Numero XII - marzo 2014
EDITORIALE
OMAGGIO A NELSON MANDELA P. 3
VITA INTERNA
INTERVISTA A VIRGINIO MEROLA P. 4
INTERVISTA A IVANO DIONIGI P. 5
INTERVISTA AL MINISTRO MAURIZIO
LUPIE GIANLUCA GALLETTI
P. 6
A CHRISTMAS DINNER
P. 7
VITA ESTERNA
università e ricerca, tasto
dolente di un paese morente P. 8
“via zamboni non è un letamaio”
P. 9
una sfida per l’italia del futuro:
salvare la terra dei fuochi P. 10
in cerca di bologna:
spring hill studentS remember
their italian semester
P. 11
VITA CAMPLUS
TWO IS GOOD, FOUR IS BETTER
IN DUE VA BENE, MA IN QUATTRO è
MEGLIO!
P. 12
LA VITA BOLOGNESE P. 13
CULTURA
NICOLAS WINDING REFN:
MONOGRAFIA DI UN DELIRIO
P. 14
GIOVANNI ALLEVI. UN UOMO, UN
ARTISTA, LA GENUINA SEMPLICITà DI
UNA COMPLESSA PERSONALITà P. 16
LE NOVITà HI-TECH 2014 P. 17
RECENSIONE LIBRO:
“MISTERI, CRIMINI E STORIE
INSOLITE DI BOLOGNA”
P. 18
angolo dellE poesiE
P. 19
NBA, MADE IN ITALY P. 20
LE LECCORNIE DEL NOSTRO PAESE
ricettE DI SICILIA: “A PASTA CHI SARDI”
P. 21
TORTA TENERINA
P. 22
LA VIGNETTA P. 23
Camplus International
Camplus Alma Mater
Sede San Felice
Via G.A. Sacco, 12
40127 Bologna
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Direttore
Alberto Acuto
Cristiana Di Tommaso
Redazione
Elena Baldi
Martina Caruso
Chiara Cordella
Mary Jane Dempsey
Raffaella Dicuonzo
Alessandra Di Vanna
Gianluca Fini
Daniele Licheri
Giuliano Manfreda
Jolanda Pappalardo
Lidia Porfiri,
Francesca Ranalli
Salvo Sapienza
Davide Scalinci
Giovanni Silva
Sabrina Tauro,
Martin Torosantucci
Silvia Zanarotti
Editoriale
Omaggio a Nelson Mandela
di Alberto Acuto & Cristiana Di Tommaso
Apriamo questo secondo numero con un omaggio a Nelson Mandela,
poliedrico personaggio della storia contemporanea.
Si Ringraziano vivamente
tutti i ragazzi che hanno collaborato
a questo numero:
Gabriele Pruneddu
per l’articolo sul Basket
Carlo Stoppani
per l’aiuto alle interviste
Paolo Di Marcantonio
per le foto all’alpertura del Bononia
Isabella Giancola e Andrea Paracchini
per le foto della cena di Natale
Jerome Cochan e Bieke Deprince
per il racconto della loro esperienza a Bologna
Eugenia Brera
per le foto della festa di Jerome e Bieke
Elizabeth Sabetta e Karissa Hansen
per l’articolo sullo Speaking Partner Project
Complimenti a
Carmen Perez Calabuig e Alessandra Di Vanna
e a tutti gli altri partecipanti del contest fotografico!
dicembre 2013
© Camplus Alma Mater
Ciao regaz! Siamo lieti di
presentarvi il nuovo numero
del nostro amato giornalino!
Nonostante la pressante
sessione d’esami e la rinuncia
a preziose ore di sonno, con
l’attiva partecipazione di
voi tutti (che ringraziamo di
cuore!) siamo qui a mostrarvi
la
nostra
più
recente
creazione...
Nel primo numero vi avevamo
promesso
che
avreste
trovato più internazionalità
e, siccome siamo di parola,
questa volta vi proponiamo
articoli in inglese, frutto della
collaborazione con lo Spring
Hill College e con i ragazzi
Erasmus, che hanno deciso di
condividere con noi le proprie
“esperienze italiane”.
Il numero è stato arricchito
anche grazie ai contributi
apportati da collegiali e
studenti internazionali, con
articoli,
fotografie
ed
interventi vari.
Passate dalla pagina facebook
“Il resto del Camplus” per
essere sempre aggiornati
sugli ultimi articoli, contest,
dibattiti ai quali siete
-CALDAMENTE!- invitati a
partecipare...
Buona lettura, regaz!
Cristiana e Alberto
Vita
interna
Intervista a Virginio Merola
Vita
interna
Intervista a Ivano Dionigi
Inaugurazione Camplus Bononia - 22 novembre 2013
di Carlo Stoppani
Inaugurazione Camplus Bononia - 22 novembre 2013
di Cristiana Di Tommaso
dell’abbonamento. Non abbiamo
fatto distinzioni tra studenti e
giovani e per questo abbiamo un
aumento degli abbonamenti del
16%.
Originario di Santa Maria Capua
Vetere, a cinque anni si trasferisce
a Bologna e vi rimarrà per tutto
il corso degli studi, conclusi con
la Laurea in Filosofia. E’ tra i
fondatori del Partito Democratico
e dal 24 Maggio 2011 è Sindaco del
capoluogo emiliano.
Sindaco, riguardo tutti coloro che
hanno intenzione di venire a studiare
qui a Bologna e considerando l’entità
consistente delle tasse da sostenere
per poter accedere ai servizi offerti
dall’Alma Mater, noi studenti
avevamo pensato ad una proposta,
ossia: come accade già in alcune
città italiane, o di comprendere
nella quota versata all’Ateneo
l’abbonamento dell’autobus (o di altri
mezzi di locomozione per raggiungere
l’università) o di essere comunque
agevolati economicamente.
Lei pensa che questa proposta sia da
tenere in considerazione o vi sono
dei limiti che non possono essere
superati?
Oggi noi abbiamo difficoltà di
bilancio come in tutti i comuni però
in città, io direi che i ragazzi delle
elementari non pagano l’autobus;
fino ai 27 anni c’è un abbattimento,
quasi un dimezzamento, del costo
Riguardo l’inaugurazione di questa
struttura, che ospita studenti non solo
italiani, lei pensa che questa “formula
di accoglienza” sia valida ed adatta
anche per incrementare l’arrivo di
altri studenti?
Beh, per essere attrattivi bisogna
saper
essere
ospitali..questo
sicuramente è un polo d’eccellenza,
dal punto di vista della qualità… penso
che ci voglia una città accogliente
nel senso che abbia servizi, che sia
bella da vedere, abbia degli spazi e
delle opportunità culturali, una forte
offerta culturale come questa città
ha, dal cinema al teatro, alla musica
(è città della Musica dell’Unesco) ed
ha la possibilità anche di mettersi
alla prova, di fare esperienza e, allo
stesso tempo, è una città capace di
avere relazioni con il mondo..questa
è la caratteristica di Bologna: è una
città attrattiva in questo senso per
gli studenti che vengono da ogni
parte del mondo.
Perfetto! Se mi concede un’ultima
domanda in relazione a ciò che ha
appena detto.. Bologna è sicuramente
un centro attrattivo però quello che
viene da chiedersi, soprattutto a
persone esterne, è come è possibile
che la città riesca a vivere il contrasto,
ad esempio, tra il Teatro dell’Opera e
Piazza Verdi di fronte? Questo riflette
la differenziazione nel tessuto sociale
di Bologna, che poi è anche il motivo
per cui stanno protestando qui fuori
in questo momento… Lei pensa che ci
sia un fattore scatenante ben preciso
e che ci sia qualcosa da risolvere?
Contrapporre il diritto all’istruzione
al merito e alle capacità lo trovo
del tutto sbagliato.. la strada è
quella di riuscire a concordare che
la priorità per il futuro è investire
nell’istruzione, nella formazione e
nella ricerca. Non credo che ci sia
una contrapposizione tra gli studenti
su questo, ma credo che ci sia la
possibilità di riconoscere un futuro
alle nuove generazioni, perché
avendo un tasso di disoccupazione
così alto nel nostro Paese, dichiaro
che c’è una difficoltà di fondo che
però non deve permetterci di
abbandonare la centralità della
formazione. Formarsi e laurearsi
serve,comunque.
Latinista italiano, ex professore
ordinario di Letteratura Latina,
attualmente è il Magnifico Rettore
dell’Alma Mater Studiorum. Il 10
novembre 2012 viene nominato
da Benedetto XVI presidente della
neonata Pontificia Accademia della
Latinità.
Innanzitutto volevo comunicarLe che
ho apprezzato molto la mail che Lei ha
inviato a tutti i docenti per renderci
partecipi
dei
sottofinanziamenti
cronici e di tutti gli svantaggi che noi
studenti siamo costretti a sopportare
a causa di ciò che accade nel Governo.
Ho apprezzato molto l’intervento
soprattutto quando si sostiene che si
tratti dell’ennesimo affossamento del
principio di meritocrazia, nonostante
la consapevolezza che su istruzione e
ricerca si giochi il futuro del Paese. Quindi
volevo chiederLe, considerato tale
problema del sottofinanziamento, come
si pensa di risolvere quelli che si ritiene
essere i problemi legati strettamente al
taglio dei fondi, soprattutto a seguito
della legge che è stata approvata dal
Senato il 7 Novembre?
