IL PROGETTO UNIMED CULTURAL HERITAGE 2 ED
HAGHIA SOPHIA A ISTANBUL
Docci Mario, Bianchini Carlo
Le attività di ricerca e
sperimentazione iniziate nel luglio
2003 sulla cupola e sull’intera
struttura di Haghia Sophia ad
Istanbul appaiono a nostro avviso
meritevoli di essere descritte non
solo e non tanto in relazione alle
acquisizioni
tecnico-scientifiche
raggiunte (peraltro certamente non
irrilevanti) quanto in relazione al
contesto che ha reso possibile
l’intera operazione: in un momento
in cui in tutti i campi il concetto di
Figura 1 – Hagia Sophia ad Istanbul
buona
pratica
appare
Foto del complesso
irrinunciabile, riteniamo questa lo
possa essere nel campo della salvaguardia e conservazione dei Beni Culturali. Come si può
facilmente immaginare, un’operazione che ha visto coinvolte più o meno cinquanta persone
provenienti dall’Italia e dalla Turchia, che ha avuto come vincolo temporale per la campagna
di acquisizione dei dati meno di una settimana (dal 10 al 15 luglio 2003) comprendendo in
questo periodo varie attività collaterali come conferenze stampa e un convengo internazionale
dedicato al tema della conservazione e messa in sicurezza di Haghia Sophia, ben si
comprende la sua singolarità che, almeno nel nostro piccolo, continuiamo a considerare un
evento.
UN BUON LAVORO DI SQUADRA…
Capolavoro dell’architettura bizantina, Haghia Sophia è universalmente nota soprattutto
per l’enorme cupola (circa 30 metri di diametro) che sovrasta lo spazio centrale: ma come
spesso accade l’elemento più formidabile, la cupola appunto, si è rivelato nel tempo anche il
suo tallone d’Achille più sensibile, come testimoniano i numerosi crolli e dissesti nel tempo
l’hanno interessata.
A tutt’oggi rimangono ancora aperti praticamente tutti i problemi connessi non solo con la
stabilità sua e dell’edifico che la sostiene, ma addirittura quelli per così dire preliminari
rispetto ad essi, non esistendo ancora né un rilievo completo ed affidabile dell’organismo né
tanto meno uno studio sistematico in grado di chiarire la forma, la consistenza e la tecnologia
con cui i vari elementi costruttivi sono stati realizzati.
Tale situazione tuttavia non è imputabile alla mancanza di tecnologie adatte alla
risoluzione delle varie questioni poste in precedenza, né alla scarsa sensibilità dei responsabili
del complesso museale di Haghia Sophia, né tanto meno all’approssimativa preparazione
degli specialisti turchi: si tratta piuttosto di un difetto di comunicazione tra quei differenti
soggetti in grado, a livello sovranazionale, di collaborare paritariamente in una sorta di joint
venture nel settore dei Beni Culturali. L’evento cui abbiamo accennato appare proprio questo:
la capacità e possibilità di aver costruito un luogo comune di lavoro in cui positivamente le
singole istanze potessero trovare una sintesi efficace. Nel nostro caso questo luogo è stato il
Progetto Cultural Heritage 2 (gennaio 2002 – giugno 2005, project website: www.unimedculturalheritage.org) finanziato dalla Unione Europea nel quadro del Programma Euromed
Heritage (espressione operativa dei principi sanciti nel 1995 con la Carta di Barcellona sul
Patrimonio Culturale Euro-mediterraneo) di cui l’Unimed (Unione delle Università del
Mediterraneo) è capofila essendo nel contempo il nostro Dipartimento RADAAR investito
della responsabilità scientifica.
E’ opportuno a questo punto descrivere brevemente la natura e lo scopo del Progetto
UCH2, i cui obiettivi fondamentali possono essere così sintetizzati:
coagulare le competenze scientifiche e professionali nel vasto settore della tutela e
valorizzazione dei patrimonio culturale attualmente distribuite in modo disomogeneo nell’area
euro-mediterranea promuovendo l’interazione e l’integrazione delle persone che fisicamente
rappresentano tali competenze sul terreno della concreta risoluzione di problemi ben delineati.
garantire un indirizzo scientifico aggiornato e di elevato livello in tutte le fasi
caratteristiche della gestione e valorizzazione del bene culturale fornendo anche supporti
tecnico-operativi.
raccogliere, filtrare, selezionare esempi campione di interventi particolarmente
significativi nel settore dei Beni Culturali rendendo quindi disponibili in rete le relative
informazioni mediante la realizzazione di un portale dedicato.
mettere a punto procedure e protocolli per la comunicazione a distanza, la trasmissione
di volumi anche notevoli di dati; strutturare software interattivi di interrogazione di databases.
sperimentare, in accordo con gli indirizzi tecnico-scientifici strategici, nuovi approcci
finalizzati alla conoscenza, documentazione, restauro, gestione, valorizzazione dei Beni
Culturali.
promuovere
attività
di
formazione
finalizzate
alla
preparazione di esperti in grado a loro
volta di fungere da formatori nei
rispettivi paesi di origine.
