PROSA
OPERETTA
Roberto Cominati
Nato a Napoli nel 1969, ha iniziato giovanissimo lo studio del pianoforte, partecipando già dal
1976, con i più alti riconoscimenti, ai più importanti concorsi pianistici italiani, e ottenendo a
otto anni l’ammissione per meriti speciali al Conservatorio S. Pietro a Majella.
Ha studiato dal 1984 con Aldo Ciccolini all’Accademia Superiore di Musica “Lorenzo Perosi”
di Biella e dal 1989 con Franco Scala all’Accademia Pianistica “Incontri col Maestro” di Imola.
Vincitore del Primo premio al Concorso Internazionale “Alfredo Casella” di Napoli nel 1991,
nel 1993 si è imposto all’attenzione della critica e delle maggiori istituzioni concertistiche
europee con il Primo premio al Concorso Internazionale “Ferruccio Busoni” di Bolzano.
Nel 1999 ha ottenuto il Prix Jacques Stehman del pubblico della RTFB e della TV5 France,
nell’ambito del Concours Reine Elisabeth di Bruxelles. Dopo questi premi prestigiosi, Roberto
Cominati ha intrapreso una carriera intelligente, senza disperdersi in un’attività frenetica ma
privilegiando orchestre e direttori di rango, un repertorio stimolante e persino alcune passioni
extramusicali, come quella del volo, che testimoniano di una grande apertura mentale.
Ospite delle più importanti società concertistiche italiane e di istituzioni quali il Teatro alla
Scala di Milano, il Comunale di Bologna, la Fenice di Venezia, il Maggio Musicale Fiorentino,
il San Carlo di Napoli, l’Accademia di Santa Cecilia di Roma, l’Orchestra Sinfonica Nazionale
della Rai, l’Accademia Chigiana di Siena e il Festival dei Due Mondi di Spoleto, ha suonato
al Théâtre du Châtelet di Parigi, al Kennedy Center di Washington, al Festival di Salisburgo,
a Berlino, in Inghilterra, Giappone, Australia, Belgio, Olanda, Finlandia. Ha collaborato con molti
celebri direttori d’orchestra, fra i quali sir Simon Rattle, Andrey Boreyko, Leon Fleisher, Daniel
Harding, Yuri Ahronovitch, David Robertson, Aleksandr Lazarev. “Amadeus” sta per pubblicare
in due CD la sua interpretazione dell’opera integrale per pianoforte di Maurice Ravel.
Orchestra Mitteleuropea
L’Orchestra Mitteleuropea è una realtà di recente costituzione. Raccoglie l’eredità delle
più recenti orchestre regionali radicandosi nel tessuto sociale del nostro territorio non
precludendo collaborazioni e aperture verso i paesi che culturalmente ci sono affini da lustri:
il nome infatti è frutto dell’idea di allargare i confini culturali grazie anche al contatto con talenti
provenienti da nazioni che fanno e faranno parte della Comunità Europea. La nuova Europa,
che ha fatto diventare il Friuli Venezia Giulia non più paese di confine ma centrale, appunto
“mittel”, offre all’Orchestra Mitteleuropea l’opportunità di diventare traino di un progetto che
affonda radici nella tradizione musicale europea. Le capacità professionali assodate di un
gruppo ormai storico di musicisti della nostra regione trovano così un nuovo slancio in un
progetto di matrice europea, dinamico e innovativo senza preclusioni verso la “nuova” musica
con l’ambizione di diventare un’istituzione musicale di riferimento per l’area mitteleuropea.
