore, all‘età di 71 anni; sarà sepolto il giorno 17 a Mondaino nel sepolcro della Confraternita del SS.Sacramento di cui era stato emerito priore dal 1820. Elisabetta era molto legata al padre, al quale condivideva anche il suo cammino interiore, come si può dedurre dalla seguente lettera scritta dal Monastero di Pietrarubbia: 14 « […] ed io mi attaccherò a questo chiostro come altre volte il servo alla gleba da lui coltivata… confitemi Domino, quoniam bonus: quoniam in saeculum misericordia eius: date lode al Signore perché Egli è buono: eterna è la sua misericordia. All‘infuori di Dio, non v‘è cosa solida, nessuna, nessuna al mondo! Se è la vita, passa; se è la ricchezza sfugge; se è la salute, perdesi, se è la reputazione, la ci viene intaccata; ah, tutte le cose se ne vanno, precipitano. O babbo, mi permetta che io attenda qui il premio di opere buone, di buoni pensieri, di desideri buoni, imperocchè Dio, che solo è buono, anche dei buoni desideri tien conto. Dio mi fa tante offerte! Vuole dunque che non mi curi tosto della Sua amicizia, che non faccia tosto gran caso delle Sue promesse? Babbo veneratissimo, glielo dico: ho un vivo desiderio di far del bene, di pregare tanto per la gloria di Dio, anzi per la maggior gloria di Dio… nella casa di Dio». (Positio p. 29) Così, con le parole di Suor Caterina Giovannini, possiamo riassumere il tempo trascorso da MER in famiglia: ―Nata da piisssimi genitori e prevenuta dal Divino Amore, passò Elisabetta l'infanzia in una grande semplicità e innocenza di costumi. Quando il padre e la madre vivono vita sicura e cristiana, i figli se non possono ricevere da loro il privilegio della santità di origine, la ricevono dai loro esempi quasi una seconda natura. Dio vuole le primizie di tutte le cose che ha fatte; e cura della mamma, contessa Vittoria Boni, fu di consacrargli, ad omaggio, i primi battiti del cuore della sua creaturina, i primi lampi che guizzano della sua ragione, i primi suoni che sappiano articolare le sue labbra. "Un figlio non deve poter guardare sua madre senza intenerirsi spinto a divenire migliore", così so15 leva ripetere in tante occasioni la figliola cotanto devota verso la mamma sua. Quante volte fu udita ringraziare il Signore di aver potuto, quasi senza sforzo, e solo mercè lo spettacolo degli esempi paterni, che passavanle e rippassavanle di continuo sotto gli occhi, contrarre le felici abitudini dell'innocenza, e formarsi naturalmente alla pratica delle più solide virtù. Tra cento manifesti segni di una speciale protezione di Dio, amatissima in casa, ammirata da chiunque la conosceva, veniva crescendo Elisabetta, e alienissima da quelle puerili, inezie che tutto sogliono occupare la prima età, piena di una angelica modestia... nata per ubbidire, si rendeva ogni giorno più rispettabile agli uomini, e cara a quel Signore che si delizia nel cuore degli innocenti.‖ (Positio p. 498) Con il fratello Giancarlo I rapporti di Madre Elisabetta con il fratello Giancarlo li conosciamo dalla corrispondenza che è rimasta a testimonianza di una relazione aperta, di aiuto reciproco nella gestione dei beni e di stimolo nel cammino di santità. Giancarlo ereditò lo spirito profondamente cristiano dei genitori; iscritto alla compagnia del SS.Crocifisso, ne fu il priore dalla fondazione avvenuta nel 1842. Ricoprì la carica di priore del comune di Mondaino. Sposò Giovanna Venturi di Mondaino più giovane di lui di ventotto anni. Raccontano i discendenti di casa Renzi che Giancarlo non si decideva mai a sposarsi, preso dalla caccia e dalle sue occupazioni. Finalmente, quando incontrò Giovanna, si decise, ma rimase sempre lui: la mattina del giorno in cui doveva celebrarsi il matrimonio andò a caccia e tornò poco prima dell‘inizio della celebrazione. Da Giovanna ebbe undici figli di cui soltanto tre maschi continuarono la discendenza e la secondogenita Maria Giuseppina entrerà all‘età di nove anni a Coriano come educanda e il 13 maggio 1856 all‘età di diciannove anni vestì l‘abito religioso e fino alla morte di Madre Elisabetta sarà la sua segretaria. Diverrà la quarta superiora generale dell‘Istituto Fondato dalla zia Elisabetta e lo dirigerà per trentacinque anni. 16 Così Giancarlo descrive Madre Elisabetta: "Fanciulla schiuse se stessa nel silenzio e nella preghiera; Elisabetta passò tra le agiatezze della casa che la vide nascere, come raggio di luce sull'oro diffuso; non attinse bellezza dalle cose preziose che la circondavano, ma le cose preziose rese belle essa stessa con la sua grande bontà e soavità". Scrive Elisabetta al fratello il giorno 1 Agosto 1839: ―Fratello caro, non guardiamo troppo noi stessi. Vorremmo vedere, comprendere... e non abbiamo bastantemente fiducia in colui che ci ricolma e circonda di sua carità. Raccogliamo tutti i lumi della fede per salire in alto, più in alto. All‘istante della morte, come all‘estrema frontiera che ci separa dall‘altra vita vedremo e comprenderemo la grande realtà delle cose.‖ (Positio p.185) Quando Giuseppina decise di farsi religiosa, la mamma Giovanna la richiamò in famiglia per mettere alla prova la sua vocazione, vi rimase per 17 giorni nel mese di Maggio del 1855; per tale occasione ci sono due lettere molto significative: una da parte di Madre Elisabetta e una da parte del padre Giancarlo (Cenni Biografici p.60) : Scrive la zia: ―Se tu fossi sola io sarei la prima a tremare, poichè di noi stessi non abbiamo che debolezza, impotenza e miseria; ma nostro Signore è con te dalla mattina alla sera e dalla sera alla mattina! Tu soffri? E‘ una divina mano che ti dà la sua croce; quando lavori, Egli è lì per risparmiarti metà di pena; quando piangi, Egli ti si avvicina per asciugarti le lacrime: quando preghi, è Lui che prega in te; ma tutto questo non fa bisogno di sentirlo! Allegra, perchè sai che il buon Dio ti ama, perchè sai che noi abbiamo il cielo a noi davanti, e perchè – nonostante le nostre debolezze, le nostre miserie, le nostre montagne di difetti – noi avanziamo verso Dio ogni giorno, e forse tanto più quanto meno lo sentiamo. Giuseppina il tuo cuore dev‘essere un canale impermeabile; nessuna creatura vi deve stare, tutte quelle che vi entrano, anche papà e mamma, devono uscire dal costato di Gesù. Più Dio rende ricco il tuo cuore, più te lo rende tenero e più domanda un distacco assoluto per 17 amore di lui. Come è bello il soffrire, e come sono felici le vittime!‖ (Positio p.509) Scrive il padre: ―Figlia carissima, quelle scene disgustose succedute costì, come narra mia sorella, mi sono state di un dispiacere indicibile. Non ho mancato di farne lamento con vostra madre che è pentita del modo usato, ma pure sembra che il di lei spirito non si trovi quieto se non si premette alla vostra ben consigliata e ferma decisione l‘esperimento che essa desidera, comochè suggeritole da molte persone religiose, fra le quali conta questa Madre Abbadessa, ed altre sue Consorelle. I giudizi di Dio sono imperscrutabili. Chi ci dice che questo piccolo ostacolo alla vostra fermezza per combatterla, non sia permesso dal Signore per maggior vostro bene? Non so cosa dirmi di più. Pregate e fate pregare il sommo Datore della grazia perchè vi assista, e metta in quiete il vostro spirito per ogni anche piccolo disgusto combattuto. Fiat voluntas Dei. Il Signore, Maria SS. e tutti i Santi vi benedicano. Il vostro aff.mo Padre 13 Maggio 1855 La grande fede di Giancarlo è rivelata anche in una preghiera da lui composta. La preghiera scritta da Giancarlo è intitolata ‗Offerta da recitarsi all‘Elevazione‘ ed il Cardinale Domenico Svampa, Arcivescovo di Bologna, ha accordato ―cento giorni d‘indulgenza a chi devotamente recita questa preghiera‖ il 30 Giugno 1905 in occasione della sua visita a Rimini a Madre Giuseppina: ―Eterno Padre, vi offro il Corpo, il Sangue, l‘Anima, la Divinità del vostro SS.Figliuolo, che, Vittima d‘amore, si sacrifica per me su quest‘altare: e ciò in soddisfazione de‘ miei peccati, in suffragio delle Anime Sante del Purgatorio, specialmente di quelle per cui sono tenuto di pregare secondo l‘ordine della vostra Sapienza infinita; in riconoscenza dei benefici che mi avete fatto; e finalmente in ringraziamento dei privilegi che avete accordati a Maria SS. in questo mondo ed al18 lorquando fu assunta in cielo. Vi prego, begnissima Madre, di presentare quest‘offerta colle vostre purissime mani alla Triade Sacrosanta: Padre, Figliuolo e Spirito Santo. Ed in virtù di questa grazia di poter vivere da buon cristiano, per poi godervi in compagnia degli Angeli e de‘ Santi in Paradiso‖ Nella Cappellina di Casa Renzi fermiamoci ora per pregare davanti al Santissimo e alla reliquia della Beata Elisabetta Renzi. Preghiamo Gesù Cristo presentandogli tutte le necessità nostre e delle nostre famiglie e chiediamo, per intercessione della Beata, le grazie di cui abbiamo bisogno. “Dio fa miracoli per nulla quando un suo amico glieli domanda” (Beata Elisabetta Renzi) (Momento di silenzio) Preghiamo insieme: Ti benedico, Signore Gesù Cristo, che hai voluto scegliere la Beata ELISABETTA RENZI per manifestare al mondo la gioia di conoscerti, amarti e seguirti. Infondi, ti prego, nel mio cuore il suo grande amore verso i fratelli e l’ardente sua brama di annunziare dovunque il Vangelo della salvezza, affinché tutti possano conoscere, amare e seguire Te, via verità e vita. Per sua intercessione concedimi anche, se è tua volontà, la grazia particolare che umilmente ti chiedo. Amen. (Tre gloria alla SS.ma Trinità) Beata Elisabetta Renzi. Prega per noi. Spostiamo ora nella Cappella del Monastero delle Clarisse dove Elisabetta ricevette la Prima Comunione. 19 Elisabetta e l’Eucaristia A nove anni circa, Elisabetta entra nel monastero delle Clarisse come educanda, e poco dopo riceve la Prima Comunione. La sua permanenza come educanda, dovette lasciare tracce marcate nel suo spirito e ciò, soprattutto, attraverso l‘insegnamento e l‘esempio delle monache addette direttamente alla formazione delle giovinette. Elisabetta ha iniziato qui a percepire la presenza di Dio nella sua vita, agevolata da un "naturale dolcissimo" e dalla forte esperienza di vita cristiana fatta con i genitori. Già da piccola amava stare sola, raccolta, per trascorrere con l‘amato Gesù il suo tempo; amava crescere nella virtù, tanto che si racconta, si scelse una compagna con la quale fare a gara per vedere chi amasse di più Gesù. Scrive Suor Caterina Giovannini: "Fanciulletta riflessiva, conoscendo la preziosità del tempo, tutti stimava perduti quei momenti, che da lei non fossero impiegati o nell‘attuale esercizio di qualche virtù, o in una stretta comunicazione con Dio: onde l‘ottimo padre, Giambattista Renzi, volle affidare il suo tesoro alle religiose del monastero di Mondaino, ove bentosto fu ammessa alla Prima comunione. A nostra notizia di quel dì beato è solo pervenuto, che, dopo aver reso i più accesi affetti e ringraziamenti al suo Gesù, piena d‘insolito giubilo che le brillava anche sul volto, Elisabetta baciò la mano ai genitori commossi, baciò la veste alla badessa, e con aria di paradiso disse loro che di lì in poi rispettassero la sua lingua e ve- 20 nerassero l‘anima sua, che in quella mattina, erano state santificate dal contatto dell‘immacolato suo sposo Gesù". Ecco alcune espressioni scritte in età matura che rivelano il suo grande amore all'Eucarestia: Io porto colui che mi porta. Dinanzi al tabernacolo: "Mio Dio, come vi amo bene per voi medesimo!". Voglio ravvivare la fede allorchè vado a ricevere i SS. Sacramenti, perchè così facendo, vi andrò con maggior fervore e disposizione che non abbia fatto per il passato. Se comprendessi il valore della S.Comunione, eviterei i più lievi mancamenti, conserverei l'anima sempre pura agli occhi di Dio. Quando un'anima ha degnamente ricevuto il Sacramento dell'Eucarestia è un'anima capace di maggiori sacrifici, non è più quella di prima. Quando un'anima ha degnamente ricevuto il sacramento dell'Eucarestia è umile, dolce, mortificata, caritatevole e modesta, con tutti concorde. 21 Nella chiesa parrocchiale, nella cappella di sinistra è conservata la tela che è stata riportata in copertina, recente opera di due artisti riminesi. Inoltre, nell‘ex-monastero dei frati francescani posto sulla vicina collina, ora proprietà privata, è conservato il crocifisso che era nel coro del Monastero delle Clarisse di Mondaino e davanti al quale Elisabetta avrà pregato e meditato tante volte la Passione di Gesù Cristo. Elisabetta rimarrà educanda del monastero fino a circa 21 anni, quando chiederà di entrare nel monastero delle Agostiniane di Pietrarubbia, molto più povero e isolato: la prolungata permanenza nel monastero delle Clarisse può essere giustificata dai decreti napoleonici che proibivano ai giovani di professare i voti religiosi. Ella, quindi, custodiva la sua vocazione religiosa in convento, in attesa di giorni migliori. Nel suo discernimento vocazionale ci sono state diverse situazioni e persone che possono averla aiutata nella scelta di tale monastero: il suo direttore spirituale, che la seguirà poi per circa trenta anni, Don Vitale Corbucci, aveva frequenti contatti con il monastero e certo avrà determinato la sua scelta, inoltre nel monastero di Pietrarubbia vi era una parente di Madre Elisabetta, suor Rosa Santinelli, la quale avrà avuto un peso determinante nell‘orientarla verso questo monastero di agostiniane. Si narra che Elisabetta quando partì per il monastero di Pietrarubbia, non volle passare da casa per salutare i suoi famigliari. 