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eppur si muove
rivista monografica del liceo scientifico Galilei - Santa Marinella
anno scolastico 2011 - 2012
Disegno di Federico Fabrizi - III G
C
on soddisfazione saluto questo ormai tradizionale appuntamento con “Eppur si muove”, il nostro giornale monografico
annuale frutto del lavoro dei ragazzi della sede associata di Santa
Marinella coordinati dalla Professoressa Clelia Di Liello.
Il nostro giornale presenta, ogni anno, temi di scottante attualità, negli
ultimi anni legati all’ambiente, tema urgente per eccellenza.
Quest’anno, l’attenzione dei nostri alunni si è soffermata sull’argomento ACQUA, tema approfondito nel corso dell’intero anno scolastico e focus scelto per la partecipazione della nostra sede di santa
Marinella alla Settimana dello Sviluppo Sostenibile promossa
dall’UNESCO, del cui logo da alcuni mesi la nostra Scuola ha l’onore di potersi fregiare.
L’acqua ha in sé una simbologia magica, religiosa, culturale in genere
che il genere umano ha da sempre esaltato. Promotrice di vita, ha dato
sviluppo alle più grandi civiltà della Terra, di volta in volta nate sui
grandi fiumi, in prossimità del mare, dovunque la presenza di acqua
consentisse la vita.
Eppure, questo bene prezioso non è, ancora oggi, alla portata di tutti.
L’oro azzurro rischia di essere, nei prossimi decenni, la scaturigine di
pericolosi conflitti, alla pari del petrolio, dell’oro, della terra.
La Scuola, agenzia educativa per eccellenza, non può non promuovere
sensibilità ed educazione ad un uso corretto dell’acqua e questa sensibilità i nostri docenti stanno educando negli alunni , protagonisti- si
spera più accorti delle passate e presenti generazioni- dello sviluppo di
domani, uno sviluppo che sicuramente dovrà trovare altre linee guida,
altri percorsi più attenti all’ambiente ed alle leggi della natura.
Nel momento in cui scrivo, ringraziando Docenti ed Alunni per il loro
impegno, non posso non rivolgere il mio pensiero ad un’alunna che
non c’è più, la cui bellezza è stata spazzata via insieme con la giovane
esistenza portata via da una insensata violenza; Melissa è oggi alunna
di tutte le scuole italiane, a lei anche noi del Liceo Scientifico Galilei
di Civitavecchia e Santa Marinella vogliamo rivolgere un saluto ripetendo la frase che i ragazzi di tutta Italia in questi giorni hanno scandito:”Noi non abbiamo paura!”.
Civitavecchia, maggio 2012
Il Dirigente Scolastico
Prof. ssa Maria Zeno
A
solo una settimana dalla strage della scuola di Brindisi che ha
ucciso Melissa Bassi e colpito altre ragazze, è con trepidazione che presento questo giornale, saggio della creatività e della
riflessione dei nostri studenti. Il luogo “sacro” della scuola è stato
violato come mai prima nella storia d’Italia e ciò procura a chi
nella scuola lavora, sgomento ed indignazione. Nello sfogliare i
testi per le ultime rifiniture, ho pensato che in questi lavori sono
raccolti la spensieratezza, la curiosità, la fatica e la gioia di
mostrare ciò che si è saputo fare. Quale mano, sia essa di un folle
isolato o di un attentatore intenzionale, vuole fermare il sereno
apprendimento degli studenti?
La scuola della paura non esiste, sarebbe soggezione e servitù. La
scuola è invece nel libero pensiero, è sempre lotta alla mafia e
all’illegalità anche quando parla di mare o di acqua come nel
nostro giornale. La scuola è nel sorriso degli studenti, negli sguardi che ascoltano e s’ illuminano agli interrogativi della ricerca, talvolta nelle lacrime di chi assaggia il dolore della vita, nei litigi
incontrollati di chi impara la difficile convivenza.
Se posso, vorrei dedicare questo lavoro a Melissa che è stata violentemente privata di tutto questo. Dedico a lei e alle sue compagne un lavoro corale in cui abbiamo cercato di mettere insieme
trame e significati,
voci vicine e lontane di chi, giovanissimo, condivide storie ed
esperienze sui banchi di scuola con compagne e compagni i cui
genitori parlano italiano ed insieme la lingua del paese che hanno
lasciato. Abbiamo tradotto alcuni brani nelle lingue che i nostri
giovani sanno parlare, le mettiamo insieme convinti che l’incontro e la conoscenza li renda forti, consapevoli e reattivi; convinti
che la civiltà di un popolo sia nella sua capacità di aprirsi al
mondo e di guardarlo in faccia con coraggio e generosità.
E’ la nostra risposta alla violenza di chi vorrebbe i propri giovani
votati alla viltà e all’ignoranza.
S. Marinella, 26 giugno 2012-05-27
Insegnante referente del Progetto
Clelia Di Li el l o
P.s.: avremmo voluto aggiungere altre traduzioni in russo, ucraino e cinese, ma i nostri computer non sono predisposti a ricevere i loro caratteri. Per lo stesso motivo, ci scusiamo per gli accenti che non abbiamo potuto segnare.
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mare
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Una volta ho chiesto
ad una ragazza:
“Cos’è per te il
mare?” e lei mi ha
risposto :“Per me il
mare é vita: lo vivo
totalmente. Non solo
mi piace andarci, ma
vorrei vivere in riva
al mare: lo guardo, lo
annuso, lo tocco, mi
ci immergo, leggo. Al
mare penso agli
aspetti più amari
della mia vita, ma
anche a quelli più
felici. Parlo con gli
amici, cammino e
gioco a palla sulla
spiaggia, mi tuffo
dalle rocce, faccio
l’amore, mi lascio
andare alle
sensazioni, alla
fantasia, alla storia
che tanto deve al
mare. Il mare è il
mio ambiente
preferito. Mi dà tutta
la serenità di cui ho
bisogno, gli rivelo i
miei segreti più
nascosti, i miei sogni.
È un luogo dove tutti
siamo uguali. È la
libertà e la fuga.”
Andreea Sescu IV G
Vivere il mare a Santa Marinella
Le opportunità del nostro mare: dalla salute allo sport
D
a sempre considerata “La Perla del
Tirreno”, Santa Marinella offre per
i villeggianti e per coloro che abitano in questa cittadina molteplici attività e
benefici strettamente in relazione con il
mare. La nostra cittadina ci regala l’opportunità di godere di un mare ancora molto
pulito rispetto ad altre località; questo è
riscontrabile nella presenza della
Poseidonia, dei ricci di mare e di molte specie che ancora popolano il nostro mare. Dal
punto di vista medico, Santa Marinella, è
una località che per la sua aria ricca di iodio
si presta bene a persone che presentano
patologie dell’apparato respiratorio, per i
soggetti asmatici e per coloro che sono
affetti da alcune patologie tiroidee come l’ipotiroidismo. Principalmente appare molto
evidente l’aspetto sportivo della nostra cittadina, che offre la possibilità di praticare
moltissime attività sportive come la pesca,
il canottaggio, il nuoto e la vela. A tale proposito sono presenti nel porto turistico di
Santa Marinella numerose associazioni che
propongono corsi estivi ed invernali per
ragazzi e adulti con lezioni teorico-pratiche
che preparano l’allievo ad intraprendere il
bellissimo sport della vela.
Questo è uno sport che ti avvicina molto al
mare, che appassiona, che offre molto a
chi lo vive. Io stesso pratico la vela da
dieci anni e con il passare del tempo ho
cominciato ad amarlo sempre di più, è uno
sport ecologico e salutare che forma la
persona principalmente sotto l’aspetto psicologico; crea il carattere dell’individuo e
ti fa vedere con i tuoi occhi come il mare
possa rappresentare la metafora della vita:
ci sono momenti belli e felici in cui la
barca procede quasi da sola e momenti difficili dove la barca è difficile da controllare. Il mare, lo sport e la passione formano
la persona e la mettono in condizione di
affrontare qualsiasi situazione.
Alessio Manuelli II G
Foto di Eleonora De Luca - V G
I primi documenti della modernità - la Dichiarazione d’indipendenza americana e la Dichiarazione francese dei diritti dell’uomo e del cittadino - proclamano i diritti alla vita, alla libertà, alla felicità e li rivendicano per tutti. Da allora i diritti sono aumentati di numero e si sono
estesi a soggetti diversi, da ciascun uomo ai popoli e all’ambiente. Talvolta confliggono tra loro come per esempio il diritto alla privacy e
quello alla sicurezza, altre volte finiscono per essere solo dichiarazioni di principio, spesso disattesi o violati. Tuttavia non è possibile farne
a meno perché sono strumenti giuridici e politici insostituibili per illuminare il cammino dell’umanità.
Diritti di prima generazione. Sono i diritti civili e politici: alla vita, all’integrità fisica, libertà di pensiero, di religione,
di associazione, di stampa, alla partecipazione politica, all’elettorato attivo e passivo.
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Navigando fra le norme
Cosa occorre sapere per godere del nostro mare in tutta sicurezza
D
opo una paurosa esperienza in mare (caduti dalla
barca nel mare in tempesta), i sempre più
frequenti accadimenti riguardanti tragici incidenti
marittimi e la bella stagione alle porte, abbiamo deciso di
parlare di sicurezza in mare.