Mah, ieri abbiamo avuto anche la
conferenza dei Rettori..le prospettive
non sono rosee, però ancora non si
dispera di poter acquisire quel fondo
(che poi si parla di una miseria) di
41 mln che servirebbero, almeno
simbolicamente, a dare un segnale che
si vuol premiare i più meritevoli, perché
se non avessimo un finanziamento
additivo supplementare alla fine
veniamo tutti schiacciati con la
stessa perdita, cioè vale a dire che gli
Atenei che non meritano o che hanno
demeritato perdono il 5% nel bilancio,
mentre chi ha meritato perde il 4.7%:
quindi vorrebbe dire che fare o non
fare, fare bene o fare male, è la stessa
cosa e questo sarebbe il messaggio
peggiore. Quindi io ancora mi auguro
che questo non avvenga perché le sue
conseguenze sarebbero disastrose
come
messaggio.
Un’agenzia
nazionale di valutazione per due anni
ci ha stressati con le valutazioni,ci ha
preso tutte le misure, sarete giudicati,
valutati e premiati o puniti a seconda
degli esiti. Poi, un bel giorno capita
che questo non avviene e questo
porterebbe ad una crisi di credibilità
insopportabile in tutto il sistema. E
infatti i miei colleghi mi dicono “ma
allora, Rettore, tu ci stressi, ci fai
correre e tutto ma poi alla fine, va
bene “virtus per se ipsa premium”,chi è
virtuoso…però, voglio dire, il problema
è che il diritto allo studio è fare un bel
collegio, fare le mense, dare le borse..
ma il diritto allo studio è anche non
tagliare i corsi e reclutare professori
migliori..se uno non ha questi fondi e se
a quell’università che più corrono e più
si affermano a livello internazionale
dicono le agenzie, non io, che Bologna
è la migliore italiana, se questo non
ha un riconoscimento e ci chiedono
anche di competere..praticamente
abbiamo una classe politica che io
faccio fatica a capire..qui il problema
è di una scelta veramente politica:
o si crede che dalla materna alle
medie, ai licei, alle scuole superiori,
all’università, col dottorato ci si giochi
il futuro del Paese come si crede che il
bene della salute sia un bene pubblico
da tutelare, il bene della mente e
dell’anima e la salute del corpo sono
i due primi valori..o si crede a questo
e si tirano le conseguenze, o sennò
fate come vi pare, non siamo degni
di questo Paese..io sono un ottimista
impenitente,continuo
a
credere
che..ciò che mi spinge a credere è
soprattutto questa mia comunità
di docenti, di tecnici e di studenti
che marciano e reggono e quindi
nonostante tutti i colleghi dipendenti
abbiano gli stipendi bloccati da tre
anni, nonostante che le matricole
ogni anno aumentano, le leggi e la
burocrazia ci devastano e quindi più
lavoro, meno stipendi, più disagio e
otteniamo risultati paradossalmente
competitivi e che primeggiano, però
voglio dire, questo lo si può chiedere
a chi è iscritto all’Avis, a chi fa i voti
di castità, povertà e obbedienza, non
so se alla lunga lo possiamo chiedere
anche a chi…(non finisce la frase)
questo non lo so..non voglio,finchè son
Rettore, aumentare di un solo euro le
tasse..penso che il diritto allo studio
sia un dovere prioritario dello Stato.
Ecco, questo dice la Costituzione, io
mi ostino a credere che questo deve
essere il primo dovere di un Paese
civile.
Focalizzando invece la nostra attenzione
sul valore dell’università, partendo dal
presupposto che questo valore non sia
stimato sulla base di finanziamenti che
effettivamente l’Università riceve, quale
è il vero valore del nostro Ateneo, l’Alma
Mater?
Io credo che l’Ateneo abbia un di più..
Bologna non è il Politecnico, non è la
Normale di Pisa, un piccolo collegio..è
una grande comunità, un grande studio
generale con tutti i saperi e questo
ovviamente è un di più che mescola
i saperi,unisce le culture. E poi ha la
storia…e per vocazione storica questa
è l’università degli studenti.
Vita
interna
Intervista al Ministro Maurizio Lupi
Vita
Interna
A Christmas dinner
Inaugurazione Camplus Bononia - 22 novembre 2013
di Francesca Ranalli
Maurizio Lupi, milanese di nascita,
laurea in Scienze Politiche e carriera
da giornalista, è stato Vicepresidente
della Camera dei Deputati per il PdL
per la XVI legislatura e riconfermato
nella XVII fino alla nomina,il 28 aprile
2013,a Ministro delle Infrastrutture
e dei Trasporti (governo Letta).
Situazioni come queste sono la
dimostrazione di come la forza
dell’Università non è quella della sua
stanzialità, ma è quella di permettere
a tutti (l’esperienza dei ragazzi
internazionali a tal proposito è molto
significativa) di andare a scegliere
un sistema dove c’è eccellenza, dove
ci si può formare, incontrare, “avere
l’occasione fondamentale ” per essere
pronti, formarsi e dare il proprio
meglio nella società. Allora il dovere
che noi abbiamo è esattamente quello
di permettere che l’opportunità sia
per tutti, anche tramite la costruzione
di luoghi d’eccellenza che permettano
di concludere il processo formativo
dello studente e per far questo
anche la migrazione e l’incontro sono
importanti. Il tema dei campus e degli
alloggi universitari a tal proposito
diviene fondamentale e, tra l’altro,
diviene anche di competenza del
Pubblico. Io ricordo la mia esperienza
universitaria a Milano e tutti i miei
compagni che avevano difficoltà
nel trovare un alloggio in grado di
poter completare il loro processo di
formazione, convivere, continuare
a stare in compagnia e mi ricordo
che fondammo una cooperativa
universitaria che aveva come obiettivo
quello di dare una risposta concreta
agli altri ragazzi. Questo rappresenta
un desiderio di approcciarsi alla realtà
e di esserne protagonisti e sicuramente
a lungo andare se ne ricaveranno i
frutti…per questo, anche, non capisco
le proteste, perché il problema non è
quello dei ricchi e quello dei poveri,
ma è la possibilità di permettere a
tutti, indipendentemente dal reddito,
di usufruire di una cosa così, pubblica
o privata che sia. Bisogna creare
opportunità per tutti di crearsi la
propria partita e mettersi in gioco,
tramite la risorsa pubblica che diventa
un moltiplicatore della risorsa privata.
Intervista a Gianluca Galletti
Inaugurazione Camplus Bononia - 22 novembre 2013
di Cristiana Di Tommaso
Nato a Bologna nel 1961, politico
appartenente alla schiera dell’UdC (di
cui diviene capogruppo alla Camera),
il 2 maggio 2013 viene nominato
Sottosegretario
al
Ministero
dell’Istruzione sotto il Ministro
Carrozza (governo Letta).
La prima domanda che le rivolgo è in
merito agli scenari che si prospettano
in particolare per noi studenti, a seguito
soprattutto delle nuove leggi, come
quella del 7 Novembre che comunque
ha previsto dei tagli ai finanziamenti.
Noi chiediamo più che altro quali sono le
prospettive,di miglioramento o meno, nel
medio e lungo termine, particolarmente
in relazione alle vicende di quest’ultimo
mese ed anche cosa noi studenti
dovremmo aspettarci sulla base di ciò a
cui voi state lavorando.
Allora..noi con quel decreto del 7
Novembre abbiamo voluto dare
un segnale: basta tagli lineari sulla
scuola; sulla scuola bisogna investire.
Poi, capisco anch’io che 450 mln
non risolvono i problemi decennali
della scuola, dell’Università e della
Ricerca, però con questi soldi abbiamo
affrontato alcune priorità come
l’edilizia scolastica (40 mln per pagare
le rate dei mutui,quote,interessi
e capitale che le regioni possono
contrarre per fare edilizia scolastica),
tra l’altro già trattata nel ‘’Decreto
del Fare’’, il welfare, con 15 mln per
aiutare gli studenti più deboli per
quanto riguarda il trasporto; abbiamo
investito non ricordo quanti mln per
il wireless nelle scuole e 100 mln sul
diritto allo studio in maniera triennale
e siamo intervenuti sulla dispersione
scolastica.
Come ogni anno, presso la
residenza dell’Alma Mater, si è
tenuta l’attesissima Cena di Natale
Camplus, ma che per la prima volta,
il 17 dicembre di quest’anno, ha
visto protagonisti tutti e tre i collegi
dell’area bolognese insieme, un folto
branco di studenti affamati, pronti
ad attaccare le numerose pietanze
dell’“abbuffet” e, in alcuni casi, anche
i camerieri!
Tra i famelici ospiti della serata c’erano
anche l’attore Franco Palmieri e il
musicista Pierpaolo Bellini, insieme
registi della rappresentazione teatrale
“Due sfortunati amanti” tenutasi in
loco, che ha visto in scena, nelle vesti
dei personaggi di Romeo e Giulietta,
alcuni studenti di Alma Mater, San
Felice e Bononia, donandoci uno
spettacolo unico, inimitabile… e a
porte chiuse! (Nel senso che molti
studenti che volevano assistervi sono
stati sbattuti fuori perché arrivati con
qualche minuto di ritardo).
Aaaah, capricci da star!
Ma a proposito di star, la rivelazione
della serata, a parte il Direttor
Guidetti che balla Gangnam Style, è
stato il gruppo rock formato da Salvo
“Salvo” Sapienza, Gianluca “Giaggiù”
Fini, Giampaolo “Pasta” Lacarbonara
e Nicola “Dobby” Mottolese, che
ha allietato gran parte della serata
mandando la folla letteralmente in
V-I-S-I-B-I-L-I-O!!!!! Persone che
urlavano, donne che piangevano,
reggiseni che volavano… va beh,
forse un po’ è stato anche merito del
vino e dello spumante, gentilmente
offerti dalla Direzione, per affrontare
CARICHI il momento più atteso…
La lotteria? No!