Violini primi
Stefano Ferrario **
Paola Beziza
Nicola Mansutti
Alessandra Vianello
David Mazzacan
Davide Albanese
Paola Gorza
Lucia Premerl
Anna Moro
Clementina Carluccio
Monica Cordaz
Hanny Killaars
Violini secondi
Pietro Talamini *
Marco Toso
Giulia Tavano
Chiara Antonutti
Anna Apollonio
Caterina Picotti
Ludovica Burtone
Furio Belli
Luigi Calzavara
Leopoldo Pesce
Viole
Margherita Cossio *
Elena Allegretto
Francesca Levorato
Enriketa Cefa
Giuseppe Curri
Andrea Moro
Rosanna Romagnoli
Giovanni Boscarato
Violoncelli
Alejandro Biancotti *
Massimo Favento
Mara Grion
Francesca Favit
Lisa Pizzamiglio
Federica Tavano
Contrabbassi
Fabio Serafini *
Paolo Mazzoleni
Mauro Zavagno
Laura Soranzio
Flauti
Francesca Cilione *
Tiziano Cantoni
Flauto e Ottavino
Michela Gani *
via Trento, 4 - Udine
Tel.: 0432 248411
[email protected]
www.teatroudine.it
Oboi
Enrico Cossio *
Giulia Cristante
MUSICA
DANZA
LIRICA
CROSSOVER
SIPARI FURLAN
TEATRO BAMBINI
TEATRO GIOVANI
Corno Inglese
TEATRO &
Katia Curcio *
Clarinetti
Davide Argentiero *
Elena Paroni
Clarinetto Basso
Nicola Bulfone *
Fagotti
Dario Braidotti *
Anna Flumiani
Controfagotto
Matteo Scavazza *
domenica 7 marzo - ore 17.00 A TEATRO DA GIOVANNI - SIPARI FURLAN
Teatro Nuovo Giovanni da Udine
Associazione Teatrale Friulana
MARI AGHE
di Franca Mainardis
regia di Daniela Zorzini
spettacolo in lingua friulana per bambini e ragazzi dai 5 anni
venerdì 19 marzo - ore 20.45 DANZA
Bill T. Jones/Arnie Zane Dance Company
SERENADE/THE PROPOSITION
testo originale, ideazione e direzione Bill T. Jones
coreografia Bill T. Jones con Janet Wong e i membri della compagnia
musica originale composta e arrangiata da J. Begin, L. Komara e C. A. W. Lancaster
Corni
lunedì 22 marzo - ore 20.45
MISCHA MAISKY violoncello
Johann Sebastian Bach
Suite n. 3 in do maggiore BWV 1009
Suite n. 2 in re minore BWV 1008
Suite n. 6 in re maggiore BWV 1012
Trombe
mercoledì 24 marzo - ore 20.45 OPERETTA
Compagnia Corrado Abbati
MY FAIR LADY
libretto di Alan Jay Lerner
musiche di Frederic Loewe
dall’opera Pigmalione di George Bernard Shaw
adattamento e regia di Corrado Abbati
con Corrado Abbati, Antonella Degasperi, Francesca Dulio,
Mattia Lanteri, Fabrizio Macciantelli, Carlo Monopoli,
Raffaella Montini, Alessandro Pini, Roberto Riganello
Andrea Liani *
Mauro Verona
Luka Grego
Andrea Comoretto
Fabiano Cudiz *
Morris Sebastianutto
Luca Bastiancig
Tromboni
Sergio Bernetti *
Francesco Nigris
Valentina Pieri
Tuba
Massimo Tomadini *
Timpani
Giorgio Ziraldo *
Percussioni
Giorgio Fritsch
Tomislav Hmeljak
Annamaria Del Bianco
Arpa
Emanuela Battigelli *
Pianoforte e Celesta
Ferdinando Mussutto *
sabato 27 marzo - ore 20.45 CROSSOVER
domenica 28 marzo - ore 16.00 (fuori abbonamento)
Licedei Clown Theatre, San Pietroburgo
LA FAMIGLIA (SEMIANYKI)