22 Dallo STATUTO DEL MOVIMENTO PER L’ALLELUIA (Movimento laicale opera propria dell’Istituto Maestre Pie dell’Addolorata) Capitolo I NATURA E IDENTITÀ “L’Alleluia sta di casa al di là del Calvario...” 1. Il Movimento Per l’Alleluia (MPA) è un gruppo di fedeli laici chiamato da Dio a condividere il carisma della Fondatrice dell’Istituto Maestre Pie dell’Addolorata (MPdA) Beata Elisabetta Renzi (E.R.). 2. Il Movimento, ai sensi dei canoni 215 e 298 del Codice di Diritto Canonico e visto pure il canone 303, è costituito su richiesta della Superiora Generale dell’Istituto Maestre Pie dell’Addolorata coadiuvata da un gruppo fondatore di laici. La Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica ha eretto canonicamente il Movimento Per l’Alleluia come Opera propria dell’Istituto MPdA e ne ha approvato lo Statuto con Decreto Prot. n. R 30 – 1/99 del 21 aprile 1999. 3. I laici che rispondono alla chiamata del Signore ad aderire al Movimento, si impegnano ad attualizzare nel quotidiano e secondo il proprio stato di vita nel mondo, l'amore per Cristo e a vivere lo spirito di servizio incarnato dalla Beata E.R., con le finalità e attraverso le modalità illustrate in questo Statuto. 4. La sede del Movimento è fissata a Rimini, presso l'Istituto Maestre Pie dell'Addolorata, in via F.lli Bandiera, 34. La variazione della sede, stabilita dal Consiglio, non comporta modifiche dello Statuto. 23 Dal Codice di Diritto Canonico Can. 215 - I fedeli hanno il diritto di fondare e di dirigere liberamente associazioni che si propongano un fine di carità o di pietà, oppure l'incremento della vocazione cristiana nel mondo; hanno anche il diritto di tenere riunioni per il raggiungimento comune di tali finalità. Can. 298 - §1. Nella Chiesa vi sono associazioni, distinte dagli istituti di vita consacrata e dalle società di vita apostolica, in cui i fedeli, sia chierici, sia laici, sia chierici e laici insieme, tendono, mediante l'azione comune, all'incremento di una vita più perfetta, o alla promozione del culto pubblico o della dottrina cristiana, o ad altre opere di apostolato, quali sono iniziative di evangelizzazione, esercizio di opere di pietà o di carità, animazione dell'ordine temporale mediante lo spirito cristiano. Can. 303 - Le associazioni i cui membri conducono una vita apostolica e tendono alla perfezione cristiana partecipando nel mondo al carisma di un istituto religioso, sotto l'alta direzione dell'istituto stesso, assumono il nome di terzi ordini oppure un altro nome adatto. Per la Riflessione Personale .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. 24 .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. 25 Pietrarubbia 1807-1810 26 Dal paese nuovo di Pietrarubbia, per raggiungere il vecchio borgo e castello, seguire l’indicazione “Il Vicariato e il castello” posta lungo la strada principale e che fa inoltrare in una piccola strada di campagna. Arrivati al borgo ci fermiamo vicino ai resti del Monastero e leggiamo il testo riportato sotto. Arrivando al vecchio borgo di Pietrarubbia, di cui sono stati da poco restaurate alcune case e una torre, si scorgono sulla sinistra della strada alcuni resti delle mura di recinzione e della struttura del Monastero dove Elisabetta Renzi ha vissuto alcuni anni con l‘intenzione di farsi monaca. Nel 1807 o 1808 quando Elisabetta arrivò nel piccolo borgo, il luogo era molto più abitato di oggi: già da lontano si intravedevano i resti del castello sul crinale, il borgo abitato da diverse famiglie e le mura del Monastero con la chiesetta attigua. Anche nelle vicinanze erano molto più numerose di oggi le case di contadini che coltivavano i terreni della zona o allevavano il bestiame. Infatti l‘economia del territorio si basava sull‘allevamento del bestiame, sulle colture proprie di zone montane, e fu luogo importante di mercato, con notevoli scambi commerciali. Il borgo nei secoli dopo il Mille e fino agli inizi del sec. XVI ebbe vita fiorente, con un ricco ar- 27 Pietrarubbia “sta fondato sopra un scoglio di fortissima pietra di color rosseggiante per il che ha conseguito l’istesso nome di Pietrarube e questa è la sua Etjmologia”. La terra rossastra, quasi ruggine, più che la robbia, pianta con corolle rosate molto frequente in zona, dà il nome a questo luogo, caratterizzato anche da alcuni speroni conglomeratici naturali posti in alto che contraddistinguono il paesaggio: “Sopra Pietrarubbia si vede un alto sasso in guisa di torre alta sopra elevato scoglio tutto di pietra giottolina commessa insieme a Maestre Natura che si dice Pietrafagnana, luogo memorabile per il passaggio che ivi fece S.Francesco quale predicò nel contiguo loghetto che si chiama bolognino” (P.A.Guerrieri, La Carpegna abbellita, 1667). Lo sperone ancora presente era fino a qualche anno fa molto più alto ed “abitato” da una aquila. tigianato, basato soprattutto, come ci riferiscono le antiche testimonianze, sulla lavorazione del ferro con molte botteghe artigiane specializzate, i cui prodotti giungevano fino a Roma, dove le forbici di Pietrarubbia erano assai apprezzate. E‘ probabilmente già dalla fine del ‗500 e dai primi del ‗600 che iniziò il declino economico e demografico del borgo dovuto a vari fattori, sia interni (con variazioni climatiche che misero in crisi le colture con conseguenti carestie) sia esterni (con l‘evoluzione dell‘artigianato nella nascente industria italiana). La popolazione nel 1591, anno in cui si registra l‘apice demografico, era di 517 abitanti, costituita da coloro che abitavano nel borgo o nelle campagne o in piccoli agglomerati. Nel 1823 le famiglie che abitavano vicine all‘ormai soppresso monastero erano diventate soltanto cinque (cfr. G.Gardelli, Studi Montefeltrani 22/2001). La strada non seguiva il percorso attuale, ma arrivando al borgo costeggiava le mura del monastero, come si può vedere dalla mappa riportata sopra. Sul costone roccioso che collega il borgo alla torre ancora esistente, sorgeva fin dall‘XI secolo un vasto complesso architettonico che in passato interessava quasi per intero l‘alto costone roccioso disteso tra l‘attuale borgo e la torre suddetta, estrema propaggine meridionale del castello. La torre è stata da poco restaurata e doveva essere più al- 28 ta. Nel 1371 il cardinale Angelico definisce il castello inespugnabile e fortissimo, fornito di una rocca fortificata con una torre, affiancata, almeno così pare capire, da altre due. Il Guerrieri in visita in queste terre nel XVII secolo parla anche di una rocca ―formata con artificioso disegno di cui si vedono ancor oggi i suoi doppi recinti di duplicati ponti levatoi posti tra orride balze di strabocchevoli rupi e le reliquie di sue porte con i vestigi di fortissimi baluardi, e nel spazio di dentro si vede il cortile con i segni di un‘ampia e nobile cisterna... resta però in piedi et intiera una torre quadrata e forte nel più inaccessibile sito, et ancor si vedono parte d‘altri fortissimi baluardi, sopra uno de‘ quali sta la campana del pubblico e poco di sotto è il palazzo nel quale risiede il vicario giudice ordinario‖. Il castello e la rocca erano protetti da due cinta murarie poste più in basso verso il borgo e da strapiombi inaccessibili lungo gli altri lati. Continua poi descrivendo il borgo sottostante, quello che ancora si trova ai piedi della lunga cresta rocciosa che sale verso la torre, citando i casamenti della piazza con la chiesa parrocchiale di S.Silvestro e il monastero di Santa Monica. L‘antico borgo ―nell‘età passata era molto abitato e pieno di varie botteghe di artisti‖. Il castello fu dismesso agli inizi del secolo XVI dal duca Guidobaldo perchè, come altre fortezze del Montefeltro, era ormai ritenuta superflua. Quando nel 1807-1808 Elisabetta arrivò a Pietrarubbia i resti visibili del castello e rocca dovevano essere molto più consistenti degli attuali, ed era ancora in piedi la seconda torre, posta a poca distanza dall‘attuale, crollata nel 1939. Il Monastero, circondato dalle mura, aveva al suo interno un chiostro ed anche un piccolo orto, come è consuetudine nei monasteri. Si possono ancora notare tre noci allineati appartenenti all‘ortochiostro. La costruzione, abitata dalle monache e dalle educande, doveva essere di almeno due piani. Presente anche un pozzo, ma posto in sito pubblico. 29 Immagine del 1930. Sono visibili la seconda e terza torre e altri resti del castello. Il castello era così costituito: Rocca formata da: A: torre con recinto; B: edificio con funzioni difensive con torre; C: ambiente di forma rettangolare; D: torre; sotto: cortina muraria a difesa della rocca; E e F: edifici di grosse dimensioni adibiti ad abitazione; G: struttura difensiva a pianta quadrangolare. In basso - N: resti del monastero di S.Monica La Chiesina del Monastero, ―di buon gusto‖, faceva corpo con il Monastero e aveva al suo interno un Crocifisso posto in un ornato grande collocato sull‘altare, crocifisso che, alla chiusura del monastero, non si poté porre nella chiesa parrocchiale proprio per le sue dimensioni. Aveva un campanile con una o più campane e un cimitero. Poco distante la casa a due piani abitata dal Confessore e cappellano delle Monache (dalla Descrizione dei fondi rustici e capitali... del 3/07/1818). Il Monastero sorgeva a: ―in linea retta non più di 10 passi e meno di 40 passando per istrada‖ (lettera del 6 ottobre 1823, Feretrana I 30 XXXI) dalla Chiesa parrocchiale di S.Silvestro ed era dedicato a S.Giovanni Battista. Fu fondato nel 1400 ed era di proprietà del capitolo di S.Giovanni in Laterano. Non doveva ospitare molte religiose, ma le affermazioni che denotano fervore e disciplina, mostrano il ruolo del monastero nella vita del piccolo borgo. Conferma significativa e autorevole è quella del medico Giovanni Lancisi, che nel 1705, descrivendo in una lettera il suo viaggio da Urbino a Macerata, parla del “Castello di Pietrarubbia, sotto cui, all’aperta campagna, vi è quel celebre monastero di monache, le quali per 200 anni continui sono state senz’altra difesa che di sole siepi e sono perciò state la meraviglia e l’edificazione di tutto il mondo cristiano e la gloria dei duchi di Urbino, che sentivano una certa compiacenza nell’avere un convento di religiose, le cui mura (come quelle di Sparta erano formate dal petto dei cittadini) fossero costruite dall’anima e dalle menti cotanto pure e sante di quelle verginelle. In un sito così alpestre pur ci vivono con somma tranquillità, e fin dallo Stato Veneto molte vi si ritirano, con tutto che le loro entrate non bastino la metà dell’anno, elemosinando dalla pietà dei vicini il vitto pel rimanente”. Detta povertà viene segnalata anche dal vescovo di Montefeltro Mons. Giovanni Maria Terzi che definisce il monastero di Pietrarubbia: “Poverissimo e posto in mezzo a una campagna, per cui ci vuole una speciale vocazione di totale solitudine e di soffrire tutti i disagi, oltre al tenuissimo emolumento che somministra il monastero”. Allude poi alle copiose nevi ―con geli atroci e strade impraticabili‖. Saranno queste, le stesse ragioni per cui il vescovo mons. Antonio Begni ne sconsigliò la riapertura, dopo la soppressione del 1810. Pierantonio Guerrieri, nelle sue memorie su Pietrarubbia, parlando del monastero, afferma che ha avuto ―laudabilissima fama e gloria per essere stato trecent‘anni munito solo con una siepe di sambuco sin al 1615‖ (Positio p. 20) 31 La vita del Monastero seguì alterne vicende: nel 1611 le monache erano solo sette, tutte vecchie, ed era presente ‗una sola putta da monacare... insieme a due putte che per infermità uscirono‘ (lettera AS PS b.4). Nonostante ciò fu fatta richiesta di poter accogliere zitelle per educazione Nel 1630 ha rischiato di essere chiuso dalla Sacra Congregazione, con lettera del 3 maggio, la quale proibisce che si vestano Monache a Pietrarubbia, perchè si era in aperta campagna senza clausura e non avendo come sfamarle. Erano 12 e con loro erano 8 zitelle poste in educazione. Nel 1658 erano 16. Nel 1755 le monache erano 21, con Corali e Converse. Non c‘erano educande. Nel 1618 circa si costruì il muro che circonda il Monastero (lettera del 16/05/1618 Arch. di Stato Pesaro). Nel 1804 il monastero accolse di nuovo, dopo alcuni anni di interruzione, le educande che dovevano costituire un sostegno economico, ma davano un orientamento diverso alla vita comunitaria. Circa lo spirito di osservanza religiosa, che animava quelle monache al tempo dell‘ingresso di Madre Elisabetta, ne è autorevole documento il memoriale della visita pastorale del 1807. In esso si coglie il loro grande amore alla preghiera, il desiderio della comunione fre- 32 quente e l‘esercizio della mortificazione specie nel vitto, ―eccessivamente ristretto‖, a giudizio del vescovo. Come abbiamo accennato poco sopra, nel 1810 il Monastero fu soppresso per decreto napoleonico e non fu più aperto per le sue pessime condizioni. Per questo la comunità venne unita, dietro rescritto della S.Congregazione dei Vescovi e Regolari del 14 giugno 1816, a quelle delle domenicane di S.Antonio di Pennabilli, però sotto la regola di S.Agostino, essendo le religiose già di Pietrarubbia il nucleo più numeroso. Infatti in questo monastero, nel 1816, le ritroviamo in numero di quindici. ―A quei tempi c‘era veramente parecchia miseria. Raccontavano la storia che era andata giù la mura e non potevano più osservare la clausura e i soldi per rifarla non li avevano. Qui nel monastero di Pennabilli erano rimaste poche suore, quattro o cinque, ma anziane e dell‘ordine di S.Domenico - come sapete bene S.Domenico ha preso la Regola di S.Agostino - allora queste suore, che erano molte, sono venute qua a Pennabilli. La spiritualità agostiniana, S.Agostino ha preso molto, moltissimo dagli Atti degli Apostoli – Avanti ad ogni altra cosa, dice la Regola, sorelle carissime, questo è il primo Articolo, si ami Iddio e poi il prossimo, e avanti... E poi veramente lui ha l‘amore e la carità, l‘amore e la carità, l‘amore e la carità. (Madre Vittoria, Abbadessa Monastero di S.Antonio in Pennabilli) Le altre furono orientate nel monastero di Montecerignone, perchè ―necessarie a completare il numero delle mancanti‖. (Positio p. 24) Nel 1823, nonostante le intemperie ne avessero minato la costruzione, l‘edificio era ancora in piedi e praticabile Nel 1828 fu acquistato dai Padri delle Missioni di Montecitorio (Roma), i quali, dopo varie trattative iniziate nel 1823 col Capitolo del Laterano, procedettero alla sua demolizione. 