Se dunque il Progetto UCH2
rappresenta la cornice fondamentale
entro cui si colloca l’intera
operazione,
sarebbe
erroneo
considerarlo l’unico ingrediente: né
da un punto di vista finanziario né da
quello tecnico-scientifico. Affinché
l’operazione fosse coronata da
successo è stato necessario uno sforzo
ben maggiore che ha visto coinvolte
Figura 2 – Hagia Sophia ad Istanbul,
risorse ed attrezzature esterne rispetto
Le operazioni di rilevamento
al progetto stesso: per citare solo
alcuni esempi, il Ministero Turco
della Cultura ha seguito da vicino le varie operazioni rendendo con il proprio supporto
ordinaria amministrazione questioni normalmente complicatissime; la Direzione del Museo
di Haghia Sophia ha assicurato una totale accessibilità dei luoghi (a volte anche a scapito della
fruizione turistica) fornendo inoltre personale di supporto anche al di là del normale orario di
lavoro; la Boğaziçi University di Istanbul ha assicurato gran parte della logistica (soggiorno
per tutto il personale straniero coinvolto presso la propria guesthouse, trasporti,
movimentazione attrezzature, accompagnatori bilingue, etc.) come pure l’indispensabile
supporto scientifico ed una capillare sensibilizzazione dei media e della comunità scientifica
turca; l’Unimed, dispiegando il proprio staff quasi al completo, ha curato, oltre alla logistica
per parte italiana (spedizioni attrezzature, assicurazioni, sdoganamenti, viaggi, etc.), la
perfetta riuscita delle attività collaterali previste in modo che l’intera operazione risultasse
adeguata alle aspettative suscitate; il Dipartimento RADAAR ha fornito le attrezzature per il
rilevamento (scanner 3D, strumenti topografici, etc.), il personale specializzato sia durante le
fasi di acquisizione dei dati che in quelle successive di elaborazione. Di tutto questo solo una
quota, seppure rilevante, è stata coperta dal Progetto UCH2: il resto è venuto da fondi
(ricerca, studio, manutenzione, etc.) appartenenti alle singole istituzioni (Per maggiori
informazioni sui vari aspetti della ricerca cfr. Disegnare, Idee, Immagini n° 26).
…PRODUCE SEMPRE BUONI RISULTATI
E’ dunque in questo quadro che abbiamo pianificato l’insieme delle attività da sviluppare
nel tempo ristretto delle quattro giornate a nostra disposizione superando inoltre il disagio di
un ponteggio che occupava circa 1/4 della struttura. Si è per prima cosa deciso di portare
avanti parallelamente tanto la scansione 3D che la campagna topografica di appoggio
necessaria all’orientamento assoluto del modello complessivo così come di ogni singola
scansione (accorgimento quest’ultimo volto a minimizzare quanto più possibile i rischi di
incongruenza tra i vari insiemi di dati).
Per la parte topografica si è utilizzata la stazione totale Zeiss Rec-Elta 15, dotata di
distanziometro laser per misure anche senza prisma, con cui sono stati opportunamente
rilevati circa 130 punti a partire da una poligonale aperta i cui vertici hanno assunto la
funzione di poli; le coordinate polari dei vari punti, trasferite dal libretto di campagna ad un
foglio elettronico, hanno in seguito consentito di ottenere una rappresentazione CAD 3D in
automatico. Contemporaneamente alla campagna topografica (e fotografica) è stata condotta
la scansione tridimensionale dell’interno della navata centrale e dell’intradosso della cupola.
Il modello numerico (nuvola di punti
3D) è stato acquisito utilizzando il
laser scanner 3D Cyrax 2500, che con
le sue caratteristiche di accuratezza
(6mm. a 50m.) e versatilità di
applicazione (angolo di campo
40°x40°, impiego flessibile da 100m.
fino ad 1,5m. dall’oggetto) ha
permesso di effettuare scansioni a
densità millimetrica su superfici sia
vicine che lontane rispetto allo
strumento.
Dall’orientamento dei modelli
ripresi dai 17 punti di vista
(scanworlds), si è quindi potuto
elaborare una nuvola di punti generale
Figura 3 – Hagia Sophia ad Istanbul,
con densità di un punto ogni 4
La nuvola generale
centimetri; al suo interno si trovano
altre 423 scansioni ad alta densità (50x50 centimetri - 250x250 punti) di quegli elementi che,
traguardati in contemporanea con la stazione totale, sono stati poi utilizzati per le operazioni
di orientamento delle singole prese. Il modello numerico cosi ottenuto contiene 52 milioni di
Figura 4 – Hagia Sophia ad Istanbul, Elaborazione del Modello 3D. Da sinistra, le sezioni
orizzontali con passo 25 cm. e il modello renderizzato.
punti, referenziati rispetto ad un’unica terna assoluta la cui origine si è scelta coincidente con
la prima delle stazioni topografiche (Fig. 3).