Secondo le norme della Comunità Europea (C.E.), ci sono
diverse unità marittime da diporto, ossia prive di scopo di
lucro alcuno; noi, per motivi di praticità, parleremo
unicamente di quelle più comuni e cioè delle unità piccole
e medie, cioè natanti e imbarcazioni.
Secondo le norme vigenti, questo tipo di barche non
possono avvicinarsi entro i 300 m dalla costa e non
possono allontanarsi oltre le 6 miglia, inoltre devono
rispettare le condizioni meteorologiche dettate da due
parametri fondamentali: la forza del vento e l'altezza delle
onde.
Le imbarcazioni non possono uscire dal porto con venti
superiori a forza 6 e onde superiori ai 2m; i natanti,
invece, non possono navigare con venti superiori a forza
4 e onde più alte di 50 cm.
Se non fosse indicato nel "manuale del proprietario",
come consueto nelle imbarcazioni marcate C.E., il
numero di passeggeri trasportabili dalla suddetta unità è
proporzionato alle sue dimensioni secondo il regolamento
di sicurezza: 3 passeggeri per unità lunghe 3,50 m; 4 per
unità lunghe 4,50m; 5 per 6 m; 6 per 7,50m e infine 7 per
unità superiori ai 7,51m.
Entro le 6 miglia tutte le imbarcazioni devono essere
provviste di alcuni articoli necessari per la sicurezza dei
passeggeri. Questo corredo è obbligatorio e consiste in
cinture di salvataggio e salvagente anulare con cima a
persona; 2 boette fumogene e una luminosa; 2 fuochi a
mano e 2 razzi a paracadute a luce rossa; fondi
regolamentari e apparecchi per la segnalazione acustica. I
non possessori incorrono in salate sanzioni da parte della
Polizia della navigazione.
Ogni comandante di una qualsiasi imbarcazione deve
inoltre essere munito di una serie di documenti che
riguardano sia il natante (libretto e polizza assicurativa)
che quelli relativi al conducente che variano a seconda
della potenza del motore: per un mezzo con motore di
potenza inferiore ai 40.8cv (30kw) è sufficiente un
documento di riconoscimento, per quelli superiori a tale
potenza è necessaria la patente nautica rilasciata dopo
esame e il raggiungimento della maggiore età. Può essere
richiesta ad un ufficio della motorizzazione civile oppure
ad un ufficio circondariale m arittimo o ancora alla
capitaneria di porto.
Le patenti nautiche sono 5 e sono suddivise a seconda
della distanza praticabile dalla costa e dalla potenza del
mezzo. Hanno validità limitata e necessitano di rinnovo
ogni 10 anni, 5 anni a partire dai 60 anni di età. Per
ottenere una licenza nautica occorre sostenere un esame
teorico che riguarda: elementi di teoria della nave ed
elenco dei fari; funzionamento, avarie e autonomie dei
motori di bordo; regolamento e dotazioni di sicurezza;
incolumità dei passeggeri; atteggiamenti da mantenere in
caso di maltempo, avarie e sinistri; norme di circolazione,
bollettini e strumenti meteorologici; coordinate
geografiche, carte nautiche, rosa dei venti, bussole,
scandagli, prora e rotta; codice della navigazione,
obblighi, poteri e doveri del comandante, documenti a
bordo e ordinanze Autorità Marittime locali.
La prova pratica è effettuata in acqua e determina la
capacità del candidato nel condurre il mezzo a diverse
andature, nell'attuare manovre, nelle pratiche di
ormeggio, disormeggio e recupero uomo in mare,
nell'abilità di saper fronteggiare il maltempo e nel
corretto utilizzo delle dotazioni di sicurezza.
A questo punto, non ci resta che salpare sulla nostra
imbarcazione e augurare a tutti "buon viaggio"!
Giulio Arisci e Simone Romitelli - III G
…l’Atlantico o il Pacifico sono i mari delle distanze, il
Mediterraneo è il mare della vicinanza, l’Adriatico è il
mare dell’intimità”
Nei giorni in cui il mare è particolarmente trasparente e
la sua profondità è più visibile, si scorgono qua e là i
contorni di insoliti oggetti, relitti, costruzioni: è facile
prendere subito per buona l’impressione di aver scoperto
sul fondo una galea affondata con un ricco carico, un
palazzo d’altri tempi… I contorni ondeggianti possono
evocare la memoria umana, i relitti e le carcasse la
storia, le rovine affondate il destino. Il Mediterraneo è
un collezionista appassionato.”
Predrag Matvejevic, Mediterraneo, un nuovo breviario.
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LA VITA DI UN UOMO DI MARE
S
pesso, quando si pensa ad un lavoro difficile, viene
in mente il manovale, il fabbro, il contadino, ma
uno dei lavori più difficili al mondo, a mio parere, è
quello dell’uomo di mare. Una testimonianza di questo, lo
è mio padre, uomo di mare dall’età di 18 anni. Ogni volta
che gli pongo la domanda “Papà qual è la parte pi difficile del tuo lavoro?”, Lui mi prende il viso e guardandomi
negli occhi risponde: ”Stare lontano per mesi e mesi dalle
cose che ami di più”. Mio papà, all’età di diciotto anni,
pur di guadagnare qualcosa in più di soldi per poter comprare un regalo a mia mamma, come dice sempre lui, si
imbarcò come ufficiale, dopo aver conseguito gli studi ad
un istituto nautico. Mesi e mesi lontano da casa, per un
futuro migliore e agiato, per rendere felice sua moglie, e
per poter costruirsi una famiglia. Ecco che così mio padre
si imbarcò. A quell’epoca non c’era ancora la possibilità
di chiamare ogni giorno con il telefono satellitare, così pur
di sentire la donna che amava, e pur di essere sempre presente, mio padre iniziò una lunghissima corrispondenza
con mia madre. Pile e Pile di lettere, scritte nei momenti
più scuri, nei momenti di malinconia, o anche nei momenti di gioia di soddisfazione. Dopo questi primi anni di
navigazione, mio padre riesce a sposarsi con mia madre,
ma pochi mesi dopo è costretto a ripartire per un periodo
non definito. Mia madre scopre di essere incinta, e mio
padre riesce a prendersi una licenza per starle vicino. Poco
prima del parto però, è costretto a ripartire. All’età di 24
anni, età in cui adesso i giovani pensano ancora a divertirsi, ad uscire la sera, mio padre era imbarcato da più di
cinque anni, aveva una moglie, una casa, e un figlio in
arrivo. I mesi trascorrono e mia madre è sempre “più
incinta” fino al giorno in cui viene alla luce mio fratello….ma mio padre non c’è. È in Brasile, con la sua nave,
lontano da sua moglie e dal suo primogenito… Cerca di
fare di tutto per tornare a casa ma è tutto inutile.. Ritornerà
dopo ben quattro mesi...
Eccola la difficoltà di questo lavoro: stare lontani dalla
propria famiglia, perdersi eventi importati come questi,
solo per poter permettersi di vivere dignitosamente. Ma
questo tipo di vita non è difficile solo per gli uomini che
navigano, ma anche per le loro famiglie. Mia madre spesso e volentieri si è trovata sola a casa per molti mesi, solo
con l’aiuto della sua famiglia di origine. Pur di stare più
vicino a lui, si è trasferita in un altro paese, viaggiava continuamente anche solo per vederlo per un giorno, ha
lasciato il suo lavoro per cambiare città, ha rinunciato a
molte cose solo per amore. Io e mio fratello siamo cresciuti con Molti Natali e compleanni senza il nostro papà,
con domeniche pomeriggio dove tutti i nostri amici uscivano con tutti e due i genitori mentre noi solo con la
nostra mamma. Mi ricordo una volta, alle elementari,
quando la maestra ci fece fare un lavoretto per il 19
Marzo, la festa del papà. Quando questo fu pronto disse
ad ognuno di noi di far venire il proprio papà a scuola per
ritirarlo, e mentre tutti gli altri erano lì con il loro, io ero li
con mamma, mentre papà era imbarcato per chissà dove.
Ricordo anche le settimane passate senza nemmeno sentirlo per telefono, ricordo i pianti miei e di mio fratello che
volevamo il nostro papà, e ricordo anche la gioia nei
nostri occhi e in quelli di mio padre quando tornava a
casa. Tutto questo però non vuol dire che egli sia stato un
padre assente, anzi tutto il contrario! Ogni volta che poteva ci chiamava, quando tornava stava sempre con noi, ci
riempiva di abbracci, di baci, di affetto. Ora mio padre è
comandante superiore di lungo corso, il grado più alto
della marina mercantile. Ora è un direttore, e nonostante
lavori ancora all’estero, riesce a stare molto più spesso a
casa, facendo un mese lì e un mese con la sua famiglia. È
molto più presente, e non sentiamo più la sua mancanza
come prima, dato che riusciamo a sentirlo almeno per
telefono ogni giorno. Se mi chiedessero di sintetizzare la
Diritti di seconda generazione. Sono i diritti economici, sociali e culturali: al lavoro, al riposo, alla casa e diritto di svago,
di tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere, l’istruzione e la partecipazione alla vita culturale.
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vita dell’uomo di mare in tre parole sarebbero: amore,
coraggio, forza. Per poter fare un lavoro del genere bisogna sapere a cosa si va incontro, bisogna amare il mare,
propria casa per molti mesi, e non bisogna mai crollare,
mai. Mio padre mi ripete sempre “Se non vi avessi amati
cosi tanto, non avrei passato metà della mia vita sul mare.