33 Ora diamoci un tempo di silenzio per stare con il Signore e Madre Elisabetta, per ripercorrere con lei l’esperienza spirituale che ha vissuto qui a Pietrarubbia. Ognuno cerchi un luogo dove fermarsi per poter meditare nella calma sui testi qui di seguito riportati. Ci ritroveremo poi insieme per condividere l’esperienza fatta, i doni ricevuti, il cammino intrapreso. La Regola e gli scritti di S.Agostino I Monasteri dell‘ordine agostiniano seguivano e seguono la Regola agostiniana, scritta appunto da S.Agostino nel 400 circa. “S. Agostino nel percorrere il suo cammino di esperienza umana e cristiana approdò a una particolare intuizione di Vita monastica, conformata allo stile degli Apostoli e della prima comunità cristiana di Gerusalemme... La Regola agostiniana è molto breve, essenziale e concreta; scende ai particolari solo quando è necessario, mentre su tanti aspetti, dopo aver dato le indicazioni basilari, lascia spazio alla libertà, all'intuizione e alla maturazione della Comunità. Agostino, nel tracciare le norme per i suoi monasteri, prende spunto da motivazioni bibliche ed ecclesiali, prosegue poi esponendo tutta la sua ricchezza spirituale e la profonda conoscenza delle persone e delle varie realtà della vita umana. Ne è venuto fuori così un capolavoro di dottrina teologica, di sensibilità psicologica e di equilibrata esperienza umana dove il buon senso, la comprensione, il primato dell'amore, della verità e della giustizia, assieme al rispetto per l'autorità e all'attenzione per le persone singole, trovano una meravigliosa ed armonica combinazione.” (P. Marziano Rondina OSA) 34 Ecco alcune norme tratte da questa Regola, che ci danno una idea della vita di Elisabetta di questi anni e della formazione ricevuta: monastero, li trasmetta volentieri alla Comunità. 6. Chi poi non ne possedeva, non ricerchi nel monastero ciò che nemmeno fuori poteva avere. Tuttavia si vada incontro ai bisogni della sua insufficienza, anche se, quando egli si trovava fuori, la sua povertà non era neppure in grado di procurargli l'indispensabile. Solo che non si ritenga felice per aver conseguito quel vitto e quelle vesti che fuori non si poteva permettere. 9. Tutti dunque vivete unanimi e concordi e, in voi, onorate reciprocamente Dio di cui siete fatti tempio. Prologo 1. Fratelli carissimi, si ami anzitutto Dio e quindi il prossimo, perché sono questi i precetti che ci vennero dati come fondamentali. Capitolo 1 - Scopo e fondamento della vita comune 3. Il motivo essenziale per cui vi siete insieme riuniti è che viviate unanimi nella casa e abbiate una sola anima e un sol cuore protesi verso Dio. 4. Non dite di nulla: "E' mio", ma tutto sia comune fra voi. Il superiore distribuisca a ciascuno di voi il vitto e il vestiario; non però a tutti ugualmente, perché non avete tutti la medesima salute, ma ad ognuno secondo le sue necessità. Infatti così leggete negli Atti degli Apostoli: Essi avevano tutto in comune e si distribuiva a ciascuno secondo le sue necessità. 5. Chi, da secolare, possedeva dei beni, entrato che sia nel Capitolo 2 - La preghiera 10. Attendete con alacrità alle preghiere nelle ore e nei tempi stabiliti. 12. Quando pregate Dio con salmi ed inni, meditate nel cuore ciò che proferite con la voce. Capitolo 3 - Frugalità e mortificazione 14. Domate la vostra carne con digiuni ed astinenza dal cibo e dalle bevande, per quanto la salute lo permette. Ma se qualcuno non può digiunare, non prenda 35 cibi fuori dell'ora del pasto se non quando è malato. 15. Sedendo a mensa e finché non vi alzate, ascoltate senza rumore e discussioni ciò che secondo l’uso vi si legge, affinché non si sfami soltanto la gola, ma anche le orecchie appetiscano la parola di Dio. 16. Se alcuni vengono trattati con qualche riguardo nel vitto perché più delicati per il precedente tenore di vita, ciò non deve recare fastidio né sembrare ingiusto a quegli altri che un differente tenore ha reso più forti. Né devono crederli più fortunati perché mangiano quel che non mangiano essi; debbono anzi rallegrarsi con se stessi per essere capaci di maggiore frugalità 17. Così pure, se a quanti venuti in monastero da abitudini più raffinate si concedono abiti, letti e coperte che non si danno agli altri che sono più robusti e perciò veramente più fortunati, quest'ultimi devono considerare quanto i loro compagni siano scesi di livello passando dalla loro vita mondana a questa, benché non abbiano potuto eguagliare la frugalità di coloro che sono di più forte costituzione fisica. E poi, non debbono tutti pretendere quelle cose che sono concesse in più ad alcuni non per onore ma per tolleranza, onde evitare quel disordine detestabile per cui in monastero i ricchi si mortificano quanto più possono, mentre i poveri si fanno schizzinosi. Capitolo 5 - Oggetti d'uso quotidiano e loro custodi 30. Conservate i vostri abiti in un luogo unico, sotto uno o due custodi o quanti basteranno a ravviarli per preservarli dalle tarme; e, come siete nutriti da una sola dispensa, così vestitevi da un solo guardaroba. Se possibile, non curatevi di quali indumenti vi vengano dati secondo le esigenze della stagione, se cioè riprendete quello smesso in passato o uno diverso già indossato da un altro; purché non si neghi a nessuno l'occorrente. Se invece da ciò sorgono tra voi discussioni e mormorazioni, se cioè qualcuno si lamenta di aver ricevuto una veste peggiore della precedente e della sconvenienza per lui di vestire come si vestiva un altro suo confratello, ricavatene voi stessi una prova di quanto vi manchi del santo abito interiore del cuore, dato che litigate per gli abiti del corpo. Comunque, qualora questa vostra debolezza venga tollerata e vi si consenta di ri- 36 prendere quello che avevate deposto, lasciate nel guardaroba comune e sotto comuni custodi quello che deponete. 31. Allo stesso modo nessuno mai lavori per se stesso ma tutti i vostri lavori tendano al bene comune e con maggior impegno e più fervida alacrità che se ciascuno li facesse per sé. Infatti, la carità di cui è scritto che non cerca il proprio tornaconto, va intesa nel senso che antepone le cose comuni alle proprie, non le proprie alle comuni. Per cui vi accorgerete di aver tanto più progredito nella perfezione quanto più avrete curato il bene comune anteponendolo al vostro. E così su tutte le cose di cui si serve la passeggera necessità, si eleverà l'unica che permane: la carità. 35. Infine, trattandosi di sofferenze fisiche nascoste, si dovrà credere senza esitazione servo di Dio chi manifesta la propria indisposizione. Si consulti però il medico, se non si è certi che per guarirlo giova ciò che gli piace. 39. I libri si chiedano giorno per giorno alle ore stabilite; e non si diano a chi li chiederà fuori orario. Capitolo 6 - Il condono delle offese 41. Liti non abbiatene mai, o troncatele al più presto; altrimenti l'ira diventa odio e trasforma una paglia in trave e rende l'anima omicida. Così infatti leggete: Chi odia il proprio fratello è un omicida. 42. Chiunque avrà offeso un altro con insolenze o maldicenze o anche rinfacciando una colpa, si ricordi di riparare al più presto il suo atto. E a sua volta l'offeso perdoni anche lui senza dispute. In caso di offesa reciproca, anche il perdono dovrà essere reciproco, grazie alle vostre preghiere che quanto più frequenti tanto più dovranno essere sincere. Tuttavia chi, pur tentato spesso dall'ira, è però sollecito a impetrare perdono da chi riconosce d'aver offeso, è certamente migliore di chi si adira più raramente ma più difficilmente si piega a chiedere perdono. Chi poi si rifiuta sempre di chiederlo o non lo chiede di cuore, sta nel monastero senza ragione alcuna, benché non ne sia espulso. Astenetevi pertanto dalle parole offensive; ma se vi fossero uscite di bocca, non vi rincresca di trarre i rimedi da quella stessa bocca che diede origine alle ferite. 37 sotto la legge, ma come uomini liberi sotto la grazia. 49. Perché poi possiate rimirarvi in questo libretto come in uno specchio onde non trascurare nulla per dimenticanza, vi sia letto una volta la settimana. Se vi troverete ad adempiere tutte le cose che vi sono scritte, ringraziatene il Signore, donatore di ogni bene. Quando invece qualcuno si avvedrà di essere manchevole in qualcosa, si dolga del passato, si premunisca per il futuro, pregando che gli sia rimesso il debito e non sia ancora indotto in tentazione. Capitolo 7 - Spirito dell'autorità e dell’obbedienza 46. Chi vi presiede non si stimi felice perché domina col potere ma perché serve con la carità. Davanti a voi sia tenuto in alto per l'onore; davanti a Dio si prostri per timore ai vostri piedi. Si offra a tutti come esempio di buone opere; moderi i turbolenti, incoraggi i timidi, sostenga i deboli, sia paziente con tutti. Mantenga con amore la disciplina, ne imponga il rispetto; e, sebbene siano cose necessarie entrambe, tuttavia preferisca piuttosto di essere amato che temuto, riflettendo continuamente che dovrà rendere conto di voi a Dio. 47. Perciò, obbedendo maggiormente, mostrerete pietà non solo di voi stessi ma anche di lui, che si trova in un pericolo tanto più grave quanto più alta è la sua posizione tra voi. (La Regola di Sant'Agostino estratto dal sito dell'Ordine di Sant'Agostino http://www.aug.org) Capitolo 8 - Osservanza della Regola 48. Il Signore vi conceda di osservare con amore queste norme, quali innamorati della bellezza spirituale ed esalanti dalla vostra santa convivenza il buon profumo di Cristo, non come servi 38 Famoso di Agostino è il brano tratto dalle ―Confessioni‖: ―Tardi ti ho amato, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amato. Ed ecco che tu stavi dentro di me e io ero fuori e là ti cercavo. E io, brutto, mi avventavo sulle cose belle da te create. Eri con me ed io non ero con te. Mi tenevano lontano da te quelle creature, che, se non fossero in te, neppure esisterebbero. Mi hai chiamato, hai gridato, hai infranto la mia sordità. Mi hai abbagliato, mi hai folgorato, e hai finalmente guarito la mia cecità. Hai alitato su di me il tuo profumo ed io l‘ho respirato, e ora anelo a te. Ti ho gustato e ora ho fame e sete di te. Mi hai toccato e ora ardo dal desiderio di conseguire la tua pace.‖ Ancora oggi le Monache Agostiniane cercano di vivere e tradurre nel quotidiano la regola ricevuta da Agostino: ―Agostino subito dà alle sue comunità un‘impronta sicuramente ecclesiale infatti dice, - La prima cosa che dovete fare, - adesso la traduco in parole molto concrete - la prima cosa che dovete fare nelle vostre comunità è quella di vivere con un cuore solo e un‘anima sola in cammino insieme verso Dio - E da questo si vede subito l‘impronta ecclesiale che lui dà, perché riprende proprio alla lettera l‘espressione degli Atti degli Apostoli, dove la Chiesa subito dopo la Pentecoste era veramente questo: era un‘unità. Agostino era un innamoratissimo dell‘unità, sotto tutti gli aspetti: dall‘aspetto spirituale, religioso, all‘aspetto umano... a volte anche l‘aspetto materiale, fa degli esempi nella natura, nelle cose, era amatissimo dell‘unità perché credeva fermamente che nell‘unità dei cuori e delle intenzioni e dello spirito è presente il Signore, è presente Dio. Quindi come testimonianza per il mondo, lo dice Gesù stesso, che siano uno come io e te Padre siamo uno, anche loro siano un‘unità. Agostino volle proprio questa impronta di comunione, di fraternità dove però l‘unica cosa che emergesse fosse veramente Cristo, non tanto la bravura di uno, la bravura di un altro, o la santità di uno, o la santità di un altro, ma una santità quasi direi comunitaria‖. ―L‘umiltà è il fondamento di tutta la vita spirituale perché se non c‘è... Come quando uno vuole costruire un grosso edificio: più è alto l‘edificio, più le fondamenta devono essere solide, devono essere profonde, quindi più l‘edificio spirituale è alto, quindi la santità, più le fondamenta vanno scavate nel profondo. Le fondamenta sono l‘umiltà. Un‘altra cosa fondamentale della Regola di S.Agostino e dove dà l‘impronta ecclesiale del cuor solo e dell‘anima sola come gli Atti degli Apostoli, è una verifica pratica: questa comunione si deve realizzare innanzitutto nel mettere in comune non solo quello che uno ha, quindi se uno eventualmente avesse dei beni entrando in monastero o quel poco che ha, o quel molto che ha, di modo che la ricchezza di uno diventi ricchezza di tutti, ma anche quello che uno è.