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L’anno delle
Meraviglie
Graziano Va!isneri — Natale 2010
A Michele e Cecilia
Mi è tornato fra le mani il librino che avevo scritto per l’anno “duemila”, un
anno straordinario già nelle premesse, atteso con ansia per la paura del millennium bug e dell’avveramento delle profezie apocalittiche, ma anche con
la speranza per l’evento ben più importante del Giubileo e dell’Anno Santo.
Un anno ricco anche di tanti altri fatti piccoli o grandi, familiari o pubblici,
che avevo voluto ricordare: la casa rinnovata nella facciata, la specialità presa da Michele, l’impegno di Cecilia alla facoltà di medicina, il secondo anno
della nostra micia dagli occhi verdi, la consulta dell’Ulivo.
Storie che a distanza di dieci anni mi appaiono lontane e scolorite, perché il
tempo passa veloce e noi siamo sempre più assorbiti dal presente, e da questo 2010 che veramente ci ha portato sorprese meravigliose che hanno cambiato la nostra vita.
Diventare nonni di due bellissimi bambini è un evento veramente speciale,
che riempie il cuore di amore, dà nuove energie, ridona la gioia del sorriso,
rende pacificati, orgogliosi e soddisfatti di quello che abbiamo potuto realizzare nella vita, dandoci la forza di superare con leggerezza le consuete
difficoltà o amarezze. Cambia cioè la prospettiva con cui guardiamo le cose,
e, anche se per lo più il nostro compito è quello di nonni a distanza (ma il
discorso vale anche per le nonne, le zie o le persone che ci sono vicine e seguono con affetto le vicende della nostra famiglia), aumenta il nostro desiderio di partecipare giorno dopo giorno alla crescita di queste nuove vite.
È per questo che ho voluto fissare in alcune cronache e altrettante foto le
cose più belle che ci sono capitate in questo anno di meraviglie, con la consegna in particolare a Michele e Cecilia di tenere questo libretto come documento prezioso da far conoscere fra qualche anno a Luca e Alessandro,
perché possano ritrovare le loro origini e ricordare le persone che hanno
loro voluto un gran bene.
Il papà e bi-nonno Graz
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L’arrivo di Luca Marco
Quando la mattina entro nella chiesa della Steccata, il mio primo sguardo e
il mio primo saluto sono per il quadro della Madonna che allatta, a cui ho
affidato il bimbo che nascerà a Pasadena; così anche i misteri gaudiosi, con
l’annuncio a Maria e l’infanzia di Gesù, ritornano spesso nei momenti importanti della giornata, e mi piace associare i primi due a Cecilia, che affronta ogni giorno le cose nuove della vita, e il terzo a Michele, in attesa del
primogenito. Michele non ha voluto rivelare, sorridendo magari sotto i
baffi, se si tratta di un bimbo o di una bimba, per cui i colori dei golfini devono essere unisex, giallino o verdino; anche le scommesse sul nome non
hanno molto credito. Sappiamo che deve nascere alla fine del mese, che
tutti i controlli vanno bene, e che il bimbo cresce sempre più; Vittoria è sul
punto di partenza, e ha già prenotato un volo per il 30 gennaio.
Ma Elisa e Michele hanno scelto di vivere pienamente da soli la gioia di
questi ultimi momenti, compresi quelli così pregnanti della nuova nascita.
Così il 29 gennaio ci raggiunge la bella notizia: è nato Luca Marco, pesa 3,43
chilogrammi, ed è lungo 48 centimetri. Arrivano poi le prime foto di Luca,
allora ancora chiamato Orsetto, in braccio alla mamma con la “divisa
ospedaliera”, poi ancora in braccio a Michele e nella sua culla. Si sparge a
Parma il tam tam dell’annuncio, a parenti e amici, via telefono e via email;
una notizia che si può leggere direttamente nella luce che brilla nei nostri
occhi, sia quelli dei nonni che delle zie.
Diventare nonno è vivere
un’esperienza nuova, arricchente, che rende più leggeri i nostri passi e pensieri, e riempie i nostri
giorni di una felicità che
vorremmo comunicare a
tutti quelli che incontriamo. Poi l’annuncio si
completa con il racconto
di tutte le fasi, dall’avvio in
ospedale, all’attesa, dal
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parto, ai primi attimi di vita di Luca, momenti che Elisa e Michele avevano
atteso e preparato con precisione scientifica da tempo, e che ora stanno
vivendo. Noi ripetiamo i messaggi, cerchiamo di capire e interpretare, vorremmo subito conoscere il colore degli occhi, anche se sappiamo che per i
primi mesi appariranno solo di un blu scuro; viene spontaneo confrontare la
foto di Luca con quella di Michele nei primi giorni, e vediamo somiglianze
nella perfezione di tutti i lineamenti. Senz’altro ci appare il più bel bambino
del mondo, mentre leggiamo una gioia sconfinata nel sorriso di Michele e di
Elisa. Nelli, che ancora non è entrata nella parte della nonna, cerca di dare
suggerimenti utili, soprattutto per il nome, che sarebbe bello fosse Marco,
come il papà di Elisa; intanto invidiamo tutti Vittoria che sta per arrivare a
Pasadena e vedrà per prima il piccolo americano.
Leggiamo poi nell’oroscopo del 29 gennaio, segno acquario, S. Costanzo,
che i nati in quel giorno “si fanno avanti e combattono per quello in cui credono, ma soltanto se ciò è davvero necessario, perché confidano molto nella
capacità di prevalere, propria dell’intelletto e della ragione nella maggior
parte delle situazioni, e perciò cercano sempre di risolvere le cose nel miglior modo possibile”. Sono ragionevoli, socievoli e anche gaudenti; lo sono
stati forse Anton Cechov, Enrico VI, e Tom Selleck, attore americano, che
hanno anticipato Luca Marco; certo lui si distinguerà da tutti gli altri perché, come tutti i nipotini, per me nonno, è un bimbo speciale.
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L’annuncio di Cecilia
Fra le doti che contraddistinguono Cecilia, penso la più preziosa sia il dono
di saper accogliere le tante sorprese della vita con ottimismo, confidando
nella provvidenza che poi sempre provvede. Lo ha fatto in questi anni per i
cambiamenti di sede, di lavoro, di prospettive, di amicizie, tenendo sempre
forte la fiducia nella vita. Certo ama, di conseguenza, anche fare sorprese ai
propri cari, come quando a fine febbraio, sorridendo, ci ha detto semplicemente che anche lei era in attesa di un bimbo, ormai da quattro mesi, e che
non l’aveva svelato prima per non aggiungere a noi altre preoccupazioni o
distogliere la nostra attenzione dalla gioia per l’arrivo di Luca. Così ha vissuto sola con Michele le ansie, i dolori, le incertezze, le incomprensioni sul
lavoro durante i primi mesi di gravidanza, quando si era anche fatto più pesante il suo disturbo gastroesofageo, non essendole più permessi farmaci
che calmassero i dolori.
E racconta delle rinunce
che fin da Natale aveva dovuto fare: dai mangiarini
preparati da Nelli, allo
strolghino o al cioccolato
che dopo ogni sua visita
faceva parte del bottino di
ritorno. Dal primo marzo
però è in astensione obbligatoria, passerà a Parma
questi mesi, e noi pensiamo
di recuperare il tempo perduto in attenzioni, sostegno, e servizi che possano
renderci utili. Così con
gran piacere comincio anch’io a sentirmi bi-nonno;
ad addentrarmi nel vasto
campo dei corsi preparto,
delle visite di controllo,
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della dieta per le madri che soffrono di stomaco; e a partecipare ai programmi che Michele mette in campo per allestire la cameretta del bimbo
(prima a Parma, poi a Milano dove andrà a lavorare) e per scegliere “ovetto”,
carrozzina, lettino, sistema di controllo audio e video, dopo un’approfondita
indagine di mercato e consulenze di altre nuove mamme o mamme in attesa.
Frequentando il corso del consultorio, Cecilia, oltre a farsi nuove amiche
legate dalla solidarietà del momento che vivono, si specializza sempre più su
tutti gli aspetti medici, fisiologici, e psicologici della mamma e del bambino,
e comincia a preparare la valigetta da tenere sempre pronta in caso di ricovero urgente. Io divento un autista attento a evitare ogni sobbalzo, e partecipo con gioioso ascolto al racconto delle cose sempre nuove che Cecilia
scopre su di sé e sul bambino, che già comincia a farsi sentire con spinte e
sbalzi che impensieriscono anche Cookie.