Eh si, è proprio vero quello che dicono molti poeti, -Un
marinaio ama il mare come la sua famiglia-, perché devo
ringraziare il mare se non vi ho mai fatto mancare niente
e se ogni giorno vedo sul vostro volto, e sento nella vostra
voce la felicità di vivere “.
Rossella Maresca – II H
Povero Mediterraneo!
A
i primi del ‘900 le coste del
Mediterraneo erano, con le poche
eccezioni dei porti, del tutto disabitate. Nel corso del XX secolo sono state assalite da una speculazione edilizia sregolata ed
aggressiva che ha fatto sì che oggi sono 140
milioni le persone che vi abitano e che in
estate quasi raddoppiano; studi urbanistici
prevedono allarmati che nel 2025, saranno
500 milioni gli abitanti residenti sulle coste.
Questa tendenza ha provocato conseguenze
irreversibili sullo stato delle acque marine. Le
120 maggiori città costiere della regione mediterranea sono infatti quasi tutte prive di impianti di depurazione e le loro fogne, in cui confluiscono anche buona parte degli scarichi industriali, sfociano nel mare. A tutto ciò si aggiungono i rifiuti solidi e il fatto che anche i grandi
fiumi che sfociano nel Mediterraneo contribuiscono ad inquinare con pesticidi e diserbanti
che si inseriscono nelle catene alimentari.
Inoltre ogni anno il Mediterraneo è attraversato
da navi mercantili cariche di sostanze tossiche
e da petroliere che spesso diffondono più o
meno involontariamente oltre 300.000 tonnellate di idrocarburi .Tutte queste minacce sono
ancora più gravi se si considera il fatto, spesso
sottovalutato, che il nostro Mediterraneo è un
mare praticamente chiuso con un tempo di
scambio delle acque di circa 80 anni.
FLORA e FAUNA A RISCHIO, anche a S.
marinella.
Non solo studi scientifici, ma anche la testimonianza di pescatori e amanti del mare
delle nostre coste di S. Marinella, raccontano
di come il mare non sia più quello di una
volta e di come alcune specie siano addirittura a rischio di estinzione. Tra quelle maggiormente considerate in pericolo e bisognose di una protezione sono il tonno rosso, la
corvina (Sciaena umbra), le aragoste ed il
simpaticissimo pesce balestra.
Il tonno rosso
È uno dei pesci ossei più veloci
del mediterraneo, arriva ad una
velocità di circa 70 Km/h. Ha un corpo
fusiforme e può arrivare a un peso di 910 Kg,
strutturato appositamente per favorire la
velocità nel nuoto e favorire le migrazioni
naturali della specie.
La corvina (sciaena umbra)
Fa parte della famiglia dei fondali rocciosi o
praterie di Posidonia, oggi in grave pericolo di
estinzione. Ha un corpo alto, che può raggiungere i 70 cm di lunghezza ; presenta dei colori
sul grigio, con riflessi tra il metallico e il dorato. Si nutre principalmente di piccoli pesci e di
Posidonia; è proprio questo stretto contatto con
quest’alga, che minaccia la specie.
L’Aragosta
Questo crostaceo, appartenente
alla famiglia dei Palinuridi, si
trova nei fondali rocciosi, tra i
20m e i 70 m. È una delle specie meno
inconfondibili, grazie alle sue lunghe antenne e alla sua colorazione rosso-brunacea tendente al viola. Il suo corpo può raggiungere i
50 cm di lunghezza e si nutre generalmente
di piccoli organismi come pesci e alghe.
Pesce balestra (Balistes carolinensis )
Appartenente alla famiglia dei
balistidi è tipico di fondali rocciosi
a profondità tra i 10 e i 100m; ha
un corpo particolarmente ovale , con delle bellissime pinne che si aprono quando il pesce si
sente più tranquillo. È un pesce quasi piatto,
che può raggiungere i 45 cm di lunghezza, con
una tonalità di colori tra il grigio-azzurro e
viola.
Veronica Floris – III G
Am întrebat odată o
fată: "Ce este marea
pentru tine?" Şi ea
mi-a răspuns:
"Pentru mine,marea
este viaţă: o traiesc
pe deplin. Nu
numai că îmi place
să merg, as vrea să
trăiesc pe malul
mării.
O privesc, o miros,
o ating, mă scufund
in ea, citesc pe
ţărmul ei . Mă
gandesc la
momentele cele mai
grele din viaţa mea,
vorbesc cu prietenii,
mă plimb şi joc
fotbal pe plajă, mă
arunc de pe stanci,
fac dragoste, ma
relaxez intru totul,
mă las condusa de
senzaţii, de
imaginaţie si de
istorie, care
datorează atât de
mult mării. Marea
este mediul meu
preferat. Ea imi dă
toată seninătatea de
care am nevoie.
E un loc unde toţi
suntem egali.
Reprezinta libertatea
si refugiul fiecaruia
dintre noi."
Traduzione in
rumeno di Andreea
Sescu IV G
Via G. Brasca snc - Santa Severa (RM)
Tel. 0766.571392 - Fax 0766.571700
E-mail: [email protected]
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Art. 9: “La Repubblica promuov e lo sv iluppo della cultura
e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il
patrimonio storico e artistico della Nazione”
Cultura, ricerca, paesaggio, patrimonio storico e artistico. L’articolo 9
della Costituzione italiana si ripromette di tutelarli a dovere. Insieme.
Il nesso tra questi termini è legato al loro destinatario: il cittadino. Che
il cittadino sia istruito ed educato, che goda del paesaggio dell’Italia
intera. “Paesaggio”, parola non più alla moda, convertita in “ambiente” - tutela e difesa dell’ambiente - inteso come luogo salubre, con un
diretto riferimento alla salute, principale fuoco del benessere civile. Ma
la terra del cittadino non è solo suolo naturale, è anche l’arte e la storia che quei luoghi hanno trasformato nelle nostre belle città d’arte.
Jednom sam pitao
jednu djevojku: “Sta
je po tebi more?” I
ona mi je odgovorila:
“Za mene more je
zivot: totalno zivim.
Ne samo sto volim
ici, zeljela bih zivjeti
na moru: gledajuci,
mirisuci,
dodirivajuci, roneci,
citajuci. Kad sam na
moru, mislim na
gorke dogadaje mog
zivota, pricam sa
prijatelima, setam,
igram fudbaz na
plazi, bacam se sa
stijena, vodimljubav,
emotivno se
opustim, fantaziram.
More je moj najdrazi
ambijent. Opusti me
na svaki nacin. To je
mjesto gdje smo svi
isti. U isto vrijeme je
sloboda i bjekstvo.”
Traduzione in serbo
di Nebojsa Kolar,
papà di Stefan
II G
Istruire, cercare, educare; adagiare cioè l’individuo nel proprio universo, metterlo nelle condizioni di vivere un’esistenza legata alla libertà
perché aprire le porte del sapere vuol dire porre in condizione ogni cittadino di creare e di diffondere il proprio pensiero. Serrarle significherebbe lacerare le fondamenta della nostra Costituzione e direttamente
dello Stato inteso come dimora dei civili. I temi ricordati nell’articolo
9 sono quindi in relazione tra loro. L’articolo 9 può essere inteso come
“Il capitolo delle BELLEZZE”: quelle della cultura, della ricerca, del
paesaggio, della storia e dell’arte. Il cittadino, che le racchiude tutte, è
la loro ragion d’essere, fine ultimo e promotore delle stesse.
Art. 9: speriamo di esserne all’altezza!
Jacopo Tenan – III G
PESCA ABUSIVA.
Una pratica illegale sempre più presente a Civitavecchia e dintorni.
S
i parla spesso di comportamenti illegali che
coinvolgono il Lazio in
generale e Civitavecchia e
dintorni in particolare. E
quasi sempre vengono subito
in mente truffe, traffici illeciti, abusivismo ma anche attività malavitose e tante altre
forme di attività criminali.
Raramente invece si parla di
un fenomeno che si sta sviluppando sempre di più sul
nostro territorio: la pesca
abusiva. Tanti, troppi sono gli
episodi che negli ultimi anni
hanno fatto crescere questa
attività illecita e sottovalutata. E soprattutto nel 2011 e in
questi primi mesi del 2012 si
sono verificati tanti episodi di
questo tipo legati in modo
particolare all’attività di
pesca dei ricci di mare. Ad
esempio il 25 novembre 2011
il
Reparto
Operativo
Aeronavale della Guardia di
Finanza ha sorpreso alcuni
subacquei, in immersione
nelle acque di Santa
Marinella, intenti a pescare
proprio gli echinodermi con
l’ausilio di autorespiratori,
apparati vietati per svolgere
la cattura dei ricci di mare, ed
in quantità notevolmente
superiore al massimo consentito. I subacquei, tra l’altro
sprovvisti dell’autorizzazione
necessaria, al momento dell’intervento dei militari avevano già pescato più di 5000
esemplari con il limite della
vigente normativa fissato a
massimo 50 esemplari per
ciascun pescatore. La rivendita abusiva dei molluschi
avrebbe fruttato illeciti ma
cospicui guadagni ai pescatori. Episodi simili si sono poi
verificati il 18 gennaio 2012,
quando sono stati sequestrati
circa 7000 ricci di mare e il
27 febbraio 2012, sempre a
Santa Marinella, con il sequestro di 6000 echinodermi. Nei
confronti dei responsabili
sono state contestate le violazioni alla disciplina della
pesca marittima, che prevede
la sanzione pecuniaria fino a
12 mila euro, nonché la
sospensione della licenza per
gli esercizi commerciali che
vendono tali prodotti ai propri clienti. Ovviamente quest’
attività illecita non si ferma ai
ricci di mare: il 24 marzo
2011, ad esempio, è stata fermata a Montalto una coppia
di coniugi intenta a togliere le
reti messe in mare la sera
prima, con un “raccolto” di
circa 15 chili di pescato. Il 23
marzo del 2012 invece altro
episodio di pesca abusiva
perchè a Pescia Romana,
Diritti di terza generazione. Sono i diritti di solidarietà ed hanno come destinatario i popoli: diritto all’autodeterminazione,
alla pace, sviluppo, equilibrio ecologico, controllo alle risorse naturali, difesa dell’ambiente.