‖ (Suor Lucia Vicaria del Monastero Agostiniane in Urbino) Per circa due anni Elisabetta, suddividendo le sue giornate tra preghiera e lavoro, ha meditato e studiato la S.Scrittura, le regole e scritti di S.Agostino per poter apprenderne la spiritualità e formarsi come monaca agostiniana. Tanto la nostra Beata ha fatto sua questa regola, cercando di renderla vita, che ne ritroviamo parti nelle regole scritte da lei stessa per le Maestre Pie dell‘Addolorata e nei suoi scritti, arricchiti però con la specificità del carisma che ha ricevuto dal Signore, con le sue doti naturali e con l‘esperienza di vita nella realtà del tempo in cui è vissuta. 40 Madre Elisabetta nel 1807, dopo gli anni trascorsi come educanda nel Monastero di Mondaino, all‘età di 21 anni chiede di entrare tra le Agostiniane di Pietrarubbia senza interporre soste in famiglia. 25 Settembre 1807 E.mi e R.mi Signori Elisabetta Renzi, attualmente educanda nel monastero di Mondaino di Rimini, oratrice umilissima dell’EE.VV. ha risoluto farsi monaca nel monastero di Pietra Rubbia, Diocesi di Monte Feltrio. Dunque umilmente supplica l’EE.VV pel necessario permesso del passaggio dal monastero di Mondaino nel nominato monastero di Pietra Rubbia per l’effetto suddetto. Che & Elisabetta Renzi Diocesi di Rimini La scelta di tale Monastero potrebbe essere dovuta a una certa rilassatezza dei costumi di quello di Mondaino, uno dei più ricchi della zona, tanto che negli anni tra il 1782 e il 1790 ricevette alcuni richiami circa l‘osservanza delle regole. L‘ipotesi quindi più accettata sembrerebbe che la scelta per Pietrarubbia, fosse stata determinata dal consiglio di don Vitale Corbucci, che per tanti anni, dal 1799 al 1842, fu sua guida spirituale e la seguì specie nei momenti importanti della sua vita quando ella doveva discernere e realizzare la volontà di Dio. Don Vitale ebbe una intensa vita di preghiera e apostolato, fu predicatore di esercizi spirituali (al Conservatorio di Coriano tenne due corsi), quaresime e missioni popolari, rettore del seminario di Pennabilli e nel 1827 entrò nella Congregazione dei Padri Filippini in Fossombrone (PU) desiderando fin dai primi anni di sacerdozio di ritirarsi totalmente, ma gli era stato impedito dal suo vescovo. Questa scelta non impedì il proseguimento della sua intensa attività. 41 La sua guida non solo orientò Elisabetta nel campo spirituale ma certamente anche nel governo dell‘Istituto. La Canossa lo giudicò uomo tutto di Dio, ―persona tanto santa e tanto degna‖. Aveva particolare devozione alla Passione di Cristo, al S.Cuore e all‘Addolorata. (cfr. Positio pagg. 25-27) Don Vitale nelle sue predicazioni aveva avuto frequenti contatti con il Monastero di Mondaino e anche con altri monasteri della Diocesi di Rimini e Montefeltro, compreso quello di Pietrarubbia presso il quale si era recato più volte. Pertanto aveva avuto modo di recepirne lo spirito e di farne le debite valutazioni. Ma anche la presenza a Pietrarubbia di suor Rosa Santinelli, sua parente da parte di madre, avrà avuto un peso determinante nell‘orientarla verso questo monastero agostiniano (cfr. Positio pag. 19). Questa zona da tempo era ben conosciuta alla famiglia della madre di Elisabetta perchè da qui i Boni di Urbino acquistavano il grano per il loro fabbisogno. 42 Madre Elisabetta trovò a Pietrarubbia una comunità di diciotto religiose, di età media di circa quarant‘anni, di cui la più anziana ne contava sessantaquattro. Qui la Renzi non ebbe il tempo di fare il noviziato o la professione, perchè dal libro delle vestizioni delle monache, che si ferma al 2 febbraio 1808 non risulta, anche se questo non esclude che sia stata accolta come postulante e vi abbia dimorato fino all‘espulsione delle monache del 25 aprile 1810. Non conosciamo nemmeno la data in cui Elisabetta arrivò al monastero, forse prima dell‘inverno del 1807 dopo pochi mesi dalla richiesta di entrarvi, oppure nella primavera successiva, dato che nei mesi invernali queste zone erano difficilmente praticabili. Madre Elisabetta qui è fiorita nel suo rapporto con il Signore. Ella avvertì subito tutta la forza di una intensa vita di consacrazione al Signore, come appare dalla lettera da lei scritta al padre, in cui manifesta la decisa volontà di darsi unicamente alla gloria di Dio, nella casa di Dio. Vi passò momenti felicissimi in unione col Signore desiderando di riempirsi tutta di Dio, onde portarlo a chi non lo conosceva. Fu proprio fra queste mura che il Signore la preparerà a quella missione apostolica a cui l‘avrebbe chiamata. Nelle due lettere che seguono, scritte a soli 21-23 anni, si scorge il desiderio e l‘esperienza maturata e sembra quasi che Elisabetta voglia riassumere il suo progetto di vita. ettera scritta da Elisabetta Renzi al padre Giancarlo da questo Monastero: « […] ed io mi attaccherò a questo chiostro come altre volte il servo alla gleba da lui coltivata… confitemi Domino, quoniam bonus: quoniam in saeculum misericordia eius: date lode al Signore perché Egli è buono: eterna è la sua misericordia. 43 All’infuori di Dio, non v’è cosa solida, nessuna, nessuna al mondo! Se è la vita, passa; se è la ricchezza sfugge; se è la salute, perdesi, se è la reputazione, la ci viene intaccata; ah, tutte le cose se ne vanno, precipitano. O babbo, mi permetta che io attenda qui il premio di opere buone, di buoni pensieri, di desideri buoni, imperocchè Dio, che solo è buono, anche dei buoni desideri tien conto. Dio mi fa tante offerte! Vuole dunque che non mi curi tosto della Sua amicizia, che non faccia tosto gran caso delle Sue promesse? Babbo veneratissimo, glielo dico: ho un vivo desiderio di far del bene, di pregare tanto per la gloria di Dio, anzi per la maggior gloria di Dio… nella casa di Dio». (Positio pag. 29) ettera scritta da Elisabetta Renzi alla Badessa del Monastero di Mondaino. «Immagini di vedere la meschina e fortunata Elisabetta in una cellina che le è tanto cara e che è il suo santuario, fatto solo per Gesù e per me, e indovinerà facilmente le ore felici che passo col mio Diletto Come sarebbero vuote le nostre celle ed i chiostri se non li riempisse Lui! Ma noi Lo vediamo attraverso tutto, perché Lo portiamo in noi e la nostra vita è un paradiso anticipato. La cella è qualcosa di sacro! Rievoco, madre Badessa, la sua giusta espressione; è un intimo santuario destinato a Lui e alla sua sposa; e vi stiamo così bene tutti e due! Vorrei che tutto il mio essere tacesse e in me tutto adorasse, e così penetrare ognor più in Lui ed esserne così piena da poterlo dare a quelle povere anime che non conoscono il dono di Dio! Che io me ne stia sempre sotto la grande visione di Dio...» (Positio pagg. 29-30) 44 Purtroppo nel 1810, in seguito alla soppressione napoleonica dei conventi, Elisabetta dovette abbandonare il monastero insieme alle altre monache, vedendo infrante tante speranze. 45 Facciamo nostre le parole del salmista pregando: Salmo 62, 6-13 Solo in Dio riposa l‘anima mia, da lui la mia speranza. Lui solo è mia rupe e mia salvezza, mia roccia di difesa: non potrò vacillare. In Dio è la mia salvezza e la mia gloria; il mio saldo rifugio, la mia difesa è in Dio. Confida sempre in lui, o popolo, davanti a lui effondi il tuo cuore, nostro rifugio è Dio. Sì, sono un soffio i figli di Adamo, una menzogna tutti gli uomini, insieme, sulla bilancia, sono meno di un soffio. Non confidate nella violenza, non illudetevi della rapina; alla ricchezza, anche se abbonda, non attaccate il cuore. Una parola ha detto Dio, due ne ho udite: il potere appartiene a Dio, tua Signore, è la grazia; secondo le sue opere tu ripaghi ogni uomo. 46 Dallo STATUTO DEL MOVIMENTO PER L’ALLELUIA (Movimento laicale opera propria dell’Istituto Maestre Pie dell’Addolorata) Capitolo II FINE “All’infuori di Dio, non v’è cosa solida, nessuna, nessuna al mondo! Se è la vita, passa; se è la ricchezza, sfugge; se è la salute, perdesi; se è la reputazione, la ci viene intaccata; ah! tutte le cose se ne vanno, precipitano.” Spiritualità “Allegra, perché sai che il buon Dio ti ama!” 5. L’Amore di Cristo per gli uomini ha trovato testimonianza nella Beata E.R.: Dio le svela il Suo infinito amore, la Sua propria ed intima natura e le dona quel carisma di giovialità ed allegrezza di Spirito, vie sicure e brevi per giungere alla perfezione. “La Croce! Essa ha dato la pace al mondo! Ed io l’amo.” 6. Ai piedi della Croce, così come la Vergine Addolorata, la Beata E.R. è rapita nella contemplazione del totale amore di Cristo nei confronti dell’intera umanità. Il sacrificio del Crocifisso è il cardine fondamentale della sua vita perché “l’unione dell’anima con Gesù Cristo si fa per l’amore e la virtù della croce”. “Egli è tutto e, a tutto e a tutti, basta.” 7. Questo spirito di unione con Gesù crocifisso trova sostegno ed alimento nella partecipazione al dono eucaristico: “Io porto Colui che mi porta”. Progetto di vita “Che io me ne stia sempre sotto la grande visione di Dio.” 47 8. Il laico MPA: a. partecipa assiduamente al dono dell’Eucaristia, consapevole che: “Quando un’anima ha degnamente ricevuto il Sacramento dell’Eucarestia, nuota nell’amore; essa è umile, docile, mortificata, caritatevole e modesta, con tutti concorde; è un’anima capace di maggiori sacrifici..., non è più quella di prima”; b. vede la Madre di Gesù modello della sua vocazione e missione; c. si unisce a Cristo mediante la preghiera, che lo aiuta a trascendere se stesso, ad irrobustire la sua fede e a testimoniare con la propria vita il dono incontrato, nella consapevolezza “che ogni bene viene da Dio”; d. ognuno nel proprio stato di vita, così come le religiose MPdA, vive il proprio essere contemplativo nell’azione nelle diverse realtà. Apostolato “Amare Dio ed il prossimo con l’affetto di mille cuori e l’azione di mille mani.” 9. Il laico MPA, sostenendosi con la preghiera, porta nella società l’azione della Beata E.R.. Si impegna nel porre “rimedio e sollievo ad ogni miseria umana” che si esprime nella dedizione d’amore verso il prossimo, sia individualmente che comunitariamente, secondo quanto suggerisce la carità. 10. I membri MPA potranno impegnarsi: a. in opere già rette dall’Istituto Maestre Pie dell’Addolorata (scuola, catechesi, assistenza, missioni); b. in nuove opere realizzate in collaborazione con l’Associazione di Volontariato M.P.A.; c. nelle attività della Chiesa particolare; d. in tutte quelle opere che, ispirate al carisma della Beata E.R., rispondono alle particolari esigenze dei tempi e dei luoghi. 11. Lo spirito apostolico nelle attività deve essere essenzialmente spirito di servizio nella carità e nell’umiltà, permeato di semplicità, cordialità, gioia del dovere e allegrezza di spirito. 48 Per la Riflessione Personale .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. 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Ritorna a Mondaino presso la sua famiglia. Inizialmente continua nella vita di pietà che aveva appena lasciato, ma pian pianino rallentò nel "primiero fervore". Per Elisabetta una caduta da cavallo diventa il segno che il Signore le invia affinchè ritorni a chiedersi qual è il Suo disegno su di lei. Si affida alla direzione spirituale di don Vitale Corbucci che "consideran- do da quale spirito era regolato il di lei cuore e, vedutene le buone disposizioni, dopo lunga orazione fatta da ognuno di loro, finalmente spinto da lume soprannaturale, la assicurò che il Signore la destinava alla buona educazione delle fanciulle" (Positio p.400) e la orienta al Conservatorio di Coriano. Elisabetta "non tardò di eseguire la volontà di Dio a lei manifestata per mezzo del suo ministro". IL CONSERVATORIO Il Conservatorio di Coriano fu fondato da Don Giacomo Gabellini, parroco di Monte Tauro (RN), uomo di grande zelo e dottrina che fu compagno inseparabile di don Vitale Corbucci nelle missioni popolari. Egli, nel 1818, ebbe l‘incarico da parte del comune di Coriano di provvedere ad una scuola per le fanciulle povere del paese. Acquistò alcuni locali di una casa di proprietà del parroco di Valecchio e ne affidò la direzione a Prudenza Uccellini, già maestra a Ravenna, Cesena e Rimini ―sempre nell‘esercizio lodevolmente sostenuto d‘istruire le fanciulle‖. Con l‘aiuto di Antonia Mainardi incominciò la sua opera educativa il 27 Maggio 1818. Gli ambienti adibiti a scuola furono presto insufficienti, per cui don Gabellini comperò l‘intero fabbricato e orto annesso, pagando una piccola somma e formando col resto vari censi e cambi. Nei mesi successivi si unirono alle due maestre altre quattro signore e la casa divenne un pio Ritiro, per cui alcuni genitori, volendo allevare le loro figlie alla pietà e alla buona educazione, pregarono l‘Uccellini di accettarle come educande. 