IL BRINDISI DEL DIRETTORE!!!!
“Prima che non ci conoscevamo,
bevevamo! Adesso che ci conosciamo,
beviamo, beviamo, beviamo, finché
non vomit…” ehm “… finché non ci
conosciamo!”.
Il tormentone ha contagiato anche
alcuni studenti abruzzesi dell’Alma
Mater, che han lasciato gli stazzi per
andare verso il mare e tutti insieme
il Capodanno festeggiare! (Vi siamo
vicini).
Tanti ricchi premi, risate, l’impeccabile
esibizione dell’Almusicorum di nuova
generazione e JibJab sono stati poi gli
elementi immancabili della serata, che
hanno contribuito a renderla come
sempre speciale e, per questo, tanto
attesa.
Il primo premio della lotteria
quest’anno, uno splendido i-Pad Apple,
è andato (a Giuliano! No, scherzo XD)
al nostro responsabile di giornalino
Alberto Acuto, con il quale guiderà
meglio tutti noi e Il Resto del Camplus
verso la gloria! O anche verso un
brillante futuro va bene.
(Ti sei salvato per quest’anno,
Giuliano).
Buone Feste passate a tutti!
Vita
esterna
Università e Ricerca, tasto dolente di un
paese morente
Vita
esterna
“Via Zamboni non è un letamaio!”
di Salvo Sapienza
di Alberto Acuto
Dal Paese che ha dato i natali ad alcune
tra le più grandi menti che hanno
illuminato il panorama mondiale nel
corso dei secoli ci si aspetterebbe una più
rosea visione del mondo della Ricerca.
Oggi, invece, ci troviamo davanti ad un
desolante scenario, dove l’università è
tristemente lasciata morire e falcidiata
come prima vittima sacrificale dei tagli al
budget. Ma le condizioni della Ricerca in
Italia sono davvero così tragiche, tanto
da doverne celebrare gli elogi funebri,
o stiamo solamente sottovalutando le
nostre potenzialità?
Certo, la situazione non è delle
migliori: lo Stato italiano investe
molto meno di altri che, sulla carta,
godono di minore considerazione e
prestigio, contrariamente a quanto ci si
aspetterebbe per mantenere l’attuale
status di potenza economica. Ma c’è un
segnale, forte, che ci dà la speranza per
continuare: la nostra qualità. Nonostante
tutti i problemi, l’Università italiana
rimane tra le migliori nel mondo e sforna
studenti pronti per il mercato globale
già dopo la laurea triennale (ancora fin
troppo sottovalutata). I nostri laureati,
infatti, che in patria trovano molte
difficoltà ad affermarsi, riescono ad
eccellere in tutto il mondo con discreta
facilità.
Esempi di questo fatto? Prendiamo il
team che al CERN ha scoperto il Bosone
di Higgs: era formato principalmente da
ricercatori provenienti dall’Italia. Questa
è solamente una piccola dimostrazione
delle tante che se ne possono trovare
in un qualsiasi settore della ricerca, con
riscontri e giudizi positivi che arrivano
da tutto il mondo.
Ovviamente molto si fa anche nel
nostro territorio, dove i ricercatori, a
fronte della precarietà dei contratti e
delle difficoltà derivanti dai pochi fondi
a disposizione, riescono ad ottenere
risultati stupefacenti. Scorrendo la
lista delle 10 scoperte scientifiche
dell’anno appena trascorso, stilata dal
noto quotidiano “Il Corriere della Sera”,
notiamo come il contributo italiano sia
stato fondamentale. Infatti, il primo
microlaboratorio quantistico a fotoni,
un simulatore di urti quantistici, è stato
costruito sotto la supervisione del CNR
del Politecnico di Milano e dall’università
“La Sapienza” di Roma. Altro importante
successo, conseguito sempre a Roma,
è stato riuscire prevedere, e per la
prima volta osservare, l’esplosione di
una Supernova che si trovava nella
costellazione del Leone, a “soli” 4 miliardi
di anni luce da noi (quindi all’incirca nel
momento in cui si stava formando la
Terra).
Che la classifica sia un po’ di parte
glielo concediamo, perché è giusto dare
importanza al grande lavoro che si fa
anche qui, ma di certo è indicativa di
quanto l’Italia sia ancora viva e in piena
attività.
Apro una piccola parentesi riguardo
le lotte che negli ultimi mesi si stanno
combattendo tra animalisti e ricercatori.
La sperimentazione animale è una
pratica necessaria alla scienza – e qui
sottolineo scienza farmaceutica e
medica, non cosmetica o altro –, poiché
senza la possibilità di osservare su
animali vivi l’evoluzione di un virus o di
testare un principio attivo destinato ad
essere usato sugli esseri umani non si
sarebbero potute sconfiggere malattie
che fino a 100 anni fa causavano delle
vere e proprie catastrofi. Senza nulla
togliere agli animalisti, di cui considero
comunque lodevole l’impegno per
la causa, vorrei solo invitare ad una
maggiore lungimiranza, poiché le loro
azioni sembrano mosse da ideali troppo
lontani dalla realtà e fuorviati dai media,
ed ottengono come unico risultato lo
svilimento di tanto lavoro, complicando
ulteriormente la situazione di un settore
già in difficoltà.
La crisi strutturale ed economica che
attanaglia l’Italia è molto grave e invocare
senza cognizione di causa fondi per la
ricerca è quanto mai fuori luogo, perché
ovviamente esistono delle priorità, ma
non si può continuare a penalizzare un
ambito che ha le chiavi per una ricrescita
importante. Il ruolo della ricerca è
quello di creare nuove possibilità, per la
scienza in primis, ma specialmente per
le persone, per il Paese, per l’industria,
portando lavoro e occupazione, ridando
fiducia ad un popolo che sembra averla
persa. La nostra speranza è quella di
riavere un Paese competitivo, fatto dalle
piccole e medie imprese (com’è stata
la Fiat) protagoniste del grande boom
economico degli anni ‘50 e ‘70 del secolo
scorso, che hanno gettato le basi per
un presente travagliato ma comunque
stabile.
In questa notte così buia si aspetta solo
l’arrivo di una nuova alba. (Speriamo.)
“Uno schifo”. Con queste parole, cariche
di rabbia, Martina posta su Facebook
una foto che ritrae un muro imbrattato
un paio di giorni dopo essere stato
tinteggiato per l’ennesima volta. “E
questo è niente”, scrivono i suoi amici
nei commenti. Alludono chiaramente
al degrado in cui la zona universitaria
di Bologna vessa ormai da tempo. La
situazione sembra essere sfuggita di
mano alle autorità, mentre i cittadini
si organizzano come possono. “Via
Zamboni non è un letamaio” è il simbolo
dello sdegno dei cittadini: 1200 firme
raccolte sul portale firmiamo.it per
incitare le istituzioni a muoversi contro
queste forme di inciviltà. I commenti in
questa pagina sono i più disparati: c’è chi
critica il Sindaco per avere tralasciato i
problemi della zona universitaria, chi si
scaglia contro i “teppisti” con estrema
veemenza e chi invoca il “pugno di ferro”
da parte della pubblica sicurezza. E,
paradossalmente, c’è chi è gioiosamente
orgoglioso del “degrado” provocato.
L’atteggiamento dimostrato in questi
commenti dimostra tuttavia che il
problema non è stato compreso in pieno
in tutte le sue esternazioni. Il degrado
è composto da vari episodi distinti
e separati, che non possono essere
parificati. Si può spaziare da chi imbratta
i muri, ai fenomeni di micro-spaccio di
sostanze psicotrope di bassa intensità
(“erba” o “fumo”, o ancora “burbuka”)
, alla ricettazione di biciclette rubate,
ai distributori di alcolici fuori orario, ai
clochard che bivaccano davanti il Teatro
comunale. Si tratta di fenomeni troppo
eterogenei per potere essere contrastati
in maniera univoca. La richiesta più
immediata, in questi casi, è quella di
maggior rigore da parte della pubblica
autorità: a quali risultati porterebbe una
linea dura? In che direzione potrebbe
rivolgersi questo intervento?
L’inasprimento
delle
sanzioni
amministrative previste non funziona:
le multe non assolvono la loro funzione
prevenzione generale, visto che, seppur
previste, non hanno disincentivato
condotte “degradanti”. Di conseguenza,
appare evidente che questi episodi
devono essere letti alla luce delle loro
radici. In altri termini, una repressione
più mirata può contrastare la situazione
in modo migliore rispetto all’uso del
“pugno duro”.
Si pensi ai fenomeni connessi all’eccesso
di alcol: un’ordinanza del Comune
impone orari di chiusura agli esercenti
di via Petroni per limitare il consumo
di alcolici nelle ore notturne, ma una
birra è sempre acquistabile da appositi
rivenditori che sottobanco e a prezzi
concorrenziali offrono, in Piazza Verdi,
una bottiglia in vendita. In questo modo
non si contrastano neppure i pericoli
dovuti alla presenza di vetri rotti. Oltre
al danno, la beffa, specie per i gestori
dei locali: l’ordinanza ha inasprito le
tensioni tra Comune ed esercenti, senza
migliorare la situazione.