regia e scene di Boris Petrushansky
con Alexander Gusarov, Olga Eliseeva, Marina Makhaeva,
Kasyan Ryvkin, Elena Sadkova, Yulia Sergeeva
Il leggendario teatro russo di clown e mimi creato da SLAVA Polunin
martedì 30 marzo - ore 20.45
LOUIS LORTIE pianoforte
Fryderyk Chopin
12 Studi op. 10
3 Nuovi studi op. post.
12 Studi op. 25
** Spalla
* Prime Parti
Biglietteria on line:
www.teatroudine.it
www.vivaticket.it
print: La Tipografica srl
Nato in Svezia, ha iniziato la carriera come violinista. Ha ottenuto riconoscimenti in vari
concorsi tra cui il Concorso Paganini di Genova. È stato assistente di Sándor Végh e ha
collaborato come Konzertmeister con la Camerata Salzburg, l’Orchestra della Volksoper
di Vienna e i Wiener Symphoniker. Nel 1995 ha fondato la Philharmonia Wien. Nominato
Direttore principale della Tasmanian Symphony Orchestra, nel periodo 2001-2003 ha diretto
diversi complessi orchestrali australiani, tra cui la Sydney Symphony Orchestra, le Orchestre
di Melbourne, del Queensland, di Adelaide e Perth, tutti complessi con i quali continua
tuttora a collaborare. Dal 2003 è Direttore stabile dell’Orchestra Haydn di Bolzano e dal
2008 è Direttore principale della Württembergische Philharmonie Reutlingen. Numerose
e di notevole rilievo le sue esibizioni in Europa, dove ha diretto le più importanti orchestre
scandinave, la Scottish Chamber Orchestra, la Wiener Kammerorchester, la Filarmonica di
Belgrado, la Filarmonica di Varsavia, la Filarmonica Nazionale Lettone, l’Orchestra dell’Arena
di Verona e la Niederösterreichisches Tonkünstlerorchester. Recentemente ha debuttato con
la BBC Symphony Orchestra, con l’Orchestra della Radio di Francoforte, con la Filarmonica
di Oslo, con l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai e con l’Orchestra del Teatro La Fenice
di Venezia. Ha realizzato numerose incisioni discografiche, tra cui l’integrale delle opere della
compositrice inglese Sally Beamish con l’Orchestra da Camera Svedese; arie di Mozart
e Haydn e Ouvertures di Rossini con la Tasmanian Symphony Orchestra per la ABC-Classic,
etichetta australiana per cui ha registrato anche una serie di cd dedicati ad alcuni compositori
australiani contemporanei. Ha inoltre collaborato con Harmonia Mundi e prossimamente sarà
impegnato con Decca. Svolge una intensa attività anche in ambito operistico: dopo il debutto
nel 1993 con La Belle Hélène di Offenbach a Malmö, si è concentrato soprattutto sul
repertorio mozartiano con titoli come Die Zauberflöte, Così fan tutte, Idomeneo, La clemenza
di Tito, Le nozze di Figaro, affrontando inoltre opere di Verdi come Il trovatore e La traviata,
il Fidelio di Beethoven e operette di Strauss, Lehár e Kálmän.
ORCHESTRA MITTELEUROPEA
Studio Patrizia Novajra
Ola Rudner
sabato 6 marzo 2010 - ore 20.45
OLA RUDNER direttore
ROBERTO COMINATI pianista
ORCHESTRA MITTELEUROPEA
OLA RUDNER direttore
ROBERTO COMINATI pianoforte
ORCHESTRA MITTELEUROPEA
George Gershwin (1898 - 1937)
Girl Crazy, Ouverture
George Gershwin
Concerto in fa per pianoforte e orchestra
Allegro
Adagio - Andante con moto
Allegro agitato
***
Igor Stravinskij (1882 - 1971)
Concerto in mi bemolle per orchestra da camera “Dumbarton Oaks”
Tempo giusto
Allegretto
Con moto
Sergej Prokof’ev (1891 - 1953)
Sinfonia n. 1 in re maggiore op. 25 “Classica”
Allegro
Larghetto
Gavotta. Non troppo allegro
Finale. Molto vivace
George Gershwin
Girl Crazy, Ouverture
Custerville, Arizona. Un giovane playboy cerca di sfuggire alle tentazioni di New
York, trasferendosi nella fattoria del padre. Ma nemmeno la lontananza dalle
scintillanti luminarie di Broadway riesce a cambiare il suo temperamento; e il ranch
si trasforma ben presto in un ricovero per cowboys alla ricerca di avventure piccanti.
