La cassetta delle risposte
Problemi
giuridici e
amministrativi
QUESITI
D. Siamo alcuni IdR inclusi nell’elenco definitivo, cioè ammessi al corso abilitanti di cui al
DM 85/05 e restiamo perplessi sapendo che altrove gli IdR sono stati esclusi. Che dire?
R. Sono pervenuti diversi quesiti in merito a seguito di una risposta data ad una precedente domanda nella quale era stato fatto cenno alla possibilità per gli IdR di accedere per il conseguimento dell’abilitazione all’insegnamento. Si tratta del citato DM 85/2005: un provvedimento che
ha avuto diversa accoglienza nei CSA provinciali
a seguito dell’indirizzo regionale dato: come si
accenna nel quesito, in alcune regioni gli IdR
sono stati inclusi negli elenchi definitivi, in altre
regioni invece l’esclusione è stata motivata per
servizio di religione, cioè per difetto di requisito di servizio. Secondo i bandi precedenti si
richiedeva che i candidati all’abilitazione avessero effettuato il servizio, sia pure come supplenti nella disciplina, per cui chiedevano l’abilitazione e quindi si poteva comprendere perché
gli IdR che non avevano espletato altro che l’IRC
venivano esclusi. L’ultimo corso abilitante non
prevedeva esplicitamente l’esclusione e quindi
apriva la strada anche per gli IdR non entrati in
ruolo. In altre parole anche gli IdR potevano avvalersi della qualità di docenti precari, nell’ipotesi che avessero maturato 360 giorni di servizio
di insegnamento nel periodo compreso tra il 1°
settembre 1999 e il 6 giugno 2004, purché ovviamente in possesso del titolo richiesto.
Agli interessati, che ne avevano fatta richiesta,
da parte nostra è stata data tempestiva risposta
sulle modalità di procedere: prima si deve presentare un reclamo, e dopo successiva eventuale risposta negativa esaminare la possibilità
di ricorrere al TAR (= Tribunale Amministrativo
Regionale), procedimento molto oneroso, ma
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possibile. Ecco le motivazioni principali del ricorso eventuale: a) l’art. 7 della L. 824/1930, tuttora in vigore, riconosce agli IdR gli stessi diritti e
doveri degli altri docenti, b) l’art. 309 del decreto legislativo 297/1994 assimila gli IdR nella qualifica di incaricati annuali, quindi ne riconosce la
precarietà, a parte gli IdR entrati in ruolo con il
concorso straordinario previsto dalla L. 186/
2003. Inoltre si suggeriva di segnalare una recente sentenza del giudice del lavoro di Potenza,
dott.ssa Caterina Marotta, depositata il 4 marzo
2005, che riconosce il servizio dell’IdR svolto da
una categoria che non si può considerare ai margini dell’organizzazione scolastica. L’eventuale
ammissione con riserva non toglie valore alla
positiva riuscita del concorso. Anche la Corte costituzionale si è pronunciata affermando una vera e propria assimilazione della situazione
degli insegnanti di religione cattolica a quella
degli altri docenti legittimamente assunti a
tempo determinato. È una conferma dell’applicabilità a tali insegnanti delle comuni norme
sullo stato giuridico del personale insegnante
non di ruolo (vedi sentenze 343 e 390 del 1999).
D. Sono un IdR in attesa di essere nominato
in ruolo rientrando nel secondo scaglione dei
vincitori, che sarà ruolizzato dall’anno scolastico 2006/2007 e chiedo, avendo fatto la domanda per l’abilitazione in base al DM 85/
2005, se posso aspirare ad essere ammesso
al corso relativo.
R. Nel rispondere al quesito precedente mi sembrava inutile aggiungere che gli IdR interpellanti
non sono di ruolo perché il DM 85/2005 ha per
destinatari i docenti precari. La casistica è quella che è, e allora mi pare ovvio completare l’argomento sottolineando che al momento della
domanda l’interessato non era di ruolo ma precario, e quindi non si vede perché, sia pure come
caso limite, possa essere escluso per la situa-
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zione soggettiva, fermo restando le osservazioni
effettuate in precedenza.