Ancora, si pensi ad uno dei problemi
più evidenti e più indigesti a chi vive la
zona universitaria: la presenza di urina
in molti angoli delle zone maggiormente
frequentate. Anche in questo caso, il
fenomeno è dovuto principalmente
alle tendenze incontinenti di chi è
ubriaco, motivo per cui la sanzione
amministrativa (150 euro) è deterrente
tanto quanto l’inutile e nauseabondo
disinfettante che viene giornalmente
spruzzato. Analizziamo il fenomeno
sotto una prospettiva differente. Al
posto della multa, si potrebbe ipotizzare
la realizzazione di un set di bagni chimici
(quelli dei cantieri, per intenderci) che
siano monitorati da alcuni addetti. In
aggiunta a ciò, con un raddoppiamento
delle pene, si potrebbe creare un duplice
effetto di deterrenza e di incentivo verso
la condotta più virtuosa. Al contempo, si
potrebbero favorire quegli esercizi che
consentono l’ingresso alle toilette anche
per i non-clienti, magari sensibilizzando
gli stessi gestori a risollevare le sorti della
zona universitaria con azioni attive.
Due
atteggiamenti
devono
necessariamente cambiare: da un lato
quello delle autorità, dall’altro quello dei
frequentatori della zona universitaria.
La prima deve rifiutare il proposito del
“far cassa”, accontentandosi di ricevere
i proventi delle multe e sacrificando
il benessere della cittadinanza; gli
studenti devono percepire via Zamboni
e dintorni come un patrimonio comune
e impegnarsi non solo a rispettarlo, ma
anche a difenderlo.
il Resto del Camplus - VITA CAMPLUS
Vita
esterna
Una sfida per l’Italia del futuro:
Vita
camplus
In cerca di Bologna: Spring Hill students
di Giovanni Silva
di Mary Jane Dempsey, Student Life Assistant for SHC Italy Center
salvare la Terra dei fuochi
“Tra 20 anni gli abitanti del Casertano
saranno tutti morti di cancro: comuni
come Casapesenna, Casal di Principe,
Castelvolturno non hanno speranze”.
Così diceva nel lontano 1997 il pentito
Carmine Schiavone, ex boss del clan dei
Casalesi, alla Commissione Parlamentare
Antimafia. Queste parole crude ed
agghiaccianti, rese finalmente note
dopo 16 anni, hanno scosso l’opinione
pubblica e acceso l’interesse per una
questione tra le più gravi esistenti oggi
in Italia, quella della “Terra dei fuochi”.
Negli ultimi mesi se ne è parlato tanto,
sui giornali, in famosi programmi tv, sul
web. Cerchiamo di spiegare in modo
semplice di cosa si tratta.
Il problema rientra in un fenomeno
più grande, quello della gestione del
settore rifiuti in Campania. Esso, si sa,
è da molti anni sotto controllo della
camorra; i clan hanno puntato molto su
questo business e da tempo gestiscono
l’intero ciclo dei rifiuti con le seguenti
conseguenze: mancanza di un moderno
sistema di smaltimento, discariche
abusive e soprattutto roghi di rifiuti
urbani misti a rifiuti tossici. Proprio da
questi roghi deriva il nome di “Terra dei
fuochi”, che indica una vasta area della
Campania compresa tra le province di
Napoli e Caserta, un territorio un tempo
noto come Campania Felix, ovvero una
delle regioni più fertili d’Italia,famosa
per i prodotti dell’agricoltura e
dell’allevamento.
Qui la situazione è più grave che altrove
perché, oltre alla presenza di discariche
e ai continui roghi che inquinano l’aria,
la camorra ha sfruttato questa terra
per smaltirvi rifiuti speciali provenienti
dal Centro Italia, dal Nord, perfino
dalla Germania. Rifiuti speciali significa
rifiuti industriali, scarti di ogni tipo di
lavorazione, fanghi nucleari, amianto,
insomma veleni di ogni tipo, sepolti per
decenni sotto pascoli e campi coltivati.
Tutto ciò sta avendo conseguenze
drammatiche soprattutto per le giovani
generazioni. Come sappiamo, inquinare
aria, suolo, falde acquifere provoca
danni a lungo termine e non a caso
proprio negli ultimi anni quest’area è
diventata una delle prime in Italia per
numero di tumori. La malattia ha colpito
tutte le fasce d’età, anche molti giovani
e neonati, con una frequenza fuori
dalla norma, molto più alta della media
nazionale; si è calcolato che l’aspettativa
di vita di almeno tre generazioni di
abitanti rischia di essere gravemente
compromessa.
Ma come è possibile che nel nostro Paese
si sia verificato un disastro ambientale
del genere? Le responsabilità sono di
molti: in primo luogo di una criminalità
organizzata disposta a tutto in nome
del profitto, persino a rovinare e ad
avvelenare la propria terra, la propria
gente; e poi di uno Stato colluso sia a
livello locale che nazionale e di tanti
imprenditori che si sono liberati dei
propri rifiuti affidandoli alla camorra,
non curandosi di che destino avrebbero
avuto.
Nell’ultimo anno, però, qualcosa è
cambiato. In Campania sono nati
comitati in difesa della Terra dei fuochi
remember their Italian semester
e si sono svolte manifestazioni di piazza
per sollecitare la politica a prendere
provvedimenti. Inoltre un gruppo di
associazioni, guidate da Legambiente,
ha pubblicato un elenco di 10 proposte
concrete in difesa della terra dei
fuochi, tra cui: la mappatura di tutti i
siti contaminati; l’analisi sistematica
dei prodotti alimentari, in modo da non
mettere in commercio quelli provenienti
da terreni avvelenati; l’avvio di opere
di bonifica; l’introduzione del Registro
Tumori della Regione Campania; la
creazione di un piano sanitario pubblico
per gestire l’emergenza tumori.
E le istituzioni come hanno reagito? Si
intravedono segnali positivi: ai primi
di dicembre il governo ha emanato un
decreto legge che ha introdotto il reato
di combustione dei rifiuti; sono inoltre
stati sbloccati i primi fondi destinati alle
bonifiche e sono partiti i primi controlli
dei terreni. C’è però una domanda
che tanti cittadini si stanno ponendo
e che esige una risposta da parte della
politica: come mai nel ’97 il Parlamento
decise di tenere segrete le dichiarazioni
di Schiavone, senza informare la
popolazione su cosa era accaduto in
Campania e su quali rischi correva?
Perché chi sapeva non ha agito subito
per proteggere i residenti e per punire i
responsabili?
In sostanza, molto, troppo tempo è
già stato perso, ma è ancora possibile
limitare i danni e rendere le conseguenze
meno disastrose. È pero necessario
che lo Stato e i cittadini remino dalla
stessa parte e che gli interventi vengano
fatti in modo trasparente, a cominciare
dalle bonifiche, un nuovo business che
potrebbe attirare la camorra.
In questo cammino lungo e difficile sarà
fondamentale il contributo delle nuove
generazioni, che rischiano di essere le
più coinvolte, e più in generale della
gente comune; visti i passi in avanti
fatti nel giro di pochi mesi, comunque, è
giusto nutrire ancora la speranza che la
Terra dei fuochi possa essere ‘salvata’.
After flying hours across the world and
lugging heaving suitcases, the American
students of Spring Hill finally arrived
to Bologna, the Italian city that would
become their home for three months.
Although they took excursions to other
European countries, such as Greece
and Poland, the students’ main focus
was creating new lives in Bologna,
where they uncovered a unique culture
and witnessed different realities. A few
of the Americans decided to share their
memories that best exemplify their
Bolognese experience.
“It may sound simple and boring, but
some of my favorite moments have
been just walking around different
parts of Bologna by myself, especially in
the morning. There is something about
finding your way in a new place, and
taking in all of the sights, sounds, and
people around you. I like to call it my
‘Bologna-exercise’ for the day!”
Catherine Pugh, Loyola University New
Orleans
“On an overcast Saturday morning,
Urvashi, David, and I walked to the
panoramic view at San Michele in Bosco.
We spent nearly an hour up there, taking
in the physical beauty of Bologna from
above. The highlight, however, was an old
Bolognese man who shared with us the
history of the city in which he was born
and raised. He could not stop sharing his
love of the city with us and would walk
away after a few minutes, only to return
moments later to tell us other facets of
Bologna’s fascinating story. The tangible
pride that the man had, coupled with our
ability in the moment to see all of the city
he was describing, created a surreal and
wonderful moment that has remained a
favorite moment for all three of us.”
Patrick McDonnell, Santa Clara University
“My favorite moment in Bologna was
probably climbing the tower with
[John], Peter and Joe… Teaching the
EFL class [at Centro Zonarelli] was also
a life changing experience for me. I’m
normally very outgoing and talkative
with the people I know well, but getting
to know new people who did not speak
English well really put me out of my
comfort zone and helped me learn more
about others and myself.”
Ben Fleming, Spring Hill College
“The soft gravel underneath my feet
With rain pouring down on repeat
Moving without direction or ambition
Only making the directional decision
On towards the end of the road
Passing a citizen’s humble abode
We move past an ancient wall
On the picturesque walk in fall
Nothing could beat this,
Walking down this Italian driveway”
John Zazulak, Spring Hill College
“My best Bologna moment was when I
had to tell this lady directions in Italian
for the first time. In this moment I could
finally feel myself becoming a part of the
Bologna community.”
Coryn Cenzer, St. Louis University
“Every Wednesday always reminds me of
the community and kinship I have found
in this city. Whether I go to mass or have
fun with my speaking partner which is
always followed by a dinner with new
friends, at every turn I am reminded that
I am a part of this community. I am a part
of Bologna and I have a place here and I
wouldn’t have missed this for the world.
I am the most thankful I’ve ever been for
this opportunity and everything that has
lead me to this moment.”
Graziella Ioele, St. Joseph’s University
il Resto del Camplus - VITA CAMPLUS
il Resto del Camplus - VITA CAMPLUS
Vita
camplus
Two is good, four is better
In due va bene, ma in quattro è meglio
Vita
camplus
La vita Bolognese
di Jerome e Bieke
Alessandra Di Vanna, Elizabeth Sabetta, Karissa Hansen, Alberto Acuto
qui e non cambierei nulla.