Non mancano sparatorie tra banditi e integerrimi uomini di legge, né scappatelle
gaudenti in squallidi motel di provincia. Solo una giovane ragazza, timida e fragile
come un fiore appena colto, riesce a redimere il playboy dalla sua vita peccaminosa.
Sarà lei a conquistare definitivamente il suo cuore in un finale all’insegna dei buoni
sentimenti. È questo lo scenario di Girl Crazy, il musical con cui George Gerwhwin
nel 1930 conquistò l’Alvin Theatre di New York. E non deve stupire il fatto che
dal lavoro teatrale siano state ricavate ben due sceneggiature cinematografiche
(nel 1932 e nel 1943). Fin dall’ouverture iniziale colori e immagini prendono
vita; nel celebre tema affidato agli ottoni si rispecchia tutto l’abbagliante scintillio
di Times Square; e la musica di Gershwin sembra trasformarsi in una pellicola
da vedere schioccando le dita a ritmo di swing.
George Gershwin
Concerto in fa per pianoforte e orchestra
Composto nel 1925, il Concerto in fa di Gershwin è lo specchio di quella cultura
profondamente cittadina, in cui a dominare è il caos, il ritmo nervoso e indiavolato
delle grandi metropoli: quel gusto per l’incrocio tra strade e percorsi affollati,
in cui il collettivo vince sull’individuale. Fu lo stesso compositore a dichiarare
la natura metropolitana del lavoro, prevedendo un titolo perfettamente esplicito:
New York Concerto. Solo in un secondo momento, forse su pressione dell’editore,
la scelta ricadde su un titolo più tradizionale, Concerto in fa, con la chiara intenzione
di sottolineare il carattere accademico della pagina: qualcosa in apparente
contrasto con il clima più schiettamente descrittivistico della Rhapsody in blue,
nata pressoché negli stessi mesi. Per Gershwin, a ventisette anni, era venuto
il momento di reclamare un posto tra i grandi della musica colta: un progetto
ambizioso per un musicista che sembrava nato per cavalcare gli strumenti della
contemporaneità. Ed è per questo motivo che il Concerto in fa resta una pagina
fascinosamente ambigua, in cui le spinte improvvisative sono a stento arginate da
una struttura formale che cerca di allinearsi alla tradizione viennese: il ritmo indugia
sui sincopati, l’armonia predilige le sporcizie del blues, l’orchestrazione prende
colori percussivi, le atmosfere notturne del movimento lento sono strettamente
imparentate con le ballads jazz. Per la storia erano gli anni Venti del Novecento:
la vertiginosa ascesa economica di Wall Street stava per andare in pezzi di fronte
alla grande crisi del 1929. New York si espandeva in altezza, cercando il modo più
rapido per arrivare a dominare il mondo; e Gershwin, nonostante qualche buona
intenzione accademica, era nato per scrivere la scintillante colonna sonora di quel
periodo rumoroso e affaccendato.
Igor Stravinskij
Concerto in mi bemolle per orchestra da camera “Dumbarton Oaks”
Nel 1937, durante il suo secondo soggiorno americano, Stravinskij ricevette una
commissione piuttosto curiosa. Due ricchi signori di Dumbarton Oaks, nei pressi
di Washington, Mr. e Mrs. Bliss intendevano richiedergli un brano cameristico da
eseguire nel giardino della loro villa. Nel Settecento nessun compositore avrebbe
battuto ciglio; ma in un mondo in cui stava prendendo forma quell’industria
culturale, che pochi anni dopo sarebbe stata codificata dagli scritti di Theodor
Wiesengrund Adorno e Max Horkheimer, l’iniziativa suonava davvero singolare.