Con la presa in carico da parte del gruppo ospedaliero, le visite di controllo
diventano settimanali, come pure le preoccupazioni e i dubbi per le diverse
opinioni dei medici, con la possibilità anche di un parto anticipato. Cecilia
reagisce con saggezza, anche perché ha già programmato l’anestesia epidurale per sopportare meglio l’evento. Per questo diventa anche importante il
collegamento costante con Michele ed Elisa, prodighi di suggerimenti sulla
base della loro esperienza.
Poi giungiamo alla fase importante e decisiva dell’ecografia morfologica, a
cui accompagno Cecilia; vengo anch’io chiamato dal dottor Hussein a vedere il bimbo. Scalcia e si muove, ha manine molto lunghe e ben fatte, e si vedono i capelli volare mentre il cuoricino batte allegramente. È per me senz’altro un momento di commossa partecipazione, che rinnova la speranza
nella vita e il desiderio di elevare una grata preghiera al Signore.
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Unite per sempre
Per tanti anni Alberta ha svolto la sua opera di amicizia caritatevole per le
sorelle Benassi, che abitavano sotto di noi al quarto piano di via Trento: Maria Luisa, la più grande, afflitta da una cecità sempre più grave, e Savina,
colpita da tempo da un ictus che la obbligava al letto. Profondamente religiose, i loro giorni erano scanditi dalla recita del rosario, dall’ascolto di Radio Maria, o dalle buone letture che le amiche si prestavano a fare. Un giorno di festa speciale, a cui si preparavano con spirituale attesa, era il primo
venerdì del mese, quando il parroco Padre Silvio andava a portare loro l’Eucarestia e il sacramento della Riconciliazione. Le loro preghiere si elevavano per
la parrocchia, per gli amici, per i missionari, a cui erano molto legate, e in particolare per i bambini poveri e sofferenti
del mondo, a cui non mancavano di destinare le loro offerte.
L’impegno di Alberta era anche quello di
tenerle collegate con il mondo, risolvendo i problemi e le difficoltà giornaliere che potevano capitare, dai rapporti con il medico e l’ospedale a quelli
con le banche; ma soprattutto doveva
svolgere un’azione di pacificazione nei
confronti della loro assistente, che,
molto legata a Savina, litigava spesso
con Maria Luisa non riconoscendole il ruolo di responsabile della famiglia e della casa. Poiché avevamo dato al telesoccorso come
riferimento anche il nostro numero telefonico, spesse volte eravamo chiamati a verificare come stava Maria Luisa che facilmente cadeva e rimaneva
bloccata a terra.
Negli ultimi giorni Savina era stata ricoverata, prima in ospedale e poi quasi
in coma alle Piccole Figlie, mentre Maria Luisa doveva essere assistita in
casa. La situazione era precipitata senza una soluzione adeguata per tenerle
unite; finchè si era finalmente liberato un posto a Villa San Bernardo per
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Maria Luisa. Il suo desiderio più grande anche in questi momenti di difficoltà era quello di non lasciare sola la sorella ammalata, e aveva già preparato
tutto per i funerali, per la tomba comune e per le messe gregoriane di suffragio. Nei pochi giorni di ricovero, la sua preoccupazione aumentava fino a
farle invocare il nome della sorella nel preciso istante in cui Savina spirava
alle Piccole Figlie. Dopo poche ore anche Maria Luisa la raggiungeva nell’abbraccio del Signore. La sua preghiera era stata accolta.
Nei giorni seguenti, e per alcuni mesi, continuarono ad arrivare in via Trento, lettere, giornalini, inviti, e richieste di aiuto dai missionari e dalle associazioni che lottano per la salute dei bimbi nel terzo mondo, a testimonianza della rete di carità e solidarietà che le due sorelle avevano steso negli anni
di vita, e che possono rinnovare nella comunione dei Santi.
Via$io in America
Se non fosse stato per il suo
grande amore verso il nipotino e il desiderio di vederlo, la mia costanza, e la decisione di Michele nel prenotarci il viaggio, difficilmente Nelli avrebbe superato la paura per il lungo volo
verso la California. Così una
mattina di maggio, carichi
di bagagli e di ansie e timori, abbiamo preso il treno
per Bologna, poi la navetta per l’aeroporto, poi il primo volo per Parigi, e
qui finalmente ci siamo imbarcati sul Boeing dell’Air France per Los Angeles. Le ore sono passate più veloci del previsto, guardando Avatar in inglese,
seguendo sullo schermo la traiettoria dell’aereo, facendo cena e colazione
con le portate di alto nome ma di grigio sapore, gustando un aperitivo con
un cognac, impegnandosi a conquistare la toilette finalmente libera, e infine
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conversando con una signora in visita alla figlia,
amica e collega di Michele.
Dopo un veloce passaggio
alla dogana, ci siamo trovati nell’aria calda della sera
californiana, ricca di luci,
con il panorama dei grattacieli e delle alte palme, che
a me danno sempre un senso di ampi spazi e libertà.
Con tanta emozione abbiamo varcato la soglia di casa per incontrare il piccolo Luca, che ci osservava con i grandi occhi blu e l’aria interrogativa, trasformatasi subito in un
sorriso. Forse solo i pastori a Betlemme avevano il cuore colmo di gioia e di
attesa come il nostro. Dopo esserci cambiati, Michele ci assegnava un nostro spazio “di movimento” sul divano bianco di fronte a quello riservato a
Luca, che doveva essere protetto dai germi raccolti nel viaggio.
Dopo la cena, ancora commossi e grati al Signore per avere raggiunto la meta, Michele ci ha accompagnato al nostro Residence. Qui ho avuto la sgradita sorpresa di scoprire sul costato un grappolo di rosse pustolette, da cui si
irradiava un forte bruciore, che l’emozione del viaggio mi aveva fatto fino ad
allora ignorare. Si trattava purtroppo dell’inizio di “shingles”, come mi diagnosticava una solerte infermiera asiatica il giorno dopo, da noi più familiarmente conosciuto come “fuoco di S. Antonio”. Con questa compagnia
iniziavo il mio soggiorno in terra americana, a debita distanza da Luca come
deve fare un nonno “appestato” (secondo la definizione di Nelli).
Sono stati comunque giorni belli, intensi, e ricchi di momenti gioiosi che
meriterebbero ciascuno un lungo particolare racconto, e che sempre ritornano vivi nella nostra memoria, per l’affettuosa accoglienza di Elisa e Michele, preoccupati a inventarsi sempre nuove occasioni per farci conoscere,
oltre che il bambino e la vita della loro piccola famiglia unita, le cose belle di
Pasadena e Los Angeles. Così abbiamo visitato con Elisa e Luca la Huntington Library e il suo parco; ci siamo goduti una pizza al ristorante italiano;
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abbiamo partecipato alla “open house” del JPL; siamo andati in gita a Santa
Monica flagellata dal vento e (in metropolitana) a Los Angeles, visitando il
Pueblo e il centro dei grattacieli, sempre alla ricerca di una toilette; abbiamo pranzato con Michele all’Atheneum; e abbiamo fatto una scampagnata
al centro commerciale. Ma credo che ricorderemo soprattutto il concerto di
musica classica e di tango, alla Walt Disney Concert Hall, che Michele aveva prenotato come regalo per noi. Dopo esserci immortalati con una foto
storica di fronte alla rosa di marmo azzurro, nel giardino pensile alla sommità dell’avveniristica costruzione, ci siamo immersi nell’immensa conca del
teatro, dove dall’alto della balconata temevo che Nelli scatenata dal ritmo
delle musiche argentine potesse precipitare sotto.
Così i giorni sono passati, tra le passeggiate con Nelli, che spingeva la carrozzina di Luca fra le rose dei giardini di Caltech; ho ancora l’immagine di
Michele che al ritorno dall’ufficio diventava uomo di casa nel senso pieno
della parola: si metteva un grembiule, preparava cenette raffinate, non senza
aver prima cambiato, lavato, e maneggiato con cura il piccolo Luca... Il tutto
con grande professionalità, ma soprattutto con un entusiasmo gioioso che
trasudava da tutti i pori.