Alessandra
For my first Speaking Partner program
experience I couldn’t have asked more.
In fact, not only did I improve my English
but also made new amazing friends. I
got on well from the start with Elizabeth
and the same goes for Alberto with
Karissa, so, since our speaking partners
were roommates and close friends,
we thought that it would have been
welcoming and enjoyable to do things
all together, rather than in couples. We
hung out several times (we visited the
church of San Petronio, tasted one of the
most delicious ice-creams in Bologna,
had lunch at Osteria del Sole) and we
spent time together at the campus at
dinner or in the study rooms.
We went through this experience our
own way, like four young people who live
together, rather than like four students
who are learning another language. The
climate was so relaxed and pleasant
that the diversity in our linguistic
codes
spontaneously
generated
occasions of exchange and encounter
rather than resulting in an obstacle
for communication. And being a group
which formed “off the cuff” really made
all the difference.
Elizabeth
Prima di arrivare in Italia, non avevo
aspettative perché ho voluto essere
sorpresa con la mia esperienza. Ero
delusa perché il programma è iniziato
più tardi che mi aspettassi, ma ci ha dato
tempo per regolare le nostre vite nuove
qui. Mi ricordo che ho visto Alessandra
in giro, ma non ci incontravamo. Adesso,
due mesi dopo, non posso immaginare
la mia esperienza diversamente. Ale ed
io abbiamo fatto molte cose insieme
come intagliare una zucca, fare un video
per il compleanno della mia migliore
amica, uscire con i nostri amici e inoltre
speaking partner, e abbiamo ovviamente
conversato in lingua. Penso che la mia
esperienza sia andata benissimo perché
Ale è apertissima all’apprendimento
e anche al mio apprendimento. Lei mi
fa sentire a proprio agio quando sta
parlando in italiano e con altri italiani.
Con questo programma mi sento
immersa nella cultura e nel mondo di
studenti italiani. Ho conosciuto altri
amici attraverso Alessandra con cui
manterrò i contatti dopo la mia partenza.
Uno dei miei momenti preferiti era
passare del tempo a parlare di tutto
con i nostri amici Alberto e Karissa e
MJ e Ioana. Inoltre, penso che questo
è il migliore modo per imparare nuove
parole e modi di fare. In conclusione,
questo programma è stato una delle mie
migliori esperienze durante il mio tempo
Karissa
Lo speaking partner program è stata
un’esperienza che non dimenticherò.
Il mio speaking partner, Alberto, è
uno dei miei amici migliori a Camplus
adesso. Abbiamo fatto molte cose a
Bologna durante il semestre autunnale
con Alessandra e Elizabeth. Non avevo
nessuna aspettativa quando sono
arrivata in Italia. Volevo migliorare il mio
italiano e conoscere meglio la cultura.
Alberto era la persona perfetta per
questi obiettivi. Siamo stati in grado di
scambiare le cose che apprezziamo delle
nostre culture in italiano e in inglese. Era
anche un ottimo modo per imparare le
frasi che non si possono imparare in un
corso d’italiano. Penso che lo speaking
partner program sia importante per gli
studenti americani e italiani perché è
un ottimo modo per esplorare la città.
Ho imparato molto, ci siamo divertiti,
e ho incontrato due incredibili nuovi
amici con la mia compagna di stanza.
Credo che resteremo amici per un lungo
periodo.
Alberto
For me this was the fourth time in a
speaking partner project, and I can easily
say that this one is my best one. Karissa
and I suddenly clicked and we had many
chances to stay together talking without
any sort of duty, and I think that is the
main focus of this type of project. Luckily
we had during this, unfortunately short
period, two really good mates like
Alessandra and Elizabeth that always
stayed with us in everything we did,
having great fun.
That’s the main scope in this, gettin’
friends and having fun together and
making this experience unforgettable!
Thank you ladies!
Siamo arrivati a Bologna all’inizio
di settembre. In questo periodo, il
Camplus era praticamente vuoto.
Quindi i primi studenti con cui
abbiamo fatto conoscenza erano
degli altri ragazzi Erasmus con i
quali facevamo un corso d’italiano
all’Università. Durante il mese di
settembre, un sacco di studenti
sono arrivati alla residenza. Dopo
aver incontrato tanti ragazzi di tutta
l’Europa grazie alle serate Erasmus,
abbiamo infine potuto conoscere
alcuni italiani. La vita in questo
collegio ci è piaciuta molto. Ti dà
la possibilità di incontrare tanta
gente e di fare molte cose insieme.
La vita in Erasmus è un’esperienza
molto particolare. Tanti studenti
stranieri, come noi, non hanno molti
corsi all’Università. L’anno scorso, io,
Jérôme, a Ginevra avevo ottenuto dei
crediti in anticipo per poter essere
più tranquillo in Italia. Seguire dei
corsi all’Università in una lingua che
non hai ancora veramente dominato
può sembrare complicato. Invece ho
avuto la fortuna di avere professori
che si esprimevano in modo molto
chiaro. Il fatto di studiare una
materia che conosci ti aiuta anche
molto. Alla fine del mese (gennaio)
dovrò dare due esami scritti. Tuttavia
i professori hanno la reputazione
di essere tolleranti con gli studenti
stranieri. Io, Bieke, ho avuto dei corsi
sia in inglese, sia in italiano. Ero più a
mio agio con l’inglese ma ho anche
imparato l’italiano abbastanza
velocemente, nonostante faccio
ancora un po’ di difficoltà. In Italia
ho imparato a giocare a biliardino,
ora sono molto brava (più di
Simona). Mi piace mangiare un
sacco e fare delle foto sotto le due
Torri. Dunque a Bologna avevamo
molto tempo libero per uscire e
usufruire delle attività organizzate
dalle associazione Erasmus. Per uno
studente straniero, Bologna è vicina
al paradiso. Ci sono delle cose da fare
ogni sera e tanti viaggi organizzati.
Abbiamo potuto scoprire Milano,
Siena, Torino, Roma, Napoli a prezzi
bassissimi. Il tempo libero ci ha
anche dato la possibilità di andare,
con alcuni amici dell’Università, a
Genova ed alle cinque Terre.
Uno scambio universitario è quindi
un’esperienza che raccomandiamo
a tutti gli studenti del Camplus.
Purtroppo questa tappa della
nostra vita sta per concludersi. E
praticamente l’unico svantaggio
che abbiamo incontrato durante
questi mesi a Bologna ; in realtà un
semestre è corto, troppo corto.
Grazie a tutti per questi mesi che
abbiamo condiviso insieme, vi
lasciamo giudicare da dove viene la
migliore cioccolata del mondo. Ci
vediamo in paradiso, in Svizzera o in
Belgio se volete.
Jérôme Cochand & Bieke Deprince
Svizzera VS Belgio
Cultura
Nicolas Winding Refn:
Monografia di un delirio
di Daniele Licheri
è raro trovare un regista capace di
sorprendere tanto da farci dubitare di
ciò che pensavamo di sapere sui film,
pur restando nel territorio del cinema
di genere, e Nicolas Winding Refn è
senz’altro uno di questi.
Il giovane regista danese si è distinto per
la sua arte visionaria: orizzonti lugubri e
musica classica, situazioni grottesche e
atmosfere pop, la ricerca della gloria e
la lotta per la sopravvivenza: troviamo
tutto questo nei suoi film.
In particolare, ho deciso di parlarvi di
“Drive”, “Valhalla Rising” e “Bronson”,
i lavori che maggiormente ne
esemplificano la classe e l’unicità.
Drive (2011) Azione / Noir
La vicenda si ambienta nella giungla
urbana di Los Angeles, dove un silenzioso
“driver” (Ryan Gosling) porta avanti
una doppia vita: di giorno assistente
in un’officina e stuntman part-time, di
notte autista per rapine. Grazie all’aiuto
del proprietario dell’officina (Bryan
Cranston), che ha riconosciuto il suo
grande talento al volante, il protagonista
entra in contatto con personalità della
malavita e del cinema, da cui riceve
offerte di lavoro sempre più proficue.
Questo finisce quando il nostro driver
s’innamora della dolce vicina di casa
Irene e, volendo renderla felice, rischia
la vita per aiutare suo marito a uscire dal
mondo della criminalità.
Il film comincia con una coinvolgente fuga
dalla polizia, che grazie al leggero battito
synth della colonna sonora, al rombo
del motore, al ticchettare dell’orologio
e alle inquadrature ansiogene sempre
all’interno della vettura, dà origine in
pochi minuti ad una scarica di adrenalina
che finisce dritta nel sangue dello
spettatore. Difficile immaginare un
esordio migliore.
Emerge in particolare il carattere
taciturno e apatico del driver, che lo
accompagnerà durante tutta la storia,
facendolo apparire come uno spietato
cavaliere silenzioso che anziché entrare
nell’armatura e cavalcare il destriero
indossa i guanti da corsa e guida la sua
macchina, imponendo le sue regole a
chiunque metta in pericolo il precario
equilibrio della sua doppia vita.
Pur orientandosi nel cinema d’azione,
Refn evita un quadro cinematografico
troppo votato a seguire l’archetipo del
genere, scegliendo di dare spazio allo
sviluppo dei personaggi (attraverso
sequenze memorabili come quella del
discorso fra i due mafiosi sulla gestione
degli “affari di famiglia”) o al sottofondo
romantico, reso dolcemente ma senza
intaccare il tono cupo della vicenda.
Refn sceglie di utilizzare un comparto
sonoro fatto di musiche sottili e ritmate
(molte delle quali dall’album “Night Drive”
firmato Chromatics), che incorniciano
bene sia i momenti di aggressività del
protagonista sia le situazioni di calma
e dolcezza, e definiscono l’atmosfera
quieta e buia dell’ambiente.