D. Qual è la situazione nell’Unione Europea
dell’insegnamento della religione?
R. Si deve prendere atto che l’Unione Europea
va assimilando le legislazioni e quindi è opportuno che gli IdR conoscano la situazione facendo
il dovuto confronto con quella italiana. Per rispondere si fa riferimento ad una ricerca sulla
istruzione religiosa in Europa pubblicata in Seminarium (n. 2/2002) da Fratel Flavio Pajer delle
Scuole Cristiane. Se in Italia l’IRC si presenta con
la peculiarità di arricchimento culturale e di conoscenza dei contenuti della religione cattolica,
tanto da considerare i due aspetti complementari, in Europa l’insegnamento religioso (IR) ha
una tendenza a rappresentare una funzione etica nel pluralismo delle istituzioni scolastiche. La
strategia scolastica spazia tra l’istruzione religiosa obbligatoria e l’emarginazione progressiva
con la formula della opzionalità e facoltatività.
Se si tenta di classificare le discipline scolastiche, l’aggettivazione è molteplice: curricolare e
obbligatoria, facoltativa, alternativa, aggiuntiva,
opzionale. Per la scuola italiana l’IRC ha un nome
privilegiato: assicurato, termine strettamente
relativo al testo della revisione del 1984, diventato la L. 121/1985. L’articolo 9 c. 2 della legge citata suona: «La Repubblica italiana, riconoscendo il valore della cultura religiosa e tenendo conto che i principi del cattolicesimo fanno parte del
patrimonio storico del popolo italiano, continuerà ad assicurare, nel quadro della finalità della
scuola, l’insegnamento della religione cattolica…». Qual è la differenza tra le varie aggettivazioni? L’IRC assicurato è obbligatorio da parte
dello Stato, anche se resta facoltativo da parte
degli avvalentisi, in quanto oggetto di richiesta
inoltrata dagli alunni o dalle loro famiglie. L’IRC
non può dirsi dunque sic et sempliciter facoltativo e nemmeno opzionale, perché l’opzionalità
presuppone il dovere scegliere tra due discipline,
come per esempio tra due lingue. Sarebbe come
dire che lo Stato assicura il servizio pubblico nel
trasporto lasciando agli utenti di avvalersene o
meno. Ma ritorniamo all’argomento: quale situazione dell’IR in Europa? A parte il problema dell’educazione europea nella scuola, l’istruzione
religiosa si presenta secondo tre modelli: a) IR
curricolare obbligatorio attuato in Germania, Belgio, Regno Unito e nei cinque Paesi scandinavi; b)
corsi confessionali facoltativi collegati ad una
legislazione concordataria; c) forme di catechesi
scolastica extracurriculare in gran parte dei Paesi ex-comunisti.
Dopo questo tentativo di una visione globale, il
prof. Payer esamina cinque casi particolari, che si
riferiscono al Belgio, alla Francia, alla Germania,
alla Spagna e alla Svizzera. In Belgio c’è la possibilità di scegliere tra sei ipotesi, tra cui un corso di morale ispirata al libero esame nell’ambito
delle due ore settimanali obbligatorie di religione. In Francia l’IR non entra nella scuola, ma è
conservato in privato o nelle comunità religiose;
in Germania è materia ordinaria; in Spagna c’è
un duplice modulo, confessionale e non, con la
contemporanea nascita di una nuova materia
chiamata «Società, cultura e religione»; in Svizzera la competenza per l’insegnamento religioso
è rinviata ai singoli cantoni. La presente segnalazione potrebbe suscitare il desiderio di leggere
l’intero articolo di circa 50 pagine del prof. Flavio
Payer, docente in pontificie università romane.
L’articolo si chiude con un complesso quadro sinottico sull’istruzione religiosa in Europa.
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