Ci sono stati anche momenti toccanti, come la visita a Liliana e Madalina
nel ricordo di Ted; e altri di inaspettata allegria, come quando mi sforzavo di
usare l’inglese imparato al corso dell’Università Popolare: nell’ordinare la
cena al caffè bar, nell’acquistare un dolce dal fornaio francese, nel perderci
ogni volta sulle vie a un isolato del nostro albergo, nello scoprire il bellissimo bagno di marmo levigato, che però nei momenti “importanti” lasciava
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visibili piedi e metà delle gambe, al magazzino Macy’s. Eravamo poi attenti
a fatti e immagini che potessero farci scoprire la normale vita americana: i
tanti predicatori dei canali TV alla domenica mattina, i papà che insegnano
il baseball ai figli piccoli nel campetto davanti casa di Michele, le ragazzine
con la divisa a quadretti della scuola cattolica, l’asilo nido del Caltech, gli
studenti peregrinanti al Campus con grossi bicchieroni di caffé in mano,
l’enorme panino multistrato al roast beef comprato per il viaggio di ritorno.
Eppure facevamo ancora fatica a pensare che Luca sarebbe cresciuto in
quell’ambiente lontano dall’Italia, come un piccolo e poi giovane americano.
All’undicesimo giorno, con gli occhi lucidi ma con il cuore colmo di gioia
come chi ha scoperto un tesoro, Michele ci riportava all’aeroporto, da dove
iniziava il viaggio all’inverso, che ci sembrava molto più veloce dell’andata:
Los Angeles, poi Parigi, poi Bologna, poi la navetta, poi il treno, e finalmente a casa ricevuti dalla micia depressa e scontrosa per la nostra assenza. Un
viaggio fatto sempre in compagnia del mio fuoco di S. Antonio, che però
dopo due giorni una miracolosa epidurale eliminava, si spera, per sempre.
50+5
Si sono ritrovati dopo 55 anni. Avevano fatto la maturità al Liceo Romagnosi
nel luglio del 1955. Poi ciascuno aveva ripreso la sua strada. Molti all’università, qualcuno all’estero. Erano diventati pediatri, giudici, avvocati, dirigenti
d’azienda, geologi e imprenditori, e vivevano sparsi qua e là.
Ora sono diventati nonni e grazie all’impegno di uno di loro, si sono ritrovati tutti. Quasi tutti. Perché nel frattempo qualcuno se ne andato per sempre; l’ultimo è stato Marco Caggiati, giornalista della Rai e poeta. E proprio
per ricordare quelli che sono andati avanti, il loro incontro è iniziato con
una Messa alla SS. Annunciata celebrata da Padre Adriano, che ha voluto
salutare i suoi ex ragazzi del Romagnosi. Il festoso incontro è poi proseguito
sotto il pergolato della “Corale Verdi”, allietato dalle delizie culinarie dell’impareggiabile Sante. E qui, grande piacevole sorpresa, li ha raggiunti Giovanni Lunardi, celebre fotografo, venuto da più lontano di tutti, Sarasota in
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Florida. Giovanni ha fatto dono a ciascuno dei suoi compagni di un loro
ritratto, impeccabile e professionale.
C’erano anche Ruggero Pierantoni, illustre studioso della mente e dell’arte
venuto da Genova, Francesco Calzolari da Bologna, Maria Chiara Mattioli
da Rimini, Anna Maria Zarotti da Casalmaggiore; poi la pattuglia dei milanesi: Romano Gelati, Piero Tragni, Carlo Manghi, Franco Lanzoni, Guido
Fornari. A fare gli onori di casa, Graziano Vallisneri, Maria Vittoria Valdrè,
Paola Guastalla, Gianfranco Aiello, Giacomo Manini, Brenno Zirri, Aldo
Peruzzini, Uizio Fornari, Luigi Bottoli, che ha alternato nei brindisi il latino
e il greco, e infine Luigi Menozzi. E proprio Luigi Menozzi, rinverdendo la
sua apprezzata vena poetica, ha lasciato una bella dedica per la foto di gruppo scattata da Lunardi.
Dopo undici lustri sentono ancora ne!e vene il terrore de!a prova di greco e il ricordo
di un aoristo sbagliato. A volte sognano ancora i voli pindarici durante l’ora di filosofia e gli occhi azzurri e i cape!i biondi di una certa Gaia de!a III C. Poi venne la
vita. Non que!a sognata. Ma que!a vissuta. Con le gioie, i dolori, gli amori. Ieri si
sono ritrovati. Qualcuno mancava, altri sono già andati avanti. Ma in chi resta c’è
ancora tanta voglia di vivere, voglia di dire, voglia di fare, anche se avvolta da
un’impalpabile malinconia che nessun abbraccio riesce a portare via.
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L’orchestra italiana
Da tanti anni ormai Nelli condivide con Sandra il suo ufficio, e anche la musica che la sua collega irradia in continuità e con particolare insistenza, in
ossequio al “mito” dei Nomadi. Di fronte a questa bulimia musicale, che ha
intossicato anche Nelluzza, come Sandra la chiama affettuosamente, Nelli
ha reagito scoprendo un antidoto nella musica di Renzo Arbore, con le canzoni napoletane classiche interpretate magistralmente dalla sua Orchestra
italiana. È per questo che avevo prenotato da tempo, prima ancora di sapere
dell’arrivo di Alessandro, due posti al Regio per la sosta a Parma del tour di
Arbore, il 3 giugno.
Così quella sera, superate le ritrosie dell’ultimo momento, ci siamo presentati per tempo al teatro, e abbiamo raggiunto i posti che avevo trovato a
pochi metri dal palco. In un’attesa vociante e allegra, abbiamo trovato un
pubblico variopinto: non solo signore di mezza età e signori attempati, ma
anche giovani e famiglie con i figli, a testimoniare un successo ormai generale e trasversale.
Il clima, già caldo all’apertura del sipario, quando sullo schermo è stato
proiettato un reportage dei successi del gruppo nelle più importanti città
del mondo, con il sottofondo di “Come facette mammete”, si è poi surriscaldato con un profluvio di applausi all’entrata dell’orchestra di 15 musicisti, tutti grandi solisti del proprio
strumento (chitarre, mandolini, fisarmonica, pianoforte,
tamburi, tamburelli, e voci),
e infine del maestro. È iniziata così una serata straordinaria di grandi emozioni,
che entravano in noi suscitando tutte le tonalità dei
sentimenti, dalla sorpresa alla
malinconia, dalla gioia all’allegrezza, man mano che venivano eseguite le più belle canzoni: sia quelle dolci e melodiche
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come Reginella, Luna Rossa, Vasa e notte, ‘Na sera e maggio, Torna a Surriento, sia quelle più travolgenti come O saracino, Chella là, Aumma aumma.
E noi seguivamo con occhi lucidi; e come non avevamo fatto da tempo, ci
siamo sorpresi ad accompagnare ad alta voce il canto, soprattutto quando, il
grande mattatore Arbore ha coinvolto direttamente il pubblico con le canzoni di “Quelli della notte”. Io cantavo, Nelli cantava, cantava pure un nerboruto al mio fianco, credo un poliziotto, seduto vicino al Questore, che
pure cantava con uno spiccato accento napoletano. Poi gli applausi, le grida,
le risate, alternate al gran silenzio nell’ascoltare il suono dei mandolini o le
voci ricche di pathos dei solisti. Dopo tre ore di spettacolo, e dopo aver
chiesto e ottenuto infiniti bis, siamo usciti sorridenti e soddisfatti, e abbiamo percorso Via Garibaldi, leggeri, quasi volando, nella notte luminosa.
Le cuginette
C’è una foto, diventata un quadretto, a cui tengo molto, che immortala su
un prato a Ghimpati quattro cuginetti sorridenti: Michele, che avrà avuto
due anni, in braccio a Eugenio, e poi Madalina e Rezvan. Sono passati quasi
35 anni, e i cuginetti sono diventati grandi; ogni anno nei nostri viaggi in
Romania li abbiamo veduti crescere. Dopo la rivoluzione del 1989 hanno
conquistato ciascuno la propria strada: Eugenio ha una tipografia, Rezvan è
direttore di un programma religioso alla TV, Michele è fisico a Pasadena, e
Madalina ha avuto un percorso più difficile, colmo di gioie ma anche di dolori. Per le straordinarie e imprevedibili vicende della vita, è sbarcata anche
lei a Pasadena, agli inizi del 2000, sposa felice di Ted, in precedenza suo insegnante in Romania. Dopo anni di serenità e gioiosa convivenza, nel marzo
di quest’anno Ted si è sentito male, dopo i lunghi postumi di un incidente,
ed è spirati. Sono stati vicini a Madalina in questi momenti dolorosi Michele ed Elisa, tanti amici romeni, e soprattutto Eugenio, volato dalla Romania
in California per aiutare la sorella proprio quando sua moglie Ligia stava
giungendo al termine della gravidanza. È però riuscito a ritornare in tempo
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per vedere la piccola Teodora nel giorno della sua nascita. Così racconta
Razvan, sul bollettino della sua parrocchia, il giorno del battesimo: “un
Teodor de mare valoare s-a dus o Teodora a aparut. Dar peste dar Teodora
astia va imparati lumea”.