Se cercate un film d’azione diverso dal
solito, Drive è certamente una risposta,
non solo per le ottime sequenze
adrenaliniche o per conoscere i segreti
della tentacolare Los Angeles, ma perché
riscatta il filone dell’action-movie,
mostrando quanto può essere superflua
la trama davanti all’ottima orchestra
delle sequenze visive, del sonoro e degli
attori.
“Dammi ora e luogo e ti do cinque
minuti: qualunque cosa accada in quei
cinque minuti sono con te, ma ti avverto,
qualunque cosa accada un minuto prima
o un minuto dopo sei da solo. Io guido e
basta.”
Valhalla Rising (2009) Drammatico
Lo sfondo del film è senza dubbio il
più spettrale e visionario che Refn
mette su pellicola: nelle fredde vallate
dell’estremo Nord, il vichingo One-Eye
(Mads Mikkelsen) uccide i padroni che
lo tenevano schiavo, risparmiandone
solo il figlio, che si occupava di sfamarlo,
e viene assoldato da un pugno di crociati
cattolici per riconquistare la Terra Santa,
in un viaggio infernale nell’oscurità.
L’epoca è quella del progetto di
conversione universale al cattolicesimo:
i crociati cattolici si presentano come
conquistatori votati a portare la parola
del Dio cristiano in un mondo ancora
selvaggio, ebbro di simbolismo pagano.
La scelta di focalizzare l’attenzione
su annose questioni religiose si rivela
in realtà funzionale alla trama e allo
sviluppo dei personaggi: da una parte i
crociati, convinti dei loro ideali, ricadono
nell’ipocrisia e distruggono ogni forma
di società preesistente per erigere
l’ennesimo baluardo asservito alla
Chiesa; dall’altra One-Eye, attraverso
un percorso para-religioso, trova il suo
scopo nella vita e trascende se stesso,
passando da schiavo a uomo a semidivinità assetata di violenza.
Analogamente al protagonista di Drive,
One-Eye è un personaggio silenzioso.
Questo tratto risalta particolarmente
in Valhalla Rising, dove l’interpretazione
granitica di Mikkelsen del taciturno
guerriero del Nord lo trasforma in un
essere quasi monolitico, impassibile
di fronte alle questioni religiose che
affannano i suoi compagni di viaggio.
Le inquadrature preferite da Refn
sono le panoramiche, che riprendono
le ampie e vuote valli del paesaggio,
donando un forte senso di desolazione
alle scene. Insieme alla scelta di inserire
paesaggi ostili, come fiumi di sangue o
cieli coperti dalla nebbia, l’uso di colori
accesi e contrastanti e le visioni di morte
chiariscono che i personaggi sono dei
condannati e possono solo accettare la
meta che il destino ha scelto per loro.
Valhalla Rising ha la struttura di un’amara
profezia, che sprofonda la condizione
umana nella perdizione e nella
sofferenza. Non è certamente un film per
i deboli di cuore, ma senz’altro un lavoro
eccellente che spicca per le stupende
sequenze visive, impreziosite dagli spazi
aperti del panorama scozzese, e per le
scene di violenza, la cui crudezza riesce
con successo a trasmettere inquietudine
e angoscia all’animo dello spettatore.
“Ho sentito che mangiano il loro stesso
Dio, divorano la sua carne, bevono il suo
sangue. Abominevole.”
Bronson (2008) Biografico
La pellicola racconta la vita di Michael
Gordon Peterson (Tom Hardy), un
detenuto inglese divenuto famoso per
aver trascorso 34 anni in prigione, di cui
30 in isolamento, per cattiva condotta,
partendo da una condanna di soli 7 anni
per una rapina all’ufficio postale. La
storia di Peterson, meglio conosciuto
con lo pseudonimo di Charles Bronson,
è quella di un uomo radicalmente
violento, al punto da essere trasferito in
più di cinque diversi penitenziari, poiché
nessuno sembrava in grado di contenere
la sua aggressività.
Le prigioni di sicurezza dell’Inghilterra
rappresentano il palcoscenico dove
“l’attore” Bronson mette in scena la
sua grottesca commedia di sangue e
risate. A impreziosire le sequenze di
dialogo e di sviluppo della storia sono
le colonne sonore che riecheggiano
il pop sperimentale degli anni ’70,
mentre alle scene di lotta fa da sfondo
la musica classica. E proprio queste
scene, oltre alla similarità di carattere
fra i protagonisti, devono aver convinto
i più che Bronson possa essere designato
quale erede moderno del superlativo
Arancia Meccanica di Kubrick. Nel film,
il detenuto si presenta a noi come un
personaggio sfacciato e prepotente, ma
anche melodrammatico e tragicomico. E’
essenzialmente un uomo che riconosce
nella violenza il suo talento e ne fa il
mezzo per raggiungere la fama, la gloria
e il successo.
L’interpretazione di Tom Hardy di questo
difficile ruolo conferisce un valore
aggiunto al film e da sola è una ragione
più che valida per andare a vederlo. Non
ci sono eccessi nel melodramma né nella
freddezza. L’attore merita certamente
un elogio per la classe con cui ha
interpretato il megalomane sociopatico
inglese ambizioso di gloria.
Inoltre, nelle brevi parentesi in cui il
protagonista si trova fuori dal contesto
della prigione, è interessante osservare
la società inglese, che Refn rappresenta
piena di opportunisti e approfittatori
pronti a vedere nella “bestia Bronson”
un animale da circo su cui lucrare.
Se Drive e Valhalla Rising erano ottimi film,
Bronson è senza dubbio un capolavoro.
È davvero difficile spiegare tutto quello
che questo film e la sua forza ti lasciano
dentro. Consiglio più che vivamente
di andare a vederlo e di farsi stupire e
disgustare dalla mostruosa personalità
di Michael Gordon “Bronson” Peterson.
“Tu non vuoi incontrarmi fuori all’aperto.
Dentro, sono qualcuno che nessuno vuole
fottere, è chiaro? Sono Charlie Bronson, io
sono il prigioniero più pericoloso di tutta
l’Inghilterra.”
Cultura
Un uomo, un artista, la genuina semplicità
di una complessa personalità
Cultura
Le novità Hi-Tech 2014
di Davide Scalinci
Bologna, “Teatro Duse”, 03/12/2013 - Giovanni Allevi in concerto
di Sabrina Tauro
Ore 21.00, ecco che Giovanni sale
sul palco. Non si vede una sola sedia
vuota. Come sempre, ha ottenuto il
“tutto esaurito”. Le luci iniziano pian
piano a spegnersi e, come per magia,
un silenzio cala sulla sala. Che strano,
una sottile ironia può essere colta nella
vita degli artisti. Siamo di fronte a uno
sdoppiamento di prospettiva, con due
posizioni antitetiche e complementari:
da una parte il pubblico, tranquillo,
sereno, impaziente, in attesa di emozioni
forti e travolgenti, magari con il desiderio
di evadere per qualche ora da una vita
tormentata, difficile, piena di affanni,
o con la semplice voglia di passare una
piacevole serata; dall’altra l’artista, solo,
agitato, anch’egli impaziente di regalare
un sogno, o anche soltanto un sorriso. E
proprio così si sente Giovanni, mentre
osserva da dietro le quinte la sala piena
di fan che attendono di ascoltare il loro
artista preferito. È preso dall’ansia di
deludere le loro aspettative. Non può
contare su nessuno se non su se stesso
e sul suo pianoforte. Ecco perché
ogni volta che sale sul palco, prima di
cominciare a suonare, si avvicina al
pianoforte sussurrandogli “Fai il bravo”.
A qualcuno questo rito potrebbe far
sorridere, ma per un musicista il rapporto
quasi “umano” con lo strumento è l’unico
appiglio, forse illusorio, a cui aggrapparsi
per poter vincere la timidezza, l’ansia e la
“paura di suonare”. Ed è proprio questo,
come egli spesso dice, lo stato d’animo
abituale del grande Giovanni Allevi, che
infatti, dopo un mitico ingresso di corsa
e con le braccia aperte (quasi ad imitare
un uccello che spicca il volo per lanciarsi
in un’avventura incognita e misteriosa
ma al tempo stesso coinvolgente), inizia
il concerto con un brano che descrive
la sua ansia: “Panic”. Il pezzo è stato
composto proprio in seguito ad una crisi
di panico avvenuta prima di un’esibizione.
Quando arrivò l’ambulanza egli giurò
che se fosse uscito vivo di lì (perché,
ha raccontato scherzando, “non lo
sapevo che si sopravvive all’attacco di
panico”) avrebbe composto un brano
che esprimesse la gioia di vivere. Delle
note dolcissime sopraggiunsero alla sua
mente, e così nacque “Panic” che, non a
caso, è il primo brano dell’album “Joy”
(“gioia”, appunto).
Ecco che comincia a suonare. E’ terribile
“rompere il ghiaccio”. All’inizio del
concerto da un lato c’è il pubblico,
ricco di aspettative e povero di
emozioni, dall’altro l’artista, colmo
di emozioni e povero di aspettative.
Alla fine del concerto la prospettiva
si ribalta. Chiaramente, il compito di
realizzare questo rovesciamento spetta
principalmente all’artista: a lui e al suo
strumento.
Per un musicista lo strumento è
come un figlio, se non addirittura
un prolungamento della propria
persona. Ed è tanto più importante per
Giovanni, che è un appassionato del
linguaggio del corpo. I gesti, le reazioni,
i micromovimenti, anche impercettibili,
svelano le reali intenzioni di un
individuo; è il linguaggio più spontaneo
dell’animo umano. Tuttavia c’è il rischio
dell’omologazione.