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nelle acque al confine con la Toscana,
un peschereccio è stato sorpreso, in
zone vietate alla pesca, con la rete a
strascico calata in mare in presenza di
un fondale inferiore a 30 metri.
Questo tipo di pesca, in violazione
alle vigenti normative, rischia di arrecare, significativi danni alla flora ed
alla fauna marittima costiera che
caratterizzano l’ambiente marino in
prossimità della terraferma. Va ricordato inoltre che la pesca illegale danneggia l’intera produttività del settore
e può portarlo al collasso, anche perché scoraggia chi la pratica invece in
modo responsabile. E questo è un
problema molto serio per tutti coloro
che dipendono da queste risorse
come fonte di cibo e di reddito. La
pesca illegale è praticata ovviamente
senza autorizzazione perché si tratta
di pescare specie protette, usare tipi
di attrezzature fuorilegge e non osservare le quote di cattura. Esistono
modi per combattere la pesca illegale
in mare aperto, ma sono spesso costo-
si e difficili da mettere in pratica, data
l’estensione delle distese da monitorare ed i costi per la tecnologia necessaria. Tuttavia soprattutto negli ultimi mesi l’attività costante della
Guardia Costiera e dei vari reparti
che si occupano della pesca di frodo
ha portato a termine diverse operazioni tese a diminuire il fenomeno, con
successo.
Andrea Curcio, Leonardo Novello,
Luca Colasanti, Lorenzo Trebiani
IV G
«“Mio Dio! Mr Chase, che sta succedendo?”
Ed io risposi: “Una balena c’ha cozzato”.»
Q
ueste sono le parole del capitano Pollard rivolto al primo ufficiale Owen Chase durante lo
scontro tra un capodoglio e la loro baleniera
Essex. Il fatto accadde nel 1820 circa; un simpatico
episodio,se così si può definire, successo poco meno di
due secoli fa. Oggi la situazione non è molto diversa
riguardo alla caccia di balene, anzi, è peggiorata e non
è un argomento divertente: si tratta di un serio problema, una guerra che si combatte ormai da tempo. Ma
come nasce questa caccia? E a che scopo? Le sue origini sono antiche ma il maggior sviluppo si ha nel XVI
secolo nell’oceano Indiano e nel XIX secolo in quello
Pacifico. All’inizio si cacciavano le balene per il grasso trasformato in olio che serviva ad alimentare le lampade e si cacciavano i capodogli per i profumi. Oggi
sono cacciati per la loro carne da paesi come il
Giappone, l’Islanda, gli Stati Uniti, e il Canada. Le
tecniche usate sono brutali come brutale è questa usanza; nei secoli scorsi le balene venivano spinte alla deriva spaventandole, oppure i Baschi, grandi cacciatori di
balene, usavano il metodo “grind”, che era quello di
attaccare balene gravide spostatesi nelle acque basse
per partorire, un vero e proprio metodo di tortura, tanto
che le balene arpionate venivano lasciate agonizzare
per anche un’ora. Oggi si usano metodi non meno brutali: arpioni ed esplosivi, il pentrite o PENT un potente esplosivo che viene sparato all’interno dell’animale
per poi esplodere. Intorno al XVI secolo iniziarono a
diffondersi le stazioni baleniere, cioè porti per queste
navi da caccia; la più importante fu a Smeerenburg. In
seguito alla diminuzione delle balene queste stazioni
cominciarono ad essere abbandonate. L’IWC, la
Commissione Internazionale per la caccia alle Balene,
si oppone a questa pratica e ai turisti che vengono
attratti dalla caccia più che dalle balene stesse. Dal
1982, nonostante i trattati stipulati per non catturare le
balene, sono state uccise più di 50.000 balene. Nel
1986 è vietata la caccia alle balene da alcune nazioni
ma si è comunque continuato ad ucciderle; per salvare
il mammifero più grande della terra è stata “recintata”
un’area protetta di 50.000.000 di chilometri, ma i balenieri non si lasciano facilmente spaventare e la violano sistematicamente.
BALENIERE
La fabbricazione di vascelli di grandi dimensioni per la
caccia alle balene cominciò con i Baschi, perchè vollero spingersi a largo, contrariamente a quanto avveniva
in precedenza. Perciò costruirono imbarcazioni grandi
chiamate “karaka”, lunghe all’incirca 20 metri; in
seguito si munirono delle caravelle, più facili da manovrare. Solo nel XIX secolo sono state costruite le vere
e proprie baleniere, inizialmente formate da un solo
albero, diventati poi tre. La caratteristica è la notevole
capacità di stivaggio. Risale al 1868 la prima baleniera
a vapore, chiamata Spes et Fides, caratterizzata da un
cannone che lanciava gli arpioni fino a 50 metri di
distanza per ferire ed uccidere la balena. Le attuali
baleniere sono lunghe circa 30-40 metri
SEA SHEPHERD
Nel 1975 il capitano Paul Watson lavorava con
Greenpeace per la protezione dei cetacei e rischiò quasi
la vita per salvarne uno: si imbattè in un capodoglio in
fin di vita e si commosse. Questa fu la motivazione per
la quale Watson decise di abbandonare Greenpeace e
fondare nel 1977 Sea Shepherd, che è attualmente l’associazione che si adopera di più per la salvaguardia
delle balene. Oggi l’associazione Sea Shepherd è ancora attiva e continua a lottare contro la caccia a queste
creature.
Paola Alligri, Eleonara Ceccarelli,
Martina Prizzi - III G
Giornale Liceo scientifico 2012:Giornale liceo scientifico 2012 29/05/12 19:10 Pagina 8
8
DELFINI, MERAVIGLIOSI ANIMALI A RISCHIO
Jednom sam pitao
jednu djevojku: “
Sta je za tebe
more?” i ona mi je
odgovorila: “Za
mene more je zivot:
dozivljavam ga u
potpunosti. Ne
samo da mi se svida
ici na more, voljela
bih zivjeti na obali
mora: gledam ga,
mirisem, dodirujem,
zaronim, citam. Na
moru razmisljam o
gorkim stranama
moga zivota,
razgovaram sa
prijateljima, setam i
igram nogomet na
plazi, skacem sa
stijena, vodim
ljubav, prepustam se
osjecajima,
mastanju, istoriji
koja duguje moru.
More je moja
omiljena okolina.
Daje mi totalni mir.
To je mjesto gdje
smo svi jednaki. I
sloboda i bjeg.”
Traduzione in
croato di Nihad
Kulovic , Valentina
Mikulic, papà e
mamma di Adi
II H
Q
uesti splendidi animali, tra i più
intelligenti del pianeta, sono preda
di una terribile caccia. Da più di
cento anni, vengono catturati, strappati dal
loro gruppo sociale e imprigionati in
vasche di cemento per divertimento, per
“ricerca” e più recentemente per contatti
terapeutici. Il 53% degli esemplari catturati muore in cattività entro i primi tre mesi
mentre la vita media in libertà sarebbe di
quarat’anni.
Anche i comportamenti illegali come la pratica di scaricare il contenuto dei serbatoi
delle petroliere in mare mettono a rischio la
vita di questi mammiferi e i frequenti incidenti come quello che è successo nelle
acque del Golfo del Messico, quando il 20
aprile 2010 il Pozzo Macondo, posto a oltre
1500 m. di profondità, ha tracimato provocando la morte di oltre 5000 esemplari. Si
aggiunge la terribile caccia ai delfini aperta,
anche quest’ anno, il primo settembre 2011
in Giappone: una cosa che sarebbe già vergognosa in sé, se non fosse che a renderla
più disgustosa è la mattanza a cui si riduce
tutto ogni volta: di delfini ne vengono uccisi a migliaia e in modo atroce!
Inutili i tentativi di molte associazioni e voci
isolate per fermare questa inutile strage.
Beatrice Lotto, Elena Marotta,
Camilla Mollenbeck III G
Di ri tti di quarta g enerazi o ne. Sono i diritti relativi al campo delle manipolazione genetiche, bioetica, nuove tecnologie,
contro il fenomeno dello spamming che lede il diritto alla riservatezza dei dati personali, diritti del mondo animale.