Messo a punto il modello complessivo, si sono avviate le analisi 2D e 3D. Si sono presi in
esame i due piedritti e l’arcone Ovest, considerando questi tre elementi come separati dal
resto della struttura; effettuata una riduzione percentuale della nuvola di punti è stato
possibile, dalla media dei 10 cerchi disegnati selezionando due punti all’imposta ed uno in
chiave, ricavare i due archi di cerchio che meglio descrivono la forma dell’arco all’intradosso;
considerazioni analoghe sulla forma 2D dei profili sono state sviluppate per l’arcone ad Est
nonché per l’intera sezione strutturale (arcone + piedritti).
La cupola è l’elemento che evidentemente ha subito nei secoli le maggiori trasformazioni:
in origine essa era stata concepita da Antemio di Tralles probabilmente con un profilo molto
ribassato; dopo il crollo del 558, essa fu sostituita da Isidoro da Mileto con quella attuale il cui
sesto risulta molto più alto. In seguito ai danni provocati dai successivi crolli parziali (989 e
1346) essa fu ricostruita per parti dando luogo ad una forma complessa la cui geometria è
tuttavia stata verificata sottoponendo il suo modello 3D ad una serie di 62 sezioni orizzontali
con passo di 25 cm. (Fig. 4); di queste 45 sono state selezionate come rappresentative delle
deformazioni più evidenti e, insieme ad altre sezioni verticali radiali poste tra i costoloni in
corrispondenza delle vele, hanno consentito di individuare sulla calotta diverse situazioni di
possibile criticità: dall’evidente ricucitura lungo la diagonale Nord-Est del quadrato su cui è
impostata la cupola, alle deformazioni che si evidenziano ad una quota inclusa tra 53,5 e 49
metri da terra. Altre deformazioni sono riscontrabili all’altezza dell’imposta della cupola, in
direzione Est e Sud-Est.
Come noto il laser scanner rileva, punto per punto, anche il valore di risposta del materiale
in termini di riflettanza al raggio laser; ne deriva un dato che, oltre a costituire un riferimento
essenziale per successive operazioni di texture mapping, appare predittivo della natura e dello
stato dei materiali che costituiscono la superficie. Tale dato, unito alla presenza di vuoti in
zone del modello dell’intradosso della zona Nord (rivelatore del cosiddetto fenomeno della
diffrazione distruttiva – Fig. 4 a destra in alto), ci ha permesso di individuare alcune aree ove
giacciono le porzioni di volta corrispondenti ai crolli avvenuti nel VI secolo.
Le deformazioni delle strutture
Le tecniche costruttive bizantine hanno
certamente giocato un ruolo non secondario
nelle
deformazioni
che
segnano
pesantemente le principali strutture di
Haghia Sophia e in questi termini possono
essere spiegati, almeno in parte, i notevoli
assestamenti che si sono verificati,
soprattutto nei quattro pilastri maggiori, sia
in fase di esecuzione che successivamente,
anche per effetto della spinta della cupola.
La deformazione dei pilastri, sebbene siano
stati realizzati fino all’altezza dei matronei
con grandi blocchi di pietra, è molto
Figura 5 – Hagia Sophia ad Istanbul,
evidente: i due archi trasversali Est e Ovest,
Studio della geometria della cupola
deformandosi a loro volta, hanno spinto
verso l’esterno i pilastri allargandoli, in
corrispondenza del piano d’imposta, di circa
60 centimetri. È difficile ricostruire a quale
periodo risalgano le deformazioni presenti
sulle strutture di Haghia Sophia a causa dei
moltissimi interventi di ricostruzione e
restauro (fra i più recenti merita ricordare
quelli realizzati nel 1837 dagli ingegneri
svizzeri Gaspare e Giuseppe Fossati sulla
cupola e le colonne dei matronei, che furono
riposizionate per riportarle alla loro
originaria verticalità). Anche la forma della
cupola in corrispondenza dell’imposta ha
subíto varie modifiche a causa sia delle
ricostruzioni, sia delle deformazioni
imputabili alla tecnica costruttiva, sia del
comportamento delle strutture medesime,
Figura 6 – Hagia Sophia ad Istanbul,
tanto che oggi la sua pianta è più vicina
Studio delle deformazioni planimetriche
all’ovale che alla circonferenza. La
conoscenza di tutti questi fenomeni è
indispensabile per comprendere le cause che li hanno prodotti, valutare lo stato del
monumento e poter quindi mettere in atto interventi volti alla sua messa in sicurezza.