Lo stesso Stravinskij ormai si stava abituando a scrivere su commissione dei grandi
enti sinfonici; tornare a lavorare per un’occasione privata gli pareva uno stimolante
riflesso di un’epoca ormai irrimediabilmente perduta. Non a caso l’intenzione
fu da subito dichiaratamente passatista: «Scrivere un piccolo Concerto nello stile
dei Brandemburghesi». Per i signori Bliss era un indimenticabile modo di trascorrere
il tredicesimo anniversario di nozze; per Stravinskij un’occasione perfetta per
continuare una riflessione neoclassica che dal 1920, l’anno di Pulcinella, stava
continuando a produrre lavori interessanti; ultimo in ordine di tempo, il balletto
Jeu de cartes, rappresentato con la coreografia di George Balanchine proprio
nel 1936. Pare che molto della quadratura formale del Concerto in mi bemolle
“Dumbarton Oaks” si debba alla visita fatta da Stravinskij nel 1938 alla villa dei
Bliss; fu quel giardino così ordinato e geometrico a suggerirgli una concezione
architettonica squadrata, in cui sono molto evidenti e proporzionate le cesure tra
le singole sezioni. La stesura della partitura si protrasse per tutta la primavera;
ma proprio all’inizio delle prove, Stravinskij dovette curarsi per un attacco
di tubercolosi; e fu in quel momento che a rilevare il testimone fu Nadia Boulanger,
interprete della prima esecuzione assoluta avvenuta l’8 maggio 1938, appunto
a Dumbarton Oaks. Stravinskij riuscì a riprendersi solo per la presentazione
pubblica del lavoro, che avvenne a Parigi il 4 giugno dello stesso anno.
L’ombra dei Brandemburghesi si coglie soprattutto nella volontà di rendere solisti
tutti i quindici strumenti dell’organico. La scrittura bachiana colpisce per la sua
pellicola a colori; un’indipendenza delle parti che si contrappone al bianco e nero
(leggi ‘tutti’ e ‘soli’) della tradizione italiana. Stravinskij, proprio come aveva fatto
Ravel orchestrando il Tombeau de Couperin, cerca di ripensare alla malleabilità della
scrittura settecentesca: filamenti in equilibrio che si intrecciano senza rispettare
gerarchie prestabilite. È quello che succede nel primo movimento (Tempo giusto),
quando da una pulsazione continua e inafferrabile emergono alcuni tratti melodici
isolati, che ogni volta spostano la luce su uno strumento differente. Il fugato della
sezione centrale è il perfetto coronamento del discorso bachiano sull’indipendenza
delle parti. Solo in chiusura la frenesia si arresta per qualche istante su un
accenno di corale degli archi: l’autore si lascia scappare un commento nostalgico
nei confronti di una tradizione estinta, che la modernità può solo rimpiangere.
Anche l’Allegretto avanza con un senso di chiarezza tridimensionale, tutto sgambetti
e risatine goliardiche; Alfredo Casella vide addirittura nel tema principale un’eco
della melodia cantata da Falstaff sulle parole «Se Falstaff si assottiglia». Ma non
mancano un paio di squarci di soggettività, che sembrano incrinare proprio quel
distacco neoclassico che un decennio dopo si sarebbe trasformato nella sofferta
riscrittura del Concerto in re. Più spavaldo risuona, invece, il ritmo marziale dell’ultimo
brano (Con moto), in cui Stravinskij riprende le fila del discorso contrappuntistico
avviato nel movimento introduttivo.
Sergej Prokof’ev
Sinfonia n. 1 in re maggiore op. 25 “Classica”
La rivoluzione del febbraio 1917 colse Prokof’ev a San Pietroburgo. Per il compositore
era un evento da salutare con entusiasmo: l’autocrazia zarista, dopo la strenua
resistenza del 1905, finalmente si frantumava sotto i colpi del nuovo governo liberale
presieduto da Kerenskij. Ma il passaggio di consegne non poteva certo avvenire
senza violenza: secoli di oppressione ai danni della povera gente nascondevano
un vulcano di emozioni represse. E Prokof’ev aveva paura del sangue, di quell’odio
che stava esplodendo anche lontano dal Palazzo d’Inverno.