52 Nel 1820 però Prudenza Uccellini morì e l‘opera venne affidata a Sr. Maria Agnese dei Conti Fattiboni di Cesena, già monaca nel monastero di S.Chiara di Forlì, chiuso per disposizione napoleonica. La sua precedente esperienza monastica e l‘occasione di attivare una comunità, finora pio Ritiro, fecero del Conservatorio di Coriano una ‗comunità religiosa‘ con regole e privilegi propri della vita religiosa. Iniziamo questa tappa già con la partenza dalle nostre case, pensando al viaggio di Elisabetta dalla casa paterna, in Mondaino, fino al luogo al quale il Signore la chiamava, dopo tante vicissitudini e cambiamenti. Avrà forse provato il timore dell'ignoto per una nuova svolta della sua vita, ormai a quasi 38 anni, ma sicuramente sarà stato più forte lo slancio e il desiderio di compiere la volontà del Signore, sommamente amato, abbandonandosi a Lui “come una craturella tra le braccia del Padre che è nei cieli”. E qui finalmente ha trovato “l’arca novella” nella quale il Signore la chiamava a compiere la Sua opera. ARRIVO DI ELISABETTA All‘età di 37 anni, il 29 Aprile 1824, Madre Elisabetta arriva a Coriano: "Nell‘ora vesperale, tanto dolce e tanto mistica, 53 in cui posi piede nell‘arca novella, care voci piene di fede e calde di amore mi commossero al pianto: nella prece delle scolarette che compivano la giornata di studio e di lavoro, era un inno delicato, un incenso gradevole." LA CHIESA E IL FABBRICATO Dopo pochi mesi dall‘arrivo di Elisabetta, il 16 Luglio 1824, iniziarono i lavori di costruzione della Chiesa, la quale fu benedetta il 31 Maggio 1825 e venne dedicata a Maria SS.Addolorata. Dal 15 ottobre 1825 Mons.Vescovo accordò di potervi conservare il SS.mo Sacramento e, data l‘estrema povertà degli inizi, le sorelle si privavano anche dell‘olio di condimento per poter tenere accesa la lampada al Santissimo (Origine e sviluppo, C.Giovannini, p.25). Come si può vedere da vecchie fotografie, la cappella aveva sopra l‘altare principale un ornato grande, andato perduto, al cui centro si trovava l‘immagine della Addolorata. In seguito il dottor Patrignani donò una miracolosa immagine raffigurante la Beata Vergine delle Grazie. Le pie donne desideravano poterla collocare in una cappella con altare ed iniziarono a pregare tutte unite. Fu così che il loro confessore, Don Macchini, fece una vin54 cita al lotto e decise di innalzare la cappella a proprie spese sul lato destro della chiesa. Ma nel distaccarlo dal muro da dove proveniva, l‘affresco cadde e si ruppe. Una testimonianza narra che Madre Elisabetta ―raccolse le quattro parti in cui si frantumò,... li riunì e nessuno più scorse i segni della rottura, così che tutti gridarono al miracolo. La cara Madre nutriva una particolare devozione per detta immagine; ricorreva a lei in ogni necessità e metteva sotto la sua protezione le fanciulle che si recavano al Conservatorio‖ (Positio p. 602). Questa immagine ancora oggi è oggetto di particolare pietà da parte del popolo di Coriano. Ben presto fu innalzata anche la cappella di sinistra, dedicata prima a Santa Filomena (il quadro che qui si trovava ora è conservato nel museo). In seguito fu dedicata al Sacro Cuore. Oggi vi è un monumento dedicato alla nostra Beata con i suoi resti mortali. Precedentemente i resti, dalla esumazione del 28 ottobre 1896, erano conservati in una nicchia della navata principale della chiesa, sulla destra. Il busto ora è conservato al piano superiore della casa. Dietro alla parete con l‘altare principale vi era il coretto delle suore arredato con alcune panche. Ne sono testimonianza il comunichino, che si può ancora vedere dalla parte destra, e la grata appena sopra l‘altare. 55 In alto sulla parete di sinistra della chiesa è possibile vedere anche la grata della camera di Madre Elisabetta, attraverso la quale poteva sempre vedere il tabernacolo e pregare, sia di giorno che di notte. In questa camera è morta il 14 agosto 1859, attorniata dalle sue compagne. Il fabbricato all‘inizio era costituito da un unico stabile su due piani, di forma quadrata, che si affacciava su via Malatesta. Venne via via ampliato per poter contenere, oltre a Madre Elisabetta e le sue compagne, che nel 1825 erano circa venti, anche le educande, le scolare esterne, la scuola dei telari (telai) ―ove si apprende a tessere tutte le sorte di opere‖ e i luoghi necessari per una vita comune. Il fabbricato venne quasi completamente distrutto durante la Seconda Guerra Mondiale, dopo di che venne ricostruito se- condo l‘aspetto attuale. Da testimonianze sappiamo che l‘ingresso dalla strada in via Malatesta era nella stessa posizione e aveva più o meno lo stesso aspetto, ma il corridoio era molto più piccolo, con nella parte sinistra, in fondo, una scala a due rampe per raggiungere il piano superiore. Anche i soffitti erano molto più bassi. Sotto la scala si passava per poter raggiungere la scuola dei telari, che occupava all‘incirca quello che oggi è il refettorio. La parte della attuale scuola materna venne costruita in seguito. Sulla parte dietro della casa vi era l‘orto, dove attualmente vi è il cortile, con filari di viti e ulivi e un pozzo per lavare i panni. 56 All‘inizio era recintato solo da una siepe, tant‘è che in una lettera scritta da Madre Elisabetta, i bovi del vicino campo della fiera ne mangiavano le fronde e persone e animali entravano nell‘orto delle suore. La Madre si rivolse subito al Vescovo, il quale dispose che il comune innalzasse un muro di cinta. Al centro dell‘orto si conserva il cipresso che per tradizione si racconta fu piantato da Madre Elisabetta stessa. Dalla parte verso la piazza del paese non vi erano costruzioni, ma furono innalzate proprio al tempo di Madre Elisabetta che si indignò non poco con il comune, rivolgendosi al Vescovo, perchè la presenza della costruzione minava la pace e la solitudine del ritiro del Conservatorio. Ottenne però che non vi si lasciassero aperture verso il cortile delle suore. MADDALENA DI CANOSSA Nel 1825 era iniziata la corrispondenza tra Don Gabellini e la Marchesa Maddalena di Canossa, fondatrice delle Figlie della Carità di Verona, in previsione della fusione del Conservatorio con l‘Istituto della Marchesa. La Canossa si recò a Coriano il 30 settembre 1826 e così si esprime: ―Trovai una comunità di Angeli. Di molto spirito interno e che sono di tale compostezza e di raccoglimento in chiesa che mi servono di confusione e di edificazione‖... ―Quivi trovai dodici figliole raccolte in quel piccolo conventino d‘una pietà singolare, e tutte paradi57 so‖. (Positio p. 43) Si intrattenne alcuni giorni "per trattare col signor arciprete e con altre persone il negozio della fondazione, che era già in corso. Vi conobbe ella delle difficoltà quasi insuperabili", ma accettò "il partito di fare un esperimento prima di abbandonare l'impresa" (Positio p.83). Dopo una sua visita al Conservatorio scrisse della nostra Beata: ―Tra il Signore ed Elisabetta, vi è tale effusione di reciproco amore, tale perfetta donazione scambievole, da tenere per certissimo che nel porre piede in Coriano si stringesse fra la creatura e il Creatore quel nodo che s‘insempra nel cielo‖ (Positio p.541). IMPREVEDIBILE TEMPESTA Durante i moti del 1828 una imprevedibile tempesta, a motivo di infondate calunnie, si abbatté sul Conservatorio: Don Gabellini e la direttrice Fattiboni dovettero lasciare Coriano; le maestre caddero in un grande accoramento e ritennero che la casa si sarebbe chiusa, per cui ognuna andava pensando come provvedere alla propria sistemazione. Alle calunnie degli accusatori si oppose anche il sindaco di Coriano che, preoccupato delle sorti del conservatorio, il 10 giugno 1828 scrisse una lettera al Vescovo perchè ne impedisse la chiusura. Il 21 giugno 1828 Elisabetta fece presente a Maddalena la triste situazione della comunità. In settembre ella si recò di nuovo in visita a Coriano e in questa occasione consigliò a Elisabetta di prenderne la direzione ―sacrificando per la divina gloria, almeno per allora, al desi- derio che avea di abbracciare l‘Istituto, giacchè senza di lei non avrebbe potuto sussistere‖ (Positio p. 87). Elisabetta volle però conoscere il parere della autorità ecclesiastica. Si recò prima dal Vicario e poi dal Vescovo, che la costituì superiora. Volle sentire anche il consiglio di sua madre e del fratello Giancarlo, i quali l‘esortarono ad assecondare la volontà dei superiori. Non potendo più dubitare della volontà di Dio a suo riguardo, l‘accettò e, con fede e coraggio, subito si mise in azione per risollevare l‘opera. Quando Elisabetta prese la direzione del Conservatorio, delle do58 dici zitelle ne erano rimaste solo sette. Nel 1829 se ne aggiunse una, poi più nessuna fino al 1836 quando ne entreranno tre raggiungendo così il numero di undici. La corrispondenza con Maddalena di Canossa continuò fino al 1835, anno della sua morte. I contatti con l'Istituto canossiano continuarono fino al 1837, anno in cui si interruppero senza che Elisabetta e le sue compagne riuscissero nell‘intento di unirsi ad esso. Ma i problemi per il Conservatorio non erano finiti: nel 1831, durante i moti rivoluzionari di Romagna del 1830-1832, il loro direttore spirituale Don Francesco Macchini fu imprigionato per qualche tempo, ma finalmente scarcerato. I liberali continuarono a perseguitarlo insieme al Conservatorio, tanto che il 14 luglio 1832, degli anonimi affissero ai muri di Coriano dei libelli infamatori. Ma il comune prese le loro difese e istruì un processo per individuarne i colpevoli (Positio p. 108). Nel 1833 poi don Gabellini da Firenze scrive a Elisabetta che avrebbe deliberato di vendere la casa del Conservatorio. ―Ed ella volle acquistarla assumendo tutti i debiti di cui era aggravata, e dai quali presto la svincolò, cominciando dai più gravi‖ (Origine e sviluppo delle Maestre Pie dell‘Addolorata, pp. 41-42) impiegando gran parte dei suoi beni. Così scrisse: ―Abbiamo un triste presente… e perché non spereremo un migliore domani? Le grandi battaglie si sono sempre vinte in ginocchio dinanzi a Dio: preghiamo!‖ (Positio p.541). IL REGOLAMENTO In seguito a queste prove Elisabetta comprese che era necessario creare un‘atmosfera di fiducia e sollecitare un intenso impegno di vita spirituale. Per questo, fin dal Febbraio 1829, stese un regolamento dal titolo Regolamento di vita che si prescrive alle Povere del Crocifisso ritirate in Coriano. Qui richiama la necessità del distacco dal mondo per vivere lo spirito della croce, indispensabile per ―fare 59 la più amorevole conversazione con lo Sposo divino e sentire l‘amorosa sua voce nella solitudine e nel raccoglimento di spirito‖. ―Sarebbe cosa inutile, ed inganno diabolico, e pernicioso, il desiderio, e la compiacenza di essere fra le povere del Crocifisso, quando non vi fosse un desiderio maggiore di condurre una vita veramente santa, col fervoroso impegno di camminare allegramente per la via non solo dei precetti, ma anche dei consigli di Gesù Cristo. (…) Il solo nome di povere del Crocifisso ritirate dal mondo fa concepire la giusta idea di ciò che deve essere questa casa; cioè un‘unione di anime fervorose, distaccate dal mondo, affezionate soltanto a Gesù Crocifisso, ed imitandolo per quanto possono nella povertà, nella mortificazione e nella carità, cercano solamente di fare la più amorevole conversazione collo Sposo divino, e di sentirne l‘amorosa sua voce nella solitudine, e nel raccoglimento di spirito, dove ha promesso di condurre le sue spose, onde parlare loro al cuore. Ducam eam in solitudinem, et loquar ad cor eius (Os 2,14: Perciò, ecco, la attirerò a me, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore). [...] Qualunque pertanto voglia metter piede in questo ritiro per essere povera del Crocifisso, e godere dell‘amorevole sua conversazione, è necessario che imprima nella sua mente tre massime, e che chiami ad esame le sue forze per conoscere se con l‘aiuto di Dio si sentirà capace di metterle in pratica: che è lo stesso che dire, se la sua volontà è risoluta di praticarle, e diremo anche meglio se Iddio la chiama a questo tenore di vita. La prima massima è questa, che bisogna essere morta al mondo; la seconda che bisogna essere morta a se stessa; la terza finalmente, che bisogna vivere soltanto a Gesù Crocifisso.‖ 60 EREZIONE CANONICA E VESTIZIONE Nel 1836 monsignor Gentilini, tramite don Benedetto Corbucci, fratello di don Vitale, informa la Renzi di aver deciso l‘aggregazione dell‘opera alle Maestre Pie di Roma, ma anche questo progetto fallirà. Dal 1830 al 1839, anno dell‘erezione canonica del nuovo Istituto delle Maestre Pie dell‘Addolorata nella Diocesi di Rimini, Madre Elisabetta si adopera per unirsi alle Maestre Pie Venerini di Roma. Scrive spesso al Vescovo per parlargli dello stile di vita della comunità, delle sue preoccupazioni e chiede consigli o chiarimenti su come procedere; desidera ardentemente di vestire l‘abito religioso e intraprendere un nuovo cammino di santità attraverso l‘educazione e la catechesi. 