Dopo qualche mese, anche a Traversetolo, nella casa di Francesco Piccio (il
fratello di Elisa) è arrivata un’altra cuginetta per Luca e Alessandro: la piccola Valentina, che ha reso anche Vittoria bi-nonna. Così il 2010, che era stato
giustamente dichiarato “anno del neonato”, ha portato nuove vite nella nostra casa. Sarebbe bello vedere fra qualche anno i quattro cuginetti, Luca,
Teodora, Valentina, e Alessandro, insieme su un prato della Romania a rinnovare le gesta e i ricordi dei loro genitori e amici.
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La lunga estate calda
All’inizio del mese di luglio è esploso un grande caldo, con temperature che
da anni non si sentivano in quel periodo. Eravamo preoccupati, perché dovevano arrivare Michele, Elisa, e Luca, che sarebbero stati per i primi giorni
nel nostro appartamento, dove l’aria condizionata non raggiunge tutte le
stanze. Così il 14 pomeriggio sono andato a Linate a riceverli: dopo un ritardo che mi è sembrato enorme, finalmente li ho visti sbucare dalla porta
scorrevole degli arrivi, per prima Elisa con Luca, che guardava tutto con occhi curiosi dal suo “osservatorio” nel marsupio. La commozione che mi
prende normalmente per i saluti agli arrivi e alle partenze era aumentata a
dismisura, e non riuscivo a trattenere le lacrime.
Poter vedere Luca in Italia, poi sulla mia auto, e poi a casa nostra, mi procurava davvero una gioia immensa. Lo stesso accadde per Nelli, che accolse
tutti sulla porta; aveva preparato con cura la cena; avevamo sistemato in sala
la sdraietta baby (già acquistata per Alessandro); la camera di Michele era
stata preparata con lenzuola profumate. Iniziarono così giorni intensi e
gioiosi per la presenza del nipotino, con il timore però che avesse troppo
caldo e facesse fatica a riprendersi dallo sconvolgimento del viaggio. Nelli
ritrovò i giorni lontani di quando Michele aveva la stessa età; coccolò il pic-
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colo Luca con gioia; e si divertì particolarmente a fargli il bagno con Elisa.
Anch’io, ormai liberato dal “fuoco amico” di S. Antonio, potevo finalmente
prenderlo in braccio e cercare di farlo ridere con le smorfie e i versi imparati rapidamente dal manuale “99 modi per far ridere un neonato”. Poi arrivarono in visita Cecilia con il pancione, Maria e Alberta, e anche la micia si
fece vedere sulla porta. Ma per noi in particolare questa casa di nuovo piena
di nuova vita assumeva un significato particolare e prezioso.
Una notte però la passammo insonni, perché Luca non riusciva a dormire
serenamente, si svegliava a tratti con pianti angosciosi, e a nulla serviva il
sistema americano che Michele ed Elisa seguivano fin dai primi giorni del
piccolo: fasciarlo, tenerlo in braccio e cullarlo ritmicamente. Nei giorni seguenti andammo con Michele ad acquistare le cose che ancora servivano
per il soggiorno estivo del piccolo, fra cui un gigantesco sacco da montagna
in cui portarlo, che con la sua esperienza alpina Maurizio ci aiutò a scegliere
e ci regalò.
Certo la presenza di Luca rese muta la TV ma ci consentì di riprendere un
dolce conversare che trovava spunto oltre che da Luca, sempre al centro
della nostra attenzione e dei nostri pensieri, dai vecchi album con le foto di
Michele piccolo, così tanto per fare curiosi riscontri.
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È arrivato Alessandro
Alla mattina di Domenica 18 luglio, eravamo ancora assonnati quando squillò il
telefono: era Cecilia che con voce
commossa ci annunciava dall’ospedale
che nella notte aveva dato alla luce
Alessandro. Nonostante fossimo preparati e ormai vicini alla data prevista,
il 26 luglio, siamo rimasti tutti sorpresi, anche perché solo poche ore prima
Cecilia ci aveva confermato che sarebbe venuta al pranzo prenotato alla
trattoria Leoni per festeggiare i compleanni mio e di Michele, e la visita
del nipotino Luca.
Cecilia, senza dirci niente per non
preoccuparci, era entrata invece in
ospedale il pomeriggio di sabato, essendo cominciato il travaglio. Ma quel
parto preparato con tanta cura, con controlli e visite, di fatto doveva avere
uno svolgimento diverso. Visto che non c’era alcun anestesista disponibile
per l’epidurale, Cecilia dovette sopportare grandi dolori, per poi sfociare in
extremis nel ricorso del taglio cesareo, per far nascere il bambino senza
traumi. Così, alle ore 3,55 di domenica 18 luglio, è nato Alessandro Manici.
Nonostante Cecilia mi avesse detto per telefono che doveva riposare, e che
saremmo potuti andare alla sera per salutare il bambino, mi recai subito di
corsa in ospedale, dove la trovai molto provata e stanca, ancora con il catetere e la flebo al braccio; ma lei mi tranquillizzò, dicendo che era andato
tutto bene, anche se aveva dovuto superare difficoltà impreviste. Poi il nostro colloquio lacrimevole fu interrotto dalla ostetrica che portava il piccolo
Alessandro, un batuffolo di bambino coperto di fine peluria, e subito pensai
ai capelli sventolanti che avevamo visto nell’ecografia.
Cecilia lo guardava con tanto amore, e avrebbe voluto subito dargli latte per
alleviargli la fame e la fatica che anche lui aveva dovuto senz’altro sopportare; Cecilia poi ci pregò di andare comunque fuori a pranzo, e fare anche un
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brindisi per Alessandro; lei e il piccolo si sarebbero riposati, nel primo pomeriggio della sua nuova vita.
Così, insieme a Nelli, Maria e Alberta, Luca, Elisa e Michele, siamo andati
sulle colline di Barbiano, dove abbiamo trovato una piacevole sorpresa: una
volta entrati nella trattoria, invece del caldo afoso della strada trovavamo
aria fresca e confortevole nella terrazza che guardava la valle. Fu un pranzo
veramente superbo, per le portate tipiche parmigiane che Michele ed Elisa
apprezzavano dopo tanto tempo, per il vino generoso della casa, per il brindisi con lo spumante e con i nostri pensieri rivolti a Cecilia, Michele e Alessandro in ospedale. Luca, che era stato accolto al suo arrivo in sala dai sorrisi e complimenti degli altri commensali, partecipava alla gioia comune della
famiglia, e lasciava un segno tangibile giallo sulla gonna bianca della sua
mamma.
La sera di domenica, andammo finalmente a trovare Cecilia e Alessandro in
ospedale, dove ci avevamo anticipati Paola e Claudio; tutti contenti, abbiamo fatto le foto ufficiali del primo giorno di Alessandro. Abbiamo poi avuto
modo di sapere che per l’Ospedale di Parma questo è “l’anno del neonato”, e
che tante innovazioni sono state
fatte per il “percorso-centro nascita”, modificando strutture e attività
assistenziali con lo scopo di sviluppare una precoce relazione madre–figlio.
Percorsi questi che Cecilia e Alessandro avevano potuto sperimentare, anche se con alcuni incroci supplementari! Nei giorni successivi sia
io che Nelli ci dividemmo, con
l’anima e con il corpo, per seguire da
un lato l’approccio del nuovo arrivato con la sua casa, la culla, il gatto
Cookie, e i primi problemi di vita; e
dall’altro Luca, che da Maiatico si
stava preparando con i genitori per
il suo primo soggiorno sulle Alpi.
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8 agosto a Maiatico : battesimo di Luca Marco
Al ritorno dalla Val d’Aosta, Luca, ritemprato dal soggiorno alpino e ormai
acclimatato al clima europeo, si preparava a ricevere il battesimo. O meglio,
così facevano i suoi genitori, con incontri accelerati a Felino con Suor Luisa
delle Piccole Figlie. Così domenica 8 agosto, una data importante perché
quella della nascita alla nuova vita cristiana e facile da ricordare perché vicina a quella del battesimo di Michele avvenuto il 15 agosto di tanti anni fa, ci
trovavamo tutti nella Chiesa di Maiatico, alla sommità del colle che sovrasta dolci colline e boschi verdeggianti.