Giornale Liceo scientifico 2012:Giornale liceo scientifico 2012 29/05/12 19:10 Pagina 9
9
Nel Delta del Niger
N
el Delta del Niger, se sei un pescatore devi remare quattro ore per arrivare in acque dove il pesce
non odora di petrolio grezzo. Se vivi ad Akala
Olu rischi di non vedere mai il buio perché le torce di gas
sprigionate dagli impianti dell’Agip creano una luce
perenne. Se la tua casa è vicino a un pozzo di petrolio, è
molto probabile che per una fuoriuscita l’aria puzzi per
giorni di petrolio e gas, che tu non riesca a respirare o che
sul tuo corpo compaiano lesioni cutanee. Se vivi a
Oloibiri, Ikarama, Oruma o in tanti altri villaggi del Delta
del Niger, sei costretto a bere, cucinare e lavarti con acqua
inquinata. Se avessi abitato a Bodo il 28 agosto 2008,
avresti visto una conduttura dell’oleodotto del Trans
Niger incendiarsi e una fuoriuscita di petrolio riversarsi
nella baia per ben due mesi; avresti anche potuto vedere
come la Shell, responsabile dell’incendio, non solo non ha
interrotto immediatamente il riversamento ma, addirittura, è arrivata dopo otto mesi nel tuo villaggio per portarti
scorte di cibo clamorosamente insufficienti!
Se fossi uno dei 31 milioni di abitanti del Delta del
Niger questa sarebbe la tua quotidianità!
Amnesty International
Nel Delta del Niger
B
y the Niger delta, if you are a fisherman, you
have to row four hours long to get to waters
where the fish don't smell of crude oil. If you
live in Akala Olu, you might never seen the dark because of the gas torches of the AGIP factories which make
a perennial light. If your house is located near an oilwell, because of emissions, the air may smell of oil and
gas for several days, you couldn’t breath or some skin
lesions may appear on your body. If you live in Oloibiri,
Ikarama, Oruma or in many other villages by the Niger
Delta, you have to drink, cook and wash yourself with
polluted water. If you had lived in Bodo on 28th august
2008, you would have seen the TransNiger bursting into
flames and an oil emission pouring into the bay for two
months. You could also have seen how the Shell,
responsible for the fire, not only didn’t stop the emission immediately, but it went to the village after eight
months to bring not nearly enough food supplies!
If you were one of the 31 million of Niger inhabitants,
that would be your daily life.
Traduzione a cura di
Filippo Curti - V G
I DISASTRI MARINI
Tre casi esemplari (tra memoria e riflessioni)
Una delle piaghe più dolenti del nostro pianeta e in particolare dell’ambiente marino, causate dall’uomo,
sono i disastri marini - incidenti navali o rilasci di sostanze chimiche molto nocive - che provocano danni
all’intero ecosistema marino e i cui effetti purtroppo sono duraturi nel tempo.
Minamata (Giappone)
T
ra i disastri marini più importanti della storia è quello di Minamata, in Giappone, dove dal 1932 al
1968 vi fu un rilascio di metilmercurio nelle acque reflue dell’industria chimica ChissoCorporation. Questo composto chimico altamente tossico si accumulò nei molluschi, nei crostacei
e nei pesci della baia di Minamata e del mare di Shiranui, entrando nella catena alimentare e causando così
l’avvelenamento da mercurio degli abitanti del luogo, dal quale poi si sviluppò la cosiddetta “Malattia di
Minamata”, chiamata anche “sindrome di Minamata” o “Malattia di Chisso - Minamata”, scoperta per la
prima volta nel 1956, una sindrome neurologica i cui sintomi erano atassia, parestesie alle mani ed ai piedi,
generale debolezza dei muscoli, indebolimento del campo visivo, danni all’udito e difficoltà nell’articolare le parole e che, in casi estremi, portava a disordine mentale, paralisi, coma e morte.
I Giapponesi considerano questo disastro marino uno dei più gravi che il loro Paese abbia mai avuto, poiché da inquinamento marino è diventato un vero e proprio disastro ambientale senza precedenti, la cui
rimembranza, specialmente per i sopravvissuti, desta tuttora orrore e terrore.
Disastro ambientale che causò, dalla scoperta della malattia, decessi lungo più di 30 anni (inclusi quelli di
gatti, cani e maiali), decimando la popolazione di quelle zone.
Nel marzo 2001, si contavano 1.784 persone morte.
Stefano Squillace – III G
Giornale Liceo scientifico 2012:Giornale liceo scientifico 2012 29/05/12 19:10 Pagina 10
10
One day I asked a
girl: “What does the
sea mean to you?”,
and she answered: “
it’s life to me. I
really love it. Not
only I enjoy the sea,
but I’d also like to
live by it: I observe
it, smell it, touch it,
I plunge in it, I
explore it: By the
sea I think about all
the difficult moments
in my life, talk to my
friends, go for a
walk, play on the
beach, I dive from
the rocks, I make
love and let myself
go after my feelings,
my fantasy, that
history that owes so
much to it. The
seaside is my
favourite place. It
gives me all the
peace I need. It is a
place where we are
all the same. It is
freedom and an
escape”
Traduzione di
Mariya Banas
IV G
L’AFFONDAMENTO DEL TITANIC:
L’INCIDENTE MARITTIMO PIÙ GRAVE DELLA STORIA
L
a notte tra il 13 e il 14 aprile del 1912,
proprio un secolo fa, affondò nel suo
primo viaggio inaugurale il transatlantico Titanic. Nell’affondamento morirono
1503 persone delle oltre 2200 imbarcate.
Uno shock per tutta la popolazione mondiale
che si era affacciata al nuovo XX secolo con
una grande fiducia riposta nel progresso.
Del disastro ambientale che l’affondamento
del Titanic provocò, non ci sono studi o
ricerche specifiche probabilmente perché
l’affondamento avvenne in pieno Oceano
Atlantico, il relitto infatti, spezzatosi in due
tronconi, è stato trovato a circa 3800 metri
di profondità, a 22 km dal punto dove si
riteneva fosse affondato e a circa 486 miglia
(860 km) dall’Isola di Terranova, quindi
molto distante dalla costa.
La parte di prua è stata trovata a 600 metri di
distanza da quella di poppa. Il Titanic dislocava oltre 46000 tonnellate ed aveva a bordo
il necessario per far vivere per circa 20 giorni (un viaggio di andata e ritorno) oltre 2200
persone compresi i circa 800 uomini di equipaggio (quindi ad esempio cibi, bevande, ma
anche saponi, biancheria, ecc.). Inoltre c’era
una quantità enorme di arredamenti, che
riempivano le suite di prima classe, le cabine
di seconda e terza classe.
Il Titanic funzionava a carbone e doveva
avere a bordo diverse migliaia di tonnellate
di carbone, che sono andate disperse sul fondale considerato che ne consumava oltre 800
tonnellate al giorno per far funzionare le
macchine e che la nave navigava da quattro
giorni soltanto.
È verosimile che l’affondamento del Titanic
abbia provocato un significativo inquinamento dell’area dove si è adagiato, con danni
all’ambiente che non sono stati rilevati anche
perché in quel periodo la sensibilità verso i
problemi dell’inquinamento ambientale era
veramente minima. Bisogna anche tener
conto del fatto che all’inizio si era cercato di
coprire il disastro, tanto che il giorno dopo
dell’affondamento il Vice Presidente della
società armatrice disse ai giornali che la nave
non correva alcun pericolo. Solo il 17 aprile,
quando cioè arrivò in porto a New York, la
nave Carpathia, che aveva raggiunto il luogo
del disastro la mattina del 14 aprile e soccorso i naufraghi superstiti, si comprese tutta la
gravità del disastro ed il Senato americano
aprì una inchiesta formale.
Si pensi che dopo il ritrovamento del relitto,
sono stati recuperati dal fondale oltre 5000
oggetti.
Federica Caravelli – III G
Costa Concordia
I
l mare è un bene prezioso che va difeso e salvaguardato con tutte le nostre forze. Purtroppo alcune volte
non è così in quanto succedono disastri marini che
ne danneggiano l’ambiente circostante, da renderlo pericoloso per la salute di flora e fauna. Uno degli ultimi
casi è l’incidente della Costa Concordia che rischia di
trasformarsi in un ennesimo disastro ambientale. La
nave ancora arenata nelle immediate vicinanze
dell’Isola del Giglio rischia di mettere in pericolo una
delle coste più belle della nostra penisola. In casi come
questi, il danno maggiore è provocato dallo sversamento dei serbatoi di gasolio; per fortuna i serbatoi della
Concordia, anche se con più di due mesi dall’incidente,
sono stati svuotati prima di causare altri danni. Si teme
che la nave abbia provocato lacerazioni nel fondale e
compromesso l’ecosistema di quella parte di mare.
Io ritengo che tutta questa situazione abbia influito e stia
influendo negativamente sull’aspetto del Giglio e
dell’Italia, potrebbero arrivare meno turisti all’isola del
Giglio preoccupati dell’inquinamento. Ma stando alle
parole del Sindaco Sergio Ortelli “La nave Costa
Concordia impatta solo sul 5% della nostra isola, rovina
solo una piccolissima parte del nostro territorio.
Laddove è accaduto il naufragio è una cala bellissima,
ma c’è il rimanente 95% che forse è ancora più bello.”
Quindi secondo il sindaco non c’è la paura di perdere
ammiratori e turisti.
Speriamo che a visitare l’isola nella prossima estate non
siano i turisti del “macabro” attratti dalla gravità dell’incidente, piuttosto gli amanti del mare!