Dai dati ricavati dal modello 3D si evidenzia per prima cosa come il centro della struttura
emisferica sia spostato verso il basso rispetto al piano di imposta. La sfera teorica che
appartiene a una serie di 112 punti scelti tra quelli giacenti sulle vele presenta un diametro di
33,40 metri, mentre il suo centro si trova più in basso del piano d’imposta di 1,97 metri, un
valore più alto di quello riportato da vari autori (Fig. 5). Dagli stessi dati deriva il diametro
dell’imposta della cupola che è di circa 31,50 metri in direzione Est-Ovest, mentre risulta di
32,40 metri in direzione Nord-Sud confermando la deformazione alla sommità dei quattro
pilastri sui quali si impostano i pennacchi. Il quadrato di base, che ha il lato di circa 31 metri,
si è modificato nel corso della costruzione sotto il peso delle strutture; tale deformazione è
complessivamente di circa 0,50 metri nella direzione Est-Ovest, mentre raggiunge 1,40 metri
in quella Nord-Sud. In particolare la circonferenza teorica dell’imposta della cupola presenta
notevoli scostamenti rispetto alla curva reale soprattutto nella direzione Nord-Sud,
perpendicolare all’asse principale. Con ogni probabilità ciò è da attribuire alla maggiore
rigidità strutturale indotta dalle due semicalotte che
rinfiancano gli arconi Est-Ovest unita alla minore
spinta degli arconi che chiudono le due pareti Nord e
Sud. Di conseguenza l’impianto planimetrico teorico
della cupola, per effetto della sua spinta e del
cedimento differenziato delle murature, ha assunto
una forma ovoidale con l’asse maggiore disposto in
direzione Nord-Sud. Particolarmente significative
sono anche le deformazioni di alcuni costoloni
dell’intradosso, certamente attribuibili agli interventi
di ricostruzione, come dimostrano la sovrapposizione
delle sezioni orizzontali della cupola con le
corrispondenti sezioni della semisfera teorica: come è
evidente le maggiori deformazioni (in alcuni punti gli
80-100 cm.) sono concentrate in due direzioni
inclinate di circa 45 gradi rispetto all’asse principale Figura 7 – Hagia Sophia ad Istanbul,
Est-Ovest, in straordinario accordo con la Superficie NURBS dell’intradosso
documentata ricostruzione di circa un quarto della
cupola dopo il crollo del 1346 (Fig. 6). Il rilevamento
dei due arconi liberi, a Est e Ovest, ha messo in
evidenza una particolarità fino a oggi non notata:
l’intradosso dell’arco non è costituito da un
semicilindro circolare retto, ma da un semitronco di
cono circolare (Fig. 8). La superficie dell’intradosso,
infatti, ha come direttrice due semicerchi di diverso
raggio, quello più grande di raggio 16,81 metri verso
la grande cupola, mentre quello più piccolo di raggio
16,50 metri verso l’esterno (vale a dire verso l’abside
per l’arcone Est e verso il nartece d’ingresso per
quello Ovest) rivelando probabilmente una correzione
ottico-percettiva messa in atto dai progettisti e
riscontrabile anche sulla parete Nord. Quest’ultima, in
accordo con quanto riscontrato a livello della cupola,
mostra dal basso verso l’alto i segni un progressivo
movimento verso l’esterno: la deformazione rispetto
alla verticale appare infatti più contenuta nel tratto Figura 8 – Hagia Sophia ad Istanbul,
che va dal pavimento alla cornice superiore dei Studio della geometria degli arconi
matronei (0,66 metri), mentre il fuori piombo dal
piano d’imposta della cupola fino a terra è di circa 1 metro.
Il lavoro descritto è evidentemente da considerarsi parziale. Tuttavia esso ha consentito di
delineare una nuova prospettiva per Haghia Sophia: suscitando nuovo interesse a livello
internazionale sul tema; dando avvio ad una stabile collaborazione tra le istituzioni coinvolte
(è operativo un protocollo di intesa tra le istituzioni italiane e turche che rappresenta un primo
ufficiale riconoscimento del lavoro fin qui svolto così come un passo importante per la
definizione del quadro formale delle successive attività); delineando infine un percorso di
cooperazione tra molti soggetti che appare ancora più necessario in un momento come questo
di scarsa attenzione nei confronti dei Beni Culturali.
References
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8. Docci Mario, 2003. Hagia Sophia. Analisi del rilevamento interno. Disegnare idee
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9. Bianchini, Carlo e Docci, Mario. 2005. Unimed Cultural Heritage 2 Project and
Haghia Sophia in Istanbul. Eva Florence 2005, pp.61-86
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