Celebrava don Renato Mori, già parroco della parrocchia di Elisa; era Madrina la nonna Nelli, e Padrino lo zio Francesco. Avevano inviato la loro benedizione il Vescovo Enrico e il Priore di Bose Enzo. Già sul piccolo sagrato
erano avvenuti i saluti, e per alcuni la prima conoscenza, dei parenti, degli
amici, venuti anche dalla lontana Inghilterra, e dei cuginetti che ravvivavano
il quadro familiare con le loro corse e i loro evviva. Poi all’interno della chiesetta si sviluppava il rito, tra commozione, lacrime, sorrisi e flash. Michele
teneva in braccio il piccolo quando don Renato chiedeva ai genitori “che
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nome date al vostro bambino?” e “per Luca Marco cosa chiedete alla Chiesa
di Dio?”
Al momento del battesimo, per il lavacro e l’unzione con il sacro crisma, il
piccolo era in braccio a Elisa che poi lo passava ancora a Michele quando
riceveva la veste bianca, “segno della nuova dignità”, e il cero, segno della
luce di Cristo. All’uscita festosa dalla Chiesa tanti aspettavano con gioia e
con applausi il nuovo piccolo cristiano. Luca, sereno e soddisfatto, passava
tra le braccia di genitori, nonne, zii, cugini, amici, e amiche. C’era anche la
cuginetta Valentina e, ultimo arrivato nel suo ovetto, il cuginetto Alessandro.
Poi la grande festa nel prato della casa di campagna degli Amighetti, dove ci
siamo riversati tutti, con il vocio gioioso degli incontri, il gioco dei bambini
seduti in cerchio sull’erba, la ricca merenda, i vini e gli spumanti, fino al
momento del taglio della gigantesca torta, immortalato da una foto storica
con Michele ed Elisa che sostengono Luca tutto proteso in avanti.
Poi i saluti, gli addii e gli arrivederci, soprattutto con qualche
lacrima quello a Michele, che il
giorno dopo accompagnavo a Linate per ritornare a Pasadena per
un lungo mese di lavoro.
Nei giorni successivi, caldi e intensi, siamo tornati a Maiatico io
e Nelli per stare con Luca, sempre attento a tutto quello che vedeva: le piante, i fiori, e la gatta di
Piero. E ancora abbiamo avuto
tanta gioia nel ricevere a casa nostra il piccolo; soprattutto Nonna
Nelli che poteva tenerlo in braccio, sistemarlo sulla sua sdraietta,
da cui vedeva di nascosto anche la
TV, e fargli il bagnetto nella vaschetta azzurra.
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Poi la lunga estate italiana di Luca continuava con l’incontro con il mare ad
Arma di Taggia insieme alla mamma e alla nonna Vittoria. Ad Arma Luca
faceva nuove scoperte e progressi, mettendosi a tavola come un grande,
“leggendo” libri fantasiosi, sorridendo a tutte le signore che incontrava dalla
sua spider-passeggino rossa, nascosto dietro giganteschi occhiali da sole.
Poi altri giorni passati a Maiatico, il viaggio verso Parigi per incontrarsi finalmente con il suo papà, e la scoperta di tante cose belle che la città dei
lumi offre ai suoi visitatori. Così cresciuto in grazia, altezza, e bellezza, alle
soglie degli otto mesi Luca ritornava nella sua America, di cui è bene ricordarlo è il solo cittadino di tutta la nostra famiglia.
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Il compleanno di
nonna Ne!i
Nel suo bell’ultimo libro
“Ogni cosa alla sua stagione” Enzo Bianchi fa un elog i o d e l l a t a v o l a , co m e
l’elemento più eloquente
tra i mobili che arredano
una casa. La grandezza della tavola dice molto dei
padroni di casa: se sono
una famiglia piccola o numerosa,
se per loro è semplicemente un punto della casa in cui consumare il cibo
oppure uno spazio per stare tutti insieme con gli ospiti. Una volta, ricorda
Enzo, la tavola era un mobile di cui essere orgogliosi, in legno massiccio,
collocata come regina al centro della cucina, adornata da pochi semplici
oggetti quotidiani che la riportavano alla sua essenza di convivialità: un cesto di frutta, una pagnotta, e un orcio di olio. Attorno alla tavola si consuma
il rito proprio degli esseri umani, quello di mangiare e parlare insieme, che
diventa ancora più sublime se ci sono ospiti.
Invitare qualcuno è un atto di grande fede, di profonda fiducia nell’altro,
che viene fatto senza mai pensare alla reciprocità, l’atto in sé è ricompensa e
gioia. Questi sentimenti di antica origine contadina sono sempre molto vivi
in Nelli, che dà molta importanza alla bellezza della tavola imbandita, anche
se spoglia, con al centro il cesto della frutta e l’acqua. Soprattutto in lei,
come nella sua famiglia di origine in Romania, è normale il dovere dell’ospitalità che esercita con cura, attenzione e grande generosità.
Per anni la domenica preparava un piatto in più per un pranzo personalizzato per Ercolina, che lo considerava “da regina”. Da sempre, è pronta a sfornare biscotti, lasagne, e arrosti per Cecilia e Michele e, quando sono a Parma, per Michele ed Elisa. La stessa attenzione riserva alle occasioni di festa
delle colleghe in ufficio, che sono conquistate e coinvolte dalla sua generosità e amabilità e nei momenti difficili, specie quando è compromessa la salute, e sono pronte a ricambiare con piccole attenzioni o gesti di amicizia.
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Pensavo anche a questo nel
giorno del suo compleanno,
che quest’anno è stato veramente speciale, con il dono imprevisto di poter tenere in braccio gli amati nipoti, Luca già benedetto dal
battesimo e Alessandro, che
festeggiava il suo primo mese di vita. Credo che nessun
regalo potesse essere migliore di questa sorpresa che la
vita ci ha riservato, e che
solo questa dolcezza di amore abbia potuto ridare il sorriso a Nelli, allontanando le amarezze provocate dalla legge che ha rinviato il tempo della pensione. D’altra parte è una nonna giovane, almeno rispetto al nonno, e potrà
veder crescere i suoi nipotini con la tenerezza, la speranza e la fiducia che
Enzo Bianchi, alla sua età, mette nel piantare un viale di tigli di cui tanti
possano godere del profumo.
Mamma de!’anno del Kapuziner
Riva del Garda e Arco di Trento sono luoghi di grande attrazione turistica,
ma anche tappe importanti della vita di Cecilia e Michele, per le esperienze
di lavoro fatte, per le relazioni e le amicizie consolidate, per la stima che
hanno saputo conquistare, per la bellezza del lago e dei monti di cui hanno
potuto gioire. E soprattutto, credo, per avere in quel tempo concepito il
piccolo Alessandro. È per questo che per festeggiare il 50° giorno di vita del
loro “Bibu”, hanno pensato a una settimana di ferie al Residence “Canarino”, dove i gestori Sabrina e Beppino hanno preparato una festa straordinaria.
Così la domenica dell’arrivo, Bibu è stato presentato agli amici, ai colleghi
di Michele, alle infermiere e ai medici dell’Eremo, la Casa di Cura dove ha
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lavorato Cecilia; in tanti erano venuti con le famiglie, e hanno partecipato
con entusiasmo alla festa, sul bordo della piscina attrezzata per l’occasione
con grande signorilità, mentre i più piccoli insieme a Riccardo, Francesca, e
Ilenia, facevano una colorata cornice che diventava ancor più vivace e rumorosa all’apparire della grande torta con la scritta “benvenuto Alessandro”.
Al termine della settimana, dovendo Michele rientrare a Milano per il lavoro, Cecilia mi proponeva di venire a Riva per alcuni giorni. Con tanta gioia
li ho quindi raggiunti e abbiamo insieme passato giorni sereni, ritmati dai
pasti e dai sonni di Alessandro e accompagnati dagli ultimi raggi di sole settembrino.
Nelle nostre passeggiate Cecilia ha sperimentato con grande
successo l’uso del marsupio, in
cui Ale si sentiva protetto e
facilmente si addormentava al
ritmo dei passi di danza che
Cecilia si inventava. Come turisti di alto bordo, nonostante il
rifornimento alimentare di cui
Nelli mi aveva dotato, abbiamo
peregrinato nei vari locali e ristoranti scelti secondo le specialità di ciascuno, che Cecilia
e Michele avevano sperimentato con piacere nei tempi passati, si trattasse di panini, di pizza, di pesce, di zuppe del luogo.