Francesco Crocioli – III G
Giornale Liceo scientifico 2012:Giornale liceo scientifico 2012 29/05/12 19:10 Pagina 11
11
Un’etica per la civiltà tecnologica
“
Agisci in modo che le conseguenze della
tua azione non distruggano la possibilità
futura della vita umana sulla terra”. Hans
Jonas. Alla fine degli anni ’70 (1979) Hans
Jonas esponeva la sua riflessione in merito al
tema della responsabilità nella sua opera ‘Il
principio di responsabilità’.
Sarebbe oggi quantomeno opportuno tornare
sulla riflessione del filosofo per prendere atto
di quanto essa sia urgente e tuttavia da noi
ignorata, assorbita da una cultura, purtroppo,
generalmente diffusa di un individualismo
eccessivo che pone le necessità dell’ “io” ben
al di sopra di quelle della collettività. Come è
stato osservato da Galimberti, filosofo contemporaneo, ci troviamo oggi in quella che
potremmo a tutti gli effetti definire la ‘società
della tecnica’, immersi cioè in un progressivo
ed allarmante processo di deresponsabilizzazione che ci ha decisamente ristretto la visuale, limitandola al nostro presente ed al futuro
a noi più prossimo.
Ma quale generazione può arrogarsi la facoltà
di precludere a quelle future l’inalienabile
diritto alla vita, ora che essa è più che mai a
rischio?
È qui che subentra il principio di responsabilità che, come troppo spesso possiamo notare,
sta venendo meno proprio ora che ci troviamo
in un’epoca in cui l’uomo ha compromesso
l’ambiente a tal punto da metterlo a rischio.
Osservando la realtà a noi più prossima,
ovvero quella di cittadina sulla costa che al
mare deve tutto, non dovremmo sorprenderci
nel riscontrare una sensibilità maggiore da
parte degli abitanti (se non anche dei turisti)
nei confronti della condizione ambientale di
questa porzione di mare che, potremmo dire,
ci è stata affidata o, meglio, lasciata in prestito; ma spesso si verifica il contrario, per cui il
rispetto per quella che è la nostra casa da logica norma diventa inusuale ambientalismo.
L’“ambientalismo” è un termine che non
dovrebbe neanche comparire, non in un luogo
come il nostro almeno, in quanto la cura e l’amore per la cittadina così bella che abitiamo
dovrebbe venire quasi naturale fino a maturare una responsabilità personale e radicata che
impegni direttamente ciascuno di noi.
Ma se questa responsabilità, come sta accadendo, non riuscisse ad emergere forse perché
(ma è solo un’ipotesi) respinta da un’epoca
inospitale, in cui si osserva la natura solo
come oggetto da dominare, sarebbe auspicabile e sufficiente anche un po’ più di senno,
necessario a comprendere come il danneggiamento del nostro piccolo spicchio di terra e di
mare concorra alla distruzione del ben più
grande ecosistema che siamo soliti chiamare
Terra e del quale non siamo al di sopra (come
spesso con supponenza pensiamo), ma di cui
facciamo pienamente parte, senz’altro non la
migliore delle parti.
Tutto ciò si riverserà come un’ondata sulle
generazioni future. Sta a noi sentire le prime
gocce dell’acquazzone e correre ai ripari.
Annalisa Diddoro V G
Un dìa le pregunté a
una chica: <<Qué
es el mar para
ti?>> Y ella me
respondiò: <<Para
mì el mar es la vida.
Lo vivo totalmente.
No solo me gusta ir
sino que querrìa
vivir en la orilla del
mar: lo miro, lo
huelo, lo toco me
baño en él, leo.
Cuando estoy en la
playa pienso en los
lados mas amargos
de mi vida, hablo
con los amigos,
paseo y juego con la
pelota en la playa,
me lanzo de las
rocas, hago el amor,
me dejo llevar por
las sensaciones, por
la fantàsia, por la
historia que tanto
debe al mar.
El mar es mi
ambiente favorito.
Me da toda la
serenidad que
quiero. Es un lugar
donde todos somos
iguales. Es la
libertad y el
escaparse.
Traduzione di
Giorgia Torcellini
IV G
“Che cos’è il Mediterraneo? Mille cose insieme. Non un paesaggio, ma innumerevoli paesaggi. Non un mare, ma un suseguirsi di mari. Non una civiltà ma una serie di civiltà accatastate le une sulle altre. Viaggiare nel Mediterraneo significa incontrare il mondo romano in Libano, la preistoria in Sardegna, le città greche in Sicilia, la presenza araba in Spagna, l’Islam turco
in Iugoslavia. Significa sprofondare nell’abisso dei secoli, fino alle costruzioni megalitiche di Malta o alle piramidi d’Egitto.
Significa incontrare realtà antichissime, ancora vive, a fianco dell’ultramoderno: accanto a Venezia, nella sua falsa immobilità,
l’imponente agglomerato industriale di Mestre; accanto alla barca del pescatore che è ancora quella di Ulisse, il peschereccio
devastatore dei fondi marini o le enormi petroliere.”
Fernand Braudel, Il Mediterraneo.
TITANIC IN PILLOLE
Passeggeri
Perdite
S alvati
Totale
1^ classe
119 uomini,
11 donne e bambini
142 uomini,
24 donne e bambini
417 uomini,
119 donne e bambini
682 uomini,
3 donne
1517
54 uomini,
145 donne e bambini
15 uomini,
104 donne e bambini
69 uomini,
105 donne e bambini
194 uomini,
20 donne
706
338
269 metri
LUNGHEZZA
28 m.
LARGHEZZA :
2^ classe
3^ classe
Equipaggio
Totale
285
710
ALTEZZA DEL PONTE S U LINEA DI GALLEGGIAMENTO:
18 m. (53 m. l'altezza totale )
DIS LOCAMENTO:
PROPULS IONE:
a vapore, mediante 29 caldaie con una potenza di 51.000 CV
VELOCITÀ MAS S IMA :
899
2222
46.328 t.;
23 nodi (43 km/h)
CAPACITÀ MAS S IMA PAS S EGGERI:
547 (di cui 899 uomini equipaggio);
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12
Acqua: gestione privata o
gestione pubblica?
acqua
A proposito del Referendum 12 Giugno 2011.
Mirko Di Luzio e Jacopo Tenan - III G
T
utto è cominciato il 17 novembre 2009, quando il
governo pone la fiducia sul cosiddetto “Decreto
Ronchi”, che all’articolo 23 bis sancisce definitivamente il passaggio al settore privato della gestione dei servizi al cittadino, tra cui anche la gestione dell’acqua, in
linea con la maggior parte dei paesi europei.
In Italia si scatena un ampio dibattito che conduce al referendum celebrato nella primavera del 2011.
Si schierano contro la privatizzazione coloro che rivendicano il diritto all’acqua come bene pubblico a tutti gli effetti,
un bene di primaria importanza che purtroppo in molte
zone povere del Mondo è ancora soltanto un miraggio.
Essere contro la privatizzazione dell’acqua, secondo alcuni, significa essere impegnati moralmente per una giusta
causa, da difendere a spada tratta. Significa non permettere
ai soggetti privati di speculare economicamente su questo
bene che, mentre da noi rischia di diventare monopolio
esclusivo di pochi, in molte parti del Mondo non è ancora
bene pubblico di cui i popoli possono usufruire.
Oltre all’aspetto morale, tra le principali paure c’è poi quella che i privati possano gestire la “risorsa acqua” secondo il
loro esclusivo interesse economico.
Di parere diverso, invece, è il fronte del sì, che in merito
all’ansiosa situazione dei servizi pubblici che non funzionano come dovrebbero e che sono mal gestiti rendendoli una
principale fonte di spreco di denaro pubblico (oltre il 65%),
crede c≤he sia giusto affidare la gestione dell’acqua ad
imprenditori privati, sicuramente meno propensi agli sprechi
in quanto non ne trarrebbero alcun vantaggio economico.
Ma il fronte del NO incalza: e se qualche utente non paga,
o meglio non è in grado di pagare, che cosa accadrà? Ci
sarà la possibilità di creare “eccezioni” a casi difficili di
persone in difficoltà?
È ovvio che nessuno vuole lo spreco del “bene acqua”, ma
la gestione privata dell’acqua che risponde alla logica
“costi-ricavi” presenta seri dubbi sul futuro dell’erogazione
del bene-servizio.
Contro la gestione privata dell’acqua lavora anche la diffidenza dei cittadini italiani nella capacità delle istituzioni di
bandire gare di appalto trasparenti, di scegliere seri amministratori e di attuare rigorosi controlli. Più certi appaiono
invece gli aumenti dei costi per i consumatori e la prepotenza delle società erogatrici non contrastata da una classe
politica spesso indebolita ed infiacchita.
Il referendum del 12 giugno 2011 si è espresso a favore dei
sostenitori dell’acqua come bene pubblico.
Stefano Mareschi III G
LA PRIVATIZZAZIONE DELL’ACQUA
SECONDO PROTAGORA
L
o scorso anno è stato indetto un referendum per
far scegliere al popolo italiano tra l’ acqua pubblica o privata.
Analizziamo la questione prendendo come punto di riferimento il filosofo Protagora, nato ad Abdera e vissuto tra
il 480 a.C. e il 400 a.C. circa, uno tra i maggiori esponenti della dottrina relativista.