Per
esempio,
racconta Giovanni: “Il mio insegnante
mi ripeteva sempre che la posizione
corretta per suonare il pianoforte era
busto dritto e polso parallelo al suolo. Io
non ero in grado di tenerla, costretto da
una rigidità esterna che nulla aggiungeva
al fatto musicale. Quando suono divento
invece una cosa sola con il pianoforte; mi
piego quasi a cercare una fusione con i
tasti e finisco per assumere posizioni
irregolari, e apparentemente scomode,
per essere il più vicino possibile
all’origine del suono. E’ necessario: solo
così riesco a sentire le vibrazioni e a
superare la paura di suonare”.
Il pubblico, dal canto suo, gioca un ruolo
non indifferente, che consiste nell’“aprire
il cuore” alla musica. Infatti, bisogna
essere particolarmente predisposti
per poter cogliere fino in fondo il
linguaggio musicale. Ciò non vuol dire
necessariamente aver studiato musica,
ma semplicemente avere una sensibilità
tale da permettere alle note di toccare
e far vibrare le corde più profonde
della propria anima. E per riuscirci non
servono “pezzi cervellotici”, “concettismi
musicali” particolarmente ricercati,
un’esasperata ricerca della difficoltà
nella partitura scritta. La musica classica
è così grande perché parla al cuore delle
persone. E lo stesso vuole fare anche
la musica classico-contemporanea di
Allevi.
Ecco allora che improvvisamente le note
iniziano a sgorgare, fresche e leggere,
e quelle melodie incredibili penetrano
nell’animo degli spettatori, tanto da
generare una vera e propria standing
ovation. In tutto questo c’è un piccolo
segreto: la musica è insieme celestiale
e terrena, proietta verso l’infinito ma,
nello stesso tempo, ognuno in essa può
riconoscersi. E ciò non può che essere
la profonda espressione di un’identità
molto articolata come quella di questo
pianista, il quale riesce a tradurla con
spontanea naturalezza, in termini chiari
e vicini alla sensibilità di ogni persona. E’
proprio questa la grandezza di Giovanni
Allevi: “la genuina semplicità di una
complessa personalità”.
Il CES di Las Vegas (tenutosi dal 7 al 10
gennaio scorso in uno spazio di 176 km2)
è lo show tecnologico di inizio anno che
ci lascia sbirciare da uno scorcio aperto
direttamente sul futuro.
Dei numerosi dispositivi presentati,
hanno
attirato
particolarmente
l’attenzione le stampanti 3D, rese
accessibili anche ad un’utenza media.
Se fino ad oggi la stampa rappresentava
solo la possibilità di vedere su carta
un’immagine o un testo, da domani
grazie a questi nuovi strumenti potremo
costruirci da soli qualsiasi cosa ci
venga in mente (purché entri nella
stampante stessa!). Potremo realizzare
facilmente una nuova cover per il nostro
smartphone, delle sculture artistiche,
dei plastici e perché no…anche il casco
di Iron Man!
L’altro punto focale della manifestazione
è stata la “wearable technology”,
ovvero la tecnologia indossabile, che
dopo la presentazione degli occhiali
a realtà aumentata di Google ha
ottenuto sempre più consensi. Alcuni
produttori, come Epson, hanno seguito
la scia dell’azienda di Mountain View,
proponendo la loro idea di occhiali a
realtà aumentata. Una moltitudine di
aziende e start-up (anche italiane) si
sono lanciate invece nell’ideazione di
orologi con display touch e connessione
bluetooth per utilizzare le app presenti
sugli smartphone; tra le varie cose, è
possibile gestire le chiamate, gli SMS, il
calendario e le diverse notifiche che si
ricevono. Altri ancora hanno pensato
di inserire le più svariate tipologie di
sensori all’interno di braccialetti ed
altri accessori da polso destinati agli
appassionati di fitness: essi possono
misurare la distanza percorsa, il battito
cardiaco, la temperatura corporea, le
calorie bruciate, l’ossigenazione del
sangue e tantissima altra roba!
Non potevano mancare, poi, gli
smartphone. Anche se a loro è riservato
un evento specifico che si terrà a fine
febbraio (il Mobile World Congress),
alcuni produttori come LG hanno
presentato la tecnologia che andrà
a sostituire i nostri attuali schermi –
siano essi di smartphone o tv – ovvero i
display curvi. I continui tentavi fatti dalle
grandi industrie per aumentare sempre
più la curvatura dei display mirano
ad un obiettivo ambizioso: si vuole
costruire un tipo di tecnologia non solo
indossabile, ma perfettamente flessibile,
che consenta di utilizzare un display
come se fosse un foglio di carta, e quindi
di piegarlo senza romperlo.
Il Consumer Electronics Show di
quest’anno si è chiuso in rialzo, infatti,
a differenza delle ultime due edizioni,
ha visto un ritorno dei produttori alla
realizzazione di nuove idee. Questo
significa che la tecnologia che vediamo
nei film di fantascienza è un passo più
vicina a divenire realtà.
Cultura
Recensione libro:
Misteri, crimini e storie insolite di Bologna
Cultura
Angolo delle Poesie
di Jolanda Pappalardo
di Chiara Cordella
Barbara Baraldi è una scrittrice e
sceneggiatrice emiliana. Ha pubblicato
nove romanzi tradotti in varie lingue. Si
occupa di noir e thriller e attualmente è
impegnata in una serie fantasy. “Misteri,
crimini e storie insolite di Bologna” fa
parte di una collana che la casa editrice
Newton Compton ha dedicato ai misteri
italiani; nella stessa collana si possono
trovare libri dedicati ad altre città.
Misteri, crimini e storie insolite di Bologna
(Barbara Baraldi, Newton Compton, 2013,
252 pp., 9,90 €; 4,99 € e-book) è un libro
apparso da pochi giorni sugli scaffali delle
librerie. L’autrice si propone di curiosare
nella storia di Bologna alla ricerca di
miti, leggende e avvenimenti strani che
riguardano la città - cosa abbastanza
interessante per chi, da non bolognese,
vuole avvicinarsi all’immaginario del
luogo in cui vive. Si parte dall’origine,
dal ‘mistero’ intorno alla fondazione e al
nome, Felsina (cui gli storici hanno dato
varie interpretazioni), e si incontrano,
secolo dopo secolo, ordini monastici
vicini ai templari, cardinali sanguinari,
donne accusate di stregoneria, ricerche
alchemiche e miracoli, la nascita dello
Studium e le rivolte dei primi studenti,
fino ad arrivare, in tempi più recenti, alle
bande criminali e agli efferati crimini
che hanno insanguinato le pagine di
cronaca. E se, da una parte, molto si può
attribuire alla fervente immaginazione
popolare, dall’altra è pur vero che
alcuni enigmi restano insoluti. Come
quelli legati ad alcuni fatti criminosi. Ne
sono un esempio i cosiddetti ‘gialli del
DAMS’, una serie di delitti sui quali non
si è ancora pienamente fatto luce e che
non hanno niente in comune se non il
fatto, casuale, che le vittime facessero o
avessero fatto parte del famoso corso di
Discipline delle arti, della musica e dello
spettacolo.
Da segnalare poi le brevi dissertazioni
sulla nascita dei portici, vero e proprio
elemento costitutivo bolognese, e
su quei monumenti che un tempo
trovavano posto in città e poi per vari
motivi sono stati distrutti (non solo le
numerose torri ma, ad esempio, la statua
in bronzo raffigurante Giulio II realizzata
da Michelangelo e fatta a pezzi dai
Bentivoglio al loro ritorno).
Insomma, se qualcuno ha la curiosità di
sapere cosa accadeva secoli fa all’ombra
dei
portici,
quali
macchinazioni
toglievano il sonno ai signori, se si è mai
chiesto a cosa servissero certi strani
arnesi che si possono ancora vedere in
alcuni punti della città (come gli anelli in
ferro di via Castiglione) o che significato
Soffio, Suono,Sogno
abbiano certi bizzarri nomi della
toponomastica bolognese, potrebbe
essere il libro giusto per risolvere
questi dubbi. Ha un taglio divulgativo,
molto scorrevole, con capitoli brevi
e appassionanti. Ovviamente non è
un libro sulla storia o sulle bellezze
artistiche di Bologna ma semplicemente
un libretto di ‘cose notevoli’ che,
mescolando leggende e fatti di cronaca,
è capace di farci guardare con occhi
diversi a monumenti e luoghi che magari
frequentiamo spesso ma di cui non
conosciamo la storia (vera o inventata
poco importa) o addirittura di farci
scoprire nuove meraviglie.
La vita è una rosa
La vita è una rosa,
che non ha alcun eguale.
Ti mostra la sua bellezza
E la sua più grande debolezza.
La vita è una danza,
che assieme alla musica
Ti risolleverà dalle cadute e dagli sbagli
Che farai.
La tua vita è un dipinto non ancora finito.
Continua a dipingerla.
Ma Non lasciarla rovinare.
Un soffio.
Un leggero soffio
Ho emesso
Su una finestra.
Ho scritto frasi,
Ho disegnato figure bizzarre,
Ho liberato la noia.
Una noia che invadeva
I miei pensieri,
che li bloccava
in uno schermo rarefatto.
Un suono.
Ho emesso un suono.
L’ho diretto
In un angolo della stanza.
Immaginavo che tu fossi lì,
immaginavo che ti avvolgesse,
come una spira.
Per un momento
Ho visto lo stupore
Calare sul tuo viso.