Ma la sera in particolare eravamo assidui clienti di un locale
dove le specialità alto atesine erano anche documentate dal nome “Kapuziner” e dal costume tirolese delle cameriere. Dato il clima ancora dolce potevamo sederci ai tavoli all’esterno, anche perché era più facile parcheggiare
la carrozzina che per ogni evenienza portavamo al seguito. Cecilia teneva il
Bibu nel marsupio anche mentre tentava di mangiare, continuando comun-
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que a dondolarsi per non svegliarlo. D’altra parte la bontà delle specialità
che ci erano offerte giustificava anche qualche piccolo disagio o interruzione del pasto. Ormai tutti ci conoscevano e al nostro arrivo ci veniva assegnato sempre lo stesso tavolo; alle attenzioni delle cameriere si aggiungevano anche i commenti piacevoli per Bibu degli altri avventori, molto spesso
turisti stranieri.
Alla fine della settimana i gestori del locale nel complimentarsi con Cecilia
per le cure amorevoli anche se sportive con cui intratteneva il figlio, e nel
ringraziarci per la fedeltà al locale, la proclamavano “mamma dell’anno del
Kapuziner”. Un titolo che anche in seguito sarà ricordato da Alessandro
cresciuto a ogni rientro a Riva, che può a pieno titolo essere considerata
dopo Parma e Milano, la terza sede di cittadinanza per la famiglia Manici.
Don Enrico Vescovo
Luigi Pedrazzi, giornalista e politologo, tra i fondatori e principali animatori
dell'Associazione il Mulino, di cui è attualmente presidente, è stato vicesindaco della città di Bologna dal 1995 al 1999. Ma è anche uno studioso, testimone e protagonista della vita della Chiesa e del cattolicesimo democratico fin dagli anni del Concilio. Per questo, alle soglie degli 80 anni, si è buttato con giovanile vigore in una nuova iniziativa per celebrare insieme e in
modo attivo il Concilio Vaticano II, a distanza di cinquant’anni dal suo annuncio. Lo ha fatto con una lettera aperta, sottoscritta da 100 amici il 1°
ottobre 2008, in cui prendendo lo spunto da un discorso scritto da Giuseppe Dossetti nel 36° anniversario della elezione di Papa Giovanni XXIII, documento di attualità fortissima e di grande valore orientativo, proponeva di
festeggiare gli “anniversari” così suggestivi, con una esperienza di approfondimento e studio dei testi conciliari, in spirito sinodale e per un rinnovamento della Chiesa e della coscienza di ciascuno dei partecipanti.
Ha avuto così inizio un intenso scambio epistolare, via email, con tanti amici e gruppi nati in varie città, di riflessioni, testimonianze e letture che Pedrazzi ha riassunto sistematicamente in una lettera mensile, in cui al ricordo
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degli eventi conciliari fanno riscontro le riflessioni sui fatti della vita della
chiesa e dell’Italia di oggi. La proposta di Pedrazzi è stata accolta anche a
Parma dal gruppo di amici “festeggianti” che hanno cominciato ad incontrarsi presso il Borgo, con la guida autorevole del Prof. Campanini, dando
vita al gruppo informale “Concilio Vaticano II davanti a noi”. Così quest’anno abbiamo continuato lo studio della “Gaudium et spes” e con una
lettera sottoscritta da 100 amici abbiamo chiesto al Vescovo di poter coinvolgere tutta la diocesi in una assemblea unitaria che celebrasse l’anniversario del Concilio e la sua attuazione nella Chiesa di Parma.
È seguito un lungo periodo di silenzio in cui sono sorti dubbi e perplessità
sulla possibilità che il Vescovo potesse accogliere la nostra richiesta. Finchè
il 24 luglio mi è giunta una letterina autografa del Vescovo Enrico, in cui mi
diceva: “ho letto, da tempo, la sua lettera, la sottoscrizione di tanti amici ed
anche l’ampio ventaglio di osservazioni e riflessioni che, da ormai molti mesi, si è prodotto sul Concilio Vaticano II, riferimento fondamentale per la
nostra Chiesa e per il mio ministero episcopale. Volentieri la potrei incontrare insieme agli amici che Lei vorrà, oppure da solo per parlare di questo e
d’altro. Lascerei passare la calura nella quale viaggio per campeggi e visite a
parrocchie. Potremmo risentirci se le fa piacere in settembre. La saluto nel
Signore.”
Con grande gioia divulgavo
agli amici la notizia della
lettera, cui ne fece seguito
un’altra, e poi l’incontro
molto cordiale con il nostro Vescovo che assicurava
la sua volontà di seguirci e
rivederci. Nel frattempo, in
occasione del battesimo di
Luca, poi anche per quello
di Alessandro, il Vescovo
Enrico mi comunicava la
sua partecipazione con la
preghiera alla nostra gioia.
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Gridoda!arme
Quando, fra forse dieci, anni Luca e Alessandro studieranno la storia dell’America e dell’Italia, leggeranno che quest’anno 2010 è stato segnato dalla
crisi economica, dovuta alla speculazione finanziaria e amplificata dalla globalizzazione, che ha portato povertà nelle famiglie, perdita del lavoro e del
futuro per i giovani. Leggeranno che si è offuscato il sogno americano del
primo presidente nero Barack Obama, premio Nobel per la pace, e forse ha
avuto fine in Italia il governo Berlusconi, un satrapo, grande tycoon, come
ama definirsi, che ha subordinato il bene comune del Paese ai suoi affari,
alla fuga dai processi, allo smodato egocentrismo. Leggeranno che in questi
15 anni fra gli italiani è prevalsa la divisione, l’individualismo, la paura e la
chiusura verso gli altri, l’abbandono dei valori della nostra Costituzione.
Sarà un giudizio storico negativo di questo periodo e difficilmente si comprenderà come sia potuto accadere che la maggioranza di un popolo sia stata come anestetizzata, e abbia eletto come suo premier un grande comunicatore, che ha manipolato la verità e le coscienze con il suo potere mediatico, economico, e politico. Per questo vorremmo ricordassero che noi tutti,
nonni e famiglia allargata, abbiamo sempre combattuto, con la battaglia delle idee e con il voto, questa discesa verso la barbarie. Lo abbiamo fatto cercando di stare sempre dalla parte, molto spesso perdente, che ritenevamo
più giusta, quella dei deboli, della giustizia e della uguaglianza.
Così il nonno si è impegnato all’interno del partito, prima la DC, poi i Popolari, poi la Margherita, poi il PD, sempre in modo coerente tenendo fede
alle ispirazioni del Cattolicesimo democratico. Ha combattuto la battaglia
personale contro Berlusconi pubblicando 100 lettere sul settimanale Alice.
Si è impegnato per l’Ulivo, per i Comitati Prodi, per il Comitato Salviamo la
Costituzione, in Libertà e Giustizia, con il “popolo viola” e proprio quest’anno nel “Gridodallarme”.
Quest’ultimo è un manifesto-appello con cui docenti dell’Università e uomini di cultura (io sarei fra quelli) hanno ritenuto di non poter più tacere di
fronte al degrado morale, sociale ed economico in cui veniva portato il Paese, dichiarando il proprio impegno verso i giovani per difendere la Costituzione e la solidarietà.
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Un appello che ha avuto in
poco tempo oltre 500 adesioni da tutta Italia, e che
ha consentito di promuovere incontri e dibattiti,
fra cui la lezione magistrale tenuta all’Aula Magna
dell’Università da Eugenio
Scalfari, fondatore di Repubblica, l’11 novembre
2010. Proprio quella data
mi è servita per concludere l’incontro, ricordando che il giorno di S. Martino è sempre stato nella
campagne per i mezzadri il giorno dei traslochi verso una casa o un podere
migliore, e che oggi può essere auspicio di un passaggio ad un futuro migliore per il paese; così, come S. Martino misericordioso, anche Scalfari in
tanti anni ha diviso con noi il mantello della conoscenza e della intelligenza.
Una immagine che è piaciuta e ha portato tanti applausi della sala.
Concerti a!’Hospice
Abbiamo cominciato un sabato pomeriggio con Giovanni, fisarmonicista
moldavo che suona giornalmente all’angolo di piazza del Duomo, poi ho
invitato una giovane cantautrice, due arpiste, un duo di flauto e piano; così
sono iniziati i Concerti all’Hospice delle Piccole Figlie, riservati ai pazienti,
perché potessero godere della musica con i loro familiari. Sono venuti poi
l’arpista Carla They e il flautista di fama internazionale Claudio Ferrarini,
che con Giovanni Amighetti farà un CD e un concerto a sostegno dell’Hospice. Ma forse l’incontro più bello è stato con una violinista che accompagna con la musica la messa al santuario dei Missionari. Su quell’incontro ho
scritto questa cronaca per i soci dell’Associazione amici delle Piccole Figlie.