Il rimedio era lo stesso a cui si sarebbe aggrappato anche Stravinskij in fuga dagli
eventi di un presente troppo tetro per essere vissuto anche nell’arte: l’evasione
alla ricerca del passato, di quella stagione musicale che non si sognava nemmeno
lontanamente di mettere in discussione il potere dominante dell’ancien régime.
Fu così che nell’estate del 1917 Prokof’ev dichiarò di voler scrivere «una sinfonia
nello stile di Haydn», nella convinzione che il quieto maestro di casa Esterházy
avrebbe conservato il suo stile - con qualche accorgimento, si capisce - anche
se fosse vissuto fino alla prima metà del Novecento. Proprio nei giorni in cui
la solidità del passato sembrava improvvisamente andare in pezzi, Prokof’ev
sperava di scrivere un’opera che fosse in grado di resistere al passaggio del tempo
e di «affermarsi come pezzo di musica classica».
Il risultato fu la Sinfonia classica, un’opera che già nel titolo contiene un’esplicita
dichiarazione di intenti. Il modello architettonico più adeguato per una simile
operazione era la forma sonata: non a caso Prokof’ev in quei mesi disse di aver
provato un rinnovato interesse per la filosofia kantiana, lo specchio ideologico
di quel pensiero in bilico tra necessità e libertà che la scrittura sonatistica
riflette a ogni nota. La composizione prese vita dalla Gavotta, il movimento più
esplicitamente rétro di tutta la partitura, con i suoi passi di danza che sorvolano
il Settecento sulle ali dei balletti di Čajkovskij. Poi, con non pochi ripensamenti
in sede di orchestrazione (Prokof’ev per la prima volta decise di non utilizzare
il pianoforte per stendere gli abbozzi), presero forma le altre parti della Sinfonia:
l’Allegro colpisce per un élan vital dei legni che a stento è contenuto dagli interventi
collettivi dell’organico; il Larghetto volteggia con le linee aeree dei violini su
un palpitante sostegno dei bassi; quindi il Finale, completamente riscritto nell’estate
del 1917, avanza accentuando la superficie luminescente del primo movimento
ed evitando rigorosamente ogni sfumatura malinconica in tonalità minore.
Tutta la Sinfonia rifiuta con accanimento i lati oscuri dell’esistenza; Prokof’ev chiude
la porta del presente, riflette su un passato che non è mai esistito, soggiacendo
a quel pensiero edulcorato di un’epoca trascorsa che nel 1917 solo il violento
rifiuto della realtà contemporanea poteva provocare.
Dumbarton Oaks
Costruita in stile federale nel 1800, Dumbarton Oaks è stata la residenza
del senatore, nonché vice presidente degli Stati Uniti d’America, John C. Calhoun.
Nel 1920 fu acquistata dal diplomatico Robert Woods Bliss (1875-1962), la cui
moglie era una stimata collezionista d’arte. Nel corso degli anni molti accorgimenti
architettonici hanno contribuito a cambiare radicalmente la fisionomia della casa;
i giardini sono diventati ben presto una delle attrattive più interessanti di tutta
la regione, grazie a molteplici interventi effettuati tra il 1922 e il 1947 da Beatrix
Farrand in collaborazione con Robert Woods Bliss. Nel 1940 i Bliss hanno
donato la casa, le loro opere d’arte e una monumentale biblioteca alla Harvard
University, affinché potesse nascere una fondazione per collezionisti e studiosi.
Oggi Dumbarton Oaks è la sede di uno dei più prestigiosi centri di ricerca nell’ambito
della storia bizantina e precolombiana; e la biblioteca, naturalmente, conserva
il manoscritto autografo del Concerto in mi bemolle di Stravinskij.
Testi di Andrea Malvano
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