Innanzitutto bisogna distinguere due livelli: il “campo
della conoscenza” dal “campo dell’ azione” che dal filosofo vengono distinti per indicare rispettivamente le opinioni che teoricamente vengono formulate e che sono
poste tutte sullo stesso piano, e le ipotesi tra le quali
viene scelta ed applicata una soltanto nella pratica secondo il criterio dell’ utile. Si muove sul campo dell’azione
chi è favorevole alla privatizzazione; questi, ragionando
sull’ utilità, portano avanti l’ ipotesi secondo la quale la
gestione privata dell’acqua sarebbe un bene in quanto
eviterebbe molti sprechi. I contrari invece, ragionando
sul principio, si schierano dalla parte opposta dei precedenti perché pensano che l’acqua sia un bene comune e
di vitale importanza, quindi inalienabile.
A questo punto, dopo aver illustrato i “ragionamenti
doppi ma ugualmente validi”, bisogna seguire un percorso logico che porti a far prevalere una delle due ipotesi e
a condannare l’altra.
In ambito politico Protagora si pone il problema di come
decidere cosa sia buono e utile per la città, e risponde
che, in accordo con i principi democratici, è giusto ciò
che è ritenuto tale dalla città, ovvero dalla maggioranza
dei cittadini. Adattando questa premessa al referendum
dello scorso anno, nel quale gli italiani hanno votato contro la privatizzazione della gestione dell’acqua, si può
facilmente dedurre che questa non può essere giusta per
il Paese.
Alla luce di questo ragionamento, personalmente mi
schiero contro la privatizzazione dell’ acqua perché, concettualmente parlando, trovo che l’ acqua essendo l’elemento di vitale importanza di tutti gli esseri viventi è
impensabile che possa essere gestita da un ente privato.
Gli argomenti principali usati da chi è favorevole alla privatizzazione sono lo spreco e l’inefficienza della gestione pubblica, che nessuno può negare. Penso però che sia
vergognoso pensare di poter speculare sull’ acqua, che –
in quanto indispensabile - pone un problema politico in
senso “forte” , esteso cioè alla dimensione più propriamente etica.
Gli italiani hanno votato a favore dell’acqua come bene
pubblico: spero che questa decisione sarà rispettata.
Flaminia Valchera III G
Giornale Liceo scientifico 2012:Giornale liceo scientifico 2012 29/05/12 19:10 Pagina 13
13
CHE ACQUA BEVIAMO?
Intervista al funzionario del Comune di S. Marinella
“
Le acque destinate al consumo umano devono essere
salubri e pulite. Non devono contenere microrganismi
e parassiti, né altre sostanze, in quantità o concentrazioni tali da rappresentare un potenziale pericolo per la
salute umana”.
Questo è quanto sancisce il decreto legislativo numero 31
del 2 febbraio 2011.
La legge regolamenta dal punto di vista sanitario tutti gli
aspetti organolettici, microbiologici ed i processi di gestione legati all’erogazione dell’acqua fissando così dei limiti
di concentrazione massima ammissibile.
I parametri vengono stabiliti tenendo conto dell’assunzione massima giornaliere su lunghi periodi, della natura del
contaminante e della sua eventuale tossicità.
Purtroppo è facoltà delle amministrazioni locali, in caso di
necessità, innalzare i limiti con delle ordinanze temporanee, che rendono le nostre acque meno sicure.
Tutto questo diminuisce sensibilmente la fiducia dei cittadini nei confronti dell’acqua erogata dal rubinetto
domestico, portandoli ad un consumo sempre maggiore
delle acque in bottiglia; ciò oltre a creare un evidente
aggravio economico, provoca anche un incremento dei
fattori inquinanti.
Una maggiore trasparenza d’informazione su quello che in
realtà esce dai nostri rubinetti di casa potrebbe concorrere
ad accrescere la fiducia dell’acqua potabile pubblica, dato
che è compito delle amministrazioni garantire la qualità
dell’acqua. Abbiamo intervistato un funzionario del comune di Santa Marinella, Domenico Guidoni, per conoscere la
nostra realtà locale; gli abbiamo perciò posto alcune
domande, secondo noi significative, per tranquillizzare e
informare i cittadini riguardo all’acqua che beviamo.
“ Con quali criteri l’acqua viene definita potabile?
Vi è una legge che stabilisce i criteri di potabilità dell’acqua e poi viene demandato all’Asl il compito di effettuare
dei prelievi periodici per verificare il rispetto dei parametri
previsti dalla normativa vigente. Oltre alla Asl noi abbiamo
in gestione il servizio idrico all’ ACEA dal 1 gennaio del
2006, che provvede a sua volta a effettuare analisi di routine oltre a quelle che effettua normalmente l’ente pubblico.
Come viene depurata l’acqua potabile del nostro territorio?
L’acqua che viene immessa nel territorio comunale viene
da acquedotti principalmente gestiti dall’ ACEA, ovvero
dall’acquedotto principale del Peschiera, perciò è acqua di
sorgente e quindi potabile e rientra tranquillamente nei
parametri di legge. Inoltre l’ ACEA provvede a effettuare
anche lungo il percorso dalla sorgente alla distribuzione,
che avviene attraverso decine di km, alcune filtrazioni per
eliminare le impurità e verfica giornalmente il rispetto dei
parametri. Per quanto riguarda, invece, gli acquedotti periferici cioè quelli collegati all’acquedotto del nuovo
Mignone parliamo questa volta di un’acqua proveniente da
una sorgente che poi attraversa un fosso, perciò viene trattata con un impianto di potabilizzazione, situato nel territorio di Civitavecchia.
Possiamo perciò affermare che l’acqua del rubinetto a
Santa marinella si può bere?
Si, si può bere tranquillamente.
Per molto tempo si è detto che l’acqua nel nostro territorio
aveva un’ alta percentuale di arsenico. Questo problema è
stato risolto o sussiste tutt’ora?
Il problema dell’arsenico non riguarda il 98% degli acquedotti, soltanto le utenze che sono collegate all’acquedotto
delle ferrovie presentano questa problematica. L’ ACEA sta
provvedendo a dismettere queste ultime e prenderle direttamente in consegna, così che vengano alimentate direttamente dalla sorgente, o meglio dall’acquedotto principale
dell’ ACEA. Che l’acqua di Santa Marinella non abbia problemi ce lo conferma, indirettamente, l’ACEA ATO2, che
ha invitato i Sindaci e le ASL di tutti i Comuni interessati
per discutere della potabilità delle acque, escludendo proprio questo comune. Come si può sensibilizzare la gente ad
utilizzare l’acqua del rubinetto?
Vi anticipo una cosa, l’amministrazione culturale sta provvedendo ad installare nel territorio comunale tre centraline
di distribuzione dell’acqua potabile, cioè centraline che
depurano ulteriormente l’acqua attraverso dei filtri, per
dare modo agli utenti di bere acqua potabile a un costo
notevolente inferiore rispetto a quello con cui si compra nei
supermercati. Questa è un’ operazione che va incontro a
quelle che sono le esigenze dei consumatori. Certamente la
popolazione va sensibilizzata attraverso convegni e informazioni-stampa”.
Speriamo di aver soddisfatto le curiosità di tutti i cittadini
di Santa Marinella, così che il consumo dell’acqua del rubinetto sia da adesso in poi più frequente.
Camilla Profili, Ilaria Pucci, Valerio Tofi, Marco
Pasqualini, Emanuele Sgamma, Federico Di Loreto IV G
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Chiudi il rubinetto
A
cqua, oro blu, una risorsa preziosa che molto spesso non
viene apprezzata nella giusta misura. La superficie terrestre
è composta per il 71% di acqua, ma l’acqua dolce disponibile rappresenta solo lo 0,008% dell’acqua totale. Ad aggravare la
situazione si sono aggiunti dal 1950 in poi inquinamento, incremento demografico e soprattutto lo sfruttamento idrico incontrollato dei paesi in via di sviluppo.
Risultato?
Una riduzione del 40% delle risorse idriche e 1,4 milioni di persone che non hanno accesso all’acqua potabile, senza dimenticare i 2
miliardi che pure avendone accesso non possono usufruirne per le
cattive condizioni sanitarie. La prospettiva futura e tutt’altro che
rosea. Alcune previsioni affermano che la domanda d’acqua entro il
2050 raddoppierà portando la maggior parte della popolazione
mondiale a dover affrontare una seria carenza d’acqua potabile.
Quello che sorprende (e dovrebbe far riflettere) è l’andamento
molto sbilanciato dei consumi: un individuo in un paese industrializzato consuma circa il triplo d’acqua di uno che abita in un paese in via di sviluppo. Così ci ritroviamo col problema che la fetta più grande della risorsa idrica è consumata dalla minima parte della popolazione. Il primo
passo verso una soluzione a portata di tutti è quello di evitare gli sprechi: un rubinetto che goccia, uno sciacquone che perde, lasciare scorrere l’acqua mentre si lavano i piatti o mentre ci si insapona o quando si lavano i
denti, fare il bagno invece della doccia, usare una lavatrice o una lavastoviglie non a pieno carico; tutte cose che
possono fare la differenza. Con un po’ di attenzione, questi sprechi si possono evitare; basta acquisire l’abitudine dei piccoli gesti del quotidiano che costano poco e che, per i meno fortunati, valgono molto. Cerchiamo di
sensibilizzarci di più su questo argomento, perché l’acqua non è infinita ed è troppo importante per essere sprecata; fallo per te, fallo per la tua famiglia, fallo per il mondo, chiudi il rubinetto.
di Andrea Perugini
Pochi gesti quotidiani per evitare lo spreco dell’acqua.