7 Agosto 1837 Eccellenza Reverendissima Qui si vive colla massima parsimonia, contentandoci di una libbra di carne o di pesce per quindici persone. Peraltro io patisco l‘amarissima tribolazione di vedere i bisogni e non trovare i rimedi. Ma tutti, chi per un verso, chi per un altro, sentiamo il peso delle nostre croci, e tutti ugualmente abbiamo bisogno di cercare il conforto in Crucem Domini Iesu Christi, in quo est salus, vita et resurrectio nostra (nella Croce del Signore Gesù Cristo, nella quale è salute, vita e resurrezione nostra - Gal 6,14). L‘Alleluia sta di casa di là del calvario! Io ringrazio il Signore di avermi eletta a questa vita. Il 2 Febbraio 1838 scrive ancora: Eccellenza Reverendissima […] Sembrami anche necessario protestarmi che non è l‘interesse 61 che mi spinge a desiderare tali mezzi, e non trascurare quelle poche diligenze che stanno nelle mie mani; ma solo il desiderio che il Signore resti maggiormente onorato per mezzo dell‘istruzione delle fanciulle, e per corrispondere a quella vocazione che il Signore mi ha dato, e che sembrami vederne ora adempite le interne promesse che in seno mi destava, che mi avrebbe provveduti i mezzi onde adempire quei desideri che egli stesso mi suggeriva al cuore, quali sono sempre stati, che vi fossero scuole in tutti i paesi. Oh quanto bene ne deve ridondare per la sua diocesi! Oh quanto bisogno vi è d‘istruzione nei paesi, essendovi tanta ignoranza nelle cose di fede! Solo mi sgomenta la mia insufficienza, ma il Signore saprà provvedere a tutto. La testimonianza del profondo spirito di fede e di umiltà della Madre rifulge in modo particolare negli anni 1838 - 1839 quando per diverse volte le è rinviata la data della erezione canonica e vestizione della nuova Famiglia Religiosa. Era stata fissata come prima data il 30 Settembre 1838, ma Mons.Gentilini, senza dare spiegazioni, prima la sposta al 5 Ottobre, ma poi anche per questa occasione sembra siano sorti problemi. Viene poi fissata in marzo 1839, ma anche questa viene rimandata. Coriano, 12 Marzo 1839 Eccellenza Reverendissima Ricevetti nello scorso giovedì la veneratissima lettera che Vostra Eccellenza Rev.ma mi diresse, letta per la prima volta di volo, mi portai quindi a considerarla ai piedi del Crocifisso non solo, ma eziandio innanzi al SS.mo Sacramento per bene ponderarla, ed anche per ricevere un qualche conforto a quel dispiacere, che mi cagionò la medesima in conoscere che, dopo essersi già resa pubblica la funzione che doveva farsi, annunziata già dal parroco all‘altare, e per l‘invito fatto a tutti i parroci di questo vicariato, ed alle matrone che dovevano accompagnare noi, e il magistrato, le fanciulle, Vostra Eccellenza non voglia ultimare poi tanti progetti. Sono rimasta veramente sorpresa, e tanto più mi rincresce perché pare, dalla succitata lettera, ciò derivi da mia colpa, e che io sia dominata da spirito di superbia e d‘insubordinazione. Può essere pur62 troppo, giacché l‘amor proprio mi può far travedere, e se per mortificare in me questo spirito di orgoglio conoscesse il mio Superiore, che fosse necessaria per me questa umiliazione, benedirei, anche in mezzo alle lacrime, le disposizioni del Signore manifestatemi per suo mezzo. Potrei dire qualcosa in mia difesa, ma non voglio farlo, qualora il mio Superiore non mi dica se è bene, o no che ciò io faccia. Prego infine la bontà di Vostra Eccellenza sapermi dire come debba regolarmi in appresso… (Positio pp.182-183) Nei mesi successivi il fratello Giancarlo scrive alla sorella, esprimendole una certa rimostranza per la sua scelta di cedere i locali del Conservatorio al Vescovo, invitandola invece a tenerne parte per se stessa. Ma Elisabetta così gli risponde il 1° agosto 1839: «Mi compiaccio nel pensare che ho lasciato tutto: è così dolce il dare quando si ama! Ed io Lo amo tanto il mio Dio, che è geloso di avermi tutta per Sé. Mi pare di non poter fare a meno di spendermi e di consumarmi per rendergli un po‘ di ciò che Egli mi ha dato. Quando tutto s‘intricava, quando il presente mi era così doloroso e l‘avvenire mi appariva ancor più buio, chiudevo gli occhi e mi abbandonavo come una creaturella tra le braccia del Padre che è nei cieli. Fratello caro, non guardiamo troppo noi stessi. Vorremmo vedere, comprendere... e non abbiamo bastantemente fiducia in Colui che ci ricolma e circonda di sua carità. Raccogliamo tutti i lumi della fede per salire in alto, più in alto. All‘istante della morte, come all‘estrema frontiera che ci separa dall‘altra vita, vedremo e comprenderemo la grande realtà delle cose»‖ (Positio pp.184-185) Il 22 agosto 1839 Elisabetta firma l‘atto di cessione dei locali del Conservatorio in favore di Mons.Gentilini. Finalmente il 26 agosto il Vescovo acconsente alla erezione canonica dell‘Istituto e il 29 agosto, secondo la tradizione dell‘Istituto, Elisabetta e dieci compagne possono indossare l‘abito di Maestre Pie dell‘Addolorata nella chiesa parrocchiale di Coriano. Esse sono: Mainardi Mariantonia, Venerucci Maria, Onofri Teresa, Beccari Rosa, Ferri Maria Domenica, Brunetti Amasia, Brunetti Regina, Sabattini Rosa, Manzi Benedetta, Sambi Lucrezia. 63 Com‘è buono il Signore! Non trovo parole atte ad esprimere la mia felicità in religione. Ogni giorno maggiormente l‘apprezzo, qui non vi è che Lui. Egli è tutto e a tutto e a tutte basta. CORIANO E NUOVE FONDAZIONI ―Poichè l‘amore del Cristo ci spinge, al pensiero che uno è morto per tutti e quindi tutti sono morti. Ed egli è morto per tutti, perchè quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risuscitato per loro‖. (2Cor 5,14-15) M. Elisabetta aveva ben compreso che l‘educazione civile, morale e religiosa dei giovani e in modo tutto particolare della donna, è di massima importanza per il costituirsi di famiglie veramente cristiane, per cui era sempre attenta a cogliere e a mandare ad effetto quanto occorreva alla realizzazione di questo fine. A Coriano vi erano quattro scuole con 8 Maestre e 47 alunne. Si legge nel Prospetto della struttura scolastica del conservatorio di Coriano del 7 Febbraio 1848 (Positio p.327): Le scuole di questo pio Conservatorio sono N. 4 Classi N. 5 1° Educandato ove s‘insegna il vivere Le educande sono tutte nella pricristiano e civile, leggere, scrivere, ma classe e sono N.5. far di conti, ed ogni sorta di lavoro. Leggono l‘Ufficio. Pagano queste una scarsa dozena di scudi 30 all‘anno, di sei mesi in sei mesi anticipati. 64 2° Scuola parziale per quelle che bramano stare separate dalle altre scolare della pubblica scuola. Pagano queste paoli tre al mese. 3° Scuola dei telari ove si apprende a tessere tutte le sorte di opere. Queste tirano la mercede secondo la loro abilità, ed a queste pure si insegna il vivere cristiano e il leggere. 4° Scuola ove intervengono tutte le altre alle quali s‘insegna leggere e lavorare a tutte secondo la loro capacità e condizione e scrivere a qualcheduna. Nella scuola parziale leggono la Via del Paradiso e sono comprese nella 2 classe. N. 3 Quelle del telaro vanno a leggere nella scuola pubblica e sono N. 5 Nella scuola pubblica si comprendono tutte le 5 classi. Nella prima ove leggono l‘Ufficio sono N.9 Nella seconda leggono la Via del Paradiso e sono N.5 Nella terza leggono le Favole Morali dell‘Abbecedario e sono N.9 Nella quarta leggono le stanghette e sono N.12 Nella quinta leggono la S.Croce e sono N.10 Le Maestre sono in numero di 8: 1. La superiora Elisabetta Renzi 2. La sotto sup.ra Maria Atonia Mainardi 3. Teodosia Rossi maestra delle educande 4. Amasia Brunetti maestra della scuola parziale 5. Regina Brunetti e 6. Margherita Grandoni ambedue maestre della scuola estera 7. Domenica Cavina e 8. Anna Ugolini ambedue maestre dei telai Di poi sonovi due probande: 1. una oblata per le faccende ordinarie 2. ed una inserviente. Dopo appena un anno che aveva preso la direzione di Coriano, nel 1829 accetta una nuova opera a Sogliano, come ella stessa scrive (Positio p.160): 65 ‖(…) Mi recai dunque nel novembre di detto anno 1829, e quantunque vi ritrovassi molte difficoltà, pure, incoraggiata da quel zelante parroco, molto amante del bene delle sue care pecorelle, decisi di aprire una scuola per le estere del paese, ed intraprendere l‘educazione interna delle quattro zitelle le quali erano molto indisciplinate, e per dare una qualche forma di casa pia credetti di scrivere un piccolo regolamento adattato alle circostanze del luogo‖. Dalle Regole per la scuola eretta in Sogliano si può conoscere la struttura della giornata scolastica e i diversi impieghi, come pure quali erano gli elementi del suo stile educativo: 1. Si aprirà la scuola all‘estate alle ore otto della mattina secondo l‘orologio francese, e l‘inverno alle nove. 2. Radunate tutte, si farà loro recitare l‘offerta della mattina… 3. Terminata la colazione si porranno a lavorare offrendo a Dio detto lavoro unitamente al silenzio che dovranno osservare sino all‘ora della dottrina, ed intanto quelle che leggono l‘ufficio faranno la loro lezione. 4. S‘incomincerà la dottrina un‘ora avanti a mezzogiorno, la quale durerà mezz‘ora …. 5. Dopo mezzogiorno si aprirà la scuola l‘estate alle ore tre, e l‘inverno alle ore due (…) s‘insegnerà a leggere normale, e quindi per l‘altra mezz‘ora seguirà la dottrina cristiana, terminandosi questa colla recita degli atti delle virtù teologali. Quantunque si trattasse di un Istituto nato in un piccolo paese, il fine che esso perseguiva era tale da suscitare l‘interesse esterno per beneficiarne a servizio delle impellenti necessità apostoliche dei fedeli. La sensibilità della Madre fu tale da non sottrarvisi, sforzandosi di andare incontro nel massimo possibile a tante necessità. A partire dal 1840, furono aperte cinque case che vennero ad aggiungersi a quelle già operanti di Coriano e di Sogliano. Di queste sette case, tutte in Romagna, cinque si trovano nella diocesi di Rimini e due nella diocesi di Faenza. Il 16 ottobre 1840: Roncofreddo. Nel 1851 arrivarono a Faenza, ma ne partirono nel 1859 66 per il mutamento della situazione politica. Nel 1852 a Cotignola, dove rimasero appena un anno. Il 19 Novembre 1851: Savignano, Merlara. Nel marzo 1856 aprirono una casa a Mondaino. RITRATTO DI ELISABETTA Nel 1895 l‘Istituto, ―giacchè stavano rarefacendosi le suore che l‘avevano conosciuta ... decise di far eseguire un ritratto, che fosse somigliante il più possibile; ne erano stati fatti precedentemente, ma risultarono di poca soddisfazione, perchè i tratti caratteristici di lei erano alterati‖. Venne incaricato l‘artista Anselmo Gianfanti di Cesena, che lo completò nel 1896, il quale riuscì molto bene nell‘impresa, tanto che coloro che l‘avevano conosciuta di persona affermarono ―di trovarla in quel quadro viva e parlante‖ (Positio pp. 445-446, 448). La quadro è conservato a Coriano. Così la descrive Caterina Giovannini: ―Elisabetta Renzi era di media statura; le sue forme erano gracili, la sua complessione, senza escludere l‘idea di un certo vigore, annunziava una natura nervosa. L‘età e le fatiche niente avean tolto di vita allo sguardo scintillante di un amabile splendore. L‘occhio, ch‘è specchio dell‘anima, era in lei un non so qual lampo di fuoco soprannaturale, che variava d‘intensità e di espressione; aveva quella misteriosa potenza e quell‘attraente candore che Dio concede a coloro che spesso levano i loro occhi verso di Lui... - Semplicità di sguardo e di contegno; sguardo limpido e puro, 67 pieno d‘amore e di bontà - soggiunge la veneranda religiosa Teresa Raffaelli... Costei ci dice ancora con amabile accento: «Era una certa beltà nella Madre Renzi; una bellezza graziosa accompagnata colla debolezza del corpo; una espressione di paradiso, perché mai disgiunta da raggio di bontà, di forza e coraggio». Dopo gli occhi il più notevole in Essa era il profilo, le cui linee erano grandi, armoniose e pronunciate abbastanza. Quantunque dalla dolcezza e dalla serenità del volto s‘indovinasse la pace divina che interiormente godeva, l‘impronta propria della sua fisionomia quand‘era in riposo, la sua più famigliare espressione, era la soprannaturale malinconia che nasce dal sentimento delle cose invisibili. Il passo, benché pesante negli ultimi anni così carichi di sofferenze e di acciacchi, era rapido come di persona che numera le ore, e che, spossata, s‘affretta nondimeno a ripigliare il servizio di Dio. Il capo cadevale lievemente sul petto per l‘abitudine del raccoglimento e dell‘adorazione; la capigliatura duravale non scarsa a cingerle quella testa calma, espressiva per una dolce maestà... E fino all‘ultimo momento, ella conservò, raro privilegio, il pieno esercizio degli organi e della facoltà di cui avea mestieri nell‘adempimento della sua missione: finezza di udito, nettezza di vista, lucidità di mente, freschezza di memoria... Ed apparve a tutti immagine di Gesù Cristo; una volta che aveste incontrato il suo sguardo, udita la sua parola, quella parola e quello sguardo vi fascinavano, e tutto in essa serviva per noi d‘incoraggiamento e di ricompensa - leggesi così in una lettera di Suor Teresa Onofri, ottima contemporanea della venerata Madre Fondatrice. Dura con se stessa, era amabilissima con altri; sapeva sorridere; avea parole graziose, piacevoli motti, argute e spiritose risposte; il più dolce seducimento siedevale sulle labbra nel momento stesso che ne uscivano le verità e le consolazioni. Quando trovavasi con persone della Casa, o solo conosciute, aprivasi volentieri, ed in quell‘intimo conversare recava, tutta scioltezza, un‘amabile giovialità, una schietta disinvoltura, una ingenuità piena di grazia, il dono felice di narrare sorridendo od intenerendosi, quei motti vivaci, quelle sentenze bene a proposito che vanno al cuore di tutti e formano il condimento delle conversazioni del mondo, tol68 tane la celia beffarda, e sempre con la più tenera fusione della carità. Lo spirito di Dio, ch‘era in lei, dava ad ogni sua parola una mirabile giustezza, una semplicità, un‘opportunità incomparabile. Le sue vedute, chiare e nette, venivano nel suo spirito sempre sciolte dal punto di vista della gloria di Dio e della salute delle anime.