Maria Perotti è una dolce signora musicista che suona il violino da 70 anni;
il violino è parte della sua vita e ora anche, ci dice, antidoto contro l'artrosi
che minaccia le mani e le ginocchia. Il suo violino, contenuto in una custodia da cui non si separa mai, ha una foggia strana, che subito Sr. Maria vuole
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immortalare in una foto; lo strumento ha oltre 200 anni, e lo aveva lasciato
a Piacenza un giovane ufficiale tedesco in fuga alla fine della guerra.
Così, in un pomeriggio triste all'Hospice in cui suor Rita ci accoglie con
occhi allarmati per la tensione che ancora si tocca con mano a seguito della
recente morte di un paziente, Maria Perotti intramezza alle sue musiche il
racconto di pezzi della sua vita. Parla del padre scultore che sentendo suonare un famoso artista di Piacenza si era innamorato del violino, e alla morte del musicista ne aveva ottenuto uno in cambio del busto funerario, e aveva cominciato, autodidatta, a esercitarsi nel laboratorio sotto casa. Nonostante le mani rozze e callose, era riuscito una sera ad improvvisare, pur con
vergognosa ritrosia, una serenata alla moglie. Poi fra i suoi 10 figli aveva individuato in Maria quella con più orecchio, e a sette anni l'aveva mandata a
lezione di violino. Dopo il Conservatorio, Maria suona nelle orchestre sinfoniche di Milano, dove abitava proprio in Via Eugenia Picco (la fondatrice
delle Piccole Figlie); poi a Bolzano e infine nell'orchestra del Teatro Regio
di Parma, dove si era trasferita con il marito e il figlio, pure valente violinista e insegnante al Conservatorio.
È un concerto particolare quello di oggi, quasi intimo, seguito nella saletta
multimediale da me, da un volontario che fa la ripresa, da una signora con la
figlia, da quattro suore e un infermiere che si affaccia sulla porta. Ma Sr. Rita ci dice che un paziente con la moglie ha voluto tenere la porta della camera aperta per sentire le dolci note del violino che si muovono nell’aria.
Anche il programma viene fatto sul momento, sulla base delle richieste e
dei ricordi: romanze antiche, che cantava il suo papà, come “Son fili d'oro i
tuoi capelli”, le due Ave Maria, la Salve Regina, ma anche, dopo aver chiesto
timorosa se era opportuno eseguirla, la mazurca di Migliavacca. Ci chiede
poi di accompagnarla con il canto perchè con le parole ritorna per lei il ricordo delle note e mentre Sr. Maria si schermisce dicendo proprio di non
avere orecchio anche se in casa sua resiste un antica fisarmonica, si alza per
accompagnare "Santa Maria del cammino" una voce melodiosa, quasi di
bambina, che subito non riesco a capire da dove provenga: è quella di Sr.
Rita Sega.
Poi suona magnificamente il “Largo” sulla morte del cigno che le ricorda il
cigno nero del laghetto del giardino. Finisce il concerto con il brindisi “Libiamo nei lieti calici”, a cui segue un brindisi più prosaico a base di coca
cola.
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La festa del Ringraziamento
(per il compleanno di Alberta, Michele e Elisa le hanno scritto questa lettera di auguri
che racconta la giornata di Luca)
In questo periodo, Luca fa continuamente progressi e, oltre che una gioia,
vederlo andare alla scoperta del mondo è anche molto divertente, perché lo
fa in un modo tutto suo. Si sveglia sempre piuttosto presto, verso le 6,30, e
reclama la colazione da Elisa, da cui ciuccia affamato per ben un’ora o più. A
volte si riaddormenta per un’oretta, mentre altre volte è già pronto e sveglio
per una giornata di attività intensa e infaticabile. È infatti un grandissimo
lavoratore, e non fa mai una pausa. Apre tutte le scatole con i suoi giochi,
che tira fuori e sparge per la sua camera, ed è così assiduo e fedele che non
c’è mai un gioco che trascuri: passa da uno all’altro con la stessa passione e
dedizione.
I suoi giochi preferiti non sono quelli nati come tali, ma sono scatole, tazzine, etichette, fogli colorati, nastri e quant’altro: insomma qualsiasi cosa che
vede è una novità e diventa automaticamente un gioco bellissimo che deve
essere esplorato, maneggiato ed assaggiato.
Non sta mai fermo nemmeno un secondo, il che richiede un continuo lavoro soprattutto da parte di Elisa. A differenza di suo papà è molto atletico, gli
piacciono i percorsi a ostacoli che trova sul suo cammino e che scavalca con
grande impegno, e poi ci guarda con un’aria molto soddisfatta una volta finita l’impresa. Quando può si arrampica su di noi per arrivare più in alto e gli
piace particolarmente afferrare i libri dalla libreria e buttarli per terra.
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Rimane sempre un’intellettuale, e come quando era più piccolo è sempre un
assiduo lettore appassionato di libri e riviste, che sfoglia proprio come un
adulto. Ha cominciato da qualche giorno ad alzarsi in piedi aggrappandosi a
ringhiere e a qualsiasi appoggio che sia alla sua portata; una volta in piedi
traballa ancora parecchio, ma a volte è temerario e si tiene con una mano
sola e cerca di afferrare un gioco per terra. Luchino con grande divertimento fa anche il gioco del “cucù”, e quando meno uno se lo aspetta si nasconde
con una copertina, o dietro lo schienale della seggiola, poi compare fuori
all’improvviso con un grande sorriso divertito, e ripete il gioco diverse volte,
ridendo sempre di più. Noi facciamo finta di non vederlo, e lo cerchiamo, e
all’improvviso allora si alza da dietro la seggiola o si toglie la coperta del
musetto, come per dire “sono qui”. È un vero divertimento!
Da un po’ di tempo gli offriamo, dopo la sua pappa, bocconcini di cereali
“cheerio” che mangia afferrandoli tra indice e pollice. E che riesce più o
meno a dirigere verso la bocca (ma tanti finiscono per terra). Non sono particolarmente saporiti, ma visto che può mangiarli da solo gli piacciono molto. Per il Ringraziamento gli abbiamo anche dato pezzettini delle nostre
portate: briciole di pane di mais, tacchino arrosto sminuzzato, purè di patate, e anche un po’ di torta di zucca. Ha provato tutto con grande interesse,
coprendosene viso, corpo e seggiolone.
È stato comunque bravissimo e un ottimo ospite. Gli piacciono molto le
persone, ed è molto socievole, anche se adesso, come tra adulti, bisogna
presentarsi e fare un po’ di amicizia prima di prendersi troppe confidenze.
Non è più un bebè che
chiunque può sballottare
come una bambola.
Da mercoledì ha imparato
a muovere la manina e a
fare “ciao ciao” quando
saluta – è davvero buffo –
e ha così salutato tutti i
nostri ospiti della cena del
Ringraziamento, che sono
stati conquistati.
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Il Cavaliere gentiluomo e la vecchia zite!a
Nella famiglia Manici l’arrivo di Alessandro ha provocato senz’altro grande
scompiglio per la vita di Cookie, fino allora coccolato e viziato come figlio
unico. Già nei mesi della gravidanza aveva avvertito qualcosa che cambiava,
nel dover condividere lo spazio del letto con il pancione di Cecilia che continuava a crescere, e nei tanti nuovi oggetti che entravano in casa per allestire la cameretta del bambino.
Quando Cecilia ritornò dall’ospedale eravamo preoccupati da una crisi di
gelosia del gatto, che però si comportò con signorile distacco cercando di
ignorare il nuovo inquilino. Poi lo scoprimmo alzarsi sul bordo della culla
per conoscerlo meglio, e seguirlo con atteggiamento protettivo nelle varie
performance dei primi giorni. Però quando il “Bibu” allenava la sua voce con
pianto a crescenti gradazioni, Cookie, fisso immobile con gli occhi blu, ci
guardava per dire “ecco l’avete voluto, ora godetevelo, io certo non piango
in quel modo”.
Dopo aver cercato di mantenere la sua postazione nel letto di Cecilia, fu
costretto dalle nuove esigenze a lasciarlo per posti più tranquilli, mentre si
abbandonava alla pazza gioia nei giorni in cui rimaneva solo con Michele
nell’appartamento di Milano. Tornato a
Parma, quando i nonni arrivavano e
riservavano il primo saluto e gli evviva
al piccolo Bibu, lui si buttava a pancia
all’aria di fianco alla culla per dirci “ci
sono anch’io” e se ne andava dopo un
po’ con la coda fra le zampe se non riceveva una augurale grattatina.