No al rubinetto che goccia, allo sciacquone che perde, non lasciare scorrere l’acqua mentre lavi i
piatti o ti insaponi o quando ti lavi i denti, fai la doccia e non il bagno, usa la lavatrice o la lavastoviglie a pieno carico.
L’acqua non è infinita ed è troppo importante per essere sprecata; fallo per te, fallo per la tua famiglia, fallo per il mondo, chiudi il rubinetto.
Andrea Perugini – IV G
Neki od nacina, u stalnom zivotu, minimalne potrosnje vode.
Ne, slavina iz koje kaplje voda, vodokotlic kji trosi vodu, ne ostavzjaj vodu odurnutu, dok peres
sudove ili dok pere zube, tusiraj se i nepuni kadu vodom, upotrebljavaj ves masinu ili masinu ja
sudove, kada je puna sudova ili vesa za pranje. Voda nije bezkrajna i mnogo je dragocjena da bi se
trosila bez potrebe; cini za tebe, za tuoju familiju, za cijeli svijet, zatvori slavinu.
Traduzione in serbo di Nebojsa Kolar, papà di Stefan II G
Malo svakodnevnih poteza za izbjegavanje bezpotrebne potrosnje vode.
Kazi ne slavini koja kaplje, vodokotlicu koji propusta vodu, ne ostavljaj da voda uzaludno tece dok
peres posude ili se nasapunjavas ili peres zube, bolje tusirati se nego kupati, koristi perilicu ili stroj
za pranje posuda uvjek punu.
Voda nije beskonacna i previse je bitna da bi se neodgovorno trosila, uradi to za sebe, uradi to za
tvoju obitelj, uradi to za svijet, zavrni slavinu.
Traduzione in croato di Nihod Kulovic e Valentina Mikulic, mamma e papà di Adi II H
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Acqua. Israele/Palestina: 5 a 1
P
ochi sanno che la guerra tra
Israele e la Palestina, considerata soprattutto guerra di religione sia alimentata, in realtà, anche
dal problema dell’acqua. In queste
terre dove da sempre regna una difficile situazione politico-sociale, il
susseguirsi di devastanti siccità e la
poca acqua presente hanno generato
contrasti insanabili ed interminabili.
Inoltre la strategia militare adottata
da Israele negli ultimi decenni, ha
determinato che lo stato ebraico
ricevesse due terzi della sua acqua
dai territori conquistati nel 1967 con
la guerra dei 6 giorni. Anche in questo caso, sebbene la guerra sia scoppiata per motivi legati alle risorse
petrolifere, vi furono ripercussioni
sulla gestione dell’acqua e da allora
Israele, uscito vincitore, controlla
ancora le risorse idriche nei territori
occupati, con il risultato che oggi il
consumo dell’acqua pro capite
annuo degli israeliani è circa di cinque volte superiore a quello dei
palestinesi. Considerate queste premesse appare molto difficile porre
fine a questi contrasti.
Di recente anche Amnesty International ha tentato di intervenire sulla
questione, ma ancora l’85% dell’acqua palestinese viene gestita dagli
israeliani che hanno anche espropriato i pozzi e vietato colture che
necessitano di molta quantità di
acqua. Inoltre si verificano gravi
disagi in quei villaggi palestinesi che
hanno come unica risorsa d’acqua le
autocisterne. Infatti questo tipo di
trasporto ha un costo elevato ed in
più i blocchi stradali della Forza di
difesa israeliana costituiti da check
point rendono difficile per gli autotrasportatori raggiungere i luoghi
ove l’acqua scarseggia, poiché le
cisterne vengono spesso danneggiate
dai colpi d’arma da fuoco.
In un mondo in cui aumenta la popolazione mentre diminuisce la ricchezza idrica, il potere è nelle mani
di chi si accaparra sorgenti e fonti
del nuovo oro blu.
Matteo Corona III G
Few daily actions to avoid the waste of water
No!: to dripping tap, to the leaking flushing tank,
don't leave the water running during the washing
up or when you’re soaping yourself or brushing
your teeth, having a shower and not a bath, using
the washing machine or the dishwasher at full
load. The water isn't endless and it is too important to be wasted; do it for you, do it for your
family, do it for the world, turn off the tap.
Traduzione di Margherita Settimi I G
Pocos gestos cotidianos para evitar el derroche
de agua.
Di no al grifo que gotea, al váter que pierde, no
dejes que el agua corra mientras estás fregando
los platos o estás usando el jabón para lavarte las
manos, cuando te estás cepillando los dientes,
dúchate y no te bañes, usa la lavadora o el lavavajillas sólo cuando estén llenos.
El agua no es interminabile y es tan importante
que no se puede derrochar; hazlo por ti, por tu
familia, hazlo por el mundo entero, cierra el grifo.
Traduzione di Stefano Moretti I G
Giornale Liceo scientifico 2012:Giornale liceo scientifico 2012 29/05/12 19:10 Pagina 16
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L’ A F R I C A S E N Z A ACQ UA
Q
uando noi abbiamo bisogno di acqua, apriamo il rubinetto ed ecco che questa scorre fra
le nostre dita. Non è così nei paesi più poveri, dove l’acqua rappresenta uno dei beni più preziosi. Nel nostro pianeta, infatti, l’acqua non è
distribuita omogeneamente,
vi sono paesi ricchi di sorgenti d’acqua illimitate (o
quasi), e altri che, al contrario, a causa del clima e del
territorio, ne sono privi.
Uno dei continenti, ove la
scarsità d’acqua si fa sentire con maggiore impatto, è
l’Africa. Qui, la disponibilità d’acqua è diminuita di
tre quarti negli ultimi cinquant’anni. Il clima africano è caratterizzato da lunghi periodi di siccità. Un
clima caldo, arido, desertico, che non permette lo
sviluppo agricolo necessario alla sussistenza della
popolazione. In paesi come la Tanzania, il Kenya,
l’Uganda e il Sudan risulta difficile trovare acqua
a sufficienza, anche solo per dissetarsi. Questo comporta lunghi viaggi, sotto il battito caldo e incessante del sole, alla ricerca di pozzi ove rifornirsi di
acqua potabile. Il più delle volte questo compito
spetta alle donne e ai bambini perché gli uomini
sono occupati nel lavoro, e questo li espone ai pericoli della strada e alle malattie. Queste lunghe ore di
cammino, in cerca di acqua, e il ritorno, carichi di
pesanti taniche, provocano danni fisici in particolare nei più piccoli. E in più “rubano” loro il tempo da
dedicare allo studio e al lavoro. La quasi mancanza
di acqua potabile e pulita, comporta anche la diffusione di malattie quali il tifo, il colera, infezioni ed
epatiti. In Africa, si contano circa 30 mila decessi
alla settimana, causati proprio dalla mancanza di
questa risorsa basilare per il corpo umano. Per lo più
si tratta di bambini, i più soggetti e deboli di fronte
a questa carenza, che vivono in luoghi privi delle
più elementari norme igieniche, abituati a bere
acqua insalubre. Eppure spesso basta poco per
migliorare la qualità della vita di queste persone,
come la costruzione di un
pozzo nelle vicinanze dei
villaggi. I pozzi permettono
alla popolazione di utilizzare acqua potabile, di
migliorare nettamente le
condizioni igieniche e di
coltivare la terra anche
nelle stagioni di secca,
potendo contare su una preziosa fonte di acqua potabile in qualsiasi momento.
Molti enti e organizzazioni
come l’Unicef e le Onlus si
occupano di tutto ciò, cercando fondi per la loro costruzione. L’associazione
AMREF, un’organizzazione sanitaria privata, ha in
attivo molti progetti per la costruzione di impianti
idrici, soprattutto in Tanzania e in Kenya.
Raccolgono i soldi necessari grazie alle donazioni,
chi vuole aiutarli può dare il proprio contributo
anche comprando da loro le bomboniere per le
feste, donando così il ricavato ai villaggi dove l’associazione ha deciso di intervenire. L’AMREF si
basa su un metodo partecipativo che coinvolge attivamente le popolazioni a cui sono devoluti gli aiuti,
sensibilizzandoli all’utilizzo dell’acqua e promuovendo l’educazione sanitaria e igienica per insegnare ad utilizzare e a mantenere pulito e agibile il
pozzo. Per costruire un pozzo, bastano all’incirca
3000 euro. Un piccolo contributo, una piccola donazione, può permettere a queste persone di migliorare la loro qualità di vita e di vivere dignitosamente.
Nocerino Rossella. III G.
“La pioggia è un autentico avvenimento in tempo di siccità (…) .L’acqua piovana nelle cisterne e nei pozzi
aveva per molti mediterranei, il sapore di un’infanzia di privazioni e di precoci arsure inappagate.”
Predrag Matvejevic, Mediterraneo, un nuovo breviario.
“Non c’è cosa più bella della notte estiva sul mare, del silenzio screziato dallo sfrigolio della prua
contro le acque che si fendono”
Raffaele Nigro, Diario mediterraneo
Si ringraziano tutti gli insegnanti per la disponibilità e la collaborazione, in particolare Cinzia Amorosi e Paola Rocchi
Stampa: Cooperate Tel. 0766 571392 - 0766 396158 • Fax: 0766 571700 • e-mail:[email protected]
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