‖ (Positio p. 501-503) MORTE DI ELISABETTA Il 14 agosto 1859, alle ore 8 circa, Elisabetta muore a Coriano all‘età di quasi 73 anni. Negli ultimi momenti della sua vita, ―coricata su povero letto della povera cella, che con piccolo coretto dà nella chiesa‖ circondata dalle ―sorelle e figliuole desolate (che) le manifestavano timori pel momento nel quale Ella sarebbe venuta a mancare, la santa Madre, premendo una mano sul cuore (diceva): ―«Gesù è qui... Gesù è pur sempre con voi... Egli solo ha fondato l‘Istituto; Egli solo vorrà custodirlo sempre. Io non c‘entro per nulla! io... io non ho fatto che guastare l‘opera Sua... - Amiamo il nostro buon Dio!.., io nella beatitudine, che spero raggiungere per la sua bontà e misericordia; voi nell‘umiliazione e nella lotta...» - «Oh! com‘è bello l‘Angelo della morte! è I ‗Angelo più amico dell‘uomo, quello che ci porta in Cielo!!» 69 «Domando perdono a tutte di tutti i falli e mancamenti miei. Pregate per me! Addio, figlie dilettissime; siate generose col Signore; io vi porto tutte in cuore e vi benedico.... Ci rivedremo lassù..., lassù.... Di lassù vi dirò ancora di essere riconoscenti verso il Signore. La vostra fedeltà sia il vostro rendimento di grazie, perocchè se molto avete avuto, Dio chiederà molto da voi, o figlie mie..... » Alle ore otto del mattino la moribonda è in un completo, soave abbandono tra le braccia del suo Sposo Crocefisso! Ad un tratto sussurra: «Io vedo!.., io vedo!.., io vedo!... » E ciò che restava della vita mortale si perdette dolcemente nella vita eterna. Ella morì da quella santa che era, e le sue figlie di allora vollero imparare a ben morire da lei che aveva loro insegnato a ben vivere. La sua bell‘anima avrà bentosto incontrato gli spiriti eletti delle care figliuole che la precedettero... Avrà bentosto baciata la mano alla Regina del Paradiso, che al Paradiso chiamavala la vigilia della sua gloriosa Assunzione al Cielo! - «La sua bell‘anima volò tra gli Angeli a rendere più giocondo il Paradiso» scrisse alle consorelle desolate l‘Ecc.mo Vescovo di Rimini. ... I funerali furono un‘apoteosi: e il suo corpo, no, non venne allontanato dall‘arena dove aveva consumato il suo martirio, dall‘arca santa in cui sciolse dallo spirito eletto. Ebbe umile sepoltura nella Chiesa del Conservatorio di Coriano...‖ (Positio pp.525-527) Testimoni dell’amore: M. Elisabetta e noi SCUOLA M. Elisabetta aveva ben compreso che l‘educazione civile, morale e religiosa dei giovani e in modo tutto particolare della donna, è di massima importanza per il costituirsi di famiglie veramente cristiane, per cui era sempre attenta a cogliere e a mandare ad effetto quanto occorreva alla realizzazione di questo fine. Ella aprì sei scuole (Sogliano, Roncofreddo, Faenza, Savignano, Cotignola e Mondaino). Nel 1840 le Maestre Pie arrivarono a Roncofreddo e di quel giorno ne è testimonianza una pagina di cronaca del signor Emidio Mariani: 70 ―Fu per Roncofreddo un giorno di letizia quello delli 16 ottobre 1840, in cui tre Maestre Pie venute da Coriano e accompagnate dalla veneranda loro superiora ed istitutrice, signora Elisabetta Renzi, giunsero nella terra. (…) Appena le signore maestre furono immesse nel pio Conservatorio, iniziarono un ben inteso metodo d‘istruzione morale e civile; e con singolare sollecitudine e amorevole studio le fanciulle istruirono ed educarono in guisa che negli esami annuali diedero indubbio saggio del loro profitto nelle lettere, nei rudimenti della dottrina cristiana, nei lavori muliebri ed in ogni altra più lodevole cosa. Questi benefici procurati al più piccolo sesso femminile fruttarono ottimi risultati i quali tuttora perdurano e a Dio piacendo persevereranno a spirituale e temporale vantaggio del paese nei tempi avvenire.‖ (Positio pag. 278) In questa casa oggi rimangono il Coretto e le stazioni della Via Crucis che M. Elisabetta aveva chiesto al Papa di poter erigere, e ciò avvenne il 27 Marzo 1845 ad opera del guardiano dei Frati Minori Osservanti del convento di Montiano. A Faenza le Maestre Pie arrivarono nel 1851 ma ne partirono nel 1859 per il mutamento della situazione politica. M. Elisabetta aveva raccomandato alle Maestre: ―Lavorate, lavorate… all‘azione non ponete mai termine‖. Ed esclamava: ―Digit Dei est hic! (Questa è opera di Dio) – aggiungendo Charitas Christi urget nos! (La carità di Cristo ci spinge)‖. Dal 1858 ad oggi sono state aperte in Italia scuole d‘infanzia, elementari, medie e Superiori, la prima scuola all‘estero è stata negli stati Uniti in Louisiana nel 1947 per l‘istruzione e l‘educazione degli afroamericani; negli anni Ottanta sono seguite le scuole di alfabetizzazione in Brasile e in Bangladesh. COLLEGI E CASE FAMIGLIE I bambini senza casa e senza sorriso erano i prediletti di M. Elisabetta. In particolare a Cotignola e a Savignano sul Rubiconde, la Madre accolse e rispose alle richieste di educazione delle bambine or71 fane; in seguito furono aperti altri orfanotrofi nelle case aperte dalla Madre e oggi ce ne sono in Italia a Svignano con l‘opera ‗Don Baronio – Merlara‘, in Mexico con le case- Hogar e in Brasile con la casa ―Maria Madre della Tenerezza‖. In Louisiana e in Italia la predilezione per gli emarginati, porta le Maestre Pie dell‘Addolorata a servire nelle case famiglie e nei centri educativi residenziali e diurni per persone disabili, ―gli ultimi e i privilegiati da Cristo e da M. Elisabetta‖. CATECHESI PARROCCHIALE Scrive M. Elisabetta al Vescovo il giorno 2 febbraio 1838: ―Oh quanto bisogno c‘è di istruzione nei paesi essendovi tanta ignoranza nelle cose della fede‖ (Positio pag. 352) Le Maestre Pie dell‘Addolorata seguono e animano la pastorale ordinaria delle parrocchie e delle Diocesi in tutti i Paesi ove vivono. In Africa, nello Zimbabwe, la sola comunità presente è dedita esclusivamente alla formazione dei catechisti, all‘animazione liturgica nei villaggi, alla promozione della donna. “Ci sono compagne indivisibili nell’apostolato, l’allegrezza e la giovialità” 72 Dallo STATUTO DEL MOVIMENTO PER L’ALLELUIA (Movimento laicale opera propria dell’Istituto Maestre Pie dell’Addolorata) Capitolo III ITINERARIO FORMATIVO “Vorrei che tutto il mio essere tacesse e in me tutto adorasse.” 12. Il laico MPA necessita di una seria e illuminata formazione che: a. sia vissuta come risposta cosciente, libera e coerente al dono della fede, b. dia un’autentica libertà interiore. 13. La formazione del laico MPA ha un orientamento umano, spirituale, dottrinale e carismatico; è graduale e rispettosa della personalità di ciascuno, nell’azione dello Spirito Santo. Il laico MPA considera parte determinante della sua crescita umana e spirituale la partecipazione costante agli incontri del gruppo, secondo gli indirizzi formativi e gli strumenti proposti dal Movimento. a) Formazione umana: il laico MPA vive con allegrezza di spirito, disponibilità e sacrificio il proprio essere nella famiglia, in tutte le realtà in cui è chiamato a vivere e i momenti di incontro e fraternità promossi dal Consiglio. b) Formazione spirituale: • preghiera • approfondimento della Sacra Scrittura • esercizi spirituali • ritiri • direzione spirituale 73 permettono di mettersi in sintonia con Cristo e consentono al laico MPA di cogliere la centralità dell’Eucaristia, nutrirsi di essa per essere realtà di comunione nella Chiesa. c) Formazione dottrinale: lettura e meditazione a livello personale e comunitario dei documenti ecclesiali, che permettono una consapevole adesione all’insegnamento della Chiesa, riguardo la fede da credere e professare. d) Formazione carismatica: nel carisma della Beata E.R. sono depositati i “caratteri genetici” del Movimento per l’Alleluia. Studiare il Carisma, attraverso la lettura degli scritti, della biografia, del florilegio..., è essenziale al laico MPA, per vivere e testimoniare con coerenza ciò per cui è stato chiamato. Capitolo IV ORGANIZZAZIONE INTERNA I MEMBRI 14. Sono membri del Movimento per l’Alleluia i singoli fedeli laici che dichiarano per iscritto al Consiglio, dopo aver partecipato in modo attivo e costante per almeno due anni agli incontri del gruppo, di voler aderire all’MPA. Vissuto il previsto cammino di formazione i fedeli laici ricevono accoglienza esprimendo pubblicamente promessa (preferibilmente durante una Celebrazione Eucaristica in occasione dell’anniversario della beatificazione della Beata E.R.) alla presenza del Sacerdote, della Superiora Generale MPdA e del Presidente MPA o persone da loro designate. Il Consiglio MPA si riserva di accogliere la richiesta, dopo aver sentito il parere del Responsabile del gruppo locale di appartenenza. 15. La promessa viene rinnovata annualmente, possibilmente durante una Celebrazione Eucaristica (in particolare si consiglia quella in occasione dell’anniversario della nascita della nostra Beata) alla presenza del Sacerdote, della Superiora Generale MPdA e del Presidente MPA o persone da loro designate. 74 16. Per rimanere membri dell’MPA è obbligatorio rinnovarla almeno entro tre anni e partecipare fisicamente almeno ad una assemblea annuale e comunque motivare o giustificare l’assenza. I SIMPATIZZANTI 17. Si dicono simpatizzanti coloro che partecipano alla vita del Movimento senza aver fatto la promessa. Per la Riflessione Personale .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. .............................................................................................................. 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.............................................................................................................. 77 Con Gesù, Maria Addolorata e Madre Elisabetta... Siamo qui a Coriano, nella cappella dove la Beata Elisabetta Renzi ha sostato tante volte in preghiera davanti a Gesù Eucarestia e Maria Addolorata; dove dalle grate della sua camera, anche di notte, continuava la sua adorazione e preghiera; dove dalla preghiera traeva lume e forza per la sua opera; dove ora riposano le sue spoglie mortali. Anche noi vogliamo trascorrere un po‘ di tempo qui in compagnia del Signore, di Maria Addolorata e di lei, chiedendole di insegnarci a pregare come lei, ad abbandonarci al Signore come ha fatto lei, di aiutarci a vivere come lei. E‘ vissuta in un‘altra epoca, ma tutto dei santi ci è di aiuto ed esempio, sempre, proprio perchè tutto di loro è innestato in Dio. Come le sue parole erano rivolte alle compagne di allora, così oggi sono rivolte a noi. E sono sempre attuali, ci esortano e ci guidano. DAVANTI A GESÙ EUCARESTIA... La si sentiva esclamare: ―Mio Dio, come qui vi amo bene per voi medesimo‖ Madre Elisabetta passava lunghe ore di giorno e di notte davanti 78 al Tabernacolo a meditare il dono dell‘Eucarestia. Passava ore e ore immobile davanti al Santissimo Sacramento. Le sue consorelle dicevano che ―pareva che vedesse il Signore tanto era assorta‖. ―Gesù è tutto e a tutto e a tutti basta‖ Gesù era la sua forza, la sua speranza, la sua consolazione: ―Signore, Signore, scostatevi un po‘; se Voi mi rendete così felice, io non potrò più partirmi di qui‖ Dicevano ancora di lei: ―Il capo le cadeva lievemente sul petto per l‘abitudine del raccoglimento e della adorazione‖. Era così piena di Lui che chi la vedeva diceva: ―Bastava vederla la buona Madre per sentirsi più buone, per capire come il suo fragile corpo era un semplice velo che ricopriva Gesù‖. Spesso ripeteva: ―Io porto Colui che mi porta‖. (Silenzio di meditazione) ... CON MARIA ADDOLORATA Madre Elisabetta ―L‘attenzione al Crocifisso e alla Vergine Addolorata, l‘aveva appresa in famiglia e gliel‘aveva inculcata anche Don Vitale Corbucci‖ … Da Cristo crocifisso e dalla Vergine Addolorata apprende come affrontare le controversie del quotidiano, si tratti di fronteggiare calunnie, ristrettezze economiche, sofferenze nel ―vedere i bisogni e non trovare i rimedi‖. E‘ in questa impotenza che Madre Elisabetta sperimenta la compassione e diventa capace, come Maria, di generare figli e figlie, con una maternità tutta spirituale, che la spoglia di sé, nel dono totale a Cristo e in Lui ai fratelli. … E‘ nella realizzazione del progetto di Dio per lei, che Madre Elisabetta “sta” con cuore aperto accanto a chiunque abbia sete di Dio, e non sa confessarlo neppure a se stesso; “sta” accanto al cuore della persona, per risvegliare il desiderio dell‘abbraccio del Padre. 79 E‘ nell‘obbedienza incomprensibile al Vescovo, che Madre Elisabetta “sta”, donna dignitosa, umile, orante, per continuare a generare figli per il Regno. (Dalla circolare di Madre Lina Rossi) OPERIAMO PER LA SOLA GLORIA DI DIO E IL BENE DELLE ANIME... Da una lettera al Vescovo Gentilini: ―Avendo io incominciato, si puoi dire, l‘opera di questo Istituto a sola solissima gloria di Dio, ed avendolo proseguito fin qui, amerei pure che tale sempre continuasse, se pure sarà volere di Dio e dei superiori, al saggio giudizio del maggiore del quale io assoggetto alcuni riflessi, e dirò anche pensieri non miei, ma a me dettati dal desiderio unico della gloria di Dio e del bene essere dell‘Istituto stesso ed a sollievo delle povere fanciulle, che in tanto numero concorrono alle nostre scuole. ... E‘ ben vero che io ormai credo di aver fatto quello che ho fatto per la sola gloria di Dio, e che sia per lasciare questa terra, e giungere poi al fine di quelle fatiche pochissime fatte per Iddio e per obbedienza al Superiore, ma però, per la pratica fatta da che esercito l‘ufficio di presiedere e regolare (alla meglio che ho saputo) aiutata sempre da Dio, questa casa di Coriano specialmente, e sorvegliare le altre, sembrami di sentirmi mossa dal desiderio della gloria di Dio e non per amor proprio o altro fine terreno, a rappresentare a Vostra Eccellenza i riflessi che seguono, onde poi resti sempre più assodato questo povero Istituto bensì, ma pure, mi giova dire sempre ad onore e gloria di Dio, giacché a Lui solo il tutto attribuisco, tanto ancor vantaggioso alla società, e per cristiana e civile istruzione prestata.