L’arrivo di Bibu gli ha però consentito
di assumere il posto di co-guidatore sul
sedile anteriore della nuova macchina
ammiraglia, cosa che gli ha dato senz’altro nuove soddisfazioni essendo a
fianco dell’amato proprietario Michele.
Negli ultimi tempi però si è abituato a
occupare, appena li vede liberi, l’ovetto
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o la cestina di Bibu, costringendo poi Cecilia e Michele a una supplementare spazzolatura dei suoi peli sparsi in abbondanza. Per cui Cecilia, anticipando il regalo di S. Lucia, ha acquistato in un signorile negozio per animali
di Milano una altrettanto signorile cuccia. Lui ha gradito molto e l’ha subito
inaugurata.
In casa Vallisneri invece la vecchia micia, diventata sempre più permalosa e
attaccata alle gonne di Nelli, all’arrivo di Luca e poi di Alessandro ha reagito
nel suo modo abituale con gli stranieri (specie per Luca che lo è anche anagraficamente) andandosi a nascondere sotto il letto. Quando poi abbiamo
cercato di avvicinarle Alessandro ha cominciato a sbuffare e a mostrare i
denti. Anche lei ogni volta che finisce l’allarme e rimane sola con noi, sfoga
la sua gioia con pazze corse nel corridoio.
Anche Alessandro diventa cristiano
In una delle feste più care al popolo cristiano, l’8 dicembre, dedicata alla
Immacolata concezione di Maria, nel Battistero di Parma, ricco di storia e
di arte, Alessandro è stato battezzato da don Alfredo Chierici, parroco della
Cattedrale. Anche la scelta del Padrino e della Madrina è stata particolarmente felice: Annalisa e Vincenzo, una coppia di giovani legati da grande
amicizia a Cecilia e a Michele. La funzione è particolarmente intensa e toccante, in modo comunitario perché con Alessandro sono battezzati altri due
bambini e due bambine, accompagnati dai genitori, dai padrini e da tanti
amici.
Don Alfredo ci invita a guardare gli affreschi della volta e le statue degli
apostoli che nei secoli hanno costituito una Bibbia figurata da cui apprendere la storia dell’alleanza di Dio con gli uomini. Anche per noi sono una
nuova scoperta, e senz’altro Alessandro, diventato più grande, potrà ogni
volta che viene a Parma entrare ancora in Battistero per rinnovare le promesse che genitori e padrini hanno fatto per lui, e per elevare una preghiera
all’immagine della Madonna che con il suo manto ci protegge. Dopo la prima parte del rito, i bambini coi genitori e i padrini si mettono in cerchio
attorno alla grande vasca centrale e il parroco fa il giro per battezzare ciascuno con l’acqua che prende direttamente dalla vasca.
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Penso con commozione a quante
persone nei secoli sono diventate
cristiane allo stesso modo in questo
Battistero, al fatto che la Comunione dei santi ora ci unisce tutti, e la
mia voce nel leggere le preghiere è
un po’ incrinata. Al termine della
funzione ci salutiamo amichevolmente, un bimbo è nipotino di Pietro e Lella Baga, un altro di Francesco, diacono della Cattedrale. Poi quasi in processione, perché è tornato il
sereno, Cecilia e Alessandro in carrozzina davanti, poi i padrini, poi parenti
ed amici ci avviamo a piedi verso la Casa della musica, dove ci aspetta una
merenda festosa.
“E’ qui la mia festa” abbiamo scritto sulla porta del bar, con un cartello che
riporta anche la foto di Alessandro, riprodotta poi su ciascun tavolo nella
sala a noi dedicata. Ci sono i nonni paterni, Claudio e Paola, il fratello di
Michele con la moglie Elena e i figli Luca e Chiara, la zia di Michele con la
figlia Erica e il giovane Riccardo, un loro amico di antica data. Da Riva del
Garda sono arrivati gli amici Sabrina e Beppino, e poi da parte nostra, Maria, Alberta, Maurizio, Sabrina che fa le foto, Mariana e Virginia.
Alessandro, completamente a suo agio nella elegante tenuta bianca, e bianco pure il farfallino, passa dall’uno all’altro, da Nelli a Claudio, a Paola, ad
Annalisa, a Vincenzo. Non si fa a tempo a fissare lo sguardo su di lui, che
scompare nelle braccia di un altro nonno, nonna, madrina, amico. Cecilia fa
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la padrona di casa e si sposta a intrattenere amichevolmente i vari ospiti,
poi sparisce con Bibu perché è il momento del cambio e non si può lasciarlo
bagnato.
Al momento della torta, i brindisi e le foto ufficiali. Infine i saluti affettuosi:
nel nome di Alessandro siamo tutti riconciliati e uniti. Michele, Cecilia e
Alessandro devono subito ripartire per Milano, una volta recuperato Cookie, ma il nostro cuore è stasera più caldo e pieno d’amore.
Il ritorno a!a terra natia
L’ultima volta che eravamo stati in Romania era l’ottobre del 2003, quando
dopo la domenica di festa di tutta la famiglia riunita, nella notte la mamma
Florentina si era sentita male, aveva chiesto fosse accesa la candela, e poi
serenamente era spirata, come se avesse atteso il ritorno della figlia più lontana per un ultimo saluto.
Quest’anno più volte Liliana ed Eugenio, in occasione del battesimo della
piccola Teodora, avevano invitato Nelli; poi in prossimità dell’anniversario
della morte della mamma, che secondo la tradizione ortodossa al settimo
anno richiede un particolare ricordo, considerando che il defunto è ormai
definitivamente nelle braccia del Signore, Liliana e la sorella di Nelli avevano insistito perché partecipasse alla cerimonia. Lei aveva subito detto che
sarebbe andata sola e, dopo le incertezze e le remore degli ultimi momenti,
l’8 ottobre l’ho accompagnata a Linate per prendere l’aereo dell’Alitalia per
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Bucarest, con una valigia supplementare di regali. A Bucarest l’aspettava
Eugenio, poi a casa Madalina e Ligia che le presentava la bambina.
Il giorno dopo partivano per Ghimpati per il pranzo del ricordo con i fratelli, Liliana, Dida, Marinica, e Daniela. L’incontro più difficile, atteso con
preoccupazione, è stato certo quello con Marian, che gli esiti di una malattia hanno reso più chiuso, ripiegato su sé stesso e sui suoi dolori, senza fiducia e speranza nel futuro. Un cambiamento che Nelli aveva compreso dalle
telefonate e poi, a Pasadena, direttamente da Liliana, ma che deve essere
sembrato più duro da accettare, nei luoghi in cui per anni avevamo visto
Marian entusiasta della vita, del suo lavoro di insegnante, poi della possibilità di dedicarsi allo studio della storia e alla poesia.
Da Marian Nelli bambina aveva appreso, insieme al metodo dello studio,
l’amore per la letteratura e per le cose belle. Ritornata a Bucarest, l’affetto
dei nipoti, ma anche la possibilità di partecipare in modo diretto al dolore
di Madalina, le hanno ridato una visione più serena della famiglia rumena.
Così è tornata più soddisfatta e pacificata, e si è buttata con il consueto impegno nel lavoro di casa, dell’ufficio, nei nuovi compiti di bi-nonna, che
svolge direttamente nei giorni in cui Alessandro è a Parma, e di nonna a distanza con Luca, che vediamo ogni settimana con Skype e di sentirne il racconto della crescita da Michele ed Elisa.
Dopo l’impegno per il battesimo di Alessandro, Nelli ha cominciato a pensare e all’albero (in ultima di copertina) che quest’anno è fatto a misura dei
piccoli nipoti; così al posto delle palle colorate ha messo tanti pupazzetti,
una famiglia di orsetti, il gufo, piccoli babbi natale, campanelle colorate e,
in fase di completamento, biscotti che preparerà con le formine regalate dai
figli. Siamo andati una domenica mattina a un “garden store” per gli acquisti
di questi nuovi piccoli ospiti, mentre il mio piccolo presepio continua ad
essere allestito con la capanna, le statuette, e le montagne di sughero che
resistono imperterrite ormai da trent’anni.
Certo il presepio e l’albero a misura di bimbo sono una scommessa sul futuro, perché Alessandro dall’alto dei suoi 5 mesi, che compie proprio il giorno
di S. Graziano, è ancora troppo piccolo per apprezzarlo, mentre Luca lo può
vedere solo in foto. Ma forse il prossimo anno saranno i due nipotini a scartare i regali la notte di Natale ai piedi del loro albero.
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L`anno delle Meraviglie