Ma era solo una proiezione
Di un sogno passato,
un’ironia muta del tempo.
Eppure eri lì.
Eppure mi guardavi.
Eppure mi sorridevi
Senza inganni sul viso.
Eppure i tuoi occhi diventavano
Luccichii di diamante.
Cercavo di raccogliere
Quei luccichii.
Ma le mie mani toccavano
Solo fantasmi.
Un sogno.
Ho mostrato un sogno
A te.
Conservalo nelle stanze dei tuoi
occhi.
E curalo,
come tu hai curato me.
Cultura
NBA, Made in Italy
Le leccornie del
nostro paese
di Gabriele Pruneddu
Ricette di Sicilia: “a pasta chi sardi”
La
NBA
(National
Basketball
Association) è la lega americana di
pallacanestro formata da 30 squadre
(dette “franchigie”) dove giocano i
migliori atleti del globo.
A tenere alta la bandiera italiana, tra
questi giganti di 220cm, vi sono quattro
giocatori che sono riusciti a compiere “il
grande salto” direttamente dall’Europa
agli USA.
Primo, in ordine di tempo, è stato Andrea
Bargani (il primo da sinistra) detto “il
Mago”, perché riesce a coniugare una
ragguardevole altezza ad una grande
precisione di tiro dalla distanza, che,dopo
aver vinto da trascinatore il campionato
italiano con Treviso, ed essere stato
nominato il miglior giovane europeo, nel
lontano 2006 divenne non solo il primo
italiano ma anche il primo europeo ad
essere nominato prima scelta assoluta
del Draft (evento annuale nel quale
tutte le squadre possono scegliere
nuovi giocatori provenienti dai College
o giocatori internazionali). Andrea
Bargnani venne scelto dai Toronto
Raptors con cui giocò fino alla scorsa
stagione, mentre attualmente milita in
una delle squadre più importanti della
lega,New York.
Il secondo scudiero è Marco Belinelli
(il terzo da sinistra) da San Giovanni in
Persiceto, provincia di Bologna. In Italia
fece le fortune della Fortitudo Bologna
con cui vinse lo scudetto nel 04-05
ove poi continuò ad inanellare grandi
prestazioni sia in Italia che all’estero con
la maglia azzurra della Nazionale. Non
ci mise molto ad attirare le attenzioni
d’oltreoceano ed infatti anche lui venne
scelto al Draft con la diociottesima
chiamata dai Golden State Warrios, la
squadra della Baia di San Fransisco. Dopo
diversi periodi trascorsi tra altri e bassi
l’anno scorso giocò nella storica squadra
dei Chicago Bulls dove si mise in luce
con delle grandi prestazioni anche nei
Playoff (gli scontri diretti che decidono
la squadra campione). Con le sue doti da
assoluto “cecchino” dei parquet ad oggi
fa parte dei vice-campioni in carica i San
Antonio Spurs.
Il terzo cestista oltreoceano è Danilo
Gallinari (il secondo da sinistra)
detto “il Gallo”, a detta di molti il più
talentuoso italiano in NBA. Sviluppatosi
cestisticamente nell’Olimpia Milano
venne eletto per due anni consecutivi
miglior giovane del campionato italiano e
successivamente “European Rising Star”
nel 07-08. Nonostante la carta d’identità
reciti quasi 210cm “Danilone” coniuga
una grandissima velocità nell’attaccare
il canestro ad un tiro mortifero dalla
lunga distanza, qualità che i New York
Knicks non si sono lasciati sfuggire
accaparrandoselo nel Draft del 2008 con
la sesta scelta assoluta. Dopo la parentesi
nella “Grande Mela” si trasferisce in
quel di Denver dove sfodera tutto il tuo
talento e porta la squadra a segnare il
record della franchigia di ben 15 vittorie
consecutive. Prima del brutto infortunio
al ginocchio subito a metà della scorsa
stagione Gallinari viaggiava verso la
nomina per l’ All Star Game e cioè la
partita dove i migliori giocatori della
Lega, e aggiungerei del mondo, danno
letteralmente spettacolo.
Last but not least Gigi Datome (primo da
destra) è stato l’ultimo ad aggregarsi alla
truppa italiana. Dopo un’annata favolosa
con la Virtus Roma portata ad un passo
dallo scudetto ed aver vinto il titolo di
MVP (Most Valuable Player) della Lega
italiana si è accasato con la maglia dei
Detroit Pistons dove sta cercando di
mettersi in mostra.
L’unico rammarico che noi amanti della
palla a spicchi abbiamo è il non averli
potuti ammirare mai tutti insieme, per
svariate ragioni,con la canottiera azzurra
della nostra nazionale. Il rammarico
però si trasforma in speranza pensando
che i nostri “Quattro Cavalieri” possano
strappare il pass per i Mondiali che si
svolgeranno in Spagna questa estate,
augurandoci che possano ancora una
volta farci dire “I LOVE THIS GAME”.
di Martina Caruso
La Sicilia è terra di tradizioni,
tradizioni sia folkloristiche che
culinarie; e quando l’una incontra
l’altra, il risultato è un vorticoso
insieme di colori, musiche e
sapori. La pasta con le sarde è un
capolavoro della cucina sicana, e
nella mia città è d’obbligo gustare
questo piatto ogni venerdì santo,
giorno in cui (per chi si attiene alle
regole cattoliche) non è possibile
consumare la carne. La ricetta
presenta molte varianti: ad
esempio quella agrigentina, che
vi proporrò, prevede l’aggiunta
della passata di pomodoro e
del pan grattato al posto di uva
passa e pinoli, presenti invece
nella formula classica.
INgredienti per 4:
Procedimento
- 400 gr. di spaghetti grossi
Come prima cosa, lessate in acqua
salata i gambi e i germogli teneri del
finocchio selvatico; una volta pronti,
fateli scolare e triturateli finemente.
Non gettate l’acqua di cottura del
finocchio, verrà successivamente
utilizzata per cuocere la pasta!
o bucatini
- 700 gr. di sarde
- 2 mazzetti di finocchi
selvatici
- 1400 gr. di passata di
pomodoro
- Pan grattato
- Olio
- Aglio
- Sale o zucchero
Adesso iniziate a pulire le sarde,
deliscandole con cura e tagliando
loro sia la testa che la coda, quindi
apritele “a libro”; lavatale sotto
l’acqua corrente e mettetele a
scolare.
In una pentola capiente fate rosolare
l’aglio con un filo d’olio e aggiungete
la passata di pomodoro: cuocete,
aggiungete il sale e mescolate di
tanto in tanto, finché la passata
non sarà ristretta (se necessario,
aggiustate il sapore troppo insipido
con del sale, o troppo acido con
dello zucchero). Infine aggiungete
il finocchio, le sarde e continuate la
cottura per altri 5-8 minuti. Il sugo è
così pronto.
A parte, in una padella antiaderente,
fate abbrustolire il pan grattato.
Attenzione a non farlo bruciare:
sarà pronto quando avrà raggiunto
una colorazione bruno-dorata.
Cuocete la pasta nell’acqua di
cottura del finocchio come detto
prima. Una volta pronta, condite con
la salsa che avete preparato (non
preoccupatevi se le sarde inizieranno
a spezzettarsi, è una conseguenza
della cottura). Spolverate il tutto
con il pan grattato e aggiungete
parmigiano a piacere.
Buon appetito!
Le leccornie del
nostro paese
Torta tenerina
di Raffaella Dicuonzo
Ben ritrovati cari lettori!
Natale è passato da un pezzo
e immagino che tutti siamo
tornati col pensiero “Oddio sono
ingrassato/a….devo
mettermi
a dieta!” Suppongo che molti di
noi siano tornati in Camplus con
l’idea di avviare una ferrea e dura
lotta contro il cibo ipercalorico o
per lo meno di mantenersi! Ecco
se questo è il vostro intento….
non
continuate
a
leggere
quest’articolo: potrebbe essere
INgredienti:
(non vi dico per quante persone perché dipende da quanto riuscite a trattenervi)
- 200 gr di cioccolato fondente
- 200 gr di burro
- 200 gr di zucchero
- 4 uova
- Circa 4 cucchiai di farina
- Un goccino di acqua
- Zucchero a velo
una tentazione a cui non proteste
rinunciare. Ebbene sì! Perché
ammettiamolo: nessuno di noi
è immune a certe prelibatezze.
Detto tra noi, non sono un’amante
dei dolci ma dinanzi a cotanta
bontà non resisto nemmeno io.
Ormai siete a Bologna da qualche
mese e di certo avrete notato
che la cucina locale non è proprio
tra le più dietetiche…e non lo è
nemmeno questo dolce!
Ma è tanto buono e facile da
preparare!
Procedimento
1) In un pentolino aggiungete un
goccio d’acqua e fate sciogliere il
cioccolato, ma non portatelo ad
ebollizione ( la fiamma deve essere
bassa);
2) Quando il cioccolato si è sciolto,
aggiungete il burro e poi lo zucchero.
Mescolate e lasciate freddare;
3) Prendete le uova e dividete i
tuorli dall’albume. Montate i bianchi
a neve. I rossi, invece, aggiungeteli
al cioccolato quando sarà freddo
(altrimenti si cuociono e fanno tipo
fritatta) e mescolate di nuovo;
4) Incorporate i bianchi montati ( il
movimento deve essere dal basso
verso l’alto);
5) Quando avrete ottenuto un
“impasto” omogeneo, aggiungete la
farina;
6) Versare in una teglia e mettere
in forno a 180 gradi per circa 20/25
min;
7) Finita la cottura, spolverare la
torta con dello zucchero a velo.
Buon appetito
Vignette
Elena Baldi
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Il Resto del Camplus n XII