‖ Da un suo proposito: ―Voglio con molta diligenza trattare gl‘interessi che riguardano la gloria di Dio senza pensare a me, né alla mia salute, né alle mie comodità‖. Alcuni suoi pensieri di meditazione: « Immaginate che tutte le vostre parole ed opere siano le ultime di 80 vostra vita; come tutte sarebbero rette e pure, indirizzate solo alla gloria dei Signore! tanto che se mangiaste e qualcuno vi domandasse: Che cosa fate? dovreste rispondere subito: onoro Iddio! » « Persuadetevi che Dio non si compiace delle opere fatte a caso o per abitudine» « Chi fa tutte le sue opere con la sola intenzione di piacere a Dio, dopo la morte andrà in paradiso senza passare in purgatorio ». Da schemi di conferenze: ―Dobbiamo essere vittime sacrificate in tutto senza riservarci cosa alcuna; non v‘è riparo, Dio da noi vuoi tutto, non si contenta di poco...‖ ―Noi col dir due parole per istruire le ragazze, crederemo per questo di fare grandi cose? Vi assicuro che è una disgrazia quella che nasce dalle opere di maestre, di comparire presso il mondo di Fare cose grandi, mentre in sostanza sono cose assai piccole. Non posso negare che Iddio non si serva di voi per salvare qualche anima. Ma è Iddio, figliuole, che fa tutto.‖ Consigli ed esortazioni: « Preghiera, azione, sofferenza, immolazione di sé, con energia, senza timori, senza riserve; restiamo nella spirituale unione di anime generose: generosità con Dio e col prossimo: offriamoci a qualunque sacrificio per le fanciulle e giovanette a noi affidate, senza pretendere altra ricompensa fuorché di veder Dio glorificato nel perfetto compimento dei suoi disegni » « Se tu facessi cosa anche grandemente utile al prossimo senza l‘occhio della pura intenzione di piacere a Dio, a nulla ti varrebbe per crescere nell‘amore, per conoscere la grandezza del divino amore ». (Silenzio di meditazione) 81 ... NEL NASCONDIMENTO... Consigli ed esortazioni: « L‘unica cosa non invidiata è l‘ultimo posto, e solamente in esso non vi è vanità o afflizione di spirito. Schieriamoci umilmente tra gli imperfetti, stimiamoci piccole anime, che Dio debba sostenere ad ogni istante... ma se vorremmo provare a far qualcosa di grande anche sotto colore di zelo, ci lascia soli. Basta dunque che ci umiliamo e che sopportiamo volentieri la nostra imperfezione; ecco in che consiste per noi la vera santità. » « Amore! e l‘esercizio per acquistare il divino amore non è altro che il molto abbassamento, cioè l‘umiliazione; per un atto di amore o di altra virtù che passa un momento, potete acquistarvi un grado di gloria che non passerà per tutta l‘eternità. » « Conducete una vita soggetta, umile, nascosta e tutta impiegata a cercare la divina gloria e la salute delle anime » Da conferenze: ―Il nostro sacrificio deve essere fatto nel nostro interno e nel nostro esterno non dobbiamo far mai apparire le nostre ripugnanze.‖ Così diceva pregando davanti al Tabernacolo: « O Signore, se l‘opera che m‘avete a/fidato vi è proprio gradita, fate che io, che questa, rimaniamo sempre nella povertà, nell‘umiltà, nel nascondimento. Così sia. » (Silenzio di meditazione) Preghiamo: Solo il Signore è degno ―di ricevere la gloria, l‘onore e la potenza‖. Tutto il nostro impegno per fare il bene è vano se praticheremo le nostre buone opere davanti agli uomini per essere da loro ammirati: così facendo abbiamo già ricevuto la nostra ricompensa... Lodiamo il Signore con le parole dell‘Apocalisse: 82 « Tu sei degno, o Signore e Dio nostro, di ricevere la gloria, l‘onore e la potenza, perché tu hai creato tutte le cose, e per la tua volontà furono create e sussistono ». « Tu sei degno di prendere il libro e di aprirne i sigilli, perché sei stato immolato e hai riscattato per Dio con il tuo sangue uomini di ogni tribù, lingua, popolo e nazione e li hai costituiti per il nostro Dio un regno di sacerdoti e regneranno sopra la terra ». « L‘Agnello che fu immolato è degno di ricevere potenza e ricchezza, sapienza e forza, onore, gloria e benedizione ». « A Colui che siede sul trono e all‘Agnello lode, onore, gloria e potenza, nei secoli dei secoli ». Amen » ... NELLE DIFFICOLTÀ... NON INDIETREGGIAMO ALLA PRESENZA DELLA CROCE! Consigli ed esortazioni: ―... Poco c‘importino quelle notti che potranno oscurare il nostro cielo. Se Gesù sembra dormire, riposiamogli accanto e stiamocene molto calme e silenziose per non destarlo, ma aspettiamo nella fede. Non desideriamo di andare in paradiso pure come angioli; vogliamo andarvi trasformate in Gesù Crocifisso. Quando a noi si presenta un grave dolore e un minimo sacrificio, pensiamo subito che quella è l‘ora nostra, l‘ora nella quale noi proveremo il nostro amore a colui che troppo ci ha amati; raccogliamo tutto, offriamo a Lui un bel fascio di sacrifici, senza perderne neppure il più piccolo; in cielo, nella corona 83 che il buon Dio sta preparando per noi così bella, brilleranno come tanti splendidi rubini... Dal tuo dizionario d‘amore va cancellata la parola scoraggiamento... Non devi discutere col proprio io; non occuparti delle tue sensibilità; disperderesti le tue forze! La tua lira deve vibrare all‘unisono con l‘amore celeste; se vi è troppo di umano, ecco la sgradita dissonanza!... ». Nelle difficoltà dello svolgimento dell‘opera affidatale dal Signore: ―Appena ebbe questa messo mano alla confidatale direzione, il demonio, nemico acerrimo di ogni bene, e particolarmente di quello che riguarda la gioventù, tantosto si fece a combatterla per disanimarla. Ed ora le presentava gli ostacoli insuperabili che incontrati avrebbe o nell‘avere obbedienti le compagne, o nel tenere soggette e ben regolate le fanciulle; ora le faceva risuonare all‘orecchio le derisioni e i sarcasmi, cui sarebbe stata fatta bersaglio se riuscita non fosse nella intrapresa; ora le dipingeva nella fantasia l‘avvilimento in che sarebbe caduta allorché, per mancanza di mezzi, si fosse trovata costretta di licenziare le dirette e cessare di essere direttrice. Ella però ricordevole di quanto dice s. Teresa — non manca il Signore a chi è di animo coraggioso, perché Egli è molto amante di questo — tutto disprezzò e confidando in Dio chiuse le orecchie alle illusioni infernali per aprirle alla voce del Signore, il quale chiama beato chi in Lui confida, assicurandolo che giammai resterà confuso — E, per mantenersi stabile in ciò, fece il seguente proponimento — Propongo di rimanere costante nella vocazione e nell‘ufficio che ho presentemente fintantoché al Signore piacerà, senza attendere alle difficoltà che si frappongono: ed invece di mirare agli ostacoli che vorrebbe il demonio farmi sembrare insuperabili, mi abbandonerò ciecamente nelle braccia della Provvidenza acciò disponga di me come le piace.‖ Ecco la reazione di Madre Elisabetta dopo aver letto al lettera con la quale Monsignor Gentilini, senza dare spiegazioni e dopo aver fatto tutti i necessari preparativi e aver avvisato i sacerdoti e le persone, rinviò la vestizione: 84 ― ... mi portai quindi (la lettera) a considerarla ai piedi del Crocifisso non solo, ma eziandio innanzi al SS.mo Sacramento per bene ponderarla, ed anche per ricevere un qualche conforto a quel dispiacere... E, calma... la madre parlava alle dolenti compagne: « Confidiamo, sorelle, che la procellosa giornata tramonti presto che non sia lontano il giorno dei nostri sponsali e della presa dell‘abito. Per farci sante ci vuole la croce e la grazia. Senza guerra non c‘è vittoria. Questa terra è detta valle delle lagrime, ma io la chiamo pure paese della pazienza. Coraggio e cantiamo nella nostra marcia il ritornello: è volontà di Dio ... Voi siete l‘amor mio! né più né men sarà di quel che Dio vorrà! Voler quel che vuoi tu, dolcissimo Gesù! » Dalle testimonianze: ―Ogni tempo libero la Madre Renzi lo dedicava alla preghiera, nonostante le molte preoccupazioni che aveva. Non abbiamo mai un accenno che lei si sia lamentata o ribellata davanti alle difficoltà.‖ (Silenzio di meditazione) Preghiamo: Il Signore è mia luce e mia salvezza, di chi avrò timore? Il Signore è difesa della mia vita, di chi avrò terrore? Quando mi assalgono i malvagi per straziarmi la carne, sono essi, avversari e nemici, a inciampare e cadere. Se contro di me si accampa un esercito, il mio cuore non teme; se contro di me divampa la battaglia,. anche allora ho fiducia. Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io cerco: 85 abitare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita, per gustare la dolcezza del Signore ed ammirare il suo santuario. Egli mi offre un luogo di rifugio nel giorno della sventura. Mi nasconde nel segreto della sua dimora, mi solleva sulla rupe. E ora rialzo la testa sui nemici che mi circondano; immolerò nella sua casa sacrifici d‘esultanza, inni di gioia canterò al Signore. ... TUTTA IN DIO Madre Elisabetta così scrive al fratello Giancarlo: ―Mi compiaccio nel pensare che ho lasciato tutto; è così dolce il dare quando si ama! Ed io Lo amo tanto il mio Dio, che è geloso di avermi tutta per Sé. Mi pare di non poter fare a meno di spendermi e di consumarmi, per rendergli un po‘ di ciò che Egli mi ha dato. Quando tutto s‘intricava, quando il presente mi era così doloroso e l‘avvenire mi appariva ancor più buio, chiudevo gli occhi e mi abbandonavo come una creaturella tra le braccia del Padre che è nei cieli. Fratello caro, non guardiamo troppo noi stessi. Vorremmo vedere, comprendere... e non abbiamo bastantemente fiducia in Colui che ci ricolma e circonda di sua carità. Raccogliamo tutti i lumi della fede per salire in alto, più in alto. All‘istante della morte, come all‘estrema frontiera che ci separa dall‘altra vita vedremo e comprenderemo la grande realtà delle cose.‖ Madre Elisabetta non poteva fare a meno di spendersi e consumarsi per il Signore, per dare gloria a Lui e per il bene delle anime. ―Elisabetta fu anima tutta del Signore, viveva abitualmente alla sua presenza, attendendo dà Lui l‘ispirazione e la grazia di compiere ogni 86 opera buona. Pur immersa nel lavoro, più intenso, Ella era sempre in così intima unione con Dio, come se fosse sempre in preghiera: di qui il coraggio nel por mano ai disegni che erano ispirati, anche i più arditi, avendo la certezza dell‘aiuto del cielo.‖ Era davanti a Gesù Eucarestia come quella lampada che voleva sempre accesa davanti al SS.Sacramento, anche se ciò, per l‘estrema povertà in cui vivevano, comportava ulteriore sacrificio per lei e per le sue consorelle che rinunciavano all‘olio di condimento delle pietanze per metterlo nella lampada; ma più che un sacrificio era una scelta: quella di mettere Lui al di sopra di tutto, di considerarlo l‘unico necessario. Negli ultimi tempi della sua vita, coricata sul povero letto della sua povera cella, diceva alle sue compagne: ―Se tutti i membri della società nostra non formano una cosa sola con Gesù essa non potrà al certo sussistere‖ E anche: ―Siate generose col Signore; io vi porto tutte in cuore e vi benedico ci rivedremo lassù ... lassù ... Di lassù vi dirò ancora di essere riconoscenti verso il Signore. La vostra fedeltà sia il vostro rendimento di grazie, perocché se molto avete avuto, Dio chiederà molto da voi, o figlie mie... ». Anche noi Laici del Movimento Per l‘Alleluia siamo figli e figlie di Madre Elisabetta, anche a noi la nostra beata fa il dono della sua benedizione e ci porta tutti nel suo cuore. Chiediamo a lei, nostra Madre, che ci accompagni sempre nel nostro cammino e ci guidi sempre sulle vie che il Signore ha preparato per noi; chiediamole anche le grazie di cui abbiamo bisogno per noi e per i nostri cari con la preghiera a lei rivolta: 87 Preghiera alla Beata Elisabetta Renzi Ti benedico, Signore Gesù Cristo, che hai voluto scegliere la Beata ELISABETTA RENZI per manifestare al mondo la gioia di conoscerti, amarti e seguirti. Infondi, Ti prego, nel mio cuore il suo grande amore verso i fratelli e l‘ardente sua brama di annunziare dovunque il Vangelo della salvezza, affinché tutti possano conoscere, amare e seguire Te, via verità e vita. Per sua intercessione concedimi anche, se è tua volontà, la grazia particolare che umilmente ti chiedo. Amen. Tre Gloria alla SS.Trinità. Beata Elisabetta Renzi. Prega per noi. « Se dobbiamo ricordarci dei nostri benefattori, molto più dobbiamo farlo dei nostri fondatori» la qual memoria vi farà spesso riflettere a quanto Essa vi diceva e vi insinuava; il che se praticherete, verrà giorno in cui voi pure, fatte partecipi di quella gloria di cui Ella al presente sarà inebbriata, canterete in eterno la misericordia di quel Dio coll‘aiuto del quale seppe la Renzi vivere una vita d‘amore e operare tante cose per la gloria di Lui. Inspice et fac secundum exemplar quod tibi monstratum est. — Exod. 25, 40. (Guarda ed esegui secondo il modello che ti è stato mostrato) » 88